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MOSCA 1982
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Mosca 20.10.1982 Strage dello Stadio "Lenin"
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La tragedia segreta del Luzhniki

di Marco Regazzoni

La tragedia più grande della storia del calcio sovietico. Il 20 ottobre 1982 allo stadio Luzhniki di Mosca persero la vita 66 tifosi (ma la cifra non ufficiale è almeno 300), travolti dalla calca all’uscita dalla tribuna C dopo il match tra lo Spartak e gli olandesi dell’Haarlem.

Tra le sciagure avvenute all’interno di uno stadio, quella dell’Heysel del 29 maggio 1985, con i suoi 39 morti, è senza dubbio la più dolorosa per la memoria di noi italiani. La ricordiamo come la strage sportiva per antonomasia, dimenticandoci forse di altre tragedie verificatesi fuori dai nostri confini: come quella di Bradford, sempre nel 1985, dove trovarono la morte 56 persone, o quella dell’Hillsborough di Sheffield, quattro anni più tardi, con le sue novantasei vite spezzate, per non parlare di quanto avvenuto a Bastia, in Corsica, nel 1992 o in Guatemala nel 1996. Ma c’è una strage, che storicamente precede quelle appena citate, venuta alla luce solo molti anni dopo, per via dei tentativi di insabbiamento delle autorità locali: accadde a Mosca, il 20 ottobre 1982. Nell’ottobre 1982 l’Unione Sovietica, così come il proprio vetusto e malandato leader Leonid Breznev, si trovava in condizioni di salute estremamente precarie. L’embargo americano, attuato per ritorsione all’invasione dell’Afghanistan del 1980, il ritardo accumulato nella corsa alla tecnologia, la corruzione ormai endemica e la crisi del modello socialista agli occhi dell’opinione pubblica mondiale stavano portando l’Unione Sovietica a chiudersi sempre più in sé stessa. Mikhail Gorbaciov, la glasnost’ e la perestrojka saranno ancora di là da venire, e la cronaca interna continuerà a restare custodita ermeticamente all’interno dei confini per altri cinque anni almeno. È il periodo in cui l’impero sovietico volge ormai al tramonto, ma la gerontocrazia abbarbicata al potere non ne è ancora cosciente, e dalla fortezza del Cremlino sembra guardare compiaciuta a un mondo immaginario. Addirittura la salute del segretario del PCUS, Breznev, è coperta da una coltre di omertà. E nelle rare apparizioni ufficiali il leader morente viene retto in piedi artificialmente dalle guardie del corpo, mentre l’agenzia TASS e la Pravda cercano di tranquillizzare l’opinione pubblica, affermando che la causa della sua debilitazione è dovuta solo a un banale "raffreddore". Infatti in quel periodo non sono assolutamente accettati episodi che potrebbero, in qualunque maniera, gettare cattiva luce sull’Unione Sovietica o trasmettere segnali di debolezza, e la cosiddetta disinformacija è utilizzata a piene mani non solo per nascondere il male incurabile di Breznev, ma in generale per occultare le reali condizioni del paese. L’imperativo vigente impone che nessuna tragedia possa essere divulgata, e la materia sportiva non fa eccezione. Così quel 20 ottobre 1982, allo Stadio Centrale Lenin, che due anni prima aveva ospitato le olimpiadi, si gioca una partita valida per l’andata dei sedicesimi di finale della Coppa Uefa. Si trovano di fronte i padroni di casa dello Spartak Mosca, che nel turno precedente avevano eliminato a sorpresa l’Arsenal, e gli olandesi dell’HFC Haarlem, che nei trentaduesimi di finale avevano avuto la meglio sui belgi del Gent. Lo Spartak, il cui nome trae origine da Spartaco, il leader ante litteram della rivolta degli schiavi nell’antica Roma, è la squadra del popolo per eccellenza, contrapposta ai militari della CSKA, ai poliziotti della Dinamo e ai ferrovieri della Lokomotiv. Le sue partite attirano grandi folle fin dagli anni ruggenti dei fratelli Starostin, e anche quella sera, nonostante i dieci gradi sotto zero del freddo autunno moscovita, sono presenti comunque oltre 15mila tifosi ad assistere alla partita, tra i quali un centinaio di coraggiosi supporter olandesi. Gli spettatori vengono concentrati unicamente sulla Tribuna Est, anche perché buona parte delle gradinate dell’impianto, che ha una capienza massima di 80mila persone, è ricoperta da uno spesso strato di ghiaccio.

Un gol di Edgar Gess, discreta mezzapunta della squadra di casa, è uno dei pochissimi lampi in una partita indubbiamente condizionata dalle condizioni atmosferiche proibitive. Quando mancano ormai pochi minuti al termine di un match trascorso senza troppi sussulti, una buona parte dei tifosi inizia a defluire dalle tribune, prestando attenzione alle rampe e agli scalini ghiacciati. E proprio durante quelle battute finali, il difensore Sergei Shvetsov realizza il definitivo 2-0: "Non avrei mai voluto segnare quel gol", dirà più tardi il giocatore russo, perché quel gol segna l’inizio della tragedia. Gli spettatori fuoriusciti in precedenza tentano di rientrare in tribuna, avendo sentito il boato di quelli rimasti sugli spalti: ma la polizia fa muro, bloccando i tifosi che cercano di rientrare all’interno dell’impianto e comprimendoli probabilmente nell’unico tunnel di uscita lasciato aperto. Il "probabilmente" è d’obbligo, perché nessun rapporto ufficiale attendibile ha fatto mai chiarezza sulla dinamica dei fatti. La calca che si genera fa sì che molte persone rimangano schiacciate, mentre alcune tra le poche riuscite a tornare sugli spalti sono vittime del fondo ghiacciato. Attoniti, alcuni spettatori sulle tribune sentono grida strazianti, vedono la folla in preda al panico, finché dopo qualche interminabile minuto, le prime ambulanze cominciano a convergere verso lo stadio. Gli uomini della milizia non hanno ordini, non sanno cosa devono fare, e il loro comportamento aggrava pesantemente la situazione. Secondo alcune testimonianze i poliziotti avrebbero deciso di far fuoriuscire i tifosi da un unico tunnel per poter individuare quei sostenitori che, durante il match, avevano inveito contro di loro, aggiungendo alle parole il lancio di gelide palle di neve. Le squadre, una volta rientrate negli spogliatoi, non possono immaginare la gravità della situazione. I giocatori dell’Haarlem, come ricorda ancora oggi il capitano Martin Haar, sono costretti dalla milizia a lasciare immediatamente l’impianto, senza nessuna spiegazione. Stessa situazione per quelli dello Spartak, che non vengono informati di nulla. Alcuni poliziotti, unitamente ai funzionari dello stadio, si prodigano per salvare più persone possibile. Ma la maggior parte di loro, in mancanza di ordini, resta incredibilmente inerte. Il giorno dopo, il quotidiano "Il Vespro di Mosca", riporta in modo molto generico di "qualche incidente che ha comportato lesioni ad alcuni tifosi", guardandosi bene dall’entrare nei dettagli.

