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DOMENICO RUSSO ♥
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ITALIA   25-04-1959   Moncalieri (TO)   Anni 26

Moncalieri dedica un impianto a Domenico Russo

giovane vittima della tragedia dell’Heysel

Il sindaco Montagna: "Lo avevamo promesso, il 29 maggio del 2015, nel 30° anniversario di quella notte terribile. Lo abbiamo fatto per rendere omaggio alla storia di questo ragazzo e alla sua famiglia".

MONCALIERI - La Città di Moncalieri ha dedicato l’impianto sportivo di strada Vignotto a Domenico Russo, giovane moncalierese vittima della tragedia dell’Heysel avvenuta il 29 maggio del 1985 quando la giovane vittima aveva appena 26 anni. Alla cerimonia di intitolazione hanno partecipato anche lo Juventus Fan Club, di cui Domenico era socio, e il Toro Club "Valentino Mazzola" di Moncalieri, mettendo in scena un bellissimo gemellaggio della memoria.

ANDREA AGNELLI - In modo indiretto ha partecipato anche Andrea Agnelli con una lettera inviata al sindaco di Moncalieri, Paolo Montagna: "Il 29 maggio rappresenta per il popolo bianconero una data da commemorare, nel ricordo delle 39 vittime, in quella che avrebbe dovuto essere una serata di festa e di sport, ma che si è tristemente tramutata nella tragedia dello stadio Heysel", ha scritto il presidente della società bianconera, "sono passati tanti anni, ma il ricordo è sempre vivo in ognuno di noi, juventini e non, ed è importante rinnovare questa memoria affinché nessuno dimentichi e per evitare che simili tragedie possano accadere nuovamente. Con questo mio pensiero voglio essere vicino, a titolo personale e in rappresentanza della Juventus, alla famiglia di Domenico Russo e rivolgere a Lei un ringraziamento per l’impegno e la sensibilità dimostrata portando avanti la memoria di chi purtroppo ha perso la vita in quella tragica giornata".

LA MOGLIE DI DOMENICO - Presente anche la moglie di Domenico Russo, Tiziana, che all’epoca era in attesa del loro primo figlio che nacque nell’agosto successivo e che lei scelse di chiamare Domenico proprio in memoria del padre. "Lo avevamo promesso, il 29 maggio del 2015, nel 30° anniversario di quella notte terribile", ha commentato il sindaco Montagna, "lo abbiamo fatto per rendere omaggio alla storia di questo ragazzo e alla sua famiglia, e anche per guardare avanti, affinché su questa targa altri ragazzi possano leggere e ricordare, insieme al nome di Domenico Russo, i veri valori dello sport". Fonte: Torino.diariodelweb.it © 14 maggio 2018 Fotografia e Video: Comitato Heysel Reggio Emilia ©

Tiziana, moglie di Domenico Russo: al marito sarà dedicato il campo di Moncalieri

"Noi, dimenticati dopo la tragedia dell’Heysel"

di Massimo Massenzio

"Intitolare il campo sportivo a Domenico è un gesto bellissimo. Uno dei pochi in questi 33 anni in cui si è cercato più di dimenticare che di ricordare". Seduta al tavolo della sua cucina Tiziana Fecchio sfoglia i vecchi album e non riesce a trattenere la commozione quando compaiono le foto di suo marito, morto a 26 anni allo stadio Heysel di Bruxelles, prima della finale di Coppa dei Campioni, Juventus-Liverpool. Da domenica l'impianto del Vignotto, a Moncalieri, porterà il nome di Domenico Russo e sarà il primo campo da calcio in Italia dedicato a una delle 39 vittime dell'Heysel. (NdR: non è vero che sia stato il primo e speriamo neanche l’ultimo) "Apprezzo tantissimo la decisione del Comune di Moncalieri e mi auguro che qualcuno colga questo messaggio. Comprendo che non sia facile ricordare uno stadio inadeguato, una finale che non si sarebbe dovuta giocare e una coppa ancora più difficile da festeggiare. Però per noi, per i famigliari di quelle 39 persone uccise, una maggiore vicinanza sarebbe stata importante. Piccoli gesti, ma magari ripetuti ogni 29 maggio, da parte della società Juventus e anche del Comune di Torino. Ci saremmo sentiti meno soli". Quella tragica sera Tiziana era davanti alla televisione: "Ma non avevo capito bene che cosa stesse succedendo. Domenico non era un tifoso sfegatato. Non riusciva a trovare i biglietti e poi, due giorni prima della partita, si materializzarono quei posti nel settore Z. Ho saputo della sua morte dal telegiornale". Tiziana era al quinto mese di gravidanza e 3 mesi e mezzo dopo è nato il figlio Domenico: "Si sarebbe dovuto chiamare Adriano, ma poi abbiamo deciso diversamente. È cresciuto senza conoscere suo padre e non mi ha mai chiesto troppe informazioni per non farmi rivivere quei momenti. Solo in occasione del trentennale" ha fatto una vera e propria full immersion. Ma poi è ritornato alla sua vita, in Veneto, con i suoi tre splendidi figli". A Tiziana sono rimaste decine di fotografie che la ritraggono con suo marito. Domenico sorrideva sempre: "Amava la vita, lo sport e i bambini. E non è riuscito a vedere nascere il suo". Fonte: Il Corriere della Sera © 11 maggio 2018 Fotografie: Tiziana Fecchio ©

