Privacy Policy Cookie Policy
Telespettatori Heysel M
www.saladellamemoriaheysel.it   Sala della Memoria Heysel   Museo Virtuale Multimediale
Testimonianze Telespettatori Heysel (M)
   Telespettatori     Testimonianze     Audio-Video     Fotografie     Stampa e Web     Interviste  

DARIO MANGIACASALE

GRAZIE

Ciao Domenico, mi sento di darti del "tu" nonostante non ci conosciamo. Sono Dario, tifoso della Juventus dalla nascita. Sono nato nel 1984, un anno prima dell'immane tragedia che, nonostante non è stata vissuta da nessun mio familiare in prima persona, ha segnato il muovere i miei primi passi verso il tifo per una squadra di calcio. Questo perché mio padre, tifoso juventino anche lui, era davanti alla tv quel 29 maggio 1985, ad assistere a quella che doveva essere la partita della definitiva consacrazione della Juventus in campo europeo e che, invece, fu l'inizio di un incubo. Essendo calabrese, non avevo la fortuna di poter assistere alle partite dal vivo della Juventus, anche perché mio padre, nonostante non fosse presente allo stadio Heysel, ogni qualvolta gli chiedevo di portarmi allo stadio mi diceva: "No, è troppo pericoloso !". Me lo ripete ancora adesso, quando gli dico che seguirò la Juventus in qualche trasferta. Non ti dico il terrore che ebbe quando portò me e mio fratello per la prima volta allo stadio, nel 1991, al Nicola Ceravolo di Catanzaro, per assistere al Memorial Nicola Ceravolo, partita Catanzaro-Juventus. Noi eravamo in tribuna ed eravamo tra i pochi a sfoggiare la bandiera bianconera in un ambiente a dir poco ostile ai tifosi juventini. Al gol di Angelo Alessio (la partita finì 0-1), noi esultammo e dalla curva incominciò a piovere di tutto: lattine, bastoni, ecc.  Ecco, questo è stato il mio primo approccio a una partita dal vivo in uno stadio di calcio. Ricordo il terrore negli occhi di mio padre che ci prese e ci portò via, nonostante la partita non fosse ancora terminata. Lo vedevo in difficoltà alle domande che io e mio fratello, da bambini vispi e curiosi, gli rivolgevamo: perché fanno questo, siamo solo dei bambini ? Perché quando la Juventus gioca in Europa non hai gli occhi felici, ma malinconici ? Perché arriviamo in finale di Champions dopo 11 anni dalla tragedia dell'Heysel e, ancor prima di sapere il risultato, mi definisci quella Coppa come "maledetta" ?  Credo non sia un caso che la Juventus non abbia mai imposto, durante una finale europea secca, il proprio predominio dimostrato nelle fasi eliminatorie (escluse logicamente quelle perse con Ajax e Amburgo). C'è qualcosa che "blocca" i nostri giocatori quando scendono in campo per una finale di Coppa dei Campioni, e credo che a distanza di anni il peso di quella notte ce lo portiamo ancora addosso. Forse questo accade perché non si è mai dato il giusto risalto a quella storia, perché si è sempre cercato di nasconderla, di dimenticarla. Invece, a ogni vigilia di una finale, si sarebbe dovuto dire che si giocava per la memoria, cosicché anziché la paura ci sarebbe stato un senso di appartenenza e quella carica in più per portare a casa la