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												Rogo del Ballarin - 
												Paolo Beni: "Impossibile 
												dimenticare" 
												38 anni fa la tragedia 
												che costò la vita a Maria Teresa 
												Napoleoni e Claudia Bisirri. 
												La storica bandiera rossoblu 
												ricorda quella tremenda giornata 
												di 38 anni fa: "Non mi resi 
												conto immediatamente della 
												portata della tragedia, quando 
												tornai a casa mia moglie mi 
												disse che aveva sentito alla 
												radio del disastro, subito dopo 
												ebbi la terribile notizia delle 
												vittime, è impossibile 
												dimenticare. Vedere oggi il 
												vecchio stadio in quelle 
												condizioni fa male, io ci ho 
												passato una vita. Il turismo 
												sambenedettese deve molto alla 
												Sambenedettese e al Ballarin. 
												Per me è un pezzo di vita. Lì 
												non ho vinto campionati ma se 
												penso all’immagine più bella 
												posso dire che è quella legata 
												all’ingresso nella vecchia fossa 
												dei leoni, bastava entrare al 
												Ballarin per avvertire quella 
												magia". Sono trascorsi 38 lunghi 
												anni ma la data del 7 giugno del 
												1981 rimarrà per sempre impressa 
												nella mente e nei cuori di tutti 
												i sambenedettesi. Il rogo del 
												Ballarin, la più grave tragedia 
												mai avvenuta in un campo di 
												calcio italiano. È un caldo e 
												festoso pomeriggio, la Samb si 
												prepara al ritorno in serie B 
												giocando contro il già 
												retrocesso Matera. Quasi 7 
												quintali di striscioline di 
												carta di giornale vengono 
												portati la stessa mattina 
												all’interno della gremitissima 
												Curva Sud che arriva a contare 
												circa 4mila persone. Ma poco 
												prima del fischio di inizio 
												accade qualcosa, forse un 
												mozzico di sigaretta, forse un 
												fumogeno e in un attimo le 
												fiamme che avvolgono i tifosi. 
												Le forze dell’ordine 
												suggeriscono a Paolo Tibertini 
												di Bologna di fischiare comunque 
												l’avvio del match ma in poco 
												tempo si scatena il panico. Il 
												bilancio è tremendo: 64 gli 
												ustionati, 11 gravi, ad avere la 
												peggio sono Maria Teresa 
												Napoleoni e Carla Bisirri 
												rispettivamente di 23 e 21 anni. 
												Le ragazze vengono 
												immediatamente trasferite al 
												Sant’Eugenio di Roma ma per loro 
												non c’è nulla da fare. Maria 
												Teresa si è arresa il 13 giugno 
												Carla 4 giorni dopo. 
												7 giugno 2019 
												 
													
													
													Fonte: Veratv.it 
													(Testo e Video)  
												Trentasette anni dal rogo del 
												Ballarin 
												Gigi Cagni: "Ho ancora quella 
												tragedia davanti agli occhi" 
												di Nazzareno Perotti 
												Abbiamo intervistato il capitano 
												della Samb di quel 7 giugno 
												1981. "Ricordo ancora quando 
												portammo a spalla le bare delle 
												due povere ragazze". Il vecchio 
												stadio adesso è abbandonato: "Me 
												lo hanno detto ma non ci 
												tornerei mai a vederlo, mi 
												farebbe troppo male". 
												  
								 SAN BENEDETTO DEL TRONTO - 
												Trentasette anni. Tanto è 
												passato da quel 7 giugno 1981, 
												da quel Samb-Matera che valse la 
												Serie B ai rossoblu di Nedo 
												Sonetti ma che viene ricordato 
												per una delle più grandi 
												tragedie mai avvenute in uno 
												stadio italiano. Oggi corre il 
												trentasettesimo anniversario di 
												quel maledetto rogo che costò la 
												vita a Carla Bisirri e a Maria 
												Teresa Napoleoni e serie ustioni 
												a decine di persone, molte delle 
												quali giovani. In vista della 
												triste ricorrenza, e per tenerne 
												vivi i ricordi, nel pomeriggio 
												del 6 giugno abbiamo 
												intervistato il capitano di 
												quella Samb. Gigi Cagni, che fra 
												pochi giorni compirà 68 anni, 
												era in campo quel giorno e dice 
												di ricordare tutto come se fosse 
												oggi, ricorda anche quando, 
												insieme ai compagni, portò in 
												spalla le bare delle due ragazze 
												e dice che oggi a rivedere lo 
												stadio non ci andrebbe: "Mi 
												verrebbe il magone". Con lui 
												abbiamo parlato anche del 
												Riviera, che qualche anno dopo 
												diventerà la nuova casa dei 
												rossoblu, e delle ultime 
												vicissitudini della Samb. Ecco 
												la nostra chiacchierata. 
												Buonasera mister. Domani, 7 
												giugno, cade il trentasettesimo 
												anniversario della tragedia del 
												Ballarin. Che ricordi hai ? 
												"Basta che mi dicano la data e 
												rivedo tutto davanti agli occhi, 
												come se lo stessi vivendo in 
												questo momento perché è stata 
												una cosa troppo forte. Noi non 
												ci siamo accorti di quello che 
												stava succedendo dal campo, 
												abbiamo rivisto tutto in 
												televisione la sera ed è stata 
												una cosa terribile. È stato 
												terribile vedere le persone che 
												si buttavano dalla curva e poi 
												sapere delle due ragazze morte". 
												Secondo te fu un errore far 
												giocare quella partita, 
												Samb-Matera ? 
												"Non so che dire. Per certe cose 
												sarebbe meglio sentire le forze 
												dell’ordine. Se non sei dentro a 
												certe dinamiche e non hai 
												esperienza di certe cose e di 
												certe emergenze è meglio non 
												dire niente. Posso dire che se 
												avessimo saputo tutto noi non 
												avremmo giocato, ma non ci siamo 
												resi conto perché l’arbitro 
												fischiò subito l’inizio della 
												partita, neanche lui se ne era 
												accorto come nessuno in campo". 
												Ricordo che neppure noi 
												giornalisti, dalla tribuna, ci 
												siamo accorti della gravità di 
												quello che stava succedendo. I 
												giorni dopo sono stati i più 
												tragici. 
												"Lo ricordo bene. Io, come 
												capitano, e insieme ai miei 
												compagni, non festeggiammo la 
												promozione di quell’anno e ci 
												ritrovammo a portare a spalla le 
												bare ai funerali delle due 
												povere ragazze. Poi andammo 
												anche a trovare gli ustionati 
												all’ospedale e fu qualcosa di 
												forte, soprattutto vedere tanti 
												giovani in quelle condizioni". 
												(Omissis…) 
												6 giugno 2018 
												
