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NAZZARENO FILIPPINI
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Nazzareno Filippini 9.10.1988
  Pagine della Memoria     Morire di Calcio     Superga 4.05.1949     Tragedia Stadio "F.lli Ballarin"  

La tragedia di Nazzareno Filippini

Al termine di Ascoli-Inter, Nazzareno viene aggredito brutalmente con sassi e bastoni da quattro ultras del gruppo "skin heads". Morirà dopo otto giorni di agonia in ospedale ad Ancona.

Quel fumo nero aveva, a ripensarci, annunciato che la giornata sarebbe finita male. Il fumo sprigionatosi dal materasso per il salto in alto, completamente bruciato da uno dei tanti petardi lanciati per salutare l’inizio del campionato 1987/88. L’incontro Ascoli-Inter è appena terminato. Le forze dell’ordine fanno defluire dalla Curva Nord dello stadio Del Duca i tifosi neroazzurri, che vengono incolonnati ed avviati verso i cinque pullman parcheggiati in via delle Zeppelle. Ma non si è a conoscenza del fatto che altri due mezzi sono stati lasciati nei pressi della stazione ferroviaria: il secondo gruppo di ultras si dirige alla meta, passando davanti agli ingressi della tribuna coperta ed ecco avvicinarsi il dramma sotto la Curva Sud, feudo del tifo bianconero. All’indirizzo degli interisti inizia un fitto lancio di pietre, lattine ed altri oggetti. È il fuggi fuggi generale. Nazzareno Filippini resta coinvolto nella ressa. Ad un certo punto si accascia al suolo, con il volto completamente coperto di sangue. Viene soccorso qualche minuto più tardi e tra le mani che si tendono per aiutarlo ci sono anche quelle di Antonio, diciannovenne, impaurito di quanto sta accadendo. Quando si avvicina non sa ancora che il corpo martoriato è di suo fratello. Reno, così chiamato dagli amici, entra in coma profondo subito dopo aver varcato la soglia dell’Ospedale di Ascoli. Riesce a parlare con i medici del pronto soccorso, lamentando un forte dolore alla parte destra del capo. Durante gli accertamenti perde però conoscenza. Quindi, la corsa disperata verso Ancona con un’autoambulanza a sirene spiegate. In tarda serata è sottoposto a Tac. Le sue condizioni appaiono subito gravi tanto che i sanitari del reparto neurochirurgico lo sottopongono ad un intervento alla testa per rimuovere un grosso ematoma. Filippini subisce in seguito un secondo intervento chirurgico per l’asportazione dei residui emorragici. Il giovane non riesce ad uscire dal coma profondo in cui è caduto tanto che i medici sono pessimisti sul suo recupero: difficilmente, in caso di sopravvivenza, potrà riprendere le piene facoltà fisiche. A fare temere la sua fine imminente è il responso di un’ennesima Tac.

Com’è prassi dopo un esame del genere, viene chiamato un neurochirurgo per un parere; questi però non rileva alcuna nuova lesione tale da giustificare un nuovo intervento chirurgico. Qualcosa di poco convincente, qualche leggerissimo segno d’allarme induce però i medici a fare il controllo: forse la modificazione della pupilla, un po’ più dilatata. Ma nei casi come quello di Nazzareno Filippini il confine tra una situazione già gravissima e la morte è impercettibile, labile come il tracciato di un encefalogramma o di un elettro-cardiogramma. D’altronde le radiografie della scatola cranica dell’uomo mostrano un cervello ridotto in poltiglia, con i ventricoli e le anse irriconoscibili, sformati da colpi che indicano una ferocia inaudita. Il cuore di Reno cessa di battere il 17 ottobre per arresto cardiocircolatorio conseguente al progressivo deterioramento delle condizioni cerebrali che già erano gravissime. Nazzareno era un sostenitore convinto dell’Ascoli Calcio e non perdeva occasione per seguire la squadra del cuore. In gioventù era stato anche giocatore di calcio. Orfano di padre (viveva con la madre Maria, insegnante elementare), due sorelle sposate ed un fratello, Antonio, di 19 anni, aveva frequentato solo per qualche anno l’Isef ad Urbino, scegliendo poi di lavorare per la Casa Editrice Fabbri come rappresentante. Ascolano purosangue, conosciutissimo in città, molto vicino al mondo sportivo, avrebbe coronato il suo lungo sogno d’amore con la compagna Elisabetta De Benedittis proprio la settimana successiva a quella maledetta domenica. Un dramma nel dramma. Dopo difficili indagini verranno arrestati cinque ultras interisti del gruppo Viking con l’accusa di omicidio volontario: sono (Omissis), 31 anni, (Omissis), 24, (Omissis) e (Omissis), 20, tutti di Milano, e il ventiquattrenne di Reggio Emilia (Omissis). A sorpresa, nel giugno 1989 il giudice istruttore di Ancona li rimetterà in libertà per mancanza di indizi. Da nuove perizie disposte e altre testimonianze raccolte, sembra che (Omissis) e (Omissis), protagonisti di scontri fra le opposte tifoserie, fossero lontani dal luogo dell’aggressione a Filippini mentre, pur avendo partecipato alla rissa, non furono (Omissis), (Omissis) e (Omissis) a sferrare con un oggetto il colpo che uccise l’ascolano. Le nuove indagini però non porteranno ad identificare nessun colpevole lasciando di fatto gli omicidi di Nazzareno senza volto. Nel 2008, in occasione del ventennale di quei tragici fatti, la madre di Nazzareno rilasciò al Resto del Carlino questa toccante intervista:

"Porterò un mazzo di fiori freschi sul ponte dov’è stato ucciso Reno. Di solito ci tengo bei fiori finti, ma oggi è un anniversario. Nella notte tra il sabato e la domenica della tragedia Elisabetta (la fidanzata di Reno, ndr) sognò che le fedi si spezzavano. Svegliò mio figlio agitata per raccontargli la visione e lui ne rimase scosso. Dopo la morte di Reno ha distrutto il suo abito da sposa. Lo ha tagliato a brandelli". È un dolore troppo grande, colmato solo dal ricordo di quel ragazzo splendido e sempre pieno di vita che accarezza ritratto in una foto: "Per tanti anni - dice ancora la signora - sono stata in lotta con Dio e con tutti. Poi ho capito che tanta rabbia serviva solo a farmi stare peggio. E ho ritrovato la pace e la forza di andare avanti". Avanti, anche oltre le ingiustizie, contro un sistema giudiziario che funziona "alla rovescia": "Sono andata avanti tra avvocati e tribunali solo perché volevo che fosse fatta chiarezza - racconta in riferimento al processo - ma così non è stato. Quei cinque se la sono cavata con il minimo indispensabile e anzi, ci avevano chiesto persino un risarcimento di 19 milioni perché, a detta loro, erano stati ingiustamente incarcerati. Ma ancora oggi chi non ha giustizia è il mio Reno". Sul tavolo sono raccolti centinaia di ritagli di giornale. Ci sono foto che ritraggono Nazareno nei momenti felici, con la fidanzata, in vacanza. E c’è una piccola foto della Prima Comunione attaccata su un tesserino di una squadra di calcio di quartiere: "Non mi piaceva che Reno giocasse, ma lui amava tutti gli sport e il calcio per primo. E così attaccò quella foto al tesserino di nascosto da me e suo padre. Voglio dire solo una cosa ai ragazzi che vanno allo stadio: il calcio è un mercato. E se succedono queste cose le società non fanno niente per voi".

? 12 2015

Fonte: Storiedicalcio.altervista.org

09/10/88 - 09/10/15 "Ascoli non dimentica, Reno Vive !"

di Matteo Alberti

Era il 9 ottobre 1988 e al Del Duca andò in scena la prima di campionato: Ascoli-Inter. Una partita sicuramente affascinante per diversi motivi che terminò con il risultato di 3-1 per i neroazzurri. Da Milano arrivarono sette pullman: cinque furono parcheggiati in Via delle Zeppelle e due vicino alla stazione. Per tornare da questi ultimi, i tifosi interisti, passarono sotto la Curva Sud, cuore del tifo ascolano, ed il dramma ebbe inizio. Ci furono pesanti scontri tra le opposte tifoserie. Nella rissa restò coinvolto un giovane ascolano che cadde a terra con il volto insanguinato. Questo ragazzo si chiamava Nazzareno Filippini, uno dei fondatori dello storico gruppo "Settembre Bianconero". Venne portato immediatamente all'ospedale di Ascoli e successivamente, vista la gravità della situazione, ad Ancona, dove morì dopo 8 giorni di coma. Furono arrestati cinque ultras interisti per poi essere rilasciati dopo pochi mesi per mancanza di prove. 27 anni dopo colui che ha ucciso Reno Filippini non ha ancora un volto. La Curva Sud non dimentica questo fatto e mai lo dimenticherà. Sotto di essa è presente una targa, proprio dove si accasciò, in memoria del ragazzo. Essa serve da monito a tutti coloro che entrano per la prima volta al Del Duca, a ricordare loro che quella curva è sacra e che in Ascoli non si tifano le cosiddette grandi ma si è combattuto contro di esse perché in Ascoli si tifa solo l'Ascoli ! Già nella notte è comparso uno striscione, vicino la targa, del gruppo ultras "Armata": "Ascoli non dimentica, Reno vive !". Sicuramente la Curva Sud gli renderà omaggio nella partita di domenica contro il Pescara.

9 ottobre 2015

Fonte: Tuttoascolicalcio.it

Nazzareno Filippini, oggi l’anniversario

dal tragico incidente del 9 ottobre 1988

di Matteo Mariotti

IL FATTO - Era il 9 ottobre 1988 e al Del Duca andava in scena la partita Ascoli-Inter. Già da prima dell'inizio della partita si sentiva che qualcosa sarebbe andato storto: infatti prima dell'inizio del match si incendia un materasso dell'atletica posizionato sotto la curva nord a causa di un petardo lanciato dai sostenitori nero-azzurri. La partita inizia e l'Inter di Trapattoni riesce a stendere l'Ascoli per 3-1. Al termine della partita, come di consueto, i tifosi ospiti si dirigono verso i pullman per tornare verso Milano. Ma due dei pullman erano stati lasciati nei pressi della stazione di Ascoli, per cui quasi un centinaio di tifosi nero-azzurri furono costretti a passare sotto la Curva Sud per raggiungere i mezzi ed è in quegli istanti che si consuma la tragedia. I tifosi bianconeri iniziano a lanciare oggetti contro i tifosi ospiti e si scatena una rissa al di sotto dell'ingresso della Curva Sud. Dopo alcuni attimi si scorge a terra una figura distesa con il volto pieno di sangue, è Nazzareno Filippini. Alcuni tifosi giungono immediatamente in suo aiuto, tra cui Antonio Filippini, suo fratello che ci mette un po' prima di accorgersi che il ragazzo a terra è niente meno che suo fratello "Reno". Il giovane viene trasportato d'urgenza all'ospedale di Ascoli Piceno e successivamente trasferito all'ospedale di Ancona, dove lotta con la vita per otto giorni prima di morire il 17 ottobre. Grande fu il dolore della famiglia, Nazzareno, rimasto orfano di padre, viveva insieme alla mamma e si sarebbe dovuto sposare solo alcuni giorni dopo l'incidente. Di seguito riportiamo le parole rilasciate dalla madre di "Reno" nel 2008, in occasione del ventennale dai fatti del 9 ottobre 1988, al Resto del Carlino: "Porterò un mazzo di fiori freschi sul ponte dov’è stato ucciso Reno. Di solito ci tengo bei fiori finti, ma oggi è un anniversario. Nella notte tra il sabato e la domenica della tragedia Elisabetta (la fidanzata di Reno) sognò che le fedi si spezzavano. Svegliò mio figlio agitata per raccontargli la visione e lui ne rimase scosso. Dopo la morte di Reno ha distrutto il suo abito da sposa. Lo ha tagliato a brandelli. Per tanti anni sono stata in lotta con Dio e con tutti. Poi ho capito che tanta rabbia serviva solo a farmi stare peggio. E ho ritrovato la pace e la forza di andare avanti. Sono andata avanti tra avvocati e tribunali solo perché volevo che fosse fatta chiarezza, ma così non è stato. Quei cinque se la sono cavata con il minimo indispensabile e anzi, ci avevano chiesto persino un risarcimento di 19 milioni perché, a detta loro, erano stati ingiustamente incarcerati. Ma ancora oggi chi non ha giustizia è il mio Reno. Non mi piaceva che Reno giocasse, ma lui amava tutti gli sport e il calcio per primo. E così attaccò quella foto al tesserino di nascosto da me e suo padre. Voglio dire solo una cosa ai ragazzi che vanno allo stadio: il calcio è un mercato. E se succedono queste cose le società non fanno niente per voi''.