vittoria. Di tanto in tanto mi fermo a pensare a ciò che successe quella tragica notte a Bruxelles. In questi giorni mi è capitato di ritornare spesso sul NOSTRO sito (mi piace chiamarla così la splendida bacheca della memoria che ci hai messo a disposizione), perché ciò che accadde quella notte appartiene a tutti noi, è un insegnamento prezioso. Rivedendo quelle immagini che ho avuto, per ragione di età, la fortuna di non vivere in diretta, mi ritornano in mente i racconti di mio padre, annacquati dal fatto che non poteva dirci per filo e per segno ciò che accadde veramente, data la crudeltà degli eventi e data la nostra tenera età. A distanza di anni, però, capisco tutto. Capisco quando non mi portò con sé alla semifinale di U.E.F.A contro il Barcellona, capisco perché non mi volle con sé alla finale di ritorno di U.E.F.A. contro il Borussia Dortmund e capisco il perché ha sempre cercato (a distanza di anni, invano) di tenermi lontano da quel mondo, da quella zona franca quale reputo essere il campo di calcio, dove tutti dimenticano di essere esseri umani ancor prima che tifosi. Quest'anno dovevo, per la prima volta, affrontare la trasferta di Firenze, avevo già il biglietto, ma essendo solo e dovendo affrontare, all'uscita dello stadio, un pezzo a piedi, ho rinunciato. La cosa più tragica è proprio questa, e cioè che a distanza di quasi 30 anni si è ancora nella situazione di temere una trasferta, di pensarci non una, ma 1000 volte ad andare in città dove, se scoprono che sei di una squadra diversa dalla loro, ti va bene se te la cavi con calci e pugni.  Scusami se mi sono dilungato troppo con le parole, ma è deviazione professionale essendo io un cantautore nonché collaboratore per il sito www.tuttojuve.com e realizzatore di una rubrica su www.obiettivojuve.it. In realtà ti invio questo messaggio per due motivi. Il primo è per dimostrarti tutta la mia solidarietà e disponibilità per qualsiasi necessità, di ogni genere. Il secondo è che, essendo io un utente di twitter, ho notato che su questo importante social network non esiste una pagina dedicata ai 39 angeli dell'Heysel. Mi era venuta voglia di farne una, ma poiché tu sei il baluardo di tale memoria, c'ho pensato bene e credo che tu sia la persona più adatta a farlo, quindi il mio non è nient'altro che un monito a te di realizzarne una e dare il giusto risalto a una tragedia che va ricordata, non dimenticata. Come ho scritto sul mio blog, la Juventus ancor prima di fregiarsi dei trofei vinti, dovrebbe attingere dal ricordo di chi ha fatto la sua storia donandole la vita. Mi riferisco ai 39 angeli dell'Heysel, a Gaetano Scirea, ad Andrea Fortunato, ad Alessandro Ferramosca e a Riccardo Neri. Io non ho avuto ancora la fortuna di entrare nel nuovo museo della Juventus e volevo chiederti come è stata trattata questa storia all'interno dell'edificio che celebra la storia della società. Quella Coppa merita un ricordo particolare, quella Coppa è la più importante; è la più triste, ma anche la più bella: perché è intrisa d'amore, amore che dà persino la vita. GRAZIE. Dario Mangiacasale

