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GIANNI MASTROIACO ♥
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Gianni Mastroiaco ❤
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ITALIA   5-02-1965   Casette (RI)   Anni 20
 

Oggi 29 maggio 40 anni dalla morte di Gianni Mastroiaco nel disastro dell’Heysel

Il giorno in cui dovevamo fermarci tutti

di Stefano Mariantoni

Dovevamo fermarci tutti. Ecco cosa penso, quarant’anni dopo. Non solo gli inglesi, colpevoli ed esclusi, costretti a una riforma radicale. Dovevamo fermarci tutti e ripensare il calcio. Dargli un altro senso. Uno sport preceduto impropriamente dalla parola gioco. Perché ancora oggi si gioca "contro" e mai "con" e al casello di Fiano la Polizia attende i pullman delle trasferte per scortarli all’Olimpico. Nella mia ultima partita in tribuna, un lancio di monete e una ferita ricordo. Ma evidentemente piace ancora, sentirsi stipati in un settore, essere nemici di un altro settore. Allearsi contro qualcuno. Vivere ogni episodio con il risentimento e il sospetto di subire un torto. Che tutto è truccato. Questo calcio a me non piace, anche se continuo a volergli bene. A tanti sta bene così. Li invito a vivere una trasferta nel Sei Nazioni, o una qualunque partita di rugby, che la maggior parte dei calciofili giudica uno sport violento. E invece ci si affronta e ci si rispetta, mischiando i colori del tifo, una festa anche per la Polizia, perché poi si sono inventati un altro tempo. C’è un senso di ospitalità che frena ogni arroganza. Ci si applaude a vicenda a prescindere dal risultato. Si mangia tutti insieme. Servirebbe, forse, l’umiltà di azzerare tutto. Rifiatare. Ispirarsi a chi vive lo sport davvero come un gioco. Il calcio, forse, avrebbe bisogno di un terzo tempo. Casette è un posto di confine. L’ultimo centro abitato del Regno di Napoli prima dello Stato Pontificio fino al 1852, quando re Ferdinando II e papa Pio IX si scambiano dei territori e diventa frazione del Comune di Rieti. Un gruppo di case arrampicate su una piccola altura intorno alla chiesa di Ognissanti. Un’insenatura sulla riva sinistra del fiume Salto che da quelle parti si unisce al Velino. Casette non è un posto adatto per giocare a calcio. Colpa delle esondazioni, almeno fino a quando la diga del Salto, nel ‘39, cambia la storia del paese. Allora i palloni iniziano a rimbalzare tra l’asfalto e il cemento dei nuovi edifici nelle zone pianeggianti. Gianni Mastroiaco cresce in una di queste case, alle porte del paese, località Fontanelle. Sorridente, estroverso, ambizioso. Data la sua altezza, gli tocca giocare in porta e si prende il soprannome di Zoff. Ma è uno Zoff dai piedi buoni, così dopo qualche anno lo piazzano al centro della difesa. Libero, di ruolo e di indole. Si fa notare anche dal suo professore di educazione fisica, alla Giovanni Pascoli, ai Giochi della Gioventù. Casette non ha ancora un campo sportivo. Si fa la spola col Macelletto, otto chilometri più in là, almeno fino all’inizio degli anni Ottanta. Gianni detta i tempi, fa salire la squadra, protegge i confini dell’area di rigore, spedisce palloni nell’altra metà del campo. Là Gianni si sente a casa e si fa rispettare.

Mamma Santa, originaria di Grotti, paese rivale, gli fa sentire dentro un altro confine, nei derby che non ci sta a perdere. Ama l’agonismo, il sapore della vittoria. Si appassiona anche di tennis, nei giorni della Coppa Davis. Prova a imitare Panatta negli scambi con la rete improvvisata sotto casa, insieme al cugino Rocco, inseparabile compagno di scuola. Insieme a lui, alle Superiori, sceglie i Geometri. Alle sette e un quarto la Sama lascia i due Mastroiaco in piazza Cavour. Il resto a piedi, scavalcando il centro, fino alla scuola di via Angelo Maria Ricci. Tappa fissa alle Magistrali, con un occhio buttato tra le liceali. Poi l’ultimo pezzo di strada. E il primo giorno, come benvenuto, una secchiata d’acqua dagli studenti del quinto, nel piano di sopra. Gianni sembra avere la strada spianata, nella ditta di famiglia, l’impresa di movimento terra che l’aspetta, perché lui è un tipo sveglio e saprà muoversi bene tra scavi e cantieri, insieme al fratello Claudio. La scuola, sì. Ma il calcio è una passione troppo forte. A sedici anni si merita una maglia in prima squadra. Il calcio è molto più di un gioco, gli regala un’altra famiglia. Il pallone viene prima delle ragazze che gli hanno messo gli occhi addosso. "Perché non hai risposto alla mia lettera ?" le scrive una di loro. L’amore resta sullo sfondo. Gianni ha tutta la vita davanti e si trova in un’altra zona di confine: vorrebbe mettere il calcio al centro della sua vita, ma è il calcio che si prende la sua. Per cercare di capire cosa frulli nella sua testa torniamo all’11 luglio dell’82, agli azzurri di Bearzot campioni del mondo nella notte incantata del Bernabeu, quando l’arbitro alza il pallone al cielo di Madrid, Gianni salta sul cassone di uno dei due camion che portano mezza Casette a fare caroselli in giro per Rieti. L’Italia ha tanti bianconeri a formare la spina dorsale di quella squadra leggendaria e Gianni s’innamora dell’urlo di Tardelli e della pacatezza di Zoff. Il suo carattere sta là in mezzo, in quel confine: tra la forza e la pacatezza. C’è solo un rimpianto: quello di vivere così lontano da Torino. "Se abitassi lì potrei davvero diventare un giocatore - ripete a suo fratello - starei sempre al "Comunale". Non si accontenta di immaginare le azioni dei suoi idoli con l’orecchio attaccato alla radiolina e "Tutto il calcio minuto per minuto". Non gli basta sgranare gli occhi per la classe di Scirea e le punizioni di Platini a "Novantesimo minuto".

Eccolo alla sua prima trasferta di Coppa: il 6 marzo dell’85 è ai piedi della Mole per Juventus - Sparta Praga, quarti di finale di andata di Coppa Campioni. Piove per tutto il tempo, sugli spalti scoperti, ma cosa importa ?  La Juve domina ed è quello che conta. È 3 a 0. Il primo gol è proprio di Marco Tardelli. Per Gianni, quel destro al volo rasoterra su corner di Briaschi è la prima gioia vissuta dal vivo. Gianni non sa che quindici anni dopo sarà Tardelli a venire a Casette, per rendere omaggio a lui. La sua camera da letto è tappezzata di poster e gagliardetti, ritagli di giornale con le imprese della Juve del Trap. Papà Raniero e mamma Santa sono fieri di lui, che ha recuperato un anno perso in una scuola di Roma ed ora ha il suo bel diploma di geometra incorniciato. Il regalo per la maturità ? Gli propongono una moto o una macchina nuova. "Ma che ! Se la Juve va in finale di Coppa Campioni è quello il mio regalo". "Sei sicuro? Devi partire militare, non puoi passare il confine. E poi, dove si gioca la finale ?". Dal campo sportivo di Casette in via Cicolana allo stadio Heysel di Bruxelles ci sono 1500 chilometri. Un giorno di pullman. I biglietti di Juve-Liverpool vanno a ruba. C’è una curva divisa in tre settori con le ultime lettere dell’alfabeto: X, Y, Z. I primi due sono per gli inglesi, l’ultimo è destinato a spettatori neutrali. Là ci sono ancora disponibilità. Ed è là che trova posto lo Juventus Club Due Stelle di Terni. Il biglietto di Gianni, eccolo: numero 17738. Lui se lo guarda, se lo riguarda, come fosse la cosa più preziosa che abbia mai sfiorato. Poi lo ripone nel portafogli. È un rettangolo di carta color nocciola, scritto in francese e fiammingo. Costa trecento franchi, in teoria meno di 10mila lire che lievitano fino a 80mila con la maggiorazione dell’agenzia. Un pennarello nero ha cancellato le lettere maiuscole dei Bloc X e Y. Resta impressa la lettera Z. Più in basso un testo timbrato dall’amministrazione della città di Bruxelles. "L’organizzatore declina ogni responsabilità per eventuali incidenti di qualsiasi natura che dovessero verificarsi durante o in occasione della partita per la quale il presente biglietto è emesso. Accettando questo biglietto, il portatore rinuncia a ogni responsabilità nei confronti dell’organizzatore". Come se una postilla potesse eliminare le responsabilità e gli esami di coscienza di quello che sta per accadere.

