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												Agguato ai napoletani. I 
												testimoni raccontano la dinamica 
												di Emanuela Mastrocinque 
												Dalle immagini estratte 
												dai video girati da alcuni 
												tifosi napoletani si vede con 
												estrema chiarezza: sono in tre 
												gli aggressori romanisti, con 
												tanto di caschi neri e fumogeni 
												a portata di mano. Tre e non 
												uno, come annunciato dagli 
												organi di stampa. 
												L’intera rissa, che ha 
												coinvolto quattro giovani tifosi 
												napoletani di cui uno che versa 
												in condizioni molto gravi, è 
												stata fedelmente ripresa dal 
												telefono cellulare di un tifoso. 
												Si sentono i colpi, quattro 
												esplosi in rapida sequenza, e 
												prima dei colpi si vede 
												nitidamente l’ultrà romanista 
												Daniele De Santis tirare petardi 
												e sassi contro i rivali 
												napoletani, innescando la 
												guerriglia. Un agguato in piena 
												regola. Gli investigatori 
												continuano ad indagare per 
												capire quale sia stata la 
												dinamica che ha portato al 
												ferimento dei tifosi azzurri 
												nella serata di sabato sera, 
												poco prima del fischio d’inizio 
												di Fiorentina-Napoli, nelle 
												immediate vicinanze dello Stadio 
												Olimpico. Tv, giornali e organi 
												di informazione sembrano non 
												parlare d’altro, perché quello 
												che è accaduto è qualcosa di 
												serio oltre che molto grave. C’è 
												chi rischia la vita, in 
												ospedale, senza una reale e 
												plausibile ragione, solo per 
												essere andato allo stadio, solo 
												per essere napoletano in terra 
												romana. C’è chi dice che i 
												tifosi napoletani abbiano in un 
												certo senso provocato gli ultrà 
												romanisti, sfilando con tanto di 
												coro e striscioni di fronte al 
												Village, noto punto di ritrovo 
												dell’estrema destra legata al 
												mondo romano delle Curve. C’è 
												però anche un altro video che 
												riprende chiaramente la scena, 
												con un De Santis impazzito 
												pronto a sparare e almeno altri 
												due uomini al suo fianco. I 
												video raccontano una versione 
												sostanzialmente diversa da 
												quella narrata ieri mattina dal 
												questore di Roma Massimo Mazza 
												che aveva dichiarato: "Si tratta 
												di un pazzo solitario, se ci 
												fosse stata un’azione 
												organizzata l’avremmo vista. 
												Quella era una zona dove non era 
												prevedibile nessun tipo di 
												incidente". Eppure le cose non 
												stanno così. Intanto in queste 
												frenetiche ore continuano a 
												spuntare comunicati da parte 
												degli Ultrà romanisti che, a 
												cosa fatta, si dissociano dal De 
												Santis definendolo un solitario, 
												cane sciolto ! Eppure i 
												collegamenti tra l’ex capo ultrà 
												e gli ambienti del tifo ci sono, 
												e sono soprattutto comprovati. 
												Ilmattino.it riporta 
												l‘intervista di uno dei 
												protagonisti della vicenda, 
												presente proprio durante la 
												sparatoria: "Siamo usciti dal 
												parcheggio. Ci hanno assalito, 
												erano incappucciati o con caschi 
												e passamontagna, ci hanno 
												caricati e poi sono scappati. 
												Erano in 6 o 7, sono usciti da 
												una stradina privata con un 
												cancello (il circolo Village), 
												da lì hanno iniziato a lanciarci 
												gli oggetti. Ci hanno tirato un 
												agguato". Da qui la rissa e 
												un’improvvisa caduta del De 
												Santis che manda l’uomo in 
												panico. Sembra proprio che 
												questo momento sia fatale per 
												l’ultrà che, vedendosi 
												accerchiato, estrae una Beretta 
												calibro 7,65 con matricola 
												punzonata, e inizia a sparare. 
												Quattro colpi. Che potevano 
												essere molti di più se la 
												pistola non si fosse inceppata. 
												Intanto Ciro Esposito giace in 
												prognosi riservata al 
												Policlinico Gemelli di Roma, tra 
												la vita e la morte, a nemmeno 
												trent’anni. Sua madre ha 
												dichiarato di aver già perdonato 
												i colpevoli e grida al miracolo, 
												perché Ciro ha aperto gli occhi, 
												pur essendo ancora in grave 
												pericolo di vita. Eppure nessuno 
												sembra occuparsi di lui, tutti 
												impegnati a parlare di Genny ‘a 
												carogna, di Daspo, di tifo 
												violento e di Ultrà, mentre Ciro 
												combatte per non morire di 
												calcio. 
												5 maggio 2014 
												Fonte: Vesuviolive.it 
												L'INCHIESTA 
												di Maria Elena Vincenzi 
												e Carlo Bonini 
												ROMA - "Che è successo 
												pe' davero ar chiosco ? Se fanno 
												tutti i cazzi loro. E poi è ‘na 
												vita che Gastone nun se vedeva 
												in curva. Che te devo dì ? Forse 
												se la sentiva calla. Magari era 
												pippato. Forse s'è fatto girà er 
												culo lì per lì. Lui e quelli che 
												stavano co' lui. ‘Na cosa è 
												certa. Se volevamo fa' ‘na 
												tarantella co' quelle merde, nun 
												la organizzavamo così". Il 
												ragazzo della Sud è un tipo 
												svelto. Conosce la curva del 
												tifo giallorosso meglio di casa 
												sua. Accredita e dunque conferma 
												l'ipotesi che sabato pomeriggio, 
												in viale di Tor di Quinto, la 
												festa ai napoletani ha molto a 
												che vedere con il "calcio", con 
												l'odio delle curve. Epperò, che 
												nella "premeditazione" non c'è 
												stato "metodo". Meglio, che la 
												faccenda riguarda "solo" Daniele 
												De Santis e almeno tre compari 
												che erano con lui, che con lui 
												hanno verosimilmente progettato 
												l'agguato (perché di questo si è 
												trattato) e che la Digos cerca 
