Padre di Roberto
Lorentini
(Vittima Stadio Heysel il 29.05.1985)
Fondatore
"Associazione tra i Familiari delle Vittime dell'Heysel"

Un
Padre e un Figlio
La
lettera di un tifoso che
incontrò Otello il 29.05.1985 a
Bruxelles inviata a suo nipote
Andrea, all’epoca bambino, oggi
il presidente dell’Associazione
fra i Familiari delle Vittime
dell’Heysel, rifondata alla
morte del nonno nel 2015.
Ciao, mi chiamo Paolo Levanti e
abito a Pavullo nel Frignano in
provincia di Modena, non mi
conosci e forse ti stupirai di
ricevere questa mail in merito
ad una tragedia avvenuta nel
1985 della quale ti spiegherò il
motivo. Ero presente all’Heysel
come Presidente del club con una
comitiva di 28 tifosi e dopo il
massacro avvenuto allo stadio,
non riuscendo a trovare uno dei
componenti, non sono rientrato
allo stadio cominciando a
cercare l’amico scomparso. Con
il cortese aiuto di due ragazze
di Bruxelles, con la loro auto,
ho girato tutti gli ospedali nei
quali avevano portato i feriti
per terminare questa via Crucis
nella caserma militare dove
avevano portato le persone
decedute. È stato in quel triste
posto che ho conosciuto tuo
nonno con il quale abbiamo
scambiato, in una atmosfera che
ti lascio immaginare, frasi che
misero in evidenza la sofferenza
di tuo nonno. Una frase mi ha
colpito in modo profondo che mi
ha accompagnato quotidianamente
per un anno e ancora oggi mi
risuona nella mente… Mi disse:
"Vedi, ho voluto fare un regalo
a mio figlio per la sua prossima
attività di medico e l’ho
portato a morire" e questa frase
mi colpì in modo particolare,
oltre al tono di voce sussurrato
quasi non volesse disturbare suo
figlio, perché la sera prima di
partire convinsi con fatica mia
figlia di 10 anni a non venire,
rinunciando al biglietto, in
quanto non ero tranquillo di
quel settore. Da quel ritorno ho
volutamente cercato di
dimenticare quella triste serata
per questo non ho mai voluto
partecipare a nessun evento che
me la facesse tornare in mente,
ma oggi mi farebbe enormemente
felice sapere come sta tuo
nonno, una roccia per quel poco
che l’ho conosciuto, e gli
porgessi i miei doverosi omaggi
e saluti.
Ti ringrazio per la cortesia.
Paolo Levanti
6 ottobre 2022
Fonte:
Associazionefamiliarivittimeheysel.it
© Fotografia:
Curvafiladelfia.wordpress.com
Caro Otello…
di Francesco Caremani
Caro
Otello chissà se vedi, ma qui è
tutto un chiacchierare dell'Uefa
e di come in una finale
rigiocata il 29 di maggio non
abbia pensato a un ricordo per
la strage dell'Heysel e per i
nostri 39 morti. Come se tutti
questi 36 anni di rimozione
collettiva e istituzionale,
italiana ed europea, di una
Storia non condivisa, non
fossero mai passati. Come se
portare avanti il ricordo di
quello che era accaduto non
fosse stato difficile e,
addirittura, pericoloso: io e te
da soli, era il 2003, non c'era
altro, in quel momento non c'era
alcun altro; sono arrivati tutti
dopo. Lo so Otello è antipatico
autocitarsi, ma ricordo ancora
la tua determinazione a mettere
sempre i puntini sulle i di
questa storia, la tua più di
chiunque altro. Ho letto firme
eccelse scrivere sciocchezze e
inesattezze solo per fare un
post sull'Heysel, peccato: era
meglio il silenzio, quello che
quasi tutti hanno scelto in 36
anni, voltandoci spesso le
spalle. L'eredità che mi/ci hai
lasciato è pesante, ma è nel
contempo responsabilità e
orgoglio. Quello che proveresti
nel guardare Andrea Lorentini
che porta avanti la memoria e la
dignità dei familiari delle
vittime, con la tua stessa
fermezza, con la tua identica
costanza. So che non hai mai
perdonato e io con te, perché
per perdonare bisogna
dimenticare, quello che hanno
cercato di fare quasi tutti,
quello che noi non abbiamo fatto
mai.
29 maggio 2021
Fonte: Francesco
Caremani (Pagina
Facebook)
© Fotografia:
Jean-Philippe
Leclaire (Arezzo 2005)
Scritta da Francesco Caremani.
Il suo esempio al fianco di
Bartali e Mandela
La storia di Otello
Lorentini tra "I Giusti dello
sport"
In
un ebook il racconto della
battaglia di giustizia per le
vittime dell'Heysel.
La storia di Otello Lorentini
tra quelle dei "Giusti dello
sport", un ebook che propone un
viaggio tra tanti racconti dalla
Shoah all'attualità, attraverso
le vicende di quaranta atleti e
personalità di tutto il mondo
che hanno vissuto battaglie di
giustizia e di difesa dei
diritti umani in ambito
sportivo. Tra gli esempi
contenuti nell'ebook, al fianco
di campioni quali Gino Bartali o
di figure storiche quali Nelson
Mandela, è narrato anche quello
di Otello Lorentini di cui il
giornalista Francesco Caremani
ha raccontato l'impegno
orientato alla giustizia e alla
memoria della tragedia
dell'Heysel. Il libro è
scaricabile gratuitamente dal
sito della onlus Gariwo che, con
questo progetto, ha dato seguito
ad un ventennale operato volto
all'approfondimento e alla
conoscenza delle storie di
quegli uomini e di quelle donne
che si sono battuti e che si
battono in difesa della dignità
umana. La redazione dei "Giusti
dello sport" ha fatto
affidamento sulla collaborazione
di alcune delle migliori penne
del giornalismo italiano, quali
Gianni Mura e Darwin Pastorin.
Una storia è stata raccontata
anche dal giornalista e
scrittore aretino Francesco
Caremani, promotore della
candidatura di Lorentini tra i
Giusti raccolti nel libro e che
ne ha raccontato i quasi
trent'anni di battaglie per
ottenere giustizia dopo la
tragedia del 1985. Un impegno di
anni, quello di Lorentini nel
ricordo delle trentanove vittime
dell'Heysel: tra loro c'era
anche il figlio Roberto.
L'Associazione tra le Famiglie
delle Vittime di Bruxelles, da
lui fondata, ha rappresentato
uno strumento per mantenere viva
la memoria. Con questa
pubblicazione, Caremani ha dato
seguito ai suoi lavori e ai suoi
studi svolti su questo delicato
argomento a partire dalla
pubblicazione del libro "Heysel.
La verità di una strage
annunciata", mentre Lorentini è
stato ulteriormente riconosciuto
tra gli esempi di coloro che
hanno agito con coraggio e
controcorrente per promuovere
una cultura della pace e un'idea
di un mondo più equo. "Quando si
parla di Heysel, di giustizia,
di memoria per quella strage",
scrive Caremani nel libro, "non
dobbiamo mai dimenticare che
Otello Lorentini c'è stato prima
di tutti, quando tutti non
c'erano. E senza di lui, per
quei trentanove morti, per le
famiglie delle trentadue vittime
italiane, non ci sarebbe stata
né giustizia né, tantomeno,
memoria. Questo è stato".
19 luglio 2020
Fonte: La Nazione
© Fotografia: Cesenatoday.it
La
storia di Otello Lorentini
nell’e-book "I Giusti dello
sport"
L’impegno dell’aretino è stato
raccontato in un libro dedicato
alle battaglie di giustizia
nello sport. La penna di
Francesco Caremani ha tracciato
il ritratto coraggioso e
controcorrente di Lorentini.
La storia di Otello Lorentini
raccontata nell’e-book "I Giusti
dello sport". Questo libro
propone un viaggio tra tanti
racconti positivi dalla Shoah
all’attualità attraverso la
raccolta delle vicende di
quaranta atleti e personalità di
tutto il mondo che hanno vissuto
battaglie di giustizia e di
difesa dei diritti umani in
ambito sportivo. Tra gli esempi
contenuti nell’e-book, al fianco
di campioni quali Gino Bartali o
di figure storiche quali Nelson
Mandela, è rientrato anche
l’aretino Lorentini di cui il
giornalista Francesco Caremani
ha narrato l’impegno orientato
alla giustizia e alla memoria
delle vittime dell’Heysel. Il
libro è
scaricabile
gratuitamente dal sito della
onlus Gariwo che, con questo
progetto, ha dato seguito ad un
ventennale operato volto
all’approfondimento e alla
conoscenza delle storie di
quegli uomini e di quelle donne
che si sono battuti e che si
battono in difesa della dignità
umana". La redazione de "I
Giusti dello sport" ha fatto
affidamento sulla collaborazione
di alcune delle migliori penne
del giornalismo sportivo
italiano, quali Gianni Mura o
Darwin Pastorin. Una storia è
stata raccontata anche dal
giornalista e scrittore aretino
Caremani che è stato promotore
della candidatura di Lorentini
tra i Giusti raccolti nel libro
e che ne ha raccontato i quasi
trent’anni di battaglie per
ottenere giustizia in seguito ai
tragici fatti avvenuti nel 1985
in occasione della finale di
Coppa dei Campioni tra Juventus
e Liverpool dove persero la vita
trentanove persone (tra cui
anche suo figlio Roberto). Lo
strumento per riuscire in questa
missione è l’Associazione tra le
Famiglie delle Vittime di
Bruxelles che, da lui fondata,
ha rappresentato uno strumento
per mantenere viva la memoria di
una notte che ha segnato
indelebilmente la storia del
calcio europeo. Con questa
pubblicazione, Caremani ha dato
seguito ai suoi lavori e ai suoi
studi svolti su questo delicato
argomento a partire dalla
pubblicazione del libro "Heysel.
La verità di una strage
annunciata", mentre Lorentini è
stato ulteriormente riconosciuto
tra gli esempi di coloro che
hanno agito con coraggio e
controcorrente per promuovere
una cultura della pace e un’idea
di un mondo più equo. "Quando si
parla di Heysel, di giustizia,
di memoria per quella strage",
scrive Caremani nel libro, "non
dobbiamo mai dimenticare che
Otello Lorentini c’è stato prima
di tutti, quando tutti non
c’erano. E senza di lui, per
quei trentanove morti, per le
famiglie delle trentadue vittime
italiane, non ci sarebbe stata
né giustizia né, tantomeno,
memoria. Questo è stato".