Gradualmente, l’inchiesta sul disastro ordinata da Jurii Andropov, una volta diventato segretario del PCUS succedendo a Breznev, ammette che in quella tragica serata rimasero uccise 67 persone. In realtà, fonti non ufficiali parlano di almeno 300 spettatori che persero la vita in quella calca infernale. Ma le autorità sovietiche hanno insabbiato per anni i reali numeri della vicenda, ed ancora oggi gli storici faticano a ricostruire le effettive proporzioni della strage. Sembra che addirittura alcuni funzionari, su ordine diretto del Cremlino, si misero a compilare falsi certificati di morte, in modo tale che i decessi di molti spettatori venissero "spostati" in altri luoghi ed in altre circostanze. Andrej Chesnokov, ex tennista sovietico e testimone oculare di quella sera, afferma di "aver contato tanti cadaveri da poterci riempire due campi da tennis". Come troppo spesso accade, i processi "ufficiali" cercano di individuare un capro espiatorio: nel caso specifico, è un certo Panchickhin, il custode dell’impianto, ad essere ritenuto a torto il principale responsabile della tragedia. Verrà condannato a 18 mesi di lavori forzati. Per anni, sui quotidiani sovietici si faranno solo vaghe allusioni al disastro del Luzhniki (l’attuale nome dello stadio Lenin), con qualche frammento di verità che inizierà ad emergere soltanto dopo il crollo dell’URSS. E solamente nel 1990 si permette la costruzione di un monumento commemorativo all’esterno dell’impianto. Ma ancora oggi nessun responsabile di alto livello ha chiesto scusa per questa tragedia. Il 20 ottobre 2007, venticinque anni dopo il sanguinoso massacro, gli ex giocatori delle squadre coinvolte si sono ritrovati al Luzhniki per una partita amichevole, ma soprattutto per commemorare tutte le vittime (non si sa ancora il loro numero esatto) di uno dei tanti fatti drammatici, riemersi dagli abissi della censura solo dopo il crollo del regime sovietico.

22 aprile 2010

Fonti: Sportvintage.it - Storiedicalcio.altervista.org

Stadio Luzhniki di Mosca, tragedia e bugie

di Sebastiano Di Paolo

Oltre un trentennio dopo la sciagura allo stadio Luzhniki di Mosca, la Russia del dopo dissoluzione non ha ancora riferito il numero preciso delle vittime. Se ne ipotizzano circa 300, mentre le autorità russe hanno sempre cercato di nascondere i dati di quella carneficina e gli storici faticano a restituire alla verità i nomi e le cifre di quella partita finita in tragedia. Secondo alcune fonti, pare che le autorità del Cremlino abbiano addirittura predisposto la falsificazione dei certificati di morte, per dirottare su cause estranee ai fatti di Mosca, le ragioni della scomparsa di alcune persone. I funzionari russi potrebbero aver cambiato persino il volto della morte, per evitare che rivelazioni scomode e imbarazzanti potessero ritorcersi contro la reputazione del regime. Ufficialmente, Jurii Andropov, segretario del PCUS, succeduto a Breznev, comunicò che 67 persone persero la vita alla fine della partita di calcio tra lo Spartak Mosca e gli olandesi dell’Haarlem, gara disputata allo stadio Luzhniki di Mosca. La comunicazione, molto probabilmente spoglia di dettagli importanti, arrivò dopo che la stessa stampa russa aveva diffuso notizie superficiali sull’accaduto. Il 20 ottobre del 1982, nello stadio che una volta era intitolato a Lenin, dopo il fischio finale della partita tra Spartak Mosca e Haarlem, un numero imprecisato di persone perde la vita schiacciato dalla calca all’uscita della tribuna, settore C. Il secondo goal dei padroni di casa, allo scadere di gioco, richiama l’improvvisa attenzione dei numerosi spettatori che avevano iniziato ad abbandonare lo stadio, anche a causa delle condizioni atmosferiche di quei freddi sedicesimi di finale di Coppa UEFA. Il gol di Shvetsov, che successivamente dichiarerà di essersi pentito d’averlo segnato, scatena l’esultanza dei presenti sulle tribune, mentre quelli già fuori cercano di rientrare, trovando però l’ostacolo dei militari che ne impediscono il rientro. Lo spazio tra l’uscita e gli ingressi è troppo piccolo e vi restano stipate un numero troppo alto di persone per essere sopportato. La folla schiaccia la folla, e l’unica via di sfogo possibile resta chiusa a causa dell’impedimento dei soldati. Ai militari non arrivano ordini, e, non sapendo come comportarsi, restano inerti ad assistere alla consumazione di una tragedia che sarà svelata soltanto successivamente, anche agli stessi calciatori di Spartak e Haarlem, che lasceranno gli spogliatoi senza che qualcuno li informi dell’accaduto. Alcuni poliziotti, secondo diverse testimonianze, cercano di aiutare i tifosi rimasti incastrati nella ressa, altri invece, in preda alla paura e all’indecisione, non sanno come comportarsi. Sono i primi anni ’80 dell’Unione sovietica, la Russia di Breznev, l’ultimo dittatore russo. L’uomo dei numerosi interventi militari, della Ostpolitik, degli interventi in Africa e dell’Afghanistan, del nepotismo e della corruzione. L’uomo del bacio a Honecker, segretario del comitato centrale del partito socialista della Germania est. Gli anni ’80 sono quelli del progressivo disfacimento dell’Unione sovietica, al quale Breznev non assisterà, perché morirà nel 1982. Ma il suo quasi ventennio di guida politica sarà l’ultima conferma di una delle due facce del dopoguerra. Lo smarrimento di quegli anni si trasferisce pure nella tragedia dello stadio Luzhniki, quando, secondo fonti attendibili, più di 300 persone muoiono schiacciate da una ressa che nel lutto dei giorni e degli anni successivi consegna alla cronaca un numero minore di vittime, onde ridurre maldestramente l’entità e l’imbarazzo dell’accaduto per un governo ritenuto responsabile di un’organizzazione della sicurezza rigidamente militarizzata e poco efficace. Del resto, lo ha scritto pure Dostoevskij nei "Demoni", che "Per rendere la verità più verosimile, bisogna assolutamente mescolarvi un po’ di menzogna".