												da domenica mattina. Del resto, 
												le informazioni del ragazzino 
												collimano come un calco con la 
												ricostruzione - documentata in 
												un'informativa della Digos alla 
												Procura di Roma - della scena 
												del tentato triplice omicidio di 
												cui De Santis "Gastone" è 
												accusato e per il quale è 
												piantonato in una stanza del 
												Policlinico Gemelli. Per una 
												verità che all'osso suona così: 
												sabato pomeriggio, "Gastone" 
												voleva uccidere e non ha dunque 
												sparato per difendersi. I 
												napoletani verso cui ha fatto 
												fuoco sono stati attirati in una 
												trappola. Innescata da un lancio 
												di fumogeni e chiusa da quattro 
												colpi esplosi in sequenza da una 
												Beretta 7,65 dalla matricola 
												abrasa. Impugnata da "Gastone", 
												come ha confermato ieri sera la 
												prova dello "stub" sulla sua 
												mano. E ancora: i napoletani, 
												dopo quei colpi di pistola, 
												hanno impugnato spranghe e 
												manganelli per uccidere. Altro 
												che "rissa". Sabato, qualcuno 
												non doveva più rialzarsi. La 
												sequenza, dunque. In viale di 
												Tor di Quinto, al passaggio 
												della colonna dei pullman che 
												portano i tifosi del Napoli 
												verso Ponte Milvio e gli 
												ingressi della Curva Nord 
												dell'Olimpico, dal budello di 
												asfalto su cui affaccia il " 
												Trifoglio ", il "circolo" 
												frequentato da neonazi e da 
												frange di destra della curva 
												romanista e il cui bar è gestito 
												da "Gastone", partono due 
												fumogeni e forse un petardo in 
												direzione del convoglio. I 
												pullman sfilano mentre alcune 
												delle macchine che "scortano" 
												quel corteo, si fermano. Ne 
												scende un gruppo di tifosi (tra 
												loro, Ciro Esposito), che vedono 
												distintamente "Gastone" e almeno 
												tre uomini accanto a lui con dei 
												caschi integrali. Abbozzano un 
												inseguimento, che viene spento 
												da quattro colpi di 7,65. 
												Rimangono a terra in tre, 
												fulminati come birilli. Ed è a 
												questo punto che sangue chiama 
												sangue. Le fila dei napoletani 
												si gonfiano di una ventina di 
												incappucciati armati di spranghe 
												e manganelli azzurri. "Gastone", 
												che pure ha il fisico di un 
												orco, viene raggiunto nel vicolo 
												e sopraffatto. Prima lo 
												colpiscono ripetutamente alla 
												testa fracassandogli le ossa 
												craniche. Poi passano alle 
												gambe. La destra viene 
												praticamente maciullata, fin 
												quasi a produrre il distacco del 
												piede dalla tibia. I tre che 
												sono con lui, lo abbandonano 
												terrorizzati. Forse lo credono 
												morto. Forse capiscono che 
												restare significa fare la sua 
												fine. Racconta ora la signora 
												Franca, madre di De Santis, che 
												suo figlio, "prima della 
												partita" (quando non è dato 
												sapere), si fosse messo in mezzo 
												a una discussione tra ultras 
												della Roma e del Napoli. Che ne 
												fosse nata una lite e un 
												annuncio di vendetta. Che, 
												insomma, sabato pomeriggio, i 
												napoletani fossero andati a 
												cercarlo. Dunque, che per questo 
												fosse armato. Che la circostanza 
												sia vera o meno, sarà l'indagine 
												ad accertarlo. Certo, "Gastone" 
												ha aspettato e cercato il 
												confronto. E lo ha fatto in modo 
												sconsiderato, anche nella logica 
												belluina della curva. Anche a 
												voler dare credito alla voce 
												che, nei giorni precedenti la 
												partita, voleva romanisti e 
												laziali pronti al confronto con 
												i napoletani. Ma che, nel lavoro 
												di prevenzione della Digos non 
												aveva trovato riscontri. Perché 
												- così volevano le informazioni 
												soffiate agli sbirri - colpire i 
												napoletani sabato avrebbe 
												esposto i romanisti in trasferta 
												a Catania domenica a una 
												vendetta inimmaginabile (non è 
												un caso che in Sicilia, dopo i 
												fatti dell'Olimpico, non abbia 
												messo piede un solo tifoso 
												giallorosso). È un fatto che il 
												lavoro sul tentato triplice 
												omicidio di sabato è solo 
												all'inizio. Il procuratore 
												aggiunto Pierfilippo Laviani e 
												il sostituto Antonino Di Maio 
												cercheranno di dare risposta a 
												una serie di domande. Che hanno 
												certamente a che fare con 
												"Gastone", con la premeditazione 
												dell'agguato e le sue 
												complicità. Ma che hanno anche 
												molto a che vedere con quanto 
												accaduto nella mezz'ora che ha 
												preceduto la partita. I due 
												pubblici ministeri, da ieri, 
												valutano infatti anche la 
												posizione di Genny ‘a carogna. E 
												non tanto per il Daspo che lo 
												raggiungerà nelle prossime ore, 
												ma perché il reato di cui 
												potrebbe essere accusato 
												chiamerebbe in causa il ruolo di 
												chi ha gestito l'ordine 
												pubblico. Genny - come riferisce 
												una qualificata fonte inquirente 
												- potrebbe infatti essere 
												iscritto per violenza privata e 
												interruzione di pubblico 
												servizio. Due accuse sostenute 
												dalle immagini televisive andate 
												in diretta e che riaprirebbero 
												la questione intorno alla quale 
												si è stretta la discussione 
												sulla scelta fatta da prefetto e 
												questore di far disputare la 
												partita. La violenza privata 
												presuppone infatti un carnefice 
												(Genny) e una vittima (lo 
												Stato). Presuppone una 
												trattativa in cui il più debole 
												(lo Stato) china il capo davanti 
												al più forte (Genny). 
												6 maggio 2014 
												