												Fonte: Rivieraoggi.it
								 
												A 35 anni dalla tragedia del 
												Ballarin, il ricordo di chi 
												c’era 
												di Simone Meloni 
												Maria Teresa Napoleoni e Carla 
												Bisirri. Sono le giovani vittime 
												di una delle giornate più tristi 
												e avvilenti del calcio italiano. 
												Sono le vittime del "rogo dello 
												stadio Ballarin", il triste 
												epitaffio della morte prematura, 
												consumatosi a San Benedetto del 
												Tronto il 7 giugno 1981, in 
												occasione di 
												Sambenedettese-Matera, gara che 
												consentì ai marchigiani di 
												conquistare l’accesso in Serie 
												B. Esattamente 35 anni fa. Una 
												festa tramutata in tragedia, un 
												popolo allegro che in una 
												frazione di tempo si è trovato 
												con le mani tra i capelli e i 
												volti sconvolti dalle lacrime e 
												dalla paura. Fiamme. Alimentate 
												dal vento. Giovani vite 
												infrante, e le bandiere rossoblu 
												che si ammainano. Titti è uno 
												storico tifoso presente in 
												quella triste giornata: 
												"Venivamo da un periodo molto 
												pesante a livello politico, per 
												la città, che negli anni 
												settanta era stata fortemente 
												segnata dalle lotte di classe, 
												come dal terrorismo - esordisce 
												- tutti noi ragazzi eravamo 
												figli di quella rabbia. La festa 
												per la Samb era un modo di 
												identificarci come piccoli 
												guerrieri, che avevano superato 
												con successo tutte queste 
												vicissitudini. Già un mese prima 
												della partita col Matera - 
												spiega - avevamo cominciato a 
												preparare i festeggiamenti. 
												Ricordo che quel giorno c’erano 
												un centinaio di sacchi 
												dell’immondizia, contenenti le 
												striscioline di carta per la 
												coreografia, messi in ogni 
												angolo della curva. La giornata 
												era caldissima, c’era un forte 
												vento di scirocco (lu arrbì, 
												come lo chiamiamo noi). L’afa 
												avvolgeva la città già alle 11 
												di mattina, quando entrammo allo 
												stadio per preparare il tutto. 
												Volevamo fare una grande cosa, 
												basti pensare che la mole di 
												carta portata all’interno dello 
												stadio arrivava sino alle 
												ginocchia. Circa 7 quintali". 
												L’ingresso delle squadre e la 
												tragedia. "Ci apprestavamo a 
												festeggiare la squadra con la 
												carta e i fumogeni, nessuno 
												pensava alle scintille. Vedevamo 
												delle piccole fiammette qua e là 
												(forse procurate da una 
												sigaretta, forse da un 
												fumogeno), ma prendemmo la cosa 
												sottogamba - racconta - cercando 
												semplicemente di spegnerle con i 
												piedi. Invece, anche a causa di 
												alcune folate di scirocco, in 
												quindici secondi l’allegria si è 
												tramutata in caos. Sì è creata 
												una sorta di piccola tromba 
												d’aria, con le carte infiammate 
												che spingevano verso l’alto. La 
												gente ha cominciato ad 
												ammassarsi, al centro e nella 
												parte inferiore. È là che le due 
												ragazze sono rimaste 
												intrappolate, senza via di fuga. 
												Travolte da una seconda folata 
												di fuoco. Come se gettassimo 
												dell’alcol in un camino. Le 
												fiamme superavano anche i dieci 
												metri. Sembrava che Dio avesse 
												preso a schiaffi il vento  
									 per 
												indirizzarlo là. La gente 
												spingeva ovunque - continua - 
												non si trovavano le chiavi del 
												cancello per entrare in campo e, 
												inoltre, i manicotti per i 
												pompieri, posti a pochi metri 
												dalla curva, erano privi di 
												acqua. Ci sono stati dei veri e 
												propri eroi, che mettendo a 
												repentaglio la propria vita 
												hanno salvato vite umane, 
												scaraventando ragazzini inermi 
												da una parte all’altra della 
												rete, come fossero sacchi di 
												patate. È stato come un 
												attentato, nessuno si aspettava 
												una simile tragedia in quel 
												contesto. Eppure oggi c’è ancora 
												chi ne porta i segni. Ricordo 
												che il resto del pubblico, ma 
												anche i carabinieri, erano a dir 
												poco attoniti". Un evento che 
												creò, per qualche tempo, una 
												frattura tra il tifo organizzato 
												rossoblu e il resto dei 
												sostenitori. "I primi tempi 
												fummo messi sotto torchio dalle 
												autorità e dall’opinione 
												pubblica - afferma - ci 
												sentivamo disprezzati, la gente 
												ci incolpava dell’accaduto e non 
												è stato facile ricucire questa 
												ferita. È stato il senso di 
												appartenenza a far crescere 
												l’Onda d’Urto (storico gruppo 
												guida del tifo rossoblu) e 
												riportarla vicino alla gente. 
												Inoltre, in quegli anni, c’era 
												un grave problema di droga in 
												città, così noi giovani 
												cercavamo di rallegrarci con la 
												Samb, anche se nel primo periodo 
												che seguì il rogo tutto ciò che 
												riguardava il calcio a San 
												Benedetto era visto quasi in 
												modo lugubre, esattamente 
												l’opposto di quello che noi 