13 giugno 2013

Fonte: Spazionapoli.it

I morti segreti del Luzhniki

"Il 20 ottobre 1982, dopo un match giocato alla Grand Sports Arena, mentre gli spettatori uscivano, a causa del movimento della folla c’è stato un incidente. Ci sono stati dei feriti. Le circostanze dell’incidente sono tutt’ora oggetto d’investigazione".

Così, nella sezione delle brevi, il piccolo quotidiano locale Vechernyaya Moskva, descriveva quello che era accaduto il giorno prima al Central Lenin Stadium. Incidente. E feriti. Fu l’unico che dette notizia di ciò che, agli occhi dei lettori, poteva essere al massimo una notiziola. Del resto ai tempi i media russi, parlando della salute dell’anziano, e a tratti agonizzante, Leonid Breznev la definivano "vittima di un semplice raffreddore". Niente di strano dunque nel fatto che ciò che sette anni più tardi sarebbe stata classificata come una delle più grandi tragedie dello sport sovietico, venisse ridotta a semplice notizia o, peggio tacitata. La strategica disinformacija agisce su radio, televisioni e giornali: la fede nella solidità dell’Unione è e deve restare intatta. Del resto, perdìo, due anni prima quello stadio ha ospitato le Olimpiadi (quelle del grande boicottaggio) e non è certo un campetto di periferia. È anche la casa del glorioso Spartak Mosca di Nikolaj Sarostin (e della nobile decaduta Torpedo Mosca), che quel giorno si trova a giocarsi i sedicesimi di Uefa contro gli olandesi dell’HFC Haarlem. E poi si sa, in un campionato calcistico fatto di ferrovieri, ufficiali e marinai, la squadra del popolo piace. Si chiama come lo schiavo che capeggiò la sfortunata rivolta contro gli odiati romani, e piace. E attira gente, anche quando ci sono dieci gradi sottozero, che a quelle latitudini del resto son bazzecole. E infatti sono ben 15000 i tifosi allo stadio, di cui cento ospiti, tutti concentrati nelle Tribune Ovest, in minor parte, ed Est, le uniche i cui spalti non sono coperti da letali lastre di ghiaccio, dunque praticabili. Poche emozioni, una rete della mezzapunta di casa, Edgar Gess e negli ultimi minuti un copione già visto: gioco stantio, freddo che morde e pubblico, soprattutto della Est, che lentamente inizia a defluire verso l’uscita, l’unica aperta, pare (non ci sono rapporti ufficiali). La folla è tanta e le scale sono strette, troppo strette. Secondo le testimonianze, una giovane donna inciampa e cade, creando un beffardo ed assassino effetto domino. Le scale sono ripide, chi è in cima spinge e non vede, chi è nel mezzo spinge ed incespica, chi è in fondo resta schiacciato dalla calca. Ma il dramma ancora non si è consumato, ed attende la rete di Sergej Shvetsov: il difensore moscovita segna il definitivo 2-0, coloro che sono rimasti sugli spalti esultano, quelli che stavano uscendo dallo stadio si voltano. Pare, di nuovo, che tramite l’unico claustrofobico tunnel accessibile molti cerchino di rientrare nella tribuna, ma la polizia fa muro, di fronte ad una folla che spinge nel senso opposto. Le scale forse collassano, non si sa. Chi era in campo non si accorge di niente: la milizia, a partita finita, costringe gli atleti ad abbandonare l’impianto. Le ambulanze tardano e molti poliziotti, sembra, senza ordini restano incredibilmente inerti. Alla fine, anche se fonti non ufficiali parlano di 300 vittime, i morti accertati saranno 66 i quali, per i due terzi ragazzi nemmeno maggiorenni; 61 i feriti, di cui 21 gravi. Le salme, non troppo curiosamente, vengono portate in diversi obitori cittadini e seppellite dodici giorni dopo in cimiteri differenti, pare, per evitare la costruzione di un monumento "rivelatore" sul luogo della tragedia. E, negli anni successivi, alla fine di Ottobre nessuno avrebbe giocato al Luzhniki: sembra per lo stato del manto erboso, forse per evitare manifestazioni e pellegrinaggi. Cala il silenzio, si moltiplicano i "forse" e le voci: i media, come rito tacciono, i funzionari di partito, sembra, tramite falsi certificati di morte "spostano" le vittime in altri posti. L’indagine c’è, bugiarda e leggera come usa quando qualcosa imbarazza il potere: anni dopo colui che se ne occupa, Aleksandr Shpeyer, in piena glasnost verrà smentito e discusso, ma mai incriminato. Tutti parlano di incidente, fatalità, caso. Anche gli organi d’informazione, pur consci d’essere agli sgoccioli: il trafiletto della Vechernyaya Moskva venne ripreso dall’ANSA e due giorni dopo La Stampa sbatté a sorpresa la tragedia in prima pagina, grazie a fonti tuttora sconosciute. Pur sottovalutando il numero dei morti, molti giornali occidentali ripresero la notizia, scontrandosi però con l’oppressivo silenzio dei colleghi sovietici, che sarebbe durato fino al 1989, quando il Sovetsky Sport citò il disastro di Luzhniki in una lista di tragedie simili. Le autorità, dopo un patetico palleggio di responsabilità e smentite, furono costrette a confermare il numero delle vittime, tutt’oggi altalenante, come il resto della vicenda. Solo dieci anni dopo, nel 1992, un monumento è stato eretto sul luogo del disastro: tardivo, morboso e non in grado di scusare, perdonare e dimenticare il silenzio di regime sui morti del Luzhniki.