17 luglio 2020
Fonte: Arezzonotizie.it
© Fotografia:
La Nazione
Otello, un raggio di
sole
di Domenico Laudadio
29° anniversario della
Strage dell’Heysel. È il primo
senza il Presidente Otello
Lorentini, fondatore dell’
"Associazione tra i familiari
delle vittime dell’Heysel",
scomparso recentemente, proprio
il giorno del compleanno del
nipote, Andrea. Il gruppo "Via
Filadelfia 88" di Beppe Franzo e
il mio "Museo Virtuale
Multimediale
www.saladellamemoriaheysel.it"
ne onorerà la memoria durante la
"Giornata in ricordo delle
vittime dell'Heysel e di
condanna di ogni forma di
violenza in ambito sportivo" da
noi promossa a Torino in data 31
maggio 2014 alle ore 18.00
presso la "Sala delle colonne"
in Piazza Palazzo di città.
Nelle
immagini di repertorio lo
intravedi vagare intontito fra
le macerie e i corpi dei feriti
e dei morti, annichilito dal
dolore e dalla disperazione: ha
appena perso suo figlio, medico
neo assunto quello stesso
pomeriggio con un telegramma
dall’ospedale di Arezzo.
Beffarda e crudele troppe volte
è la sorte… Eppure era fuori
pericolo, già in salvo, ma
Roberto era tornato indietro in
Curva Z, onorando il giuramento
di Ippocrate, a fare il medico
fino all’ultimo, nell’atto di
rianimare un bimbo in fin di
vita, forse proprio Andrea
Casùla, prima di essere travolto
e morire sotto un'altra carica
degli "Animals" d’Inghilterra.
Medaglia d’argento al valore
civile. L’oro sarebbe costato
troppo caro allo stato e le
pensioni in Italia si danno più
a certi falsi invalidi che agli
eroi… Otello era toscano, un
piccolo grande guerriero di
Arezzo, l’uomo di grande onore e
fermezza che ha cresciuto come
un padre due nipoti, gli orfani
di un giovane tifoso, innamorato
di sua moglie, affezionato alla
"vecchia signora", bàlia del
calcio italiano. Aggregò in
un’associazione la maggior parte
dei familiari delle vittime
dell’Heysel ed affrontò insieme
a loro il processo a Bruxelles,
dividendone le spese e
l’umiliazione di un primo
giudizio che non tributò loro
equità e giustizia. Ma Otello
non era certamente uomo di resa.
Si rialzò subito in piedi con
orgoglio e affrontò in appello
con il piglio testardo della
fede quel gigante spavaldo e
impunito da sempre, come fosse
Davide contro Golia. L’U.E.F.A
fu sorprendentemente condannata,
anche in cassazione, e da quella
sentenza a oggi ritenuta
responsabile ovunque della
sicurezza nell’organizzazione
degli eventi calcistici. Un
capolavoro di giurisprudenza, ma
nulla al confronto dell’amore e
della dedizione nutriti fino
all’ultimo per la sua famiglia,
sconquassata da una tragedia
assurda, ingiustificabile quanto
incomprensibile. Così dolcemente
lo ha ricordato la nostra
Annamaria Licata, nota tifosa
bianconera, ma soprattutto donna
sensibile e autentica filantropa
della Memoria dei caduti
dell’Heysel che lo incontrò in
Bruxelles nel 2005 alla
cerimonia solenne del ventennale
dalla strage: "Lui è stato il
padre di tutte le vittime, il
padre di tutte le battaglie in
tribunale contro l’UEFA… E
contro i silenzi e
l'ignoranza... Il padre di tutti
quei tifosi, che nel corso del
tempo si sono avvicinati alla
tragedia… Hanno capito quello
che è stato e dopo anni di
silenzi… Hanno iniziato ad
alzare la voce, insieme a lui.
Di lui ricorderò sempre la sua
forza, la sua saggezza e i suoi
occhi color mare nel quale ti ci
perdevi. Un grande Uomo... Che è
andato ad arricchire il paradiso
di umanità,
ma nello stesso
tempo, ha svuotato il mondo di
un'anima speciale". Adesso che
anche lui si è arreso alla nera
"sorella" del Cantico delle
Creature ci ha lasciato in
generosa eredità il suo carisma
e l’esempio di come vivere lo
sport, olimpicamente, ma senza
le pastoie ridicole di una
burocratica e farisaica
ipocrisia. Era molto schietto e
diretto, Otello. Niente
fronzoli, lo costatò molto bene
anche la Juventus. In particolar
modo il suo "Presidentissimo"
Boniperti a cui non gliele mandò
di certo a dire sulla questione
della Coppa da restituire,
rivendicandogli piccato l’unica
reale proprietà del sangue di
suo figlio… Non ha perdonato
vent’anni dopo ad Arezzo quel
ragazzaccio sedicente pentito di
Liverpool che aveva causato la
morte di Roberto e degli altri
caduti. Gli disse: "…non sono
ancora pronto". Ma ora che è
nell’immenso di un perdono più
grande non serviranno più le
parole, gli basterà soltanto un
raggio di sole. Ciao, Otello, 39
volte grazie.
29 maggio 2014
Fonte:
Giulemanidallajuve.com
© Fotografie:
Curvafiladelfia.wordpress.com
- La Nazione -
Ass. "Quelli di... Via
Filadelfia"
"Ho
conosciuto Otello nel dicembre
del 1985 quando in Arezzo fondò
il Comitato Vittime di
Bruxelles. Sono partito da
Torino e sul Turchino sono stato
sorpreso da una nevicata. Non
avevo le gomme da neve ma non
potevo rinunciare e così piano
piano iniziai la discesa verso
Genova e da lì raggiunsi Arezzo.
Avevo con me alcune copie del
mio libro "L'Ultima Curva" che
avrei donato ai partecipanti
perché anche se doloroso, il
ricordo non fosse rimosso (pochi
ne parlavano quasi che desse
fastidio). La sera mi ospitò a
cena: che bella famiglia, la
signora, i due piccolini e la
nuora. Dopo la costituzione del
Comitato, ho continuato a
frequentarlo ed assieme
all'editore sono stati
pubblicati altri libri, Violenza
e sport, Sport e violenza negli
stadi, Lo sport: un impegno
contro la droga. Di Otello mi ha
sempre colpito la fermezza con
la quale si è battuto affinché
fosse fatta giustizia a chi
quella tragica sera si era visto
fuggire nel vento il corpo e
l'anima delle persone più care,
sacrificate sull'altare della
violenza. Un dolce abbraccio,
caro Otello, esemplare marito,
padre e nonno !". Nereo Ferlat
29 maggio 2014
Fonte: Nereo Ferlat
(Pagina Facebook)
© Video:
Teletruria.it
È morto Otello Lorentini
Uno dei grandi
protagonisti della battaglia
contro la violenza nel calcio:
suo figlio Roberto vittima
all'Heysel nell'85. Tanta gente
ai funerali compresa una piccola
delegazione della Juventus. Era
stato presidente
dell'associazione dei parenti
delle vittime, ottenne la
condanna dell'Uefa per la strage
provocata dagli hoolingans
inglesi nel maggio 1985 allo
stadio di Bruxelles.Uno dei grandi
protagonisti della battaglia
contro la violenza nel calcio:
suo figlio Roberto vittima
all'Heysel nell'85. Tanta gente
ai funerali compresa una piccola
delegazione della Juventus. Era
stato presidente
dell'associazione dei parenti
delle vittime, ottenne la
condanna dell'Uefa per la strage
provocata dagli hoolingans
inglesi nel maggio 1985 allo
stadio di Bruxelles.
Arezzo,
13 maggio 2014 - Se ne è andato
nei giorni in cui la violenza
nel calcio è di nuovo un tema
caldo, all'indomani di quanto è
successo a Roma in occasione
della finale di Coppa Italia,
quando tutti hanno ancora negli
occhi le immagini di Genni 'A
carogna che guida la curva del
Napoli mentre Hamsik è costretto
a trattare con lui. Otello
Lorentini della battaglia contro
la violenza nel calcio e negli
stadi era stato un protagonista
per quasi trent'anni, in tutta
l'ultima fase della sua vita.
Era cominciato tutto il 29
maggio 1985, la sera della
strage dell’Heysel. C'era anche
il figlio Roberto, medico
dell'ospedale di Arezzo, appena
31 anni, tra le vittime del
crollo della curva Z dello
stadio di Bruxelles, sotto
l'assalto impazzito degli
hooligans del Liverpool. Avrebbe
potuto salvarsi, anzi si era già
salvato, se non fosse tornato
indietro per soccorrere un bimbo
ferito. E la seconda carica
degli ultras gli fu fatale.
Otello Lorentini, il padre,
aveva la stessa generosità nel
mettersi al servizio
dell'interesse pubblico. Fu lui
a promuovere l'associazione dei
parenti delle vittime (tra loro
c'era anche un'altra aretina, la
giovane Giusy Conti) e fu lui a
diventarne il primo presidente.
Con quell'incarico si batté
contro le tante disattenzioni,
neghittosità, vigliaccherie che
favorivano la violenza e la
lasciavano impunita. Nel 1990,
ottenne la condanna dell'Uefa,
la federazione europea del
football, per quanto era
successo la notte dell'Heysel,
quando la disorganizzazione e
gli errori avevano contribuito
al massacro costato 39 morti, in
gran parte tifosi juventini. Al
processo di Bruxelles era solo
in aula, ma non si era affatto
intimidito. Poi altre battaglie,
altre dichiarazioni, altri
impegni perché il calcio
diventasse finalmente un mondo
sicuro. Non è così, almeno non è
ancora così, ma Otello Lorentini
lascia comunque un'eredità di
impegno civile che non è stata
inutile. Alla famiglia e al
nipote Andrea (il figlio di
Roberto), giornalista, le nostre
condoglianze. Tante le
condoglianze giunte alla
famiglia, fra cui quelle della
Juventus, che ha inviato anche
una corona e telegramma del
presidente Andrea Agnelli.
Tanta gente ai funerali nella
chiesa di Sant'Agnese a
Pescaiola, compresa una
delegazione della Juventus con
un dirigente e due ragazzi del
settore giovanile che hanno
portato una corona di fiori e un
gagliardetto listato a lutto.
13 maggio 2014
Fonte: Lanazione.it
© Fotografie: Arezzonotizie.it
Ultimo addio a Otello Lorentini
Delegazione Juventus presente ai
funerali
Si sono
svolti questo pomeriggio i
funerali di Otello "Lello"
Lorentini scomparso lo scorso 11
maggio. Nella chiesa di
Sant’Agnese in Pescaiola, gli
aretini si sono stretti al
dolore della famiglia per un
ultimo saluto al numero uno
dell’associazione "Vittime
dell’Heysel". Una vita intera
dedicata alla lotta contro la
violenza negli stadi e un grande
impegno civico che lo ha portato
molto spesso a farsi promotore
in prima persona di importanti
iniziative. Questo
pomeriggio, anche una
delegazione della Juventus ha
reso omaggio a Lorentini
partecipando al funerale.