Insieme al biglietto, nel portafoglio, Gianni ha il documento fatto fare in fretta e furia: un permesso di soli cinque giorni valido per l’espatrio. Gianni accarezza la felicità. Prima di partire va in un posto vicino al suo paese dove c’è un’immagine della Madonna. Prega per quel viaggio e per quella Coppa. Due pullman partono qualche giorno prima da Terni e fanno tappa a Parigi, Gianni tira dritto verso il Belgio con un terzo autobus e nella mattinata di mercoledì 29 maggio è a Bruxelles. Una passeggiata in centro, il pranzo in un ristorante vicino la Grand Place. Guarda che giornata ! E che bello il Belgio ! Perché mai, in un giorno così luminoso dovrebbe succedere qualcosa di brutto ? Con lui ci sono due suoi amici di Casette: Loris e l’altro Gianni, di cognome fa Panitti. In centro incrociano gruppi di tifosi inglesi. Alcuni sono amichevoli, hanno voglia di socializzare. Ma perché ci sono tutti quei cocci in giro ? Da ieri sera Reds hanno spaccato vetrine e creato il panico senza che le forze dell’ordine abbiano mosso un dito. Prima di andare allo stadio qualche reatino propone di fare una foto. Eccoli: sono una ventina, col sole in faccia, le sciarpe al collo e i sorrisi pieni di speranza. Gianni regge il bandierone. C’è anche Vincenzo Di Gregorio, un ragazzo di via Porrara, che ogni anno, per tanti anni, a fine maggio tornerà a Casette per un saluto e un fiore. Sorridono. Nessun cenno di paura. Nessun segno di pericolo. Sono un gruppo di giovani con un unico desiderio: festeggiare la coppa dalle grandi orecchie che in 29 anni è sempre sfuggita. Gianni l’ha aspettata tanto, quella partita. Ha immaginato quei 90 minuti con la voglia di riparare la delusione di due anni prima, la finale di Atene, il tiraccio di Magath, la coppa stregata ai tedeschi dell’Amburgo. Allora tutti allo stadio. Lungo il tragitto, altri inglesi a petto nudo, con la pelle arrossata dal sole e la birra in mano. Cantano i loro canti, le voci impastate dall’alcool. La spocchia dei detentori del trofeo. Li incrociano ma si sentono al sicuro. Sembrano pianeti che gravitano su orbite diverse, inconsapevoli della linea di collisione che il destino ha già segnato.

La parola Hooligan ha un’origine poco chiara. Si pensa che derivi dal cognome di una famiglia irlandese di accaniti bevitori. È associata da un secolo alla violenza della working class. Nel Regno Unito la rabbia e l’insoddisfazione trovano nel calcio una valvola di sfogo. Causare tafferugli è un modo semplice per reagire all’austerità imposta dal governo britannico e subìta dalla classe operaia nel dopoguerra. La storia, volendo, potrebbe insegnare. Gli scontri durante Millwall-Luton, Chelsea-Sunderland, il recente rogo di Bradford, dove un’intera tribuna va in fiamme con le vie di fuga chiuse per evitare l’ingresso di tifosi senza biglietto. La guerriglia che ha macchiato la finale di un anno prima, a Roma, con tifosi accoltellati, bastonati e gli assalti ai pullman inglesi. Per alcuni di loro l’Heysel è un regolamento di conti contro l’Italia, poco importa il colore della maglia. L’Heysel ha quasi sessant’anni e se li porta male. Ci sono scontri anche all’esterno delle tribune. Furti di biglietti. Nessun controllo all’ingresso per i facinorosi inglesi. Si entra anche senza tagliando, con cartoni pieni di birre. Risultato: almeno 5 mila persone in più rispetto alla capienza prevista. Manca poco alle 19. Gianni e i suoi amici sono nel cuore nel "bloc" Z, che è uno spicchio di curva, un terzo di quell’arco di cemento malandato e calcestruzzo che viene via con un calcio. È un contenitore pieno di famiglie inermi, genitori e figli. Sul terreno di gioco un’esibizione di bambini che giocano con la testa piena di sogni e di coppe dei campioni. Gianni si rivede in quello che si tuffa senza paura, e poi nel biondino che guida la difesa. Tra italiani e inglesi una rete da pollaio e 5 gendarmi spaesati. Intanto, fuori dallo stadio, 28 di loro inseguono un ladro di salsicce. È un confine che dovrebbe proteggere, isolare, ma vede volare le prime minacce, i primi mattoni, razzi, bottiglie rotte. "Take the end" la chiamano gli hooligans: è la carica per invadere lo spazio avversario. Perché ? Uno striscione che non piace agli inglesi, un coro che non volevano sentire, qualche fischio ai primi giocatori del Liverpool che si affacciano sul campo prima di andarsi a cambiare, una scintilla che accende la violenza e la rete viene giù. Le prime ferite, il sangue da tamponare, mentre sul prato dell’Heysel va in scena la partitella dei bambini.

E Gianni è là insieme a Loris, in mezzo alla gradinata, tra gente sospinta, che non vuole lo scontro, che non sa come rispondere. Non fronteggia i Reds, ma subisce l’ondata di chi è terrorizzato. È trascinato indietro, fino a trovarsi addosso una ringhiera metallica. Eccolo l’ultimo confine. Il confine tra il prima e il dopo. Tra l’innocenza e la colpa. La paura e la follia. Volendo  si potrebbe aprire una via di fuga verso la pista d’atletica e il prato, se solo la polizia evitasse di usare con arroganza i suoi manganelli per fermare la fuga degli italiani, se si rendesse conto non è un’invasione di campo, ma l’unico modo per evitare una strage. Se i gendarmi spaesati riuscissero a comunicare tra loro e le ricetrasmittenti non avessero le batterie scariche. Il settore Z è diventato un cuscinetto di terrore e panico, contrastato tra la furia rossa e un muro che divide dalla tribuna e comprime migliaia di vite. Fino a crollare. Gianni Panitti ha perso di vista i suoi compagni. È alto uno e novanta, riesce a respirare, a issarsi un palmo più in su della morsa soffocante che gli blocca le gambe per un tempo che sembra non finire mai e per i prossimi mesi non lo farà camminare, se non a fatica. A Casette, in casa Mastroiaco, è quasi ora di cena. Il camion riposa. Domattina all’alba caricherà gli operai e riprenderà la strada per il cantiere aperto sull’E45. Intanto su Rai 1 la voce sconcertata di Bruno Pizzul parla di 36 di morti (saranno poi 39, con più di 600 feriti). Il sole sta per tramontare. Si accendono i riflettori. Adesso inquadrano Gaetano Scirea, il capitano bianconero. Si piega sul microfono nella cabina dello speaker e lancia un appello ai tifosi italiani sulle gradinate massacrate dell’Heysel: "La partita verrà giocata per consentire alla polizia di organizzare la protezione durante l’uscita dallo stadio. Non rispondete alle provocazioni, restate calmi. Giochiamo per voi".