15 aprile 2014

Fonte: Miramilano.wordpress.com

20 ottobre, la tragedia allo Stadio Lenin di Mosca

di Daniele Errera

Il 20 ottobre 1982 furono 66 i morti allo Stadio Lenin di Mosca, durante il match tra Spartak e Haarlem.

Da qualche parte lessi che i giocatori della Juventus non si accorsero di niente all’Heysel. Riguardatevi l’esultanza di Platini. Sì, c’erano stati qualche scontro, è vero. Ma era normale al tempo quando giocavi contro le inglesi. Specialmente col tifo del Liverpool, che si presentava coi terribili hooligans. È per questo che non mi stupiscono le parole dei giocatori dell’Haarlem F.C. Era il 20 ottobre 1982. "Appena finita la partita siamo stati costretti dalla milizia a lasciare subito gli spogliatoi. Ma nessuno ci ha detto quel che stava succedendo", raccontò il capitano degli olandesi, Martin Haar. Avrebbe poi rincarato la dose il portiere Metgod: "Ci hanno detto di uscire immediatamente. Quando siamo usciti dallo stadio abbiamo visto che per le strade circolavano molte ambulanze a sirene spiegate. Pensavamo fosse successo qualcosa in giro per la città, non certo allo stadio. Abbiamo saputo dell’accaduto solo quando siamo tornati in Olanda". Mosca, 20 ottobre 1982, sedicesimi di finale di Coppa UEFA 1982-1983. Siamo nell’Unione Sovietica, durante il riacutizzarsi della Guerra Fredda. Leonid Breznev è l’anziano capo di un URSS ormai in decadenza. Allo stadio Lenin è di scena Spartak Mosca contro gli olandesi dell’Haarlem, la prima squadra di Gullit. Il giovane gigante dalle treccine non c’è. Si è trasferito in estate al Feyenoord. Tra i russi e gli olandesi (che poi nel 2010 scioglieranno il club) si gioca l’andata in un freddo ottobre moscovita. La partita dice poco, finisce 2-0 per i padroni di casa, che poi passeranno il turno con un facile 1-3 al ritorno. Quello che succede verso la fine del match ha del tragico, del drammatico. Parte del pubblico viene sistemato in un’unica ala dello stadio, un’ala con un’unica via d’uscita. Parte della folla decide di scemare prima della fine della partita, quando il 2-0 arriva proprio all’ultimo minuto (rete di Shvetsov). La calca dei festeggiamenti si mischia con quella di chi voleva uscire. La polizia impedì di tornare in curva e fu così che cominciarono i tafferugli sulle scale. Queste crollarono e fu così che la tragedia fu fatta. Si parla di 66 morti. Alcune fonti dicono di oltre 300. È un dramma totale. Morti e tanti feriti. Fatto sta che ancora oggi non si sa come andò precisamente. Al processo in Russia fu condannato il custode appena assunto, Yuri Panchikhin. Un processo farsa, secondo molti. Ma le famiglie chiedono ancora la verità ed è giusto ricordare e denunciare. Perché questa come tante altre tragedie del genere non accadano più in futuro.

20 ottobre 2017

Fonte: Lagiornatasportiva.it
 
 
IL SITO della MEMORIA OCTOBER20.RU
ALTRE FONTI: Wikipedia.org     Mosca 14-16.10.2016     Mosca 20.10.2018

Mosca

Morti e feriti a Mosca (quanti?) dopo la gara Spartak-Haarlem

MOSCA - Alcuni spettatori sono rimasti feriti, forse ci sono stati dei morti, mercoledì sera nel gigantesco stadio "Lenin" al termine della partita di calcio di Coppa Uefa tra lo Spartak di Mosca e gli olandesi dell'Haarlem. Dell'incidente dà notizia il giornale della sera della capitale sovietica. "Ci sono state vittime e un'inchiesta è in corso sulle circostanze dell'accaduto" la parola usata in russo può far pensare sia a morti sia a feriti). Stando alla "Vecernaya Moskva" l'incidente è dovuto a "una violazione dell'ordine di smistamento dei flussi umani". Alla partita assistevano quindicimila persone. Ci sarebbe stata una ressa al momento dell'uscita: una donna sarebbe caduta e sarebbe quindi stata travolta dalla folla.

22 ottobre 1982

Fonte: Stampa Sera

Grave incidente alla fine della partita tra Spartak di Mosca e olandesi dell'Haarlem

