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MARISA AMATO
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Torino 3.06.2017 Tragedia Piazza S.Carlo Marisa Amato
  Torino 2017   Pagine della Memoria   Morire di Calcio   Superga 1949   Tragedia Stadio "Ballarin"  

PASSEGGIATA NEL KAOS - Marisa Amato e Vincenzo D’Ingeo passeggiano tranquilli in centro, sotto gli eleganti portici di Piazza San Carlo, dopo aver cenato in un locale della zona gustandosi una farinata. Pensionati e in buona salute, innamorati dei loro 4 nipotini ma non del calcio, ignari sono capitati nel posto sbagliato al momento sbagliato quando la calca furiosa della folla in preda al panico di un presunto attentato li travolge all’altezza di Via Santa Teresa. Entrambi restano feriti molto gravemente dalla valanga umana e dal calpestio patito. La figlia della coppia, Viviana, riceve la telefonata dal padre che le biascica: "Vieni qui, sto morendo. Non trovo più la mamma". Abitando in via Lagrange, a poche centinaia di metri dalla piazza, si fionda per strada e lo raggiunge: "Scavalcavo bottiglie rotte e feriti, in giro non c'era nemmeno un agente. Saremo stati un'ora ad aspettare, poi è arrivata un'ambulanza e ci è passata davanti senza fermarsi. Dicevano di essere stati chiamati per un'emergenza in piazza San Carlo. Stessa scena poco dopo, con un'altra ambulanza. Papà si sentiva schiacciato, sveniva. A un certo punto lo abbiamo caricato su una camionetta della polizia, con tanto di sedia presa dal bar San Carlo. Lo abbiamo portato in ospedale. Non c'era alcuna priorità nell'assistenza ai feriti, nessuno criterio". Suo fratello Danilo è, intanto, con lo zio ed altri parenti alla ricerca della mamma: "Abbiamo controllato tutti i presidi medici allestiti sul posto, poi gli ospedali. Giravamo con la sua foto e chiedevamo se qualcuno l'avesse vista. Ancora non sapevamo che mamma non sarebbe comunque stata riconoscibile per come era stata ridotta. Solo alcune ore più tardi abbiamo scoperto in quale ospedale era". Erano ricoverati in ospedali differenti: la signora in rianimazione alle Molinette, suo marito al San Giovanni Bosco. Marisa (63 anni) patisce le conseguenze di un trauma vertebro-midollare, pessime le condizioni generali anche di Vincenzo (66 anni) che "restano critiche" e per cui i medici non sciolgono la prognosi nonostante abbia già subito due interventi ai polmoni e una tracheotomia.

VIVIANA e DANILO - La situazione è drammatica. I figli, preoccupatissimi, lanciano un accorato appello, in particolare rivolto alle istituzioni del luogo: "Non lasciateci soli !". Con il passare delle ore le condizioni della madre svelano il tragico: "sono recentemente apparse più gravi rispetto alle valutazioni mediche iniziali", spiegano affranti riferendo che "una lesione riscontrata a livello della colonna cervicale ha reso necessari due interventi chirurgici, all'esito dei quali è stato evidenziato un possibile danno permanente al tronco e agli arti". Dunque, per la signora la paralisi totale degli arti superiori e inferiori. La conferma "solo nei prossimi giorni a fronte della stabilizzazione delle condizioni della paziente" sostengono i sanitari. Viviana e Danilo non demordono e dichiarano alla stampa: "Ma è solo un'ipotesi, i medici non hanno ancora sciolto la prognosi e noi non abbiamo perso la speranza. Non sappiamo cosa succederà ai nostri genitori, i medici ci dicono che ci vorrà tanto tempo. Abbiamo entrambi un lavoro, ma abbiamo bisogno di aiuto. Le istituzioni, dalla sindaca Appendino al ministro Minniti, ci sono molto vicini. Ci chiamano ci scrivono ci vogliono vedere e se li chiamiamo sono sempre pronti ad ascoltarci. Ci auguriamo che tutto questo continui anche in futuro". Anche se Viviana, poi, critica l’organizzazione della manifestazione: "Non c'era sicurezza in piazza, è un aspetto che è mancato completamente. Se i soccorsi fossero arrivati più in fretta, le condizioni dei miei genitori sarebbero meno gravi. Ne sono certa". Rincara la dose, Danilo: "Chiunque fosse lì ha visto che qualcosa non ha funzionato. C'era gente con le bottiglie di birra persino negli ospedali. Abbiamo visto scene che non ci saremo mai aspettati". A chi chiede loro della opportunità di svolgere i festeggiamenti patronali rispondono: "Non si è ancora capito cosa è successo quella sera. Ci vuole una pausa, forse è sbagliato fare la festa. Bisogna aprire una riflessione più profonda. È successo qualcosa di troppo grande quella sera". Di certo c’è soltanto che il futuro riserverà anche a loro un percorso a ostacoli: "Entrambi abbiamo un lavoro e non possiamo permetterci di perderlo. I nostri genitori hanno bisogno di assistenza, di persone che li aiutino. Dovremo pensare ad adattare le nostre auto e le case alle loro condizioni. Non riusciamo a immaginare il dopo. Sappiamo solo che ci servirà aiuto". Quello offerto dai legali dello studio Grande Stevens sarà proprio in quest’ottica fondamentale. Nei giorni a seguire non intendono abbassare minimamente l’attenzione dei media sulle criticità e comunicano aggiornamenti sulle condizioni dei genitori: "Le situazioni restano critiche, nostra madre è in prognosi riservata e non ci hanno ancora detto quello che sarà. Ma le autorità sono state molto presenti e si sono fatte sentire spesso. Gli interventi, comunque, sono andati tecnicamente bene. Ora vogliamo che resti viva questa solidarietà perché ci serve concretamente e non solo umanamente. Le indagini ? A noi interessa curare al meglio i nostri genitori. Quello che farà la magistratura, il Comune di Torino e le cause al momento non ci sfiorano lontanamente".