I NUMERI DELL’HEYSEL - Pagarono con la vita, per cause che nei verbali furono principalmente definite "accidentali": 36 uomini, 2 donne, 1 bambino. Sono 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi e un irlandese. Il bilancio include 600 feriti, di cui 257 in modo serio. Pagheranno con 5 anni di sospensione dalle competizioni europee le squadre inglesi (6 aggiunti al Liverpool dopo la riammissione nel 1990). Due turni a porte chiuse per la Juventus in Coppa Campioni, l’anno seguente. Dieci furono gli anni d’inibizione alla federazione Belga per l’organizzazione di finali internazionali.

LE SENTENZE - Tre i gradi di giudizio per attribuire le responsabilità della tragedia. Fino all’appello. La prima udienza il 12 marzo 1990. Le sentenze furono confermate in Cassazione l’anno successivo. Dei 10 condannati al primo giudizio: un imputato assolto per "insufficienza" di prove, 9 condannati a 4 anni, con la condizionale e 60mila franchi di ammenda. Altri 3 condannati a 5 anni con la condizionale e 60mila franchi d’ammenda. Ad Hans Bangerter, segretario dell’ Uefa, 3 mesi con la condizionale e 30.000mila franchi di ammenda. Riduzione a 3 mesi con la condizionale e 500 franchi di multa al maggiore Michel Kensier della Gendarmeria. Assoluzione al capitano Mahieu della Gendarmeria.

LA PROPOSTA DI LEGGE… Una proposta di legge (C.1858) presentata il 9 maggio 2024 prevede l’istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime della strage dello stadio Heysel. L’obiettivo della proposta è quello di commemorare le vittime della strage e di sensibilizzare sull’importanza della memoria e del rispetto nel calcio. La proposta è attualmente in fase di esame parlamentare, assegnata alla Commissione Cultura. Iniziativa del deputato Fabrizio Comba, primo firmatario. Fonte: Formatrieti.it © 13 luglio 2025 Video: Rieti Life Tv © Fotografie: La Gazzetta dello Sport © Drughi Bianconeri ©

Oggi 29 maggio 40 anni dalla morte

di Gianni Mastroiaco nel disastro dell’Heysel

Sabato 31 maggio Inter e PSG si giocheranno la Champions League 2025. Fervono i preparativi e come ogni fine stagione torna vivo il ricordo di Gianni Mastroiaco, nato a Casette, tifoso della Juventus e purtroppo prematuramente deceduto nella tragedia dell’Heysel a Bruxelles, durante la finale di Coppa dei Campioni tra i bianconeri ed il Liverpool. Reds che, scherzo del destino, pochi giorni fa hanno dovuto assistere al disastro dell’auto impazzita che ha investito decine di pedoni durante la parata per i festeggiamenti della vittoria della Premier League. Era il 29 maggio del 1985 quando quello che doveva essere uno spettacolo e una festa si trasformò in una tragedia inaudita e mai dimenticata. Gianni era tifoso dei bianconeri e quella sera sognava una splendida vittoria della sua squadra preferita, vittoria arrivata tra le lacrime, però, di chi aveva perso i suoi cari. Fonte: Rietinvetrina.it © 29 maggio 2025 Fotografia: Formatrieti.it ©

 

Tragedia dell’Heysel, 40 anni fa moriva il giovane reatino Gianni Mastroiaco

Oggi, 29 maggio 2025, sono passati esattamente 40 anni da una delle pagine più nere della storia del calcio: la tragedia dell’Heysel. Era il 1985, si giocava la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles. Doveva essere una serata di festa, ma si trasformò in un incubo. Prima dell’inizio della partita, un gruppo di hooligan del Liverpool sfondò le recinzioni e aggredì i tifosi juventini nel settore Z. Nel caos, centinaia di persone cercarono di fuggire, ma furono schiacciate contro un muro che poi crollò. Il bilancio fu terribile: 39 morti, la maggior parte italiani. Tra loro c’era anche Gianni Mastroiaco, un ragazzo di Rieti, tifosissimo della Juve, partito con entusiasmo per seguire la sua squadra del cuore. Non è mai tornato a casa. Gianni aveva solo 20 anni. Era un ragazzo semplice, amava il calcio e la sua Juve, e quel viaggio doveva essere un sogno. Purtroppo, è diventato un ricordo doloroso per la sua famiglia, per Rieti e per tutti noi. Fonte: Formatrieti.it © 29 maggio 2025 Video: Rieti Life Tv ©

39 anni fa moriva il reatino Gianni Mastroiaco

nel crollo dello Stadio Heysel di Bruxelles

Il 1° giugno si disputerà la 69° finale della Coppa Campioni / Champions League. Rieti oggi, 29 maggio 2024, ricorda commemora l’anniversario della scomparsa di Gianni Mastroiaco, nato a Casette, prematuramente deceduto nella tragedia dell’Heysel a Bruxelles, durante la finale di Coppa dei Campioni tra la sua Juventus ed il Liverpool. Era il 1985 quando quello che doveva essere uno spettacolo e una festa si trasformò in una tragedia inaudita e mai dimenticata. Gianni era tifoso dei bianconeri e quella sera sognava una splendida vittoria della sua squadra preferita, vittoria arrivata tra le lacrime, però, di chi aveva perso i suoi cari. Fonte: Rietinvetrina.it © 29 Maggio 2024 Fotografia: Rietilife.com ©

29 maggio 2023 - Anniversario della scomparsa di Gianni Mastroiaco

Anche in questo 29 maggio 2023 la redazione di Rietinvetrina commemora l’anniversario della scomparsa di Gianni Mastroiaco, nato a Casette e prematuramente deceduto nella tragedia dell’Heysel durante la finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool. Era il 1985 quando quello che doveva essere uno spettacolo e una festa si trasformò in una tragedia inaudita e mai dimenticata. Gianni era tifoso dei bianconeri e quella sera sognava una splendida vittoria della sua squadra preferita. Invece la sua vita terminò prima di vedere i bianconeri guidati da Michael Platini alzare la coppa al cielo. Una coppa tanto discussa, che ancora oggi crea polemiche al solo pensiero di chi vide spargere sangue e lacrime mentre un pallone rotolava. Fonte: Rietinvetrina.it © 29 Maggio 2023 (Testo © Fotografia)

Tragedia dell’Heysel, i tifosi della Juventus

ricordano Gianni Mastroiaco dopo 38 anni

Era il 29 maggio 1985 quando, poco prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, 39 tifosi bianconeri persero la vita all’interno dello Stadio Heysel di Bruxelles, schiacciati nel loro settore a seguito dello sfondamento della recinzione divisoria da parte degli hooligans britannici. I caduti dell’Heysel non appartenevano a gruppi ultras e, anzi, proprio questo equivoco fu all’origine dei drammatici fatti che costarono loro la vita. Ciò nonostante, il loro ricordo è rimasto sempre vivo in tutte le componenti del tifo juventino, nel segno della comune passione per i colori bianconeri. A distanza di 38 anni, pertanto, i Drughi Abruzzo - sezione regionale di uno degli storici gruppi del tifo organizzato bianconero - hanno onorato in queste ore la memoria di tre delle vittime di quella tragedia, deponendo due corone di rose bianche rispettivamente presso il campo sportivo di Casette (Rieti), dove sorge una lapide in ricordo di Gianni Mastroiaco, e presso lo Stadio di Francavilla al Mare, dove una targa commemora la morte di Rocco Acerra e Nino Cerullo. Un doveroso omaggio - si legge in una nota del gruppo - nei confronti di chi ha sacrificato la propria vita al seguito della Juventus. Fonte: Rietilife.com © 29 maggio 2023 Fotografia: Repubblica.it ©