13 maggio 2014
Fonte: Arezzonotizie.it
(Testo ©
Fotografia)
Addio Lorentini, simbolo
della lotta contro la violenza
negli stadi
di Francesco Caremani
Suo figlio Roberto perse
la vita il 29 maggio 1985, allo
stadio Heysel, prima della
finale di Coppa dei Campioni
Juventus-Liverpool.
AREZZO
- Si è spento domenica notte
Otello Lorentini, 89 anni,
l’uomo che, insieme all’avvocato
italo belga Daniel Vedovatto, ha
sconfitto l’Uefa (sentenza
storica che ha fatto
giurisprudenza) nelle vesti di
presidente dell’ "Associazione
tra le famiglie delle vittime di
Bruxelles", dove il 29 maggio
1985, allo stadio Heysel, prima
della finale di Coppa dei
Campioni Juventus-Liverpool
morirono 39 persone, di cui 32
italiani (e 4 toscani), per
colpa degli hooligans inglesi,
delle autorità politiche e
sportive belghe e dell’Uefa: tra
le vittime anche suo figlio
Roberto. Otello è morto nel
giorno del compleanno del nipote
Andrea e tra le braccia
dell’altro nipote Stefano per
una crisi cardiaca che è stata
fatale, viste le sue condizioni
di salute. Stefano e Andrea, i
due nipoti orfani che lui ha
cresciuto come un padre.
OTELLO PERSE SUO FIGLIO
ALL'HEYSEL - Otello,
infatti, all’Heysel perse
l’unico figlio Roberto, medico
di 31 anni medaglia d’argento al
valor civile per essere morto
tentando di salvare un
connazionale, molto
probabilmente la vittima più
piccola: l’undicenne Andrea
Casùla. Da quel momento, come ha
scritto in un comunicato il
Comune di Arezzo, esprimendo il
proprio cordoglio per la
scomparsa di un grande aretino,
ha trasformato il proprio dolore
in battaglia civile. Prima
creando l’Associazione, poi
citando l’Uefa direttamente nel
processo quando in primo grado
in Belgio erano stati tutti
assolti, infine sconfiggendola e
rendendola responsabile della
manifestazione che organizzava e
organizza. Tutto questo perché
non si dava pace e perché non
poteva accettare di avere perso
un figlio per una partita di
calcio. Otello, oltretutto, era
tifoso della Fiorentina, ma
andava sempre con Roberto a
vedere la Juventus nelle finali
di coppa per amore verso il
figlio e per il gusto del
viaggio.
LA BATTAGLIA DI OTELLO
- Dall’ultimo è tornato solo, ma
con dentro tanta di quella forza
e dignità che hanno prevalso sul
dolore, riuscendo anche a
stracciare quel velo di omertà
che in Italia e in Europa, dalla
Figc alla Lega, dalla Juventus
(meno in questi ultimi anni) all’Uefa, ha sempre tentato di
far dimenticare quello che era
accaduto all’Heysel il 29 maggio
1985. Per merito di Otello
Lorentini oggi quella data viene
continuamente ricordata e reso
omaggio ai 39 morti che grazie a
questo piccolo, grande, uomo
hanno ottenuto giustizia e la
dignità di una memoria compiuta.
Il funerale sarà celebrato nella
chiesa di Sant’Agnese (via
Alessandro dal Borro 49,
Pescaiola) ad Arezzo martedì 13
maggio, alle ore 15.
12 maggio 2014
Fonte:
Corrierefiorentino.corriere.it
© Fotografie: Arezzonotizie.it
Mattesini (Pd): "Addio
Otello Lorentini, lascia un
grande vuoto"
"La scomparsa di Otello
Lorentini, lascia un grande
vuoto, ma deve farci riflettere
sul grande esempio di amore e
attaccamento allo sport vero,
libero da violenza, portato
avanti con dedizione e
semplicità". A dichiararlo è la
senatrice Donella Mattesini, in
merito alla scomparsa di Otello
Lorentini.
"Il
mondo dello sport e tutta la
società ha bisogno di mantenere
sempre vivo il ricordo di
personaggi come Otello, il quale
ha saputo superare momenti
difficili testimoniando il suo
amore per i giovani e la vita
con passione e amore, mettendosi
sempre al servizio
dell’interesse pubblico". Dopo
la scomparsa del figlio Roberto,
vittima dell’Heysel nel maggio
del 1985, Otello Lorentini si è
impegnato con caparbietà per
portare avanti messaggi di non
violenza, con la costituzione
dell’Associazione dei parenti
delle vittime della finale di
Coppa dei Campioni ’85
Juventus-Liverpool. "Oggi più
che mai - conclude Donella
Mattesini - occorre vigilare
affinché lo sport sia veicolo di
valori sani e modello di vita
per le nuove generazioni,
mettendo in campo tutte le
sinergie tra istituzioni,
associazioni e società sportive,
sull’esempio di una grande
bandiera e lavorando
concretamente affinché gli
appuntamenti sportivi non siano
più teatri di scontri barbari,
ma tornino ad essere un momento
di gioia e di condivisione. Alla
famiglia di Otello le mie
personali e sentite condoglianze
e l’auspicio che il ricordo di
questo grande uomo possa vivere
a lungo in ciascuno di noi". "Il
mondo dello sport e tutta la
società ha bisogno di mantenere
sempre vivo il ricordo di
personaggi come Otello, il quale
ha saputo superare momenti
difficili testimoniando il suo
amore per i giovani e la vita
con passione e amore, mettendosi
sempre al servizio
dell’interesse pubblico". Dopo
la scomparsa del figlio Roberto,
vittima dell’Heysel nel maggio
del 1985, Otello Lorentini si è
impegnato con caparbietà per
portare avanti messaggi di non
violenza, con la costituzione
dell’Associazione dei parenti
delle vittime della finale di
Coppa dei Campioni ’85
Juventus-Liverpool. "Oggi più
che mai - conclude Donella
Mattesini - occorre vigilare
affinché lo sport sia veicolo di
valori sani e modello di vita
per le nuove generazioni,
mettendo in campo tutte le
sinergie tra istituzioni,
associazioni e società sportive,
sull’esempio di una grande
bandiera e lavorando
concretamente affinché gli
appuntamenti sportivi non siano
più teatri di scontri barbari,
ma tornino ad essere un momento
di gioia e di condivisione. Alla
famiglia di Otello le mie
personali e sentite condoglianze
e l’auspicio che il ricordo di
questo grande uomo possa vivere
a lungo in ciascuno di noi".
12 maggio 2014
Fonte: Arezzonotizie.it
(Testo ©
Fotografia)
Heysel: morto ex n.1
comitato vittime
Scomparso Lorentini, da
presidente dedicò vita a ricerca
verità
(ANSA)
- AREZZO, 11 MAG - Si è spento
nella sua casa di Arezzo, ad 89
anni, Otello Lorentini, per anni
presidente dell'associazione dei
familiari delle vittime
dell'Heysel: suo figlio Roberto,
medico 31enne, fu tra i 32
italiani che persero la vita
nello stadio belga il 29 maggio
1985, mentre cercava di
soccorrere una persona a terra e
per questo medaglia d'argento al
valor civile. Lorentini aveva
dedicato la vita a cercare la
verità sulla tragedia, avvenuta
in occasione della finale di
Coppa Campioni Juve-Liverpool.
(Ansa)
11 maggio 2014
Fonte:
Corrieredellosport.it
©
Fotografia:
Arezzonotizie.it
 La Juventus ricorda
Otello Lorentini
Il cordoglio della
società per la scomparsa del
presidente dell'associazione dei
familiari delle vittime
dell'Heysel.
La
Juventus ricorda Otello
Lorentini, per anni Presidente
dell'associazione dei familiari
delle vittime dell'Heysel.
Lorentini si è spento questa
mattina, all'età di 89 anni
nella sua casa di Arezzo. Suo
figlio Roberto, perse la vita a
Bruxelles il 29 maggio 1985,
mentre cercava di soccorrere un
altro tifoso e per questo fu
insignito della Medaglia
d'Argento al Valor Civile.
11 maggio 2014
Fonte: Juventus.com
©
Fotografia: Ass. "Quelli di... Via
Filadelfia"
Tifosi bianconeri in lutto, è
scomparso Otello
Lorentini, padre del medico eroe
dell'Heysel
Ecco le
parole di Annamaria Licata,
esponente della curva
bianconera, tramite la sua
pagina Facebook: "Oggi
bruttissima notizia da parte di
Andrea Lorentini: Otello
Lorentini nonno di Andrea e
padre di Roberto Lorentini, il
medico eroe scomparso
all’Heysel, ci ha lasciato. Lui
è stato il padre di tutte le
vittime, il padre di tutte le
battaglie in tribunale contro
l’UEFA... e contro i silenzi e
l'ignoranza... Il padre di tutti
quei tifosi che nel corso del
tempo si sono avvicinati alla
tragedia, hanno capito quello
che è stato e dopo anni di
silenzi… hanno iniziato ad
alzare la voce, insieme a lui.
Di lui ricorderò sempre la sua
forza, la sua saggezza e i suoi
occhi color mare nel quale ti ci
perdevi. Un grande Uomo... che è
andato ad arricchire il paradiso
di umanità, ma nello stesso
tempo, ha svuotato il mondo di
un'anima speciale. Che riposi in
pace insieme a Roberto e agli
altri Angeli dell’Heysel. Il mio
abbraccio, e penso anche quello
di tutto popolo bianconero, alla
famiglia Lorentini ed in
particolare Andrea Lorentini.
Oggi il mio cuore soffre... e
non avete idea di quanto".
11 maggio 2014
Fonte: Tuttojuve.com
©
Fotografia: Ass. "Quelli di... Via
Filadelfia"
È morto Otello Lorentini
Uno dei grandi
protagonisti della battaglia
contro la violenza nel calcio:
suo figlio Roberto vittima
all'Heysel nell'85. Era stato
presidente dell'associazione dei
parenti delle vittime, ottenne
la condanna dell'Uefa per la
strage provocata dagli
hoolingans inglesi nel maggio
1985 allo stadio di Bruxelles.
Arezzo,
11 maggio 2014 - Se ne è andato
nei giorni in cui la violenza
nel calcio è di nuovo un tema
caldo, all'indomani di quanto è
successo a Roma in occasione
della finale di Coppa Italia,
quando tutti hanno ancora negli
occhi le immagini di Genni 'A
carogna che guida la curva del
Napoli mentre Hamsik è costretto
a trattare con lui. Otello
Lorentini della battaglia contro
la violenza nel calcio e negli
stadi era stato un protagonista
per quasi trent'anni, in tutta
l'ultima fase della sua vita.