												provavamo per la squadra. Io 
												voglio credere - sottolinea - 
												che tragedie come questa o come 
												quelle successe in mare con 
												l’affondamento del Rodi e del 
												Pinguino, abbiamo unito ancor 
												più il popolo sambenedettese". E 
												il Ballarin di oggi ? "Sono 
												sorte diverse associazioni e il 
												nostro corteo nella partita 
												della promozione in Lega Pro 
												contro la Jesina parla chiaro: 
												la storia non si demolisce. Ci 
												sono persone - dice - pronte a 
												difendere quello stadio con le 
												unghie e con i denti, 
												soprattutto chi è nato con 
												quella tragedia. Vorremmo 
												venisse riqualificato, 
												soprattutto perché i ragazzi 
												capiscano cosa sono le radici 
												del popolo rossoblu. Lì c’erano 
												i nostri padri e i nostri 
												nonni". Eppure la partita si 
												giocò ugualmente. A quel tempo 
												Remo Croci, oggi giornalista 
												Mediaset ma anche vicepresidente 
												della Fondazione Fratelli 
												Ballarin, era cronista ufficiale 
												della Samb per Radio Ponte 
												Marconi: "Non si ebbe subito la 
												percezione di quanto stava 
												accadendo - racconta - anzi 
												ricordo che all’intervallo lo 
												speaker disse che non c’erano 
												stati feriti e addirittura a 
												fine partita ci furono dei 
												festeggiamenti. Durante la 
												partita sentivamo il viavai 
												delle ambulanze, ma non era 
												chiaro il quadro della 
												situazione. Poi la sera 
												arrivarono le tragiche notizie. 
												Ricordo, alla discesa della 
												squadra in campo, Walter Zenga 
												che costantemente guardava verso 
												la Curva Sud. Subito dopo anche 
												Cavazzini fece la stessa cosa e, 
												a quel punto, l’intera tribuna 
												che allora si chiamava "Prato". 
												In curva c’erano due spazi 
												liberi e la gente che si 
												ammassava dove non divampavano 
												focolai. Il giocatore Sansone 
												prese un estintore per domare le 
												fiamme, ma il getto d’acqua era 
												troppo debole. Di recente - 
												svela - ho parlato con 
												Tubertini, l’arbitro di quella 
												partita, e mi ha confermato che 
												nessuno pensava la situazione 
												fosse così drammatica. Una 
												piccola curiosità: quel giorno, 
												aggrappato alle grate, ricordo 
												Patrizio Peci, ex esponente 
												delle Brigate Rosse, il cui 
												fratello, Roberto, verrà rapito 
												esattamente tre giorni dopo (e 
												ucciso il 2 luglio successivo 
												n.d.r.)". Paolo, invece, altro 
												tifoso presente quel giorno, 
												ricorda: "Io ebbi la fortuna di 
												spostarmi verso destra - afferma 
												- fu fortuna, perché chi scese 
												verso il basso rimase ustionato. 
												Le persone si toglievano la 
												carta di dosso, gettandola in 
												basso e alimentando 
												involontariamente l’incendio. 
												Molti saltarono direttamente in 
												campo. Per quanto erano divenute 
												roventi le gradinate, mi si 
												fusero le scarpe da tennis e 
												sentivo i miei piedi bruciare. 
												Ho un flash di quel giorno: una 
												ragazza con i capelli lunghi 
												legati che, nel tentativo di 
												scappare, finì in mezzo al 
												fuoco. I capelli le si sciolsero 
												letteralmente. Non ho mai saputo 
												se si trattasse di una delle due 
												vittime. Si svolse tutto 
												velocemente, 10-15 minuti di 
												inferno". Sulla panchina della 
												Samb sedeva Nedo Sonetti, ultimo 
												allenatore a condurre i 
												marchigiani in Serie B: "Quando 
												succedono questo genere di cose, 
												il ricordo resta incancellabile 
												- sostiene - ogni attimo di una 
												tragedia che si consuma in un 
												campo di calcio è indelebile. 
												Abbiamo visto le fiamme ma non 
												sapevamo l’entità del fatto. Un 
												dispiacere che però non macchia 
												il bellissimo ricordo che ho di 
												San Benedetto". Chi oggi allena, 
												ma allora calpestava il manto 
												verde nel ruolo di calciatore, è 
												Luigi Cagni, che racconta: "Se 
												ci fossimo accorti di quello che 
												stava accadendo, non avremmo 
												giocato. La sera - continua - 
												abbiamo visto le immagini da 
												brividi. Quando siamo entrati 
												c’era la classica nebbiolina dei 
												fumogeni, c’era musica, dei 
												bambini con noi e l’arbitro ha 
												fatto giocare regolarmente". Una 
												targa al nuovo Riviera delle 
												Palme ricorda Maria Teresa e 
												Carla. La vede chiunque vada 
												allo stadio. Ogni 7 giugno le 
												rovine del Ballarin riprendono 
												forma, per far sì che nessuno 
												dimentichi la tragedia. Il mare 
												è là, a pochi metri. Ed è 
												custode di una popolazione e di 
												una storia fatta di novelle che 
												si perdono in mare e tradizioni 
												tramandate anche attraverso il 
												calcio. Perché le fiamme non 
												hanno bruciato il senso 
												d’appartenenza dei 
												sambenedettesi. Né cancelleranno 
												il ricordo di quella tragica 
												domenica di 35 anni fa. 
												8 giugno 2016 
													