La storia una ferita mai chiusa

"Ma io non posso gioire"

Parla una delle vedove dell'Heysel

Undici anni dopo Bruxelles, c'è chi non riesce a festeggiare la vittoria bianconera in Coppa Campioni. I parenti di Domenico Russo e Giovacchino Landini, i due torinesi nell'elenco delle 39 vittime della strage all'Heysel, finale 1985 tra Juventus e Liverpool, non hanno dimenticato quella notte di sangue, le immagini dello stadio devastato dagli hooligan inglesi, la voce di Pizzul che commentava una partita che nessuno aveva osato sospendere. E poi le telefonate della polizia, la faccia triste del funzionario incaricato di dare il "doloroso annuncio", mentre fuori i tifosi urlavano di gioia, come se non fosse successo nulla. Tiziana Russo, la vedova di Domenico, aveva 26 anni, e portava in grembo un figlio che a settembre compirà 11 anni, e a cui è stato dato il nome di papà. Dimenticare ? E come si fa ? "Questi - racconta nella sua casa di Moncalieri, in via (Omissis) - sono i giorni peggiori. Mi rendo conto che questa tragedia ha cambiato la mia vita e quella dei familiari delle altre vittime. Ma al mondo dello sport, al Paese, in fondo non è mai importato più di tanto di noi. Passato il primo mese in cui tutti venivano a portarmi le loro condoglianze, e a promettere per mio figlio borse di studio che devo ancora vedere, si è preferito dimenticare quei 39 morti. Ma io non dimentico. E non posso perdonare. Non ci riesco". Al processo, a Bruxelles, questa donna è stata "risarcita" con 100 milioni. Adesso fa la collaboratrice domestica, segue il figlio a scuola e lo accompagna a karate. L'altra sera erano dagli zii, lei e il piccolo Domenico: "Non volevano accendere la televisione, ma io non ho voluto. La partita l'ha vista anche Domenico, che non ama il calcio e comunque fa il tifo per il Torino. Ormai questa tragedia appartiene solo a me, non voglio che gli altri si sentano condizionati, non sarebbe giusto, il mondo deve andare avanti". Anche lei l'ha vista, la partita. E confessa che in fondo in fondo si aspettava qualcosa di più dalla società. In che senso ? "Mi dicevo: adesso qualcuno prende la Coppa e la dedica alla memoria di quelli morti nello stadio Heysel". Non è successo, e Tiziana Russo non è stupita più di tanto: "Anche 11 anni fa pensavo che il trofeo sarebbe stato restituito". G.A.P. Fonte: La Stampa © 24 maggio 1996 Fotografie: Il Corriere della Sera © Stampa Sera ©

