Il miracolato dell’Heysel: "Ero
steso in mezzo ai cadaveri, un ragazzo urlò: respira ancora"
di Antonella Marchionni
Emergono altre storie a 40 anni dalla strage: Sergio Biagini,
pesarese, era nel settore della morte "La gente cominciò
a scappare, io mi trovai in mezzo. Poi il buio: mi risvegliai
all’ospedale".
Sulle
pagine del Resto del Carlino del 31 maggio 1985, dopo la
strage dell’Heysel, apparve una foto in cui Sergio Biagini,
78enne pesarese, era lì, schiacciato tra la folla, mentre
cercava disperatamente di mettersi in salvo. Era uno dei
tanti. Uno dei troppi. Era stato dato per morto, travolto
dalla calca, soccorso per miracolo da un ragazzo di Torino
che, cercando la fidanzata tra i corpi, si accorse che anche
lui respirava ancora. Lo caricarono su un’ambulanza insieme
a lei. Era il 29 maggio 1985. Allo stadio Heysel di Bruxelles
si giocava la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus
e Liverpool. Un’ora prima del calcio d’inizio, centinaia
di hooligan inglesi sfondarono le recinzioni e si lanciarono
contro il settore Z, dove si trovavano anche famiglie e
tifosi italiani. La folla, presa dal panico, fu spinta contro
un muro che crollò. Morirono 39 persone. Oltre 600 i feriti.
Sergio Biagini, partito da Pesaro con un biglietto regalato
dalla moglie, si risvegliò solo ore dopo in un letto d’ospedale,
con cinque costole rotte e la mandibola spostata. Emergono
altre storie a 40 anni dalla strage: Sergio Biagini, pesarese,
era nel settore della morte: "La gente cominciò a scappare,
io mi trovai in mezzo. Poi il buio: mi risvegliai all’ospedale.
Alle undici di sera mi sono riavuto - racconta - e ancora
sentivo la partita. Forse era la radio".
Che cosa si ricorda di quei momenti
?
"Sono entrato tranquillo. Poi,
dopo un’ora, un’ora e mezza è successo l’inferno. Tra petardi,
sassi, non so cosa lanciassero. E la gente ha cominciato
a spostarsi tutta. Io ero in mezzo. Non sono riuscito a
scappare".
Qual è l’ultimo ricordo che ha
prima di perdere conoscenza ?
"Di aver salutato a casa, nella
mia testa. Ho pensato ai miei. Poi più nulla. Sono andato
in coma. Dalle sette in poi per me è buio".
Com’è stato ritrovato ?
"Me l’hanno raccontato dopo. Un
ragazzo di Torino aveva la fidanzata stesa vicino a me,
nel campo. Lei respirava ancora. E ha notato che anche io
respiravo. Così ci ha caricati entrambi su un’ambulanza
della Croce Rossa. Eravamo lì, distesi con i morti. Ci avevano
messi in fila insieme ai corpi".
Lei non ricorda nulla di quei
momenti ?
"Niente. So solo quello che mi
hanno detto. Ci hanno caricato come si buttano sui maiali
nel porcile, ha detto quel ragazzo". Come stava al risveglio
? "Avevo cinque costole rotte, la mandibola spostata. Tutto
gonfio, nero. Nei corridoi la gente si girava dall’altra
parte per non guardarmi".
Sua moglie sapeva che era vivo
?
"No. Ha saputo qualcosa solo la
mattina dopo, verso le otto e mezza. Un nostro vicino parlava
un po’ di francese, è riuscito a contattare un ospedale.
Fino ad allora, niente. I conoscenti che erano partiti con
me sono tornati a casa senza dirle nulla, per non farla
stare in ansia. Ma poi, alle cinque del mattino, le hanno
detto la verità: ‘Sergio purtroppo non l’abbiamo riportato’.
È stato un colpo".
E poi ?
"Mia moglie è partita subito,
con mio fratello. Quando ci siamo rivisti è stata una festa.
Non ci sperava più".
Da dove era partito ?
"Avevo preso un aereo da Senigallia,
il biglietto me lo aveva regalato mia moglie. Sono entrato
allo stadio verso le cinque insieme ad altri due, arrivati
dalla Sardegna, padre e figlio di dieci anni. Sono morti
entrambi".
Cosa ricorda dell’inizio del caos
?
"Fuori c’erano tanti inglesi senza
biglietto. Sono riusciti a entrare. Hanno cominciato a lanciare
di tutto. La folla si è spostata tutta verso il muro che
poi è crollato. Come una diga che si rompe. Io ero in mezzo
e poi non ho visto più nulla. Ora per fortuna la possiamo
raccontare. È stata dura, ma sono ancora qui".
Fonte: Ilrestodelcarlino.it © 28 giugno 2025 (Testo
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