9 ottobre 2014

Fonte: Ascolilive.it

Ascoli, 25 anni fa la morte di Reno Filippini. Il ricordo dei tifosi

ASCOLI PICENO. "Gli Ultras 1898, in occasione del 25esimo anniversario della morte di Reno Filippini, invitano tutti i tifosi bianconeri Domenica 13 Ottobre alle ore 13.30 davanti a Food Art, per poi recarsi sulla lapide posizionata sul ponte Rozzi dove verrà depositato un mazzo di fiori a nome dell'intera tifoseria". I FATTI. 9 ottobre 1988: Ascoli-Inter, 1-3. Termina la partita e i tifosi neroazzurri, 350 circa, si incolonnano e si dirigono verso i 5 pullman parcheggiati in Via delle Zeppelle. Contro ogni ragionevole logica però, due mezzi degli interisti sono stati lasciati nei pressi della stazione ferroviaria. Così, circa 90 membri della tifoseria ospite passano davanti la tribuna coperta per raggiungere gli autobus, trovandosi di fronte alla Curva Sud al momento del deflusso bianconero. Difficile raccontare con precisione lo svolgimento dei fatti: parapiglia generale, un ragazzo cade a terra con il volto coperto di sangue. È Nazzareno Filippini, per tutti "Reno", ascolano purosangue e membro storico della tifoseria bianconera. Uno dei primi a soccorrerlo fu Antonio Filippini, che ci mise un po’ prima di realizzare che il ragazzo steso a terra fosse proprio suo fratello. Le condizioni del giovane sembrarono subito gravi e una volta trasferito all'ospedale di Ancona, subì due interventi alla testa per la rimozione del grosso ematoma. Il cuore di Reno cessò di battere il 17 ottobre. Solamente qualche tempo dopo, si sarebbe dovuto unire in matrimonio con Elisabetta, sua compagna. LA STORIA. Quel fumo nero aveva, a ripensarci, annunciato che la giornata sarebbe finita male. Il fumo sprigionatosi dal materasso per il salto in alto, completamente bruciato da uno dei tanti petardi lanciati per salutare l'inizio del campionato 1987/88. L'incontro Ascoli-Inter è appena terminato. Le forze dell’ordine fanno defluire dalla Curva Nord dello stadio Del Duca i tifosi neroazzurri, che vengono incolonnati ed avviati verso i cinque pullman parcheggiati in via delle Zeppelle. Ma non si è a conoscenza del fatto che altri due mezzi sono stati lasciati nei pressi della stazione ferroviaria: il secondo gruppo di ultras si dirige alla meta, passando davanti agli ingressi della tribuna coperta ed ecco avvicinarsi il dramma sotto la Curva Sud, feudo del tifo bianconero. All'indirizzo degli interisti inizia un fitto lancio di pietre, lattine ed altri oggetti. È il fuggi fuggi generale. Nazzareno Filippini resta coinvolto nella ressa. Ad un certo punto si accascia al suolo, con il volto completamente coperto di sangue. Viene soccorso qualche minuto più tardi e tra le mani che si tendono per aiutarlo ci sono anche quelle di Antonio, diciannovenne, impaurito di quanto sta accadendo. Quando si avvicina non sa ancora che il corpo martoriato è di suo fratello. Reno, così chiamato dagli amici, entra in coma profondo subito dopo aver varcato la soglia dell’Ospedale di Ascoli. Riesce a parlare con i medici del pronto soccorso, lamentando un forte dolore alla parte destra del capo. Durante gli accertamenti perde però conoscenza. Quindi, la corsa disperata verso Ancona con un'autoambulanza a sirene spiegate. In tarda serata è sottoposto a Tac. Le sue condizioni appaiono subito gravi tanto che i sanitari del reparto neurochirurgico lo sottopongono ad un intervento alla testa per rimuovere un grosso ematoma.

Filippini subisce in seguito un secondo intervento chirurgico per l'asportazione dei residui emorragici. Il giovane non riesce ad uscire dal coma profondo in cui è caduto tanto che i medici sono pessimisti sul suo recupero: difficilmente, in caso di sopravvivenza, potrà riprendere le piene facoltà fisiche. A fare temere la sua fine imminente è il responso di un'ennesima Tac. Com' è prassi dopo un esame del genere, viene chiamato un neurochirurgo per un parere; questi però non rileva alcuna nuova lesione tale da giustificare un nuovo intervento chirurgico. Qualcosa di poco convincente, qualche leggerissimo segno d'allarme induce però i medici a fare il controllo: forse la modificazione della pupilla, un po' più dilatata. Ma nei casi come quello di Nazzareno Filippini il confine tra una situazione già gravissima e la morte è impercettibile, labile come il tracciato di un encefalogramma o di un elettro-cardiogramma. D'altronde le radiografie della scatola cranica dell’uomo mostrano un cervello ridotto in poltiglia, con i ventricoli e le anse irriconoscibili, sformati da colpi che indicano una ferocia inaudita. Il cuore di Reno cessa di battere il 17 ottobre per arresto cardiocircolatorio conseguente al progressivo deterioramento delle condizioni cerebrali che già erano gravissime. Nazzareno era un sostenitore convinto dell'Ascoli Calcio e non perdeva occasione per seguire la squadra del cuore. In gioventù era stato anche giocatore di calcio. Orfano di padre (viveva con la madre Maria, insegnante elementare), due sorelle sposate ed un fratello, Antonio, di 19 anni, aveva frequentato solo per qualche anno l'Isef ad Urbino, scegliendo poi di lavorare per la Casa Editrice Fabbri come rappresentante. Ascolano purosangue, conosciutissimo in città, molto vicino al mondo sportivo, avrebbe coronato il suo lungo sogno d'amore con la compagna Elisabetta De Benedittis proprio la settimana successiva a quella maledetta domenica. Un dramma nel dramma. Dopo difficili indagini verranno arrestati cinque ultras interisti del gruppo Viking con l'accusa di omicidio volontario: sono (Omissis), 31 anni, (Omissis), 24, (Omissis) e (Omissis), 20, tutti di Milano, e il ventiquattrenne di Reggio Emilia (Omissis). A sorpresa, nel giugno 1989 il giudice istruttore di Ancona li rimetterà in libertà per mancanza di indizi. Da nuove perizie disposte e altre testimonianze raccolte, sembra che (Omissis) e (Omissis), protagonisti di scontri fra le opposte tifoserie, fossero lontani dal luogo dell'aggressione a Filippini mentre, pur avendo partecipato alla rissa, non furono (Omissis), (Omissis) e (Omissis) a sferrare con un oggetto il colpo che uccise l'ascolano. Le nuove indagini però non porteranno ad identificare nessun colpevole lasciando di fatto gli omicidi di Nazzareno senza volto.

9 ottobre 2013

Fonte: Marcheingol.it
 
 
ALTRE FONTI : LA MEMORIA (Ascolinoi.weebly.com)


Un tifoso di Ascoli sta morendo

di Domenico Corradetti

ASCOLI - Un uomo di 32 anni è in fin di vita: quel fumo nero l’aveva, forse, annunciato che la giornata sarebbe finita male. Il fumo sprigionatosi dal materasso per il salto in alto, completamente bruciato da uno dei tanti petardi lanciati per salutare l’inizio del campionato. E la festa si è trasformata in dramma, lasciando la città a meditare su un altro atto d’inutile violenza. Il risultato della partita (il 3 a 1 a favore dell’Inter) è passato subito in secondo piano e gli ascolani alla moviola hanno preferito i gelidi bollettini medici dell’ospedale Umberto I di Ancona. Prognosi riservatissima. Le speranze che sopravviva sono minime, hanno ribadito, di ora in ora i sanitari, del nosocomio regionale. Nazzareno Filippini per gli amici Reno è entrato in coma profondo dopo aver varcato la soglia del Mazzoni di Ascoli. È riuscito a parlare con i medici del pronto soccorso, lamentando un forte dolore alla parte destra del capo. Durante gli accertamenti ha perso conoscenza. Quindi, la corsa verso Ancona con un’autoambulanza a sirene spiegate. Ed alle 22,30 l’intervento chirurgico d’urgenza. Abbiamo rimosso dicono i sanitari un grosso ematoma, riscontrando una pesante compromissione cerebrale. Il giovane presenta al volto contusioni e fratture parietali. Le sue condizioni sono disperate. Un colpo. Un colpo violento al capo inferto con una pietra. Su questo, non c’è dubbio. L’incontro Ascoli-Inter è appena terminato. Le forze dell’ordine fanno defluire dalla Curva Nord dello stadio Del Duca i tifosi neroazzurri, che vengono incolonnati ed avviati verso i cinque pullman parcheggiati in via delle Zeppelle. Ma non si è a conoscenza del fatto che altri due mezzi sono stati lasciati nei pressi della stazione ferroviaria: il secondo gruppo di ultras si dirige alla meta, passando davanti agli ingressi della tribuna coperta ed ecco avvicinarsi il dramma sotto la Curva Sud, feudo del tifo bianconero. All’indirizzo degli interisti inizia un fitto lancio di pietre, lattine ed altri oggetti. È il fuggi fuggi generale. Nazzareno Filippini resta coinvolto nella ressa. Ad un certo punto si accascia al suolo, con il volto completamente coperto di sangue. Verrà soccorso qualche minuto più tardi e tra le mani che si tendono per aiutarlo ci sono anche quelle di Antonio, diciannovenne, impaurito di quanto sta accadendo. Quando si avvicina non sa ancora che il corpo martoriato è di suo fratello ! Nazzareno arriva all’ospedale con un’altra decina di persone, tra cui due agenti di Ps ed un carabiniere (soltanto lesioni guaribili in pochi giorni). La madre di Nazzareno ha reso noto ieri sera che la propria famiglia denuncerà all’autorità giudiziaria gli agenti di polizia ed i carabinieri in servizio durante l’incontro di calcio. Responsabili secondo Maria Onori di aver aggredito a manganellate il figlio. Il Questore Mansi si limita ad affermare che non sarà impresa facile individuare gli autori dell’aggressione e delle violenze avvenute al di fuori dello stadio, quando i tifosi si disperdono in mille rivoli... La Onori non sembra intenzionata, invece, a denunciare il personale medico presente al pronto soccorso domenica sera, come annunciato in un primo momento di sconforto. Giornata nera. Annunciata dal fumo, proseguita con quel risultato storto per l’Ascoli e terminata con il sangue sull’asfalto. Giornata che ha visto anche un’aggressione al telecronista Tonino Carino all’uscita dello stadio. Costantino Rozzi lascia in disparte la sua aria allegro-scaramantica (È il tredicesimo campionato ed io resto del parere che il tredici porta fortuna, aveva detto soltanto sabato) e con rabbia sommessa esclama: "Il risultato ? Come pensarci... In città non sono mai accaduti fatti così gravi. Il nostro calcio, ancora una volta, ne esce mortificato. Questi assassini, che la domenica indossano la maschera da tifosi, vanno individuati e condannati una volta per tutte". Presidente... "Non chiedetemi niente... Sono vicino a Nazzareno...". E scappa continuando a meditare come tanti altri su un campionato iniziato nel peggiore dei modi. Una meditazione collettiva che il sindaco Amedeo Ciccanti renderà pubblica nel corso del consiglio comunale, soltanto ventiquattro ore dopo. Nazzareno Filippini, a soli 32 anni, continua la sua lotta con la morte in un letto d' ospedale. Orfano di padre (l’anziana madre è insegnante elementare) ha frequentato solo per qualche anno l’Isef ad Urbino, scegliendo poi di lavorare per la Casa Editrice Fabbri. Ascolano purosangue, conosciutissimo in città, molto vicino al mondo sportivo, avrebbe coronato (e, purtroppo, il condizionale diventa d' obbligo) il suo lungo sogno d' amore con Elisabetta De Benedittis proprio sabato prossimo.