E' nato Domenico figlio del tifoso ucciso a Bruxelles

A tre mesi e 16 giorni dalla tragedia di Bruxelles, è nato il figlio di Domenico Russo, il tifoso juventino rimasto ucciso sugli spalti dello stadio Heysel. La moglie, Tiziana Fecchio, 24 anni, ha dato alla luce martedì, all'ospedale di Moncalieri un bambino: si chiamerà Domenico, come il padre. "Per qualche giorno Tiziana e il piccolo staranno da noi. Poi, torneranno nella loro casa. Certo siamo contenti, ma il dolore per la morte di Domenico non si è ancora spento", spiega la madre di Tiziana. Domenico Russo, elettricista, seguiva per la prima volta la Juve all'estero. I famigliari per un paio di giorni hanno vissuto in un alternarsi di speranze e delusioni. Mentre, infatti, era arrivata la notizia della morte del giovane, i giornali hanno pubblicato una fotografia dei disordini, dove è stato riconosciuto Domenico Russo. Questo ha fatto pensare che fosse ancora in vita. Solo in un momento successivo la verità: il giovane era stato immortalato un attimo prima che cadesse, travolto e ucciso dalla folla. Fonte: La Stampa © 21 settembre 1985 Fotografia: Tiziana Fecchio ©

 

Stamane si svolgono i funerali di Domenico Russo di Moncalieri; lascia la moglie di 24 anni, incinta di 5 mesi

Ultimo addio alle vittime di Bruxelles, uccise dal fanatismo

Grande commozione, sabato, al rito funebre di Giovacchino Landini - Monsignor Franco Peradotto: "Bisogna stabilire fino a che punto l'agonismo sia accettabile" - Un toccante messaggio di pace, di fratellanza e di riconciliazione del vescovo di Liverpool.

Si svolgono questa mattina i funerali di Domenico Russo, il tifoso juventino di Moncalieri, rimasto ucciso nel massacro di Bruxelles prima dell'inizio della partita di finalissima per la Coppa dei Campioni. La salma, in una bara scura avvolta dal tricolore, è rimasta nel salotto della casa di famiglia in via (Omissis) e da qui parte alle 9. La Messa in chiesa celebrata dal parroco e poi la tumulazione al cimitero. Alla cerimonia ci saranno tifosi juventini, delegazioni dei club bianconeri, dirigenti e giocatori, le autorità a cominciare dal sindaco. E centinaia di persone: le stesse che, sabato sera, sotto la pioggia, hanno atteso il piccolo corteo di auto dietro il carro funebre in arrivo. Grande pietà e grande tristezza. Domenico Russo era uno sportivo che non perdeva una partita della sua squadra del cuore, ma che, a sua volta, giocava a calcio e faceva parte di una equipe di ping-pong. Lascia la moglie Tiziana Fecchio, 24 anni, incinta di cinque mesi, che dapprima si è aggrappata a un filo di speranza augurandosi che il Domenico Russo morto fosse soltanto un omonimo del marito. Poi è rimasta impietrita dal dolore: due notti senza dormire, sostenuta da tranquillanti e da un'infinita tristezza che le spezza il cuore. Ci sono stati attimi di grande commozione mentre si celebrava il rito funebre per l'altro torinese rimasto ucciso in Belgio: Giovacchino Landini, 50 anni, titolare di un ristorante in via Spotorno, sposato, padre di due figli. La Messa è stata celebrata nella chiesa di Santa Monica, dal parroco don Michele Donadio, ma l'omelia è stata pronunciata da monsignor Franco Peradotto. Poche parole. La tragedia di Bruxelles porta angoscia, lacrime e pietà ma deve insegnare qualche cosa: "bisogna rivedere i criteri con i quali si esprime il tifo per una squadra e stabilire fino a che punto l'agonismo sia accettabile. E' stato letto un messaggio del vescovo di Liverpool che ha scritto parole di pace, di fratellanza e di riconciliazione. Un migliaio di persone ha assistito al rito. Durante la cerimonia grande silenzio appena rotto dai singhiozzi dei familiari. Un lungo applauso quando la bara è comparsa sulla porta della chiesa. Fonte: Stampa Sera © 3 giugno 1985 (Testo © Fotografia)

 