Era cominciato tutto il 29
maggio 1985, la sera della
strage dell''Heysel. C'era anche
il figlio Roberto, medico
dell'ospedale di Arezzo, appena
31 anni, tra le vittime del
crollo della curva Z dello
stadio di Bruxelles, sotto
l'assalto impazzito degli
hooligans del Liverpool. Avrebbe
potuto salvarsi, anzi si era già
salvato, se non fosse tornato
indietro per soccorrere un bimbo
ferito. E la seconda carica
degli ultras gli fu fatale.
Otello Lorentini, il padre,
aveva la stessa generosità nel
mettersi al servizio
dell'interesse pubblico. Fu lui
a promuovere l'associazione dei
parenti delle vittime (tra loro
c'era anche un'altra aretina, la
giovane Giusy Conti) e fu lui a
diventarne il primo presidente.
Con quell'incarico si batté
contro le tante disattenzioni,
neghittosità, vigliaccherie che
favorivano la violenza e la
lasciavano impunita. Nel 1990,
ottenne la condanna dell'Uefa,
la federazione europea del
football, per quanto era
successo la notte dell'Heysel,
quando la disorganizzazione e
gli errori avevano contribuito
al massacro costato 39 morti, in
gran parte tifosi juventini. Al
processo di Bruxelles era solo
in aula, ma non si era affatto
intimidito. Poi altre battaglie,
altre dichiarazioni, altri
impegni perché il calcio
diventasse finalmente un mondo
sicuro. Non è così, almeno non è
ancora così, ma Otello Lorentini
lascia comunque un'eredità di
impegno civile che non è stata
inutile. Alla famiglia e al
nipote Andrea (il figlio di
Roberto), giornalista, le nostre
condoglianze. I funerali martedì
a Pescaiola alle ore 15.
11 maggio 2014
Fonte: Lanazione.it
© Fotografia: Arezzonotizie.it
Strage dell’Heysel:
morto l’ex presidente del
comitato parenti delle vittime
Si è
spento questa mattina nella sua
casa di Arezzo, all’età di 89
anni, Otello Lorentini, per anni
presidente dell’associazione dei
familiari delle vittime
dell’Heysel: suo figlio Roberto,
medico 31enne, fu tra i 32
italiani che persero la vita
nello stadio belga il 29 maggio
1985, mentre cercava di
soccorrere una persona a terra e
per questo medaglia d’argento al
valor civile. Otello Lorentini
aveva dedicato la sua vita a
cercare la verità sulla
tragedia, che portò alla morte
di 39 persone in occasione della
finale di Champions League di
calcio tra Juventus e Liverpool,
ottenendo giustizia, alla fine
di una lunga battaglia.
L’attività per tenere alta la
memoria, raccolta dal nipote
giornalista sportivo Andrea,
punta ancora a sensibilizzare il
mondo del calcio a lottare
contro la violenza. (Ansa)
11 maggio 2014
Fonte: Gonews.it
(Testo ©
Fotografia)
È scomparso Otello
Lorentini
Ha dedicato la vita ad
ottenere giustizia per la strage
dell'Heysel
Si è
spento all’età di 89 anni Otello
Lorentini, per anni presidente
dell’associazione vittime
dell’Heysel, padre di Roberto,
morto a 31 anni, nella curva Z
dello stadio mentre cercava di
salvare una persona a terra e
per questo medaglia d’argento al
valor civile. Otello Lorentini
dal maggio 1985 ha passato la
sua vita a cercare la verità su
quel drammatico episodio ed
ottenere, al termine della sua
battaglia, giustizia. L’attività
per tenere alta la memoria,
portata avanti dal nostro
collega Andrea, punta ancora a
sensibilizzare il mondo del
calcio a lottare contro la
violenza. Ad Andrea e tutta la
sua famiglia sentite
condoglianze da tutti i suoi
colleghi ed amici.
11 maggio 2014
Fonte: Arezzoora.it
Arezzo: morto Otello Lorentini,
padre di Roberto, una
delle vittime della tragedia
allo stadio "Heysel" di 29 anni
fa
Da quel giorno, ha
combattuto la grande battaglia
per eliminare la violenza negli
stadi, promuovendo anche
l'associazione dei parenti delle
vittime.
È morto
a 89 anni Otello Lorentini,
padre di Roberto, il giovane
medico aretino di 31 anni che il
29 maggio 1985 fu una delle
vittime della tragedia allo
stadio "Heysel" di Bruxelles,
prima della finale di Coppa dei
Campioni fra Juventus e
Liverpool. Da quel momento, il
signor Otello è stato uno dei
paladini della battaglia contro
la violenza nel calcio e negli
stadi era stato un protagonista
per quasi trent'anni, in tutta
l'ultima fase della sua vita. Fu
lui a promuovere l'associazione
dei parenti delle vittime (tra
loro c'era anche un'altra
aretina, la giovane Giusy Conti)
e fu lui a diventarne il primo
presidente. Nel 1990, ottenne la
condanna dell'Uefa per quanto
era successo la notte
dell'Heysel, quando la
disorganizzazione e gli errori
avevano contribuito al massacro
costato 39 morti, in gran parte
tifosi juventini. Al processo di
Bruxelles era solo in aula, ma
non si era affatto intimidito.
Alla famiglia e al nipote
Andrea, collega giornalista, le
condoglianze della nostra
redazione.
11 maggio 2014
Fonte: Saturnonotizie.it
(Testo ©
Fotografia)
Marcello Caremani: "Otello
Lorentini, bandiera di sport e
civiltà"
Il
calcio ha perduto una bandiera.
Quel calcio, ovviamente, fatto
di amore per lo sport, sana
passione agonistica, strumento
di aggregazione e di benessere
fisico.
Otello
Lorentini era una bandiera di
questo calcio. Lo è stato per 30
anni. Mosso da un immenso dolore
e cioè dalla perdita di Roberto,
suo unico figlio, allo stadio
dell’Heysel, è stato capace di
trasformare questo dolore in
impegno civile. In primo luogo
per ottenere giustizia: fu tra i
promotori e il primo Presidente
dell’Associazione dei parenti
delle vittime e nel 1990 ottenne
la condanna dell’Uefa per come
era stata gestita la tragica
vicenda della partita Liverpool
- Juventus. Dal 1985 fino ai
suoi ultimi momenti di vita, si
è impegnato contro la violenza
negli stadi e nello sport. Lo ha
fatto in silenzio e umiltà ma
con grande coraggio e
determinazione. Ed è stato
l’espressione più genuina di ciò
che dovrebbe essere il calcio:
per chi scende in campo e per
chi rimane sugli spalti. Nessuno
potrà dimenticare cosa fece suo
figlio Roberto che si sacrificò
nel tentativo di salvare un
bambino ferito. E noi non
potremo dimenticare nemmeno suo
padre che ci ha dato una grande
lezione. Oggi più valida che
mai, quando gli stadi e le
strade intorno ad esse diventano
luogo di guerriglia e simboli di
odio. Il mio ricordo va quindi a
Roberto che è stato mio amico e
collaboratore prezioso e oggi a
suo padre Otello con il quale ho
condiviso non solo ricordi ma
anche profonda amicizia e
affetto. Insieme al Sindaco
Fanfani, all’Amministrazione
comunale e all’intera città
siamo vicini alla famiglia alla
quale esprimiamo le più profonde
condoglianze. In particolare ai
nipoti Stefano e Andrea e alla
nuora Arianna che è stata al suo
fianco fino alla fine. "Un uomo
coraggioso impegnato in una
battaglia di giustizia": così il
presidente Vasai ricorda Otello
Lorentini. Il Presidente della
Provincia ricorda, con un
telegramma alla famiglia, Otello
Lorentini e il suo impegno
civile: "Con Otello scompare la
figura limpida di un uomo
coraggioso che ha combattuto una
battaglia di giustizia in nome
dei veri valori dello sport. In
questi anni ho conosciuto e
apprezzato la sua limpidezza e
la sua grande forza che sono e
saranno da esempio per tutti
quelli che nel nostro territorio
credono in uno sport sano e
combattono contro quella
violenza negli stadi ancora oggi
di tragica attualità".
11 maggio 2014
Fonte: Informarezzo.com
(Testo ©
Fotografia)
Giorno tristissimo, è
mancato Otello Lorentini
di Jacopo Diego Azzolini
A molti di voi questo
nome non dirà nulla. Invece
bisogna assolutamente che
sappiate chi è stata questa
grande persona, un eroe
silenzioso.
Suo
figlio Roberto era un medico.
Morì quel maledetto 29 maggio
del 1985. Era sopravvissuto alla
prima carica delle bestie
inglesi. Decise però di tornare
indietro, per soccorrere un
bambino ferito. Venne poi
sopraffatto dalla seconda carica
degli Hooligans, mentre stava
praticando la respirazione
artificiale a questo bimbo.
All’epoca trentunenne, lasciò
una moglie e due figli piccoli.
Il padre non si diede pace.
Fondò nel 1987 l’associazione
"Fra i familiari delle vittime
dell’Heysel". È stato il padre
di tutte le vittime, il padre di
tutte le battaglie in tribunale,
colui che si è opposto al
silenzio e all’oblio. Grazie al
suo immenso contributo, la Uefa
venne condannata. Ci volle molto
tempo, ma lui ce la fece. Con
coraggio, forza e tenacia. Se
oggi certe stragi sono
fortunatamente solo parte di un
tragico passato, il merito è
anche suo. Grazie a Otello,
molti giovani tifosi si sono
avvicinati alla tragedia
dell’Heysel, hanno capito che
cosa è stata. Col suo immenso
contributo, ora quei 39 angeli
riposano in pace. Resteranno
fissi nella memoria del grande
popolo bianconero. Potrà tornare
ad abbracciare il suo Roberto,
oltre che tutte le altre vittime
dell’Heysel. Grazie al suo
coraggio e alla sua volontà,
adesso non saranno mai più
dimenticate.
11 maggio 2014
Fonte: Juvenews.net
© Fotografia:
Atlantide Audiovisivi
Si è spento Otello
Lorentini, una vita a combattere
la violenza negli stadi
Si è spento Otello
Lorentini, padre di Roberto,
medico aretino tra le 39 vittime
dell’Heysel. Da quella
drammatica notte, Otello ha
portato avanti la battaglia
contro la violenza negli stadi.
Il 29
maggio 1985 il figlio Roberto
perse la vita. Medico
all’ospedale di Arezzo, 31 anni,
avrebbe potuto salvarsi, ma
cercò di soccorrere un bambino
ferito e la seconda carica degli
hooligans del Liverpool gli fu
fatale. Otello fu tra i
promotori dell’associazione dei
parenti delle vittime della
finale di Coppa dei Campioni ’85
Juventus-Liverpool - tra cui
un’altra aretina, Giusy Conti -
e ne fu il primo presidente.