												Fonte: La Repubblica 
												
												© Fotografia: 
												Gazzetta.it 
												"Ci hanno aggrediti in 
												4, tutti armati. E De Santis ha 
												sparato" 
												di Luca Monaco 
												L'intervista al padre di 
												Gennaro Fioretti, 32enne ferito 
												assieme a Ciro Esposito da due 
												proiettili durante gli scontri 
												prima della finale di Coppa 
												Italia. 
												Gennaro Fioretti, 32 
												anni, da tre giorni giace in un 
												letto del reparto di 
												traumatologia al decimo piano 
												del policlinico Gemelli. È stato 
												investito da due proiettili 
												esplosi durante i presunti 
												scontri tra romanisti e 
												napoletani nel pre-partita della 
												finale di Coppa Italia. Il 
												giovane uomo, che rischia la 
												paralisi, è in stato di arresto. 
												Il padre, Vincenzo, un artigiano 
												di 65 anni, lunedì è riuscito a 
												incontrare il figlio (piantonato 
												dalla polizia giudiziaria, che 
												non fa più entrare nella camera 
												neppure i familiari) per pochi 
												minuti. E riferisce la versione 
												del tifoso napoletano sulla 
												dinamica della sparatoria. 
												
												
												Anzitutto, come sta Gennaro ? 
												"Non è in pericolo di vita - 
												dice il padre - ma certo rischia 
												di rimanere invalido. Il primo 
												proiettile gli ha bucato la mano 
												sinistra, frantumando i 
												legamenti del dito mignolo: non 
												lo riesce a muovere. L'altra 
												pallottola invece gli si è 
												conficcata nell'osso del braccio 
												destro e ancora non gliel'hanno 
												tolta". 
												
												E 
												cosa aspettano i medici ? 
												"Devono trasferirlo di reparto. 
												Ma serve il permesso del 
												magistrato che lo sta 
												interrogando, ma non sono 
												sicuro. Nessuno ci dice nulla. 
												So solo che è in stato di 
												arresto e nemmeno perché. Ieri 
												ho nominato apposta un avvocato, 
												ma ancora non sappiamo di cosa è 
												accusato Gennaro". 
												
												Suo figlio comunque è 
												vigile…
												
												"Per fortuna sì. Parla, 
												vede la tv e mi ha detto che voi 
												giornalisti avete sparato un 
												sacco di sciocchezze sulla 
												dinamica degli scontri". 
												
												Cioè ?
												
												"Cioè che non è vero che 
												i tifosi del Napoli hanno 
												attaccato briga per primi. I 
												romanisti sono sbucati 
												all'improvviso armati di 
												pistole, erano almeno quattro a 
												sparare. De Santis impugnava 
												l'arma con un paio di guanti di 
												pelle nera: mio figlio l'ha 
												visto, è sicuro che sia lui. Me 
												l'ha giurato lunedì quando i 
												poliziotti mi hanno fatto 
												entrare un attimo perché Gennaro 
												aveva bisogno di bere e gli 
												infermieri erano tutti 
												impegnati. Aveva i guanti De 
												Stefani: forse per questo ieri 
												l'esame dello stub, come si 
												chiama, ha dato esiti negativi". 
												
												Ma Gennaro è un ultrà ?
												