11 ottobre 1988

Fonte: La Repubblica

Ascoli, un tifoso in fin di vita

La violenza negli stadi mette nuovamente a soqquadro il mondo del calcio - I famigliari della vittima accusano le forze dell'ordine - Matarrese: "Episodi senza giustificazione".

Ancora violenza nel calcio, già alla prima giornata di campionato. Gravi incidenti sono scoppiati durante ed al termine di diverse partite e segnatamente ad Ascoli, Pescara e Milano. Tafferugli, risse, aggressioni, incidenti, con il servizio d'ordine costretto ad intervenire più volte. Molte persone all'ospedale, compresi alcuni agenti di polizia. L'episodio più grave è avvenuto ad Ascoli dopo la partita fra i bianconeri di Rozzi e l'Inter. Un tifoso è ricoverato all'ospedale di Ancona in condizioni gravissime. Nazzareno Filippini, ascolano, 32 anni, è in pericolo di vita, e rischia comunque danni cerebrali permanenti. Il giovane, che nella nottata di lunedì è stato sottoposto nell'ospedale "Umberto I" di Ancona a un intervento chirurgico per l'asportazione di un grosso ematoma all'esterno delle meningi, è tuttora nello stato di coma profondo in cui è caduto mentre si trovava in osservazione, subito dopo gli incidenti, nel pronto soccorso dell'ospedale di Ascoli Piceno. Secondo il questore di Ascoli, dott. Giuseppe Mansi, Nazzareno Filippini, caduto a terra dopo essere stato spinto, sarebbe stato colpito alla testa con calci. "Dobbiamo accertare se i colpi sono stati sferrati volutamente o se il tifoso è stato colpito da gente che scappava per allontanarsi dalla zona dei tafferugli. Non sarà impresa facile individuare gli autori dell'aggressione, avvenuta al di fuori dello stadio". I familiari del giovane però non sono d'accordo. La madre del Filippini, Maria Onori, ha detto che denuncerà all’autorità giudiziaria gli agenti di polizia e i carabinieri in servizio d'ordine, responsabili - a suo avviso - di aver "aggredito a manganellate" il figlio. La signora ha intenzione di denunciare anche il personale medico che ha assistito il figlio nel pronto soccorso dell'ospedale di Ascoli Piceno per avere ritardato il trasferimento del ferito. Degli incidenti è rimasto vittima anche il giornalista della sede Rai di Ancona, Tonino Carino, che, avvicinato da una decina di facinorosi, sarebbe stato colpito alla testa e minacciato con un coltello: "Ti ammazziamo". II presidente della Federcalcio, Matarrese, ha diffuso una nota: "Ancora una volta, gruppi di delinquenti in azione dentro e fuori alcuni stadi hanno rovinato una domenica di calcio, turbando la festa di decine di migliaia di sportivi che in tutta Italia hanno seguito con passione l'avvio del campionato di serie A. Quello che ci allarma ancora di più e richiede riflessioni ampie ma altrettanto severe è che gli incidenti non hanno avuto nessun appiglio nei comportamenti tenuti sui terreni di gioco. Questo ci impone di tenere sempre alta la guardia e di intervenire in tutti i modi possibili per combattere la violenza: il ministro dell'Interno, Cava, ha affrontato ieri pomeriggio con il capo della polizia Parisi il problema della violenza negli stadi. Nell'incontro sono state confermate le misure decise alla vigilia della ripresa del campionato ed è stata data indicazione ai prefetti ed ai responsabili dell'ordine pubblico nelle varie città di seguire il "clima" delle tifoserie, segnalare il numero di tifosi in partenza al seguito delle squadre, in modo che al loro arrivo, le forze di polizia siano adeguatamente preparate. a. a.

11 ottobre 1988

Fonte: La Stampa

La rissa si scatenò per i parcheggi sbagliati

di Andrea Ferretti

Mentre il tifoso ascolano è sempre in coma, viene a galla la meccanica degli incidenti. La rissa si scatenò per i parcheggi sbagliati.

ASCOLI - Permangono stazionarie ma estremamente gravi le condizioni di Nazzareno Filippini, il tifoso ascolano di 32 anni ricoverato al reparto rianimazione dell'ospedale regionale "Umberto I" di Ancona. Filippini è stato operato alla testa per l'asportazione di un vasto "ematoma extradurale" che premeva sulla massa cerebrale. Ha riportato inoltre la frattura del maxillo facciale e altre fratture allo zigomo sinistro con lesione di entrambe le cavità orbitali. In serata Filippini è stato trasferito improvvisamente all'ospedale "Torrette" di Ancona, per essere sottoposto ad un nuovo intervento al cervello da parte del professor Giuseppe Caroselli e della sua equipe chirurgica. La madre del Filippini, signora Maria Onori, un'insegnante elementare vedova, ha dichiarato che intende denunciare sia i sanitari dell'ospedale ascolano che domenica sera non hanno compreso in tempi brevi la gravità delle lesioni del figlio, ritardandone il trasferimento al nosocomio regionale, meglio attrezzato per la rianimazione, sia le forze dell'ordine che a suo dire non sarebbero intervenute tempestivamente a sedare i disordini nei quali il figlio è rimasto gravemente ferito. Intanto ad Ascoli proseguono le indagini per ricostruire la dinamica degli incidenti avvenuti in margine alla partita con l'Inter e arrivare ai responsabili dell'aggressione. Le forze dell'ordine hanno effettuato un sopralluogo nella zona retrostante la curva Sud, il punto dove si sono verificati gli scontri più violenti fra ultras di opposte fazioni. Ieri mattina sono stati ascoltati alcuni tifosi ascolani in grado di fornire qualche testimonianza sull'accaduto. Le indagini sono coperte dal massimo riserbo vista la delicatezza del caso. Il questore Giuseppe Mansi, in una conferenza stampa, dopo aver categoricamente escluso l'ipotesi che sia stata la polizia a colpire Filippini ("Non abbiamo neppure fatto delle cariche", ha detto), ha parlato di tragica fatalità: normalmente infatti i pullman dei tifosi ospiti sono indirizzati su una strada periferica che porta verso la circonvallazione, in modo che dopo la gara possano andarsene senza attraversare la città; domenica invece, per motivi sconosciuti, due pullman interisti sono stati parcheggiati nel piazzale della stazione così, usciti dalla curva Nord, i tifosi dell'Inter sono dovuti passare sotto la curva Sud da cui uscivano gli ultras ascolani. Dagli insulti si è passati alle prime aggressioni, pare da parte degli ascolani, alle quali i nerazzurri avrebbero reagito con altrettanta prontezza e decisione. Enzo Tarli, l'altro ascolano di 58 anni rimasto ferito prima dell'inizio della partita (ha riportato una lesione al timpano dell'orecchio destro), è ricoverato all'ospedale "Mazzoni" di Ascoli ma le sue condizioni non destano preoccupazione. È stato colpito con un violento pugno da un anconetano tifoso interista giunto dal capoluogo dorico insieme ad altri per sostenere la squadra nerazzurra. Ad accendere la miccia della violenza, già durante la partita (scontri in curva Nord con intervento di carabinieri e polizia) sarebbero stati proprio i tifosi marchigiani dell'Inter. È nota la rivalità che divide i tifosi dell'Ascoli dai "cugini" della regione che, invece, sostengono le grandi squadre metropolitane cui sono legati da antica passione. Non destano preoccupazione le condizioni di Giampietro Denti (35 anni), il tifoso interista di Cremona, terzo ricoverato dopo la guerriglia di domenica scorsa.

12 ottobre 1988

Fonte: La Stampa

"Sappiamo chi sono, li prenderemo"

Per Filippini una piccola speranza

di Eugenio Capodacqua

ASCOLI - Sono sempre gravissime le condizioni di Nazzareno Filippini, l’ultrà ascolano trentaduenne ferito alla testa domenica scorsa durante i violenti tafferugli fra tifosi al termine di Ascoli-Inter. Il giovane è in coma, nel reparto rianimazione dell’ospedale Umberto I di Ancona, e il quadro clinico, dicono i medici, non è sostanzialmente variato dal momento del ricovero; anche dopo il secondo intervento chirurgico subito l’altra sera dai professori Caruselli e Occhipinti. Intanto le indagini sui tafferugli sono ad una svolta. Il questore di Ascoli, Giuseppe Mansi sostiene che ci sono buone prospettive di arrivare a identificare gli autori del pestaggio. La novità è data dalla testimonianza di alcuni tifosi ascolani, che si sono presentati volontariamente in questura, accogliendo l’invito di Mansi, il giorno prima. Testimonianza raccolta dal procuratore della repubblica Mario Mandrelli incaricato dell’indagine. Sulla base di essa è possibile una ricostruzione, sia pure parziale, dei fatti. Il nodo della vicenda è tutto nei due pullman targati Macerata posteggiati nel piazzale della stazione, invece che nella zona (presso la curva nord), tradizionalmente riservata agli ospiti. E qui c'è da chiedersi chi fra vigili urbani o altre forze dell’ordine abbia suggerito tale soluzione senza prevedere - com'era abbastanza facile - che all’uscita gli occupanti di quei bus sarebbero dovuti passare per forza sotto la curva sud, occupata dagli ascolani, innescando gli incidenti che sono puntualmente avvenuti e contro i quali, la polizia all’oscuro di tutto e presa di sorpresa ben poco ha potuto. Il Filippini si sarebbe trovato nella mischia, sarebbe stato colpito e avrebbe battuto la testa sul marciapiede cadendo. Gli inquirenti non escludono che gli aggressori abbiano poi infierito su Filippini già a terra. Il giovane è ora in uno stato di incoscienza, al limite del coma profondo, ma il cervello mantiene l’attività elettrica, che è quella di una persona che ha patito un trauma gravissimo. L’evoluzione è sempre molto incerta e imprevedibile. La situazione, dicono i medici, potrebbe evolvere positivamente, oppure perdurare a questo livello di incoscienza anche per qualche mese, oppure ancora portare ad uno stato vegetativo permanente. Quanto alla causa del trauma i medici si trincerano dietro un secco c'è materiale radiografico e clinico a sufficienza per tutte le valutazioni medico-legali del caso, ma aggiungono che un ematoma extradurale, come quello del Filippini, è sempre prodotto da un impatto con un corpo rigido, molto difficilmente da un oggetto elastico come un manganello o un bastone. Tesi che scagionerebbe definitivamente le forze dell’ordine, chiamate in causa dalla madre del Filippini nelle ore immediatamente successive all’incidente.

13 ottobre 1988

Fonte: La Repubblica

Ascoli, vietati gli striscioni c'è un altro testimone

ANCONA - Rimangono estremamente gravi, nel reparto rianimazione dell’ospedale Umberto I di Ancona, le condizioni di Nazzareno Filippini, il tifoso ascolano di 32 anni che domenica scorsa ad Ascoli ha riportato un trauma cranico negli incidenti avvenuti al termine dell’incontro con l’Inter. La polizia intanto ha ascoltato una testimonianza: Dante Loreti, tifoso ascolano, ha detto di aver visto cadere Filippini e sbattere la testa su un marciapiede. Poi è stato preso a calci da una quindicina di tifosi interisti. La questura intanto ha stabilito per le prossime partite più severe misure anti-violenza. Solo il 26 per cento dei tifosi italiani ritiene molto o abbastanza efficace la proposta di Berlusconi di riservare gli stadi solo ai tifosi della squadra di casa. Questo il risultato di un sondaggio di Forza Italia, la trasmissione di Odeon tv condotta da Walter Zenga.