													Fonte: Tuttosamb.it  
												La tragedia del Ballarin, tra 
												ricordi e nuove proposte 
												di Michele Palmiero 
												I ricordi dei tifosi e il 
												progetto della Fondazione 
												Ballarin 
												SAN BENEDETTO DEL TRONTO - Il 7 
												giugno sarà sempre un giorno 
												maledetto per i sambenedettesi. 
												Il ricordo e il dolore per la 
												più grave tragedia sportiva del 
												nostro Paese riguarda tutti: dai 
												tifosi ai cittadini, dai 
												presenti a chi quel giorno non 
												era allo stadio, o non era 
												ancora nato. Questi ricordi sono 
												dolorosi, ma allo stesso tempo 
												indispensabili perché 
												rappresentano il cemento della 
												nostra storia, della nostra 
												comunità. Come ogni anno, 
												dunque, ricordiamo Carla, Maria 
												Teresa e tutti coloro hanno 
												vissuto la tragedia del 7 giugno 
												1981. GIANNI SCHIUMA - "Il 
												ricordo più nitido che ho di 
												quella giornata è che non mi ero 
												assolutamente accorto di quanto 
												stava accadendo. Scendendo i 
												gradoni non mi resi conto del 
												pericolo, fino a quando non vidi 
												il fuoco. In un centesimo di 
												secondo capii che stavo 
												rischiando la vita. Mi tornano 
												in mente tante sensazioni del 
												momento in cui il fuoco mi 
												colpì: paura, sgomento, senso di 
												smarrimento. Mi sono ritrovato 
												all’ospedale, vicino alla stanza 
												delle due ragazze. Per 
												riprendermi da questo trauma c’è 
												voluto molto tempo. Non nego che 
												fu difficilissimo, per me, 
												tornare allo stadio: quel fuoco 
												lasciò cicatrici sul corpo e 
												sulla mente". LUIGI TOMMOLINI - 
												"Quel giorno mi ero sistemato 
												sul lato ovest della Curva Sud, 
												attaccato alla recinzione. Non 
												vidi le fiamme, perché in quei 
												momenti concitati la gente 
												scappava per evitare il fuoco, 
												schiacciandoci verso la 
												recinzione. Rischiammo davvero 
												di essere soffocati dalla ressa 
												di persone. Furono momenti 
												tragici, per circa un anno 
												andare allo stadio non fu la 
												stessa cosa. Con il passare 
												degli anni, però, la gente 
												sembrava quasi essersi 
												dimenticata di 
												quell’avvenimento, della morte 
												di due ragazze. Nel 2010, a 29 
												anni dal rogo, decisi di 
												realizzare un video che 
												pubblicai il 13 maggio: Carla e 
												Maria Teresa non dovevano essere 
												dimenticate. L’anno successivo 
												conobbi la madre di Maria 
												Teresa, con la quale sono 
												rimasto in contatto. Il giorno 
												in cui avrei dovuto incontrarla, 
												nel vederla camminare verso di 
												me, dissi le uniche due parole 
												che avevo in mente: "Maria 
												Teresa". La madre si commosse, e 
												mi abbracciò. In quell’abbraccio 
												vidi come un tentativo di 
												stringersi ancora alla sua amata 
												figlia. A pensarci oggi, ho 
												ancora la pelle d’oca. Di Carla 
												Bisirri, invece, ho un ricordo 
												ancora più lontano. Da bambino 
												accompagnavo spesso mia madre in 
												una parruccheria, dove Carla 
												lavorava come apprendista. 
												Ogni volta, per farmi 
												sentire a mio agio, si 
												avvicinava a me e mi accarezzava 
												i capelli. Già a 15 anni 
												mostrava una maturità insolita 
												per una ragazza. Porterò sempre 
												nel cuore le sue carezze". 
												EMIDIO MANGIOLA - "Dopo tutti 
												questi anni i miei ricordi di 
												quel giorno si soffermano sempre 
												su un particolare: la velocità 
												con cui tutto è accaduto. Era 
												una giornata di festa, allo 
												stadio c’era euforia per il 
												grande risultato raggiunto. 
												Tutto accadde da un momento 
												all’altro: all’inizio sembrava 
												una sciocchezza, poi una 
												maledetta folata di vento ha 
												provocato la tragedia. Ancora 
												oggi quei pochi secondi con cui 
												passammo dalla festa alla paura 
												mi fanno venire i brividi". A 
												conclusione di questo doloroso 
												viaggio, la parola va a Remo 
												Croci, fautore della Fondazione 
												Ballarin: "Vogliamo che le 
												persone che hanno fatto la 
												storia del Ballarin possano 
												essere ricordate in maniera 
												istituzionale. In questo senso, 
												abbiamo in mente un progetto di 
												ampio respiro: ricordare "per 
												tappe" tutte le persone che 
												hanno fatto la storia, in 
												positivo e purtroppo in 
												negativo, dello stadio Ballarin. 
												La targa commemorativa non 
												basta, occorre un segno 
												tangibile. Quando ci sarà la 
												nuova giunta comunale noi 
												formuleremo le nostre proposte: 
												il nostro desiderio è ricordare 
												tutti, da Gigi Traini, primo 
												giocatore sambenedettese a 
												giocare in Serie A, a Rinaldo 
												Olivieri passando, ovviamente, 
												per Carla e Maria Teresa". 
												7 giugno 2016 
													
