Privacy Policy Cookie Policy
ARTICOLI MAGGIO 2013
www.saladellamemoriaheysel.it   Sala della Memoria Heysel   Museo Virtuale Multimediale
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013
   Articoli 2013    Stampa e Web    Testimonianze    Interviste     Bibliografia     Epistolario  
MAGGIO 2013
ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013

Che la terra vi sia lieve

Una via per le vittime dell’Heysel a Torino

Una piazza per le vittime dell’Heysel

Per ricordare l’Heysel e condannare la violenza nello sport

Ricorrenza Heysel 29 maggio 1985, un sogno che si coprì di sangue

Bruxelles, vogliono abbattere e ricostruire l'Heysel

Come un nodo al fazzoletto

28 anni fa la tragedia dell’Heysel...

Ricordare l'Heysel una tragedia di tutti

28 anni trascorsi invano !

28 years on: Heysel remembered

29 maggio 1985, 28 anni fa la tragedia dell'Heysel

Anniversari. Il 29 maggio "giorno del ricordo" della tragedia...

Sergio Brio: "In quella maledetta sera di Bruxelles..."

Il ricordo di Juventus-Liverpool a 28 anni dalla tragedia...

La memoria e il perdono

La memoria obbedisce sempre al cuore

Mai più

Mai più un’altra Heysel

Nessuno deve dimenticarli

L'Heysel e il mondo imperfetto

Trentanove

28 anni fa l’Heysel, una ferita che non si chiude mai

In memoria dell’Heysel

Heysel - La rabbia che non andrà via mai

L’assurda tragedia dell’Heysel

Non dimenticare le 39 vittime dell'Heysel

Quel silenzio assordante e quel rispetto negato

Un ricordo fine a se stesso

Juventus, 28 anni dopo la tragedia dell’Heysel

Che la terra vi sia lieve

di Marco Edoardo Sanfelici

Ci sono momenti in cui si assapora l’appartenenza ad un popolo, l’esserne intimamente legati, condividerne attimi di gioia, come pure ritrovarsi nella sofferenza. Mi sento in preda ai brividi, se penso alla metà del secondo tempo di Juve - Cagliari, quando uno stadio intero, senza ordine alcuno di un qualsiasi regista, ha ricreato la coreografia iniziale; all’unisono, come se un solo cuore battesse per tutti. Un cuore, un popolo. Come è bella, la mia gente !!! Arriviamo da una storia "sporcata" dall’odio e dall’invidia altrui, da lunghi giorni vissuti nella ricerca quasi ossessiva di compagni di sventura. Ci hanno voluto distruggere, cancellare dagli almanacchi, accompagnando lo scempio con gesti di fiera soddisfazione. Ma noi siamo qui ! Ecco, quella coreografia di metà tempo, voleva dirlo, affermarlo, gridarlo: NOI SIAMO QUI, anzi: SOMA TORNA SI’, CI SIAMO DI NUOVO !!! Un popolo però si connota anche per i suoi eroi, per coloro che alla causa hanno pagato un prezzo altissimo e non parlo dei campioni in campo ! Mi riferisco all’amico e compagno di tifo GIUSEPPE PIPPA, che ci ha lasciato il  28 aprile, a solo 58 anni, la cui storia vale la pena di essere raccontata. E’ stato l’epilogo di un lungo calvario iniziato la sera maledetta della finale di Bruxelles, quando per salvare un bimbo sardo a lui vicino, nella calca causata dalla folle carica degli Hooligans, è caduto dagli spalti, riportando serie ferite e restando in coma per 15 giorni. Pareva che la ripresa procedesse senza particolari problemi, consentendogli di costruire una famiglia e riprendere la sua attività; ed invece un destino terribile lo aspettava beffardo. Dolori sempre più evidenti lo portarono a dovere interrompere il lavoro ed a subire una diagnosi durissima: calcificazione delle vertebre per tutta la schiena e la degenerazione conseguente in PARKINSON. Nonostante 10 anni di sofferenze e di lungo inesorabile peggioramento, Giuseppe non ha MAI abbandonato la passione per la sua, la nostra JUVENTUS, restando membro dello Juventus Club TORRI DEL BENACO (VR), a tal punto da ispirare qualcuno a far sì che ad accompagnarlo nell’altra vita fosse una fedele compagna, testimone di un’atroce assurdità, in una sera di maggio di 28 anni fa: la bandiera che Giuseppe sventolava all’Heysel. Ora che il suo soffrire ha avuto fine, la comune fede calcistica ed una stima immensa che va aldilà del mero tifo, fanno sì che ci stringiamo attorno alla famiglia così duramente provata ed a parziale conforto della signora Sandra e dei figli Marco e Mario, ci sia concesso pensare a Giuseppe PIPPA come ad un eroe silenzioso, che ha fatto della sua esistenza una testimonianza di ciò che vuol dire "MAI MOLLARE", da vero juventino, senza bisogno di riflettori e di interviste. Ora che il pietoso elenco dei morti dell’Heysel si è aggiornato a 40, avremo un motivo in più per condannare chi ancora profana la loro memoria negli stadi. Lo dobbiamo a Giuseppe, lo dobbiamo a ciascuno degli altri 39. Che il peso della terra ti sia, vi sia, lieve !