14 ottobre 1988

Fonte: La Repubblica

Ad Ascoli nuove misure di sicurezza

ASCOLI - Potrebbe restare ancora a lungo nello stato di incoscienza in cui versa da domenica scorsa il tifoso ascolano ferito alla testa al termine di Ascoli-Inter. Nonostante i due interventi chirurgici subiti, il trentaduenne Nazzareno Filippini non mostra segni di miglioramento e i medici dell’ospedale Umberto I di Ancona definiscono le sue condizioni gravissime e stazionarie. Continuano intanto le polemiche sulle cause e le responsabilità dei tafferugli dopo la partita di Ascoli. La città, sta preparando misure eccezionali per prevenire la violenza nello stadio. Le proposte, attualmente allo studio delle forze dell’ordine vanno dal divieto di vendere alcolici 5 ore prima e due ore dopo il match, alla rimozione delle bancarelle attorno allo stadio, alla proibizione di qualunque striscione, al rinforzo delle reti di divisione fra tifoserie. Nei casi estremi si potrebbe arrivare anche al fermo preventivo per i tifosi con precedenti, ben noti alla polizia. Ieri, la madre di Filippini ha annunciato che si costituirà parte civile. Caduta del tutto l’ipotesi che Filippini sia stato manganellato dalla polizia, le indagini si concentrano adesso sui due pullman (a targa milanese e ascolana), posteggiati davanti alla stazione, dal lato opposto dello stadio dove solitamente vengono accolti i tifosi ospiti. Gli incidenti, come si ricorderà, avvennero proprio nel momento in cui gli occupanti di quei due pullman, tutti interisti, passarono in gruppo sotto la curva sud dello stadio, gremita di tifosi ascolani. e.c.

15 ottobre 1988

Fonte: La Repubblica

Morto ieri Nazzareno Filippini, il giovane colpito il 9 ottobre dopo Ascoli-Inter

"Presi gli assassini del tifoso"

di Andrea Ferretti

Due persone arrestate a Milano - L'annuncio del direttore del servizio d'ordine della polizia - I precedenti: Paparelli e Fonghessi, uccisi a Roma e a S. Siro.

ASCOLI - Dopo sette giorni di coma profondo, ieri mattina poco dopo le 7, è deceduto Nazzareno Filippini, il tifoso dell'Ascoli rimasto colpito nei violenti incidenti avvenuti allo stadio Del Duca al termine di Ascoli-Inter, prima di campionato. In serata a Roma, il dott. Gustavo Capuccio, direttore dei servizi ordine pubblico del ministero dell'Interno, ha comunicato che la polizia a Milano ha arrestato due persone ritenute presunte responsabili dell'omicidio. Il Filippini aveva 32 anni e si doveva sposare sabato scorso con una ragazza di S. Benedetto. Viveva ad Ascoli con la madre Maria Onori, insegnante elementare, e il fratello diciannovenne Antonio. Il padre è morto qualche anno fa e le due sorelle maggiori sono entrambe sposate. Il giovane, dopo aver conseguito il diploma di maturità scientifica, si era iscritto all’Isef di Urbino senza concludere il corso di studi. Attualmente lavorava come rappresentante per una casa editrice. Grande appassionato di calcio, fin da ragazzino Nazzareno Filippini aveva giocato nelle giovanili dell'Ascoli, poi era passato in una squadra dilettanti della città. Giocava da centrocampista. Da qualche anno aveva smesso con l'attività agonistica ma era rimasto sempre molto legato all'ambiente calcistico. Gran sostenitore dell'Ascoli, era un fedelissimo della curva Sud. È rimasto colpito alla testa nel corso degli scontri avvenuti fuori dello stadio Del Duca. La questura di Ascoli, che conduce le indagini per identificare i responsabili della cruenta aggressione, sta cercando di ricostruire la dinamica del pestaggio con l'aiuto di alcune testimonianze: molti i volontari che si sono presentati in questura a raccontare quanto visto in quel tumultuoso, drammatico dopo-partita. Il Filippini probabilmente è caduto a terra mentre correva per allontanarsi dal luogo degli scontri e ha battuto la testa: raggiunto dai tifosi interisti che lo inseguivano deve essere stato nuovamente colpito con calci e pugni alla testa. Tra i primi soccorritori anche il fratello Antonio che lo ha accompagnato al pronto soccorso dell'ospedale "Mazzoni" di Ascoli. Nazzareno Filippini aveva riportato diverse fratture alle ossa del viso ma in un primo momento le sue condizioni non erano apparse così gravi. In serata, invece, l'improvviso aggravamento e il disperato trasferimento, in ambulanza, al reparto rianimazione dell'ospedale regionale "Umberto I" di Ancona dove nel corso della notte è stato sottoposto a un primo intervento chirurgico alla testa. I sanitari gli hanno ridotto l'ematoma che comprimeva la massa cerebrale ma 24 ore dopo è stato necessario un secondo intervento all'ospedale di Torrette di Ancona. Nazzareno Filippini è caduto in uno stato di coma profondo dal quale non si è più ripreso. E ieri mattina, alle 7.11, il decesso per arresto cardiocircolatorio. La salma è stata composta nell'obitorio dell'ospedale regionale marchigiano a disposizione della Procura della Repubblica di Ancona. Questa mattina verrà eseguita l'autopsia. I funerali dovrebbero aver luogo domani. Intanto, con il tragico epilogo di ieri, i responsabili della mortale aggressione dovranno rispondere di omicidio preterintenzionale mentre prima del decesso il reato era quello di lesioni personali gravi.

18 ottobre 1988

Fonte: La Stampa

È morto il tifoso di Ascoli

ANCONA - Nazzareno Filippini, 32 anni, il tifoso dell’Ascoli Calcio rimasto coinvolto negli incidenti del dopopartita fra la sua squadra e l’Inter nella prima giornata di campionato, ha perduto la sua lotta contro la morte. È deceduto ieri mattina alle 7, nella sala di rianimazione dell’ospedale Umberto I, dopo otto giorni di coma. Ed è stato proprio l’aggravarsi del coma a provocare l’arresto cardiocircolatorio che lo ha portato alla morte. Ieri sera a Milano la Digos ha arrestato due presunti responsabili dell’assassinio del tifoso ascolano. Verso le 20 il primo fermo, alle 23 il secondo. In nottata agenti di polizia hanno condotto un lungo appostamento sotto l’abitazione di una terza persona indiziata per l’omicidio. Solo oggi sarà resa nota l’identità degli arrestati: la notizia è stata data in diretta, a mezzanotte, nel corso del Processo del Lunedì, la trasmissione sportiva di Rai 3, da Gustavo Cappuccio, direttore del servizio per l’ordine pubblico del ministero dell’interno. Il dirigente prendeva parte in quel momento ad un dibattito sulla violenza negli stadi con la presenza dei giornalisti e del presidente del Milan, Berlusconi. Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, Filippini, rappresentante di commercio, domenica 9 ottobre stava correndo per sottrarsi ai tafferugli scoppiati fra i tifosi delle due squadre quando è caduto a terra battendo la testa sul marciapiede. Su di lui, ancora a terra, avrebbero poi infierito i sostenitori dell’Inter riducendolo in fin di vita. Di contenuto ben differente rispetto alla versione della polizia è la tesi sostenuta dalla famiglia. Il giorno dopo l’aggressione, la madre di Filippini sostenne in una dichiarazione che il figlio era stato colpito dalle forze dell’ordine. In ogni caso, ieri la famiglia ha reso noto di aver nominato un perito di parte, un medico legale di Ascoli Piceno, Guido Marcolini. Subito dopo l’incidente, Nazzareno Filippini venne trasportato prima all’ospedale di Ascoli Piceno e poi trasferito al nosocomio di Ancona nella tarda serata e sottoposto a Tac, la tomografia assiale computerizzata. Le sue condizioni apparvero subito gravi tanto che i sanitari del reparto neurochirurgico lo sottoposero a un intervento alla testa per rimuovere un grosso ematoma. Filippini subì in seguito un secondo intervento chirurgico per l’asportazione dei residui emorragici. Il giovane non è mai però uscito dal coma profondo in cui era caduto tanto che i medici sono stati sempre pessimisti sul suo recupero: difficilmente, in caso di sopravvivenza, avrebbe potuto stando sempre alle dichiarazioni degli addetti ai lavori riprendere le piene facoltà fisiche. A fare temere la sua fine imminente è stato, nelle ultime ore, il responso di un'ennesima Tac. Com'è prassi dopo un esame del genere, era stato chiamato un neurochirurgo per un parere; questi però non aveva rilevato alcuna nuova lesione tale da giustificare un nuovo intervento chirurgico. Qualcosa di poco convincente, qualche leggerissimo segno d'allarme aveva indotto i medici a fare il controllo: forse la modificazione della pupilla, un po' più dilatata. Ma nei casi come quello di Nazzareno Filippini il confine tra una situazione già gravissima e la morte è impercettibile, labile come il tracciato di un encefalogramma o di un elettrocardiogramma. D'altronde le radiografie della scatola cranica dell’uomo mostravano un cervello ridotto in poltiglia, coi ventricoli e le anse irriconoscibili, sformati da colpi che indicano una ferocia inaudita. Il decesso di Filippini, ha affermato il dottor Walter Grilli del servizio rianimazione dell’ospedale di Ancona, è avvenuto alle 7 e 11 minuti per arresto cardiocircolatorio conseguente al progressivo deterioramento avvenuto nelle ultime ore delle condizioni cerebrali che già erano gravissime. Il sanitario ha aggiunto che l’ulteriore aggravamento è avvenuto nella serata di ieri quando è stato ripetuto l’esame della Tac. Nazzareno Filippini lascia la madre Maria Onori, insegnante elementare, due sorelle sposate ed un fratello, Antonio, di 18 anni, il più piccolo della famiglia. Nazzareno era un sostenitore convinto dell’Ascoli Calcio e non perdeva occasione per seguire la squadra del cuore. In gioventù fu anche giocatore di calcio. Diplomatosi al liceo scientifico, si era iscritto all’Isef di Urbino senza tuttavia portare a termine gli studi. Intraprese allora la carriera di rappresentante di commercio e, nei giorni scorsi, si sarebbe dovuto sposare a Grottammare con Elisabetta De Benedittis. Agli amici erano già pervenute le partecipazioni di nozze. I familiari di Filippini sono arrivati a mezzogiorno alla camera mortuaria dell’Umberto I. Erano partiti da Ascoli Piceno intorno alle 9. Poche parole soltanto dalla sorella di Filippini, Odilia, che ha consegnato al personale paramedico dell’obitorio una busta di cellophane contenente i pochi effetti personali del fratello e un pallone che verrà deposto nella bara, in ricordo della passione sportiva del giovane. Le spoglie del Filippini sono a disposizione del magistrato per gli adempimenti di legge.

18 ottobre 1988

Fonte: La Repubblica

L’Inter si difende "non è colpa nostra"

di Licia Granello

MILANO - Un comunicato lungo, asettico, partorito dopo una lunga riunione pomeridiana. A seguito della drammatica morte di Nazzareno Filippini, conseguente agli incidenti verificatisi al termine dell’incontro Ascoli-Inter, il Football Club Internazionale esprime la propria costernazione e la totale condanna di ogni atto di intolleranza e di violenza ed esterna alla famiglia dello scomparso il più sentito cordoglio. L’Inter ribadisce la totale estraneità del proprio centro di coordinamento ai suddetti incidenti. Dichiara inoltre che dopo aver cercato nei confronti delle frange più oltranziste del tifo un rapporto persuasivo, educativo e non ghettizzante e dopo aver compiuto il proprio dovere nella collaborazione con le forze dell’ordine per l’individuazione dei responsabili degli incidenti di Ascoli, continuerà ad offrire il proprio più fattivo contributo per ricercare, insieme alle autorità competenti, alle istituzioni calcistiche e a tutte le società, le misure idonee a prevenire e combattere la piaga della violenza. Inizialmente, e per buona parte della giornata, negli uffici di piazza Duse l’idea di una qualche presa di posizione ufficiale era stata violentemente scartata. Non vogliamo fare comunicati perché non ci sentiamo minimamente responsabili di quanto accaduto, dicevano i funzionari. Eppure, sembra appurato che nelle maglie difensive della società sono riusciti a passare ancora una volta gli ultras più scatenati. Dice Valberto Miliani, capo ufficio stampa dell’Inter: Conosciamo i capi della curva, sin dall’inizio della presidenza Pellegrini, abbiamo tentato di convincerli a stare tranquilli. Se vi comportate bene, vi diamo cento biglietti, e cose del genere. Con il presidente Pellegrini e l’amministratore delegato Giuliani che si sono trincerati ieri dietro improvvisi impegni, è stato Miliani a inalberarsi per conto dei suoi dirigenti: i nostri ottocento club sparsi per l’Italia sono frequentati e diretti da persone degnissime: avvocati, dirigenti, giornalisti. Possiamo dare di tutti nome, cognome e indirizzo... Boys, Vikings, Skins ? Loro non fanno parte degli Inter Club. Siamo d'accordo, la piaga delle curve esiste. Noi cosa ci possiamo fare ? Intanto, c’è chi dice che il capo del centro coordinamento Inter club, Saverio Guette, è affiancato - anche se non ufficialmente - da ex capipopolo ben noti alla polizia. Matrice, destra estrema. Gente identificata durante i raid contro i venditori di colore, appesa orgogliosa a striscioni antisemiti o modello Droga e terroni, piaghe d'Italia. Gente coinvolta in processi per atti di violenza e ancora e sempre al seguito della squadra, in Italia e all’estero... Qualcuno ricorda che quest'anno, per coprire le asce bipenne su alcuni lenzuoli nerazzurri, sono stati applicati degli scudetti tricolore. Ma la sostanza non sembra granché cambiata. La trasferta di Ascoli è stata preparata come cento altre: l’Inter ha chiesto un certo quantitativo di tagliandi (100), che ha prontamente girato al centro coordinamento Inter club. Ma chi ha fatto i controlli ? Chiunque può comprare un biglietto da noi, mica chiediamo la carta d'identità rispondono nella sede di via Poerio. Quindi, in teoria, nessuna possibilità di verifica sulle generalità dei partecipanti alla gita. Ma in realtà Paolo Giuliani, braccio destro di Pellegrini, avrebbe dato un apporto importante al riconoscimento dei quattro teppisti.

