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SALVATORE MOSCHELLA
www.saladellamemoriaheysel.it   Sala della Memoria Heysel   Museo Virtuale Multimediale
Salvatore Moschella 30.01.1994
  Pagine della Memoria     Morire di Calcio     Superga 4.05.1949     Tragedia Stadio "F.lli Ballarin"  

 

Il giovane, che andava al Nord per cercare lavoro, picchiato a sangue dagli ultrà sul Siracusa-Roma

Terrore e morte sul freno dei tifosi

Ragazzo fugge dal finestrino, dilaniato dalle ruote

di Fabio Albanese e Massimo Gramellini

CATANIA - Aggredito, malmenato, segregato dentro uno scompartimento, schiacciato dalle ruote del treno. Così è morto Salvatore Moschella, 22 anni, un giovane disoccupato di Melilli, che stava andando al Nord per cercare un lavoro. Domenica sera era sull'espresso Siracusa-Roma delle 18.50, lo stesso utilizzato da un gruppo di tifosi del Messina al ritorno dalla partita con il Ragusa. Un pareggio sofferto per i tifosi messinesi, che hanno sfogato la loro rabbia nel viaggio di ritorno. Salvatore si era appena seduto in uno scompartimento quando, assieme ad una ragazza, è stato cacciato fuori da un gruppo di quei tifosi. Alle proteste sono seguite le botte. Per sfuggire agli aggressori è saltato giù, attraverso il finestrino. Forse pensava di potersela cavare con qualche graffio, oppure ha agito d'istinto. Ma quel salto lo ha portato dritto sotto le ruote del treno, verso la morte.

1 febbraio 1994

Fonte: La Stampa

Muore per sfuggire agli ultrà

di Turi Cageggi

CATANIA - Un disperato tentativo di fuga da un treno in corsa, un tragico gesto per sottrarsi alla violenza di un gruppo di tifosi. Un salto dal finestrino e finisce sotto tonnellate d'acciaio, tra i binari della stazione di Acireale. Il corpo martoriato è stato trovato domenica notte. Così è morto Salvatore Moschella, 22 anni, originario di Melilli, in provincia di Siracusa, finito quasi per caso su quel treno maledetto e in mezzo a quel gruppo di ultras feroci. Una vicenda allucinante maturata lungo il tragitto da Siracusa ad Acireale, oltre tre ore di viaggio, un viaggio da incubo su un treno preso d'assalto dagli ultras del Messina reduci dalla partita. Salvatore Moschella, su quel treno partito in serata da Siracusa, e diretto a Roma, era salito per andare a Bologna, dove un amico gli aveva promesso che lo avrebbe aiutato a cercare un lavoro. Un posto da ragioniere a lungo cercato a Melilli. Nulla a che fare insomma né con la partita, né con i tifosi. Niente a che vedere con quei cinque tifosi del Messina arrestati domenica notte e accusati di omicidio preterintenzionale. Un manipolo che faceva parte di una comitiva di una quarantina di persone che avevano seguito la squadra pagando quarantamila lire. Tra gli "irriducibili" arrestati ci sono due ragazzi di 16 e 17 anni, e con loro tre giovani di poco più grandi: (Omissis), 26 anni, (Omissis), 24, già sospeso dall'ingresso negli stadi italiani per un anno e (Omissis), 20 anni. A Siracusa, il viaggio della paura era iniziato alle 18.50. I tifosi del Messina, di ritorno da Ragusa dove la loro squadra aveva pareggiato, erano saliti sul treno visibilmente agitati, in vena di bravate e di arroganza. I guai erano iniziati già prima della partenza: alcuni di loro, trovati senza biglietto, avevano minacciato il controllore che aveva fatto intervenire la polizia. Identificati i tifosi, il treno è potuto partire. Secondo la ricostruzione degli investigatori, però, il gruppetto degli arrestati aveva cominciato a molestare i viaggiatori di una delle carrozze. In queste scorribande avevano incontrato anche Moschella, seduto in uno scompartimento assieme ad una giovane immigrata e ad un militare di leva. Chissà perché, i tifosi volevano proprio quello scompartimento tutto per loro, e hanno costretto i tre ad alzarsi e ad andare via. Prima di allontanarsi, Moschella ha cercato di ribellarsi a quell'assurda pretesa, ma i cinque lo hanno picchiato. Pugni e calci. Sembrava finita lì, ma gli ultras, non ancora paghi, nel frattempo avevano preso di mira con insulti e frasi pesanti una ragazza, rea di parlare a un telefono cellulare. E un nuovo, generoso intervento del ragazzo aveva sancito la sua condanna. Questa volta i cinque hanno circondato Moschella e lo hanno pestato brutalmente. E solo l'intervento di alcuni passeggeri lo ha salvato una prima volta. Ma di lì a poco, molta gente, esasperata proprio dall’atteggiamento degli ultras, ha preferito scendere a Catania. E anche Salvatore, stufo e un po' impaurito, ha cambiato carrozza. Ma sul treno, a quel punto, è scattata la caccia all'uomo. I cinque lo hanno cercato, trovato e trascinato in una carrozza semideserta. Lo hanno rinchiuso in uno scompartimento e hanno cominciato a picchiarlo selvaggiamente. Terrorizzato, Moschella ha cercato di scappare, ma non c'è stato nulla da fare. Poi, la disperata idea di lanciarsi. Un testimone ha raccontato alla polizia di aver visto il giovane aggrappato alla balaustra esterna del finestrino qualche chilometro prima della stazione di Acireale. Lì il treno stava già rallentando in vista della fermata successiva. La velocità era di 50-60 km l’ora. Il giovane ha pensato che poteva farcela, che poteva liberarsi di quell'incubo, ma il suo salto è finito contro un palo che costeggia la ferrovia, il suo corpo risucchiato sotto il treno. L'allarme è scattato pochi minuti dopo, quando uno dei testimoni della vicenda è sceso in stazione e ha raccontato tutto. Immediate sono iniziate le ricerche, e il cadavere è stato trovato in meno di un'ora. Nel frattempo il treno ha proseguito il suo viaggio verso Messina, distante ancora ottanta chilometri, dove è arrivato quasi due ore dopo. Qui i tifosi sono stati fermati e interrogati dagli agenti della polizia ferroviaria. Per cinque di loro il fermo è stato convalidato dai magistrati messinesi Vincenzo Romano e Antonino Spadaro. Ora gli atti dell’inchiesta saranno trasmessi per competenza alla procura di Catania. E mentre a Messina i club organizzati della tifoseria rinnegavano i cinque ed esprimevano rammarico per quella violenza, ieri mattina il padre di Salvatore riconosceva il cadavere del figlio nell’obitorio di Acireale. A Melilli, invece parenti e amici sconvolti dalla tragedia hanno raccontato che Moschella, figlio di un sindacalista della Cgil di Siracusa, era un ragazzo tranquillo, maturo, per niente attaccabrighe, ma non disposto a subire aggressioni. Il calcio non lo interessava, piuttosto preferiva la musica e le discoteche. Salvatore in un primo tempo aveva deciso di partire per Bologna nella mattinata di ieri, poi invece aveva cambiato idea e aveva deciso di viaggiare domenica notte. La notizia ha scosso il mondo sportivo siciliano e un appello per far osservare un minuto di silenzio negli stadi siciliani domenica prossima è stato lanciato da operatori dello sport nel corso della trasmissione "Sport replay" di Telecolor: "E' giusto e necessario - ha detto l’attaccante del Messina Nino Naccari, soprattutto in vista di un incontro come Messina-Catania, previsto per domenica".