La pietà di Moncalieri

Avvolto nel tricolore, il feretro con il corpo di Domenico Russo è giunto a Moncalieri, in via (Omissis), alle 17.45, mentre sulla zona si scatenava un violento temporale. Davanti all'appartamentino al piano terra dell'edificio, un centinaio di persone erano in attesa della bara da un paio d'ore. La vedova, Tiziana Fecchio, 24 anni, incinta di 5 mesi, insonne da due giorni e imbottita di tranquillanti, alla vista del feretro è rimasta impietrita, muta nel suo infinito dolore. Non si contavano i volti arrossati dal pianto, di genitori, fratelli e parenti della vittima. Alcuni familiari del Russo sono giunti dalla Sicilia, quelli della moglie dalla provincia di Rovigo. Al momento del trasferimento a braccia del feretro dal carro funebre al salottino dei Russo, non una parola o un grido, soltanto un raggelante silenzio rotto da tuoni e dal ticchettio della pioggia a dirotto. Sono arrivati il sindaco di Moncalieri, Fiumara, con il presidente del Juventus club di Moncalieri, Giuseppe Bricarello, e il vicepresidente Enrico Gardino. Il club cui apparteneva da anni Domenico Russo e che ha aperto una sottoscrizione a favore della vedova. C'era anche Mauro Occelli, l'amico più caro del Russo, col quale doveva recarsi a Bruxelles in auto. All'ultimo momento, l'Occelli ha dovuto rinunciare al viaggio per impegni di lavoro. Lo stesso Occelli era uno dei 4 componenti la squadra di tennis da tavolo Borgo Ale (con Russo, Mauro Marazzato e Alberto Moschella, rimasto ferito a Bruxelles) che tra pochi giorni doveva partecipare a un torneo. Domenico Russo non era soltanto uno sportivo che non perdeva una partita della Juve, giocava lui stesso al calcio in una squadra del Csi ed era molto abile anche nel ping pong. La vedova Tiziana Fecchio non se l'è sentita di partecipare al rosario recitato alle 18,30 nella chiesa del Beato Bernardo in suffragio del marito. Vi si sono recate alcune centinaia di persone. Lei è rimasta accanto alla bara fino a tarda sera. I funerali si svolgeranno domani mattina. Fonte: La Stampa © 2 giugno 1985 Fotografie: Tiziana Fecchio © Wikipedia.org © Juventus Club Moncalieri ©

 