A CASA - Nonostante le ripetute complicanze Vincenzo D’Ingeo riesce a riassorbire la problematica polmonare e nel mese di luglio viene dimesso dal San Giovanni Bosco, facendo ritorno a casa per la convalescenza assistita. Dicono i figli: "Papà ha avuto un recupero lampo, che ha meravigliato anche i medici"… Ritornando ai fatti: "Mio papà, quando racconta quel momento, ricorda solo di essere stato calpestato da una massa di persone, schiacciato ripetutamente a terra. Non riusciva a rialzarsi. Poi lui e mamma hanno perso i sensi"… In clinica Marisa Amato, nonostante abbia un quadro clinico molto compromesso, qualche settimana prima di natale registra un videomessaggio che rivela la sua solida tempra. Poi, a un anno dalla tragedia, scrive sulla sua pagina social: "Un periodo lungo, colmo di sofferenza e di fatica... Fisica e mentale. Oggi più che mai conosco il valore della famiglia in ogni sfumatura... Parenti, amici, conoscenti, compagni di vita ricomparsi dopo anni, e poi voi, voi della rete... Non meno importanti degli altri. Tutto questo calore costante e ininterrotto ha fatto sì che anche nei periodi più bui di questo percorso mi abbia dato quel pizzico di lucidità per far sì che tornassi ad ascoltare il mio istinto di sopravvivenza. Voglio tornare a casa e vivere, seppur in modo diverso, la mia quotidianità fuori da queste mura tristi di quello che è l'ospedale, sempre e comunque con la speranza di migliorare questa mia condizione". Verrà accontentata e fa ritorno per qualche ora dalla sua famiglia, sebbene in condizioni irreversibili d’immobilità che la costringono alla sedia a rotelle per tetraplegici. Il primo pranzo a casa con i propri cari è una emozione fortissima, tanto da condividerlo su Facebook con un post: "Anche se solo per alcune ore, con una fatica incredibile mia e della mia famiglia, ho pranzato con le persone che amo nel salone della nostra casa". Poi il ritorno al reparto di Unità Spinale del Cto, attrezzato al meglio per questa prima fase più delicata del recupero possibile. "È sorprendente come riesca a sorridere a tutti quando vanno a trovarla", dice Danilo. Dopo un lungo periodo di degenza tornerà nella sua abitazione con l’amorevole assistenza dei suoi cari.

L’ASSOCIAZIONE - Avevano già creato una pagina facebook ad hoc ("Aiutiamo Marisa Amato") ma ora i figli costituiscono una onlus a nome della madre per raccogliere fondi di solidarietà in favore delle sue onerose cure mediche necessarie per garantirle una esistenza dignitosa. La chiamano "I Sogni di Nonna Marisa" e viene supportata da altre associazioni, fra le quali spicca "Quelli di… Via Filadelfia", fondata da Beppe Franzo con alcuni tifosi della curva juventina, da sempre in prima linea non soltanto per il sostegno alla squadra bianconera, ma soprattutto per la solidarietà sociale. E’ di nuovo natale quando alcuni calciatori delle due squadre torinesi contribuiscono generosamente alla causa. La sostiene con affetto anche Claudio Marchisio. L’ex calciatore della Juventus scrive così nel suo profilo social: "Durante le feste si sente parlare spesso di generosità. A volte mi chiedo cosa significhi davvero essere generosi. Era il 3 giugno 2017, c’era la finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid anche se il calcio questa volta non c’entra. Marisa insieme al marito stava passeggiando nei pressi di piazza San Carlo, quando all’improvviso una folla in preda al panico, in fuga dalla piazza, li ha investiti. A causa dei traumi subiti oggi Marisa è paralizzata. Credo che da un gioco del destino così crudele possano nascere sentimenti di rabbia, sfiducia e frustrazione, invece Marisa non solo non si è arresa ma ha deciso di fondare @ISognidiNonnaMarisaOnlus con l’obiettivo di aiutare persone che soffrono di disabilità motoria. In questo Natale, Marisa e la sua storia mi hanno regalato la miglior definizione di generosità che potessi aspettarmi". Proprio per volontà di Marisa una parte dei contributi raccolti finanzieranno un complesso intervento chirurgico per un bambino di 12 anni con problemi motori.

LA PRIMA UDIENZA - Non soltanto solidarietà, ma anche giustizia. Con questo spirito Marisa Amato aveva partecipato di persona all’udienza preliminare del processo alle cariche istituzionali nell’ottobre scorso. Assistita dall'avvocato Nicola Menardo dello studio legale Grande Stevens e trasportata da un’autombulanza, si era presentata in carrozzina nell’aula bunker del processo, alla periferia di Torino (lo stesso utilizzato per i dibattimenti di mafia e terrorismo). In un messaggio messo agli atti della magistratura aveva scritto: "Il 23 ottobre 2018 è una data che corrisponde a 507 giorni di vita inaccettabile, fitta di sofferenza, dolore, mio e dei miei cari. Non credo nei miracoli ma dal 3 giugno 2017 non desidero altro che migliorare questa situazione terribile. Pretendo però di avere la possibilità per tentarle tutte, vivendo ogni giorno dignitosamente e soprattutto di non dover gravare anche economicamente sui miei figli. Anche oggi in tribunale noi quattro uniti !". La sua costituzione di parte civile pesa come un macigno, da un punto di vista etico, sulle difese. Purtroppo questa sarà anche la sua prima e ultima volta in tribunale. In passato, Pablo Trincia, in un servizio televisivo per la trasmissione "Le Iene", aveva raccolto la testimonianza della signora Marisa dal letto di ospedale al Cto: "Farò di tutto per riprendere la mia vita in modo dignitoso. Non mi arrendo e spero di farcela". Ritornando indietro all’incidente: "In quell’istante la folla si è girata e ci ha travolto tutti e due… Ho cercato di resistere perché volevo rialzarmi, ma poi non ce l’ho fatta. Mi sono detta ora muoio e mi sono lasciata andare. Da quel momento non mi ricordo più nulla… Mi sentivo soffocare… Mi dicevano di muovere le dita, ma io non riuscivo. E poi ho realizzato che non sentivo neanche le gambe"… Ma non cedendo mai alla disperazione: "Trovo la forza nella mia famiglia, spero che i miei nipoti possano presto sentire la mia voce… Non dico accarezzarli, anche se è quello che desidero in questo momento".