Caos allo stadio Lenin: feriti, forse morti

MOSCA - Decine di feriti, forse anche qualche morto (tre, affermano fonti giornalistiche olandesi) sono il bilancio di un grave incidente avvenuto mercoledì sera allo stadio Lenin, subito dopo il fischio di chiusura della partita Spartak-Haarlem, valevole per la Coppa Uefa e vinta dai sovietici per 2-0. L'unica conferma ufficiale - poche righe sul quotidiano della sera Vechernaja Moskva - sembra escludere che si sia trattato di un episodio di violenza fra tifosi, sebbene quelli dello Spartak (per lo più adolescenti) siano considerati fra i più chiassosi e indisciplinati. Sul giornale si legge infatti, sotto il titolino "incidente" pubblicato su una colonna, e nel linguaggio burocratico tanto caro ai mass-media sovietici, che il fatto è avvenuto "in seguito a una violazione dell'ordine di smistamento dei flussi umani". In altre parole, a quanto par di capire, è stata la ressa all'uscita dello stadio a causare l'incidente. Secondo testimoni oculari, si è visto un cospicuo numero di poliziotti correre verso un angolo delle gradinate mentre i 15 mila spettatori defluivano dallo stadio. Secondo altri - ma è finora mancata qualsiasi conferma ufficiale - una donna sarebbe caduta, scivolando sulle scalette e provocando una valanga umana. Il panico avrebbe fatto il resto. Di certo si sa che numerose ambulanze hanno fatto la spola con lo stadio e che i feriti sono stati portati in due diversi ospedali della città: un numero non indifferente, quindi. Si è affacciata anche l'ipotesi del crollo di una barriera o addirittura di una scala: sarebbe suffragata, secondo alcuni, dalla decisione di far disputare domani la partita Spartak Mosca-Dinamo Tbilisi non allo stadio Lenin, come era in programma, ma allo stadio della Dinamo Mosca. L'annuncio, senza commenti né spiegazioni, è stato dato dal quotidiano Sovetskij Sport. Non è eccezionale un trasferimento di questo genere, soprattutto nella stagione invernale, quando il pubblico diventa meno numeroso e può quindi essere raccolto in uno stadio più piccolo. Mosca è ormai sotto la neve: proprio mercoledì sera, durante la partita, ne era caduta una discreta quantità. Sul bilancio dell'incidente la Vechernaja Moskva (Mosca Sera) si limita a precisare che "ci sono vittime". Usa la parola postradajushe, che può indicare tanto morti quanto feriti; si osserva a questo proposito che, se l'incidente non fosse stato mortale, si sarebbe usato un termine più preciso per "feriti", e cioè ranenye. E questo sembrerebbe confermare la versione data dai giornalisti olandesi, venuti a Mosca al seguito dello Haarlem, i quali parlano di tre morti e 60 feriti. Essi precisano che, sebbene gli spettatori fossero soltanto 15 mila, erano raggruppati in un settore delle gradinate dotato soltanto di due uscite. La "violazione dell'ordine di smistamento" è stata fatale. Ma, "è in corso un'inchiesta".

23 ottobre 1982

Fonte: La Stampa

L'incidente alla fine di una partita di Coppa Uefa

Allo stadio Lenin di Mosca i morti furono oltre settanta

MOSCA - Nell'incidente del 20 ottobre allo stadio "Lenin" di Mosca i morti sono stati decine - sembra 72 - e i feriti almeno 150, molti dei quali in gravi condizioni. Ufficialmente si è parlato, sin dal primo giorno, di alcune "vittime", senza nemmeno precisare se si trattasse di morti o feriti, ma col tempo le concordanti notizie raccolte da varie fonti ufficiose hanno reso progressivamente più grave il bilancio della disgrazia. Quella sera, allo stadio usato per le Olimpiadi del 1980, erano presenti circa 15 mila spettatori - tutti concentrati in un solo settore delle gradinate - per assistere alla partita tra lo "Spartak" di Mosca e la squadra olandese dell'"Haarlem". La folla aveva già cominciato ad abbandonare lo stadio quando, proprio all'ultimo minuto, la squadra sovietica segnò una rete, provocando un improvviso riflusso di pubblico che si scontrò con coloro che stavano uscendo. La confusione fu accresciuta dall'intervento di un gruppo di poliziotti che cercavano di fermare alcuni disturbatori, apparentemente ubriachi, e nel pigia-pigia che ne seguì si spezzarono entrambe le balaustre laterali di una delle scale che portano alle tribune dello stadio. A decine - hanno riferito le fonti - gli spettatori caddero da vari metri d'altezza gli uni sugli altri e nella maggior parte dei cadaveri è stato poi riscontrato lo sfondamento della cassa toracica o delle ossa del cranio. Unica notizia della disgrazia apparsa sulla stampa di Mosca è stato un trafiletto di tre righe nelle pagine interne di un giornale della sera in cui si parlava di un "incidente" che aveva causato "vittime" per una "violazione nell'ordine di smistamento dei flussi umani". La parola russa tradotta con "vittime" può significare indifferentemente morti o feriti.

5 novembre 1982

Fonte: La Stampa

Quando a Mosca nel 1982 morirono cento tifosi

MOSCA - Cento tifosi sovietici sono morti il primo ottobre 1982 nello stadio Lujniki di Mosca durante una partita di coppa Uefa tra la squadra sovietica Spartak e la squadra olandese Haarlem. Lo ha reso noto ai lettori sovietici per la prima volta ieri un settimanale sportivo, che ha elencato una lista di incidenti avvenuti negli ultimi anni negli stadi. All' epoca dell’incidente infatti nessuno in Urss aveva dato la notizia della tragedia dello stadio Lujniki, originata, a quanto sembra, da uno scontro tra i tifosi e la polizia. Il giornale non riporta la dinamica dei disordini, ma racconta le urla dei cento supporter calpestati mentre cercavano di fuggire dagli unici due ingressi aperti al pubblico. Nell' articolo sono anche citati i disordini causati sempre dai supporter della Spartak sabato scorso nello stadio della capitale ucraina di Kiev.