													Fonte: Noisamb.it  
												Sambenedettese, la curva della 
												morte: la tragedia dei tifosi 
												tra le fiamme 
												di Francesco Ceniti 
												La più grande disgrazia in uno 
												stadio italiano: 2 ragazze 
												uccise, 64 ustionati. Il ricordo 
												di Zenga: "Dimenticare è 
												impossibile". 
												"Come faccio a dimenticare... 
												Non c’è giorno che passi senza 
												un pensiero rivolto a quel 
												giorno, a quelle povere ragazze. 
												Una aveva la mia età. Ho quella 
												foto, la tengo nel cassetto. La 
												guardo spesso, come spesso 
												guardo il video su internet. E 
												non riesco a darmi pace. È 
												accaduto tutto così in fretta, 
												noi in campo pronti ad 
												affrontare il Matera: ci bastava 
												un punto per la promozione. Poi 
												qualcosa gira male: vedo fiamme 
												e fumo. Poco alla volta tutti 
												andiamo verso la curva: la gente 
												urla e si lancia sul prato, 
												ferendosi sul filo spinato. Come 
												faccio a dimenticare... Semmai 
												mi chiedo perché nessuno parli 
												di quella tragedia, come se 
												fosse di serie C. Una vergogna". 
												Walter Zenga fa Walter Zenga: va 
												dritto al problema senza giri di 
												parole. È stato testimone di una 
												tragedia e soffre per la memoria 
												perduta in un Paese pronto a 
												indignarsi per qualunque cosa. 
												"Basta fare un post su Facebook, 
												un tweet. Scrivere "Je suis 
												Paris"... Tutto bello per 
												carità. A me, però, sa 
												d’ipocrita. Mentre parlo con lei 
												il mio preparatore chiede 
												sottovoce "Ma cosa è accaduto a 
												San Benedetto ?". Questo è il 
												problema, non si può 
												sbianchettare una giornata così. 
												Fa male a chi c’era e fa male a 
												chi cresce senza avere coscienza 
												di quello che è stato. E allora, 
												parliamo del Ballarin...". IL 
												ROGO - Parliamone. La Samb sta 
												per ritornare in B dopo una 
												stagione. In città si discute 
												solo di questo. Anche Carla 
												Bisirri, parrucchiera di 21 
												anni, e Maria Teresa Napoleoni, 
												segretaria di 23, si fanno 
												coinvolgere. C’è chi sussurra 
												che quella del 7 giugno è stata 
												la loro prima volta allo stadio. 
												Forse è così, forse no. Non 
												cambia nulla. Di sicuro comprano 
												il biglietto e con gli amici 
												varcano i cancelli 2 ore prima 
												della gara. Fa caldo, ma alle 15 
												i 3500 posti della curva sud 
												sono già occupati. E la gente 
												continua a entrare. "Faranno una 
												coreografia speciale", è il 
												passaparola. Anche per questa 
												ragione le forze dell’ordine 
												decidono di sbarrare i cancelli: 
												ingressi e uscite chiuse a 
												chiave. Scelta fatale. Ore 16 e 
												57: squadre in campo. Si alzano 
												migliaia di cartoncini colorati. 
												Poi i fumogeni rossi e blu 
												nascondono la Sud. 
								 
