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HILLSBOROUGH 1989
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Sheffield 15.04.1989 Strage dell'Hillsborough Stadium
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Hillsborough 15-4-1989

1989: La strage dell’Hillsborough

di Matteo Paradiso

Sheffield, 15 Aprile 1989. È un pomeriggio insolitamente soleggiato, nonostante ci si trovi nel periodo dell’anno in cui solitamente la pioggia cade generosa nel South Yorkshire. La partita di cartello è di quelle che si preannunciano epocali: una semifinale di Fa Cup contro gli arcirivali di sempre, i tanto odiati Tricky Trees, quel Nottingham Forrest al quale il trionfo nella competizione più antica del mondo manca dal lontano 1959, ben più tempo dei soli 3 anni trascorsi dall’ultimo successo dei Reds contro i cugini Toffees nella finale del 1986. Ciononostante, i Reds di quel periodo, esclusi dalla Coppa dei Campioni e da qualsiasi altra competizione europea a causa dei fatti dell’Heysel, hanno più fame di vittorie che mai, poiché si parla comunque di uno dei più grandi Liverpool che la storia ultracentenaria del glorioso club ricordi. C’è un’aria giocosa e di festa fuori dallo stadio di Hillsborough, della paventata minaccia Hooligan non c’è ombra alcuna, sembra semplicemente un pomeriggio come tanti, di festa e di serenità, da trascorrere sostenendo i propri beniamini, chi in compagnia dei propri amici, chi con la propria famiglia. Ma nessuno è conscio di ciò che sta per succedere, nessuno sa che il destino sta per calare un nero panno mortifero sulle vite di tante persone, spezzandole definitivamente. Vite e storie che si intrecciano, si annodano, si compongono come la trama di un fine tessuto. Persone che non si conoscevano, che non sapevano che, da quel giorno, il loro nome sarebbe rimasto marchiato a fuoco sulla pelle di un popolo intero, parte, loro malgrado, di un disegno troppo, troppo più grande di loro. Persone i cui nomi, da quel giorno, abbandoneranno l’anonimato per ascendere alla leggenda ed al ricordo, sempre doloroso, mai attenuato, di quel maledetto giorno. Tante vite, ingiustamente strappate in quello che doveva solo essere un evento sportivo e che si è dimostrato essere un dramma di tragiche dimensioni.

GLI ANTEFATTI - Non molti sanno che la Leppings Lane, il luogo in cui trovarono la morte i nostri 96 angeli, era già prima del 1989 stato teatro di episodi controversi. A seguito dell’intensificarsi degli episodi di tifo violento, il tristemente famoso fenomeno Hooligans, l’allora premier britannico, la Lady di ferro Margareth Thatcher, emanò una serie di provvedimenti atti a troncare le gambe al fenomeno, o comunque a ridimensionarlo. Nel 1985, venne emanato lo "Sporting Event Act", con il quale venne totalmente abolita la vendita di alcool negli stadi e nei parcheggi. Nel 1986, invece, il "Public order act" rese reato comportarsi in modo "allarmante", anche se non violento, alle partite e conferì ai tribunali una ampia autonomia di deferire chiunque ritenuto responsabile di comportamenti "non idonei e non dignitosi" dal frequentare gli stadi, anche a tempo indeterminato. Provvedimenti idonei, su questo non ci piove, ma sbagliati e profondamente pericolosi nei termini. La Thatcher, che in quel periodo doveva far fronte a diversi problemi, dai venti di guerra che spiravano dalle Falkland ad un’IRA sempre più attiva ed intraprendente, da una inflazione che, benché in calo sotto il suo mandato, iniziava a farsi sentire anche nella vita quotidiana dei Britannici ad un rapporto non proprio idilliaco con la Regina Elisabetta II ("La detesto cordialmente", ebbe modo di dire la sovrana), volutamente o no, esasperò i toni enfatizzando forse eccessivamente quello che era un problema che andava, data la sua natura, affrontato sì con risolutezza ma con assoluta prudenza, avendo cura di non creare allarmismi inutili e panico nella popolazione e soprattutto nelle forze dell’ordine. In tutto ciò, purtroppo, Hillsborough del resto aveva già una triste tradizione. Nel 1981, in una semifinale sempre di FA Cup tra Tottenham e Wolves, occorse un incidente analogo nelle dinamiche (ma fortunatamente non nel bilancio) che costò 38 feriti, cosa che portò lo Sheffield Wednesday, proprietario dell’impianto, ad intervenire sulla struttura della pericolosa curva. Inoltre, appena 12 mesi prima di quel tragico giorno, nel 1988 in occasione, ironia del destino, della semifinale di FA Cup sempre tra Liverpool e Nottingham Forrest, ci furono già delle avvisaglie, che purtroppo risuonano come un infausto presagio: diversi tifosi del Liverpool ebbero infatti allora a lamentarsi di episodi di "crushing", cioè letteralmente schiacciamento, dovuti al numero delle persone, eccessivo, che aveva avuto accesso alla curva, nonché alla sciagurata conformazione della curva stessa, evidentemente mal progettata e mal pensata. L’allarmismo esasperato, il panico, potremmo quasi dire la paranoia di cui erano ormai preda la popolazione e soprattutto le forze dell’ordine sul fenomeno Hooligans, unito ad una curva assassina dalla progettazione ormai antica come concezione e comunque non all’altezza dell’evento sportivo che si apprestava ad ospitare, furono una discriminante fondamentale, la miccia destinata a far esplodere la bomba, la linea oltre la quale, quel giorno, 96 vite si spinsero per non fare mai più ritorno.