Ottenne nel 1990 la condanna
dell’Uefa per i fatti di
Bruxelles e non ha mai smesso di
combattere per la causa. Le
condoglianze della redazione di
Arezzo Notizie ai familiari, tra
cui il collega giornalista
Andrea Lorentini, nipote di
Otello. Il ricordo di Marcello
Caremani, assessore del Comune
di Arezzo: "Il calcio ha perduto
una bandiera. Quel calcio,
ovviamente, fatto di amore per
lo sport, sana passione
agonistica, strumento di
aggregazione e di benessere
fisico. Otello Lorentini era una
bandiera di questo calcio. Lo è
stato per 30 anni. Mosso da un
immenso dolore e cioè dalla
perdita
di Roberto, suo unico
figlio, allo stadio dell’Heysel,
è stato capace di trasformare
questo dolore in impegno civile.
In primo luogo per ottenere
giustizia: fu tra i promotori e
il primo Presidente
dell’Associazione dei parenti
delle vittime e nel 1990 ottenne
la condanna dell’Uefa per come
era stata gestita la tragica
vicenda della partita Liverpool
- Juventus. Dal 1985 fino ai
suoi ultimi momenti di vita, si
è impegnato contro la violenza
negli stadi e nello sport. Lo ha
fatto in silenzio e umiltà ma
con grande coraggio e
determinazione. Ed è stato
l’espressione più genuina di ciò
che dovrebbe essere il calcio:
per chi scende in campo e per
chi rimane sugli spalti. Nessuno
potrà dimenticare cosa fece suo
figlio Roberto che si sacrificò
nel tentativo di salvare un
bambino ferito. E noi non
potremo dimenticare nemmeno suo
padre che ci ha dato una grande
lezione. Oggi più valida che
mai, quando gli stadi e le
strade intorno ad esse diventano
luogo di guerriglia e simboli di
odio. Il mio ricordo va quindi a
Roberto che è stato mio amico e
collaboratore prezioso e oggi a
suo padre Otello con il quale ho
condiviso non solo ricordi ma
anche profonda amicizia e
affetto". Insieme al sindaco
Fanfani, all’Amministrazione
comunale e all’intera città
siamo vicini alla famiglia alla
quale esprimiamo le più profonde
condoglianze. In particolare ai
nipoti Stefano e Andrea e alla
nuora Arianna che è stata al suo
fianco fino alla fine". Il
ricordo di Roberto Vasai,
presidente della Provincia. Il
Presidente della Provincia
ricorda, con un telegramma alla
famiglia, Otello Lorentini e il
suo impegno civile: con Otello
scompare la figura limpida di un
uomo coraggioso che ha
combattuto una battaglia di
giustizia in nome dei veri
valori dello sport. In questi
anni ho conosciuto e apprezzato
la sua limpidezza e la sua
grande forza, che sono e saranno
da esempio per tutti quelli che
nel nostro territorio credono in
uno sport sano e combattono
contro quella violenza negli
stadi ancora oggi di tragica
attualità.
11 maggio 2014
Fonte: Arezzonotizie.it
(Testo ©
Fotografia)
GRAZIE OTELLO
di Francesco Caremani
È
morto di maggio Otello, come il
suo Roberto, come altri
trentotto insieme a lui, nella
notte che ha cambiato per sempre
il calcio mondiale. È morto tra
le braccia di suo nipote
Stefano, a 89 anni, l’uomo che,
insieme all’avvocato italobelga
Daniel Vedovatto, ha sconfitto
l’Uefa (sentenza storica che ha
fatto giurisprudenza) nelle
vesti di presidente
dell’"Associazione tra le
famiglie delle vittime di
Bruxelles", dove il 29 maggio
1985, allo stadio Heysel, prima
della finale di Coppa dei
Campioni Juventus-Liverpool
morirono 39 persone, di cui 32
italiani, per colpa degli
hooligans inglesi, delle
autorità politiche e sportive
belghe e dell’Uefa. È morto nel
giorno del compleanno del nipote
Andrea per una crisi cardiaca
che è stata fatale, viste le sue
condizioni di salute. Stefano e
Andrea, i due nipoti orfani che
lui ha cresciuto come un padre.
Otello, infatti, all’Heysel
perse l’unico figlio Roberto,
medico di 31 anni medaglia
d’argento al valor civile per
essere morto tentando di salvare
un connazionale, molto
probabilmente la vittima più
piccola: l’undicenne Andrea
Casula. Da quel momento, come ha
scritto in un comunicato il
Comune di Arezzo, esprimendo il
proprio cordoglio per la
scomparsa di un grande aretino,
ha trasformato il proprio dolore
in battaglia civile. Prima
creando
l’Associazione,
poi citando l’Uefa direttamente
nel processo quando in primo
grado in Belgio erano stati
tutti assolti, infine
sconfiggendola e rendendola
responsabile delle
manifestazioni che organizzava e
organizza. Tutto questo perché
non si dava pace e perché non
poteva accettare di avere perso
un figlio per una partita di
calcio. Otello, oltretutto, era
tifoso della Fiorentina, ma
andava sempre con Roberto a
vedere la Juventus nelle finali
di coppa per amore verso il
figlio e per il gusto del
viaggio. Dall’ultimo è tornato
solo, ma con dentro tanta di
quella forza e dignità che hanno
prevalso sul dolore, riuscendo
anche a stracciare quel velo di
omertà che in Italia e in
Europa, dalla Figc alla Lega,
dalla Juventus (molto meno in
questi ultimi anni, per merito
di Andrea Agnelli) all’Uefa, ha
sempre tentato di far
dimenticare quello che era
accaduto all’Heysel il 29 maggio
1985. Per merito di Otello
Lorentini oggi quella data viene
continuamente ricordata e reso
omaggio ai 39 morti che grazie a
questo piccolo, grande, uomo
hanno ottenuto giustizia e la
dignità di una memoria compiuta.
Non lo dimenticate mai, perché
ognuno di noi, qualunque sia la
sua fede calcistica, deve almeno
un pensiero a Otello.
11 maggio 2014
Fonte: Francesco
Caremani (Pagina Facebook)
© Fotografie: Arezzonotizie.it
- Francesco Caremani
"Lui è
stato il padre di tutte le
vittime, il padre di tutte le
battaglie in tribunale contro
l’UEFA… E contro i silenzi e
l'ignoranza... Il padre di tutti
quei tifosi, che nel corso del
tempo si sono avvicinati alla
tragedia… Hanno capito quello
che è stato e dopo anni di
silenzi… Hanno iniziato ad
alzare la voce, insieme a lui.
Di lui ricorderò sempre la sua
forza, la sua saggezza e i suoi
occhi color mare nel quale ti ci
perdevi. Un grande Uomo... Che è
andato ad arricchire il paradiso
di umanità, ma nello stesso
tempo, ha svuotato il mondo di
un'anima speciale".
Annamaria Licata
11 maggio 2014
Fonte: Annamaria Licata (Pagina
Facebook)
© Fotografie:
Teletruria.it
- Annamaria Licata
"A
volte il destino sa mischiare il
dolce con l'amaro. Te ne sei
andato proprio il giorno del mio
compleanno, Mi hai preso per
mano bambino, mi lasci uomo. Un
faro, una luce in questi 32
anni. Mi hai insegnato che nella
vita ci sono le cose facili e
quelle giuste. E bisogna sempre
stare dalla parte delle seconde.
Sei stato quel padre che la
follia umana mi ha strappato
troppo presto. Da oggi lotterò
con ancora più determinazione
per portare avanti i valori per
i quali hai speso la tua
esistenza da quel maledetto 29
maggio. Sei un orgoglio per la
nostra famiglia e per la città
di Arezzo. Buon viaggio Lello.
Salutami il babbo e la nonna".
Andrea Lorentini
11 maggio 2014
Fonte: Andrea Lorentini
(Pagina Facebook)
© Video:
Teletruria.it
Lorentini amaro "Negli
stadi ancora morti"
di Marina Salvetti
Il presidente
dell’Associazione perse il
figlio di 31 anni. "Ho
combattuto perché ci fosse
giustizia. Sei anni di udienze:
molti sono finiti in galera,
troppi se la sono cavata".
OTELLO
Lorentini ha 86 anni e un cuore
malconcio. "Non mi regge perché
mi chiamano in tanti in questi
giorni per sapere e ricordare,
ma ritornare indietro diventa
molto difficile alla mia età".
Soprattutto quando il ricordo
privato diventa commemorazione
pubblica e tornare indietro a
quel tragico mercoledì 29 maggio
1985 significa far affiorare
scene che si vuole accantonare
nella memoria. All’Heysel ha
perso il figlio Roberto: aveva
31 anni, faceva il medico, era
sposato e papà di Andrea e
Stefano, di 3 e un anno e mezzo.
"Eravamo accanto, io e Roberto,
ma ci siamo persi in mezzo alla
bolgia, sono caduto a terra, una
transenna ha evitato che mi
calpestassero, poi sono finito
sul campo ". Minuti carichi di
tensione. "Con noi c’erano anche
due nipoti, li ho incrociati a
metà scalinata, mentre stavo
tornando indietro. Mi hanno
detto che Roberto stava poco
bene, invece era già morto".
Morto mentre stava soccorrendo
un altro tifoso ed è per questo
che la presidenza della
Repubblica gli ha conferito la
medaglia d’argento al valor
civile. BATTAGLIA Da quel giorno
Otello Lorentini ha portato
avanti la sua personale
battaglia affinché i morti
dell’Heysel non venissero
dimenticati e affinché fosse
resa giustizia. "Il processo è
durato sei lunghissimi anni. Ho
seguito le udienze passo dopo
passo, due, tre volte al mese
andavo a Bruxelles con gli
avvocati. Ho fatto tutto questo
non tanto per ottenere il
risarcimento, anche se è stato
giusto che ci venissero dati
quei pochi soldi visto che non
volevano neppure pagare, ma
perché i colpevoli venissero
inchiodati alle loro
responsabilità. E alla fine
posso dire che giustizia è stata
fatta: abbiamo sconfitto l’Uefa,
le autorità belghe, le forze
dell’ordine e tifosi del
Liverpool, abbiamo fatto
giurisprudenza, in molti sono
finiti in galera, tanti altri
però se la sono cavata".
ASSOCIAZIONE Lorentini ha anche
fondato l’Associazione familiari
vittime dell’Heysel. "Ormai ne
sento pochi di parenti, di
alcuni non so proprio più nulla.
Beh, il tempo passa, la vita
continua, ognuno col proprio
dolore. Abbiamo fatto un
percorso comune, che è finito,
adesso continua quello privato".
Venticinque anni dopo però
Lorentini è rassegnato: neppure
la tragedia dell’Heysel ha
cambiato la testa della gente.