Landini e Russo sull'aereo atterrato a Caselle

Tornati a casa i due torinesi uccisi a Bruxelles

Erano partiti in pullman, allegri e in numerosa compagnia, verso una giornata di festa: comunque si fosse conclusa la partita fra Juventus e Liverpool, il viaggio a Bruxelles sarebbe stato ugualmente una piccola avventura, da ricordare con qualche regalino acquistato in Belgio e con la solita raffica di cartoline. Sono tornati con un mezzo "di lusso", l'aereo, ma chiusi dentro una bara: e di fronte all'assurdità delle loro e delle altre morti, tante, troppe, non c'è spiegazione che tenga, non c'è ricerca di responsabilità e punizione di colpevoli che possa attenuare il dolore, la rabbia. Le salme di Giovacchino Landini e Domenico Russo sono state rimpatriate stamane su un aereo dell'Aeronautica militare atterrato a Linate con a bordo anche altri feretri, diretti in località diverse dell'Italia Settentrionale. Da Milano le due vittime torinesi sono state portate a Torino in furgoni funebri: i funerali si svolgeranno oggi alle 18 per il ristoratore cinquantenne di via Spotorno nella chiesa di Santa Monica (in via Cortemilia angolo via Tirone), presenti il sindaco Giorgio Cardetti e il gonfalone della città, e lunedì mattina alle 9 per l'elettricista ventiseienne di Moncalieri. I due non si conoscevano: in comune avevano una grande passione sportiva per la squadra del cuore e i biglietti di quel maledetto settore Z dello stadio Heysel che il destino ha voluto attribuire loro. Landini in un modo che non può non fare ancora più male, pensando a quella infinitesimale curva della sorte che ha spento la sua vita. L'uomo, sposato con due figli, era infatti partito martedì sera da piazza Castello, su uno dei trenta pullman organizzati dal Juventus Club di via Bogino, con un biglietto verde dei settori M-N-O, ma a Bruxelles ha incontrato dei conoscenti che avevano posti nella zona Z: "E' venuto da me nel piazzale dei pullman - spiega il presidente del club, Piercarlo Perruquet - e mi ha chiesto di cambiargli il tagliando, per stare con loro. Il biglietto grigio del settore Z gliel'ho dato io". Era uno dei venti tagliandi circa ricevuti dal vicepresidente dell'Anderlecht Club: forse si sarebbe dovuto pensare al pericolo di mandare dei tifosi juventini in una zona in precedenza appositamente riservata a una fascia "neutrale" di spettatori belgi, ma l'errore (se di errore si tratta, dopotutto è assurdo che si debba affrontare uno spettacolo, in un Paese cosiddetto civile, con le cautele necessarie in caso di guerriglia urbana) appare commesso sicuramente in buona fede. I due fratelli di Domenico Russo partiti ieri mattina per Bruxelles hanno avuto la conferma definitiva della sua morte quando si sono trovati davanti alla salma: fino all'ultimo i familiari del giovane di Moncalieri (sposato da quattro anni, sua moglie attende un bimbo) non avevano rinunciato alla speranza, per labile che fosse. Un'omonimia e il fatto che il giovane apparisse vivo in una drammatica fotografia pubblicata dai giornali avevano sostenuto a lungo il rifiuto della realtà: "Non volevamo crederci, non era possibile che il Domenico Russo sull'elenco delle vittime fosse proprio lui. E all'inizio dal Belgio ci hanno detto che era solo ferito, non hanno avuto il coraggio di dirci subito la verità". Ieri sera, all'arrivo a Caselle del C130 che riportava a Torino due feriti (uno è Alberto Moschella, con un braccio spezzato, cui è stato assicurato tutto l'aiuto necessario) e un primo gruppo di parenti delle vittime, era presente anche il sindaco Cardetti. Non ha voluto turbarli ancora di più, in un momento già abbastanza sofferto: solo poche parole di solidarietà, di conforto, prima che parenti e amici sottraessero quei visi contratti dal dolore, ma anche da una sorda rabbia, all'inevitabile raffica di flash dei fotografi, alle domande dei giornalisti e ai riflettori della televisione. Incredibile infine la totale scomparsa (ne parliamo a parte) di un altro tifoso di Moncalieri, Marco Manfredi, 40 anni, che sembra svanito nel nulla, da quando è entrato nello stadio mercoledì. M. SP. Fonte: Stampa Sera © 1 giugno 1985 (Testo © Fotografia)

 