LA CRONACA - Come tutti i matches di cartello, anche una semifinale di FA Cup, specie se giocata tra due squadre le cui tifoserie si sanno non avere rapporti propriamente idilliaci come quella del Nottingham e quella del Liverpool, richiedeva che le due tifoserie stesse non venissero in alcun modo a contatto. E qui fu posta la prima pietra sulla tomba dei nostri 96 eroi: inspiegabilmente, si decise di assegnare la capiente Spion Kop End (21,000 posti accreditati) ai notoriamente meno numerosi tifosi dei Tricky Trees, mentre alla Travelling Kop toccò invece la più angusta Leppings Lane, con una capienza di appena 14,600 posti. Una assolata giornata di primavera, si diceva. Il clima teso, di terrore, di paura imbastito dal governo Thatcher che orbitava attorno alle partite di football, e del Liverpool in particolare, pareva, secondo le numerosissime testimonianze dell’epoca, del tutto ingiustificato in quella mite, maledetta giornata: i dintorni dello stadio erano quel giorno popolati da molti bambini, tra cui lo sfortunato Jon-Paul Gilhooley, il cugino del futuro Capitano Steven Gerrard, che qui troverà una morte atroce ed orribile, famiglie, giovani, donne. Una bella festa dello sport e del calcio, insomma. Il clima era disteso, e nulla faceva presagire ciò che sarebbe poi successo. La gente faceva la fila dietro ai tornelli. L’odore degli hot dogs pervadeva l’area limitrofa allo stadio, i tifosi che già erano entrati iniziavano a scaldare le ugole intonando i primi cori rivolti ai propri beniamini che avevano iniziato le procedure di riscaldamento. La gente, fuori, discuteva, con le fanzine in mano, sulla partita odierna, se Rush sarebbe riuscito a farsi definitivamente perdonare la sua scappatella a Torino, se Aldridge avrebbe incantato ancora e se l’intesa tra Whelan e Barnes avrebbe portato alla tanto agognata finale di Wembley. Una mamma stringeva amorevolmente la mano del suo piccolo, degli amici scherzavano, godendosi la giornata di sole ed un bambino era impaziente di poter entrare ad ammirare, per la prima volta, i suoi eroi. Fu intimato ai tifosi di presentarsi, muniti di regolare biglietto, non più tardi di un quarto d’ora prima dell’inizio del match, previsto per le 03,00 pm. Purtroppo il destino iniziò ben presto a intessere la sua tela, in quanto lavori in corso sull’autostrada M62 rallentarono drammaticamente l’afflusso di auto, determinando una congestione in direzione Sheffield per chi proveniva da Ovest ovvero, segnatamente, da Liverpool. Molti tifosi si trovarono perciò in netto ritardo a causa di questi rallentamenti, tant’è che 30 minuti prima del fischio d’inizio la Leppings Lane appariva ancora semivuota. Ciò purtroppo ebbe drammatiche conseguenze: la calca fuori dallo stadio, già notevole intorno alle 2,40 pm, aumentò a dismisura quando i primi tifosi iniziarono ad affluire dalla M62. Si parlava di circa 5000 persone in fila davanti ai 6 soli tornelli (contro i 60 di cui poteva disporre la Spion Kop End) che conducevano alla Leppings Lane, impazienti di entrare, con intanto lo stadio che già iniziava a scandire i cori, cosa che non fece che aumentare l’impazienza di chi ancora era bloccato all’esterno.