16 maggio 2013

Fonte: Signorainrosa.com

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Una via per le vittime dell’Heysel a Torino

di Emiliano Lemma

Il Consiglio Comunale della città di Torino ha approvato, all’unanimità, la mozione "Una Via per i 39 Angeli Bianconeri", rendendo così giustizia alle vittime della tragedia datata 29 Maggio 1985. A Torino, pertanto, non appena la toponomastica lo renderà possibile, ci sarà una via dedicata alle vittime dell’Heysel.

E’ un gran giorno, questo, non solo per i tifosi bianconeri ma anche per tutti i tifosi italiani e coloro i quali amano il calcio ed auspicano che mai più debba accadere che un essere umano possa pagare con la propria vita per la propria passione sportiva.  Il calcio appassiona, divide, scalda gli animi ma quando travalica nella violenza è sempre un fatto da condannare. L’approvazione della mozione in Consiglio Comunale è l’ultima tappa, per ora, di un percorso durato due anni da quando Maurizio Marrone, consigliere comunale di Fratelli d’Italia (allora Pdl) prese in carico la vicenda durante una serata organizzata dal Fuan, dichiarando: "Quell’episodio è una ferita profonda e lacerante per la città e per i tifosi bianconeri. Credo che sia giusto che il Comune onori quei tifosi immortalando la loro memoria con l’intestazione di una via, magari proprio vicino al nuovo stadio della Juventus". Dopo due anni, appunto, quell’impegno del consigliere Marrone si è concretizzato in una mozione del Consiglio Comunale e, quando la Via dedicata alle vittime dell’Heysel farà parte della toponomastica torinese, allora il percorso sarà completo e i 39 angeli bianconeri avranno un luogo commemorativo che onorerà la loro memoria. E che ricorderà a tutti i tifosi quanto la violenza debba essere sempre e comunque da condannare, a tutti i livelli. A nome della redazione de "I Faziosi" e, credo, dei tifosi bianconeri, ringrazio il Consiglio Comunale di Torino, e Maurizio Marrone in particolare, per questa importante iniziativa.

21 maggio 2013

Fonte: Faziosi.it

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Una piazza per le vittime dell’Heysel

Presto le vittime dell’Heysel (i 39 tifosi morti il 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles) avranno uno spazio pubblico dedicato a loro vicino al nuovo stadio bianconero. Il Consiglio comunale ha approvato una mozione di Marrone (Fratelli d’Italia), Sbriglio (Idv) e Lo Russo (Pd) per sollecitare la commissione toponomastica. Anche Adelaide Aglietta (militante radicale) aspetta da tre anni: a dieci anni dalla sua scomparsa, nel 2010, la città decise di dedicarle la strada che da via Pianezza conduce al carcere Lorusso e Cotugno. Cosa mai avvenuta. E che dire di Mauro Rostagno ? Nel 2009 mille cittadini chiesero dedicare al sociologo ucciso dalla mafia il ponte in zona Spina 3. Niente da fare, tanto che sabato è stata organizzata una manifestazione.

21 maggio 2013

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Per ricordare l’Heysel e condannare la violenza nello sport