LA NASCITA AL CIELO - A gennaio il suo cielo precipita. Mercoledì 23.01.2019 serie complicazioni nel suo stato di salute preoccupano i familiari che l’accompagnano al Pronto Soccorso del Cto di Torino. Marisa, pur comprendendo di ora in ora d’essere in serio pericolo di vita, resta perfettamente lucida e serena davanti ai propri cari attorno al suo capezzale. Un versamento pleurico è stato immediatamente drenato, ma è trasferita in Terapia Intensiva per "un'infezione alle vie urinarie che le ha provocato una grave disfunzione polmonare". Lei, comprendendo molto bene la situazione, con educazione si rivolge al dirigente del reparto per le ultime volontà. Il Dott. Maurizio Berardino, quindi, le rende note a tutti: "ha espresso con lucidità e fermezza la volontà che la terapia, soprattutto il supporto respiratorio, non prevedesse mezzi invasivi come l'intubazione tracheale o la tracheotomia, qualora la ventilazione non invasiva non risultasse sufficiente, pur avendo ben chiaro che questa decisione avrebbe potuto portarla ad un peggioramento fatale". Pur aggravandosi non vuole perdere coscienza fino all’ultimo. È sorretta con discreti risultati da una ventilazione non invasiva, ma, poi, si aggrava per un brusco cedimento cardiovascolare. Sono le otto di mattina del 25 gennaio 2019 quando Marisa perde definitivamente conoscenza. Un’ora e un quarto dopo, all’età di 65 anni, insegnandoci una piccola lezione di vita sulla dignità degli ultimi istanti, "attorniata dai familiari" si congeda dalla terra per la nascita al cielo. Il dottor Berardino spiegherà: "è stato un cedimento cardiovascolare brusco a causare la morte. Il cuore ha ceduto a un aumento di lavoro dato dalla sua difficoltà respiratoria favorita da una infezione urinaria. Quello che è accaduto è una catena di eventi che si succedono e che vanno a incidere sulle debolezze che il paziente ha… È rimasta lucida sino alla fine e ha chiesto lei che nel caso di peggioramento non ci fosse accanimento terapeutico ma non è quella decisione la causa della morte, è stato il cuore, perché erano due giorni che stava facendo un lavoro superiore alla sua riserva funzionale. Fino a questa mattina alle 8 la paziente è rimasta lucida e in contatto e i valori delle prime analisi della mattina erano non i migliori ma ancora accettabili".

LA FAMIGLIA - Viviana rilascia all’Ansa le sue prime parole nel lutto: "È stata dura, molto dura. È stato impegnativo per tutti, abbiamo trascorso un periodo difficile, complicato. Ripenserò sempre a questi momenti così pesanti, ma lo farò con la consapevolezza che abbiamo fatto tutto ciò che potevamo per aiutare la mamma. Quando vuoi bene a una persona, qualunque sacrificio non pesa. Mia madre è stata grande. Adesso sarà un altro periodo complicato, ma oggi è il giorno in cui prevale la disperazione". Danilo, invece, in un filo di voce: "Era ricoverata al Cto da martedì, ormai le forze avevano abbandonato del tutto mia madre. Lei ha sempre lottato, ci ha sempre creduto, non si è mai persa d’animo. E anche quando ha lasciato l’ospedale, ed è tornata con noi a casa, ha continuato a crederci. Lo ha fatto fino alla fine. Le parole lasciano il tempo che trovano. Siamo addolorati, tristi. È inevitabile. Ma sappiamo che ce l’abbiamo messa tutta. Mamma, però, era stanca. Tanto stanca. Ce l’ha messa tutta, non le si può rimproverare nulla. Ma alla fine la stanchezza ha prevalso". Sul padre Vincenzo, aggiunge: "Sta reagendo come chiunque subisca un lutto così grave. Dopo tanti mesi di fatica e sofferenza arriva anche un po’ di rabbia per non avercela fatta. La volontà di uscire da quest’incubo c’era, c’è sempre stata. Da parte di tutti, di tutta la famiglia. Non c’è stato un attimo di tregua. Siamo sempre stati tutti uniti, vicini gli uni agli altri. Abbiamo combattuto anche noi con lei. La nostra è una famiglia unita. Lo sapevo, non ho mai avuto dubbi. Pensavo che fosse perfetta e questa tragedia me lo ha confermato. Mia madre si è sempre raccomandata che andassimo tutti d’accordo, che non ci fossero problemi o attriti tra me e mia sorella, tra noi e i nonni, gli zii e i cugini. La nostra famiglia unita è l’immagine che voglio portare con me ogni volta che penserò a questa indescrivibile tragedia". Fuori alla clinica, ancora una dichiarazione d’impegno di Danilo: "Continueremo la sua battaglia. Quella che aveva iniziato con la onlus "I sogni di nonna Marisa" per aiutare tutti coloro che soffrono di disabilità motorie. È sempre stata una donna forte, che non si dava mai per vinta. Negli ultimi giorni, però, era stanca per quei miglioramenti che non arrivavano. Sentiva che il suo corpo era fragile e, in qualche modo, ci aveva preparati a questo momento".

LE REAZIONI - Chiara Appendino, a nome della città, esprime pubblicamente il suo pensiero: "Appresa la notizia del decesso di Marisa Amato questa mattina al CTO, la Sindaca Appendino, a nome della Città di Torino, esprime profondo dolore e sincera vicinanza ai familiari in questo difficile momento". Proclama il lutto cittadino per il giorno dei funerali.  In una nota si aggiungono gli altri consiglieri comunali della maggioranza: "Come Gruppo Consiliare del Movimento Cinque Stelle ci uniamo al cordoglio della sindaca e della Città di Torino per la scomparsa di Marisa Amato. Esprimiamo vicinanza alla famiglia e a tutti i suoi cari". All’opposizione, il capogruppo del Pd in consiglio comunale, Stefano Lo Russo tuona: "Siamo vicini ai familiari che in questi lunghi mesi di sofferenza hanno sempre mostrato una compostezza esemplare. La Città ha oggi più che mai bisogno di verità. Ha bisogno di conoscere chi sono i responsabili dei fatti accaduti quella tragica notte. Chi non ha lavorato come avrebbe dovuto per garantire la sicurezza, chi colpevolmente non ha svolto il suo dovere, chi banalmente ha sottovalutato rischi e pericoli. Auspichiamo che il processo che sta per partire sui fatti di quella tragica notte arrivi con rigore e rapidità all’individuazione dei colpevoli, anche solo per rendere giustizia a chi oggi non c’è più e all’intera Città di Torino. Ma anche per evitare che tragedie simili possano ripetersi". Maurizio Marrone e Augusta Montaruli (Fratelli d’Italia) parlano di "una ferita ancora sanguinante nel cuore di Torino".