Lo strazio dei famigliari di Domenico Russo

Due morti accertati ma di altri tifosi non si sa nulla

Da Bruxelles non sono tornati in due a Torino: Giovacchino Landini, 50 anni, titolare di una trattoria toscana in via Spotorno 33 alla barriera di Nizza, abitazione in via (Omissis), e Domenico Russo, 26 anni, un elettricista di Moncalieri, dove abitava in via (Omissis). Entrambi sono tra le liste ufficiali dei morti; le salme non si sa ancora quando arriveranno. Due famiglie sconvolte dal dolore, per un dramma senza senso, brutale, crudele, imprevedibile. Prima del rimpatrio dei corpi (con aerei militari italiani) devono essere fatte le autopsie di tutte le vittime, quindi ci vorrà ancora qualche giorno. Giovacchino Landini, originario di Capannori in provincia di Lucca, aveva sempre solo frequentato lo Stadio Comunale torinese; tra il lavoro e la famiglia - la moglie Carola Bandiera e due figli, Monica di 22 anni e Andrea di 15 - non aveva tempo e soldi per seguire le trasferte. Lo dipingono come un tifoso tranquillo, di indole pacifica, non iscritto al Club Juventus; tuttavia frequentava il circolo di via Bogino. Per una volta tanto aveva invece deciso di seguire da vicino la mitica partita della Coppa dei Campioni. Il biglietto gli era costato 50 mila lire al mercato nero, dato che gli ingressi normali da diecimila lire erano esauriti. "Ti porterò indietro il biglietto - aveva detto al figlio Andrea di 15 anni - lo terrai per ricordo". La moglie si dispera: "E' colpa mia, non dovevo lasciarlo partire. Stavo lavorando nel locale la sera del disastro e ho cominciato a sentire notizie di scontri e disordini per radio. Poi ho visto anche la televisione e mi sentivo morire. I clienti mi rincuoravano, tutti dicevano vedrai che a Giovacchino non è capitato niente. Io mi facevo forza, sorridevo ai clienti, ma avevo un presentimento". "Papà è finito in quel settore, isolato dal suo gruppo proprio perché non aveva trovato il biglietto per tempo: "Quella sera ho cercato per due ore di telefonare a Bruxelles - aggiunge la moglie - ai numeri che diceva la televisione, ma ho trovato sempre occupato. E la gente a Torino ? Come hanno fatto quelli che sono andati in giro di notte con le bandiere e a suonare i clacson, a dimenticarsi dei morti e dei feriti ? Sul massacro continuano ad arrivare testimonianze; molti telefonano al giornale raccontando la propria esperienza, sempre tragica, allucinante. Arnalda Girani, 57 anni, di Scopello in Valsesia telefona: "Ho visto con i miei occhi degli inglesi che hanno aggredito un poveretto che vendeva maglie e bandiere della Juve, e gli hanno rubato la roba, poi sono entrati nel settore degli italiani travestiti da juventini. Noi abbiamo denunciato il fatto subito alla polizia che non ha mosso un dito. Bisogna dirle queste cose. Alla fine gli inglesi se ne sono andati via con cinque pullman e nessuno gli ha detto niente". A Moncalieri, nella casa di Domenico Russo, si stenta ancora a credere alla notizia della morte; la moglie del giovane, Tiziana, incinta di sette mesi, non vuole accettare la verità. Tra l'altro ci sono state lunghe ore di incertezze, informazioni incomplete e non controllate prima di avere la verità. Uno dei fratelli, Salvatore, è stato informato dai carabinieri, ma tutti in famiglia hanno sperato ancora, che si trattasse di un errore, che Domenico tornasse a casa. Russo si era sposato quattro anni fa; lavorava come elettricista in una piccola azienda. "Non era mai andato all'estero in vita sua - racconta il fratello Salvatore - e neanche in altre parti d'Italia. Solo una volta era andato a Cremona a vedere la Roma. Era da tanto, che sognava di andare a vedere la finale della coppa dei campioni. Finalmente era riuscito. E' partito martedì sera col suo amico Alberto "che è rimasto ferito a un braccio. E non è più tornato. Adesso c'è il problema di andare fino a Bruxelles". La tragedia comunque non è ancora finita; parecchi degli spettatori presenti allo stadio Heysel, non sono ancora tornati a casa e le famiglie sono col cuore in gola perché non hanno avuto notizie, né sanno con precisione a chi rivolgersi. Nella capitale belga, non è ancora tutto finito, il grande caos non si è ancora ricomposto, alcune vittime non sono ancora state identificate, né è da escludere che qualcuno sia vagante chissà dove in stato di choc. Fonte: Stampa Sera © 31 maggio 1985 Fotografia: L'Unità ©

Questa mattina da Caselle un velivolo militare con i parenti delle vittime

Un aereo carico di dolore è partito per Bruxelles

A bordo i congiunti di Domenico Russo e Giovacchino Landini e molti che vogliono visitare i loro cari negli ospedali della capitale belga. Due corpi ancora senza nome.

Con un aereo militare è partito stamane da Caselle per Bruxelles un gruppo di parenti di tifosi juventini rimasti coinvolti nella tragedia dello stadio Heysel. Per due di loro (Salvatore Russo, fratello del ventiseienne Domenico, e un fratello di Giovacchino Landini, 50 anni), un viaggio senza speranza, una triste necessità: si recano infatti nella capitale belga per il riconoscimento ufficiale dei cadaveri dei loro congiunti, la cui identificazione è purtroppo ormai certa. I parenti di Russo, elettricista, sposato da quattro anni (la moglie Tiziana è in attesa d'un figlio), si sono illusi fino all'ultimo che quel nome sull'elenco delle vittime non fosse quello del "loro" Domenico: a vedere la partita era andato infatti anche un omonimo, l'ex assessore comunale "scissionista" dal pli, e per alcune ore la coincidenza è servita a cullare la speranza. Poi la terribile conferma (due fratelli del giovane l'hanno avuta in questura, dopo aver riconosciuto Domenico su una drammatica fotografia pubblicata da "Stampa Sera" ieri), che è stata tenuta per qualche tempo nascosta dal fratello minore Salvatore, il primo ad averla intuita ma che non aveva il coraggio di rivelare la verità, in particolare alla cognata. La moglie di Landini, Carola Bandiera, e i figli Monica e Andrea, hanno invece appreso quasi subito, alle due della notte fra mercoledì e giovedì, che il destino aveva loro portato via in modo così assurdo e feroce il marito e padre. Un destino che ha accomunato anche in un altro commovente modo Domenico Russo e Giovacchino Landini: entrambi infatti si recavano per la prima volta a seguire la squadra del cuore fuori Torino, il desiderio di vedere la Juventus conquistare finalmente la Coppa Campioni era stato troppo forte. Le altre persone che si sono imbarcate sull'aereo militare sono parenti di feriti ancora ricoverati negli ospedali belgi, dove restano ancora diverse persone in coma e anche due corpi senza vita ai quali non è stato possibile dare un nome. Fonte: Stampa Sera © 31 maggio 1985 Fotografia: Aeroportoditorino.it ©