												"Non lo so, no. Va allo 
												stadio sempre con lo stesso 
												gruppo di amici di Mugnano, la 
												frazione dove abitiamo, a 10 
												chilometri da Scampia. Da quello 
												che mi ha detto Immacolata, la 
												fidanzata di mio figlio (ha 25 
												anni, fa la parrucchiera a 
												Mugnano, ndr), era venuto a Roma 
												in macchina insieme ad Alfonso 
												Esposito, l'altro tifoso rimasto 
												ferito alla mano. Ma io non lo 
												conosco". 
												
												Dopo la sparatoria chi 
												ha soccorso suo figlio ?
												
												"I suoi amici. Il 
												proiettile gli ha bucato la vena 
												del braccio. Un ragazzo ha 
												cercato di fermare l'emorragia 
												stringendogli la cintura dei 
												pantaloni attorno al bicipite. 
												Poi l'hanno caricato su una 
												volante della polizia, nemmeno 
												sull'ambulanza, e l'hanno 
												trasportato all'ospedale Santo 
												Spirito. Lì gli hanno fatto un 
												primo intervento: hanno curato 
												la ferita alla mano e gli hanno 
												sfilato una vena dalla gamba per 
												suturare quella del braccio, 
												spezzata dal proiettile".
												
												 
												
												
												Muove le gambe ?
												
												"Disgraziatamente non le 
												sente più. Abbiamo il terrore 
												che resti paralizzato". 
												
												I 
												tifosi laziali stanno pagando 
												l'albergo alla famiglia 
												Esposito. A voi qualcuno vi ha 
												contattati ? "No. Ma va 
												bene così. Non vogliamo 
												disturbare, anche se abbiamo dei 
												problemi economici perché 
												dormire a Roma costa tanto e 
												Gennaro dovrà essere operato più 
												volte, rischia di rimanere in 
												ospedale sei o otto mesi" La 
												madre di Ciro Esposito è 
												riuscita a perdonare chi ha 
												sparato.  
												
												Lei 
												signor Fioretti ? 
												"Purtroppo no, è più forte di 
												me, non ce la faccio. Ho tanta 
												rabbia in corpo, io quell'uomo, 
												De Santis, non riesco proprio a 
												perdonarlo. A volte mia moglie, 
												in preda al nervosismo mi dice 
												che sarebbe dovuto morire, ma 
												poi ci ripensa e si pente". 
												7 maggio 2014 
												
												Fonte: La Repubblica 
												
												© Fotografia: 
												Ilfattoquotidiano.it 
												Scontri di Coppa Italia 
												oggi parla il testimone che ha 
												visto sparare 
												di Federica Angeli 
												Verrà ascoltato oggi, in 
												incidente probatorio, il 
												testimone oculare degli scontri 
												che hanno preceduto la finale di 
												Coppa Italia Fiorentina Napoli. 
												I pubblici ministeri Antonino di 
												Maio ed Eugenio Albamonte di 
												fronte al giudice Giacome Ebner 
												ascolteranno il ragazzo della 
												tifoseria napoletana che ha 
												visto Daniele De Santis premere 
												il grilletto contro Ciro 
												Esposito, ancora ricoverato al 
												Gemelli. Il giovane che ha già 
												spiegato agli inquirenti quanto 
												ha visto in quel pomeriggio di 
												follia a mezzo chilometro dallo 
												stadio Olimpico, ribadirà la sua 
												versione. De Santis - di cui il 
												testimone ha fornito una 
												descrizione fisica che sembra 
												compatibile con le sembianze del 
												tifoso giallorosso - secondo il 
												supporter del Napoli, nella 
												concitazione del momento contro 
												una ventina di biancoazzurri, è 
												caduto in terra. Quando si è 
												rialzato ha tirato fuori una 
												pistola da sotto la maglietta e 
												ha aperto il fuoco, scaricando 
												tutti i proiettili che aveva. 
												Uno di questi si è conficcato 
												nella spina dorsale di Esposito. 
												Una testimonianza chiave che, 
												malgrado lo stub non abbia 
												ancora dato riscontri precisi, 
												inchioderebbe De Santis 
												(indagato per tentato omicidio) 
												alle sue responsabilità. Oggi 
												dunque il suo racconto si 
												trasformerà in una prova con un 
												peso specifico nel dibattimento. 
												6 giugno 2014 
												
												Fonte: La Repubblica 
												Ciro Esposito prima di 
												morire: "Aggredito da più 
												persone con i caschi" 
												Diffuso l'audio in cui 
												dal letto dell'ospedale il 
												tifoso aggredito prima di 
												Napoli-Fiorentina ricostruisce i 
												fatti del 3 maggio: "Mi hanno 
												sparato, aveva l'accento 
												laziale". 
												Milano - "Stavo andando 
												a vedere la partita, il 
												biglietto lo avevo comprato dove 
												abito io, a Napoli". "Mi hanno 
												sparato, avevano i caschi". Chi 
												parla è Ciro Esposito, il tifoso 
												del Napoli morto dopo 53 giorni 
												di agonia in seguito ai fatti 
												tragici del 3 maggio scorso, 
												quando fu colpito da un 
												proiettile a Tor di Quinto, 
												Roma, prima della finale di 
												Coppa Italia tra Napoli e 
												Fiorentina. Ciro, ancora lucido, 
												parla dal suo letto di ospedale, 
												al Policlinico Gemelli dove è 
												stato ricoverato dopo essere 
												stato ferito. Con lui c'è la 
												criminologa Angela Tibullo che 
												lo interroga su quanto accaduto. 
												L'audio, del Giornale Radio Rai, 
												è stato diffuso all'indomani 
												della chiusura delle indagini 
												sull'omicidio di Esposito, che 
												vedono Daniele De Santis, 
												l'ultrà romanista conosciuto 
												come "Gastone", indagato per 
												omicidio volontario. "Erano in 
												tanti" - Ecco la trascrizione 
												del dialogo tra Esposito e la 
												criminologa:  
												
