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ITALIA   1-04-1934   Buja (UD)   Anni 51

Anche un friulano tra le vittime dell'Heysel

30 anni fa la tragedia che costò la vita a 39 persone, tra cui Nisio Fabbro di Buja, durante la finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool.

30 anni fa la tragedia dell'Heysel, a Bruxelles, in cui morirono 39 persone, di cui 32 italiane e un friulano, Nisio Fabbro di Buja. Durante la finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool i tifosi juventini trovarono la morte orribile nel settore Z dello stadio, travolti dagli hooligans inglesi ubriachi. Le vittime, per scampare alla furia dei supporter inglesi, morirono schiacciati contro le balaustre dello stadio e cadendo dalle gradinate. La tragedia, che avvenne pochi minuti prima del fischio di inizio della partita, non fermò il gioco. La legge del "The show must go on", in questo caso, segnò per sempre il mondo del calcio, incapace di fermarsi dinanzi alla morte. "Non sapevamo cosa era davvero successo, avevamo avuto notizie di un morto, forse due, ma non potevamo immaginare una tragedia così grande", avrebbero detto poi i giocatori bianconeri, costretti a disputare il match. La partita, commentata in diretta per la Rai dal giornalista friulano Bruno Pizzul, venne vinta dalla Juventus con un calcio di rigore segnato da Platini. Le vittime dell'Heysel sono state oggi ricordate a Bruxelles con una cerimonia pubblica. "La giornata del 29 maggio - spiega la società bianconera sul sito ufficiale - sarà dedicata al ricordo da parte di tutti i tesserati Juventus. Per troppi anni quelle 39 vittime sono state oggetto di scherno finalizzato unicamente ad attaccare i colori bianconeri: un'azione vile che non dovrebbe trovare cittadinanza in nessuno stadio ed in nessun dibattito sportivo. Questo anniversario dovrà essere utile anche alla riflessione per evitare che simili comportamenti si ripetano". Pizzul ha ricordato oggi in un'intervista di Valerio Rosa di Tuttosport la tragedia e quella telecronaca: "Il crollo del muraglione sulla curva Z, ovvero l'evento che causò tutte le vittime, avvenne più o meno alla stessa altezza della tribuna centrale che ospitava le nostre postazioni di telecronisti - racconta a Tuttosport. Sentimmo il tonfo, vedemmo la gente sciamare all'interno del campo di gioco, ma le notizie che ci arrivavano erano centellinate, contraddittorie e prive di qualsiasi certezza. A lungo nessuno parlò di morti, poi si seppe che c'era qualche ferito, anche se le immagini che fluivano lasciavano presupporre un bilancio più grave". "Le autorità belghe chiesero alle squadre di giocare e lì ebbi un altro dubbio - confessa Pizzul a Tuttosport: per un po' pensai di non commentare quella partita, ma poi lo feci, ripromettendomi di essere il più asettico e impersonale possibile". Fonte: Ilfriuli.it © 29 maggio 2015 Fotografia: Turismofvg.it ©

Un friulano racconta: "Quel 29 maggio all’Heysel vidi morire il mio amico"

di Maura Delle Case

Adriano Zanini, di Buja, parla per la prima volta a trent’anni dalla tragedia della finale di Champions tra Liverpool e Juventus: "Eravamo partiti in sette, in camper, doveva essere una festa ma finì in tragedia".

BUJA - Sugli spalti dell’Heysel ha lasciato scarpe e calzini. Strappati da tifosi disperati in cerca di un appiglio qualsiasi per rialzarsi da terra. Ricorda distintamente la sensazione. Le mani che si aggrappano, strette come cinghie, attorno alle sue caviglie poco prima di scivolare via, mentre lui, ormai scalzo, guadagna la recinzione del campo, la scavalca, si tuffa sul terreno di gioco. Finalmente in salvo. Dura più di un’ora l’inferno di Adriano Zanini all’Heysel. La finale di Champions tra Liverpool e Juventus doveva essere l’occasione per una trasferta in compagnia. Sette amici, un camper e una partita di calcio da vedere. Torneranno in sei. "Doveva essere una festa. E invece...", dice tra sé. Oggi ha 66 anni, è in pensione. Ed è il braccio destro di Enzo Cainero nell’organizzazione delle tappe friulane del Giro d’Italia. Un uomo di sport, che pure, dopo l’Heysel, in un grande stadio non ha più voluto mettere piede. Impossibile, di fronte all’erta degli spalti senza tornare con la memoria a quella sera tragica. Alle urla. Le richieste d’aiuto. I morti. Trentanove in tutto. Un friulano: Nisio Fabbro, muratore di 51 anni. Morì schiacciato contro una colonna. Trascinato dalla forza, inarrestabile, delle migliaia di persone in fuga. A trent’anni dalla pagina più nera della storia del calcio ha deciso di rompere il silenzio. Di raccontarci il suo 29 maggio 1985. Sono appena le 17 quando fa il suo ingresso allo stadio. Destinato al settore Z. C’è tempo per guardarsi intorno. Assaporare l’attesa del fischio d’inizio. Poi, arriva il calcio che dà il via alla partita e con quello anche i primi disordini scatenati dagli hooligans. "Bandiere strappate, palle infuocate lanciate contro noi tifosi. La situazione degenerò in un attimo". A Zanini trema la voce. "Ricordo grida dappertutto, gente che fugge in cerca di scampo. Ci ritrovammo schiacciati, spinti sempre più verso un angolo senza via d’uscita. C’erano persone a terra, che venivano calpestate. Nelle orecchie sento ancora le grida, vedo le immagini di una folla immensa". Tre dei sette friulani riescono a uscire dallo stadio scavalcando la recinzione. Zanini invece resta dentro. "Mi sono sentito sfilare le scarpe. Poi anche i calzini. La gente finita a terra cercava aiuto ma in quel momento non potevo pensare ad altro se non alla mia salvezza. Non so nemmeno come, schiacciato e spinto, a un certo punto mi sono trovato davanti alla recinzione del campo, l’ho superata e finalmente sono entrato sul terreno di gioco". Salvo. "Miracolato", ci corregge. A poche decine di metri di distanza un altro destino tocca all’amico Nisio. "E’ finito massacrato contro una colonnina di cemento" dice Zanini. Poi si ferma per un attimo. "Mi sono ritrovato davanti una distesa di morti. Poi ho udito il fischio d’inizio". Agli amici, che nel frattempo si ritrovano fuori dallo stadio, la situazione appare subito chiara. Sono in cinque anziché sette. Uno di loro è finito, ferito al pari di altri 600 tifosi, all’ospedale. Fabbro non si trova. "Andammo all’ufficio di polizia sapendo già in cuor nostro la verità. La mezzanotte era passata da poco, ma l’elenco era già pronto. Quello di Nisio era il secondo nome sulla lista. Ripartimmo la mattina dopo". E non fu tutto. A Buja, per il funerale, arrivò la bara di un calabrese. Ultima beffa di questa tragedia. Fonte: Messaggeroveneto.gelocal.it © 29 maggio 2015 (Testo © Fotografia)