 

STRAGE DELL’HEYSEL: DRUGHI ABRUZZO

RICORDANO MASTROIACO, ACERRA E CERULLO

FRANCAVILLA AL MARE - Con due corone di rose bianche, deposte negli impianti sportivi di Casette (Rieti) e Francavilla al Mare (Chieti), i Drughi Abruzzo rendono onore alla memoria di Gianni Mastroiaco, Rocco Acerra e Nino Cerullo nel trentottesimo anniversario della strage dell’Heysel. Era il 29 maggio 1985 quando, poco prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, 39 tifosi bianconeri persero la vita all’interno dello Stadio Heysel di Bruxelles, schiacciati nel loro settore a seguito dello sfondamento della recinzione divisoria da parte degli hooligans britannici. I caduti dell’Heysel non appartenevano a gruppi ultras e, anzi, proprio questo equivoco fu all’origine dei drammatici fatti che costarono loro la vita. Ciò nonostante, il loro ricordo è rimasto sempre vivo in tutte le componenti del tifo juventino, nel segno della comune passione per i colori bianconeri. A distanza di 38 anni, pertanto, i Drughi Abruzzo - sezione regionale di uno degli storici gruppi del tifo organizzato bianconero - hanno onorato in queste ore la memoria di tre delle vittime di quella tragedia, deponendo due corone di rose bianche rispettivamente presso il campo sportivo di Casette (Rieti), dove sorge una lapide in ricordo di Gianni Mastroiaco, e presso lo Stadio di Francavilla al Mare, dove una targa commemora la morte di Rocco Acerra e Nino Cerullo. "Un doveroso omaggio - si legge in una nota del gruppo - nei confronti di chi ha sacrificato la propria vita al seguito della Juventus". Fonte: Abruzzoweb.it © 29 maggio 2023 (Testo © Fotografia) Logo: Drughi Abruzzo ©

Trentacinque anni fa la tragedia dell'Heysel

Rieti pianse la morte di Gianni Mastroiaco

RIETI - Trentacinque anni fa la tragedia dell'Heysel. Il reatino Gianni Mastroiaco - originario di Casette - fu tra le 39 vittime di quella terribile serata. Gianni perse la vita a venti anni - colpevole solo di esser presente sugli spalti del settore Z di quel maledetto stadio in occasione di Juventus-Liverpool di Coppa Campioni. All’epoca ventenne - Gianni era geometra - giocava a calcio in difesa e lavorava col papà. Soprannominato Zoff dagli amici - era innamorato della Juventus e solo poco prima dell’Heysel era stato a Torino per un’altra gara di Coppa dei Campioni. Per il Belgio rimediò un biglietto - non senza problemi per l’espatrio - grazie al club bianconero "Due Stelle" di Terni e partì. Il biglietto era per quello stramaledetto settore Z. Gianni non fece più ritorno a casa - lasciando mamma Santa - papà Raniero ed il fratello Claudio. Gianni fu vittima della follia e della disorganizzazione - in quella partita in cui all’inizio neanche chi era allo stadio capì molto - in quella partita in cui la (poca) polizia belga manganellava anche chi voleva mettersi in salvo portandosi sul campo di gioco. Tutto mentre chi era a casa in Italia e a Rieti guardava quanto accadeva al Tg1 - su Rai Due e ascoltava Bruno Pizzul optare per una cronaca "in tono il più neutro (...) impersonale (...) e asettico possibile" considerato quanto accadeva. Quella partita si giocò e la coppa fu della Juve. Si festeggiò anche - sintomo della più totale incomprensione dei fatti avvenuti sugli spalti. "Gianni era partito con un pullman - ricordò a Il Messaggero la signora Santa - in occasione del venticinquennale - organizzato dallo Juventus club di Terni. C'erano anche altri ragazzi di Rieti. All'inizio non ci rendemmo conto di quello che era successo. Non ci chiamò nessuno. Come abbiamo saputo della morte di Gianni ? Il papà andando al lavoro la mattina dopo sentì il suo nome alla radio".

LE VITTIME - Le trentanove vittime dell’Heysel pesano come un macigno sulla storia del calcio europeo. Trentadue italiani - quattro belgi - due francesi ed un irlandese: un bollettino di guerra per quella che doveva essere solo una finale della Coppa Campioni. Questi i nomi delle vittime - tra cui il reatino Gianni Mastroiaco (tra parentesi gli anni): Rocco Acerra (28) - Bruno Balli (50) - Alfons Bos (35) - Giancarlo Bruschera (35) - Andrea Casula (11) - Giovanni Casula (44) - Nino Cerullo (24) - Willy Chielens (41) - Giuseppina Conti (17) - Dirk Daeninckx (38) - Dionisio Fabbro (51) - Jaques François (45) - Eugenio Gagliano (35) - Francesco Galli (25) - Giancarlo Gonnelli (45) - Alberto Guarini (21) - Giovacchino Landini (50) - Roberto Lorentini (31) - Barbara Lusci (58) - Franco Martelli (22) - Loris Messore (28) - Gianni Mastroiaco (20) - Sergio Mazzino (38) - Luciano Rocco Papaluca (38) - Luigi Pidone (31) - Benito Pistolato (50) - Patrick Radcliffe (38) - Domenico Ragazzi (44) - Antonio Ragnanese (29) - Claude Robert - Mario Ronchi (43) - Domenico Russo (28) - Tarcisio Salvi (49) - Gianfranco Sarto (47) - Amedeo Giuseppe Spolaore (55) - Mario Spanu (41) - Tarcisio Venturin (23) - Jean Michel Walla (32) - Claudio Zavaroni (28). Fonte: Ilmessaggero.it © 29 maggio 2020 Fotografie: Rietilife.com ©

Heysel 29 maggio 1985, ricordiamo il reatino

Gianni Mastroiaco a 35 anni dalla scomparsa

Coronavirus, lockdown, vite spezzate ed il calcio che tanto amava bloccato da una pandemia. Oggi, 29 maggio 2020, ricorre l’anniversario della scomparsa di Gianni Mastroiaco, nato a Casette frazione di Rieti, morto nella tragedia dell’Heysel durante la finale di Coppa Campioni tra la sua Juventus ed il Liverpool. Era il 1985 quando quello che doveva essere uno spettacolo e una festa si trasformò in una tragedia inaudita e mai dimenticata. Gianni era tifoso dei bianconeri e quella sera sognava una splendida vittoria della sua squadra preferita. Invece la sua vita terminò prima di vedere i bianconeri guidati da Michael Platini alzare la coppa al cielo. Una coppa tanto discussa, che ancora oggi crea polemiche al solo pensiero di chi vide spargere sangue e lacrime mentre un pallone rotolava. Fonte: Rietinvetrina.it © 29 maggio 2020 Fotografia: Nucleo 1985 ©

Heysel 29 maggio 1985, ricordiamo il reatino

Gianni Mastroiaco a 34 anni dalla scomparsa

A tre giorni da una nuova finale di Champions League, che vedrà nuovamente contendersi la coppa la formazione del Liverpool, oggi 29 maggio 2019, ricorre l’anniversario della scomparsa di Gianni Mastroiaco, nato a Casette frazione di Rieti, perito nella tragedia dell’Heysel durante un’altra finale, quella di Coppa Campioni 1985 tra la Juventus e proprio il Liverpool. Quello che doveva essere uno spettacolo e una festa si trasformò in una tragedia inaudita e mai dimenticata. Gianni era tifoso dei bianconeri e quella sera sognava una splendida vittoria della sua squadra preferita. Invece la sua vita in quell’occasione purtroppo terminò prima di vedere i bianconeri guidati da Michael Platini alzare la coppa al cielo. Le redazioni di Rietinvetrina.it e Radiomondo lo ricordano. Fonte: Rietinvetrina.it © 29 maggio 2019 (Testo © Fotografia)