19 aprile 1989

Fonte: La Repubblica

Urss, la strage nascosta

MOSCA - Almeno trecentoquaranta morti, schiacciati e soffocati nella più grande tragedia mai avvenuta in uno stadio di calcio. Questo è il bilancio, ancora incerto e forse destinato a crescere, di un assurdo incidente che coinvolse gli spettatori allo stadio Loujniki di Mosca, durante il match di coppa Uefa fra lo Spartak e gli olandesi dell’Haarlem nell' ottobre del 1982. Un incidente dovuto all' assurdo comportamento delle forze dell’ordine che spinsero la folla verso l’unica uscita della tribuna su cui erano accalcati oltre 10.000 spettatori, provocando una strage. Gli avvenimenti risalgono al 20 ottobre del 1982 e solo la nuova politica gorbacioviana ha permesso di ricostruirne giorno dopo giorno i particolari, grazie agli articoli del giornale sovietico Sovietsky Sport. La ressa mortale si creò a 20 secondi dalla fine del match, quando Sergei Shvetsov attaccante dello Spartak segnò il gol della vittoria. In quel momento, molti dei tifosi, che già si erano avviati verso l’unica uscita aperta, si riversarono indietro per accorrere a festeggiare. Inevitabile lo scontro con l’opposta corrente di spettatori, a loro volta spinti verso l’uscita da un ferreo cordone di polizia, frettolosa di evacuare lo stadio. Fu il caos nello stadio. Corpi che si ammassavano su corpi, lamenti, grida, urla, imprecazioni. Uomini, donne, bambini e ragazzi travolti in un unico mostruoso ammasso, calpestati a morte, soffocati in pochi minuti, senza che da parte delle forze dell’ordine si facesse qualcosa per frenare l’eccidio. Alla fine centinaia di persone rimasero sulle gradinate esanimi. Non avrei mai creduto che segnare un gol mi sarebbe dispiaciuto tanto, ha commentato poi Shvetsov, amaramente. E, dopo la tragedia, l’atteggiamento assurdo della polizia che ha fatto di tutto perché la notizia dell’incidente non si diffondesse. Fino ad impedire ai parenti dei morti di avvicinarsi. In quel giorno funesto - dice il giornale sovietico - non solo furono uccisi padri e figli, gli uni sugli altri, ma fu cancellato ogni e qualsiasi ricordo di loro, come se non fossero mai esistiti. In un primo momento le autorità sovietiche cercarono di attribuire l’accaduto ai tifosi olandesi. Successivamente l’ordine tassativo fu coprire e nascondere. Fu formato immediatamente un cordone di polizia impenetrabile, chiuso lo stadio e lasciati addirittura i corpi delle vittime all' interno dell’impianto per due settimane. Un testimone oculare racconta di aver visto centinaia di morti stesi sul terreno di gioco. I parenti delle vittime hanno detto di essere stati accanto ai loro cari solo pochi minuti e in presenza della polizia. La notizia della tragedia era già stata diffusa dal giornale sovietico Sovietsky Sport nell' aprile scorso, al tempo della tragedia di Sheffield, senza particolari. Per averne di più il giornale, infatti, ha invitato eventuali lettori-testimoni a farsi vivi e a fornire dettagli. Sono arrivate moltissime segnalazioni: ognuno aveva una storia da raccontare su quello stadio. Lo stadio Loujniki è rimasto a lungo chiuso nelle settimane dopo l’eccidio. Ufficialmente per il terreno impraticabile. In realtà, dice il giornale sovietico, il provvedimento servì ad impedire che amici e conoscenti portassero sul posto fiori in memoria delle vittime. Un incidente analogo, secondo il giornale sovietico, era avvenuto qualche tempo prima allo stadio del ghiaccio, dopo una partita di hockey fra Urss e Canada. Anche in quel caso molti spettatori furono schiacciati nel tentativo di uscire.

9 luglio 1989

Fonte: La Repubblica

LA STORIA

Una partita commemorativa per le 134 vittime

Spartak-Haarlem per ricordare morti mai riconosciuti

di Giulia Zonca

TRAGEDIA INSABBIATA - Venticinque anni fa, il disastro al Lenin Stadium. La Russia ha mentito sul numero dei caduti.

Non esiste ancora un numero di morti ufficiale, ma da ieri esiste una partita commemorativa per la più grossa tragedia successa in un campo di calcio e non è l'Heysel. Pochi sanno che si è visto persino di peggio e per motivi ancora più idioti: Spartak Mosca-Haarlem partita di Coppa Uefa giocata il 20 ottobre 1982 è finita in un massacro. A Mosca diluviava, pochi biglietti venduti e stadio non perfettamente in regola, la maggioranza del pubblico è stato ammassato in una sola tribuna, 10 mila persone che a cinque minuti dalla fine, con lo Spartak in vantaggio di un gol e il termometro troppo sotto lo zero, hanno iniziato a uscire. Solo che i russi hanno raddoppiato, la gente ha provato a rientrare, la porta era una sola e il flusso contrario incontrollabile. La polizia ha preso il panico per violenza e ha tentato di chiudere anche l'unica via di fuga incastrando la massa che ha perso la testa. Il giorno dopo non c'era traccia della notizia, è passata una settimana prima che un singolo giornale, Vechernyaya Moskva riportasse stringate frasi sul crollo di una scala che "avrebbe ucciso alcuni tifosi": 66 per il governo russo, 134 per chi si è preso la briga di passare anni a contarli. Andrei Chesnokov, ex tennista, allora spettatore, raccontò subito che aveva visto "tanti cadaveri da poterci coprire due campi da tennis", ma non lo ascoltarono, anzi il processo aperto nel 1983 si chiuse in pochi mesi con un solo colpevole, Panchikhin, gestore dello stadio condannato a 18 mesi di lavori forzati. Nonostante le testimonianze, la militsiya, le forze dell'ordine dell'Unione Sovietica venne completamente stralciata dall'inchiesta. Nel 1989 una commissione indipendente e non riconosciuta certificò il numero reale di vittime: 134. Non esistono in realtà, per anni le autorità' moscovite hanno vietato le partite in ottobre per proibire celebrazioni, mazzi di fiori o proteste. Lo stadio Lenin ha cancellato il ricordo e solo quando è diventato Luzhniki stadium ha ammesso un monumento nel piazzale. Ora che è più che a norma, unico impianto con erba sintetica a essere considerato dall'Uefa, pronto a ospitare la finale di Champions League 2008, si apre anche a un'amichevole commemorativa. L'organizzatore è un giornalista olandese, Edwin Struis, presente la notte del 20 ottobre 1982, non ha mai digerito il fatto di aver saputo la verità solo molto tempo dopo. Ha chiamato i dirigenti dello Spartak e dell'Haarlem e ieri ha annunciato che tutti insieme stanno lavorando per giocare proprio nella data esatta che scandisce i 25 anni, tre giorni dopo la gara di qualificazione agli Europei Russia-Inghilterra, subito prima dell'incontro di campionato Spartak-Fk Moscow. Serve ufficialità per omaggiare quello che si voleva nascondere. Ora esiste una fondazione che si occupa anche dei parenti delle vittime, To Russia with Love, ne fanno parte Guus Hiddink, tecnico della nazionale russa e Ruud Gullit che lasciò l'Haarlem per il Feyenoord proprio nel 1982.