1 febbraio 1994

Fonte: La Repubblica

Aveva 22 anni: picchiato a sangue sul Siracusa-Roma dopo che aveva difeso una ragazza dai tifosi

Muore per sfuggire alla furia degli ultrà

Si lancia dal finestrino del treno, le ruote lo dilaniano

di Fabio Albanese

CATANIA NOSTRO SERVIZIO - Aggredito, malmenato, segregato dentro uno scompartimento, schiacciato dalle ruote del treno. Così è morto Salvatore Moschella, 22 anni, un giovane disoccupato di Melilli. Domenica sera era sull'espresso Siracusa-Roma delle 18.50, lo stesso utilizzato da un gruppo di tifosi del Messina al ritorno da una partita di calcio del campionato nazionale dilettanti, il derby con il Ragusa. Un pareggio stretto e sofferto per i tifosi messinesi, che hanno sfogato la loro rabbia nel viaggio di ritorno. Salvatore si era appena seduto in uno scompartimento quando, assieme ad una ragazza, è stato cacciato fuori da un gruppo di quei tifosi: "Qui dentro ci stiamo noi", gli hanno detto, spingendolo fuori. Alle proteste, i primi spintoni, le prime botte. Doveva essere il treno della speranza per Salvatore, che andava al Nord a cercare un lavoro, in breve è diventato un tormento, fino ad ucciderlo. Un viaggio d'inferno, lungo la linea che da Siracusa, attraverso Catania, conduce a Messina e da lì in Continente. Dopo essere stato costretto a lasciare il proprio posto, Salvatore ha poi avuto il torto di difendere una bella ragazza di vent'anni, un'altra passeggera del treno, presa di mira dagli ultras. Alla stazione di Catania c'è stato l'intervento delle forze dell'ordine. La brutta avventura del giovane di Melilli sembrava essersi conclusa lì. Ma quando il treno è ripartito, i tifosi hanno ricominciato i loro raid. Sono stati lunghi minuti di terrore su quel treno. Il gruppo di tifosi nel frattempo si ingrossava: "Che vuoi fare, sei solo, puoi solo subire", gli dicevano in dialetto. E Salvatore subisce, di nuovo, fin quando può. Lo circondano, e giù botte, senza che nessuno possa intervenire. Non più i pochi altri passeggeri dell'espresso per Roma, non il personale delle Ferrovie, misteriosamente assente. Tutto in appena quindici chilometri, da Catania ad Acireale. Un chilometro e mezzo prima della stazione, dove la linea ferrata attraversa un terreno e dove il treno normalmente diminuisce la velocità, fino a sessanta all'ora, la disperata soluzione di Salvatore Moschella: saltare giù nel buio della notte, attraverso il finestrino, pur di fuggire dalle percosse e dalle ingiurie di quel gruppo di esagitati. Forse pensava di poter cavarsela con qualche graffio, oppure ha agito d'istinto, in preda alla disperazione. Ma quel salto lo ha portato dritto sotto le ruote del treno, verso la morte. Alla stazione di Acireale sono stati gli stessi viaggiatori a dare l'allarme. Mezz'ora dopo, la polizia ha trovato il cadavere di Salvatore. A Messina, la polizia era già al binario quando il treno è arrivato; gli scalmanati tifosi vengono tutti identificati, qualcuno è portato in questura per accertamenti. Per il momento sono cinque i fermati: (Omissis), 26 anni, (Omissis), 24 (già diffidato dall'entrare negli stadi), (Omissis) di 20 e due minori di 16 e 17 anni. Sono accusati di omicidio preterintenzionale. A loro la polizia è arrivata grazie alle testimonianze di alcuni dei passeggeri presi di mira dai teppisti. Una ragazza di colore, un militare in licenza, altri due viaggiatori che si trovavano nello scompartimento accanto a quello dove si è consumata la tragedia. Le forze dell'ordine stanno ancora cercando la giovane donna che Moschella ha difeso dagli insulti. A Catania molti viaggiatori avevano preferito abbandonare il treno pur di non proseguire il viaggio in quelle incredibili condizioni. Salvatore Moschella aveva disperato bisogno di un lavoro, e avrebbe dovuto partire ieri mattina. Invece aveva deciso all'ultimo momento di salire su quel treno, la sera prima. Qualcuno alla stazione di Catania lo ha visto spostarsi in un altro vagone. Sono i suoi ultimi attimi di vita perché i tifosi lo scovano, lo trascinano in una carrozza semideserta e lo rinchiudono dentro uno scompartimento vuoto, dove lo riempiono nuovamente di botte. È a quel punto che nel ragazzo scatta la terribile decisione di buttarsi dal treno. Ieri mattina è stato il padre, un sindacalista della Cgil di Siracusa, a riconoscere in ospedale i martoriati resti del figlio.