26 giugno 2012

Fonte: Saladellamemoriaheysel.it

A-Z

MARCO 1970

Ricordo solo che a fine partita piangevo...

Sono passati 22 anni e il peso opprimente di quella notte irreale ancora è vivido nella mia memoria... Avevo 15 anni e frequentavo il primo superiore, l'anno scolastico volgeva al termine e di studiare quel giorno proprio non se ne parlava affatto. Attendevo la partita con la stessa ansia con cui un innamorato aspetta la propria donna e in cuor mio ripensavo alla finale di Supercoppa di quattro mesi prima con il Liverpool, schiacciato e azzerato dalla doppietta di Boniek a Torino. Vivo l'attesa spasmodica e penso che non ci sarà un'altra Atene, quel gol di Magath me lo sono sognato per due anni, ma oggi ritengo che si potrà festeggiare qui a Roma la vittoria della coppa, ricordandomi che la Roma l'anno prima aveva perso la finale proprio con i Reds, qui all'olimpico... Forse ai romanisti non dispiacerebbe se qualcuno li vendicasse. E' ora !! Accendo la tv e mi accorgo dello strano collegamento con lo stadio... Non riesco a capire cosa sia successo, poi Pizzul spiega per sommi capi quanto accaduto, ma il senso e le dimensioni della tragedia ancora non sono definite, nei numeri, nelle coscienze... Si vedono solo scene convulse nell'irreale luce calda del tramonto che penetra le tribune, una parte dello stadio è crollata, si vede bene, c'è un mucchio di macerie, transenne, polvere, stracci… Polizia a cavallo che bivacca attorno alla ressa di gente che si agita, corre ovunque alla ricerca di spazi aperti, alla ricerca di qualcuno che non trova. Io lì, impotente dietro ad uno schermo con il vecchio logo Rai che gioca ai quattro cantoni. Man mano che passa il tempo e la partita non inizia penso ad una beffa, ad un tragico scherzo del destino, questa coppa non è la nostra coppa, quando potremo mai godere di vera gioia nell'attesa, nell'evento e nel post partita ?? Poi vedo i capitani che arrivano in tribuna stampa... Gaetano legge il comunicato, giochiamo per voi... Per un momento mi sfiora l'idea che in fondo gli incidenti siano stati sopravvalutati, che non sia morto nessuno, perché altrimenti che senso avrebbe giocare ? Quindi si gioca !! Se si "gioca" si vince e se si vince si gioisce... Le squadre scendono in campo e da qui in poi il ricordo è cancellato, come un' audiocassetta non mi permette di ricordare null'altro che il rigore inesistente fischiatoci a favore, l'esultanza di "le Roy" e una grande parata di Tacconi sul finale che salva il risultato e Ian Rush che non sbuccia un pallone annullato da Brio per novanta minuti. Null'altro !! Ricordo solo che a fine partita piangevo... Piangevo come un bambino, ma non era un pianto di gioia... Prevaleva la rabbia di non aver potuto godere di una vittoria normale. Oggi penso di essere stato cinico, spietato, senza anima, in cuor mio volevo che la partita si giocasse, giustificai l'errore arbitrale del rigore inesistente con la lontananza dell'arbitro rispetto alla zona dove fu commesso il fallo su Boniek, volevo assolutamente vedere i miei giocatori alzare quella coppa e sentirla mia e mi accorgo, invece, che quella coppa non è di nessuno. Credo che la Juventus stia pagando una sorta di maledizione per questa coppa. Sono convinto che Boniperti avrebbe dovuto opporsi a giocare la finale, fregandosene altamente dei dirigenti UEFA, di eventuali sanzioni, ecc... Forse per questo siamo la squadra che ha perso più finali, forse per questo non riusciremmo a vincerla neanche se giocassimo in quaranta contro 11, forse per questo abbiamo perso finali dominate. Questo mio memoriale, vuole essere una postuma richiesta di perdono a quelle 39 anime che hanno perso la vita nella notte di sport più assurda della storia.