29 maggio 1985-2018, ricordiamo Gianni Mastroiaco a 33 anni dalla scomparsa

Tre giorni fa si è consumata una nuova finale di Champions League, ed oggi, martedì 29 maggio 2018, ricorre l’anniversario della scomparsa di Gianni Mastroiaco, nato a Casette frazione di Rieti. Il giovane morì nel 1985 nella tragedia dell’Heysel durante un’altra finale, quella di Coppa Campioni tra Juventus - Liverpool. Quello che doveva essere uno spettacolo e una festa si trasformò in una tragedia inaudita e mai dimenticata. Gianni era tifoso dei bianconeri e quella sera sognava una splendida vittoria della sua squadra preferita. Invece la sua vita in quell’occasione purtroppo terminò. Le redazioni di Rietinvetrina.it e Radiomondo lo ricordano. Fonte: Rietinvetrina.it © 29 maggio 2018 Fotografie: Rietilife.com ©

29 maggio 1985 - 29 maggio 2017

32 anni dalla scomparsa di Gianni Mastroiaco

A pochi giorni dalla finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid che si disputerà allo stadio di Cardiff sabato 3 giugno, oggi lunedì 29 maggio, ricorre l’anniversario della scomparsa di Gianni Mastroiaco, nato a Casette (Rieti). Il giovane morì nel 1985 nella tragedia dell’Heysel durante un’altra finale, quella di Coppa Campioni tra Juventus - Liverpool. Quello che doveva essere uno spettacolo e una festa si trasformò in una tragedia inaudita e mai dimenticata. Gianni era tifoso dei bianconeri e quella sera sognava una splendida vittoria della sua squadra preferita. Invece la sua vita in quell’occasione purtroppo terminò. Fonte: Rietinvetrina.it © 29 maggio 2017 Fotografie: Google Maps ©

Gianni Mastroiaco ricordato durante Belgio-Italia

Il ricordo di Gianni Mastroiaco nella serata della memoria della tragedia dell’Heysel. Durante l’amichevole tra il Belgio e l’Italia allo stadio Re Baldovino di Bruxelles (ex Heysel) il nome del giovane di Casette, vittima del drammatico crollo della curva Z nel 1985, è stato ricordato sul maxischermo dello stadio. Al 39′ della partita, tutti i giocatori si sono fermati e hanno omaggiato le vittime di quella tragica finale di Coppa dei Campioni Trentanove, come il pesantissimo bilancio delle vite umane spezzate e il numero di maglia azzurra che è stato ritirato: nessun giocatore della nazionale potrà più vestirla. Fonte: Rietilife.it © 13 novembre 2015 Fotografia: Cristian Fabrizi ©


Heysel, Gianni Mastroiaco sarà ricordato

durante Belgio-Italia: il suo nome sul maxischermo

Gianni Mastroiaco, il giovane reatino vittima della tragedia dell’Heysel sarà ricordato durante l’amichevole Belgio-Italia insieme agli altri 38 morti di quel tragico 29 maggio 1985. Venerdì sera allo stadio Re Baldovino di Bruxelles (l’ex Heysel) il suo nome comparirà sul maxischermo.

La Nazionale torna a Bruxelles nel trentesimo anniversario della tragedia dell’Heysel: era il 29 maggio dell’85 quando, prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, morirono 39 persone, per la maggior parte tifosi italiani. In accordo con la Federazione belga, la FIGC ha stabilito un programma per commemorare le vittime di quella tragica serata che si svolgerà in due momenti distinti, ma strettamente collegati. All’arrivo a Bruxelles, giovedì 12 novembre, la Nazionale italiana, il Presidente della FIGC Carlo Tavecchio e il Direttore Generale Michele Uva, la società Juventus rappresentata da Paolo Garimberti e Mariella Scirea, insieme all’Associazione dei familiari delle vittime dell’Heysel guidata da Andrea Lorentini, deporranno dei fiori davanti alla lapide nella curva Z che ricorda la tragedia (ore 18.45 circa). In questa occasione si procederà al ritiro della maglia azzurra numero 39, così come deciso lo scorso maggio su proposta del Presidente Federale. Il giorno dopo, le attività si concentreranno nel pre-partita e durante la gara: un primo messaggio sarà trasmesso al momento dell’ingresso in campo poi, al 39’ del primo tempo, tutto lo stadio e le squadre saranno coinvolte nel ricordo di quella terribile sera di 30 anni fa, mentre i nomi delle 39 vittime, tutti insieme, uno per uno, senza distinzioni di nazionalità o fede calcistica, saranno ricordati sui maxischermi dello stadio. Fonte: Rietilife.it © 10 novembre 2015 (Testo © Fotografia)

Heysel, 29 maggio 1985: tra le 39

vittime il reatino Gianni Mastroiaco

di Christian Diociaiuti

RIETI - C’era anche lui, il reatino Gianni Mastroiaco, in quel maledetto stadio, in quella folle bolgia di hooligans, trascuratezza e approssimazione che si chiamava Heysel. Uno stadio che cadeva a pezzi e la violenza del tifo inglese hanno portato via la vita di trentanove persone (oltre seicento feriti), lì soltanto per la finale di Coppa dei Campioni. Lì soltanto per Juventus-Liverpool. Un fatto che esattamente 30 anni fa sconvolse Rieti, l’Italia e tutta Europa, il mondo del calcio e non solo.

LA JUVE NEL CUORE - Gianni Mastroiaco (alcune delle foto sono della famiglia Mastroiaco), all’epoca ventenne, era geometra, giocava a calcio in difesa e lavorava col papà. Soprannominato Zoff dagli amici, era innamorato della Juventus e solo poco prima dell’Heysel era stato a Torino per un’altra gara di Coppa dei Campioni. Per il Belgio rimediò un biglietto - non senza problemi per l’espatrio - grazie al club bianconero "Due Stelle" di Terni e partì. Il biglietto era per quello stramaledetto settore Z. Gianni non fece più ritorno a casa, lasciando mamma Santa, papà Raniero ed il fratello Claudio. Gianni fu vittima della follia e della disorganizzazione, in quella partita in cui all’inizio neanche chi era allo stadio capì molto, in quella partita in cui la (poca) polizia belga manganellava anche chi voleva mettersi in salvo portandosi sul campo di gioco. Tutto mentre chi era a casa in Italia e a Rieti guardava quanto accadeva al Tg1, su Rai Due e ascoltava Bruno Pizzul optare per una cronaca "in tono il più neutro (...) impersonale (...) e asettico possibile" considerato quanto accadeva. Quella partita si giocò e la coppa fu della Juve. Si festeggiò anche, sintomo della più totale incomprensione dei fatti avvenuti sugli spalti. "Gianni era partito con un pullman - ricordò a Il Messaggero la signora Santa, in occasione del venticinquennale - organizzato dallo Juventus club di Terni. C'erano anche altri ragazzi di Rieti. All'inizio non ci rendemmo conto di quello che era successo. Non ci chiamò nessuno. Come abbiamo saputo della morte di Gianni ? Il papà andando al lavoro la mattina dopo sentì il suo nome alla radio".