1 febbraio 1994

Fonte: La Stampa

"Anche nei tornei minori intervenga la polizia"

MESSINA - "Se su quel treno maledetto domenica ci fossero stati due poliziotti, sicuramente quel ragazzo non sarebbe morto. Sarebbero bastati i controlli che la polizia faceva quando il Messina era in serie B o in serie C e che invece ora non esistono perché la squadra gioca nel campionato dilettanti". Nino Martorana, titolare del "Bar delle rose" in piazza Castronuovo, nel centro di Messina, punto di ritrovo per i tifosi di tutta la città, è il presidente del club "Gioventù giallorossa". "Sì, sono favorevole all’impiego delle forze dell’ordine anche nei campionati minori. Prima la polizia ci seguiva lungo il percorso e sui treni nei viaggi di ritorno. Adesso invece non c'è alcuna sorveglianza". Martorana, considerato il leader della tifoseria organizzata messinese si sente sotto accusa, e sente che sotto accusa c'è l’intera Messina degli spalti e dei club: "E' una tragedia, eppure, quando ci guardiamo in faccia non riusciamo a spiegarci come possa essere successa questa tragedia". In ogni caso Martorana assicura che domenica prossima i tifosi si comporteranno bene. E domenica prossima allo stadio di Messina la squadra di casa gioca con il Catania, forse l’incontro più a rischio del campionato, vista l’accesa rivalità tra i tifosi delle due città. Oggi a Siracusa ci saranno i funerali di Salvatore Moschella. Sempre per oggi è fissata a Messina davanti al giudice per le indagini preliminari Alfredo Sicuro l’udienza di convalida dell’arresto dei tifosi: tre di loro, (Omissis), 24 anni, (Omissis), 26 e (Omissis), 20, sono chiusi in carcere. I due minorenni del gruppo, di 16 e 17 anni, sono invece in un istituto. Pare che alcuni dei tifosi, accusati di omicidio preterintenzionale, abbiano confermato le testimonianze dei passeggeri su quanto è avvenuto sul treno. T. C.

2 febbraio 1994

Fonte: La Repubblica

Grido per Salvatore

Ho voglia di gridare per Salvatore Moschella. Massacrato da cinque tifosi domenica e sotterrato mercoledì dai giornali. Ignorato, rimosso, cancellato. Molto spazio, questo sì, alla sicurezza dei treni, che sta tanto a cuore al ministro Costa. Sono quasi quattro miliardi all’anno. Vorrei si parlasse anche della sicurezza di persone normali, con una vita normale. Nel rituale balletto dell’abbiamo sempre fatto il possibile, mi chiedo come facciano a non vergognarsi Matarrese e Nizzola. Per stare a fatti recenti, qualcuno di loro ha avuto l’idea di complimentarsi col generale Di Martino, dirigente della Roma ? Dopo la guerriglia di Trigoria, ha definito i capi ultrà "la nostra forza". Tenetevela stretta, generale, lei e tutti i dirigenti del calcio italiano. Non fosse per un piccolo particolare: che quella forza è libera di andare in giro e di trasformarsi in violenza e che da 25 anni si sente dire: che ci possiamo fare, è violenta la società. Sì, ma il tifo ultrà ha il culto della violenza, sia verbale o fisica, contro le cose o contro le persone. È la violenza (degli altri) che giustifica il loro stare insieme, fare gruppo, fare manipolo. Sui grandi quotidiani (compreso questo) che hanno sotterrato la storia di Moschella c'è, in mezzo alle cialtronate, una frase giusta. Il Prefetto e capo della Polfer, Rapisarda: "Senza l’impiego sempre più massiccio della polizia, il grande calcio in Italia sarebbe già scomparso". È vero. Ne vogliamo ancora ? Non basta quella agli stadi, alle stazioni, agli autogrill, ai caselli autostradali ? Ci costa (dati forniti dal Siulp) sei miliardi a domenica, carburante escluso. Fanno più di 200 miliardi a campionato. Altro che i treni di Costa. Altro che aumentare i biglietti per la copertura assicurativa. Altro che schedare entro marzo (non doveva già essere fatto da anni ?) i tifosi. Altro che inibire gli ingressi allo stadio e le trasferte, egregi signori, e benedetto il giorno in cui capirete di aver sbagliato tutto e vi leverete di torno, ma intanto fate qualcosa di serio. Smentite il Siulp: dice che le società foraggiano (biglietti e soldi) le frange del tifo. Qual è la verità ? Vi ricattano ? Quante denunce sono state presentate dal calcio ? O il buon esempio, da Libero Grassi in qua, è sempre meglio che lo dia qualcun altro ? Salvatore Moschella, figlio di sindacalista, la speranza di trovare un lavoro a Bologna, pensava che prendere un treno di domenica fosse come prenderlo di venerdì. Errore. Forse gli hanno insegnato alcune cose, da piccolo. Che bisogna ribellarsi alla violenza insensata, mettersi dalla parte dei più deboli. Lo hanno picchiato in cinque: prima perché non voleva liberare uno scompartimento ai valorosi ultrà, primo tempo. Poi perché ha difeso una ragazza molestata, secondo tempo. Quando ha cambiato vagone, sono andati a cercarlo per i supplementari e la fine del match. Sempre cinque contro uno, la logica è questa. La violenza non è una bandiera, che la domenica sera si mette via. La violenza resta e non la si può coprire con nessuna bandiera. Alle mitiche eroiche curve vorrei dire a voce bassa che il solo eroe di queste sporche domeniche è Salvatore Moschella, linciato (usiamo bene le parole) e finito fuori da un finestrino. Non si sa per chi tifava. Non aveva colori. Non c'entra il bianco e il nero, il nord e il sud. C'entra la legge del branco, per cui chiunque ne è fuori è un nemico da colpire. Abbiamo visto andar giù il muro di Berlino, intere nazioni si sono dissolte. È così difficile sciogliere i Cucs, i Drughi, i Boys, la Fossa, gli ultrà di tutti i colori ? Se sì, aspettiamoci altri Moschella e altre frasi di circostanza dette da chi poteva fare molto e non ha mai fatto nulla. G.M.