GLI ACCERTAMENTI - La procura di Torino dispone l'autopsia sulla salma per escludere malattie congenite e giudicare correlabili col decesso le lesioni riportate sul corpo il 3 giugno 2017. Di conseguenza a 19 mesi dalla scomparsa di Erika Pioletti il quadro giudiziario per gli indagati sui fatti di piazza San Carlo si aggraverà ulteriormente, aggiungendo un secondo capo d'imputazione per omicidio colposo. Persino i giovinastri della banda del peperoncino, per voce del proprio avvocato, dichiarano di essere "dispiaciuti e tristi per ciò che è accaduto… Ancor di più dopo la terribile notizia" e che "risponderemo alle domande dei giudici… Con assoluta sincerità". Prima delle esequie, sono indagati una quindicina di medici sui protocolli di diagnosi e soccorso messi in atto sulla paziente all’arrivo nei nosocomi. Aperto dal Procuratore Vincenzo Pacileo un fascicolo di accertamento per i medici dell'ospedale Maria Vittoria e delle Molinette, al fine di stabilire, con la consulenza forense di due specialisti, se la tetraparesi della donna potesse essere causata da loro approssimazione nella fase di primo soccorso, per non averle diagnosticato e trattato per tempo la lussazione vertebrale che l’ha resa tetraplegica. Sarà l’esame autoptico in presenza di tutti i legali (Consulente della Procura e della famiglia della vittima, nonché eventuali periti di parte nominati dalle difese) a fornire le risposte basilari per l’inchiesta. Riepilogando brevemente i fatti: Marisa giunge all’ospedale Maria Vittoria con alcune fratture causate dall’investimento del fiume in piena di folla nel panico. Sottoposta alla Tac, il primo gruppo di medici non rileva la lesione alle vertebre. Nel caos generale dei soccorsi, la signora viene trasferita alle Molinette dove anche il secondo team sanitario non si accorge del trauma gravissimo già in corso. Indubbiamente c’è l’omissione del primo referto, ma aggravata dalla nuova "imperizia diagnostica" loro contestata. Pertanto, muovendo gambe e braccia, le viene sfilato il collare che inconsapevolmente trattiene la lesione della colonna vertebrale. Due giorni dopo sopraggiungono la paralisi agli arti e le complicanze polmonari. Per la cronaca già archiviata dal Gup Vitelli una precedente indagine in merito ad una manovra di intubazione errata della donna non trascritta sulla cartella clinica… L’autopsia eseguita dal medico legale Fabrizio Bison sgombra ogni dubbio sulla remota possibilità che la signora fosse già affetta da malattie congenite, attribuendo il decesso alle ferite riportate in piazza San Carlo il 3 giugno 2017 come conseguenza dei noti misfatti. Pertanto la morte di Marisa aggrava l’imputazione nei procedimenti in svolgimento.

I FUNERALI - Il 6.02.2019 dentro la chiesa di Santa Rita a Torino, gremita di persone, si svolgono alle 11.00 i funerali di Marisa. Come previsto dall’ordinanza dell’Appendino le bandiere sono esposte per tutto il giorno a mezz’asta sugli edifici di enti pubblici e privati, scuole di ogni ordine e grado. Sospese le feste e le manifestazioni musicali all’aperto. La città, la Sindaca, l'assessore regionale alla Cultura Antonella Parigi e le autorità si stringono attorno ai familiari durante le esequie. Un lungo abbraccio stringe Chiara Appendino, in lacrime, a Viviana, Danilo e Vincenzo D'Ingeo. Numerose le corone di fiori sul posto. Si notano quella della Città di Torino, della Juventus Football Club e del Comitato "Per non dimenticare Heysel" di Reggio Emilia. Don Roberto Zoccalli, officiante del rito e parroco della comunità, legge durante l’omelia una preghiera inviata dall’Arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia: "Il Signore susciti, in chi ha determinato con il suo comportamento la tragedia di piazza San Carlo, un sussulto di dignità e di rimorso delle coscienze. Un sussulto che sfoci nell’assunzione delle proprie responsabilità, riconosciute davanti alla giustizia umana che è condizione necessaria per ottenere la misericordia di Dio". Poi aggiunge di suo: "Una preghiera, quella dell’arcivescovo, anche per la nostra città ferita. La morte di Marisa susciti in ogni suo cittadino responsabilità della cosa civile e un forte impegno di ripresa morale fondata sui valori cristiani e civili". E nel riprendere coglie un pensiero della nipotina di 6 anni della signora: "C’è tristezza e dolore, ma non ci sia disperazione. Oggi, con i famigliari di Marisa, ci poniamo questa domanda: perché Gesù fa accadere queste cose ? La risposta arriva dalla nipotina di Marisa: la nonna è andata via perché ci ha insegnato tutto quello che doveva insegnarci. Marisa ci ha insegnato a essere attenti agli altri. L’ha fatto anche sulla sedia, quando avrebbe potuto pensare solo a sé stessa. Marisa ci consegna questo tesoro, a tutti noi, nella tragedia che ha colpito questa città". Un po’ meno riconcilianti le parole del fratello della vittima, Francesco Amato, raccolte dal cronista, fuori alla chiesa: "Io un po’ di rabbia ce l’ho, lei quella parola non l’ha mai conosciuta. Marisa è stata sempre altruista e a volte non l’ho condivisa totalmente. La presenza della sindaca Appendino ? Ai miei nipoti ha fatto piacere, io condivido le parole dell’arcivescovo Nosiglia. Ognuno in famiglia può avere reazioni diverse, io rispetto i miei nipoti, ma sono più cinico. Forse dovremmo fare tesoro delle parole dell’arcivescovo. Perdonare tutto ? Ci proverò". Profondamente commosso Vincenzo D’Ingeo, il marito, con in braccio una delle amate nipotine, mette in fila pensieri: "Non mi aspettavo tutta questa gente… Mi è dispiaciuto vederla soffrire… Sono felice che oggi sia venuta la sindaca Appendino: è sempre stata presente ed è venuta a trovarci in ospedale". A lui fa eco la promessa dei suoi figli: "Porteremo avanti tutto quello che nostra madre ha fatto in questo anno e mezzo. Ci ha voluto trasmettere la sua forza"... "Vedere la sindaca Appendino ci ha fatto piacere, ora speriamo che l'associazione "I sogni di nonna Marisa", che abbiamo voluto insieme a mia mamma vada avanti"… In chiesa c’era anche Thomas, il ragazzino sulla sedia a rotelle che grazie all'associazione voluta da Marisa potrà sottoporsi ad un delicato intervento alle gambe. La ricorda così: "Era una persona di una simpatia incredibile. L'avevo vista pochi giorni prima e quando ho sentito in radio che era morta non ci potevo credere. Mi è venuto un magone incredibile"… Riproposta la richiesta dell’associazione dei tifosi bianconeri "Quelli di… via Filadelfia": "Chiediamo alla sindaca di onorare le figure di Marisa Amato ed Erika Pioletti. In assenza di un riscontro a breve, interpreteremo tale silenzio come la non volontà da parte della sua Giunta di onorare la memoria delle due donne".