Ventisei anni, il suo nome è nell'elenco ufficiale dei morti

Ma la famiglia spera "Domenico è vivo"

di Beppe Minello

A Moncalieri, in casa di Domenico Russo, 26 anni, una delle vittime cui la polizia belga solo ieri mattina è riuscita a dare un nome e un volto, la tragedia non s'è ancora consumata. E' già l'imbrunire, ma la moglie Tiziana (incinta di sette mesi e poco più giovane del marito), i genitori e la cognata, riuniti nella casa dei suoceri, in via (Omissis), rifiutano con rabbia e disperazione la notizia che il loro caro è morto nel massacro di Bruxelles. L'unico che conosce la terribile verità è il fratello più giovane della vittima, Salvatore. Ha appena telefonato a Roma: "Sì, mi hanno confermato che Domenico è morto. Qui tutti sperano che non sia vero perché le prime notizie parlavano di un morto che aveva lo stesso nome di mio fratello, ma più giovane. Al telefono mi hanno dato la certezza che è proprio Domenico, ma come faccio a dirglielo ? Ho paura che Tiziana possa perdere il bambino per lo spavento... Mio padre mi è già svenuto tra le braccia... Non posso, non posso proprio". Stenta a trattenere le lacrime. Ammutolisce quando dalla cortina del giardino di casa escono alcuni parenti. "Ma perché venite da noi, non è detto che Domenico sia morto", reagisce una donna. E' la suocera di Domenico Russo. Si calma un attimo e, rivolta al cronista, chiede: "Dateci una mano ad andare lassù, a Bruxelles. Io, mio genero, l'ho visto al telegiornale di mezzogiorno, era su una barella: morto". Poi, quasi a scacciare una verità che nemmeno lei vuole riconoscere, ricomincia: "Hanno detto che il Domenico Russo morto è più vecchio del nostro e l'hanno ripetuto i carabinieri che sono venuti poco fa". "I carabinieri hanno detto la verità, sono io che l'ho nascosta - spiega Salvatore, appena la donna rientra in casa - gli altri due miei fratelli, Gianbattista e Giuseppe, sono andati in questura con una copia di Stampa Sera dove hanno creduto di riconoscere Domenico. Aspetto che tornino, sono i più anziani e devono essere loro a dire tutto: io di più non posso e non riesco a fare". Ormai rassegnato, Salvatore, racconta qualcosa di suo fratello, ma anche lui, travolto dalla tensione che regna in casa, spera ancora: "Aspettiamo, forse non è lui...". Domenico Russo si era sposato 4 anni fa e lavorava come elettricista in una piccola azienda: "Non era mai andato all'estero o in altre parti d'Italia a seguire la Juventus. Una volta si era recato a Cremona a vedere la Roma. Era da tanto tempo che sognava la finale della Coppa dei Campioni. E' partito martedì sera con il suo amico Alberto, anche lui rimasto ferito a un braccio - spiega Salvatore Russo - Mi sono informato su come andare a Bruxelles e sicuramente ci andremo, ma bisogna dirlo che Domenico è morto, e non ci riesco...". Fonte: La Stampa © 31 maggio 1985 Fotografie: Stampa Sera © Tiziana Fecchio ©


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