19 ottobre 1988

Fonte: La Repubblica

Come la polizia è giunta all'arresto di due aggressori del tifoso ascolano

Inchiodati da film e testimoni

di Nino Sormani

Appartengono a club interisti - In casa di uno di loro coltelli e mazze - Ricercati altri due teppisti - L'Inter si dissocia dai fans violenti.

MILANO - Le numerose fotografie e le riprese televisive a circuito chiuso effettuate dalla polizia scientifica di Ascoli durante e dopo la gara con l'Inter, nonché le testimonianze rese dai presenti, sono state determinanti per consentire agli inquirenti di giungere all'identificazione e al fermo di due degli aggressori di Nazzareno Filippini, il tifoso ascolano morto lunedì dopo otto giorni di coma per le percosse subite fuori dallo stadio. I due fermati, che dopo l’interrogatorio del magistrato milanese Francesca Marcelli sono stati arrestati con l'accusa di omicidio, sono (Omissis), 30 anni, originario di Torremaggiore, provincia di Foggia, ma da molto tempo residente a Milano In via (omissis), posteggiatore nei pressi della centrale piazza Cavour, incensurato, e (Omissis), 23 anni, milanese, residente con la famiglia in via (omissis), autotrasportatore, pure incensurato, che fanno parte rispettivamente dei "Boys" e degli "Skin", due dei maggiori gruppi del tifo organizzato interista. Il secondo gruppo si ispira agli "Skins Heads" londinesi, teppisti violentemente razzisti che hanno come obiettivo principale di spaccare la testa ai terzomondisti. In casa del (Omissis) sono stati sequestrati dieci coltelli a serramanico, alcune grosse mazze, una pistola scacciacani e un bilancino di precisione di quelli che vengono usati dagli spacciatori di droga per misurare le dosi di stupefacenti. Il (Omissis) risulta infatti essere un frequentatore del parco Lambro, noto ritrovo di tossicodipendenti. I due, che secondo un funzionario della questura milanese erano già noti per alcuni episodi di violenza maturati all'interno dei club interisti, sono stati riconosciuti da numerosi interisti presenti ad Ascoli che si sono presentati volontariamente alla polizia, su invito della società nerazzurra. Tra costoro era andato in questura martedì anche il (Omissis), che è stato subito fermato, il (Omissis), invece, è stato bloccato davanti alla sua abitazione. Le forze dell'ordine sono giunte all'identificazione tramite il controllo dei biglietti distribuiti dal centro di coordinamento degli Inter club. Ad Ascoli erano andati un 300 tifosi, la maggior parte su auto private e 90 su due pullman che erano stati parcheggiati nei pressi della stazione. Fra i 90 vi erano esponenti di alcuni dei più accesi club che già durante la gara avevano creato disordini. Dopo la partita, mentre la maggior parte dei 90 tifosi si stava dirigendo ai pullman, dal gruppo si staccavano in quattro o cinque che sollecitati dal (Omissis) aggredivano il Filippini. Quest'ultimo aveva avuto il torto di indicare il (Omissis) come l'autore del lancio di sassi durante l'incontro, un gruppetto aggrediva il giovane a calci, pugni, pietre allo stomaco e alla testa, abbandonandolo in fin di vita. Altri due aggressori, fra cui uno studente, in passato già coinvolto e arrestato por episodi di violenza, sono già stati identificati e sono attivamente ricercati. Intanto la società ha emesso un comunicato per esprimere "la totale condanna di ogni atto di intolleranza" ed esternare alla famiglia di Filippini "il più sentito cordoglio". L'Inter si dichiara estranea ai fatti precisando che il suo centro di coordinamento si limita a vendere i biglietti delle gare esterne a chi ne fa richiesta e che farà di tutto per collaborare con le forze dell'ordine per l'individuazione dei responsabili di atti di violenza tentando nel contempo nei confronti di questi gruppi oltranzisti di stabilire un rapporto persuasivo, educativo e non ghettizzante. Ciò contrasta però con quanto affermato ieri da un dirigente interista, secondo cui a questi gruppi di oltranzisti molte volte i biglietti vengono dati in omaggio, come premio se non hanno creato disordini nelle ultime partite.

19 ottobre 1988

Fonte: La Stampa

Allo stadio, pronti ad uccidere

di Piero Colaprico

MILANO - Si chiamano Viking e Skin Heads: c'erano anche i ragazzi di queste bande metropolitane, due domeniche fa, a far tifo per l’Inter. E, secondo la polizia, sarebbe stato proprio uno di loro a colpire Nazzareno Filippini, 32 anni, il tifoso dell’Ascoli massacrato a calci, pugni e pietrate e morto l’altro ieri mattina, ad Ancona, in sala rianimazione, dopo otto giorni di coma. Il manipolo dei suoi assalitori era composto da quattro giovani: per due di loro è già scattata l’accusa di omicidio. È un mondo sommerso e selvaggio, questo degli Hooligans. Solo per ricostruirne la mappa, in cerca di chi ha ucciso, la Digos ha lavorato una settimana. E se gli investigatori sono convinti di aver isolato i picchiatori, non sarebbe solo grazie ai filmati della polizia scientifica di Ascoli e a una serie di interrogatori, ma - si dice - grazie anche alla collaborazione di qualcuno degli stessi ultras. Un pentito che conosce dall’interno il mondo dei violenti e che ha contatti frequenti e diretti con la società di piazza Duse. Le vite dei ragazzi arrestati non sembrano nascondere segreti. Il primo ultras a finire in manette è stato (Omissis), 30 anni. Si proclama innocente e si è presentato spontaneamente in questura lunedì alle 18. Un amico gli aveva fatto sapere che lo cercavano. Da allora (Omissis) non è più uscito da via Fatebenefratelli. Di mestiere fa il parcheggiatore in via Manin, di fronte all’atelier di Krizia, anche se per cinque anni è stato comproprietario di un bar ritrovo dei tifosi della curva nord. Ha sposato una fotomodella, figlia di un avvocato, ha un figlio piccolo, vive a Porta Venezia. È uno dei capi dei Boys, e cioè dell’organizzazione dei tifosi interisti più accesi: Il suo ruolo è fare in modo che non succedano incidenti, lo difende il suocero, e noi sappiamo che è un bravo ragazzo. Cinque ore più tardi, gli agenti hanno bloccato (Omissis), 23 anni, soprannominato Metallica. È uno Skin Head - che letteralmente significa teste rasate - alto un metro e 80, panciuto e muscoloso, che tutta la settimana lavora come fattorino insieme al padre. Nella sua casa di periferia, davanti al suo letto, c’è una coccarda tricolore di 40 centimetri di diametro. Il papà nella camera matrimoniale ha invece appeso un ritratto di Mussolini. Ha come hobby la palestra e la musica metallara: i poliziotti gli hanno sequestrato una dozzina di coltelli, la maggior parte a scatto, e due bastoni. Nell’armadio conserva un corredo di sciarpe di altre squadre, conquistate sugli spalti o fuori dallo stadio, ai danni di tifosi avversari. Questi due ultras sono stati interrogati, ieri dopo mezzogiorno, dal sostituto procuratore Francesca Marcelli, che ha convalidato il fermo in arresto, con l’accusa di omicidio. In realtà, sarebbe già finito in camera di sicurezza anche un terzo giovane milanese, uno studente, del quale la Digos non ha diffuso il nome. Si tratterebbe di un ragazzo già stato condannato nei mesi scorsi perché, durante lo scorso campionato, ha partecipato a un pestaggio organizzato di tifosi del Como. Infine, secondo indiscrezioni, un quarto indiziato sarebbe già stato accompagnato nelle Marche: la Squadra mobile lo avrebbe trattenuto per una serie di confronti all’americana con alcuni tifosi ascolani. Questa operazione, ha detto ieri il questore di Milano Umberto Improta, dimostra, anche se non sta a me dirlo, che sappiamo fare il nostro lavoro. Accettiamo i suggerimenti, come quelli dell’altra sera al Processo del Lunedì, ma non su come svolgere le indagini. L’indagine si è conclusa rapidamente anche grazie ai dossier che la Digos ha accumulato negli anni a carico degli interisti della curva nord. Decine di neofascisti avevano approfittato del tifo per esporre striscioni con svastiche, asce bipenni, e scrivere slogan razzisti, come Milanisti ebrei, stessa razza stessa fine, in occasione del derby di due anni fa. Dopo le inchieste, non era scattato alcun provvedimento. Ma questa volta gli agenti, coordinati da Achille Serra, sono andati sino in fondo. In pochi giorni hanno messo sotto controllo un’ottantina di case, un paio di bar, interrogato un centinaio di tifosi. L’Ascoli aveva messo a disposizione dei nerazzurri mille biglietti, ha spiegato ieri Serra, e ne sono stati acquistati solo 350. Di questi, 90 sono stati venduti agli ultras che avevano affittato due autobus. La Squadra mobile di Ascoli ha accertato che proprio questi tifosi, a fine partita, sono stati bersagliati da pietre, bottiglie, pezzi di ghiaccio dei contenitori frigo, lanciati dagli spalti dei tifosi ascolani. E proprio quando gli interisti venivano scortati fuori, agli autobus, un gruppo di una quarantina si è sganciato. Tra questi, conclude il capo della Digos, cinque o sei, hanno raggiunto Filippini. Uno lo ha indicato, un altro lo ha atterrato, gli altri lo hanno massacrato di botte. Qualcuno lo ha colpito alla testa con un bastone, altri lo hanno finito a calci e pugni. I testimoni, a quanto pare, non mancano. (Omissis), il cranio rasato, grande e grosso, non poteva passare inosservato. Non è cambiato per nulla da quella foto, scattata a San Siro, che lo riprende seduto sugli spalti, accanto a un camerata che fa il saluto romano al fotografo della polizia. Secondo gli amici del quartiere, però, Metallica non si era mai occupato di politica. È l’unico Skin Head della sua zona popolare, via (omissis), vicino a corso Sempione. Non ha mai pestato nessuno, in palestra andava soprattutto per dimagrire, ha provato a salire sul ring ma al primo incontro l’hanno steso. Se non ha fatto il paninaro, taglia corto un ragazzo, è perché con il suo fisico non poteva certo mettersi il piumino e andar dietro alle ragazze. Ma forse nessuno conosce bene Metallica, neanche i suoi familiari. Dal suo armadio, per esempio, è saltato fuori un bilancino di precisione: Mai visto prima questo aggeggio, dice la madre. E invece, sempre secondo la polizia, il ragazzone, stivali anfibi e giubbotto con le borchie, si faceva vedere di sera al Parco Lambro, uno dei mercati a cielo aperto dell’eroina. Noi sappiamo che è un tifoso dell’Inter, dice suo padre Umberto, 60 anni, sappiamo che è andato ad Amsterdam a farsi tatuare. Cose da ragazzi. Noi lavoriamo insieme. Tutto il giorno. Abbiamo comprato un furgone e paghiamo 700mila lire al mese. È un bravo ragazzo. I coltelli sono miei, davvero. E quei bastoni, non li portava fuori casa da una vita. Quando esce lo perquisisco... La domenica della partita con l’Ascoli, dice la madre Pietrina, 53 anni, è tornato a casa un po' mogio. Ma, se fosse stato lui, avrebbe parlato. Pensa a me, gli dicevo, se fossi stato tu a finire in coma, invece di quell’altro poveretto... Sai, può capitare a tutti, mi aveva risposto.