												Tutto è pronto per la partita. E 
												la festa. All’improvviso un fumo 
												nero attira l’attenzione. Non è 
												previsto. La curva si divide 
												come il mar Rosso. Ma non c’è 
												acqua, c’è il fuoco. I 
												cartoncini iniziano a bruciare, 
												le fiamme avanzano in un baleno 
												trovando nuova linfa gradino 
												dopo gradino. Le persone cercano 
												riparo, ma le uscite sono 
												lucchettate. Allora risalgono 
												verso l’alto, si ammassano. E 
												qui il Ballarin compie un mezzo 
												miracolo: a differenza 
												dell’Heysel, le mura non cedono 
												e resistono alla forza d’urto. 
												Sarebbe stata una mattanza, con 
												voli nel vuoto di oltre 15 
												metri. Chi sta in basso è 
												circondato come un topo, l’unica 
												fuga è il campo: c’è da 
												scavalcare la rete, affrontare 
												il filo spinato. Non tutti ci 
												riescono. Nella calca, chi perde 
												l’equilibrio finisce dritto nel 
												rogo. Accade a 3 donne e un 
												bambino. Nel video disponibile 
												sul web si vedono gli istanti 
												più tragici: Carla e Maria 
												Teresa come torce umane, mentre 
												un’anziana cerca riparo nei 
												bagni. E c’è il bimbo di 10 
												anni, circondato dal fuoco. La 
												sua vita sembra segnata, poi 
												arriva un angelo. Non dal cielo, 
												ma dalla curva. Un finanziere in 
												borghese si lancia nelle fiamme, 
												solleva il ragazzino e lo 
												riporta tra i vivi. L’inferno 
												dura meno di 10’, il bilancio è 
												drammatico: 3 persone in 
												condizioni gravissime, poi ci 
												sono 64 ustionati e una 
												quarantina di altri feriti. La 
												curva si svuota: metà della 
												gente torna a casa da 
												sopravvissuta, l’altra resta a 
												vedere il match. Tra loro c’è 
												pure Roberto Peci, ex calciatore 
												e fratello del pentito Patrizio. 
												Tre giorni dopo sarà rapito 
												dalle brigate rosse, in una 
												città ancora sotto choc, e il 3 
												agosto ucciso per vendetta. Ma 
												questa è un’altra storia. 
												PROPOSTE - "Abbiamo giocato. Non 
												pensavano fosse accaduto 
												qualcosa di irreparabile. Alla 
												fine lo 0-0 ci bastò per andare 
												in B, ma nessuno festeggiò. Poi 
												morirono le ragazze...". Zenga 
												abbassa la voce, non va avanti. 
												Carla e Maria Teresa arrivano in 
												ospedale coscienti, ma con 
												ustioni devastanti per i vestiti 
												sintetici squagliati sulla 
												pelle. La prima a cedere è Maria 
												Teresa: smette di respirare il 
												13 giugno. Quattro giorni dopo 
												stesso destino per Carla. 
												Resiste e si salva la terza 
												donna. Sono passati 35 anni, il 
												Ballarin è stato abbandonato nel 
												1985: ora il Comune lo vuole 
												abbattere e riqualificare 
												l’area. Zenga ritrova la voce. 
												"Non entro in questioni 
												politiche. Certo, mi aspetterei 
												un minimo d’attenzione. Demolire 
												il vecchio stadio ? Fate pure, 
												ma vogliamo lasciare un’area per 
												ricordare le ragazze morte ? Che 
												so, una stele o una targa. 
												Sarebbe il minimo, dovrebbe 
												essere un impegno morale. Altro 
												che post su Facebook". Anche 
												Gigi Cagni la pensa così. A San 
												Benedetto lo chiamano ancora 
												"capitano". Quel 7 giugno 
												indossava la fascia, come ha 
												fatto per diverse stagioni. "Non 
												si può spiegare con le parole 
												quello che abbiamo vissuto. 
												Ognuno ha i suoi ricordi e un 
												sentimento amaro che non va più 
												via. Mi disturba parecchio la 
												cosa del Ballarin, pensare che 
												si possa fare della speculazione 
												con nuovi edifici non riesco a 
												capirlo. Perché non si 
												costruiscono dei campi per i 
												ragazzi e si lascia qualcosa a 
												ricordo della tragedia ? 
												Altrimenti davvero è tutto senza 
												senso". SUPERSTITE - Il finale 
												lo affidiamo alle parole di 
												Luigi Tommolini. Il 7 giugno 
												1981 aveva 12 anni: con la sua 
												bandiera se ne stava nella parte 
												alta della curva. Per preservare 
												la memoria di quella tragedia ha 
												caricato sul web il video 
												(quello di cui parla Zenga) del 
												rogo. Quasi 10’ da guardare in 
												apnea. "Quando le persone hanno 
												iniziato a spingere dalla mia 
												parte - racconta - ho creduto di 
												morire. Vedevo il vuoto sotto di 
												me. Per fortuna il muro ha 
												retto. Il fuoco non lo vedevo, 
												ma neppure chi era vicino si 
												rendeva conto di quello che 
												accadeva. Le fiamme avanzavano 
												controsole, quasi invisibili. 
												Non si trovavano le chiavi delle 
												porte e gli idranti erano senza 
												acqua... Ero piccolo, non ho 
												capito subito la gravità dei 
												fatti, ma rammento un 
												particolare: dopo la gara scesi 
												in campo, non c’erano 
												festeggiamenti. Ma scesi lo 
												stesso, forse per esorcizzare la 
												paura. Quando mi girai verso la 
												curva, vidi al centro una 
												chiazza nera, Restai muto, col 
												cuore in gola. Credo sia giusto 
												ricordare sempre le vittime e i 
												feriti. Si parla di abbattere lo 
												stadio, ma dico: è così 
												difficile dedicare una via o una 
												piazza a Carla e a Maria Teresa 
												?". Già, è davvero così 
												difficile ? 
												5 marzo 2016 
												