Venerdì l’omaggio a Fabbro 30 anni dopo l’Heysel

Ricorre il trentesimo anniversario della tragedia avvenuta durante la finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool: Buja ricorda la sua vittima.

BUJA - Ricorre domani il trentesimo anniversario della tragedia avvenuta durante la finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool. Quel giorno, nello stadio Heysel di Bruxelles, persero la vita 39 persone e altre decine rimasero ferite. Tra le vittime anche un friulano, Nisio Fabbro, di Buja. Aveva 51 anni, sposato con Marilena, lavorava nella tessitura Iftam e collaborava con la Polisportiva Bujese. Su iniziativa di Ivo Del Negro, presente nella tristemente famosa curva Z in cui si trovavano i sostenitori della Juventus e con la collaborazione di Luca Marcuzzo (già sindaco di Buja e parente di Nisio Fabbro) domani alle 18 sarà deposto un mazzo di fiori sulla tomba dello sfortunato tifoso. Erano numerosi i supporter friulani presenti a Bruxelles che assistettero alla strage, avvenuta in uno stadio fatiscente e inadeguato a ospitare una finale di Coppa Campioni mentre si scatenava la furia dei tifosi della squadra inglese contrastata dalle forse dell’ordine in modo non adeguato. Sabato scorso, ricorda ancora Del Negro, durante la partita Juventus-Napoli (che al termine prevedeva anche la premiazione per lo scudetto appena vinto) al minuto 39 è apparso nella tribuna sud un grande striscione che ricordava le vittime dell'Heysel, mentre tra i due anelli dello stadio un grande striscione riportava la scritta "Nessuno muore veramente se vive nel cuore di chi resta, per sempre". Alla deposizione dei fiori, oltre al presente anche Paolo Gonano, presidente del Juventus Club Alpe Adria che ha sede a Gemona, saranno presenti anche numerosi sostenitori della Juventus. In seguito una delegazione si recherà nell'abitazione della vedova signora Marilena per rinnovare le condoglianze. Alle 19 nel duomo di Santo Stefano a Buja sarà celebrata una messa in suffragio di Nisio Fabbro. Fonte: Messaggeroveneto.gelocal.it © 28 maggio 2015 Fotografia: Rete.comuni-italiani.it ©

39 VITTIME

Nello stadio maledetto ucciso anche un friulano

La strage dello stadio Heysel, avvenuta il 29 maggio 1985, rappresenta una delle pagine più nere della storia del calcio. Sono passati più di 27 anni da allora, ma il ricordo è rimasto vivo. Tra le 39 vittime (32 italiani e 7 tra belgi, francesi e irlandesi) vi fu anche un tifoso friulano della Juve, Dionisio Fabbro, di Buja, che all’epoca aveva 51 anni. Un altro friulano, il professionista udinese Paolo Miseri, si salvò per miracolo. Quel mercoledì sera, nello stadio di Bruxelles, si giocava la finale di Coppa Campioni (oggi si chiama Champions League) tra il Liverpool e la Juventus. Prima dell’inizio della gara i tifosi delle due squadre vennero a contatto nel settore Z del fatiscente impianto. Gli hooligans, la tifoseria più "accesa" del Liverpool caricò letteralmente la curva dove c’erano gli italiani: in pochi istanti abbatterono le recinzioni e i pochi poliziotti furono costretti alla fuga. Così in quel settore Z dove avrebbero dovuto starci 3 mila persone, se ne accalcarono più di 6 mila. Molti morirono schiacciati dalla folla che fuggiva terrorizzata. La finale, nonostante la tragedia, si giocò lo stesso, in un clima surreale e fu vinta dalla Juventus. Fonte: Messaggeroveneto.gelocal.it © 8 ottobre 2012  Fotografie: La Gazzetta dello Sport © Ebay.it


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