A Bruxelles, il 29 maggio del 1985, centinaia di hooligans assalirono i sostenitori della Juventus, accorsi allo stadio Heysel per sostenere la compagine bianconera impegnata contro il Liverpool per la finale di Coppa dei Campioni. L’assenza di misure di sicurezza adeguate (parte dei tifosi juventini vennero sistemati a contatto con la curva avversaria) e un’evidente impreparazione della polizia belga, trasformarono il Settore Z del grande impianto sportivo in un mattatoio, anche per il crollo di una struttura causato dalla pressione del pubblico in fuga. Trentanove i morti, trentadue dei quali italiani, quattro belgi, due francesi, un irlandese. I feriti, molti dei quali gravi, si contarono a centinaia. La partita si giocò ugualmente, si disse per evitare ulteriori tensioni. Vinse la Juventus, molti se la sentirono di festeggiare, altri no. Venne subito a Torino il prosindaco di Liverpool, Derek Hatton - espulso dal Labour l’anno seguente, per la sua appartenenza alla corrente trotskista Militant del partito - per testimoniare al sindaco Giorgio Cardetti il cordoglio della sua città e la totale condanna delle violenze da parte dell’opinione pubblica britannica. Con Hatton, arrivarono in città anche l’arcivescovo Derek Warlock e il vescovo anglicano Sheppard, che celebrarono una messa in Duomo con il cardinale Anastasio Ballestrero. In tutti questi anni, non sono mancati i gesti di riconciliazione, ma il ricordo di quel giorno terribile non sbiadisce. Lunedì 20 maggio 2013 la Sala Rossa ha approvato una mozione bipartisan presentata da Stefano Lo Russo, Giuseppe Sbriglio e Maurizio Marrone, per l’intitolazione in tempi rapidi - come già deliberato dalla Commissione Toponomastica - di un sedime alla memoria delle vittime dello stadio Heysel presso lo stadio della Juventus. Lo stesso 29 maggio, specifica il provvedimento, dovrà essere istituito come Giornata in ricordo delle vittime dell’Heysel e di condanna di ogni forma di violenza in ambito sportivo. Nel dibattito che ha preceduto la votazione, il consigliere Sbriglio ha ribadito l’importanza della condanna di tutti gli atti violenti che si verificano nel mondo dello sport, mentre Silvio Viale ha proposto che le squadre granata e bianconera si incontrino a Palazzo Civico in apertura di campionato per dare un segnale contro la violenza. Enzo Liardo ha proposto di sostituire la denominazione di corso Belgio, intitolando l’asse viario di Vanchiglietta alle vittime dello stadio Heysel, per censurare il comportamento delle autorità di Bruxelles all’epoca dei fatti, mentre Marco Grimaldi ha invitato a evitare qualsiasi strumentalizzazione. Maurizio Marrone, che aveva già precedentemente proposto un primo documento sul tema del ricordo delle vittime dell’Heysel, ha sottolineato l’importanza di un atto unitario.

21 maggio 2013

Fonte: Comune.torino.it/cittagora

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Ricorrenza Heysel 29 maggio 1985, un sogno che si coprì di sangue

di Alessandro Gazzera

Una riflessione a due giorni dalla tragedia che cambiò e distrusse il corso di molte vite.

Non è facile parlare di una tragedia, per molti versi annunciata, che ha segnato una parte della storia della Juventus e del calcio europeo. LA STRAGE - La scelta dello stadio belga come sede della finale di Coppa dei Campioni del 1985 fu criticata da subito, sia dai bianconeri che dal Liverpool, a causa delle precarie condizioni della struttura e delle scarse misure di sicurezza. La disposizione dei settori vedeva il tifo organizzato bianconero situato nella curva N. Molti inglesi, invece, presero i biglietti nella curva opposta. Tuttavia diversi italiani scelsero di organizzarsi autonomamente e acquistarono altri biglietti nel settore Z, a ridosso della zona inglese. A circa un’ora dall’inizio della partita si scatenò la follia: gli hooligans inglesi (sia del Liverpool che del Chelsea) sfondarono le reti che dividevano i due settori, cercando di impossessarsi dell’intera curva. Le famiglie, spaventate, si ammassarono contro il muro opposto al settore dei sostenitori del Liverpool, anche a causa delle manganellate dei poliziotti belgi, che impedivano loro la fuga verso il campo. Nel caos generale tutti cercarono di cambiare settore scavalcando gli ostacoli presenti, finché il muro non resse il peso della folla e l’esito è quello che tutti tristemente conosciamo: 39 morti e oltre 600 feriti. LA PARTITA - Nel caos più totale l’UEFA e le autorità locali decisero che quella partita si doveva giocare comunque, hic et nunc. Molti giocatori della Juventus raccontarono, anni dopo, di quanto furono difficili quei momenti e di come dopo quella notte non fu più lo stesso. Vinse la Juventus quella Coppa maledetta, un trofeo tanto sognato si era trasformato nella pagina più nera della storia del club bianconero. Un qualcosa che, per molti versi, negli anni successivi si preferì cercare dimenticare, sebbene pesò come un macigno su tutti. CHE COSA RIMANE ? - E’ difficile raccontare la storia dell’Heysel mantenendo un filo "giornalistico", senza scadere nelle banalità e in quella retorica troppo spesso usata nei confronti di una strage come questa. Negli anni è capitato a me di sentire le varie storie di chi quella sera c’era, e scorgere più di una sottile vena di malinconia. Per chi assistette a quegli sconvolgenti momenti, infatti, fu come se dentro di sé qualcosa ne fosse andato. La consapevolezza successiva, poi, fu che qualcosa fosse decisamente cambiato nel calcio: per la prima volta ci si era trovati a fare i conti con la ferocia umana e la follia. RIFLESSIONI POST ’85 - Molte delle nuove generazioni che oggi sentono parlare del 29 maggio 1985, a stento hanno visto la vittoria della Juventus contro l’Ajax nel 1996. Ed a loro va fatto capire cos’è stato l’Heysel e quanto sia importante tenere in memoria un evento tanto drammatico. Quei morti, infatti, sono stati più volte vilipesi negli stadi italiani al pari di altre tragedie che, prima che sportive, sono umane, e dovrebbero quindi ricordare come la morte non abbia un colore, ma riguardi tutti. La verità forse mai riconosciuta è che all’Heysel è morto un pezzo di calcio e, proprio per tale motivo, come per i morti di Superga, Andrea Fortunato e tutti coloro che vengono usati come bandiera per un odio sportivo insano, bisognerebbe adoperare il rispetto dovuto. Ancora oggi, invece, quei 39 angeli non vengono lasciati riposare in pace e, pertanto, non si può che auspicare il momento in cui verso tutti loro sarà rivolto solo un commosso ricordo: un modo per ricordarsi anche che il calcio è un bellissimo sport e, a volte, siamo solo noi, con la nostra ignoranza, a rovinarlo.