												Fonte: Gazzetta.it
						
				
										
										
												 
													
													
														| 
												TVP Italy 7.07.2015 
												Vita Vera: "Stadio Ballarin, il 
												rogo del 1981" 
														In studio: Antonella Roncarolo 
												(Insegnante e giornalista) - 
												Luigi Tommolini (Reduce Ballarin 
												7.06.1981) |  
												Rogo Ballarin 30 anni fa: salvo 
												per miracolo 
												di Marco Olivieri 
												Guardatemi a 13 anni: 
												pantaloncini corti blu, 
												maglietta blu a righe 
												orizzontali bianche, nella prima 
												foto a sinistra in caduta libera 
												dal recinto della curva sud del 
												"Ballarin" (che botta alla 
												schiena !)… Sentivo già le 
												fiamme avvicinarsi e di fronte 
												al muro della folla impazzita 
												l’unica via di salvezza per un 
												adolescente era scavalcare ! In 
												realtà il poliziotto sembra 
												aprire le braccia per prendermi: 
												mi butto ma lui rimane a braccia 
												aperte come un idiota… Subito mi 
												alzo (seconda foto) e guardo uno 
												spettacolo da brividi… Ancora 
												oggi… (Omissis) 
												18 giugno 2011 
												 
													
													Fonte: Marcolivieri.it  
												Stadio Ballarin: 7 giugno 1981, 
												per non dimenticare 
												di Benedetto Marinangeli 
												SAN BENEDETTO - La spiaggia era 
												già gremita di turisti. I 
												"pappagalli" erano già in cerca 
												delle prime prede estive, le 
												prime tedesche, due gemelle di 
												Bergamo, le francesine. Ma la 
												Samb è la Samb. "Bella di babbo, 
												ci vediamo dopo cena. Forse. La 
												Samba torna in serie B. Non ci 
												sono per nessuno !". Inizia così 
												la domenica del 7 giugno 1981 
												per un gruppo di ragazzi 
												sambenedettesi. È il grande 
												happening di tutti coloro che 
												hanno nel cuore i colori 
												rossoblu. Già dalla mattina il 
												lungomare e le vie cittadine si 
												riempiono di auto, camion, ed 
												anche trattori con a bordo gente 
												esultante. Il mitico "Frangì di 
												Barabba" ha tirato fuori la 
												tromba d’ordinanza, quella dei 
												tempi migliori. Classico 
												appuntamento al Chicco d’Oro e 
												poi corteo rossoblu verso il 
												Ballarin. Passa un camion con 
												alcune persone. "Suvete, ieme 
												!". Lasciamo il gruppo e si 
												sale. È tutto un coro: "Samba, 
												Samba". Giro lungo, si passa 
												sotto la curva sud, ecco i 
												distinti, con le persone sporte 
												dal parapetto ad applaudirci, la 
												curva nord, la tribuna. Ed alla 
												fine si torna al "Tempio del 
												Tifo": la Sud del Ballarin, la 
												Fossa dei Leoni. Zenga, Tedoldi, 
												Cavazzini, Schiavi, Bogoni, 
												Cagni, Caccia, Ranieri, 
												Perrotta, Colasanto, Speggiorin. 
												È la Samb di Nedo Sonetti che 
												torna in serie B dopo solo un 
												anno di inferno in C1. La terza 
												promozione della storia. Si 
												entra al Ballarin. L’avversario 
												di turno è il Matera, già 
												retrocesso, con "Baffone" 
												Casiraghi (eloquente la figurina 
												Panini) tra i pali. Una 
												passeggiata di salute, i giochi 
												sono fatti. Classico posto, in 
												alto rispetto ai tamburi già 
												belli e allineati. È tutto 
												pronto per la serie B. Fumogeni, 
												carta, tanta, troppa, sui 
												gradoni. Che la festa abbia 
												inizio. Il mitico Sciarretta (lo 
												speaker del Ballarin) ha già 
												lanciato il classico spot: 
												"Bulova Acutron, l’orologio 
												dell’era spaziale, Gioielleria 
												Fenocchi vi offre le formazioni 
												che tra poco scenderanno in 
												campo". Cielo sereno, 
												temperatura estiva, classica 
												brezza di mare. Il massimo per 
												una festa. Ed invece ecco, 
												all’improvviso un caldo 
												"strano", troppo. Il fuoco si 
												alza in piena curva. Che sta 
												accadendo ? È un fuggi fuggi 
												generale. Il caos totale. Perdo 
												la maglia e resto con solo le 
												bermuda. È un attimo. Il 
												cancelletto della curva sud è 
												chiuso, non si trovano le 
												chiavi. C’è chi si arrampica 
												sulla rete di recinzione, chi va 
												controvento saltando le fiamme. 
												Nessuno si accorge della 
												tragedia che si sta consumando. 
												Il tempo scorre inesorabile, 
												sembra eterno. Ed invece, tutto 
												dura un attimo. Nessuno si rende 
												conto di ciò che è realmente 
												accaduto. Anzi, la partita 
												inizia e si torna a fare tifo: 
												"Samba, Samb. Torneremo in serie 
												B". Ma Sciarretta inizia una 
												impressionante litania: "Il 
												signor X è desiderato all’uscita 
												della tribuna, la ragazza Y è 
												attesa dai genitori fuori dai 
												distinti, il bambino Z (che poi 
												tanto bimbo non è perché al 
												secondo anno di Liceo Classico, 
												il quarto conteggiando i due di 
												ginnasio - ndr) è atteso dalla 
												mamma fuori dagli spogliatoi". È 
												un continuo. Da dentro la curva 
												sud non si percepisce la 
												tragedia. Finisce 0-0. La Samb 
												torna tra i cadetti. Esco 
												esultante dal Ballarin e la 
												prima persona che incontro è mia 
												sorella, la più grande, con mio 
												fratello, il più piccolo. "Siamo 
												in serie B" gli urlo esultante. 
												La vedo bianca in volto. Era ai 
												distinti, aveva visto tutto. Non 
												mi risponde. Mi guarda con le 
												lacrime agli occhi. Allora, 
												soltanto allora, forse, mi rendo 
												conto di ciò che era accaduto. 
												La tragedia ! Nell’incendio del 
												Ballarin sono morte due ragazze: 
												Maria Teresa Napoleoni e Carla 
												Bisirri, decine di tifosi 
												ustionati, di tutte le età. E 
												sono passati 29 anni, quasi 
												un’eternità, ma il ricordo è 
												sempre vivo e non mi 
												abbandonerà. Mai. 
												7 giugno 2010 
												 