3 febbraio 1994

Fonte: La Repubblica

Scarcerati i tre maggiorenni imputati per la morte del giovane gettatosi dal treno.

Gli ultras violenti dividono i giudici

Messina, sentenze opposte

di Fabio Albanese

Tribunale dei minori ha invece confermato l'arresto per omicidio preterintenzionale per i due ragazzi coinvolti nel caso.

MESSINA NOSTRO SERVIZIO - Spunta uno scontro tra giudici nell'inchiesta sulla morte di Salvatore Moschella, lanciatosi dal treno per sfuggire all'ira degli ultras del Messina. Uno decide la scarcerazione dei tre imputati maggiorenni, l'altro lascia in carcere i due minori. La vicenda giudiziaria ruota tutta attorno al reato da contestare ai cinque ultras che, con il loro comportamento, hanno costretto Moschella, 22 anni, siracusano, a scegliere la morte pur di sfuggire alle loro sevizie. Secondo il giudice per le indagini preliminari Alfredo Sicuro, (Omissis), 26 anni, (Omissis) di 24 e (Omissis) di 20 non sono responsabili di omicidio preterintenzionale ma di omicidio colposo. Quanto basta per farli uscire dal carcere, così come prevede il codice per un simile reato. Questo è accaduto ieri mattina. Ma nel pomeriggio, quando il gip del tribunale dei minori Vincenzo Romano ha preso la decisione per i due tifosi di 16 e 17 anni, è arrivato il colpo di scena: i due sono responsabili di omicidio preterintenzionale e restano dunque in cella. Due differenti decisioni, per un unico avvenimento. C'è sconcerto a Messina ma anche a Catania, dove il gip Sicuro ha nel frattempo spedito, tramite la procura, gli atti che riguardano (Omissis), (Omissis) e (Omissis), dichiarandosi "incompetente per materia e territorio". Dal dispositivo con il quale il magistrato manda a casa i tre si capisce il perché di questa decisione: "Non esiste un nesso causale - scrive il gip Sicuro - in quanto l'evento mortale non è in relazione diretta con il trauma psichico provocato dall'atteggiamento minaccioso dei tre tifosi". Dall'indagine effettuata salta fuori anche un nuovo personaggio del quale finora non si era sentito parlare. Si chiama Vittorio Catalano, un tifoso di quelli "non organizzati", come dicono gli ultras. Domenica sera era sull'espresso Siracusa-Roma e ha visto come si sono svolti i fatti. Il giovane ha raccontato ai giudici di Messina di aver salvato Salvatore Moschella dopo l'ennesimo attacco dei tifosi, quando il treno aveva già oltrepassato Catania ed era a pochi chilometri da Acireale. Catalano ha detto di aver tirato a sé Moschella e che questi, prendendo giubbotto e cappello, abbia detto: "Ho capito, me ne vado, me ne vado". La tragedia sarebbe avvenuta pochi istanti dopo. Moschella si è avvicinato al finestrino di uno scompartimento, si è appeso alla grata portabagagli e si è lanciato quando il treno, in procinto di arrivare alla stazione di Acireale, aveva rallentato la sua corsa. Salvatore, invece di finire in un campo vicino, è andato dritto sotto le ruote del treno, morendo schiacciato, all'istante. Forse proprio questo episodio, raccontato dal testimone a sorpresa, ha convinto il gip Alfredo Sicuro a derubricare l'accusa da omicidio preterintenzionale a omicidio colposo e a fargli parlare di "gesto avventato del ragazzo", di "percosse che hanno terrorizzato e hanno inciso sulla psiche del ragazzo ma che non ne hanno provocato la morte". I tre ultras, dal canto loro, hanno riconosciuto di aver più volte minacciato e poi bastonato Moschella, ma dicono di non essere stati presenti quando il giovane siracusano si è buttato dal treno. Il gip dei minori Romano, dal canto suo, la pensa diversamente e da Messina ha spedito i due minorenni nella casa di prima accoglienza di Acireale, quasi una legge del contrappasso. Domenica prossima su tutti i campi di calcio nei quali giocheranno squadre siciliane quasi certamente verrà osservato un minuto di silenzio. L'iniziativa, partita da una emittente locale, è stata accolta ben volentieri dai responsabili delle società dell'isola e aspetta solo il benestare degli organismi federali. Un piccolo segnale, comunque poco per chi aspetta giustizia per una morte così assurda.