29 maggio 2008

Fonte: Vecchiasignora.com

A-Z

Onorare la memoria

Avevo 29 anni all'epoca ed ero, come lo sono adesso, tifoso della Vecchia Signora. Ero stato a vedere la finale della Supercoppa Europea a Torino, proprio contro i Reds del Liverpool, nel gennaio dello stesso anno, il 1985 dove, dopo un viaggio allucinante in mezzo a bufere di neve, vincemmo la coppa con due goals segnati da Boniek con un insolito pallone rosso. Attendevo dunque la finale dell'allora Coppa dei Campioni con un'impazienza che mi faceva contare i giorni. In quei tempi gestivo un negozio-edicola assieme ai miei indimenticati genitori, anche loro tifosi bianconeri ed in negozio erano frequenti le discussioni calcistiche con juventini e non. Ricordo che programmammo la trasferta assieme a due amici, Moreno e Adriano e quest'ultimo si incaricò di trovare i tagliandi per andare a Bruxelles. Dopo alcuni giorni, dopo esserci fissati un appuntamento, ovviamente nel mio negozio-ritrovo, Adriano arrivò trionfale dicendoci di aver trovato i biglietti per l'agognata partita ma, alla domanda su quale fosse il settore destinatoci, la delusione fu grande quando ci rispose: la curva opposta al tifo organizzato bianconero. Ci dette garanzie sul fatto che quel settore avrebbe ospitato i cosiddetti tifosi neutrali, i belgi e qualche tifoso occasionale italiano, come appunto lo saremmo stati noi, ma a me e Moreno la cosa non piacque per nulla. Cavolo, andiamo a vedere la finale e dobbiamo stare in un settore così, senza il calore del nostro tifo vicino ? Personalmente dissi che avrei preferito vederla a casa assieme ai miei genitori che non in un settore come quello. Anche Moreno storse la bocca e disse che non sarebbe andato. Adriano ci rassicurò dicendo che aveva trovato altre persone disposte ad acquistare i sospirati tagliandi (difficilissimi da trovare in quei giorni) e che non dovevamo preoccuparci, visto che lui sarebbe andato comunque assieme a queste persone. Ripensai molto a quel rifiuto e mi chiesi se non avessi così perso un'occasione unica, quella cioè di aver visto la mia Juve vincere finalmente la sospirata Coppa. Mio padre, che aveva seguito la Juventus in ogni dove, era stato persino a Bilbao nella finale del 1977, dove avevamo conquistato la prima Coppa internazionale, quella meravigliosa Coppa Uefa, mi disse che avevo fatto la scelta giusta, avremmo visto e tifato la finale assieme. Ricordo che il pomeriggio della partita girai tutto il giorno con la mia motocicletta per la città, con un foulard della Juve, in una città generalmente ostile alla mia squadra, come a voler ostentare una sicurezza in una vittoria che stavolta non poteva sfuggirci. Non attesi nemmeno la chiusura del negozio, incombenza che lasciai ai miei, e corsi a casa per accendere il televisore, imprecando mentalmente ed invidiando in quel momento il mio amico Adriano che se la sarebbe goduta in diretta. Purtroppo le immagini che apparirono non erano le solite della vigilia di una grande finale, bensì un De Laurentis parecchio sbigottito, raccontava di scontri avvenuti dentro lo stadio e le immagini, con persone insanguinate e ferite che passavano davanti alle telecamere, confermava che tutto ciò era realmente avvenuto ed in maniera anche parecchio grave. Al ritorno dei miei assistemmo tutti e tre assieme a quella che, nel tempo, è poi diventata una delle serate, delle telecronache, di un qualcosa che andava oltre ogni immaginazione. Non starò a fare la descrizione di quello che oramai sappiamo tragicamente tutti. Al goal di Platini nessuno di noi esultò (e mio Padre, ripeto, era un tifoso davvero viscerale forse, anzi sicuramente, superiore a me). Al termine della partita ci avviammo a letto, quasi senza nemmeno riuscire a commentare l'orrore a cui avevamo assistito. Fortunatamente il giorno successivo, in negozio, non ci fu assolutamente nessuno che fece alcun commento inopportuno, anzi, negli occhi di tutti ricordo che notai un malcelato disagio, quasi come l'aver timore di dire anche solo una parola fuori luogo in quella terribile occasione. L'unica nota stonata nel paese fu una vergognosa scritta vergata nella notte, proprio sul muro della palestra che allora frequentavo anch'io. Ricordo che mi informai e riuscii, tramite amici comuni, a sapere chi era stato l'artefice di quel gesto infame. Dissi alle persone che lo conoscevano che sarebbe stato bene che quella scritta fosse fatta sparire immediatamente da quel muro e che sarebbero dovuti essere proprio gli autori del gesto a doverla cancellare. Così fu. La notte successiva, fu cancellata. Il mio amico Adriano tornò, ferito, dopo tre giorni ed andammo, io e Moreno, a trovarlo a casa sua. Era a letto ed in evidente stato di shock; i suoi pantaloni insanguinati erano sulla poltrona accanto al letto; era sangue non suo e lui, in lacrime, ci disse che per salvarsi aveva dovuto calpestare delle altre persone riuscendo, magro com'era, a sgattaiolare nella parte alta della maledetta curva, per lasciarsi cadere nel vuoto all'esterno. Negli anni ho sempre provato una sensazione strana dentro di me riguardo a quella maledetta notte; come se inconsciamente mi incolpassi per non essere andato, come se avessi "lasciato da solo" il mio amico e "idealmente" anche le persone rimaste vittime e ferite. Con il carattere protettivo che avevo e che ancora ho, sarei sicuramente rimasto a picchiarmi con gli inglesi, non immagino con quali conseguenze, però forse avrei potuto fare qualcosa per qualcuno di loro. Se penso però agli occhi dei miei amati Genitori, che non ci sono più, se penso al dolore ed alla paura che avrei generato nei loro cuori, ringrazio il Signore per aver fatto quella scelta. L'unica cosa che posso e che possiamo tutti fare, è quella di mantenere viva la memoria nei confronti delle persone che non ci sono più, onorandole e pregando per loro e di adoperarci tutti per far sì che cose come questa non debbano mai più accadere. 