												
												Fonte: Gigicagni.it  
												7.06.2011: E nemmeno noi avremmo 
												giocato. Non riesco a 
												dimenticarmi quel giorno e 
												quelli seguenti sia per il 
												funerale che per la visita alle 
												persone ustionate". 
												
												Luigi Cagni 
												(Capitano Sambenedettese 
												1980-1981) 
												28.02.2011: "Anche io quel 
												giorno ero lì. Mi ritengo molto 
												fortunato perché in quel giorno, 
												ed avevo 16 anni, stavo 
												lavorando in un ristorante e 
												quindi allo stadio arrivai poco 
												prima che iniziasse la partita. 
												La curva era gremitissima e 
												quindi rimasi in basso vicino la 
												recinzione, non potendo occupare 
												la mia posizione solita. Ricordo 
												che vidi una folla oceanica 
												iniziare a correre e saltare 
												verso l’uscita, altri a cercare 
												di sfondare e saltare la 
												recinzione, altri ad imprecare 
												contro i carabinieri presenti 
												per far aprire quella porticina 
												che dava sul campo. Io per 
												alcuni momenti rimasi immobile, 
												non riuscivo a capire cosa stava 
												succedendo anche perché erano 
												accesi molti fumogeni colorati. 
												Man mano che la folla usciva mi 
												resi conto che c’era del fuoco 
												ed anch’ io riuscii ad uscire. 
												Dopo diverso tempo la partita 
												iniziò ricordo che fu una 
												partita strana sicuramente 
												condizionata anche da ciò che 
												era successo. Sinceramente io e 
												molti altri presenti abbiamo 
												capito solo molto dopo ciò che 
												era veramente successo 
												altrimenti forse non sarei 
												rientrato a vedere la partita. 
												
												Marco (Tifoso Sambenedettese) 
												1 marzo 2011: "La più brutta 
												esperienza mai vissuta in un 
												campo da calcio". Cercavamo di 
												prendere al volo le persone che 
												si lanciavano dalla rete, 
												giocammo quella partita senza 
												sapere delle vittime. Fu davvero 
												una tragedia e anche l’inizio di 
												un calvario per un grande 
												presidente come Ferruccio 
												Zoboletti". 
												
												Antonio Pigino 
												(Secondo Portiere Sambenedettese 
												1980-1981) 
												9 giugno 2010: "Avevo 10 anni, 
												quel giorno, ed ero in Curva con 
												mio padre. Per pura fortuna in 
												quel momento ci trovavamo in 
												basso, attaccati alla rete, 
												proprio in corrispondenza 
												dell’ingresso esterno, forse 
												eravamo appena arrivati. Ricordo 
												il volto preoccupato di mio 
												padre che guardava verso il lato 
												est della curva (io non riuscivo 
												a vedere niente). Poi una 
												ragazza corre verso di noi con 
												le scarpe in fiamme e un signore 
												che spegne il fuoco con un 
												giubbetto. Usciamo in fretta 
												fuori, per poi rientrare poco 
												dopo, ma nella curva opposta. 
												Grazie per aver ricordato questo 
												triste capitolo di storia della 
												Samb nel Suo Blog". 
												
												Nerone 
												(Tifoso Sambenedettese) |