4 febbraio 1994

Fonte: La Stampa

Ultrà assassini, anzi innocenti

di Turi Caggegi

MESSINA - I magistrati di Messina si dividono sul caso di Salvatore Moschella, il giovane siracusano morto domenica scorsa dopo essersi lanciato da un finestrino del treno Siracusa-Roma per sfuggire alla furia di un gruppo di tifosi del Messina Calcio. Con una drammatica successione, nel giro di poche ore due diversi giudici hanno dato ieri una interpretazione assolutamente opposta e contrastante del ruolo giocato dagli ultras. In mattinata è arrivata la decisione del gip Alfredo Sicuro di scarcerare i tre maggiorenni coinvolti nella tragica fine di Moschella e arrestati lunedì mattina. Il giudice aveva ritenuto che non ci fosse rapporto di causa-effetto tra l’aggressione dei tifosi e la morte del ragazzo, derubricando di fatto l’accusa da omicidio preterintenzionale in omicidio colposo, punito con un massimo di sei anni di carcere invece di diciotto previsti per l’altro reato. Nel pomeriggio, con motivazione esattamente opposta, il gip dei minori Giuseppe Romano invece confermava l’accusa formulata in origine nei confronti degli altri due componenti del gruppo, di 16 e 17 anni, arrestati lo stesso giorno. Così, mentre (Omissis), 24 anni, (Omissis), 26 e il ventenne (Omissis), i tre anziani della banda che ha terrorizzato il treno, tornavano a casa liberi, i due giovanissimi venivano trasferiti nella casa di prima accoglienza di Acireale. Nell’ordinanza di scarcerazione, il giudice Sicuro ricostruisce le fasi di quel tragico viaggio, e conferma che Moschella era stato picchiato con calci e pugni per due volte nel tragitto da Siracusa a Catania: prima per aver protestato quando gli ultras avevano preteso che cambiasse scompartimento, poi quando aveva preso le difese di una ragazza tunisina molestata dal gruppo. Quindi conferma anche la caccia all’uomo scattata sul treno dopo la stazione di Catania, quando molti passeggeri erano scesi e lo stesso Moschella aveva cambiato carrozza per evitare problemi con la gang. E spunta il nome di un altro tifoso, Vittorio Catalano, che ha cercato di difendere il ragazzo dall’aggressione dei cinque nello scompartimento dove si era rifugiato. Secondo questa ricostruzione, prima che il gruppo lo raggiungesse, il ragazzo, terrorizzato da ciò che avrebbe potuto accadergli, aveva infilato berretto e giubbotto, e gridando "me ne vado, me ne vado", si era lanciato dal finestrino del treno in corsa. Il giudice, che parla di "gesto avventato" e di "insano gesto" del giovane, ne trae considerazioni che vale la pena riportare: "Nessun elemento in atti consente di affermare che in tale occasione le persone in questione intendessero effettivamente colpire Moschella e non solo ingiuriarlo e minacciarlo, e che anche opinando diversamente, difetterebbe comunque il nesso causale in quanto l’evento mortale non è in relazione diretta con il trauma psichico provocato dall’atteggiamento minaccioso degli accusati, ma dipende da un meccanismo causale autonomo innescato da un atto volontario dell’offeso che non può essere messo in relazione con la violenza subita, ma semmai con la prospettazione del male futuro insita nella minaccia", eccetera eccetera. Quindi il gip conclude dichiarandosi non competente per territorio (la morte del ragazzo è avvenuta vicino a Catania) e per materia, in quanto l’omicidio colposo dev'essere trattato in Pretura, e decidendo di rinviare gli atti alla magistratura catanese. Diametralmente opposte invece le conclusioni alle quali arriva il gip Romano nei confronti dei minorenni. Dopo aver fatto una ricostruzione praticamente identica a quella del collega Sicuro, il giudice Romano parla di "correttezza sotto il profilo giuridico dell’ipotesi di reato contestata agli indiziati". Infatti, spiega il magistrato usando quasi le stesse parole di Sicuro, il giovane "al momento in cui prese la tragica decisione di gettarsi dal treno in corsa, si trovava in uno stato di agitazione psichica dovuta, oltre alle percosse subite, al fatto che i cinque giovani erano tornati alla carica". Secondo il giudice Romano questo "pone in rapporto strettamente causale il comportamento dei giovani aggressori con il gesto del Moschella che ne determinò la sua morte", anche perché non era scontato che i cinque non potessero superare l’ostacolo rappresentato dal tifoso che cercava di proteggerlo dall’aggressione. Anche il gip Romano ha deciso la trasmissione degli atti al Tribunale per i minorenni di Catania.

4 febbraio 1994

Fonte: La Repubblica

Fonte Fotografia Tifosi: Polizia di Stato

Morte sul treno, stadi vietati ai cinque ultras siciliani

MESSINA - Stadi vietati per i cinque tifosi messinesi accusati di aver provocato la morte di Salvatore Moschella, stritolato dal treno Siracusa-Roma mentre tentava di sfuggire alla furia degli ultras. Per (Omissis), (Omissis) e i due minorenni il divieto durerà due anni; per (Omissis) "condanna" di tre anni: 24 anni, meglio conosciuto come "Bombolo", frequentatore di curve, (Omissis) era già finito nei guai nel marzo del '93 per gli incidenti dopo la partita Messina-Catania. Il presidente della Regione Franco Martino ha proposto che lo stadio di Messina sia intitolato al giovane morto domenica, la cui famiglia ha deciso di costituirsi parte civile. Domani le partite delle squadre siciliane cominceranno con un minuto di silenzio.