27 maggio 2013

Fonte: Cronacatorino.it

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Bruxelles, vogliono abbattere e ricostruire l'Heysel

Heysel: lo stadio della tragedia Juventus-Liverpool sarà demolito a Bruxelles.

Questa volta è deciso per davvero, o almeno così hanno annunciato le autorità di Bruxelles: lo stadio dell'Heysel, tristemente noto per la tragedia in cui il 29 maggio 1985 persero la vita 39 persone di cui 32 italiani, sarà abbattuto e ricostruito poco più in là, dove oggi sorge un grande parcheggio. L'operazione, fortemente voluta da Regione e città dopo anni di tentennamenti, ha per obiettivo la selezione di Bruxelles tra le città europee che ospiteranno le partite dell'Euro 2020. Al posto di tribune, pista d'atletica e campo da calcio, crescerà un mastodontico progetto edilizio che vuole trasformare la zona della periferia di Bruxelles in un polo culturale e fieristico internazionale, con loft, appartamenti di lusso, centri commerciali e spazi verdi. La questione del vecchio "Roi Baudoin" si trascinava dal dramma del 1985, quando prima del fischio d'inizio della finale di Coppia Campioni tra Juventus e Liverpool crollò il settore Z sotto le pressioni delle tifoserie. Da allora Michel Platini, che segnò il gol decisivo che diede la vittoria alla Juventus e oggi presidente della Uefa, ha sempre rifiutato di rimetterci piede. Lo stadio è tuttora "casa" della nazionale belga, i "Diavoli rossi", e utilizzato sia per le partite di calcio che per il meeting internazionale di atletica, il Memoriale "Van Damme", e per i concerti delle grandi star, dagli U2 a Madonna. E finora il "Roi Baudoin" era stato incluso nel suo assetto attuale nel faraonico progetto "Neo" da 1,3 miliardi di euro, sotto la cui scure è già caduto il celebre parco di miniature della Mini-Europa che chiuderà i battenti a fine estate, prima di essere raso al suolo. Vi erano infatti altri tre siti "papabili", tra cui il quartiere della Nato, per il nuovo stadio nazionale, di cui si parla dal 2007 ma senza mai arrivare a nulla di fatto. Ma alla fine la scelta è ricaduta sull'Heysel. "Fanno 28 anni dal dramma dell'Heysel che aspettavamo questa decisione, ma c'è stato bisogno della proposta degli europei di calcio per arrivare a sbloccare il dossier", ha recriminato l'assessore allo sport di Bruxelles Alain Courtois. Nonostante i tempi siano stretti (Bruxelles dovrà presentare la candidatura alla Uefa entro settembre, mentre i lavori veri e propri dovranno cominciare nel 2016), non c'è ancora nessun dettaglio concreto sulle dimensioni e la capacità del nuovo impianto, ne’ del destino del "Van Damme". E nemmeno del memoriale di chi una sera di 28 anni fa perse la vita sotto quei muri che verranno ora abbattuti per sempre.

27 maggio 2013

Fonte: Ansa

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Come un nodo al fazzoletto

di Emilio Targia

Son passati 28 anni, dal quel 29 maggio 1985 allo stadio "Heysel" di Bruxelles. Da quella notte di colori sfumati nel buio, di festa diventata tempesta.