												
												Angela Tibullo: "Perché 
												ti trovi qua ?"…
												Ciro 
												Esposito: "Perché mi 
												hanno sparato"… 
												
												
												Angela Tibullo: "Quando?" 
												… 
												Ciro Esposito: "Quando 
												sono andato a vedere la 
												partita"… 
												
												
												Angela Tibullo: "Ma tu lo 
												avevi il biglietto per andare 
												allo stadio, dove l’avevi 
												comprato ?" …
												
												
												Ciro 
												Esposito: "Dove abito 
												io"… 
												
												
												Angela Tibullo: "E tu 
												dove abiti?" …
												Ciro 
												Esposito: "A Napoli"… 
												
												
												Angela Tibullo: "Senti 
												Ciro, ti ricordi fisicamente 
												questa persona vestita di nero, 
												un po’ ciccione ?" …
												
												
												Ciro 
												Esposito: "Era più di una 
												persona"… 
												
												
												Angela Tibullo: "Ti 
												ricordi com’erano vestite ?" …
												
												
												Ciro 
												Esposito: "Con i caschi"… 
												
												
												Angela Tibullo: "Ma tutti 
												o alcuni sì e alcuni no ? "…
												Ciro 
												Esposito: (Pausa)… 
												
												
												Angela Tibullo: "Mi dici 
												sì per dire che c’era qualcuno 
												che non ce l’aveva ?"…
												
												
												Ciro 
												Esposito: (Pausa)… 
												
												
												Angela Tibullo: "E poi 
												che ha fatto questo ti ha dato 
												due schiaffi ?"…
												Ciro 
												Esposito: "Mi ha 
												sparato"…
												
												 
												
												
												
												Angela Tibullo: "Perché 
												ti ha sparato, Ciro ?"
												Ciro 
												Esposito: … (Risponde, ma 
												le sue parole non sono chiare e 
												la criminologa ripete ad alta 
												voce quello che ha capito)… 
												
												
												Angela Tibullo: "Hai 
												incontrato questo che non stava 
												bene con la testa, ha preso la 
												pistola e ha sparato, ma questo 
												che ti ha sparato ha preso così 
												la pistola e ti ha sparato o 
												stavate urlando o è caduto ? Era 
												a terra, era alzato ?"…
												Ciro 
												Esposito: "In piedi e a 
												terra"… 
												
												
												Angela Tibullo: "Quindi 
												sei partito, sei arrivato a 
												Roma, ti stavi incamminando per 
												andare a vedere ‘sto Napoli e 
												uno è arrivato e ti ha sparato… 
												Ed erano tanti, giusto ? E 
												avevano i caschi tranne uno, mi 
												hai detto ? Ma questo qua la 
												pistola da dove l’ha presa ? Da 
												qua ? Ok. Ma l’hai sentito 
												parlare ?"…
												Ciro 
												Esposito: "Aveva 
												l’accento del Lazio"… 
												25 marzo 2015 
												
												Fonte: Gazzetta.it 
												(Testo © Fotografia) 
												Ciro Esposito prima di 
												morire: "Aggredito da più 
												persone" 
												di Dario Del Porto 
												Le parole del tifoso 
												napoletano dal reparto di 
												terapia intensiva del 
												Policlinico Gemelli di Roma dove 
												morì dopo due mesi di sofferenze 
												per l'aggressione dopo la finale 
												di Coppa Italia lo scorso anno 
												tra Napoli e Fiorentina. A un 
												perito consulente della famiglia 
												risponde con voce fioca: 
												"Avevano i caschi. Chi mi ha 
												sparato aveva un accento 
												romano". 
												NAPOLI - Ad aggredirlo 
												furono "più persone" e "avevano 
												i caschi", e uno di loro sparò 
												contro di lui ferendolo così 
												gravemente da portarlo poi alla 
												morte dopo due mesi di 
												sofferenze in ospedale. A 
												raccontarlo dal letto del 
												reparto di terapia intensiva del 
												Policlinico Gemelli dove era 
												ricoverato è stato lo stesso 
												Ciro Esposito, il tifoso del 
												Napoli colpito all'esterno 
												dell'Olimpico di Roma prima che 
												avesse della finale di Coppa 
												Italia lo scorso anno tra Napoli 
												e Fiorentina. La registrazione 
												della testimonianza è stata 
												diffusa all'indomani della 
												chiusura dell'inchiesta 
												sull'omicidio di Esposito. 
												Intubato, il fisico provato 
												dalla sofferenza, la voce fioca, 
												Esposito risponde alle domande 
												di un perito consulente della 
												famiglia. Perché ? ti trovi qua, 
												gli viene chiesto ? "Mi hanno 
												sparato", dice il ragazzo che 
												rispondendo ad altre domande 
												spiega: "stavo andando a vedere 
												la partita, il biglietto lo 
												avevo comprato dove abito io, a 
												Napoli". Poi ricorda che gli 
												aggressori erano più d'uno e 
												dice: "avevano i caschi". Perché 
												ti ha sparato ? gli chiede il 
												perito ? "Era fuori di testa", 
												dice ancora Esposito che 
												aggiunge "stava in piedi e poi a 
												terra e parlava con accento 
												romano". Ecco la trascrizione 
												completa del nastro audio 
												(omissis) 
												25 marzo 2015 
												