19 ottobre 1988

Fonte: La Repubblica

"Con un bastone gli sfondò il cranio"

di Piero Colaprico

MILANO - Il pentito degli ultras interisti ha paura. Nessuno sa chi sia, la polizia lo protegge. È sparito dalla circolazione. E così hanno fatto anche quelli che contano fra gli skin heads, la banda dei crani rasati dei quali faceva parte (Omissis), detto Metallica, uno dei due ultras già arrestati con l’accusa di omicidio. Basta una frase del capo della Digos - che ieri ha annunciato di aver arrestato altri due giovani - per comprendere la pericolosità degli hoolingans milanesi: Sì, qualcuno ha visto e ci ha riferito, conferma Achille Serra. Ma non fate il suo nome, per carità. Se si sapesse che ha parlato, rischierebbe di essere ammazzato. Il racconto dall’interno della Curva Nord che fa il pentito è dettagliato e sofferto, coinciderebbe con le testimonianze, le descrizioni, i particolari forniti dai tifosi dell’Ascoli. E perciò si capisce quanto le sue parole, messe a verbale, siano fondamentali nella ricostruzione dell’agguato a Nazzareno Filippini, Reno, il tifoso massacrato di botte all’uscita dallo stadio ascolano e morto dopo otto giorni di coma, e abbiano facilitato l’arresto per omicidio di quattro ultras. Ieri, in base a queste rivelazioni, il sostituto procuratore Francesca Marcelli ha così convalidato il fermo di altri due ultras. Oltre a (Omissis), 30 anni, uno del quadrumvirato da anni a capo dei Boys (lo zoccolo duro della curva), e a (Omissis), il massiccio skin head di 23 anni, sono finiti in camera di sicurezza altri due interisti: hanno 19 anni, si chiamano (Omissis), del gruppo Viking, e (Omissis), dei Boys. Oggi i quattro saranno trasferiti da San Vittore al carcere di Ascoli, per l’inchiesta giudiziaria. La posizione di un quinto tifoso, identificato e ascoltato dalla polizia milanese che non ha però ritenuto esistessero a suo carico sufficienti indizi, verrà vagliata dai giudici marchigiani. Secondo l’accusa, questa la precisa ricostruzione dell’omicidio. La partita è finita, i tifosi dell’Inter escono dallo stadio e, dagli spalti, vengono bombardati di pezzi di cemento, lastre di ghiaccio dei contenitori frigo, bottiglie e sassi scagliati dai tifosi ascolani di Settembre Bianconero. Una provocazione da vendicare subito. E dai 90 interisti che marciano verso i due autobus, si stacca un manipolo di commandos. Tra questi, sostengono in questura, c’è (Omissis). È lui che indica agli altri Filippini, forse è lui che per primo lo afferra per un braccio. È questione di secondi. Irrompe qualcuno (Omissis), per la polizia), armato di un bastone, che centra alla testa il ragazzo. Poi, ecco i due nuovi arrestati, dei quali, dice la Digos, non abbiamo ancora accertato il ruolo. Qualcuno, però, afferra un pezzo di cemento, centra Filippini prima alla testa, poi allo stomaco. Un altro interista gli sferra un paio di calci in faccia. Infine la fuga, verso gli autobus, mischiandosi nel gruppo più folto dei tifosi. Una scena usuale, negli scontri tra estremisti del tifo, ma questa volta il nemico, il tifoso dell’Ascoli, resta sull’asfalto. Se ne saranno accorti i suoi killer ? Gli interisti, tornando a casa, fanno bisboccia come se niente fosse accaduto. Saccheggiano un autogrill, e uno dei capi, dopo la razzia di salami, birre e caramelle, si presenta alla cassa e dà 200mila lire, di tasca sua, come per dimostrare almeno la buona fede. Più tardi si saprà che il tifoso bianconero è in coma e che, come ha dimostrato l’autopsia, è stato colpito non una volta sola, ma ha riportato una serie di lesioni al corpo e al capo. Non è stata una morte accidentale, quella del tifoso. E questa ricostruzione peserà nel prosieguo dell’inchiesta: l’omicidio preterintenzionale, che cioè va al di là delle intenzioni di chi lo compie, è meno grave, e comporta una detenzione meno lunga, dell’omicidio volontario, compiuto quando si cerca veramente la morte dell’avversario, del nemico. Ma sono davvero i quattro ultras arrestati i protagonisti di questa scena ? Non ci sono zone d'ombra nella ricostruzione della Digos ? I quattro ragazzi negano tutto. Metallica, durante gli interrogatori, è stato il più freddo. Un comportamento da inglese, scherza un avvocato. (Omissis) ha spiegato che lui, come capo dei boys, non partecipa ai pestaggi ma, all’opposto, il suo compito è frenarli. E (Omissis), in lacrime, disperato, balbettando, ha fornito un alibi. Sì, ho fatto casino ad Ascoli, ma non c'entro con Filippini. Ero più lontano, ne stavo pestando un altro... Ieri, nella sua casa al piano rialzato di un casermone di Quarto Oggiaro, alla periferia della città, sono sfilati un paio di amici. Hanno tranquillizzato la mamma. No signora, (Omissis) non c’entra. Era con noi. E la signora Carmela ha avuto una conferma, dice, dell’innocenza del ragazzo. Mostra gli album del figlio, le sue foto nuove nuove con Zenga, Brehme, Matthaus. La sua collezione di fotografie a colori, ricche di fumogeni e sciarpe alzate, tutte scattate sulla Curva Nord. Non volevo che andasse allo stadio, a far tifo, perché lui finisce sempre in mezzo. Ma lui mi rispondeva: mamma, meglio lo sport che la droga. E questo è un quartiere difficile, il ragazzo doveva distrarsi. Ma è buono, pensi che la scorsa estate ha fatto sempre il volontario sulle autombulanze, per guadagnarsi le 200mila lire... (Omissis), comunque, era stato già arrestato in passato allo stadio di Como per il possesso di armi improprie. Di (Omissis), il quarto arrestato, si sa poco. (Omissis), figlio del proprietario di una discoteca, frequenta il primo anno di Economia e commercio. Intanto, ad Ascoli Piceno circa duemila persone, con la squadra di calcio, hanno partecipato ieri ai funerali di Nazzareno Filippini.

20 ottobre 1988

Fonte: La Repubblica

A Milano altri due arresti

di Nino Sormani

Quattro i giovani in carcere per il pestaggio a morte dopo Ascoli-Inter - Sono stati riconosciuti da altri tifosi.

MILANO - Altri due giovani ultrà interisti sono stati arrestati ieri nell'ambito dell'inchiesta condotta dalla Digos di Milano e Ascoli dopo l'uccisione di Nazzareno Filippini, il tifoso ascolano morto lunedì dopo il "pestaggio" subito alla fine di Ascoli-Inter (gara giocata domenica 9 ottobre). Si tratta di (Omissis), 19 anni, milanese, aiuto panettiere, che abita con i genitori in via (omissis); e di (Omissis), 19 anni, studente di economia e commercio, residente a Milano in via (omissis), figlio di "ottima famiglia", come l'ha definito il capo della Digos milanese Serra, che ieri ha tenuto una conferenza stampa per illustrare gli sviluppi delle indagini. I due ragazzi hanno già dei precedenti: (Omissis), che fa parte dei "Viking", è stato arrestato il 20 settembre '87 a Como perché il gruppo con cui stava entrando allo stadio (10 persone) per Como-Inter aveva addosso arnesi non consentiti. Su (Omissis), aderente agli "Ultras" è pendente, invece, una denuncia della polizia stradale di Savona per un furto messo a segno nel marzo scorso. I due, dopo l'interrogatorio del sostituto procuratore Francesca Marcelli, sono stati arrestati per concorso in omicidio e rinchiusi a San Vittore. Oggi, assieme a (Omissis) e Ferrazza (gli altri due arrestati) saranno portati ad Ancona e messi a disposizione della magistratura locale, competente per territorio. I magistrati di Ancona potrebbero sentire anche una quinta persona, fermata ieri dalla polizia, interrogata per un paio d'ore e alla fine rilasciata. Si tratta di un giovane studente. Per la Digos, sarebbe a conoscenza di altri particolari. "Una aggressione - ha sottolineato ancora una volta Serra - di inaudita violenza, dove sono chiari finora i ruoli di (Omissis) e Ferrazza, mentre sono in via di accertamento quelli degli altri. (Omissis) è l'uomo che indicò agli altri il Filippini, e lo gettò a terra. Poi intervenne Ferrazza (nella sua casa è stato sequestrato anche un tubo per aspirare hashish), e colpì il ragazzo di Ascoli a bastonate. Gli altri, che facevano senz'altro parte del gruppo degli aggressori, non sappiamo ancora con che cosa l'hanno colpito". Sia (Omissis) che (Omissis) hanno negato ogni addebito sostenendo di essersi trovati sul posto dell'aggressione, ma di non aver partecipato al "pestaggio", il primo ha anche aggiunto che in quel momento si stava azzuffando con un altro tifoso ascolano. Il capo della Digos ha spiegato che per arrivare a identificare i quattro sono state determinanti le indicazioni fornite da chi ha assistito all'aggressione e dal gruppo di 90 tifosi giunti ad Ascoli assieme ai quattro arrestati. "Di questi non possiamo dire nulla - ha precisato Serra - perché se trapelasse il minimo indizio queste persone correrebbero grossi rischi per la loro incolumità fisica".

20 ottobre 1988

Fonte: La Stampa

Gli ultras accusati di omicidio

MILANO - Omicidio volontario, articolo 575 del codice penale: questo il reato ipotizzato dagli ordini di arresto firmati dal sostituto procuratore Francesca Marcelli, e trasmessi ieri mattina alla Procura di Ancona. Ordini di arresto che riguardano tutti e quattro gli interisti bloccati nei giorni scorsi dalla Digos di Milano e dalla Squadra Mobile di Ascoli. Dopo i primi interrogatori, il giudice milanese ha definito l’aggressione al tifoso dell’Ascoli, morto dopo otto giorni di coma, un atto cercato e voluto. Nazzareno Filippini, in altri termini, sarebbe stato inseguito, raggiunto e pestato dai teppisti nerazzurri a calci e colpi di pietra, con la precisa intenzione di uccidere. E se i magistrati di Ancona, competenti dell’inchiesta, arriveranno alla stessa conclusione, il rinvio a giudizio potrebbe essere dunque per omicidio volontario, e non preterintenzionale. Oggi i tifosi saranno trasferiti da San Vittore al carcere di Ascoli. Con il passare dei giorni, insomma, la posizione dei quattro sembra peggiorare. Sull’inchiesta c’è uno stretto riserbo, ma sembra che un ultras, interrogato dal magistrato, abbia ammesso di aver partecipato all’inseguimento di Reno Filippini. L’ho solo inseguito, ma non pestato, avrebbe detto. Pensava forse di dimostrare la sua innocenza, in realtà il tifoso nerazzurro avrebbe aggravato la sua posizione e quella degli altri: avrebbe ammesso di essersi comportato proprio come avevano già raccontato alla polizia alcuni giovani di Ascoli e il pentito nerazzurro. In pratica, così facendo, l’ultras ha finito per avvalorare le testimonianze più sfavorevoli e dar ragione alla polizia. L’inchiesta non si ferma qui, ha aggiunto ieri Achille Serra, capo della Digos. Siamo ormai a buon punto per identificare tutto il gruppo, tra le 25 e le 30 persone, che si è staccato dai 90 tifosi interisti scortati fuori dallo stadio ed è andato all’inseguimento degli avversari. È un lavoro che ci potrebbe tornare utile dal punto di vista della prevenzione. Anche se, è bene ribadirlo, la polizia da tempo ha identificato i facinorosi. Ufficialmente, infatti, in questura negano che ci siano schede e fotografie sui tifosi più estremisti. Eppure, nel caso di (Omissis), 23 anni, detto Metallica, proprio la Digos ha diffuso una fotografia scattata sugli spalti (accanto a lui c’è un altro nerazzurro che fa il saluto romano). E, per quanto riguarda gli Skin Heads, la banda delle teste rasate, esiste sicuramente un rapporto riservato, scritto dalla squadra politica nel dicembre '87, e cioè all’indomani di alcuni striscioni razzisti (per esempio: Droga e terroni le piaghe d'Italia e Milanisti ebrei stessa razza stessa fine). Gli investigatori hanno comunque sempre escluso che, tra di loro, ci fossero militanti di rilievo della destra neofascista. p.c.