5 febbraio 1994

Fonte: La Repubblica

La famiglia del giovane morto si costituisce parte civile

Messina, stadi vietati agli "ultrà" del treno

di Fabio Albanese

MESSINA - Si costituirà parte civile al processo la famiglia di Salvatore Moschella, il giovane siracusano morto domenica scorsa per essersi lanciato da un treno, dopo le percosse di alcuni ultras. Lo ha annunciato ieri lo zio del ragazzo, Vincenzo Moschella, proprio mentre il questore di Messina, Attilio Musca, decideva di interdire l'accesso a tutte le competizioni sportive ai cinque tifosi accusati di aver provocato la morte del ragazzo. I prossimi tre anni saranno senza stadio per (Omissis), 24 anni, già recidivo. Per gli altri quattro, due dei quali sono minorenni, il divieto sarà per due anni. (Omissis), nel marzo dello scorso anno, era già stato diffidato dall'andare allo stadio e aveva appena concluso il periodo di interdizione, domenica scorsa, quando assieme agli altri quattro tifosi del Messina ha compiuto la sua scorribanda sul treno Siracusa-Roma, dopo aver assistito al derby tra la sua squadra e il Ragusa. (Omissis), assieme a (Omissis) e (Omissis), si trova in libertà dopo che il gip di Messina Alfredo Sicuro, giovedì scorso, ha deciso di derubricare il reato contestato da omicidio preterintenzionale a omicidio colposo. Restano nella casa di prima accoglienza di Acireale, invece, i due tifosi minorenni. Da Melilli, alle porte di Siracusa, la famiglia di Salvatore Moschella non vuole esprimere giudizi affrettati ma chiede comunque che si faccia rapidamente chiarezza: "Speriamo in tempi brevi - dice lo zio Vincenzo - ma vogliamo che si vada fino in fondo. Per questo ci costituiremo parte civile. Vigileremo perché la verità, qualunque sia, venga stabilita". Ieri è anche arrivata la conferma che domani, su tutti i campi di calcio dove giocheranno squadre siciliane, verrà osservato un minuto di raccoglimento. Un piccolo gesto riparatore.

5 febbraio 1994

Fonte: La Stampa

Lettera per mio figlio Salvatore

Ho ricevuto una lettera da Siracusa, una lunga lettera scritta da Giuseppe Moschella, padre di Salvatore, il ragazzo morto due domeniche fa vicino ad Acireale su un treno del tifo, il ragazzo picchiato e spinto a morire. Penso sia giusto proporne alcuni passi, dopo che Giuseppe Moschella mi ha autorizzato a farlo.

"Questo tragico episodio è stato considerato con la stessa ritualità di altri analoghi, verificatisi in precedenza. Dopo il primo clamore per l’emozione suscitata, le dichiarazioni ipocrite di facciata, tutto rimane com'era prima o anche peggio. Dico questo perché non è il clamore che pretendo attorno a questa vicenda. Anzi, fino ad oggi, malgrado diverse sollecitazioni, ho rifiutato di partecipare a trasmissioni televisive o interviste, poiché respingo da sempre la logica di un certo modo di fare informazione usando il dolore come spettacolo. Oggi mi rendo conto che devo reagire affinché la morte di Salvatore non sia stata vana e altre famiglie non siano straziate dal dolore che noi stiamo vivendo. Noi non cerchiamo vendette o rivalse, vogliamo solo giustizia. E la giustizia si è subito presentata col volto italiano ben noto: divisa, confusa, contraddittoria. La prova che non possiamo aspettarci nulla. C'è un altro aspetto che mi preoccupa più degli altri e che voglio precisare prima che mi ammazzino mio figlio una seconda volta. Qualche organo di stampa sta riprendendo alcune argomentazioni sostenute dagli avvocati difensori su una presunta neuro labilità psichica di Salvatore. Temo fortemente che questa linea si rinforzerà nel futuro, cercando di dare un'immagine di mio figlio che non è mai esistita. Salvatore è stato affetto solo da una forma di depressione che ha avuto la sua origine da un episodio ben preciso. Un incidente automobilistico ha interrotto il suo sogno di fare il militare di professione. Sognava il lavoro, l’autonomia, l’indipendenza economica e si ritrovava disoccupato. Questo era il suo tormento, che però non gli ha mai fatto venir meno la vitalità e la voglia di vivere che riusciva a trasmettere ai suoi amici. Che in questi giorni ho avuto accanto a me e che sono stati di grande conforto nel raccontarci la sua generosità e il loro modo di affrontare i problemi della società. A cominciare dal lavoro che, se è un dramma nazionale, nella nostra realtà meridionale è una tragedia. Questi erano i problemi di Salvatore e della mia famiglia. I problemi di tante famiglie normali. La nostra, da sempre, di tradizione socialista. E per questo ho educato mio figlio a quei valori di giustizia sociale, di non violenza, di difesa dei deboli. Valori che erano fortemente radicati in lui e che tante volte, antirazzista com'era, lo hanno portato a difendere le ragioni della coesistenza con gli extracomunitari residenti nella nostra città, a invitarli a pranzo in casa nostra. Ritengo assurda la sua morte, per il modo in cui è avvenuta e perché inserita in un contesto "sportivo". Salvatore non ha mai tifato. Solo un certo interesse per il basket americano, il suo preferito era Scott Pippen, andava in giro col cappellino dei Chicago Bulls. Il mondo del tifo gli era assolutamente estraneo. Questo era Salvatore. Non un altro. E oggi stiamo ancora a chiederci come sia potuta accadere una tragedia di questo genere. Noi la risposta non riusciamo a darcela e credo che non ci riusciremo mai. Ma le cose che mi fanno più rabbrividire sono le risposte che sento dagli altri. Quelle degli addetti ai lavori che hanno le risposte di sempre, che purtroppo non ci faranno mai fare un passo avanti".

Giuseppe Moschella mi ha anticipato che ieri avrebbe partecipato a "Detto fra noi": per non tacere, per non dimenticare. Perché "sempre l’ignoranza fa paura e il silenzio è uguale a morte" come canta Guccini nella canzone per Silvia Baraldini. E questo posso promettere a Giuseppe Moschella: queste pagine, per Salvatore e tutti quelli che credono nella dignità dell’uomo, contro il silenzio saranno aperte. Domani come oggi, e tutte le volte che servirà. g m

9 febbraio 1994

Fonte: La Repubblica

Tornano in carcere i tre tifosi "omicidio preterintenzionale"

CATANIA - Tornano in carcere i tre tifosi del Messina accusati di aver provocato la morte del giovane siracusano Salvatore Moschella il 30 gennaio scorso. Picchiato più volte, Moschella si era lanciato dal treno, su cui era salito per andare a cercare lavoro, nel tentativo di sfuggire ai teppisti finendo stritolato dal convoglio nel tratto tra Catania e Acireale. Il colpo di scena è arrivato ieri dai giudici catanesi, titolari dell’inchiesta per competenza territoriale. Dopo l’arresto e la scarcerazione a Messina, il gip di Catania Sebastiano Cacciatore ha emesso tre ordini di custodia cautelare per (Omissis), 26 anni, (Omissis), 24, e (Omissis), 20, su richiesta del sostituto procuratore Giovanni D' Angelo. Il provvedimento dei giudici di Catania ipotizza il reato di omicidio preterintenzionale, punibile con un massimo di diciotto anni di carcere. Secondo il sostituto D' Angelo, i tre sarebbero colpevoli di aver causato con il loro atteggiamento violento la tragica fine di Moschella. t. c.