"Un uomo senza memoria è un uomo seduto in cima a un precipizio" scrive Erri De Luca. La lucidità dello scrittore ci sorregge, e ci aiuta a sintetizzare. E a capire. Che la memoria è materia preziosa, irrinunciabile. L'argilla che tiene insieme il racconto, la cronaca attenta che poi diventa storia. "L'organisateur décline toute responsabilité du chef d'accident, de quelque nature qu'il soit, qui pourrait se produire au cours ou à l'occasion du match pur lequel ce ticket est délivré". C'era scritto così sul biglietto del settore Z dello stadio Heysel. Ma non sul retro, o di lato, in caratteri minuscoli. No no, era scritto davanti, a caratteri ben visibili. Insomma, "guarda che se ti accade qualcosa, noi non c'entriamo". Quasi un presagio. La follia di quella notte iniziava già dal biglietto d'ingresso. Oggi "Heysel" è una parola che schiocca come una frustata. Evoca solo e soltanto quella notte e quella strage. Null'altro. "Heysel" non è più uno stadio, come "Ustica" non è più un'isola, e "Italicus" non è più un treno. Eppure quella notte i presupposti per il volo c'erano tutti. Il bianco che rifletteva il sole raddoppiandone la luce, il nero accanto a ricomporre le cose. Sogno e realtà, in fondo, il seme dei colori di quelle bandiere. "Come può una simile luce tradire i nostri sogni stasera ?" aveva riflettuto Giuseppe, un tifoso bianconero che da decenni sognava una sera così. E però aveva paura. Che il sogno spaventa, se si sta per toccarlo. E poi Andrea, che aveva 11 anni, l'età in cui il calcio è ancora la musica della propria vita, la misura della propria gioia. Andrea che a Cagliari andava alla scuola di calcio "Gigi Riva". Andrea che era lì col papà Giovanni per vivere il proprio incantesimo. "Juve-Juve-Juve" era l'urlo prossimo al sogno del popolo bianconero. "Juve-Juve-Juve" scandito dal batter di mani. "Juve-Juve-Juve" urlato ad occhi chiusi. Lo stadio tremava dentro a quel battito, e quel coro toccava l'anima, si infilava nelle ossa. Poi, di colpo, quell'inno alla gioia si era incrinato. E, di colpo, interrotto. Gli occhi di nuovo aperti. Per guardare. Per provare a capire. L'odio. Un corpo estraneo. Un ago velenoso che bucava il palloncino di un bambino. Urla, dal settore Z. Gente che fugge, nel settore Z. Un muro che crolla, nel settore Z. Più nessuna bandiera, nel settore Z. Un vociare scomposto, un coro frantumato. Urla che rimbalzano sopra rumori estranei. Immagini veloci, sfocate, inafferrabili. Poi, d'improvviso, più nulla. Nessun urlo, nessun rumore. Solo silenzio. E sguardi fissi nel vuoto. Un vuoto immobile. Tutto lo stadio cristallizzato dentro a quell'istante. Dentro a un tramonto livido. Raggelato. Che non ci sono mica parole, di fronte a una cosa così. Di fronte a un silenzio innocente di sangue e di orrore. Tutto questo. Tutta quella vita calpestata, quell'energia perduta. Tutta quella violenza, dentro a un incanto gioioso. In questi anni troppo spesso è diventato altro. Per troppe persone quelle vittime sono semplicemente "juventini". Come se non fossero invece prima di tutto cittadini ed esseri umani. Per troppe persone quella è semplicemente la notte della "coppasporcadisanguechelaJuvenondovevaaccettare". Come se non ci fosse prima di tutto una strage, con cui fare i conti. Per troppe persone quella è "lapartitachenonsidovevagiocare". Che nessuno ha capito, quante persone ha salvato, l'averla giocata. La vita di Andrea e di Giovanni, quella di Giuseppe e poi quella di Rocco, quella di Bruno e di Barbara, di Giusy e di Luciano, di Sergio e di tutti gli altri, per molti deve contare ben poco. Ben poco anche per quei gentiluomini che in curva oggi intonano il coro "Heysel, Heysel !". O per quelli che in tribuna prendono in prestito una canzone di Vasco Rossi, per affogarla nell'orrore: "Cosa succede, cosa succede all'Heysel...". O per quelli scrivono sui muri la temperatura di Bruxelles. O per quelli che indossano le magliette con la scritta -39. O per quelli che guardano e ascoltano, e fanno finta di niente. Questo mare di offese, volgarità, e frasi fatte è dovunque. Onde maldestre che si infilano in un dibattito tv, tra le pagine di un libro, in un articolo di giornale, o che echeggiano al bar mentre prendi un cappuccino. A questo serve, oggi, la memoria di quella notte. A questo serve oggi, fare un nodo al fazzoletto. Un anticorpo contro la superficialità. Ma servono manutenzione, cura e attenzione. Per non dimenticare la storia incompiuta di quelle 39 persone. Memoria contro la fiera della violenza morale e delle banalità. Di chi non ha alcun titolo per parlare eppure urla. Di chi non sa nulla eppure insulta. Senza nemmeno sapere di che cosa sta parlando. Senza provare nemmeno a capirlo, l'Heysel. Senza nemmeno provare a immaginarlo, il dolore.