21 ottobre 1988

Fonte: La Repubblica

Arrestato un quinto ultrà

È un diciannovenne milanese. Avrebbe fatto parte del gruppo che aggredì Filippini. L'accusa: associazione per delinquere.

MILANO - Un altro giovane di Milano, Massimo Bertaglia, è stato arrestato per associazione a delinquere. Lo ha deciso il sostituto procuratore della Repubblica di Ancona, Vincenzo Miranda, che indaga sull'uccisione del tifoso ascolano Nazzareno Filippini, aggredito il 9 ottobre ad Ascoli Piceno, al termine dell'incontro di calcio Ascoli-Inter e morto otto giorni dopo nell'ospedale di Ancona. Salgono così a cinque gli arresti in seguito all’episodio. Il giovane arrestato è già stato trasferito ad Ancona e rinchiuso nel carcere di Montacuto. Bertaglia è stato arrestato nella sua abitazione di via (omissis), nel quartiere della Bovisa. Come ha reso noto il dirigente della Mobile Walter Tosti, l'imputato, che è stato interrogato nella questura ascolana prima di essere tradotto nel carcere di Montacuto, ha dichiarato di voler chiarire la propria posizione al magistrato. Bertaglia, che vende abitualmente adesivi e bandiere dell'Inter, aderisce al club di tifosi "Viking" ed è amico di (Omissis). Secondo il capo della squadra mobile, faceva parte del gruppo di sostenitori dell'Inter che, all’uscita dallo stadio, ha aggredito Nazzareno Filippini. Altri ordini di arresto per associazione per delinquere erano stati emessi dal giudice Miranda nei riguardi dei quattro tifosi interisti già colpiti, nell'ambito della stessa inchiesta, da mandato di cattura per omicidio volontario, i milanesi (Omissis), di 23 anni, (Omissis), di 30, (Omissis) e (Omissis), entrambi di 10. Il magistrato - che probabilmente trasferirà gli atti relativi all'associazione per delinquere alla procura della Repubblica milanese, ritenuta competente per territorio - ha affermato che l'accusa per tale reato, mai avanzata in Italia a proposito della violenza negli stadi, può essere riferita, tra l'altro, anche all’estorsione che alcuni gruppi di tifosi metterebbero in atto nei riguardi delle società di calcio, "lucrando abbonamenti, biglietti gratuiti e trasferte in cambio della promessa di comportarsi bene durante le partite". Già da oggi il giudice Miranda dovrebbe incominciare a interrogare i cinque arrestati, che si trovano tutti nel carcere di Montacuto. Agli interrogatori prenderà parte, oltre ai difensori degli imputati, anche l'avvocato della famiglia Filippini, costituitasi parte civile nel procedimento penale".

26 ottobre 1988

Fonte: Stampa Sera

Ascoli, arresti in casa per uno degli ultrà

ANCONA - Massimo Bertaglia, milanese di 19 anni, il quinto dei tifosi dell’Inter arrestato a seguito degli incidenti fra i sostenitori dell’Ascoli e della squadra lombarda avvenuti al termine della partita del 9 ottobre scorso nel corso dei quali venne pestato a morte Nazzareno Filippini, ha ottenuto gli arresti domiciliari. La decisione è stata presa dal sostituto procuratore, Vincenzo Miranda, il giudice titolare del caso, al termine della prima tornata di interrogatori.

30 ottobre 1988

Fonte: La Repubblica

Ascoli - Inter scarcerati gli ultras accusati di omicidio

ANCONA - Saranno nuove indagini di polizia giudiziaria a dover individuare chi materialmente vibrò il colpo che uccise il tifoso ascolano Nazzareno Filippini, 32 anni, morto nell’ospedale di Ancona il 17 ottobre dello scorso anno a seguito delle lesioni riportate il 9 ottobre durante i tafferugli scoppiati al termine della partita Ascoli-Inter. Il giudice istruttore di Ancona Dario Razzi, titolare dell’inchiesta, ha infatti disposto la scarcerazione per mancanza di indizi dei cinque ultras interisti del gruppo Viking che erano stati arrestati per l’omicidio volontario di Filippini. (Omissis), 31 anni, (Omissis), 24, (Omissis) e (Omissis), 20, tutti di Milano, e il ventiquattrenne di Reggio Emilia (Omissis) restano imputati a piede libero per il reato di rissa aggravata. Alla decisione di scarcerare i cinque il giudice Razzi è arrivato sulla base di risultati emersi dalle perizie disposte e dalle testimonianze raccolte. Sembra che (Omissis) e (Omissis), protagonisti di scontri fra le opposte tifoserie, fossero lontani dal luogo dell’aggressione a Filippini mentre, pur avendo partecipato alla rissa, non furono (Omissis), (Omissis) e (Omissis) a sferrare con un oggetto il colpo che uccise l’ascolano.

1 giugno 1989

Fonte: La Repubblica

Il PM di Ancona "condannate i tifosi assassini"

ANCONA - Una condanna a dieci anni di reclusione per omicidio preterintenzionale e rissa aggravata è stata chiesta dal Pm alla Corte d' assise di Ancona nei confronti di quattro tifosi dell’Inter, rei di aver fatto parte di un gruppo di sostenitori che, al termine della partita di calcio fra l’Ascoli e l’Inter nella città picena il 9 ottobre 1988, picchiarono a morte Nazzareno Filippini di 31 anni. Rinviati a giudizio sono i milanesi (Omissis), 33 anni, (Omissis), di 21, e (Omissis), di 26, oltre a (Omissis), 26 anni, di Reggio Emilia. Un quinto imputato, (Omissis), 22 anni, pure di Milano, deve rispondere solo di rissa aggravata.

23 gennaio 1991

Fonte: La Repubblica

Dalla morte di Reno Filippini, allo striscione

"Ci siete tutti ?": le infamie della tifoseria interista

di Andrea Ferretti

Una delle pagine più brutte della storia dell’Ascoli Calcio è sicuramente quel 9 ottobre del 1988. Al Del Duca si disputava la gara Ascoli-Inter, prima giornata di campionato. Il risultato finale fu di 1-3: doppietta di Serena, Mandorlini e Giovannelli, i marcatori. Al termine della partita le forze dell’ordine facevano defluire dalla Curva Nord i numerosi tifosi interisti giunti nelle Marche, avviandoli verso i 5 pullman parcheggiati in via delle Zeppelle. Tuttavia, due mezzi, inspiegabilmente, vengono lasciati vicino alla stazione ferroviaria. Un gruppo di ultras neroazzurro decide, quindi, di dirigersi verso la Curva Sud. Qui parte il putiferio. Tra un fuggi fuggi generale resta coinvolto Nazzareno Filippini, per tutti "Reno", tra gli esponenti principali della tifoseria. Le condizioni appaiono gravi sin da subito. Viene traferito d’urgenza all’Ospedale di Ancona. I sanitari del reparto neurochirurgico lo sottopongono ad un intervento alla testa per rimuovere un grosso ematoma. Qualche giorno dopo Reno subisce un secondo intervento chirurgico per l’asportazione dei residui emorragici, ma non c’è nulla da fare. Il cuore di Reno cessa di battere il 17 ottobre per arresto cardiocircolatorio conseguente al progressivo deterioramento delle condizioni cerebrali. A distanza di 26 anni, non si conoscono ancora i colpevoli dell’omicidio. Inizialmente ad esser condannati sono stati (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis) e (Omissis). Ma nel giugno 1989 il giudice istruttore di Ancona li rimetterà in libertà per mancanza di indizi. La tifoseria interista si è ripetuta qualche anno dopo, stagione 2006-07, in occasione della gara di campionato Inter-Ascoli. Nel corso della partita, i supporter interisti, dopo aver rivolto per varie volte gli infamanti cori "Uno di meno, voi siete uno di meno", "Filippini dov’è ?, esponevano uno striscione con la scritta "Ci siete tutti ?". Un gesto che macchierà per sempre una tifoseria, se così si può chiamare, che la parola "rispetto" non sa neanche cosa significhi. Domani gli "Ultras 1898", in occasione del 26° anniversario della morte di Reno Filippini, invitano tutti i tifosi bianconeri venerdì 10 ottobre alle ore 19.00 davanti all’ex rifornimento Agip in Viale Indipendenza 65, per poi recarsi tutti insieme verso la lapide posizionata sul ponte Rozzi dove verrà depositato un mazzo di fiori a nome dell’intera tifoseria".

9 ottobre 2014

Fonte: Ascolinews.it

Morta la madre di Reno Filippini

La sua intervista nel 2008: "Mio figlio meritava giustizia"

Maria Onori si è spenta a 85 anni all’ospedale di Sant’Omero. Ripubblichiamo i suoi pensieri espressi nel ventennale della scomparsa del figlio.

Ascoli, 15 ottobre 2015 - Si è spenta a 85 anni all’ospedale di Sant’Omero Maria Onori, la madre di Reno Filippini, il tifoso bianconero morto nel 1988 dopo essere stato aggredito da un gruppo di tifosi interisti. E proprio sabato ricorre il 27° anniversario del giorno in cui Reno morì dopo otto giorni di agonia. Il funerale di Maria Onori si terrà domani mattina (venerdì) alle 10 nella chiesa del Sacro Cuore. Una vita segnata dal dolore per quella morte così assurda e senza giustizia. Il 9 ottobre del 2008, in un’intervista al Carlino, la donna raccontò la sua sofferenza e i suoi ricordi di quei drammatici giorni del 1988. La ripubblichiamo, in suo omaggio e in omaggio al figlio Reno: "Porterò un mazzo di fiori freschi sul ponte dov’è stato ucciso Reno. Di solito ci tengo bei fiori finti, ma oggi è un anniversario". A vent’anni dalla morte di Nazzareno Filippini, per tutti "Reno", negli stadi si continua a morire. E per una mamma come la signora Maria Onori Filippini, il dolore è ogni volta doppio. Vent’anni fa, al termine della partita Ascoli-Inter, Reno Filippini fu aggredito e massacrato di botte da un gruppo di ultrà neroazzurri. Morì dopo otto giorni in ospedale. Si sarebbe dovuto sposare in quei giorni. "Nella notte tra il sabato e la domenica della tragedia - racconta la signora Maria, come se ancora vivesse quei momenti - Elisabetta (la fidanzata di Reno, ndr) sognò che le fedi si spezzavano. Svegliò mio figlio agitata per raccontargli la visione e lui ne rimase scosso. Dopo la morte di Reno ha distrutto il suo abito da sposa. Lo ha tagliato a brandelli". È un dolore troppo grande, colmato solo dal ricordo di quel ragazzo splendido e sempre pieno di vita che accarezza ritratto in una foto: "Per tanti anni - dice ancora la signora - sono stata in lotta con Dio e con tutti. Poi ho capito che tanta rabbia serviva solo a farmi stare peggio. E ho ritrovato la pace e la forza di andare avanti". Avanti, anche oltre le ingiustizie, contro un sistema giudiziario che funziona "alla rovescia": "Sono andata avanti tra avvocati e tribunali solo perché volevo che fosse fatta chiarezza - racconta in riferimento al processo - ma così non è stato. Quei cinque se la sono cavata con il minimo indispensabile e anzi, ci avevano chiesto persino un risarcimento di 19 milioni perché, a detta loro, erano stati ingiustamente incarcerati. Ma ancora oggi chi non ha giustizia è il mio Reno". Sul tavolo sono raccolti centinaia di ritagli di giornale. Ci sono foto che ritraggono Nazareno nei momenti felici, con la fidanzata, in vacanza. E c’è una piccola foto della Prima Comunione attaccata su un tesserino di una squadra di calcio di quartiere: "Non mi piaceva che Reno giocasse, ma lui amava tutti gli sport e il calcio per primo. E così attaccò quella foto al tesserino di nascosto da me e suo padre. Voglio dire solo una cosa ai ragazzi che vanno allo stadio: il calcio è un mercato. E se succedono queste cose le società non fanno niente per voi".