La tensione saliva, c’era chi già iniziava a spingere e chi si cominciava a lamentare della calca eccessiva. La polizia, tesa ed agitata, non si aspettava di dover gestire una simile situazione, ed andò completamente nel pallone: alle ore 2,45 le forze dell’ordine decisero di aprire un grande cancello di acciaio, il Gate C, per smaltire la congestione che si stava venendo a creare fuori dai sei tornelli di ingresso alla curva. Era l’inizio della fine. Il Gate C dava accesso ad un tunnel piuttosto angusto, che a sua volta originava due collaterali minori: la branca principale del tunnel conduceva al settore centrale della curva, mentre le collaterali portavano ai settori periferici della Leppings Lane. Un grandissimo numero di persone, secondo alcune stime un numero appunto vicino a 5000, attratti dall’apparente facilità di percorrenza del nuovo percorso e spinti dall’impazienza che si era impossessata di loro poiché la partita era lì dall’iniziare, iniziò a riversarsi nel tunnel e nelle sue collaterali, non consci del fatto che la curva, nei suoi settori centrali, iniziava già a riempirsi all’inverosimile e che lo spazio a disposizione era ormai terminato. Solitamente, in queste situazioni, due o tre ufficiali di polizia a cavallo si posizionano all’ingresso della curva, con la funzione di avvisare i tifosi in arrivo della congestione del settore e di evitare ulteriori afflussi che determinerebbero pericolosi sovraccarichi. Per cause che non sono mai state chiarite ciò non accadde quel giorno e l’enorme numero di tifosi che premevano dall’ingresso del Gate C era assolutamente inconscio di quella che era la situazione nei settori (particolarmente in quelli centrali) della Leppings Lane, ovvero che la calca iniziava a premere e che ulteriori afflussi avrebbero sicuramente portato a conseguenze drammatiche. In men che non si dica si creò un autentico collo di bottiglia. La curva, ormai congestionata all’inverosimile, non poteva più supportare l’arrivo di altri tifosi, ed i tifosi già presenti iniziavano a venire schiacciati l’un l’altro, mentre altri tifosi continuavano a giungere dai tunnel, specie da quello centrale, il tutto nel silenzio e nella colpevole impotenza delle forze dell’ordine, che tardavano a realizzare cosa stesse accadendo. Fu un autentico massacro. Molte persone, in preda al panico, tentarono di rifugiarsi sul settore nord della curva, ostruendo alcune possibili vie di deflusso, altre, le più sfortunate, cercarono rifugio in direzione sud verso i tristemente famosi Fences, le grate con spunzoni voluti dalla Thatcher che separavano il campo di gioco dal settore popolato dai tifosi, un po’ come quelle che oggi osserviamo in tutti gli stadi italiani. Intanto, altri tifosi venivano schiacciati l’uno contro l’altro trovando così una morte orribile, chi nel settore centrale della curva, chi nei tunnel e nelle sue due collaterali.