L’ERRORE DEI MEDICI - Alla fine di settembre le conclusioni della perizia, disposta dal giudice di Torino Stefano Vitelli, determinano con certezza assoluta che la signora Amato giunse al primo nosocomio "Maria Vittoria" con una microfrattura composta cervicale visibile dalla Tac, trascurata dal radiologo e purtroppo non trascritta nel primo referto. La struttura la definì una "microfrattura cervicale di entità limitata e nell’assenza di altri segni correlabili alla gravità della patologia". È pur vero che la paziente evidenziasse altre gravi lesioni ben più vistose, tra cui uno schiacciamento sternale e facciale, alle quali i medici diedero la massima priorità nell’urgenza. Nel seguente trasferimento alle Molinette anche gli altri sanitari coinvolti nel soccorso, ignari della presenza della lesione alla colonna vertebrale non certificata, commisero a loro volta l’errore di non riscontrarla, pur operando correttamente e tempestivamente il trattamento chirurgico degli altri traumi segnalati dal Maria Vittoria. Le cause della morte della signora Marisa sarebbero, quindi, da riferirsi certamente alle complicanze della tetraplegia sopraggiunta nelle ore successive al secondo ricovero, causata dal fatale e colpevole ritardo delle 2 équipe mediche nella scoperta della frattura cervicale. Davanti ad una grave e duplice omissione come questa si oppongono le uniche ragioni della difesa: la drammatica complessità delle condizioni generali di salute della paziente e il carico straordinario di lavoro che il personale medico e paramedico dovette affrontare nell’emergenza sanitaria. Il pubblico ministero Vincenzo Pacileo, in base alle conclusioni del Gup, iscrive nel registro degli indagati 15 medici contestando il reato di "omicidio colposo da responsabilità medica". A occhio e croce per tredici di loro si procederà all’archiviazione del caso, non per i due radiologi degli ospedali torinesi per i quali nel giugno 2020 è chiesto il rinvio a giudizio a conclusione delle indagini. La motivazione per entrambi è che "concorrevano a cagionare la morte avvenuta per shock settico, favorita dalla condizione di tetraplegia e dall’essere rimasta forzatamente a letto". L’avvocato difensore del primo medico dichiara: "Riteniamo di riuscire a dimostrare, già in sede di udienza preliminare che quella disgraziata notte non vi erano all’ospedale Maria Vittoria le condizioni oggettive per rendere una prestazione più attenta a causa dell’enorme afflusso di pazienti che si verificò. Il dottor Rusciano fece tutto quello che, in quel contesto, era umanamente possibile".

L'UDIENZA PRELIMINARE - In maggio 2020 nell’udienza preliminare si stabilisce che un solo radiologo prestava servizio al pronto soccorso dell’Ospedale in corso Tassoni, la sera del 3 giugno 2017. Marisa è arrivata in ambulanza tra i primi feriti, in "condizioni gravissime" e sottoposta immediatamente ad una "Tac total body" per analizzarne le fratture. L’esame è durato per mezzora mentre la struttura si affollava di tanti altri feriti. Lo specialista ha dovuto refertare 150 esami diagnostici, di cui almeno un terzo, durante l’osservazione della tremila immagini della Tac alla paziente tra cui sono sfuggite all’identificazione le 15 nelle quali era visibile la piccola frattura cervicale composta (senza gonfiore o edemi) che causerà la lesione midollare e la sua tetraplegia. È proprio questa eccezionale mole di lavoro che potrebbe scagionare i medici. Le difese la rivendicano come giustificazione plausibile al giudice "in un contesto soggettivo difficile, con un numero di pazienti dieci volte superiore a quello della settimana prima o di quella dopo" per cui non fu possibile "l'inesigibilità di un comportamento da parte dei radiologi diverso da quello che hanno tenuto" e per cui la colpa, eventualmente accertata, dovrebbe considerarsi "imperizia lieve", non punibile penalmente. Qualcosa di molto analogo al recente "scudo penale" che ha protetto durante l’emergenza Covid i sanitari oberati da un numero sproporzionato di pazienti da assistere con scarsità di personale e mezzi. Il gup prende tempo per decidere sul rinvio a giudizio o sul proscioglimento degli imputati. Nuova udienza il 31 maggio.

3 giugno 2017

Fonti: Torino.repubblica.it - La Repubblica - Lastampa.it - It.blastingnews.com - Fanpage.it - Adnkronos.com - Torinoggi.it - Iene.mediaset.it - Cronacaqui.it - Nuovasocieta.it - Cisiamo.info -

© Fotografie: Fanpage.it - Torino.corriere.it

MARISA AMATO 

Una Mamma, Una Nonna, Una Vera Guerriera

di Marie Biondini

Voglio raccontarvi la storia di una mamma, una nonna e una famiglia straordinaria. Del coraggio e della forza con la quale lottano da mesi e dell’amore che li unisce, un amore unico e speciale. Mamma coraggio, mamma guerriera, Marisa è la mamma di Viviana una delle mie amiche più care. Una donna super speciale che ha avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato (Torino, Piazza San Carlo, 3 giugno 2017, finale Champions League) e questo ha distrutto la sua vita e quella della sua famiglia. Poteva succedere a chiunque, il fatto che sia la mamma di una mia carissima amica, mi ha toccato profondamente. Una nonna non presente, di più ! Sempre pronta ad aiutare i figli e sempre disponibile con i 4 piccoli nipoti che accudisce e cresce con amore e dedizione aiutando i figli quando sono al lavoro. Pensate che col marito ha recentemente cambiato casa per avvicinarsi alla scuola delle nipotine e poter aiutare Viviana. Sempre allegra, sorridente e soprattutto tanto dolce, sono gli aggettivi che mi vengono in mente quando penso a lei. Adora follemente i bambini e anche con i miei figli ha un approccio dolcissimo !

Ed ecco che Marisa Amato si ritrova a passeggiare per via XX settembre a Torino dopo aver mangiato la solita farinata del sabato sera con l’adorato marito Vincenzo, proprio la sera della finale di Champions League il 3 giugno scorso. E proprio per controllare il risultato della partita che si avvicinano al maxischermo; una pura curiosità visto che non sono assolutamente tifosi e la mamma non conosce nemmeno le regole del calcio. Il tempo di sentirsi dire "Mari andiamo stanno perdendo", che parte il boato e la folla fugge all’impazzata. Invano prova ad afferrare il braccio della moglie con l’idea di mettersi al riparo dietro la piglia… (non avercela fatta è il suo più grande rimorso). Riesce fortunatamente ad avvisare la figlia Viviana di quanto accaduto con una telefonata. Lei era a letto con la sua famiglia quando sente il boato e l’inizio di quel rumore stridulo e freddo, il rumore del vetro ! Vive quei momenti di terrore dalla finestra chiusa con la bimba piccola stretta al collo. Il tempo di inviare un messaggio a tutti per rassicurarli che su sky tg 24 parlano di un falso allarme attentato e sente un’ondata di urla; urla e pianti della gente che avendo perso le scarpe cerca di scappare a piedi nudi calpestando i vetri rotti a terra. Il padre la chiama e con un filo di voce riesce a dire: "Chicca sto morendo, vieni subito, voglio vederti, perdo sangue ovunque, non riesco a respirare". Lei pensa ad uno scherzo a seguito del suo messaggio, ma poi la voce di uno sconosciuto la porta alla realtà: "Viviana corri più che puoi, tuo padre sta morendo !". Non posso immaginare cosa capiti nella testa di chi sente queste parole, so solo che ha corso all’impazzata per raggiungere il padre. Le si presenta un’immagine che mai più potrà cancellare: il papà seduto su una sedia di plastica con camicia strappata, insanguinata e volto irriconoscibile con sangue che usciva da occhi e naso che con un filo di voce continuava a dire "sto morendo, sto morendo, vai a cercare la mamma" tenendo stretta la mano tremante. Viene poi trasferito al pronto soccorso a bordo di una camionetta della polizia insieme ad altri feriti, ci vogliono 3 tentativi per trovare posto, a seguito dell’incidente tutti gli ospedali sono intasati.