"Nonostante 39 morti gli stadi
continuano a essere pieni di
menefreghisti. E si continua a
morire". COMMEMORAZIONE Oggi
però Otello non sarà a Torino
per la commemorazione. "Ho
ricevuto l’invito di Andrea
Agnelli, ma qui ad Arezzo c’è la
messa e poi il memorial". Starà
con la nuora Arianna, che aveva
27 anni all’epoca, i nipoti
Andrea e Stefano, ormai
cresciuti e diventati uomini
senza un papà. "Gli abbiamo
raccontato i fatti e, soltanto
quando ce l’hanno chiesto loro,
li abbiamo portati al cimitero:
volevano vedere il loro babbo".
Morto in un giorno che avrebbe
dovuto essere di festa, a
rincorrere i sogni di un trionfo
bianconero.
29 maggio 2010
Fonte: Tuttosport
© Fotografie:
La Nazione - Arezzonotizie.it
Heysel Oggi
ricorrono i 25 anni dalla strage
di Bruxelles. In ricordo di
Roberto e Giusy
Andrea Agnelli scrive a
Lorentini
AREZZO
- Venticinque anni e un dolore
che non si cancella. Il 29
maggio 1985 allo stadio Heysel
di Bruxelles, prima della finale
di Coppa dei Campioni
Juventus-Liverpool, muoiono 39
tifosi bianconeri. Muoiono nel
settore Z, schiacciati e
soffocati dalla calca, sotto i
colpi degli hooligans inglesi
instupiditi dall'alcool, con la
connivenza decisiva delle
autorità belghe, della polizia
locale e dell'Uefa, incapaci di
prevedere e d'intervenire. La
città di Arezzo ha pagato un
altissimo tributo a quella
maledetta serata. All’Heysel
persero la vita la studentessa
Giuseppina Conti e il dottor
Roberto Lorentini. Quest'ultimo
è stato insignito della medaglia
d'argento al valor civile perché
fu travolto mentre, in qualità
di medico, stava prestando
soccorso ai feriti sugli spalti.
Da Arezzo è partita la battaglia
per ottenere giustizia e tenere
viva la memoria su quella
strage. Otello Lorentini, padre
di Roberto, ha, prima fondato
l'associazione dei familiari
delle vittime, e poi dato vita
al Comitato permanente contro la
violenza nello sport "R.
Lorentini - G. Conti". La
battaglia giudiziaria, durata 6
anni e mezzo, si è conclusa con
la condanna dell'Uefa
riconosciuta responsabile,
insieme alla autorità belghe.
Nel 2005, nella ricorrenza del
ventennale, Arezzo ha ospitato
la partita amichevole tra le
formazioni primavera di Juventus
e Liverpool. Un evento dal
profondo significato simbolico
rivolto alle nuove generazioni
per non dimenticare e non
ripetere mai più. Nel 2007 è
stato intitolato a Roberto
Lorentini il piazzale antistante
lo stadio e a Giuseppina Conti
quello antistante il palasport a
Le Caselle. In occasione del 25°
anniversario il neo presidente
della Juventus Andrea Agnelli ha
scritto ad Otello Lorentini.
"L'impegno del Suo comitato - si
legge nella lettera - è una
testimonianza importante per
coloro che intendono alimentare
una memoria che è parte
costitutiva della nostra
identità, di uomini e di
juventini. Oggi quella memoria -
prosegue il numero uno
bianconero - ci unisce in un
dolore che è anche speranza;
perché dal sacrificio di quelle
33 vittime dobbiamo trovare la
forza per far crescere un'idea
di calcio lontana da ogni forma
di violenza. La Juventus -
conclude la missiva - continuerà
ad essere vicina al Suo comitato
e La ringrazia per la dedizione
che, siamo certi, non verrà mai
meno".
29 maggio 2010
Fonte: La Nazione
© Fotografia:
Tuttosport.com
Heysel, ex hooligan
incontra padre della vittima
AREZZO
- Vent'anni dopo, l'ex hooligan
tifoso del Liverpool, Terry
Wilson, ha chiesto perdono per
quello che ha fatto al padre e
al figlio di una delle vittime
dell'Heysel, Otello e Andrea
Lorentini. Molto scossi per
l'incontro, i due non sono parsi
ancora pronti a perdonare per la
perdita di Roberto, 33 anni,
quella tragica sera. È stato il
quotidiano francese L'Equipe a
organizzare, ad Arezzo,
l'incontro fra i familiari della
vittima e l'ex hooligan che fu
condannato a cinque anni di
carcere anche se ha scontato
soltanto 10 mesi in tutto. Terry
Wilson, 38 anni, nel viaggio
aereo, aveva persino imparato a
dire in italiano "Sono qui per
chiedere perdono". Poi, di
fronte a Otello (81 anni) e
Andrea (23), ha ripetuto
soltanto "I'm sorry, I'm sorry,
I'm so sorry…". Con traduzione
simultanea del giovane Andrea.
Otello chiede al nipote di dire
in inglese a Terry: "Ho visto i
tuoi amici tirare fuori oggetti
dalle tasche dei morti". "Vi
chiedo ancora perdono - ripete
Terry - ammetto di aver dato
pugni, calci, che hanno
indirettamente provocato la
morte di vostro figlio e di
altre vittime. Ma l'ho capito
soltanto qualche ora dopo, sul
traghetto di ritorno, quando le
televisioni a bordo hanno
mostrato le immagini dei
cadaveri. Allo stadio non ho
visto nemmeno un corpo. Dopo le
cariche sono tornato nel settore
Y riservato agli inglesi, e ho
aspettato l'inizio della
partita. È orribile a dirsi, ma
eravamo anche impazienti, non
avevamo capito l'ampiezza della
catastrofe.
5 aprile 2005
Fonte: Quotidiano
Nazionale
© Fotografia: (Fonte Non Reperibile)
Ma io voglio
un'amichevole per le vittime
di Maurizio Crosetti
LIVERPOOL - Il signor Otello
Lorentini ha passato vent' anni
a battersi e un pomeriggio a
rispondere al telefono. "Sono
distrutto". All'Heysel perse il
figlio Roberto, medico, che
poteva salvarsi e invece tornò
indietro per aiutare gli altri e
morì. "Ho sentito della partita
tra i tifosi, dei braccialetti e
dello striscione. Un vecchio di
ottant'anni può dire parolacce ?
Sì ? Allora vi rispondo che sono
cazzate. Della partita non m'
importa nulla e non la guarderò,
io voglio organizzare
un'amichevole tra Juventus e
Liverpool entro la fine
dell'anno, per celebrare i vent'
anni di Bruxelles. Lo voglio
fare per i morti, non per i
vivi, per i morti e non per i
tifosi, è chiaro ? "Come
presidente dell'associazione dei
parenti delle vittime, Lorentini
è andato a sbattere contro vent'
anni di silenzio. "Mai riuscito
a parlare con nessuno della Juve
o del Liverpool, la verità
sembra far paura a tutti. Adesso
mi dicono che in Inghilterra si
sta considerando la nostra
proposta, ho ricevuto una
lettera, vedremo. Ho appena
incontrato un hooligan pentito,
è venuto a trovarmi ad Arezzo
dall'Inghilterra, si chiama
Terry Wilson. Mi ha detto di
essersi fatto la prigione e di
avere picchiato, quella sera,
senza però uccidere nessuno.
L'ho corretto, dicendogli che se
aveva buttato giù la rete,
allora era stata colpa anche
sua. Ha risposto sì, ha chiesto
perdono e io gli ho detto che
non sono ancora pronto a
perdonare. Ma almeno lui ha
chiesto scusa e mi è sembrato
sincero, a differenza di altri,
anche se io non odio nessuno".
Vent' anni senza un figlio che
quando morì ne aveva due,
piccoli. "Così, perdendo
Roberto, di figli ne ho avuti in
cambio tre invece che uno: i
miei nipoti e mia nuora. Li ho
allevati meglio che ho potuto,
oggi Andrea ha 23 anni e si è
appena laureato, mentre Stefano
ne ha 21 e va all'Università.
Senza di loro non sarei mai
arrivato ai miei ottant'anni,
dove avrei trovato la forza ? I
ragazzi sono cresciuti
serenamente, io ci ho messo
passione".
5 aprile 2005
Fonte: La Repubblica
© Fotografia: (Fonte Non Reperibile)
Liverpool-Juve, le scuse
dell'hooligan 20 anni dopo
l'Heysel
Domani "reds" e bianconeri di
fronte per i quarti di Champions
di
Francesco Caremani
Terry
Wilson, è lui l'ex hooligan,
sempre tifoso del Liverpool,
sceso sino ad Arezzo per
chiedere scusa a Otello
Lorentini, per il figlio Roberto
e per le altre 38 vittime
dell'Heysel. Si sono incontrati
sabato pomeriggio all'AC Hotel,
dove l'ha portato Jean-Philippe
Leclaire, giornalista de
L'Equipe, che li ha messi in
contatto. Un incontro registrato
e fotografato che diventerà
giornalismo ed è già storia,
perché è la prima volta che
accade e perché nessuno,
tantomeno Otello, si sarebbe
aspettato una cosa del genere
alla vigilia di
Liverpool-Juventus, quarto di
finale di Champions League.
Terry è venuto "To say sorry" e
lo ripete all'infinito, quasi
per convincere e per convincersi
di quello che sta facendo, a
nome suo e di tante altre
persone di Liverpool, con cui ha
parlato prima di partire per
l'Italia. Occhi azzurri, capelli
biondi, sguardo imbarazzato,
camicia d'ordinanza. Otello si è
fatto accompagnare da Andrea,
primogenito di Roberto, anche
lui ha uno sguardo diverso dal
solito, meno disteso e meno
sicuro, si aggrappa ai ricordi,
sempre lucidissimi, e al dolore,
sempre forte, per la perdita
dell'unico figlio. Si percepisce
un po' di tensione, ed è Otello
ha spezzare il ghiaccio: "Io non
sono ancora pronto a perdonare,
ma non odio nessuno". Andrea e
Jean-Philippe traducono, Otello
e Terry parlano, si guardano. Il
primo inizialmente ascolta, il
secondo spiega la sua versione
dei fatti, all'epoca aveva 19
anni. È la versione inglese dei
fatti, la versione assolutoria,
la versione che vuol rendere
meno amara una vergogna
nazionale. Ma Otello prende
carta e penna e non gli dà
scampo, disegna, spiega, rimette
le cose a posto, come dovrebbero
essere sempre state. La versione
vera è una sola, quella di
Otello, quella dell'Associazione
delle vittime, sancita da un
processo vittorioso e raccontata
nell'unico libro scritto in
tutti questi anni. Terry
annuisce e ripete "To say
sorry". Otello ha capito lo
sforzo e gli dice "Non perdonerò
mai chi non chiede scusa, a te,
forse domani, forse un giorno,
ti perdonerò". Terry sarà
all'Anfield Road martedì sera
per assistere a
Liverpool-Juventus e ha anche un
altro incarico, deve chiedere
cosa Otello vorrebbe veder
scritto in un vessillo che la
Kop isserà prima del match: "I
nomi delle vittime, solo
quello", sussurra ad Andrea che
deve
tradurre. Comunque ha
ancora tempo per pensarci, si
risentiranno. Non dimenticando
l'idea dell'amichevole da
giocare ad Arezzo tra Juventus e
Liverpool. Terry ha un amico in
società e farà di tutto per
perorare la causa, anche lui
capisce che la volontà di Otello
è quella di mettere un punto
all'Heysel e lo vuol fare ad
Arezzo, dove nacque
l'Associazione e dove si
piangono, ancora oggi, due
vittime. Tutti hanno capito che
si tratta di due momenti
diversi, da una parte il quarto
di Champions, dall'altra
l'amichevole, magari
precampionato. È con questo
spirito che tutti possono
guardare alla sfida di domani
tra due squadre che si ritrovano
sul campo a venti anni dalla
tragedia di Bruxelles. Quello
sarà un match vero, agonistico,
giocato tra ragazzi che
all'epoca avevano 10-15
primavere. Da una parte Fabio
Capello dall'altra Rafa Benitez,
nel mezzo una partita di calcio
che avrà una cornice carica
d'emozione, un'emozione forte e
lontana, forte perché mai
esternata prima, lontana perché
quasi nessuno dei protagonisti
di allora sarà presente. "You'll
never walk alone", non
camminerete mai soli, dice un
vecchio coro dei tifosi del
Liverpool, forse lo canteranno
per le vittime che, scherzi del
destino, hanno camminato sole,
per vent'anni nel limbo della
memoria collettiva.