Frattanto la partita iniziava e nessuno, in campo o negli altri settori di Hillsborough, sembrò accorgersi del dramma che si stava consumando alla Leppings Lane, finché, dopo sei minuti dall’inizio della partita, un ufficiale di Polizia avvisò l’arbitro Ray Lewis e gli fece notare che molti tifosi dal settore Leppings Lane iniziavano ad invadere il campo. Così Ray Lewis sospese la partita e diede il tempo alle forze dell’ordine di organizzarsi, ma purtroppo qui entra in gioco la psicosi da Hooligan che pervadeva le forze di polizia inglesi in quel periodo: gli ufficiali di polizia fraintesero completamente la situazione, pensando che le invasioni fossero nient’altro che atti scalmanati volti a turbare il quieto svolgimento del match, così con piccole cariche respingevano inizialmente verso l’inferno coloro che stavano cercando di uscirne con le unghie e con i denti. Gli sfortunati si trovarono così chiusi alle spalle dalla calca immane che continuava a spingere brutalmente, di fronte dalle cariche della polizia e dalle Fences, circondati da un alone di morte che intorno a loro consumava una tragedia per certi versi annunciata. Tutto intorno la gente iniziò a spirare per asfissia compressiva, una morte letteralmente atroce ed i sopravvissuti potevano vedere solo corpi privi di sensi e cadaveri sorretti in posizione eretta dalla sola calca che ancora li sorreggeva e li sbatteva violentemente a destra ed a manca come banderuole battute da un vento di tempesta. Frattanto, un piccolo cancello nella recinzione veniva forzato ed alcuni tifosi, ancora ostacolati dalla polizia, iniziarono a defluire per questa via, altri ancora furono tratti in salvo con l’aiuto di altri fan che si trovavano nella adiacente West Stand, proprio sopra la Leppings Lane. L’intensità della calca iniziò ad infrangere le Fences ed in aggiunta a ciò buchi nella recinzione perimetrale erano stati aperti dai tifosi nel disperato tentativo di mettersi in salvo: queste rappresentarono vitali valvole di sfogo per la calca che pian piano stava inghiottendo una vita dopo l’altra. Solo ora la Polizia si rese conto della vera natura dell’invasione ed aprì le inferriate per permettere il deflusso: la salvezza per molti dei tifosi. Solo allora si iniziò a comprendere la portata del dramma. Alle spalle della calca ormai diluita, uno scenario raccapricciante. Corpi di giovani, bambini, intere famiglie giacevano inerti sul tunnel ed in Leppings Lane, molti già esanimi, altri gravemente feriti. Si cercò di organizzare un primo soccorso: il servizio sanitario di stanza allo stadio venne prevedibilmente ben presto saturato, alcuni tentarono, il più delle volte invano, una rianimazione cardiopolmonare, mentre altri spezzavano cartelloni pubblicitari usandoli come improvvisate barelle. Tutti coloro che erano miracolosamente usciti indenni da quell’inferno cercavano di aiutare in qualche modo i fratelli meno fortunati. Frattanto, le ambulanze iniziavano a giungere sul luogo del disastro, ma le operazioni di trasporto dei feriti furono a quel punto ancora una volta inspiegabilmente rallentate dall’ottusità delle forze di polizia, che formarono un cordone di separazione tra i tifosi Reds e quelli del Nottingham per paura di contatti tra le frange violente del tifo. A questo aveva portato l’esasperazione Thatcheriana: in uno scenario tragico ed apocalittico, gli ufficiali di polizia, prima di preoccuparsi del trasporto dei feriti alle ambulanze, trasporto che sarebbe stato molto più rapido se ai feriti ed ai loro soccorritori fosse stato dato libero accesso ai settori della Spion Kop End da dove arrivavano le ambulanze, si preoccupavano ancora (e solo) dell’ordine pubblico, in una situazione paradossale e grottesca, totalmente permeati da una psicosi paranoica che probabilmente costò la vita a molte persone che forse si sarebbero potute salvare.