23 febbraio 1994

Fonte: La Repubblica

Il lutto del figlio, poi la beffa

di Turi Cageggi

CATANIA - Pianti e grida, rabbia e disperazione: un epilogo drammatico la prima, brevissima udienza del processo ai tifosi del Messina Calcio che il 30 gennaio scorso provocarono la morte di Salvatore Moschella, 22 anni, il giovane siracusano finito sotto il treno ad Acireale nel tentativo di sfuggire alle violenze degli ultras. Mentre i genitori e la sorella di Moschella stavano mestamente per uscire dall’aula del Palazzo di Giustizia di Catania, una frase, lanciata dai parenti dei tifosi a quelli della vittima, ha fatto esplodere la tensione, già altissima: "Avete rovinato cinque famiglie". Una provocazione che ha riaperto una ferita certo non rimarginata, e il dolore si è trasformato in rabbia. Qualcuno dei parenti di Moschella ha risposto, e in un clima di enorme confusione, è intervenuta la sorella ventenne di Salvatore, che non l’ha fatta a mantenere il sangue freddo. La ragazza ha cominciato ad urlare e piangere in preda ad una crisi di nervi cercando di scagliarsi con tutta sé stessa contro i parenti degli imputati. Sono stati i suoi stessi familiari a cercare di calmarla e consolarla mentre lo scambio verbale tra i due gruppi proseguiva pericolosamente. Poi sono intervenuti i carabinieri presenti nell’aula per separare fisicamente gli uni dagli altri, ma niente poteva fermare il pianto disperato della giovane. Le urla acute, laceranti della ragazza sono rimbombate per qualche minuto tra i marmi gelidi dell’aula. Alla vista di quella scena anche la madre, Rosa Lorefice, interamente vestita di nero, è scoppiata in lacrime. E mentre i parenti degli ultras si chiudevano in un silenzio risentito, è arrivato il padre di Salvatore Moschella, Giuseppe, sindacalista della Cgil di Siracusa, che ha abbracciato la moglie e la figlia e le ha portate fuori dall’aula. Già prima dell’udienza si era capito che il processo non sarebbe stato facile. I familiari di Salvatore, immersi nel silenzio del dolore, erano seduti a pochi metri dalle gabbie in attesa che arrivasse la corte. Dopo pochi minuti gli imputati sono arrivati in aula, scortati dai carabinieri e legati da una catena: (Omissis), 25 anni, (Omissis), 24, e (Omissis), di 20 anni, sono stati fatti entrare nelle gabbie e liberati dai ferri. I familiari di Moschella, a pochi passi di distanza, non si sono girati a guardarli neanche un istante, mentre i parenti degli ultras hanno approfittato della vicinanza col settore riservato al pubblico per sciamare attorno alle inferriate e scambiare qualche parola con i tre, tutti con capelli cortissimi e camicie sgargianti. Il presidente della Corte, Francesco Virardi, ci ha messo pochissimo ad aprire e chiudere l’udienza: in tre minuti ha deciso, d'accordo con gli avvocati delle due parti, di rinviare il processo ad oggi. Poi quella frase, un'altra violenza ai danni di Salvatore, dopo tutte quelle che il giovane subì quella domenica sera sull’Espresso Siracusa-Roma dagli ultras reduci da una partita del Messina. Un'altra violenza gratuita ed inaccettabile per i parenti nei confronti di un ragazzo in viaggio per andare a trovare lavoro a Bologna, morto per aver cercato di difendere una donna dalle molestie del gruppo. Nel processo che si è aperto ieri mancano altri due tifosi accusati dell’omicidio preterintenzionale di Salvatore Moschella. I due assenti sono minorenni e verranno giudicati a parte. I familiari di Salvatore si sono costituiti parte civile, e chiedono "solo giustizia". Ieri mattina, prima dell’incidente, il padre era stato chiaro nei confronti degli imputati: "Vorrei riuscire ad ignorarli, non sono animato da spirito di persecuzione. Vorrei solo che si facesse giustizia". Le ferite di Giuseppe Moschella però sono ancora aperte: "Perdonarli ? È difficile rispondere. Sono un cristiano osservante. Però non ho l’aureola del santo". Moschella fa lunghe pause, cerca le parole: "Non sono in condizione di pensare al perdono, voglio che si faccia giustizia, anche se nulla potrà alleviare il nostro strazio".

10 giugno 1994

Fonte: La Repubblica

Catania, dopo la condanna i parenti degli imputati insultano i magistrati e i familiari della vittima

Il processo agli ultrà finisce in rissa

di Fabio Albanese

Il giovane si lanciò dal treno per sfuggire all'aggressione. "Era pazzo, doveva starsene a casa quel giorno: ci ha rovinati".

CATANIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE - "Condanniamo gli imputati a dieci anni di reclusione e tre di sorveglianza speciale": il presidente della Corte finisce di leggere la sentenza e nel tribunale si scatena il putiferio. Urla, insulti, pugni e calci contro le suppellettili dell'aula. Finisce così il processo ai tre tifosi messinesi accusati di avere causato, assieme a due minori, la morte di Salvatore Moschella, 21 anni, che si lanciò dal treno in corsa per sfuggire alle loro minacce. La prima sezione della corte d'assise di Catania ha emesso ieri pomeriggio il verdetto, dopo 4 ore di camera di consiglio. Subito dopo, si è scatenata l'ira dei familiari di (Omissis), 26 anni, (Omissis), 24 anni, e (Omissis), 20. Nel mirino, soprattutto, la vittima e i familiari, che si erano costituiti parte civile: "Era pazzo, avete rovinato le nostre famiglie, vi siete comprati i giudici; non doveva uscire di casa quel giorno, e non gli sarebbe successo un bel nulla", gridavano. "Quel giorno" era il 30 gennaio scorso. Moschella era salito alla stazione di Siracusa sul treno che avrebbe dovuto portarlo al Nord, in cerca di lavoro. Fu bloccato e picchiato da un gruppo di cinque tifosi, due dei quali minorenni, solo perché aveva tentato di difendere una ragazza di colore che gli ultras stavano molestando. Fu una lunga caccia all'uomo, durata per tutti i 70 chilometri che separano Siracusa da Acireale, il luogo dove Moschella decise di fuggire da quel treno maledetto lanciandosi dal finestrino e finendo sotto le ruote. Per tutto il processo, la difesa ha tentato l'unica carta a sua disposizione: quella di far "derubricare" il reato da omicidio preterintenzionale a omicidio colposo. Ciò avrebbe consentito l'immediata scarcerazione dei tre imputati e, in caso di condanna, pene di gran lunga più miti. Ma la corte d'assise di Catania ha preferito condividere la tesi del pubblico ministero Giovanni D'Angelo, anche se ha deciso di diminuire di quattro anni la richiesta di condanna a 14 anni di carcere. I due minorenni verranno invece processati a parte. Quando il presidente Francesco Virardi è entrato nell'aula c'è stato un grande silenzio, a tratti interrotto dal singhiozzare sommesso di Rosa Lorefice, la madre di Moschella che per tutto il processo è stata presente in aula assieme al marito, nonostante le ripetute pressioni e i gravi insulti da parte dei familiari dei tre imputati. Poi, a lettura di sentenza ultimata, si è scatenato il putiferio. Calci alle porte, sedie scaraventate nell'aula, grida e minacce: "Sono sconcertato - ha detto un anziano carabiniere - mai visto nulla di simile". I parenti dei tre ultras messinesi hanno inveito contro la famiglia Moschella che già alla prima udienza era stata minacciata. Quel giorno la sorella di Salvatore Moschella, colta da una crisi di nervi, si era scagliata contro di loro, a stento trattenuta. Per tutto il processo i tre imputati sono sempre rimasti in silenzio, ammanettati e chiusi dentro la gabbia. I loro familiari, invece, hanno seguito il dibattimento tra insulti e invettive, non risparmiando nessuno, giudici compresi. Ieri pomeriggio nel corridoio deserto di Palazzo di giustizia Giuseppe Moschella, ex sindacalista della Cgil di Siracusa, mentre andava via si è lasciato andare al suo unico sfogo: "Soddisfatto per questa sentenza ? Che vale ? Nessuno potrà riportarmi mio figlio". Il padre di Salvatore Moschella se l'è anche presa con un passeggero del treno della morte, "un militare di leva che non mosse un dito per mio figlio, nonostante fosse nelle condizioni di intervenire". Poi si è messo sottobraccio la moglie, in lacrime, ed è andato via dicendo: "Onore al merito di mio figlio". Poco più in là, nell'antisala dell'aula giudiziaria, le grida e le minacce continuavano: "Era un pazzo, vi siete comprati i giudici".

25 giugno 1994

Fonte: La Stampa

Dieci anni agli ultras del "treno della morte"

CATANIA - Dieci anni, il massimo della pena, e nessuna attenuante per i tre tifosi messinesi accusati di omicidio preterintenzionale per la morte di Salvatore Moschella, 21 anni, che il 30 gennaio scorso si gettò dal treno sul quale viaggiava per tentare di sfuggire alle loro aggressioni. Quattro ore di camera di consiglio poi, ieri pomeriggio, la prima sezione della Corte d'assise di Catania ha emesso la sentenza riconoscendo colpevoli di omicidio preterintenzionale: (Omissis), (Omissis), entrambi di 23 anni, e (Omissis) di 26. La severità della condanna non lenisce il dolore della famiglia del ragazzo morto. "Come si fa ad essere soddisfatti - ha detto ai giornalisti Giuseppe Moschella, il padre di Salvatore - nessun tribunale potrà mai restituirmi mio figlio". In aula, subito dopo la lettura della sentenza, è stato il caos. Urla, insulti ai giudici, scene di disperazione tra i familiari dei tre ragazzi che sono stati allontanati dai carabinieri, mentre i genitori di Salvatore Moschella lasciavano l’aula in lacrime. Salvatore Moschella era in cerca di lavoro e per questo, il 30 gennaio, aveva preso il treno Siracusa-Roma, diretto in una città del Nord dove aveva qualche speranza di trovare un'occupazione. Viaggiava nello stesso scompartimento sul quale si trovava un gruppo di ultras messinesi di ritorno dalla partita Ragusa-Messina. I tifosi avevano provocato e offeso, senza alcun motivo particolare, il giovane e poco prima della stazione di Acireale (Omissis), (Omissis) e (Omissis) avevano aggredito Salvatore Moschella che, terrorizzato, forse tentando disperatamente di trovare una via di scampo alla persecuzione dei tre tifosi, si era lanciato dal finestrino restando stritolato dal treno in corsa. I giudici hanno accolto in pieno la tesi del pubblico ministero respingendo le argomentazioni della difesa che aveva chiesto la derubricazione del reato in omicidio colposo, sostenendo l’imprevedibilità del gesto di Salvatore e puntando su una presunta fragilità psichica del giovane che in passato aveva sofferto di esaurimento nervoso. M.G.

25 giugno 1994

Fonte: La Repubblica
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