30 Maggio 2014

Fonte: Saladellamemoriaheysel.it

A-Z

SILVIO MIA

Trent’anni fa l’Heysel

Il 29 maggio 1985 rimarrà una data ben scolpita nella mente di tutti, juventini e non, perché la tragedia che si è materializzata quella sera è stata veramente un dramma che va oltre ogni immaginazione. Mi ricordo che nell’Azienda in cui lavoravo c’era molta attesa per questo incontro. Per una volta non vedevo aggirarsi gufi o fantasmi anti-juventini e mi sembravano tutti sinceri e convinti nell’affermare che questa per la Juventus sarebbe stata la volta buona. D’altra parte a Gennaio, in una gelida ed innevata notte torinese, i bianconeri avevano fatto le prove generali battendo al Comunale i reds di Liverpool per 2 a 0 con un doppietta di Zibì Boniek, il "bello di notte", copyright Avvocato Agnelli. Il risultato aveva permesso di mettere in bacheca la Supercoppa Europea, disputata in qualità di detentori della Coppa dei Campioni da parte del Liverpool e della Coppa delle Coppe da parte della Juventus. Nella stagione precedente, gli inglesi avevano battuto a Roma in finale i giallorossi padroni di casa dopo i calci di rigore, mentre la Juventus aveva superato a Basilea 2 a 1 il Porto con le reti di Vignola e Boniek. A conferma su quanto pensavo della sincerità dei miei colleghi, venne fatta una mega colletta cui parteciparono tutti, compresi anche quelli che non si interessavano di calcio. La colletta serviva per pagare un pasticcere che in caso di vittoria della Juventus avrebbe dovuto costruire un torta raffigurante un campo di calcio, con una Coppa di cioccolato nel mezzo. Arrivato il fatidico giorno già dal mattino la tensione e l’adrenalina stavano superando i livelli di guardia. Con mio fratello, tifoso granata, avevo programmato la visione dell’incontro a casa di amici juventini, dove alla faccia della scaramanzia in frigorifero riposavano in attesa della vittoria una bottiglia di Champagne ed una torta. Arrivati con qualche minuto di anticipo, ci siamo sistemati nelle posizioni strategiche, quelle che portano bene, vestiti di maglie juventine, con le immancabili sciarpe bianconere al collo, eravamo in attesa del collegamento. Appena la Rai si è collegata con lo stadio teatro della sfida, sentendo la voce del telecronista Bruno Pizzul che parlava in tono molto sommesso di incidenti che erano avvenuti e che stavano continuando, abbiamo capito che qualcosa di grave era successo, anche se non nelle proporzioni con cui poi si è materializzato. Si pensava ai soliti scontri tra tifoserie ed a qualche contuso, ma alla notizia data da Pizzul che sul prato giacevano dei morti, nei nostri pensieri tutto si poteva pensare meno che alla disputa della partita. Si pensava ai tifosi partiti per assistere ad una festa di sport ed alle loro famiglie sconvolte dalle notizie che stavano arrivando. Quello che irritava era vedere la Polizia belga che invece di intervenire, osservava lo scempio che gli Hooligans stavano continuando a fare, provocando la fuga dei tifosi italiani, che erano tutti ammassati dato che per la pressione della spinta delle persone era crollato un muro. Immagini impressionanti di gente che chiedeva aiuto schiacciata sotto altre persone, gente priva di vita adagiata sulle transenne che fungevano da barella e gente ferita, piangente e spaventata alla ricerca di soccorsi. La situazione era fuori controllo, il servizio d’ordine quasi inesistente e dall’altra curva, vedendo, ma fortunatamente non rendendosi conto dell’effettiva gravità di quello che era successo, stavano comunque entrando in campo i tifosi juventini per cercare una vendetta che se portata a termine, avrebbe provocato una carneficina. L’ingresso in campo dei giocatori per cercare di calmare le acque è riuscito in parte ad evitare un tutti contro tutti veramente pericoloso. Dalla cabina radio i due capitani, leggevano un avviso dicendo che la partita si sarebbe disputata, per permettere lo sgombero dello Stadio senza altri incidenti. Allucinante quello che era successo e che con crudeltà d’immagine stavamo vedendo attoniti ed impotenti davanti alla televisione. Sapremo solo in seguito lo spaventoso tributo di sangue pagato per un incontro di calcio, 