4 aprile 2005
Fonte: L'Unità
© Fotografie:
(Fonte Non Reperibile)
-
GETTY IMAGES (Not for commercial use)
L'hooligan pentito è
venuto a chiedere scusa
di Giulia Zonca
Uno dei giovani che 20
anni fa provocarono gli scontri
mortali incontra Otello
Lorentini, Presidente
dell'Associazione Vittime
dell'Heysel. "Il rimorso per
quei morti bastava. Poi è nato
il bisogno di incontrare questa
persona".
Nessuno
ha mai chiesto scusa, 20 anni è
niente che somigliasse a del
vero rammarico per 39 vite
perse. L'Heysel, non è stato né
dimenticato, né ricordato, è
stato messo via con vergogna e
imbarazzo. Un giornalista
francese dell'Equipe,
Jean-Philippe Leclaire, ha messo
insieme un libro che esce in
questi giorni, più racconto che
inchiesta, su quella notte del
1985. Raccogliendo brandelli di
ricordi ha incontrato Terry
Wilson, un ex hooligan che in
quel massacro stava
innegabilmente dalla parte dei
cattivi. A stabilirlo è stato un
tribunale, Wilson è stato
condannato a 5 anni, era uno dei
14 "tifosi" del Liverpool
ritenuti colpevoli sui 26
arrestati. Ha scontato solo 9
mesi, ma la sua vita è cambiata,
stravolta dal senso di colpa.
Ora ha 38 anni, ha i capelli
biondi corti e l'aria di uno che
non è riuscito a crescere
sereno. A guardarlo è difficile
dargli un'età, come se il tempo
si fosse solo accumulato senza
essere vissuto e la sua faccia
fosse rimasta molto simile a
quella da adolescente che aveva
quella notte. La faccia di uno
che non è mai riuscito ad andare
oltre i suoi errori. Dice che
solo Dio lo ha aiutato a gestire
quel peso sulla coscienza, dice
che non riesce nemmeno a
descrivere quello che ha fatto,
ma grazie a un cacciatore di
memorie ha trovato il modo di
chiedere scusa. Sabato è partito
per l'Italia e ieri ha
incontrato Otello Lorentini,
presidente dell'associazione
vittime dell'Heysel e padre di
Roberto, morto nel settore Z
mentre cercava di prestare
soccorso a un ragazzo che non
riusciva a respirare. Leclaire
ha chiesto a Lorentini se era in
grado di perdonare e lui ha
risposto: "Nessuno mi ha mai
chiesto perdono". Ieri Terry
Wilson ci ha provato. Se lo
abbia ricevuto è un'altra
questione. Lorentini non vuole
parlarne: "Pazzesco, in 20 anni
non mi ha mai cercato nessuno e
ora provate a spremermi anche
emozioni che non sono ancora in
grado di definire. È tutto
perché c'è una partita di
Champions League. No, per ora è
un fatto privato. Questo ragazzo
è venuto qui e gli ho parlato,
ma è qualcosa di troppo forte
perché io possa raccontarlo
subito. È stata una
conversazione intensa e io ho
bisogno di qualche giorno per
elaborarla". Wilson, dopo due
decenni, ha capito quello che il
senso di colpa non poteva
spiegargli: "Queste persone
stanno ancora soffrendo, in un
modo che non mi sarei mai potuto
immaginare, quando mi hanno
raccontato la storia di
Lorentini mi sono reso conto di
come quella tragedia fosse
ancora viva", lo confessa al
sito del Liverpool dove spiega
perché ha deciso di affrontare
un viaggio a ritroso che lo
avrebbe riportato davanti a ciò
che ha provato a rimuovere per
tutto questo tempo. "Non ho
cercato di dare un nome e una
storia a quei morti, il numero
mi bastava, era un rimorso fin
troppo grande da portarsi
dietro. Quando qualcun altro mi
ha costretto a guardare dentro
una vita vera, ho sentito il
bisogno di incontrare questa
persona. So che per quante scuse
io possa chiedere non servirà a
molto, ma muovermi, andare a
casa Lorentini mi sembrava un
modo di avvicinarci alla
riconciliazione, a un senso di
pace che fino a qui non abbiamo
davvero cercato. Non abbiamo
neppure pensato fosse
possibile". Non è un destino
singolo, i tifosi del Liverpool
presenti in quello stadio, ma
anche chi non c'era e che ha
dovuto gestire quell'imbarazzo,
quel senso di responsabilità non
diretta, non ha mai fatto i
conti con l'Heysel. Da qualsiasi
parte si arrivi ad Anfield si è
investiti dal ricordo di
Hillsborough (lo stadio di
Sheffield dove nel 1989 morirono
96 tifosi del Liverpool
schiacciati dalla folla che era
più del doppio della capienza
limite). C'è un memorial, un
braciere sempre acceso, un
monumento di marmo con il nome
di chi perse la vita in quel
disastro ed è impossibile non
sbattere contro uno di questi
simboli. Le tracce dell'Heysel
sono confinate nel museo del
club e solo in questi giorni gli
inglesi, che hanno scacciato i
violenti ma non i fantasmi,
provano a tirarle fuori.
4 aprile 2005
Fonte: La Stampa
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Tripadvisor.it - (Fonte Non Reperibile)
"Dopo la tragedia,
l'indifferenza di tutti"
di Marco Ansaldo
L'inutile processo durò
sei anni e mezzo. Otello
Lorentini perse il figlio e
ancora oggi lotta perché nessuno
dimentichi. I parenti delle
vittime: pochi soldi per
scaricarsi le coscienze e nessun
aiuto concreto.
Da quel
fatto impararono solo gli
inglesi. La Thatcher prese dalle
morti dell'Heysel il coraggio di
imporre quanto nessun governo
italiano ha voluto fare contro
la violenza nel calcio: così
loro oggi hanno gli stadi sicuri
mentre da noi rimane la paura di
portare alla partita i propri
bambini". Otello Lorentini ha 80
anni e il 29 maggio 1985
all'Heysel perse il figlio.
Roberto era un medico. Quel
giorno il postino aveva recapito
a casa sua la raccomandata con
cui lo avvisavano
dell'assunzione all'ospedale di
Arezzo. Ma, a sera, Roberto
Lorentini giaceva cadavere nella
Morgue di Bruxelles, ucciso
dalla folla che lo calpestava
mentre, da medico, praticava la
respirazione bocca a bocca a un
bambino travolto e in fin di
vita. Per quel gesto gli hanno
riconosciuto la medaglia
d'argento al valor civile, non
quella d'oro, però, perché
altrimenti avrebbero dovuto
concedere un vitalizio alla
famiglia. È una piccineria tra
le tante che hanno accompagnato
i sopravvissuti. Com'è la storia
di Carla, caduta in coma mentre
suo padre moriva nella calca. La
assunsero come cassiera in un
supermercato. Compariva sui
giornali, era una pubblicità
buona, anzi buonista. Qualche
mese dopo, svanito l'effetto
Heysel, la licenziarono. "Sono
stati anni di lotta - racconta
il signor Otello, che diventò il
presidente e l'anima
dell'Associazione tra i parenti
delle vittime dell'Heysel.
Chiedevamo giustizia ma la
nostra era una voce scomoda.
Noi, le famiglie di 32 vittime,
andavamo contro istituzioni
intoccabili: l'Uefa, il governo
belga, la polizia di Bruxelles. Aiuti ? Dallo Stato poco, dalla
Juventus ancora meno. Davamo
fastidio alle loro coscienze, ci
sgusciavano via". Si è perso il
conto delle volte in cui
Lorentini si scontrò con
Boniperti. "Quelle morti si sono
ripercosse sui vivi - racconta
Francesco Caremani, l'autore del
documentatissimo "Le verità
sull'Heysel, cronaca di una
tragedia annunciata". Alcune
famiglie sono andate in rovina.
Di sensibilità, dopo l'impatto
iniziale, se ne vide poca. Nei
parenti delle vittime è rimasta
quella frase detta dalla Juve
dopo la conquista della Coppa
Intercontinentale, "abbiamo
messo una pietra sopra
all'Heysel". Otello rispose che
l'unica pietra stava sulla tomba
di suo figlio. La lotta per
ottenere giustizia è stata
lunga. Sono serviti tre gradi di
giudizio, dopo la prima sentenza
che assolveva tutti, tranne 14
hooligans condannati a tre anni,
di cui la metà condonati e che
non trascorsero in galera un
giorno in più di quelli
successivi all'arresto. Dopo sei
anni e mezzo, nell'ottobre '91,
grazie all'ostinazione di
Lorentini e di un avvocato
italo-belga, Daniel Vedovatto,
furono condannati anche gli
uomini delle istituzioni. Pochi
e a poco. Nove mesi al capo
della polizia, il capitano
Mahieu, 6 mesi al presidente
della federazione belga,
Roosents, 3 mesi e 30 mila
franchi al segretario Uefa,
Bangeeter. Tutti liberi con la
condizionale. Gli intoccabili
veri se la cavarono senza tracce
sulla fedina penale. "Non ci
importava vedere la gente in
galera - racconta Lorentini - ma
il riconoscimento di una
responsabilità perché nel futuro
le cose non fossero fatte con
tanta leggerezza". E i
risarcimenti ? Qualcosa è
arrivato. Somme spesso ridicole.