28 maggio 2013

Fonte: Juventibus.com

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

28 anni fa la tragedia dell’Heysel, il dramma juventino dimenticato dal calcio

di Beatrice Manzato

A 28 anni dalla strage calcistica più tragica d’Europa, quella maledetta finale di Coppa dei Campioni ’85, giocata allo stadio Heysel di Bruxelles, le vittime ammontano a 40. Giuseppe Pippa, veneto di 58 anni, si aggiunge alla lunga lista di vittime della folle violenza degli hooligans del calcio, ponendo fine ad un calvario iniziato ventott’anni fa, quando trentenne si spinse fino in Belgio per veder vincere la sua Juventus. La tragedia è perlopiù ignorata o dimenticata oggi. Ma cosa successe quel giorno a Bruxelles ? La sera del 29 maggio 1985 la finale di Coppa dei campioni si disputava a Bruxelles, all’Heysel, oggi stadio Re Baldovino, uno stadio visibilmente fatiscente, non certo adatto ad ospitare soprattutto una delle due tifoserie, quella del Liverpool, nota allora per la sua propensione alla violenza e alla provocazione degli avversari. La tifoseria juventina fu sistemata nella curva Nord dello stadio mentre quella del Liverpool fu sistemata nella curva opposta. Un piccolo settore, il settore Z, fu aperto alla tifoseria juventina, che troppo numerosa, non sarebbe rientrata tutta nel settore Nord. Questo settore però, confinava direttamente con la curva Sud, gremita di hooligans di Liverpool, separato soltanto da una rete metallica. Poche ore prima della partita la debole rete fu abbattuta e superata dagli inglesi che si fiondarono all’attacco degli avversari calcistici, schiacciandoli letteralmente contro il muro che delimitava la sezione Z, costringendoli a calpestarsi e schiacciarsi l’uno con l’altro, al punto che molti uomini iniziarono a lanciarsi oltre la tribuna, giù dagli spalti, morendo sul colpo, ferendosi o riportando gravissime lesioni.  Alcuni cercarono di sfuggire a quella brutale violenza attraverso l’unico canale, la scalinata, che portava al terreno di gioco, ma le forze dell’ordine belghe, che non erano distribuite in modo omogeneo in tutto lo stadio e non avevano la percezione di quello che stava accadendo agli anelli superiori, iniziarono a respingerli a manganellate.  La furia degli hooligans, in netta superiorità numerica, si faceva sempre più incontrollata, finché la spinta e il peso dei corpi umani schiacciati contro il muro del settore lo portarono a sgretolarsi, crollando sui tifosi e sulle loro famiglie. Soltanto mezz’ora dopo l’inizio dell’attacco, le forze dell’ordine arrivarono nei due settori accorgendosi della vera e propria guerriglia in corso, anche grazie all’avvertimento dei tifosi della curva nord, che pur non capendo cosa stesse succedendo erano riusciti ad intuire la gravità dello scontro.  Si trovarono davanti ad immagini, che oggi le fotografie testimoniano, che ricordano le scene di un conflitto: padri di famiglia disperati per non essere riusciti a proteggere i propri figli, corpi feriti ammassati su corpi morti, mentre un esodo di massa usciva da quel settore infernale. Solo allora si iniziò ad accertare il bilancio delle vittime: trentanove, di cui trentadue italiani. Giuseppe Pippa cadde dalle tribune nel tentativo di proteggere un bambino, riportando lesioni gravissime alla colonna vertebrale che lo costrinsero ad un lungo coma, dal quale fortunatamente si risvegliò. Ma i danni riportati lo perseguitarono: lo schiacciamento delle vertebre, nel corso di tre decenni degenerò in Parkinson, uccidendolo ventott’anni dopo, a pochi giorni dall’anniversario della tragedia che piegò la sua vita. La beffa peggiore a questa triste pagina della storia del Calcio si verificò proprio pochi minuti dopo la strage: la partita fu giocata, trasmessa dalla televisione italiana e degli altri stati europei. I telecronisti italiani, consapevoli dell’accaduto, si limitarono ad una telecronaca asciutta del match, ma i calciatori, ignari, esultarono entusiasti. Allo stesso tempo i telegiornali documentarono i fatti di violenza dell’Heysel, cosa che portò i giocatori, tra cui Michel Platini, a scusarsi pubblicamente appena appresero la notizia. Tuttavia, da alcune interviste successive risulta chiaro come i giocatori fossero a conoscenza di almeno un decesso tra i tifosi, ma la Uefa decise di giocare ugualmente la partita.

