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Giuseppe Gagliano
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Intervista a Giuseppe Gagliano
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Figlio di Eugenio Gagliano *

* Vittima allo Stadio Heysel il 29.05.1985

Giuseppe, figlio di una vittima oggi è allenatore

30 anni fa quei siciliani all’Heysel

"Mio padre non è morto per il calcio"

di Francesco Lamiani

Di quella partita ricordiamo tutto tranne che la partita stessa. Qualcuno ricorda anche i preparativi per un evento che il popolo juventino aveva tanto atteso quanto poi pudicamente detestato. Sono passati 30 anni, ma i frame di quel pomeriggio belga sono stampati nella mente di tanti. Almeno di coloro i quali avevano già la maturità di capire cosa stesse accadendo allo stadio Heysel. Ed eccole come in un flash back le immagini del collegamento anticipato che irrompe nel palinsesto della Rai, con Bruno Pizzul che commenta ciò che non aveva ancora mai raccontato, la faccia di Scirea che legge un comunicato dietro un vetro, i volti sofferenti dei tifosi schiacciati l’uno sull’altro e poi i corpi coperti dalle bandiere. Quel 29 maggio, per molti è stato una sorta di "battesimo" della violenza negli stadi, di reality del calcio che si trasforma in tragedia, di una festa in cui poi non ci sarà nulla da festeggiare. E’ stato così anche per Giuseppe Gagliano che, 30 anni fa come oggi, festeggia il proprio compleanno e aspetta di gioire per le gesta della sua Juve. Da Mirabella Imbaccari, in provincia di Catania, sono partiti in sette al seguito della Signora. C’è anche il padre di Giuseppe, Eugenio Gagliano, che è riuscito ad ottenere un biglietto per il big match. Trent’anni fa, però, il signor Eugenio (molto noto anche perché assessore comunale allo Sport), come altre 38 persone, si trovò al posto sbagliato, la maledetta Curva Z, nel momento sbagliato. A Mirabella tornerà in una bara. Giuseppe, dovrebbe odiare il calcio che, invece, diventa la sua più grande passione: oggi è l’allenatore della squadra del proprio paese. Si sono salvati con anticipo ed è come se avessero conquistato una Champions. "Il calcio mi ha appassionato e mi ha dato tanto e non posso considerare però che mio padre è morto per colpa del calcio - dice. E’ come se chi muore per un incidente stradale poi la famiglia debba odiare le auto. Lo sappiamo quello che è successo: quattro ubriachi che hanno combinato un casino".

Lei cosa ricorda di quel giorno ?

"Purtroppo tutto. Ero alla tv e festeggiavo il mio 12 compleanno…"

Quella sera cambia la storia del calcio per sempre, ma in Italia, purtroppo, di episodi di violenza se ne registrano ancora. Quella lezione non è servita ?

"Beh, gli inglesi hanno debellato gli hoolingans perché c’è stato un governo che ha voluto debellarli. In Italia, ma anche in altri posti d’Europa o del Sud America, evidentemente non c’è questa volontà. Certo, c’è innanzitutto della gente che sfoga le proprie frustrazioni sociali con la violenza".

Ma…

"No mi faccia finire. Le confido una cosa: io sono voluto diventare allenatore proprio per stare con i ragazzi, fargli capire che il calcio è uno sport bellissimo e che non bisogna cedere alle provocazioni di chi siede in tribuna e quando succede qualcosa in campo fanno un casino. Ai miei giocatori dico sempre di rispettare l’avversario, l’arbitro, di farsi scivolare addosso le tensioni. Ecco perché faccio l’allenatore per essere innanzitutto educatore e far sì che non succeda niente".

E’ ancora un tifoso della Juve ?

"Certo, ma sono soprattutto un tifoso del calcio. Sono juventino, ma ad esempio ciò che accaduto nel derby col Torino, la bomba carta, mi ha fatto schifo".

La Juve ha sempre ricordato e rispettato quelle vittime dell’Heysel…

"Sempre. Conservo due lettere, una scritta personalmente dal presidente Agnelli. Così come ricordo l’inaugurazione allo Juventus Stadium dove è stato rievocato l’Heysel con una cerimonia molto toccante…".

Parliamo di calcio e della finale di domenica prossima. Cosa si aspetta dalla Juve ?

"La logica, ma non sto scoprendo l’acqua calda, mi dice che il Barcellona è molto più forte. Però la Juve sul campo ha dimostrato compattezza e concretezza e se rimangono concentrati… Guardi, non lo so, ma mi sento ottimista".

E allora da allenatore se la sente di dare qualche consiglio ad Allegri per la finale di Champions ?

"Sarei banale se dicessi nel mio piccolo, eccetera, mi sento di dirgli solo di stare tranquillo e di cercare di inculcare serenità ai giocatori".

Ha un sogno per sé ? Come si immagina, alla guida di una squadra importante ?

"Se devo essere sincero no. No per tantissimi motivi: la famiglia, il lavoro. A me piace fare quello che posso, con il massimo della mia serietà e della mia professionalità. E mi piace farlo qui… A Mirabella Imbaccari".

28 maggio 2015

Fonte: Catania.blogsicilia.it
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