24 febbraio 2007

Fonte: La Stampa

Ecco come avvenne il massacro di Mosca

Esattamente 26 anni fa, il 20 ottobre del 1982, al Lenin Stadium di Mosca (oggi Luzhniki Stadium), teatro dell'incontro d’andata dei sedicesimi di finale di Coppa Uefa tra gli olandesi dell'HFC Haarlem e i russi dello Spartak Mosca, morirono 67 tifosi (secondo le fonti ufficiali), 360 secondo gli organi di stampa. Dato l’esiguo numero di spettatori, i tifosi russi furono riuniti nell’East Stand, dotato di una sola via d’uscita. A pochi minuti dal triplice fischio finale, con lo Spartak in vantaggio per 1-0, molti tifosi stavano già sfollando quando il secondo gol russo, firmato da Sergei Shvetsov scatenò l’inferno a causa degli scontri tra coloro che stavano abbandonando lo stadio e coloro che volevano rientrare nell’impianto. Una fatalità secondo le autorità russe cui i parenti delle vittime non danno credito. "Abbiamo l’impressione che la polizia concepisca gli stadi come luoghi di assoluto silenzio, quasi fossero cimiteri. Ci rifiutiamo di essere trattati come bestiame" - questa la macabra premonizione di una delle vittime. La sua denuncia, raccolta in una lettera, è svelata alle telecamere di ESPN Classic dalla madre Raisa Viktorova. Ad alimentare i sospetti interviene anche Sergei Toporov, giornalista del quotidiano sportivo Soviet Sport: "Ancora oggi non sappiamo a quanto ammonta il bilancio delle vittime. Tutti i documenti che potevano fare luce sulle proporzioni del disastro sono stati distrutti: i documenti delle ambulanze, della milizia e degli ospedali. Sappiamo con certezza che molti dei tifosi dello Spartak, presenti allo stadio quel giorno, venivano da fuori Mosca. I loro certificati di morte riportano un’altra causa e un altro luogo di decesso". Testimoni oculari del tentativo di insabbiare la verità furono gli stessi giocatori in campo quella sera. Martin Haar, capitano dell’HFC Haarlem, rivela: "Appena finita la partita siamo stati costretti dalla milizia a lasciare subito gli spogliatoi. Ma nessuno ci ha detto quel che stava succedendo". Anche il compagno di squadra, il portiere Edward Metgod è sulla stessa lunghezza d’onda: "Ci hanno detto di uscire immediatamente. Quando siamo usciti dallo stadio abbiamo visto che per le strade circolavano molte ambulanze a sirene spiegate. Pensavamo fosse successo qualcosa in giro per la città, non certo allo stadio. Abbiamo saputo dell’accaduto solo quando siamo tornati in Olanda".

20 ottobre 2008

Fonte: Sport.Sky.it

Nel 1982 al Luzhniki un massacro mai chiarito

di Sebastiano Vernazza

Spartak-Haarlem: 67 vittime ufficiali. Ma la strage fu taciuta dal regime.

DAL NOSTRO INVIATO MOSCA - L' Heysel prima dell’Heysel. Una palude di menzogne, omissioni e verità negate. Mosca, ottobre 1982: decine di morti allo stadio Lenin, poi ristrutturato, denominato Luzhniki e premiato dall' Uefa con la qualifica di impianto a cinque stelle. Storia sepolta alla velocità della luce, perché nel 1982 Mosca era la capitale dell’Unione Sovietica e i sovietici non brillavano per trasparenza dell’informazione. Cronache da un mondo diviso in due, Occidente ed Oriente. A Ovest l’America, a Est il comunismo. I fatti certi - Il 20 ottobre 1982 allo stadio Lenin - che stasera ospita l’Inter - lo Spartak Mosca affrontò gli olandesi dell’Haarlem, partita valida per i sedicesimi di Coppa Uefa. Verso la fine lo Spartak segnò il gol del 2-0 e sulle tribune si scatenò una calca pazzesca, sul genere di quella che tre anni più tardi, a Bruxelles, avrebbe ucciso 39 tifosi juventini all' Heysel, per la finale di Coppa Campioni col Liverpool. Contraddittorio il bilancio dei morti dello stadio Lenin. Fonti ufficiali parlarono di 67 vittime, quel poco di stampa libera che c' era in Urss ne contò 360. Qualcuno si spinse a 400. Le due versioni - Le autorità sovietiche spiegarono che la strage si consumò a causa del secondo gol. Molti spettatori erano già usciti o stavano uscendo quando il boato dei rimasti li fece ritornare sui propri passi. Da qui confusione e gente a terra. Panico, calpestio degli uni sugli altri, schiacciamento di corpi, morte. Lo stadio Lenin/Luzhniki può contenere 80 mila spettatori, ma sulle tribune, per Spartak-Haarlem, c' erano 15 mila persone. Concentrate in un unico settore, la tribuna Est, però possibile che in un impianto così grande si sia scatenato il pandemonio per così poco, per una rete di relativa importanza ? Brandelli di verità sono affiorati col tempo, come pezzi di una nave affondata. Testimoni hanno raccontato che durante la partita i tifosi dello Spartak insultarono poliziotti e ufficiali in servizio. Lo Spartak era (è ?) la squadra ribelle per definizione, la sua storia parla di giocatori deportati in Siberia. Quel 20 ottobre si sbeffeggiarono gli agenti per dissentire dal regime. E la polizia, a sentire alcuni sopravvissuti, si vendicò: fece defluire il pubblico da un’unica uscita, per individuare e punire i contestatori. La situazione sfuggì di mano, si arrivò al massacro. Il documentario "Il disastro di Mosca": così si intitola il documentario che ricostruisce la vicenda dell’"Heysel sommerso". Ogni tanto passa su Espn Classic, canale 216 di Sky. Si può ascoltare la versione di Martin Haar, nel 1982 capitano dell’Haarlem: "Finita la partita, la polizia ci costrinse a lasciare subito gli spogliatoi, senza spiegarci perché". Furono falsificati certificati di morte, di molte vittime si scrisse che erano decedute altrove. Il custode dell’impianto spedito ai lavori forzati. Distorsioni. Poi la perestrojka di Gorbaciov e il riconoscimento della strage.