												Fonte: Repubblica.it 
												L’uccisione del tifoso 
												del Napoli a Tor di Quinto 
												Ciro Esposito, prima 
												degli scontri festino con sesso 
												e coca per De Santis 
												di Fulvio Fiano 
												Prima della finale di 
												Coppa Italia, il romanista con 
												due prostitute che sono state 
												ascoltate dalla Digos. Tifosi 
												napoletani in contatto con gli 
												ultrà. 
												
												 Il pomeriggio in cui 
												Ciro Esposito fu ferito 
												mortalmente a Tor di Quinto 
												prima di Napoli-Fiorentina, il 3 
												maggio scorso, era cominciato 
												per Daniele De Santis, l’ex 
												ultrà romanista accusato del suo 
												omicidio, con un festino a base 
												di sesso e cocaina. Lo 
												raccontano alla Digos le due 
												prostitute che erano con lui 
												dalla sera prima. La 
												testimonianza più diretta è di 
												Ruxandra Andrei, 31enne romena: 
												"Verso le 15 Daniele ci disse 
												che doveva uscire. Era molto 
												strano, agitato. Ha prelevato da 
												un cassetto di biancheria un 
												oggetto che non sono riuscita a 
												vedere, presumo fosse un 
												coltello che usava per tagliare 
												droga, dicendomi che andava a 
												comprare cibo e sigarette, senza 
												specificarmi. "Tesoro stai 
												tranquilla che è tutto a posto, 
												torno subito", mi disse. Ero 
												preoccupata perché aveva 
												litigato per telefono con un 
												ragazzo al quale aveva detto che 
												"gliela avrebbe fatta pagare". 
												Inga Dumitru, 38enne moldava, 
												conferma il racconto dell’amica 
												e aggiunge: "Dopo tre ore 
												Daniele non era ancora 
												rientrato. Dalla finestra ho 
												visto un signore alto circa due 
												metri capelli corti grigi, circa 
												60 anni, che conoscevo di vista 
												e sapevo che era una persona 
												molto cattiva. Si è allontanato 
												con altre quattro o cinque 
												persone, sui 40/50 anni a bordo 
												di due macchine piccole". 
												Potrebbero essere gli co-autori 
												dell’assalto ai bus dei 
												napoletani che innescò il loro 
												contro inseguimento. I primi a 
												raggiungere De Santis è Ciro 
												Esposito con Gennaro Fioretti, 
												Alfonso Esposito, Adriano 
												Cammisa. I loro telefonini, 
												scrive la Digos, sono in 
												contatto con quelli di almeno 
												cinque ultrà del gruppo Area 
												Nord, sigla della Curva B del 
												San Paolo, tutti a vario titolo 
												con precedenti per droga, 
												detenzione d’armi e violenza da 
												stadio. C’è anche Gennaro 
												Puzone, uno dei testimoni 
												chiave, già sottoposto a Daspo. 
												"Danielino" si rompe un piede 
												cercando di chiudere un cancello 
												spinto dagli inseguitori, cade e 
												viene colpito. Da terra, secondo 
												la perizia del Ris, fa fuoco. 
												Ciro è sopra di lui, a 50 
												centimetri. Le comunicazioni 
												radio della polizia sono 
												concitate: "Un gruppo si è 
												staccato, si sono coperti e 
												stanno correndo tutti con dei 
												bastoni... Sono tornati, 
												probabilmente hanno picchiato 
												qualcuno", viene registrato alle 
												18,18. Passa un minuto, si 
												sentono i colpi di pistola: 
												"Presto un’ambulanza... Stanno 
												lanciando lacrimogeni... Possono 
												essere 30/40, sono del Napoli". 
												Sulla strada, all’esterno del 
												centro sportivo - sottolinea 
												l’avvocato Tommaso Politi - 
												viene trovato il coltello a 
												serramanico che ha ferito al 
												torace e alle gambe De Santis. 
												4 aprile 2015 
												