Quindici milioni di lire da
dividere tra i famigliari di
Giusy Conti, pure lei aretina,
fino a mezzo miliardo a chi
aveva perso un padre o un marito
con un alto livello di reddito
perché pure di fronte alla morte
non siamo tutti uguali. Dallo
Stato belga arrivarono rimborsi
vergognosi: mille, duemila lire.
Otello Lorentini continua la sua
lotta. Ha fondato un comitato,
insieme alla famiglia Conti, per
diffondere nelle scuole e tra i
giovani il concetto di
antiviolenza nello sport. In
questi giorni è a Bruxelles con
i nipoti, i figli di Roberto,
per registrare uno speciale per
Sky e ha già inviato alla Uefa,
alla Juve e al Liverpool la
richiesta per organizzare ai
primi di giugno, ad Arezzo, la
partita della memoria a 20 anni
dall'Heysel. Scommettiamo che
aspetterà a lungo una risposta ?
19 marzo 2005
Fonte: La Stampa
© Fotografia:
GETTY IMAGES (Not for commercial use)

Ancora Heysel, che
vergogna
di Maurizio Crosetti
TORINO
- All'Heysel, Otello Lorentini
perse un figlio di trent' anni,
Roberto. Faceva il medico,
poteva salvarsi, era già sul
prato, tornò indietro per
soccorrere un bambino, venne
travolto. Otello ha 76 anni:
dieci li ha trascorsi in
tribunale per chiedere
giustizia, poi ha fondato
l'associazione dei parenti delle
vittime diventata comitato
permanente contro la violenza.
Oggi ha una parola sola:
"Vergogna". La ripeterà ai
ragazzi delle scuole in cui
continua ad andare, per
raccontare. Perché la memoria
resista. "Una vergogna non solo
l'eventualità di giocare contro
gli inglesi all'Heysel, ma il
fatto stesso che quello stadio
esista. L'hanno ripulito,
modificato, ma sarebbe stato più
giusto lasciarlo com' era, una
specie di monumento ai caduti, e
non usarlo mai più. L'Uefa vuole
solo dimenticare, hanno persino
messo una musichetta in
sottofondo quando gli azzurri
hanno portato i fiori sotto la
curva. Sappiano che in quella
curva c'è ancora il sangue, e
che il nostro dolore e la nostra
rabbia sono più vivi che mai. Là
non si deve giocare. Sono
contento che Platini abbia detto
che non tornerà mai più
all'Heysel: la memoria pretende
rispetto. La nostra ferita non
potrà mai chiudersi, però non è
questa la sofferenza più
profonda. Io sto male quando
penso che Roberto e gli altri 38
sono morti per nulla, e che
nessuno ha capito"...TORINO -
All'Heysel, Otello Lorentini
perse un figlio di trent' anni,
Roberto. Faceva il medico,
poteva salvarsi, era già sul
prato, tornò indietro per
soccorrere un bambino, venne
travolto. Otello ha 76 anni:
dieci li ha trascorsi in
tribunale per chiedere
giustizia, poi ha fondato
l'associazione dei parenti delle
vittime diventata comitato
permanente contro la violenza.
Oggi ha una parola sola:
"Vergogna". La ripeterà ai
ragazzi delle scuole in cui
continua ad andare, per
raccontare. Perché la memoria
resista. "Una vergogna non solo
l'eventualità di giocare contro
gli inglesi all'Heysel, ma il
fatto stesso che quello stadio
esista. L'hanno ripulito,
modificato, ma sarebbe stato più
giusto lasciarlo com' era, una
specie di monumento ai caduti, e
non usarlo mai più. L'Uefa vuole
solo dimenticare, hanno persino
messo una musichetta in
sottofondo quando gli azzurri
hanno portato i fiori sotto la
curva. Sappiano che in quella
curva c'è ancora il sangue, e
che il nostro dolore e la nostra
rabbia sono più vivi che mai. Là
non si deve giocare. Sono
contento che Platini abbia detto
che non tornerà mai più
all'Heysel: la memoria pretende
rispetto. La nostra ferita non
potrà mai chiudersi, però non è
questa la sofferenza più
profonda. Io sto male quando
penso che Roberto e gli altri 38
sono morti per nulla, e che
nessuno ha capito...".
19 giugno 2000
Fonte: La Repubblica
© Fotografia:
Teletruria.it
L’intervista
A
nove anni dalla tragedia il
padre di una delle vittime si
racconta
Allo
stadio Heysel ho visto morire
mio figlio
di Ilario Dell’Orto
Mercoledì 29 maggio 1985: la
tragedia dell’Heysel. In quel
pomeriggio, a Bruxelles, poco
prima dell’inizio della finale
di Coppa dei Campioni tra
Juventus e il Liverpool morirono
39 persone e più di cento
rimasero ferite. La causa fu un
lampo di follia: un gruppo di
tifosi inglesi cercò di assalire
i sostenitori italiani
all'interno dello stadio. La
televisione documentò
l’accaduto, in una drammatica
diretta. Tra le vittime di quel
giorno c’era anche Roberto
Lorentini, partito per il Belgio
con il padre Otello convinto di
andare a vedere nient'altro che
una partita di calcio. Roberto
morì, ma da quel giorno, Otello
Lorentini ha cercato di superare
il dolore della scomparsa del
figlio con l'impegno civile,
contro la violenza nello sport e
oggi vive con i nipoti Stefanino
e Andrea di 11 e 12 anni, figli
di Roberto. Entrambi giocano in
una squadra giovanile e il nonno
li accompagna agli allenamenti.
Signor Lorentini, a
quasi dieci anni dalla morte di
suo figlio, continua la sua
battaglia contro la violenza ?
"Sì,
anche se qualcosa è cambiato.
Prima avevamo istituito
l’Associazione vittime
dell’Heysel, che ora non esiste
più: fu sciolta nel momento in
cui ci venne liquidato il danno
da Bruxelles. Ma oggi, ci
riconosciamo nel "Comitato
permanente contro la violenza
nello sport", che già era nato
ad Arezzo a nome di mio figlio e
dell’altra vittima aretina,
Giuseppina Conti. Ora, tutto
quello che facciamo, lo facciamo
sotto l’egida di questo
comitato. Abbiamo fatto
convegni, e iniziative anche su
temi non strettamente legati
alla violenza nello sport, come
sulla droga. E con molta
probabilità organizzeremo, in
vista del prossimo 29 maggio
(10° anniversario della
tragedia) una iniziativa
particolare".
Dopo i fatti dell’Heysel
è mai più tornato in uno stadio
?
"No,
solo quando accompagno i miei
nipoti, che giocano in una
squadra giovanile. Seguo il
calcio alla televisione e,
quando vedo scene di violenza,
penso che non sia cambiato
niente rispetto ad allora. Non
vorrei ripetermi, ma sono
dell’idea che aldilà delle
responsabilità delle società di
calcio e delle istituzioni la
colpa è anche della stupidità
della gente che fa queste cose.
E sono convinto che non sia
stato fatto niente. Lo dicono
anche certi fatti: dopo
l’Heysel: c’è stato lo
Sheffield. E poi, quasi tutte le
domeniche, inclusa l’ultima,
succede qualche episodio
violento".
Questo vuol dire che c’è
qualcosa che non funziona. Che
cosa, secondo lei ?
"Ho
l’impressione che si giochi a
scarica barile: nessuno si vuole
prendere la colpa sapendo di
averne una certa parte. È come
la storia del cane che si gira
intorno per mangiarsi la coda".
Lei prima parlava di
"stupidità della gente".
Facciamo un discorso più
concreto: la famiglia non esiste
più e nemmeno l'educazione...
Insomma, basta salire su un
autobus e vi può capitare di
essere mandati a quel paese da
un ragazzino a cui si fa
un’osservazione. Credo che molti
giovani vadano allo stadio, per
sfogare quello che non possono
fare a casa loro…". Facciamo un
discorso più concreto: la
famiglia non esiste più e
nemmeno l'educazione... Insomma,
basta salire su un autobus e vi
può capitare di essere mandati a
quel paese da un ragazzino a cui
si fa un’osservazione. Credo che
molti giovani vadano allo
stadio, per sfogare quello che
non possono fare a casa loro…".
Un degrado
generazionale.
"Non
voglio fare il puritano, ma da
giovane non mi sarei permesso di
mandare a quel paese una persona
con i capelli bianchi, come sono
io oggi".
I suoi nipoti conoscono
la vicenda dell'Heysel ?
"Sì,
loro sanno tutto. Anche perché
spesso si parla di quel fatto,
per via del comitato... E i
bambini ascoltano e quando meno
te l'aspetti fanno le domande.
Per esempio, in questi giorni,
vedendo in televisione il
processo Pacciani mi hanno
chiesto: ma lo condanneranno
come è successo a Bruxelles, per
la storia del babbo ?".
Per loro il calcio non è
proibito…
I miei
nipoti, i figli di Roberto,
abitavano con me già da allora,
quando successe la tragedia. E
ho cercato di allevarli nella
normalità. Loro ancora oggi
parlano del padre come se fosse
qui accanto. Credo che siano
sereni e non mettono certo in
rapporto il gioco del calcio con
quello che è accaduto. Poi, non
esageriamo, allora avrebbero
dovuto odiare gli inglesi...". I
miei nipoti, i figli di Roberto,
abitavano con me già da allora,
quando successe la tragedia. E
ho cercato di allevarli nella
normalità. Loro ancora oggi
parlano del padre come se fosse
qui accanto. Credo che siano
sereni e non mettono certo in
rapporto il gioco del calcio con
quello che è accaduto. Poi, non
esageriamo, allora avrebbero
dovuto odiare gli inglesi...".
E quando i suoi nipoti
le chiederanno il permesso di
andare allo stadio, che cosa gli
risponderà ?
"Non ci
sarà nulla di male. Già adesso
tifano uno per I'Inter e l’altro
per la Fiorentina. Per quel che
mi riguarda, ho settanta anni e
spero che il Padre eterno mi dia
la possibilità di crescerli
ancora per un po’. Comunque, in
questi anni, grazie anche
all’impegno nell’associazione,
sono riuscito a sdoppiarmi.
Certo, il dolore resta e lo
condivido con mia moglie e la
mia famiglia, però bisogna anche
tirare avanti. Quella sera a
Bruxelles mi sono trovato lì con
un morto, d’improvviso... Però
mi sono rimboccato le maniche e
l’ostacolo credo d'averlo
superato. Altrimenti non avrei
più potuto parlare con chi mi
ricordava la morte di mio
figlio".
29 ottobre 1994
Fonte: L’Unità
© Fotografie:
Atlantide Audiovisivi - La
Nazione - Politicanews.it
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