Nel frattempo il fratello Danilo, avvisato anche lui telefonicamente dal padre scappa letteralmente di casa senza dire praticamente niente alla moglie e agli amici che aveva ospitato a casa proprio in occasione della partita. Con loro prende l’auto e corre direttamente verso il centro città. Lo scenario in piazza è drammatico: sangue ovunque, scarpe, un manto di vetri, di sciarpe e bandiere bianconere… Qualcuno iniziava a mettere in fila tutte le scarpe spaiate in modo da permettere magari a qualcuno di recuperarle… Un passeggino era letteralmente spezzato e spiaccicato per terra… Faceva fatica a camminare sui vetri. Appurato che Viviana si stesse occupando del papà inizia la ricerca disperata della mamma. Assieme agli amici controlla tutti i punti raccolta dei feriti, guarda per terra le facce di tutti le persone sdraiate o appoggiate ai muri… Ferma ogni carabiniere, poliziotto e vigile del fuoco che avesse un foglio in mano con scritti i nomi dei feriti che in teoria erano già stati portati via. Le telefonate agli ospedali davano sempre gli stessi esiti: "non sappiamo i nomi delle persone arrivate qui in pronto soccorso… È un delirio… Richiami tra un’ora". "Non ricordo quanto siamo stati lì a cercare mamma; fatto sta che ad un certo punto abbiamo ritenuto fosse più utile spostarci nei singoli ospedali. Ma ovunque stesse scene, sangue ovunque, code lunghissime di attesa di feriti con qualche taglio, confusione in accettazione e sempre esito negativo". Viviana e suo fratello Danilo troveranno la mamma alle 2 di notte, distesa su di una barella, irriconoscibile, il viso completamente insanguinato e gonfio. Senza rendersene conto Marisa si era ritrovata a terra calpestata dalla folla impazzita e terrorizzata. Fatica a respirare, perde i sensi e viene soccorsa da alcuni ragazzi fino a quando viene portata all’Ospedale Maria Vittoria, dove fortunatamente riprende i sensi e riesce a dettare il numero di telefono del genero ad un’infermiera. Le condizioni sono critiche ed inizia il calvario. Su consiglio del medico di guardia viene trasferita all’ospedale Le Molinette per un delicato intervento al torace, per prevenire un infarto, un ictus o qualcosa di ancora più irreparabile. Scampato il primo intervento iniziano a riempirla di fili, tubi per drenaggi ai polmoni per farla respirare e restano in attesa del chirurgo maxillo facciale per valutare le presunte fratture multiple al viso. Col passare delle ore la situazione non migliora, anzi sopraggiungono ulteriori problemi respiratori ad aggravare una diagnosi al limite del sopportabile, dolorosa, no forse di più, tremenda: una lesione midollare importante le sta impedendo di respirare nonostante l’ausilio dei macchinari. Subisce due interventi alle vertebre cervicali ed una tracheotomia per togliere il tubo dalla gola che le sta causando decubito e dolori atroci. Dopodiché iniziano i test medici per valutare l’entità della lesione alla colonna cervicale; i movimenti sono limitati al collo purtroppo !

Nel frattempo il marito Vincenzo è ricoverato con codice rosso: entrambi i polmoni perforati, difficoltà respiratorie e rischio di emorragie interne, frattura in 5 punti della clavicola destra, frattura di tutte le costole, trauma cranico e ferita al sopracciglio dell’occhio destro. Insomma un quadro clinico non proprio idilliaco ! La sua lucidità ha sconvolto molto di più i medici dei famigliari ma per fortuna non hanno sottovalutato la situazione. Dopo due giorni di rianimazione viene trasferito in reparto dove ahimè la situazione riprecipita a causa dei polmoni. Urge un intervento per ripulire i polmoni da un’emorragia, il chirurgo lo presenta come un breve intervento di 1 ora e mezza, invece le ore di attesa diventano 3,4,5,6,7 e 8; una complicazione allunga drasticamente i tempi; il primo quadro dell’anestesista spaventa nuovamente tutti. Non sanno se il polmone si riprenderà e se riuscirà a superare l’intervento. A Viviana e Danilo crolla nuovamente il mondo addosso potendo esserne solo spettatori… Che orribile sensazione l’impotenza ! È forte papà Vincenzo, stupisce tutti reagendo con tutto sé stesso, ma nonostante i suoi sforzi un secondo intervento di tracheotomia si rende necessario, e così anche lui non parlerà per un po’. Segue la trafila di togli e metti i drenaggi ad entrambi i polmoni che piano piano si sistemano, riprende la nutrizione, ricomincia a parlare, si rimette in piedi e ricomincia a muoversi. Nel giro di un mesetto viene dimesso, a turno i figli lo aiutano a vestirsi la mattina, gli preparano da mangiare e lo medicano. Dopo circa un mese, fortunatamente, gli viene permesso di andare a trovare la sua amata moglie Marisa. Solo in quel momento viene realmente informato dello stato di salute della moglie. I figli hanno preferito aspettare che si riprendesse per non creargli ulteriori difficoltà. Io vengo a sapere dell’accaduto leggendo alcune frasi pubblicate da Viviana sul suo profilo Facebook. La contatto e mi racconta di questa tragedia. Piango. Non con lei ovviamente, ha già abbastanza pensieri, manco pure io a rincarare la dose… Piango perché poteva toccare a chiunque.  Perché la diagnosi nella migliore delle ipotesi è una paralisi dal collo in giù. Perché nessuno merita di vivere così. Perché mi sento una cacca per aver appena fatto un capriccio per una bella borsa, idiozia pura ! Perché, quando meno te l’aspetti e la vita sembra essere perfetta può succedere un patatrac che capovolge tutto ! Tutti i tuoi piani, viaggi, scuola, famiglia, tutto ! Viviana riesce a non dormire per 36 ore filate. Il suo unico pensiero è stare con la mamma. Lasciate le bambine in buone mani, con papà e zii, trascorre tutto il tempo a fianco della mamma. La diagnosi è terribile e il suo pensiero più grande è che riesca a comunicare per decidere come affrontare la vita.