												Fonte: Roma.corriere.it 
												(Testo © Fotografia) 
												Morte Ciro Esposito, 
												"Quando ha sparato De Santis non 
												era a terra" 
												di Ivan Compasso e 
												Corrado Zunino 
												La testimonianza di 
												alcuni protagonisti dell'agguato 
												nel quale morì il tifoso del 
												Napoli prima della finale di 
												Coppa Italia con la Fiorentina. 
												I Mastiffs, gli ultras 
												del Napoli guidati da Gennaro De 
												Tommaso, per tutti Genny La 
												Carogna, erano intorno a Ciro 
												Esposito quando Daniele De 
												Santis - alle 18,19 di sabato 3 
												maggio 2014 - esplose quattro 
												colpi di pistola con la Beretta 
												7.65, colpì a morte Ciro e ferì 
												Alfonso Esposito e Gennaro 
												Fioretti. Solo separatamente 
												parlano i Mastiffs, testimoni di 
												quel pomeriggio. In branco mai. 
												E così quando li incontriamo - 
												separatamente - ai Quartieri 
												spagnoli, a Spaccanapoli, in 
												piazza Dante, raccontano: "De 
												Santis non era a terra quando ha 
												sparato. È caduto dopo aver 
												esploso i primi colpi, ha fatto 
												una torsione e si è spezzato la 
												gamba. U' chiattone 
												indietreggiava veloce, quasi 
												correva. Quando è inciampato non 
												ha smesso di sparare... Era una 
												furia. Si è fermato solo perché 
												gli si è inceppata la pistola... 
												Ci siamo avventati, lo abbiamo 
												picchiato, ma lui aveva già 
												colpito tre di noi, 
												deliberatamente. Uno era Ciro... 
												De Santis prendeva calci, colpi 
												di ogni tipo. Raccattavamo pezzi 
												di ferro per strada, glieli 
												sbattevamo addosso, in faccia... 
												Gridava che non sentiva nulla, 
												continuava a sfidarci". Si 
												aprono con "Repubblica" solo i 
												tre che hanno certezza 
												dell'anonimato. Non hanno mai 
												parlato con la Digos di Roma, 
												con il sostituto procuratore 
												Eugenio Albamonte. Il pm, nei 
												giorni scorsi, ha chiuso la 
												prima parte dell'inchiesta sulla 
												morte di Ciro Esposito rinviando 
												a giudizio Daniele De Santis per 
												omicidio volontario, tentato 
												omicidio, rissa, lesioni, 
												possesso abusivo di arma da 
												fuoco, lancio di materiale 
												pirotecnico. Alfonso Esposito e 
												Gennaro Fioretti, gli altri due 
												ultras del Napoli feriti, 
												dovranno rispondere di rissa 
												aggravata. Per quattro ultrà 
												della Roma, accusati di aver 
												fomentato 
												 "Gastone" De Santis, 
												avvistati quel giorno con caschi 
												neri indosso, le indagini si 
												chiuderanno a fine maggio. Sono 
												indagati per concorso in 
												omicidio. I napoletani, ora a 
												casa loro, identificano lo 
												stesso scenario romano: 
												l'agguato in lontananza, la 
												corsa per raggiungere chi era in 
												difficoltà, gli spartitraffico 
												di cemento da scavalcare, i 
												botti delle bombe carta. I fumogeni, gli spari. "Non 
												abbiamo capito nulla. Conosciamo 
												gli scontri, le dinamiche dello 
												stadio, ma una cosa così non 
												l'avevamo mai vissuta". Il 
												difensore di De Santis, 
												l'avvocato Tommaso Politi, dice 
												che Daniele è stato colpito da 
												cinque, sei coltellate. Sulle 
												cosce, sui glutei. "Ha provato a 
												chiudere il cancello che dava su 
												viale di Tor di Quinto, ma gli 
												ultras del Napoli l'hanno 
												sfondato e sotto gli è rimasta 
												la gamba. Lì se l'è spezzata, e 
												ora rischia l'amputazione". Il fascista inaffidabile 
												- "Gastone" De Santis, che amava 
												farsi fotografare su uno sfondo 
												di croci celtiche, viene 
												raccontato da un tassista 
												assiduo della Curva Sud 
												romanista così: "Era un convinto 
												militante fascista, da sempre, 
												ma non era più affidabile. 
												L'avevano allontanato tutti". 
												Nel novembre 1994 aveva 
												partecipato a una spedizione di 
												estremisti della Roma e della 
												Lazio, a Brescia. Accoltellarono 
												nel piazzale dello stadio il 
												vicequestore Selmin, colpirono 
												con asce e coltelli quindici 
												agenti. Cinquanta fasci di 
												Opposta fazione, con "Gastone" - 
												in un primo tempo accusato di 
												aver accoltellato in prima 
												persona il vicequestore - 
												supportato dal fascistissimo 
												Maurizio Boccacci, da Giuseppe 
												"Pinuccio la rana" Meloni, dal 
												"Polpetta" Massimiliano 
												D'Alessandro. A Vicenza, nel 
												marzo 1998, De Santis sfasciò a 
												sprangate cinque auto 
												parcheggiate nell'area stampa. 
												Nello stesso anno andò a 
												processo per i ricatti 
												organizzati contro la Roma di 
												Sensi. Il 21 marzo 2004 è tra i 
												capi ultrà che convincono 