IL BILANCIO - Inutile dire che fu una catastrofe. Il giorno quindici ben 94 tifosi, di età compresa tra i 7 ed i 67 anni, trovarono una morte atroce. Il 19 aprile il bilancio salì a 95 quando il giovane Lee Nicol, 14 anni, spirò per la gravità delle lesioni riportate. Nel marzo 1993 si raggiunse il definitivo bilancio di 96, quando anche l’ultimo angelo, Tony Bland, 22 anni, ascese in cielo a raggiungere i suoi 95 fratelli, quando gli furono interrotte alimentazione ed idratazione artificiali in quanto il suo stato vegetativo persistente non sarebbe mai migliorato. Il bilancio dei feriti era di 766, di cui 300 ospedalizzati, e di cui uno, Andrew Devine, anche lui 22 anni, sarebbe rimasto in parziale stato vegetativo per il resto della sua vita. 79 delle 96 vittime avevano meno di 30 anni. Intere famiglie furono cancellate da questo disastro: un padre ed un figlio, tre coppie di fratelli ed una coppia di sorelle furono uniti nella morte da un tragico destino. IL RAPPORTO TAYLOR - Ben presto la maggior parte del paese (anche se, va detto, non tutto) si unì al cordoglio per le vittime di un incidente che sconvolse l’opinione pubblica. La camera dei Lord assegnò a Lord Peter Taylor il compito di indagare sull’accaduto, cosa che fu fatta e sul quale fu stilato il famoso Rapporto Taylor che oggi, tra l’altro, definisce gli standard di sicurezza degli stadi inglesi. Anzitutto, Lord Taylor riconobbe la sciagurata gestione dell’emergenza da parte delle forze dell’ordine. La decisione di aprire il Gate C, l’assenza colpevole degli ufficiali di polizia che, alla fine del tunnel, avrebbero dovuto avvertire i tifosi dell’impossibilità di raggiungere il settore, le micro cariche messe a punto appena il dramma andava realizzandosi, il cordone che ostacolò il deflusso dei feriti furono errori troppo grossolani per passare inosservati e furono ritenuti da Lord Taylor come la principale causa del disastro, il tutto unito all’inspiegabile decisione di posizionare i tifosi Reds, notoriamente più numerosi, sulla angusta Leppings Lane che contava appena 14,600 posti di capienza e soli 6 tornelli per l’ingresso. Inoltre, il settore centrale annoverava una capienza di 2000 posti, quando essa sarebbe dovuta essere di appena 1600 in conformità con gli standard del tempo, secondo indagini successive, mentre si stima che, escludendo i tifosi nei tunnel (circa 2000), in ben 3000 nel momento del disastro stavano popolando il settore centrale della Leppings Lane. Alcuni caddero nella facile tentazione di accusare i tifosi e ritenere il loro atteggiamento, e l’alcool, i principali responsabili dell’accaduto. Alcuni tirarono addirittura in ballo una ipotetica "cospirazione" messa in atto dai tifosi Reds, che sarebbero volutamente arrivati in ritardo alla partita, per creare una situazione di tensione fuori dallo stadio e forzare la polizia ad aprire ingressi che avrebbero permesso loro di seguire la partita senza il regolare tagliando. In realtà sarà dimostrato che la stragrande maggioranza dei tifosi era in possesso di regolare biglietto, ed i biglietti erano ancora in vendita ad Anfield il giorno prima della tragedia. Riguardo all’ubriachezza molesta, è stato accertato che i tifosi ebbri rappresentavano una netta minoranza. Il rapporto Taylor sollevò i tifosi Reds da qualsiasi responsabilità. Infine, vennero delineati nuovi standard sulla costruzione e ristrutturazione degli stadi, come la rimozione delle Fences e dei posti in piedi. Il primo stadio ad adeguarsi, nel 1993, fu il New Den del Millwall.