39 anime innocenti erano state sacrificate alla follia ed alla violenza umana. Erano morti padri di famiglia con i loro figli, gente comune che nulla aveva da spartire con questi animali ubriachi che con il loro assurdo comportamento avevano provocato questa tragedia. Noi con le lacrime agli occhi, smesse le maglie e tolte le sciarpe siamo tornati a casa, e mi ricordo che a parte qualche idiota che strombazzava e festeggiava chissà cosa, attraversando la città abbiamo potuto notare un rispettoso silenzio verso chi era volato in maniera tanto assurda, in cielo. L’Heysel non è successo per caso, per quanto ne so io, i tifosi inglesi che erano stati a Roma l’anno precedente quando avevano vinto la Coppa contro la Roma, avevano subito dei gravi maltrattamenti da parte dei tifosi avversari, ed infuriati avevano promesso vendetta allorché il Liverpool avesse giocato contro una squadra italiana, cosa che non era potuta avvenire a gennaio a Torino per ovvie ragioni numeriche, ma che puntualmente si è realizzata in Belgio. Violenza chiama violenza. A margine, e mi scuso se questa volta mi sono dilungato, ma l’argomento lo richiedeva, voglio ancora aggiungere tre pensieri. Il primo è che mi fanno sorridere quelli che dopo una simile tragedia, disquisiscono, ed è ancora argomento dei giorni nostri, sul fallo che ha generato il calcio di rigore decisivo per la Juventus, sull’ esultanza dei giocatori provati e sconvolti dalle scene che avevano visto, ed obbligati a giocare contro la loro volontà, sull’esultanza di Platini, dopo aver calciato e segnato la massima punizione. Si vede chiaramente che la sua espressione facciale è come uno sberleffo all’aria di morte che aleggiava nello Stadio, sulla consegna della Coppa e sull’ opportunità di tenerla o meno, quando gli argomenti da affrontare sarebbero ben altri. La seconda, ben più importante è che nessuno ha chiesto "la testa" di chi ha assegnato una finale di Coppa dei Campioni ad un impianto così fatiscente, in cui secondo il mio parere non si sarebbe potuta giocare neppure una partita amichevole e vorrei sapere se qualcuno responsabile delle Forze dell’Ordine, ha pagato l’inefficienza di intervento, la disorganizzazione e i ritardi dei soccorsi. Inoltre voglio pensare che se invece di una corda, avessero messo due cordoni di poliziotti a dividere le due tifoserie, chissà magari le cose non sarebbero andate in quel modo. La terza riguarda la mega torta aziendale che avrebbe dovuto essere consegnata la mattina seguente la partita. Arrivati sul posto di lavoro, si commentavano con rabbia e mestizia gli avvenimenti che tutti noi avevamo visto la sera precedente in televisione. Tutti si pensava che il pasticcere, visti i tragici accadimenti, avesse desistito dal preparare il dolce, anche per un senso di rispetto verso chi aveva perso la vita in quella maniera assurda. Evidentemente il buon senso non era nelle corde di questo individuo, che per non perdere un lauto guadagno, alle ore 11 circa del mattino seguente, come da accordi in caso di vittoria bianconera, non tenendo conto di nulla di ciò che era successo, ci ha fatto recapitare la mega torta, di per sé bellissima, che noi invece che piena di crema, vedevamo piena di sangue versato da innocenti. Ovviamente non è stata fatta nessuna festa, si è tagliato il dolce per non buttarlo nell’immondizia, ma la mia soddisfazione è stata che alla fine della giornata, tranne poche persone, nessuno aveva consumato quella torta insanguinata. Un gesto di rispetto verso 39 angeli… La partita. Sinceramente a parte il lancio in profondità a Boniek che scattato in contropiede si invola verso l’area avversaria provocando il fallo del difensore avversario, giudicato dall’arbitro in area, ma che poi si vedrà avvenuto fuori dalla stessa e dalla trasformazione della massima punizione da parte di Platini, non ricordo un granché. A quel punto, dopo quello che era successo, ciò che si sarebbe materializzato sul rettangolo di gioco non interessava e non contava più nulla… Juventus-Liverpool 1 a 0…

29 giugno 2015

Fonte: Ilblogdialessandromagno.it

A-Z
www.saladellamemoriaheysel.it  Domenico Laudadio  ©  Copyrights  22.02.2009  (All rights reserved)