LA MESSA E IL RICORDO DELLO STADIUM - Ieri a Casette c’è stata una messa molto partecipata in onore di Gianni Mastroiaco. Presente la famiglia e tanta gente che ha voluto omaggiare il ricordo di Gianni al campo coperto del polivalente. I nipoti del tifoso reatino morto all’Heysel hanno letto un messaggio allo zio mai conosciuto, mentre i familiari hanno deposto dei fiori al monumento al polivalente e sulla tomba al cimitero. Neanche lo Juventus Stadium ha dimenticato Gianni e le altre vittime: al 39esimo minuto di Juventus-Napoli di qualche giorno fa, la curva bianconera ha esposto lo striscione con la scritta "Nessuno muore davvero, se vive nel cuore di chi resta. Per sempre". Contestualmente sono stati esposti migliaia di cartelli con i nomi dei tifosi scomparsi all’Heysel, tra cui quello dedicato a Gianni Mastroiaco, il cui nome campeggia anche nelle targhe dello stadio Re Baldovino di Bruxelles. La Juventus, come fa tutti gli anni, ha invitato la famiglia Mastroiaco alle celebrazioni a Torino.

DE TOMMASO: "IO ERO DAVVERO LÌ ?" - Scampato alla tragedia perché in un altro settore dello stadio che oggi si chiama Re Baldovino, Fabrizio De Tommaso, grande sportivo e da sempre vicino al calcio dilettante reatino, ricorda così quel maledetto 29 maggio. "Ho un ricordo lungo trenta anni di quanto accadde - dice De Tommaso - per anni mi sono chiesto: ma io davvero ero lì ? In quegli anni avevo fondato il club a Cittaducale: mi ricordo ancora di una cena a Torino. Con Tacconi c’erano il povero Scirea e due sconosciuti, come Prandelli e Pioli, dopo alla festa scudetto, e l’addio di Furino. Bei tempi, a soli 22 anni a Torino ero di casa. Trasferte con il Manchester United in Coppa, il Bordeaux e poi la finale in Coppa delle Coppe, una trasferta a Basilea fatta in autostop durata una settimana e la vittoria sul Porto. In quella occasione fu davvero una festa. L’anno successivo - continua De Tommaso, oggi 52enne - arrivò la grande occasione. Quella finale per una vittoria storica: stesso entusiasmo di Basilea, un viaggio bellissimo e nulla che lasciava presagire che solo il caso ci avrebbe allontanato dalla morte. Una cosa che nessuno ha detto e scritto mai: è vero che il crollo di un muro ha causato decine di morti ma nello stesso tempo è stata la via di fuga per migliaia di tifosi che, così facendo, hanno potuto trovare ricovero ed aiuto sul prato. Una delle più brutte storie che il calcio possa aver mai raccontato, dove purtroppo c’è stata morte e tanto dolore. È assurdo morire per una partita di calcio. Come è assurdo che quella Coppa sia in bella vista tra i trofei della Juventus. Quella partita non si doveva giocare e quella vittoria non doveva essere festeggiata. Ma si sa, il calcio in Italia passa davanti a tutto e tutti". De Tommaso seppe della morte di Mastroiaco nel viaggio di ritorno da Bruxelles, un viaggio verso Cittaducale che assomigliava più a una fuga che un ritorno a casa.

MAI DIMENTICARE - L’Heysel, nella sua tragicità, ha insegnato qualcosa in fatto di stadi e tifo. Almeno all’estero, in Italia molto meno. Ma quel che colpisce è che Rieti non ha mai omaggiato concretamente quel ragazzo, strappato alla vita a soli vent’anni da una tragedia che non doveva succedere (oggi, Gianni, avrebbe avuto poco più di cinquanta anni). Ci pensa la Juve tuttora, ci pensò Tardelli quando venne a Rieti con l’Italia U21, non ci pensa la sua città. Viene da riflettere, estrapolando le parole di Ligabue da una canzone (I Campi in Aprile, Giro del Mondo 2015), dedicata a un altro ragazzo, un partigiano, ma pur sempre un ventenne come Gianni: "Se parti per sempre a neanche vent’anni non sei mai l’eroe sei per sempre il ragazzo". Lo stadio di Rieti, dopo lungo discutere, alla fine è stato dedicato a Manlio Scopigno. E mentre si intitolano piazze e vie a nomi illustri, soprattutto politici, ma non della nostra città, a ricordare Gianni c’è solo il polivalente della sua Casette. Non una via, non una piazza, non un evento. Sarà il caso di pensarci su. Dopo trent’anni sarà anche ora. Fonte: Ilmessaggero.it © 29 Maggio 2015 Fotografia: Gazzetta.it ©

Heysel, 30 anni dopo ancora vivo il ricordo di Gianni Mastroiaco

Sono trascorsi 10.950 giorni dalla tragedia dell’Heysel dove perse la vita anche Gianni Mastroiaco, nato a Casette, Rieti.

Oggi l’Italia ha ricordato le 32 vittime italiane e ogni anno, quando la ricorrenza ci fa tornare indietro di tanti anni, il pensiero va anche al nostro Gianni, schiacciato dalla folla impazzita e da una tribuna crollata sotto il peso degli Hooligans inglesi. Uno stadio vecchio e i pochi controlli dell’esigua Polizia belga fecero da cornice sbiadita a Liverpool-Juventus, finale di Coppa dei Campioni del 1985. Quello che doveva essere uno spettacolo e una festa si trasformò in una tragedia inaudita e mai dimenticata. Gianni era tifoso della Juventus, quella sera sognava una splendida vittoria della sua squadra preferita ed invece… Proprio la società bianconera attraverso il proprio sito ufficiale ha ricordato le vittime di quella giornata nera: "29 maggio 1985, il giorno più triste della nostra storia. Doveva essere un momento di festa, di attesa, di tensione sportiva. Si è trasformato in tragedia". Messaggi di ricordo e cordoglio anche di tanti campioni juventini, da Del Piero a Buffon passando per Pessotto. Quella partita si giocò comunque, vinse la Juventus, ma perdemmo tutti quanti insieme. Fonte: Rietinvetrina.it © 29 maggio 2015 Fotografia: Famiglia Mastroiaco ©

RIETI

Strage dell’Heysel, una messa per ricordare Gianni Mastroiaco

Una messa alle 18 al campo di Casette per ricordare Gianni Mastroiaco, a trent’anni dalla strage dell'Heysel. La tragedia avvenne il 29 maggio 1985, poco prima dell'inizio della finale di Coppa dei Campioni di calcio tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles, in cui morirono 39 persone, di cui 32 italiane, e ne rimasero ferite oltre 600. A perdere la vita anche Gianni Mastroiaco, giovane reatino di appena vent’anni, partito con un pullman organizzato dallo Juventus Club di Terni. Come ogni anno, anche oggi parenti e amici di Gianni si ritroveranno per ricordarlo. Fonte: Corrieredirieti.corr.it © 29 maggio 2015 Fotografie: Rietilife.com ©