Passano i giorni, le settimane, i mesi. Dopo due mesi i polmoni iniziano piano piano a ripulirsi, la deglutizione sembra dare un minimo di possibilità che possa forse un giorno tornare a mangiare masticando. Subentrano fortissime emicranie per le quali, dopo vari tentativi, trovano una pozione magica ! L’entusiasmo viene subito smorzato dall’inizio di nausee fortissime. Trascorrono circa 4 settimane e i medici le impongono di mangiare pasti completi per evitare l’intervento di PEG (un sondino inserito direttamente nello stomaco per la nutrizione). Nel frattempo Marisa arriva a 40 kg, troppo pochi per poter continuare ad assumere tutti i farmaci necessari a disfunzioni renali, intestinali, emicranie, nausea, insonnia e dolori vari. Marisa è forte e anche in questo frangente lo dimostra. Inizia ad ingerire grandi quantità di cibo; neanche nella sua miglior forma fisica sarebbe riuscita a mangiare così tanto. In poche settimane le viene tolto il sondino del naso che apportava integratori e si normalizza la problematica legata all’alimentazione. Finalmente il primario, Dott. Bernardino (splendida persona a cui Marisa sente di dover un abbraccio per averle ridato un pezzo di vita) dà il benestare per il trasferimento all’unità spinale. Sono quasi trascorsi 4 mesi da quella sera. Nonostante i disturbi e le nausee Marisa continua imperterrita a mangiare facendo sforzi pazzeschi, i pranzi durano circa un’ora, bocconi piccolissimi che mastica a lungo e fatica a deglutire. Inizia la riabilitazione per poter parlare pochi minuti al giorno. Fino ad oggi aveva comunicato con l’ausilio di un tabellone, posando gli occhi sulle lettere per formare parole, frasi. Inizia a parlare con un filo di voce, un progresso atteso da mesi. Purtroppo per quanto riguarda la parte motoria non ci sono progressi, la paralisi resta a livello del collo. Ancora una volta Marisa stupisce tutti… Un lunedì mattina mentre la figlia Viviana si accinge ad entrare nella stessa stanza rimane immobile sull’uscio: la mamma era seduta di fronte su una carrozzina per tetraplegici, bella dritta col busto ed un sorriso splendido ! "Per quanto mi fossi sempre preparata prima di entrare in stanza quel giorno non ero pronta abbastanza… La commozione è stata inevitabile ed assolutamente incontrollabile !". Mi racconta. La mamma la lasciò sfogare qualche secondo ma ci tenne a precisare che non si trattava di un progresso ma solo di un percorso. "Erano mesi che vedevo mia madre in un letto di ospedale con il viso sofferente… Come avrei potuto non reagire in quel modo ?!? Per fortuna ho voluto dirglielo perché comprendesse che anche se a lei la mia reazione di gioia sembrava così ingiustificata, non lo era ! E così sono riuscita a coinvolgerla nella mia emozione !!".

Oggi i progressi sono arrivati fino ad avere una buona autonomia respiratoria senza ventilatore e a parlare per alcune ore durante la giornata. Mi sento poco con Viviana, la penso spesso e mi manca. Mi manca trascorrere del tempo con lei, le bambine alle quali Olivia è molto legata. Discorsi spensierati sui look, regali, giochi e vacanze. Quando penso a lei, seduta con dedizione a fianco della madre mi sento in colpa. In colpa per la mia felicità per la gioia con la quale condivido la mia vita voi bambini, i viaggi. Che gran donna la mia amica. Figlia di una guerriera che sta lottando con tutta sé stessa. Non si perdono d’animo sono presenti, tutti. Che esempio di amore infinito. Alcuni giorni fa LE IENE ha mandato in onda un servizio sui fatti accaduti a Torino in piazza San Carlo e con mia grande sorpresa ho visto nonna Marisa parlare con coraggio della sua esperienza. Sentirla parlare è stata la cosa più bella !  Ero rimasta all’estate quando non emetteva suoni e comunicava posando lo sguardo su un tabellone con lettere. Sentire la sua grande forza nonostante il filo di voce è stata un’emozione fortissima. Il suo coraggio, donna coraggio, mi ha spinta a voler parlare di lei, di loro; una famiglia così unita, così speciale. Nei prossimi giorni avranno un incontro con il medico curante di Marisa, tutti insieme, Viviana, il fratello Danilo e papà Vincenzo. "L’intento è di metterci di fronte alla dura realtà più di quanto pensiamo di esserci già dentro... Il percorso riabilitativo comprende tutto il nucleo familiare, tutti noi che staremo vicino a mamma dovremo saper sopperire a tutte le esigenze, necessità ma soprattutto saper fare tutto anche se non avremo mai la specializzazione da infermieri o fisioterapisti. Ci insegneranno a riconoscere i segnali di innalzamenti pressori, intasamenti vescicali, spostarla dal letto alla sedia a rotelle, cambiarla, pulirla. Purtroppo l’Asl ci fornirà un supporto minimo e sarà quindi necessario chiedere ulteriore aiuto infermieristico professionale privato al quale noi famiglia dovremo garantire assolutamente la presenza in appoggio, considerando che è e sarà una persona invalida con necessità di assistenza 24h/24. Ahimè questi pazienti stanno nella stessa posizione per alcune ore e si sporcano rischiando piaghe da decubito che sono una delle prime cause di morte dei pazienti tetraplegici (quelli che considererei fortunati perché raggiungono una sorta di stato di stabilità clinica). Insomma, papà non potrà più permettersi di prendersi una influenza ed io e mio fratello saremo fondamentali seppur sempre solo di supporto perché papà resti in sé, non crolli e faccia di tutto per trovare una nuova vita con mamma". I bambini, i suoi nipotini adorati che ha sempre accudito con amore e passione, invece, non ha ancora potuto vederli. È ancora troppo debole e poi nei pazienti intubati il rischio è troppo alto per poter stare a contatto con bambini. L’obiettivo è sperare che possa tappare completamente la tracheotomia (anche se è staccata dal respiratore ha comunque una valvola aperta). Il loro sogno è che per Natale si possano finalmente riabbracciare tutti (anche se virtualmente).

Ci sono amicizie che vanno e vengono quando hai figli tutto cambia. E poi ci sono conoscenze che si rafforzano fino a diventare amicizie VERE e forti. Magari non ci pensi però lo sai, lo senti. Quando ad una di queste succede qualcosa di tragico ti tocca il cuore profondamente. Ti voglio bene AMICA MIA. Cara Viviana, ti ringrazio per avermi permesso di condividere questa tragica storia triste che racconta di paura, dolore, ma soprattutto di un amore vero e forte, più di tutto e tutti.