28 maggio 2013

Fonte: Ilreferendum.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Ricordare l'Heysel una tragedia di tutti

di Guido Vaciago

Buffon: "L’unica colpa, aver voluto seguire la propria passione calcistica…" Anche il Liverpool ha commemorato le vittime del 29 maggio 1985 con una corona e un intervento sul sito internet.

Il tempo è un sedativo formidabile, ma ventotto anni non bastano per un dolore così assurdo. La parola Heysel, oggi, fa ancora male, ma ricordare è obbligo dal quale è proibito sottrarsi perché la lezione è ancora utile, perché chi conosce la storia deve tenerla viva e chi non la conosce deve impararla. Anche per capire quanto sia inumano chi la insulta. Il 29 maggio 1985, per colpa dì un'organizzazione criminalmente lacunosa, la finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e Liverpool fu preceduta da scontri fra tifosi che costarono la vita a trentanove persone, finite schiacciate in seguito al crollo di un muretto che delimitava il settore Z di una delle due curve del fatiscente stadio di Bruxelles. Chi pensò di lasciare che venissero a contatto i tifosi inglesi, molti dai quali ubriachi, e quelli italiani fu il vero colpevole. D’altra parte era probabilmente lo stesso che aveva previsto un servizio d’ordine da fiera paesana. Emilio Targia, giornalista e scrittore che sull’Heysel ha scritto un libro da leggere ("Heysel, 29 Maggio 1985, Prove di Memoria"), ieri in un suo intervento sul sito Juventibus ha fatto notare quanto era stampato sui biglietti di quella partita: "L'organisateur décline toute responsabilité du chef d'accident, de quelque nature qu'il soit, qui pourrait se produire au cours ou à l'occasion du match. E non sul retro, o di lato, in caratteri minuscoli. No no, era scritto davanti, a caratteri ben visibili. Insomma, "guarda che se ti accade qualcosa, noi non c'entriamo". Quasi un presagio. La follia di quella notte iniziava già dal biglietto d'ingresso". E così accadde, purtroppo. La storia è meglio ricordarla sempre. E Gigi Buffon, capitano della Juventus di oggi, non la vuole dimenticare. E così ha lanciato il suo significativo messaggio on line: "Il 29 Maggio del 1985 allo Stadio Heysel di Bruxelles si consumava una tragedia assurda in cui, come certamente saprete, ben 39 persone persero la loro vita. La loro unica colpa fu quella di aver voluto seguire la propria passione calcistica, di aver voluto essere presenti accanto ai propri beniamini, di aver voluto gridare il proprio sostegno... Ai loro familiari che ancora adesso soffrono a causa di questa tragedia va il mio più caro e sincero abbraccio". E anche a Liverpool si è ricordata la tragedia. II direttore generale dei Reds ha posto una corona di fiori sulla lapide che c'è ad Anfield Road e sul sito sono state spese parole commoventi insieme all'elenco delle vittime, chiamate giustamente "football fan", tifosi di calcio, e non della Juventus. Solo quando si capirà che le vittime dell’Heysel sono vittime di tutti, non solo della Juventus, si farà un passo avanti e il tempo ricucirà un pezzetto della ferita.

29 maggio 2013

Fonte: Tuttosport 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

28 anni trascorsi invano !