30 anni senza Gianni Mastroiaco, il giovane

reatino morto all’Heysel - La sua storia

di Stefano Mariantoni

Hanno provato a cambiare il nome, ma la gente di Bruxelles continua a chiamarlo Heysel. Sui muri di mattoni rossi dello stadio Re Baldovino le targhe si trovano un po’ a fatica. Sono piccoli rettangoli di pietra, uno esternamente con i trentanove nomi, dentro un altro con trentanove segni incisi "In Memoriam". Gianni Mastroiaco è nel centro di quell’elenco, con i suoi vent’anni rimasti lì, nel settore che non c’è più, perché oggi i settori si fermano alla lettera prima. "V", come vergogna. La storia di Gianni è ancora in quello che era il suo desiderio più grande, stare accanto alla sua squadra in un momento così bello: la finale della coppa dei campioni, quel trofeo che la Juventus non aveva vinto mai. Nel mese di maggio piove spesso a Bruxelles. La primavera si affaccia raramente, e quando lo fa, chi può ne approfitta e cerca uno spicchio di prato per prendersi il sereno. Come quello del 29 maggio 1985 che accolse i due pullman dello Juventus Club "Due Stelle". Il presidente Giancarlo Orsini ottenne cento biglietti: 50 erano per il settore "Z". Il 5 febbraio scorso avrebbe compiuto 50 anni. Nell’Ottantaquattro si era diplomato Geometra. Papà Raniero, che teneva la Lazio, voleva fargli un bel regalo: "Ti compro la macchina, gli dissi". Ma lui aveva scelto la Juve. "Se arriva in finale, il prossimo anno, ci vado anch’io, mi rispose. Lavoravamo insieme nella mia ditta di trasporti e movimento terra. All’epoca eravamo impegnati a Perugia e lui, anche se giovane, si stava conquistando la fiducia di tutti". Quella in Belgio era la sua seconda trasferta. La prima a Torino, sempre in coppa, qualche turno prima. "Quando tornò da quel viaggio era entusiasta - racconta sua madre Santa - non parlava d’altro, così insieme a due suoi amici di Casette riuscì a trovare un posto aggregandosi al club di Terni. Incontrò qualche problema per l’espatrio, avendo fatto il rinvio del militare. Riuscì a ottenere un permesso di soli tre giorni all’ultimo momento". "La maglia bianconera era una passione difficile da spiegare - racconta suo fratello maggiore Claudio, mostrando un grande pannello di ritagli juventini conservati nella camera di Gianni - i suoi amici lo chiamavano Zoff, perché era il suo idolo, nonostante giocasse come libero, al centro della difesa. Con il suo metro e novanta si faceva rispettare nei palloni alti e a 16 anni già aveva esordito con le squadre dei più grandi". Ed eccolo, il gruppo di tifosi reatini nell’ultima foto scattata prima di Juve-Liverpool. Tutto sembra tranquillo, c’è una pace strana: Gianni ha la sciarpa al collo e regge un bandierone a quadri bianconeri col bordo tricolore, il primo dei tre da sinistra. Poi l’ingresso allo stadio, la follia degli attacchi hooligans.

Tanta violenza, troppo alcool venduto da due giorni, pochissimi gendarmi, lo stadio cade a pezzi. Non ha gli opportuni corridoi di soccorso. Ha muri di divisione fatiscenti. Non si è pensato ad assicurare adeguate uscite di sicurezza. E i limiti di capienza dell’impianto sono stati superati abbondantemente. Inevitabile il panico nella fetta di curva bianconera dov’era Gianni. I lanci di pietre dal settore "Y", le cariche, la fuga e la calca, in basso verso il prato dove le forze dell’ordine all’inizio impediscono il deflusso, a destra verso il muro che poco dopo crollerà. Il valore del sacrificio - "Avremmo voluto che il sacrificio di Gianni e delle altre 38 vittime dell’Heysel portasse un cambiamento nel modo di vivere il calcio e di tifare - aggiungono i familiari - da quello che accade quasi ogni domenica ci accorgiamo che non è così. Quando è la violenza a vincere, la memoria del nostro dramma non viene rispettata. Ogni anno abbiamo cercato di tenere vivo il ricordo di nostro figlio con delle manifestazioni sportive e religiose. Anche quest’anno sarà così. Oggi alle 18 al campo sportivo di Casette, il parroco Don Nicola celebrerà una messa a cui speriamo parteciperanno in tanti". Poteva essere fatto di più, per custodire il ricordo di Gianni Mastroiaco. C’è rammarico nei familiari per cui era lecito attendersi un’attenzione maggiore da parte delle istituzioni. La Juventus intanto continua a scrivere ogni anno invitando i familiari delle vittime a Torino per la messa in suffragio con i dirigenti. E’ arrivata nei giorni scorsi, l’ultima lettera firmata da Andrea Agnelli. "Ma in tutti questi anni pochi si sono impegnati per dedicare un tributo a nostro figlio. Come quando nel 2000 si organizzò un incontro con Marco Tardelli, che venne con la nazionale Under 21 e ci volle conoscere. Quando si doveva decidere l’intitolazione dello stadio di Rieti, grazie all’iniziativa di un quotidiano, furono tantissimi a votare il nome di Gianni. Ci fu un plebiscito che non è stato tenuto in considerazione. Nessuna strada, nessuna piazza, nessun luogo pubblico è stato dedicato a lui, ancora oggi. C’è chi però vive la memoria come un impegno e non ci fa mai mancare il suo affetto. Vincenzo Di Gregorio, ad esempio, nell’85 era un ragazzo come Gianni ed erano insieme a Bruxelles. Il due novembre di ogni anno è venuto a trovarci per portarci il suo abbraccio". Intanto c’è un giovane Mastroiaco che cresce, si chiama Giorgio e ha 15 anni: gioca in difesa come suo zio Gianni, ma sulla fascia. "Anche lui ha la passione del calcio. In più, ama la musica - racconta papà Claudio - sarebbe bello per noi organizzare un piccolo che cresce, si chiama Giorgio e ha 15 anni: gioca in difesa come suo zio Gianni, ma sulla fascia. "Anche lui ha la passione del calcio. In più, ama la musica - racconta papà Claudio - sarebbe bello per noi organizzare un piccolo Memorial con lui in campo".

 

I numeri dell’Heysel - Pagarono con la vita, per cause che nei verbali furono principalmente definite "accidentali": 36 uomini, 2 donne, 1 bambino. Sono 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi e un irlandese. Il bilancio include 400 feriti, di cui 257 in modo serio. Pagheranno con 5 anni di sospensione dalle competizioni europee le squadre inglesi (6 aggiunti per il Liverpool dopo la riammissione nel 1990). Due turni a porte chiuse per la Juventus in Coppa Campioni, l’anno seguente. Dieci furono gli anni d’inibizione alla federazione belga per l’organizzazione di finali internazionali. Le sentenze - Ci sono voluti tre gradi di giudizio, per attribuire le responsabilità della tragedia. Fino all’appello. La prima udienza è del 12 marzo 1990. Le sentenze del 26 giugno 1990 furono confermate in cassazione nel 1991. Dei 10 condannati al primo giudizio: 1 imputato assolto per "insufficienza" di prove, 9 condannati a 4 anni, con la condizionale e 60.000 franchi di ammenda. Altri 3 condannati a 5 anni con la condizionale e 60.000 franchi d’ammenda. Ad Hans Bangerter, segretario dell’ Uefa, 3 mesi con la condizionale e 30.000 franchi di ammenda. Riduzione a 3 mesi con la condizionale e 500 franchi di multa al maggiore Michel Kensier della Gendarmeria. Assoluzione al capitano Mahieu della Gendarmeria. Ecco cosa accadrà all’Heysel - Due anni fa è stato ufficializzato che lo stadio Re Baldovino sarà definitivamente demolito per lasciare spazio ad un nuovo stadio nazionale. La nuova struttura sorgerà vicina allo stadio attuale, sull’area attualmente occupata da un grande parcheggio, nel comune fiammingo di Grimbergen. Le autorità belghe, in risposta ufficiale ad una petizione popolare promossa dal Comitato "Per non dimenticare Heysel" di Reggio Emilia e da Saladellamemoriaheysel.it, condivisa con alcuni familiari delle vittime e sostenuta bipartisan da alcuni parlamentari europei italiani, si sono impegnate a preservare dalla demolizione la meridiana-monumento ed a ricollocare degnamente anche le due targhe in memoria nella nuova struttura. Fonte: Rietilife.com © 28 maggio 2015 (Testo © Fotografie)

Venticinque anni fa moriva a Bruxelles Gianni Mastroiaco di 20 anni

Rieti rivive la tragedia dell’Heysel

Ieri a Casette la messa in ricordo del giovane tifoso juventino deceduto prima della finale di Coppa Campioni.