Con profonda ammirazione.

Marie

9 novembre 2017

Fonte: Easymomswissmade.com

© Fotografie: Torino.repubblica.it - Cisiamo.info - Facebook - Easymomswissmade.com

Marisa hai Amato

di Domenico Laudadio

Parole, quasi una lettera dedicata alla Signora Marisa Amato, scomparsa ieri per complicanze causate dalle gravissime lesioni riportate nella folle calca del 3 giugno 2017 durante la proiezione della finale di Champions League della Juventus sul maxi schermo in piazza San Carlo a Torino.

Arduo intessere le trame di parole in un elogio funebre senza ricomporre immagini di retorica in frasi abusate dalla prammatica. Rischiosa l’impresa, magari di un arazzo già noto da fare e disfare… La signora Marisa Amato proprio non le merita ora che è già oltre il lessico e il dolore, oggi che possiamo scriverle tutta la nostra gratitudine e ammirazione per averci insegnato a lottare innanzi al limite e a morire senza rinunciare fino all’ultimo atto ad un respiro affrancato dai tubi. Ora che potremo tranquillamente scriverle da tifosi, da cittadini, da figli, in barba ai fronzoli stucchevoli dei convenevoli, alternando il tu alla parola mamma, perché di una madre si è trattato in questa luminosa scia che ha illuminato per la via una famiglia da Beinasco a Torino. Cara Marisa, questa solenne lezione, impartita dalla forza con la quale hai affrontato nella sofferenza il sortilegio di una condanna fatale all’infermità, buggerandola con il tuo imperturbabile sorriso, è patrimonio dell’umanità. Certo, non illudiamoci, il tesoro più prezioso lo conserveranno per sempre e gelosamente Vincenzo con Danilo e Viviana nello scrigno delle memorie più care. Blindato a quanti morbosamente vorrebbero sperperarlo senza paravento sui social, in furbesche trasmissioni strappalacrime o sulle righe scarne del "chi-dove-come-quando" dei cronisti. Sacro, è giusto, inviolabile così… A noi resterà in eredità la tua speranza che il calcio unisca anche le sponde opposte nella piena del Po e l’onta per come tu abbia pagato salatissimo il conto alla ventura maledetta di una Coppa, di una squadra e di uno sport che neanche amavi, al gesto infame di 4 delinquentelli, alla dissennata organizzazione della festa nel salotto buono del popolo. Soltanto poco tempo fa, ostaggio di un’ambulanza, avevi voluto essere presente in aula anche tu al processo per costituirti dalla parte della civiltà contraria ai barbari ed a chi non li ha preventivamente disarmati, ma soprattutto difronte a chi ignorò che in argini saldi e canali sgombri poteva defluire anche l’oceano. La tua dignità abbia effetti miracolosi, un mantra etico che risuoni limpido nelle coscienze di chi si assume responsabilità civili e in chi le osteggia, dentro a quanti vacillano sull’orlo dell’autocommiserazione ed al bullo che li dileggia, nell’animo affranto di chi riesce a malapena a sopravvivere sbarcando il lunario esattamente come in quello di chi ne dovrà rendere conto all’altro mondo. Ma adesso mi taccio, Signora, non voglio più trattenerla in queste righe del tutto arbitrarie di confidenza… Mia Cara Marisa, per lei che ha combattuto la buona battaglia, anche se non ha vinto, ora è tempo di pace.

6 febbraio 2019

Fonte: Giulemanidallajuve.com

© Fotografia: Ilmessaggero.it

DOPO DUE ANNI Vittoria per i familiari

Una targa per Erika Pioletti e Marisa Amato

Via libera alla targa per ricordare la tragedia di Piazza San Carlo e le sue due vittime innocenti.

Sono passati quasi due anni dal quel 3 giugno 2017 in piazza San Carlo. Torino ricorda ancora le urla, l'immensa folla che sbatte su sé stessa e la conta delle vittime di quella tragica notte, quando sul maxi schermo veniva proiettata la finale della Champions League tra Juve e Real. E affinché il monito di quei fatti rimanga indelebile nelle menti di chi passa di lì, ieri è stato ufficializzato il via libera per installare una targa commemorativa per Erika Pioletti e Marisa Amato, le due donne che persero la vita a causa dalla folla impazzita. Il consenso all'unanimità della Commissione toponomastica è arrivato dopo la richiesta dell'Associazione Quelli... di via Filadelfia. Erika Pioletti, 38 anni, era andata a vedere la partita assieme al fidanzato ed è morta una decina di giorni dopo a causa dello schiacciamento della cassa toracica. Stesso destino fatale, eppure con una storia diversa da raccontare, per Marisa Amato, 65 anni. Quella sera era in locale di una delle vie parallele a mangiare la farinata con il marito. È rimasta tetraplegica fino al 25 gennaio 2019, data della scomparsa. "Ovviamente siamo onorati di questo gesto simbolico della città. Il ringraziamento più grande va fatto però a Beppe Pranzo e alla sua associazione "Quelli... di Via Filadelfia" che per primi si sono mossi per l'apposizione della targa. E un gesto che non ci farà tornare indietro ma almeno ci assicura che mia mamma, Erika e tutti i feriti di quella notte non verranno dimenticati", spiega Danilo D’ingeo, uno dei figli di Marisa Amato. E prosegue: "Per quanto riguarda il punto di vista personale la targa manterrà vivo in noi famigliari il ricordo e il grande cuore che ha avuto in questi mesi di sofferenza mia mamma". Ma i famigliari della vittima non si sono fermati per via della tragedia che li ha colpiti. Infatti, "in questi mesi abbiamo anche dato vita ad una ONLUS, I sogni di nonna Marisa, cominciando ad impegnarci nel sociale per dare un aiuto concreto alle persone che ne hanno bisogno, anche se partendo dal piccolo. Abbiamo già portato a termine alcune raccolte fondi e recentemente abbiamo donato un apparecchio all'unità spinale del Cto. Lo stesso reparto dove era ricoverata mia mamma. Crediamo sia il modo migliore per onorare il suo ricordo e fare qualcosa per chi ha bisogno", conclude D'Ingeo. Presto la targa farà parte di quella grande memoria storica composta dai monumenti e dalle targhe affisse sui muri di Torino. Un primo passo, tra la certezza che a causare il panico fu la banda dello spray al peperoncino nell'intento razziare gli spettatori della partita. E le responsabilità dei funzionari pubblici su cui ancora molti si interrogano. Infatti, cosa è andato storto durante quella fatidica notte è ad oggi materia del processo in corso. (C. Nan - E. Cigolini)

15 maggio 2019

Fonte: Il Giornale del Piemonte e della Liguria

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