INCHIESTE - Nonostante il rapporto Taylor risuonasse come una netta condanna alle forze di polizia, le inchieste che seguirono mai resero pienamente giustizia ai 96 eroi. Stefan Popper, il medico legale al quale fu chiesta consulenza, ottenne di limitare le indagini solamente agli eventi occorsi fino alle 3,15, cioè appena i tifosi iniziarono a riversarsi in campo poiché, affermò, le vittime erano già spirate (o presentavano EEG piatto) a quell’ora. La decisione portò a molte polemiche, in quanto in questo modo la Polizia venne esautorata dalle colpe che ebbe quando prima impedì lo smaltimento della calca, quindi rallentò le operazioni di soccorso. Accuse private sono state mosse contro David Duckenfield e Bernard Murray, due ufficiali di polizia in servizio il giorno del disastro. Secondo il procuratore capo Alun Jones, fu Duckenfield che ordinò l’apertura del Gate C condannando a morte i 96 di Hillsborough, salvo poi mentire agli alti funzionari della FA rivelando che sarebbero stati i tifosi a forzare i cancelli (menzogne confermate dallo stesso Duckenfield), mentre Murray ed altri funzionari come Bettison furono accusati di manipolazione di prove. Accuse confermate, ma il reato rimase impunito a causa delle pessime condizioni di salute occorse nel frattempo ai due funzionari, mentre Duckenfield, clamorosamente assolto nonostante sia reo confesso, oggi gode di buona salute e percepisce una regolare pensione da funzionario di Polizia. IL CASO THE SUN - Come era prevedibile, i famigerati tabloid Inglesi si fiondarono come avvoltoi sull’accaduto, lacerando la carne dei familiari uniti nel cordoglio incuranti del dolore e del rispetto che una tragedia come questa avrebbero richiesto. Il 19 Aprile, mentre Lee Nicol, il novantacinquesimo angelo, lasciava questo mondo, uscì una scioccante edizione del Sun, intitolata: The Truth, la verità. In questo dossier-farsa, si accusavano i tifosi Reds, nelle fasi subito successive al disastro, delle peggiori efferatezze. Essi avrebbero, come riporta lo pseudo giornalista Kevin McKenzie, attaccato i soccorritori, le forze di polizia e lo staff dello stadio, i quali stavano cercando di prestare soccorso ai feriti (quando è notorio che invece sia accaduto l’esatto opposto, stando alle numerosissime e variegate testimonianze dell’epoca); avrebbero, in preda ai fumi dell’alcool, rubato portafogli ed orologi alle vittime ed ai feriti, urinando sui corpi privi di vita dei deceduti e, addirittura, abusato sessualmente dei corpi esanimi delle tante giovani coinvolte nel disastro. Dichiarazioni che ovviamente erano come strali che si abbattevano sui corpi straziati delle vittime e dei loro familiari, corrosi dal dolore e dalla disperazione, che avvertirono tutto il bieco e squallido tentativo di lucrare con menzogne e calunnie su una tragedia che avrebbe solo richiesto il doveroso rispetto e silenzio. Murdoch, proprietario della testata, si scusò ma ciò ovviamente non fu e non sarà mai sufficiente per ottenere un perdono che non arriverà mai, perlomeno per quel che riguarda chi vi sta scrivendo. Infine, McKenzie ebbe a dire, nel 2007: "Le scuse che porsi allora mi sono state estorte da Murdoch con le minacce. La realtà è che non mi dispiaceva allora e non mi dispiace ora per quello che ho scritto". A tutt’oggi, il Sun è reperibile con molta difficoltà nelle edicole del Merseyside.

COMMEMORAZIONI - Molte sono state le iniziative prese per onorare al meglio la sfortunata sorte dei tifosi che persero la vita in quel maledetto giorno. Il Crest del Liverpool mostra le fiamme da dopo il 1989, fiamme che sono state aggiunte in memoria della strage di Hillsborough e dei suoi martiri. Allo stadio di Hillsborough, dall’Aprile 1999, decimo anniversario del disastro, un monumento regna solenne e sovrano, con una lapide che recita così: "In memoria dei 96 uomini, donne e bambini che sono morti tragicamente e le innumerevoli persone le cui vite sono state cambiate per sempre. You’ll never walk alone". Lapidi commemorative appaiono anche sul marciapiede nel lato sud della cattedrale anglicana di Liverpool, mentre un bellissimo giardino di rose memoriale si può reperire a Sudley Estate, nella zona sud di Liverpool. Inoltre, tifosi di altre squadre non mancarono e non mancano tuttora di onorare la memoria di quella immane tragedia. I tifosi dell’Everton, ad esempio, lo fanno praticamente tutti gli anni, uniti con i loro cugini nelle giornate delle commemorazioni, quando sciarpe blu e rosse si abbracciano in un vortice di amore e di fraterno rispetto. Il 19 Aprile 1989, nella semifinale di Coppa dei Campioni tra Milan e Real Madrid, venne onorato un minuto di silenzio ed i tifosi milanisti ci omaggiarono con un bellissimo You’ll Never Walk Alone. I tifosi del Celtic, nel 2006, in occasione dei quarti di finale di Champions League contro il PSV Eindhoven ad Anfield, portarono una bandiera con lo stemma del Liverpool e del Celtic con su scritto: "Justice for the 96, You’ll Never Walk Alone" ai Kopites, in uno dei momenti più belli della storia delle amicizie e della fratellanza tra tifoserie. CONCLUSIONI - La tragedia di Hillsborough fu un evento che ci segnò profondamente tutti ed indubbiamente è ancora una ferita aperta. La sensazione che si ha quando si pronuncia quel nome, Hillsborough, che risuona come sinistro, spettrale, o quando si evoca il numero 96, è quella amarezza, quella rabbia e quella tristezza che è tipica di chi non ha avuto giustizia. Quanti bambini non conosceranno mai la giovinezza, quanti ragazzi non torneranno dalle proprie madri e quante madri non potranno più abbracciare i propri figli. Persone con il loro bagaglio di cultura, speranze, ambizioni e soprattutto amore per la propria squadra e per il calcio in generale, che erano lì per festeggiare il calcio e la vita, e che hanno invece trovato una morte atroce. Tuttavia, nessuna bandiera a mezz’asta, nessun minuto di raccoglimento, nessuna inchiesta parlamentare e nessuna condanna potrebbe portare indietro i 96 eroi, i nostri guerrieri che vegliano sempre sul suolo sacro di Anfield, che ormai si sono ritagliati per sempre un posto nel nostro cuore e lì albergheranno per l’eternità. Nessun titolo di giornale può essere più rumoroso del silenzio rispettoso che queste persone meritano, nessun avvoltoio può strozzare il canto che si eleva e che si eleverà sempre dalle gole di tutti i tifosi del Liverpool del mondo: JUSTICE FOR THE 96 ! YOU’LL NEVER WALK ALONE. E non cammineremo mai soli neanche noi, finché, con sguardo fiero e gagliardo, combattivo ma dolce al tempo stesso, sarete parte di noi ed il vostro sguardo e le vostre vite continueranno ad essere rispecchiate dai nostri sguardi e dai nostri cuori. Per l’eternità. (Hillsborough Campaign - JFT96)