15 ottobre 2015

Fonte: Ilrestodelcarlino.it

Una targa "in acciaio inossidabile e cornice bianconera" per ricordare Reno

di Francesco Di Silvestre

Il 9 ottobre del 1988, al termine di Ascoli-Inter, Nazzareno Filippini veniva violentemente colpito al capo da un gruppo di ultras interisti. Morirà il successivo il 17 ottobre e il suo delitto resterà impunito. Gli "Ultras 1898" hanno realizzato una nuova targa per ricordarlo.

Sono passati 29 anni da quel maledetto 9 ottobre 1988, una data indelebile per tutti i tifosi bianconeri ma anche per tutti gli ascolani. In quel drammatico giorno la cronaca ci svela in maniera cruda e impietosa che certe tragedie, certi inaccettabili episodi violenti legati ad una partita di calcio possono capitare anche da noi, nel nostro tranquillo e pacifico capoluogo di provincia. Il 9 ottobre 1988 è il giorno in cui viene ferito mortalmente da alcuni ultras interisti Nazzareno Filippini, "Reno" per i tanti amici e conoscenti, un ragazzo di poco più di 30 anni da sempre grande tifoso dell’Ascoli. Reno si spegnerà 8 giorni dopo, il 17 ottobre, all’ospedale di Ancona dove era stato trasferito la sera stessa della tragedia dopo essere stato prima trasportato d’urgenza all’ospedale. La tragedia si consuma al termine della prima giornata di campionato che aveva messo di fronte al Del Duca Ascoli ed Inter (vittoria dei neroazzurri per 3-1). Il clima è tesissimo sia prima che durante la partita e al termine le forze dell’ordine scortano i tifosi neroazzurri verso il parcheggio in via delle Zeppelle dove sono i pullman. Per come sono organizzate le questioni inerenti l’ordine pubblico attualmente è inevitabile che possa sembrare incredibile che possa essere accaduto una cosa del genere, ma allora il problema nacque perché due pullman di ultras dell’Inter erano parcheggiati davanti alla stazione. Così mentre quel gruppo di ultras neroazzurri si dirige senza alcuna scorta e senza alcun controllo delle forze dell’ordine verso i pullman scoppia il caos. Che esplode quando il gruppo passa sotto la curva sud, il tempio del tifo più caldo bianconero. Si parte con un lancio di oggetti e si scatena una violenta rissa. Le versioni su come Nazzareno finisca per essere coinvolto nella rissa sono sempre state contrastanti, in molti sostengono che il povero Reno non abbia avuto alcuna responsabilità, che sia stato una sfortunata vittima. In ogni caso è lui ad avere la peggio, si accascia al suolo con il viso completamente coperto di sangue. Quando arriva al pronto soccorso dell’Ospedale di Ascoli è ancora cosciente, parla con i medici lamentando un forte dolore alla parte destra della testa. Nel corso degli accertamenti perde conoscenza ed entra in coma, viene trasportato immediatamente ad Ancona dove la tac conferma la gravità della situazione. Le successive radiografie della scatola cranica mostreranno un cervello ridotto in poltiglia evidenziando l’estrema ferocia e violenza con cui è stato colpito. I medici lo sottopongono ad un intervento alla testa per rimuovere un grosso ematoma, poi ad un secondo intervento per asportare dei residui emorragici. Reno non si riprenderà più e il 17 ottobre muore per arresto cardiocircolatorio conseguente al progressivo deterioramento delle condizioni cerebrali, lasciando nello sconforto la madre Maria, due sorelle, un fratello e la compagna Elisabetta che avrebbe dovuto sposare proprio la settimana successiva a quella dannata domenica di ottobre.

Diversi anni dopo la mamma Maria racconterà che proprio Elisabetta la notte tra il sabato e la domenica della partita aveva sognato le fedi che si spezzavano. Per l’uccisione di Nazzareno Filippini dopo le indagini furono arrestati 5 ultras dell’Inter del gruppo Viking con l’accusa di omicidio volontario. Nel giugno del 1989, però, i 5 vennero rimessi in libertà per mancanza di concrete prove. Anzi, da alcune perizie e da alcune testimonianze emerse che due di loro erano lontani dal luogo dell’aggressione, mentre gli altri tre furono comunque ritenuti estranei ai fatti che portarono alla morte di Reno. Le successive nuove indagini non portarono a nulla e l’omicidio di Nazzareno Filippini è restato impunito. "Sono andata avanti tra avvocati e tribunali solo perché volevo che fosse fatta chiarezza ma così non è stato" dichiarava in un’intervista in occasione del ventesimo anniversario della morte del figlio mamma Maria. Che, poi, è deceduta due anni fa. Il ricordo di Reno, però, è rimasto bene impresso tra i tifosi dell’Ascoli e tra gli ultras bianconeri che ogni anno, in occasione dell’anniversario di quel drammatico 9 ottobre, organizzano iniziative in suo ricordo. Quest’anno, poi, il gruppo "Ultras 1898" per ricordare Reno ha realizzato una nuova targa in "acciaio inossidabile e cornice bianconera". "L’abbiamo voluta così la targa in Suo ricordo - si legge in un post del gruppo - perché restasse identica e non si rovinasse col passare del tempo. Inossidabile come il suo ricordo. L’abbiamo realizzata raccogliendo i fondi all’interno della Sua curva, dove nessuno è passato indifferente senza buttare una monetina nel bussolotto agli ingressi della Curva Sud. È una targa diversa dalle solite, che rapisce l’occhio, non puoi non notarla. Sta lì, sulla destra del ponte, a ricordare ai giovani che si avvicinano al Del Duca per la prima volta, che la curva è sacra anche perché bagnata dal sangue. Sta lì, sempre identica, a dirci che in Ascoli non si è tifato per l’Inter e per le grandi squadre ma ci si è combattuto aspramente e anche fisicamente.  È un ricordo ma anche un monito. È una targa silenziosa, essenziale, che parla nell’inconscio e ti dice: "Io resto sempre uguale, non ho avuto tempo per cambiare" e ti mette un po’ in imbarazzo mentre tu vai a fare il video della curva per pubblicarlo su facebook con l’occhio alla Champions League (o almeno lo speriamo). È a suo modo un manifesto antimodernista, un’allegoria del tifoso che mentre tutto scorre, tutto cambia, cambiano i giocatori, le società, gli orari, i regolamenti, gli arredi dello stadio, i punti per la vittoria, le squadre, il tifoso rimane fermo, identico, inamovibile, fedele, inossidabile, passionale, irrazionale nel suo spirito forgiato anche dall’esempio e dal ricordo di Nazzareno Filippini. E una volta all’anno permetteteci di dedicargli una partita, uno striscione, un articolo e dichiarare al mondo che nell’animo non vogliamo cambiare, glielo dobbiamo. È il nostro modo per rendergli tributo. Ciao Reno, grazie…".

9 0ttobre 2017

Fonte: Francescodisilvestre.it

Ascoli, Filippini 30 anni dopo

Il fratello: "Non c'è giustizia"

ASCOLI - Oggi ricorrono trent’anni dalla morte del tifoso dell’Ascoli, Nazzareno Filippini. Al termine della partita Ascoli-Inter vinta per 3 a 1 dai nerazzurri di Trapattoni (che in quella stagione conquistarono lo scudetto) si verificarono gravi disordini fuori dallo stadio Del Duca. Sul ponte, oggi intitolato alla memoria di Costantino Rozzi, Nazzareno Filippini, 30 anni (si sarebbe dovuto sposare la settimana successiva), fu accerchiato da cinque ultras del gruppo Viking dell’Inter che lo massacrarono di botte, con calci e pietre. Dopo otto giorni di agonia Nazzareno Filippini morì ad Ancona.  L’inchiesta si chiuse senza un colpevole. "Sono passati 30 anni dalla morte di mio fratello - ricorda Antonio Filippini - ma è vivo ancora in me quella domenica. Giustizia? Mai avuta perché a mio avviso è stato un processo tutto sballato dove gli accusati avevano a loro difesa avvocati penalisti migliori d’Italia- afferma Antonio - se devo prendere in esame il caso di mio fratello e qualcuno mi domandasse: "Credi nella giustizia?" risponderei senza esitare: no>. È prevista una manifestazione in programma questa sera alle 21,30 dove verranno deposti fiori nel punto in cui il tifoso dell’Ascoli fu barbaramente aggredito.

9 Ottobre 2018

Fonte: Corriereadriatico.i

Ascoli Calcio, sono trascorsi 32 anni dalla brutale aggressione a Reno Filippini

Il 9 Ottobre 1988 rappresenta una delle date più nefaste nell'ultracentenaria storia dell'Ascoli Calcio. Esattamente 32 anni fa, all'esterno dello stadio "Cino e Lillo Del Duca", venne brutalmente aggredito da pseudo-sostenitori dell'Inter il tifoso bianconero Nazzareno Filippini, per tutti "Reno". Il suo cuore smise di battere il 17 Ottobre a causa delle gravi lesioni subite, gettando tutta la città nello sconforto. Si sarebbe dovuto sposare dopo appena una settimana. Sono tantissimi i tifosi bianconeri che stanno ricordando "Reno" via social e che anche oggi gli renderanno omaggio con una preghiera davanti alla targa d'acciaio a lui dedicata sul ponte "Costantino Rozzi", dietro alla storica Curva Sud. Ecco il comunicato pubblicato oggi dagli Ultras 1898 attraverso i propri profili social:

"Acciaio inossidabile e cornice bianconera. L'abbiamo voluta così la targa in Suo ricordo. Perché restasse identica e non si rovinasse col passare del tempo. Inossidabile come il suo ricordo. L'abbiamo realizzata raccogliendo i fondi all'interno della Sua curva, dove nessuno è passato indifferente senza buttare una monetina nel bussolotto agli ingressi della Curva Sud. È una targa diversa dalle solite, che rapisce l'occhio, non puoi non notarla. Sta lì, sulla destra del ponte, a ricordare ai giovani che si avvicinano al Del Duca per la prima volta, che la curva è sacra anche perché bagnata dal sangue. Sta lì, sempre identica, a dirci che in Ascoli non si è tifato per l'Inter e per le grandi squadre ma ci si è combattuto aspramente e anche fisicamente. È un ricordo ma anche un monito. È una targa silenziosa, essenziale, che parla nell'inconscio e ti dice: "Io resto sempre uguale, non ho avuto tempo per cambiare" e ti mette un po' in imbarazzo mentre tu vai a fare il video della curva per pubblicarlo su Facebook con l'occhio alla Champions League (o almeno lo speriamo). È a suo modo un manifesto antimodernista, un'allegoria del tifoso che mentre tutto scorre, tutto cambia, cambiano i giocatori, le società, gli orari, i regolamenti, gli arredi dello stadio, i punti per la vittoria, le squadre, il tifoso rimane fermo, identico, inamovibile, fedele, inossidabile, passionale, irrazionale nel suo spirito forgiato anche dall'esempio e dal ricordo di Nazzareno Filippini. E una volta all'anno permetteteci di dedicargli una partita, uno striscione, un articolo e dichiarare al mondo che nell'animo non vogliamo cambiare, glielo dobbiamo. È il nostro modo per rendergli tributo. CIAO RENO, GRAZIE...".

In serata poi gli stessi Ultras 1898 hanno deposto una corona di fiori al fianco della targa dedicata a Nazzareno Filippini sul ponte "Costantino Rozzi "ed hanno posizionato uno striscione con su scritto: "Un grido di rabbia. Reno vive !".

9 ottobre 2020

Fonte: Picernotime.it (Testo © Fotografia)
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