6 aprile 2010

Fonte: La Gazzetta dello Sport

Trent’anni dalla "Tragedia Segreta" del Luzhniki

Sono passati trent’anni dalla tragedia più grande della storia del calcio sovietico e russo. Il 20 ottobre del 1982 allo stadio Luzhniki di Mosca (allora "Lenin") persero la vita 66 tifosi (ma la cifra non ufficiale è 350), travolti dalla calca all’uscita dalla tribuna C dopo il fischio finale dell’incontro tra lo Spartak e gli olandesi dell’Haarlem.

1982, 20 ottobre. L’Italia del calcio è da poco Campione del mondo per la terza volta, ed il calcio sovietico non si difende male: al "Mundial" spagnolo l’Unione Sovietica del "colonnello" Lobanovsky approda al secondo girone, eliminata solo dal Brasile. L’Unione Sovietica di Breznev invece è quasi al capolinea, il leader malato si sarebbe spento da lì a poche settimane dai tragici fatti di quella fredda sera moscovita. Freddo, già, come in pieno inverno. La temperatura era di -8° e nei giorni precedenti la partita la neve aveva ricoperto le tribune dello stadio, privo di copertura. Così ad assistere Spartak Mosca-HFC Haarlem, Sedicesimi di finale di coppa UEFA, accorsero solo 16 mila tifosi, tra cui un centinaio di ospiti. Una goccia, in un’arena da 100 mila posti. Le autorità allora decisero che a sistemare gli spettatori bastavano le due tribune centrali - le uniche pulite alla bene e meglio - e la maggior parte di essi (12 mila circa) trovò posto sulle gradinate del settore est (C), il più vicino alla fermata della metropolitana. Sul campo la partita scivola via veloce. Al 16° del primo tempo i padroni di casa trovano il gol con Edgar Gees e col passare dei minuti la supremazia tecnica dello Spartak ed il freddo congelano ogni tentativo di rimonta degli olandesi. Con la vittoria in tasca il primo pensiero dei tifosi, soprattutto di quelli più giovani, diventa raggiungere la metro, e tornare a casa al più presto. Centinaia di persone decidono quindi di abbandonare la tribuna C, sferzata dal vento gelido, e si avviano anzitempo verso l’uscita. L’uscita però è una sola, l’unica aperta dalla polizia per i tifosi russi della "C": una scalinata larga qualche metro che col passare dei minuti si trasforma in una trappola mortale. La gente defluisce lentamente, spinge, si accalca. All’ 85° minuto lo Spartak raddoppia: su calcio d’angolo dalla destra il colpo di testa di Sergey Shvetsov si insacca alle spalle del portiere dell’Haarlem. È il gol del 2-0. Il gol che "era meglio se non l’avessi mai segnato", come dichiarerà che a molti anni di distanza lo stesso Shvetsov. Il boato dello stadio richiama dentro i tifosi che erano quasi usciti. L’ondata di chi vuole rientrare si scontra contro il muro di chi sta uscendo. Non ci si muove. Scoppia il panico. Il parapetto della scala d’uscita cede, decine di persone cadono, altre rimangono schiacciate nella calca, o calpestate dalla folla. La mattanza si consuma nel buio, le urla di dolore rimbombano nel tunnel, la polizia non interviene. Aleksandr Prosvetov allora era un ragazzino qualunque, innamorato dei colori rosso-bianchi, e quella sera andò al "Luzhniki" a sostenere lo Spartak.

Oggi è un giornalista di Sport Express, e ricorda così quegli attimi: Oscurità, scalini scivolosi, sotto il peso della gente la struttura della scala si piegò su sé stessa. A me andò bene. Io ero lontano dall’uscita, ma sentivo le urla, capii subito che stava succedendo qualcosa di terribile. Che cosa successe veramente, quella sera non lo seppe nessuno. L’indomani soltanto il quotidiano Vechernaya Moskva, pubblicò uno scarno trafiletto, in linea con i tempi che furono: "Ieri, 20 ottobre 1982, dopo la partita di calcio allo stadio centrale "Lenin", durante l’uscita degli spettatori, a causa di una violazione dell’ordine di movimento delle persone, ha avuto luogo un incidente. Ci sono dei feriti. Sono in corso le indagini per appurare la dinamica dei fatti". Il Regime sovietico insabbiò la tragedia del Luzhniki per anni. Solo durante la Glasnost emerse la verità, o almeno una parte di essa. Quella dell’inchiesta istituzionale, che accertò 66 decessi e condannò il custode dello stadio a 18 mesi di lavori forzati. E quella, diversa, dei parenti delle vittime e dei testimoni oculari, che il 20 ottobre del 1982 sopravvissero. Uno di loro era il sedicenne Andrej Chesnokov, stella del tennis russo dei primi anni ’90, che raccontò così la sua esperienza: "La gente cadeva dagli scalini ghiacciati, trascinando a terra i vicini, come fossero pedine di un domino. Per salvarmi scavalcai il parapetto e "nuotai" sui corpi che giacevano gli uni sopra gli altri. Alcuni alzavano le mani, chiedevano aiuto. Però non riuscivano a muoversi. Io trascinai con me un ragazzino più piccolo e lo portai ad un’ambulanza. Ma era già morto. Andando via vidi che nell’antistadio i cadaveri erano centinaia". Trent’anni dopo il Luzhniki è un’arena modello, cinque stelle Uefa, e due restauri in programma nei prossimi anni, per ospitare i mondiali di atletica del 2013 e quelli di calcio del 2018. Ai caduti del Luzhniki è dedicata una stele apposta vicino all’ingresso del settore B, la curva dei tifosi dello Spartak. Il permesso per erigerla fu concesso solo nel ’92, a dieci anni dalla tragedia. Nel 2007 il venticinquesimo anniversario venne ricordato con una partita tra lo Spartak e l’Haarlem nelle formazioni di allora. Finì 2-1, e l’incasso venne destinato ai famigliari delle vittime, che hanno creato la fondazione 20-10-1982, per tenere accesa la memoria della tragedia di trent’anni fa. Oggi, 20 ottobre 2012, nel complesso del Luzhniki non si terrà nessuna manifestazione commemorativa, il parco ospita "La Giornata dello Sport" organizzata dalla polizia municipale di Mosca.

19 ottobre 2012

Fonte: Sputniknews.com
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