13 aprile 2011

Fonte: Liverpoolitalia.it

© Fotografie: GETTY IMAGES (Not for commercial use)

Nick Hornby: "È facile capire come mai coloro che ebbero un lutto in famiglia vorrebbero vedere gli agenti di polizia del South Yorkshire davanti a un tribunale: il loro errore di valutazione fu catastrofico. Tuttavia, anche se è chiaro che la polizia fece un bel po' di confusione quel pomeriggio, sarebbe terribilmente presuntuoso accusarla di qualcosa che andasse oltre l'incompetenza. Pochissimi tra noi hanno la sfortuna di essere in una posizione tale per cui gli errori professionali possono uccidere la gente. La polizia, a Hillsborough, non fu mai in grado di garantire la sicurezza, indipendentemente da quanti cancelli aprì o non aprì; nessuna forza di polizia in nessuno stadio del paese potrebbe farlo. Sarebbe potuto accadere ovunque. Sarebbe potuto accadere a Highbury, magari sui gradoni di cemento che dal North Bank portano fuori sulla strada (e non ci vuole una gran fantasia per immaginarselo); sarebbe potuto succedere a Loftus Road, dove centinaia di tifosi possono accedere al settore ospiti solo passando attraverso un bar. E poi ci sarebbe stata un'inchiesta, e dei servizi sui giornali, e la polizia sotto accusa, o il servizio d'ordine, o i tifosi ubriachi, o qualcun altro. Ma non sarebbe stato giusto, visto che l'intera cosa si basava su delle premesse così grottesche. Hillsborough fu il quarto disastro calcistico inglese del dopoguerra, il terzo in cui un gran numero di persone trovarono la morte schiacciate in seguito a qualcosa che non funzionò nel controllo della folla; fu il primo ad essere attribuito a qualcosa di più della sfortuna. Possiamo quindi incolpare la polizia per aver aperto il cancello sbagliato al momento sbagliato, se vogliamo, ma penso che significherebbe mancare il bersaglio. Quando arrivammo a casa era ormai evidente che questo non era un semplice incidente calcistico, di quelli che si verificano una volta ogni qualche anno, in cui una o due persone sfortunate ci lasciano la pelle, e che viene generalmente e casualmente visto da tutte le autorità preposte come uno dei rischi insiti nel divertimento che ci siamo scelti. Il numero dei morti aumentava di minuto in minuto - sette, poi venti, poi una cinquantina e infine novantacinque - e fu chiaro che per tutti quelli che avevano ancora un briciolo di buon senso, niente sarebbe stato più come prima".

Fonte: Wikiquote.org

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"È stata dura quando ho saputo che uno dei miei cugini aveva perso la vita, vedere la reazione della sua famiglia mi ha spinto a diventare il giocatore che sono oggi: io gioco per Jon-Paul".  Steven Gerrard
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