												Francesco Totti a fermare il 
												derby per "un bambino mai 
												morto": "Si era diffusa la voce 
												in curva". Al suo fianco c'era 
												Stefano Carriero, simpatizzante 
												del gruppo Tradizione e 
												distinzione, cameramen di 
												"Amici", compagno della 
												segretaria di Maria De Filippi. 
												Di recente, De Santis ha 
												occupato palazzi pubblici 
												abbandonati - sempre Roma Nord - 
												insieme a Giuliano Castellino, 
												agitatore di destra 
												filo-Priebke. Dopo il ferimento 
												di Ciro Esposito, la Curva Sud 
												della Roma si è astenuta dal 
												tifo nella successiva gara con 
												la Juventus e ha esposto 
												striscioni pro De Santis. 
												Quindi, ha sottoposto a un 
												processo i quattro che erano con 
												lo sparatore, ancora oggi 
												presenti in curva. I leader 
												romanisti hanno contestato ai 
												fiancheggiatori di Gastone "la 
												cazzata" del 3 maggio: lanciare 
												fumogeni e bombe carta contro i 
												pullman del Napoli. Soprattutto 
												hanno censurato l'abbandono di 
												"Danielone". Lo scorso 
												settembre, quindi, gli ultras 
												della Roma hanno reso pubblico 
												un comunicato che diceva 
												chiaramente: le azioni (comprese 
												quelle violente) le decidono i 
												capi. Il monopolio delle  aggressioni. Secondo fonti di 
												procura e di polizia uno dei 
												quattro amici di De Santis, 
												militante di Casapound, è stato 
												pesantemente richiamato dal 
												gruppo neofascista. La struttura 
												di Gianluca Iannone, tuttavia, 
												nega. E il recente striscione 
												contro la madre di Ciro - "lucri 
												sul funerale con libri e 
												interviste" - è sinistramente 
												identico al post di Emanuela 
												Fiorino, la "ducessa" di 
												Casapound Napoli, che su 
												Facebook ha scritto: "Un libro 
												per lucrare sulla morte di un 
												figlio. Indifendibile". Boreale e Casapound - Di 
												sfondo all'omicidio di Ciro 
												Esposito, ecco, ci sono la Roma 
												e la Napoli nere, di sezione e 
												di curva. Daniele De Santis per 
												anni ha abitato nel parco della 
												Boreale, un'area verde e abusiva 
												fuori dal controllo del Comune 
												di Roma, militarmente occupata 
												dalla destra sociale. Che vi ha 
												insediato squadre di calcio (la 
												Boreale, appunto), dancing hall 
												per serate techno e ha preso 
												possesso di case basse senza 
												alcun permesso. Qui 
												l'organizzazione anti-abortista 
												"Il Trifoglio" ha organizzato la 
												sua campagna elettorale, siamo 
												nell'aprile 2008, per Gianni 
												Alemanno sindaco. Della Boreale, 
												concepita da Alfredo Iorio, 
												fondatore di Gioventù europea, 
												"Danielone" faceva il custode. 
												La grande inchiesta "Mafia 
												capitale" ha fatto emergere come 
												questa zona - Tor di Quinto - 
												fosse sotto controllo criminale 
												di Massimo Carminati, già 
												esponente dei Nuclei armati 
												rivoluzionari. Il pm Albamonte 
												ha chiesto il fascicolo ai 
												colleghi per comprendere se ci 
												siano collegamenti con De Santis 
												e il suo ferro che s'inceppa. Di 
												certo, il figlio di Carminati, 
												Andrea, nell'area si esercitava 
												nel soft air, l'attività ludico 
												sportivo basata su tattiche 
												militari. Ora il Comune di Roma 
												si è accorto quale pericoloso 
												guazzabuglio neofascista era 
												diventata l'area della Boreale, 
												l'alcova di De Santis. E ha 
												deciso di spianare tutto. I 
												caterpillar stanno tirando giù, 
												innanzitutto, un museo del 
												cinema allestito nel tempo da 
												due testimoni chiave 
												dell'omicidio: Ivan La Rosa e la 
												sua compagna, la regista 
												Donatella Baglivo, gestori del 
												Ciak Village. Antonio De Santis 
												era, ed è, un violento. Si 
												sapeva. Amava le armi. Le carte 
												dell'inchiesta raccontano ora 
												che è un consumatore di cocaina. 
												In assenza di esami 
												tossicologici, ci sono le 
												testimonianze di due prostitute 
												rumene che avevano trascorso con 
												"ù chiattone" e tre suoi amici 
												due notti di sballo e di sesso. 
												Quel sabato sera - mentre 
												l'omone sparava e veniva 
												accoltellato - le ragazze 
												dell'Est gli hanno portato via 
												due cellulari e un paio di 
												occhiali: "Quel telefonino me 
												l'aveva consegnato l'amico di 
												Daniele, Vincenzo, subito dopo 
												gli spari. Era successo un 
												macello. Per la prestazione 
												Daniele mi aveva dato 400 euro. 
												Ne doveva altri seicento, mi 
												sono tenuto il suo Galaxy". 
												8 aprile 2015 
												Fonte: Repubblica.it 
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