"Come stele spazzata via da un vento di follia". Sta lì, quella scritta, a ricordare a tutti ciò che accadde 25 anni fa. Sta lì, quella scritta, sul piccolo monumento dedicato a Gianni Mastroiaco nel campo sportivo di Casette. A riassumere in un attimo quello che accadde il 29 maggio del 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles prima della finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool. C’era, purtroppo, anche Mastroiaco quando s’alzò quel "vento di follia" che spazzò via la sua vita di ventenne insieme a quella di altre 38 persone. "Speriamo solo che tutto questo sia servito a qualcosa. Che faccia capire che non si può morire per una partita di calcio". Sono queste le pochissime parole che Claudio, il fratello di Gianni, è riuscito a dire ieri. Come ogni anno, da 25 anni a questa parte, a Casette parenti ed amici si sono ritrovati per pregare e per ricordare Gianni. Una messa splendidamente semplice, celebrata dal parroco della frazione proprio al campo sportivo. Un centinaio di persone in tutto. Volti giovani e meno giovani, volti di amici e parenti, tutte quelle persone che conoscevano Gianni e che 25 anni fa piansero per lui. La mamma Santa e il papà Raniero sono arrivati al campo sportivo un quarto d’ora prima che iniziasse la funzione. Lei, la mamma, con un mazzo di fiori che ha messo sotto al piccolo monumento davanti agli spogliatoi dell’impianto comunale. Con gli occhi lucidi spiega: "Ogni anno veniamo qui, ogni anno ricordiamo Gianni. Oggi ci avevamo invitati a Torino, per la commemorazione dei 25 anni. Non ce la siamo sentita di andare". E’ passato un quarto di secolo, un periodo lunghissimo fatto di chissà quante domande e sofferenze. Ma anche di commemorazioni e tantissime visite, come quella dell’ex juventino Marco Tardelli che andò a casa dei Mastroiaco quando, allenatore dell’Italia under 21, venne a Rieti. Ma com’è, per un genitore, il ricordo di quella sera di 25 anni fa ? "Gianni era partito con un pullman - spiega la signora Santa - organizzato dallo Juventus club di Terni. C’erano anche altri ragazzi di Rieti. All’inizio non ci rendemmo conto di quello che era successo. Non ci chiamò nessuno. Come abbiamo saputo della morte di Gianni ? Il papà andando al lavoro la mattina dopo sentì il suo nome alla radio". Difficile andare avanti, difficile chiedere di più. I ricordi si rincorrono tra gli amici e i parenti presenti. Ricordi di telefonate e frasi spezzate. Ricordi di momenti di angoscia, di momenti in cui si sperava che tutto fosse un errore. Ricordi che si fanno confusi, perché son passati 25 anni e perché il dolore, in quei momenti, annebbiava le menti. Resta la speranza di un uomo che ha perso il fratello di appena vent’anni e che trova ancora la forza di dire: "Speriamo che sia servito a qualcosa". Fonte: Il Messaggero (Edizione di Rieti) © 30 maggio 2010 (Testo © Fotografia)

Un plebiscito per Mastroiaco

di Flavio Fosso

Ben 1.400 voti per la giovane vittima reatina dell'Heysel.

UN PLEBISCITO: l'apertura delle otto urne in cui i reatini hanno deposto le loro schede per la scelta del nome del nuovo stadio - il referendum è stato indetto dal nostro giornale con la collaborazione della Società sportiva Rieti, sviluppando un'idea del sindaco prof. Paolo Tigli - ha dato un' indicazione chiara: il nome prescelto è stato quello di Gianni Mastroiaco, il giovane reatino rimasto vittima della barbarie del ventesimo secolo allo stadio dell'Heysel. Per Gianni Mastroiaco nostri lettori (per votare era necessario dotarsi semplicemente delle schede pubblicate sulla nostra pagina e ciascuno poteva votare quante schede avesse voluto) si sono espressi ben 1400 volte con una percentuale del 43 per cento su un totale di 3222 votanti. E, come abbiamo subito constatato, le schede non portavano le medesime indicazioni dei mittenti perché ne sono giunti da tutte le zone della provincia. E' giusto dunque ripetere quanto abbiamo scritto in apertura di questo articolo: per il ragazzo di Casette si è trattato di un vero e proprio plebiscito. E’ evidente che in questa scelta hanno avuto premio i motivi morali ed il ricordo ancora bruciante, in tantissima gente di una tragedia maturata solo cinque anni fa, che purtroppo, però non sembra aver insegnato nulla. In questi giorni di vigilia dei Mondiali le varie televisioni si attardano a descrivere le violenze di gruppi di esaltati di diverse nazioni che si appresterebbero a ripetere le loro imprese durante lo svolgimento di "Italia '90". E' solo di ieri la notizia che due giovani inglesi sono stati sbrigativamente rimpatriati per aver dato in escandescenze su un treno diretto a Spoleto. Tutto questo significa che la coscienza collettiva ha rimosso il ricordo della tragedia dell'Heysel. Non così è avvenuto a Rieti e noi crediamo che questo sentimento onori certamente la nostra popolazione. Gianni Mastroiaco è nel cuore della nostra gente e se il Consiglio Comunale dovesse dare il suo nome allo stadio di calcio tutti potrebbero dire: a Rieti ricordano i loro figli e soprattutto vogliono ricordar agli altri che certe cose non debbono, o comunque non dovrebbero, più accadere. Fonte: Il Messaggero © ? giugno 1990 (Testo © Fotografia)

Di Rieti e di Pontecorvo

Erano del Lazio due delle vittime della strage

La tragica serata di Bruxelles ha fatto due vittime anche nel Lazio. Sono due giovani, 20 e 28 anni, travolti dalla folla nello stadio della morte. Il primo, Gianni Mastroiaco, abitava a Casette, un borgo di poche centinaia di persone nel comune di Rieti. Si era diplomato all'istituto per geometri. Per Bruxelles era partito insieme a due amici, Gianni Panitti di 23 anni e Loris De Marco di 20 anni, con il pullman dello "Juventus Club" di Terni. Il padre Raniero, camionista, ha appreso la notizia della morte del figlio solo ieri mattina; entrando in un negozio di Rieti ha sentito alcune persone che parlavano del figlio come uno dei morti negli incidenti. L'hanno dovuto accompagnare a casa in preda alla disperazione. Il secondo giovane morto abitava invece a Pontecorvo, in provincia di Frosinone si chiamava Loris Messore e lavorava come rappresentante di commercio. Per Bruxelles era partito con uno dei due pullman del locale club juventino, insieme al fratello più piccolo, Fabrizio di 19 anni. Anche lui è stato coinvolto negli incidenti: ora è in un ospedale di Bruxelles per lesioni non molto gravi. E’ stato proprio Fabrizio che nella notte dl mercoledì ha telefonato dall'ospedale al padre Giuseppe, proprietario di un bar a Pontecorvo, per dargli la terribile notizia della morte del fratello. Loris Messore era fidanzato e tra poco avrebbe dovuto sposarsi. Tutto il paese ieri era in lutto per lui. Fonte: L’Unità © 31 maggio 1985 Fotografie: L’Unità © Comune di Casette © Gazzetta.it © Abruzzoweb.it © GETTY IMAGES © (Not for Commercial Use)

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