di Enrico Tordini

Ciao a tutti gli amici gobbi, eccoci qua a ricordare un evento per noi nefasto, ovvero il ventottesimo anniversario della strage dell’Heysel. Da dove possiamo cominciare, senza cadere nella retorica ? Innanzitutto chi scrive è uno di quelli che, per sua fortuna, a distanza di tre decadi può ancora dire: "io c’ero". E’ un evento che sono riuscito quasi a cancellare dalla memoria, nel senso che l’orrore iniziale con gli anni si è come diluito, scolorito, fino a divenire un magma informe, una materia-non materia, ricordi irreali, quasi onirici, una specie di fase R.E.M. che mi accompagnerà fino al termine della mia esistenza senza più recarmi disturbo alcuno. So che nelle facoltà di psicologia lo chiamano "principio di autoconservazione", intendendo con ciò la capacità di cancellare ed eiettare le reminiscenze dolorose da parte del nostro encefalo. Memory remains, cantavano i Metallica, ma per fortuna non è sempre così. I più giovani, i ragazzi nati col pollice prensile, non possono capire cosa significa trovarsi al centro di un evento tragico e non aver la possibilità di telefonare a casa, che le poche cabine disponibili erano letteralmente prese d’assalto. E nemmeno il vagare spaesati fuori da uno stadio, alla ricerca del tuo pullman, che non era ad attenderti alla piazzola dove si era fissato di ritrovarsi perché i mezzi erano stati fatti sgombrare per motivi di sicurezza. E la paura che ti attanaglia e poi il sollievo iniziale nel vedere delle divise di poliziotti, l’avvicinarsi e poi dover scappare per evitare una carica perché nel frattempo tu ed altri disgraziati nelle tue condizioni eravate stati scambiati per degli hooligans. Di tutto e di più, quel maledetto giorno non ci siamo fatti mancare proprio nulla, in effetti. Inutile a questo punto condensare in poche righe i soliti anatemi contro la demenziale organizzazione della manifestazione, la criminale incapacità delle autorità fiamminghe, le diatribe scaturite dalla partita, dalla premiazione e il solito indotto di polemiche e polemicuzze alimentate da imbarazzanti pennivendoli desiderosi solo di lucrare sulla pelle di poveri defunti, alimentando quel sentimento di odio e livore che ha portato il calcio italiano alle attuali miserie, economiche e morali: oramai è storia. C’è solo da rattristarsi nel constatare con mano, giorno dopo giorno, partita dopo partita, come quel tragico evento non abbia insegnato niente a noi italioti. Gli inglesi sì, loro hanno fatto tesoro di quella dura lezione e non a caso gli stadi albionici e l’atmosfera che si respira in Premier League oggi sono indicati a modello per tutti i paesi europei. La signora Thatcher, personaggio per altri versi discutibile, usò il pugno di ferro con gli hooligans e i risultati sono lì, sotto gli occhi di tutti. Da noi invece si respira, ogni settimana, aria di guerriglia urbana, tafferugli e risse di ogni ordine e grado e, di quando in quando, ci scappa pure il morto. Questo non è un paese per chi vuol andarsi a vedere una partita in tutta tranquillità, parafrasando il titolo di un film dei fratelli Cohen. Il calcio è sport popolare, nell’accezione più nobile e, simultaneamente, più triviale del termine. Non è il golf, praticato da ricchi snob, e nemmeno il tennis, già elitario, a suo modo. E’ uno sport dove educazione e fair play dovrebbero essere imposti di default ai protagonisti, visto l’elevato livello di pericolosità sociale che esso riveste ma, per citare un famoso comico, è un po’ come chiedere a Giovanna d’Arco di aiutarti ad accatastare legna per il falò. Sceneggiate isteriche in campo e negli spogliatoi, davanti ai microfoni, nelle interviste, la cultura del sospetto inculcata fin dai tempi del poppatoio, insieme al latte materno, mai riconoscere un merito degli avversari o un demerito proprio: il calcio è, mai frase fu più azzeccata, proprio lo specchio della nazione. Ventotto anni trascorsi invano, purtroppo…

29 maggio 2013

Fonte: Zonajuventina.altervista.org 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

  28 years on: Heysel remembered

Liverpool Football Club today remembers the 39 football fans who died on this day 28 years ago at Heysel Stadium in Belgium.

Club flags will be flown at half-mast all day as a mark of respect to those who lost their lives, while managing director Ian Ayre placed a floral tribute at the foot of the Heysel Memorial Plaque in the Centenary Stand at Anfield this morning. The tragedy unfolded on May 29, 1985, at the European Cup final between Liverpool and Juventus, when what should have been one of the greatest nights in the club's history turned into a nightmare. Instead of leaving Brussels having seen our team lift a fifth European Cup, Liverpool supporters travelled back to England having witnessed the deaths of 39 football supporters - including 32 Italian fans of Juventus, four Belgians, two from France and one man from Northern Ireland - following the collapse of a wall. At the placing of the floral tribute, Ayre said: "We're here to show our respects to the supporters who lost their lives at Heysel. It's a very important day for the club. "No football club more than Liverpool knows how important it is to show respect to people who lose their lives tragically at a football match. "We're deeply rooted in the loss at Hillsborough, but no less with Heysel. "The club has been blessed, in a sense, that so many people around the world have shown their respects to Liverpool Football Club around Hillsborough - and rightly so we do the same here for the tragedy at Heysel".

In Memoria e Amicizia, in Memory and Friendship: (Omissis Lista Caduti)

RIP - You'll Never Walk Alone.

29th May 2013

Fonte: Liverpoolfc.com  

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

29 maggio 1985, 28 anni fa la tragedia dell'Heysel

Nel giorno in cui si discute sull'abbattimento dell'impianto, i tifosi della Juve e dello sport in generale si riuniscono in un unico pensiero.

TORINO - "In Memory". Così apre il sito ufficiale della Juventus nel giorno del ricordo. Nel giorno in cui tornano alla memoria le immagini dello stadio Heysel. "Sono passati 28 anni, ma ancora oggi, ripensare a quella notte lascia sgomenti. Ancora quasi non si riesce a credere che sia potuto accadere davvero, perché una simile follia è tanto assurda e crudele da sembrare irreale. Il 29 maggio 1985, 39 persone innocenti perdevano la vita allo stadio Heysel di Bruxelles. Si doveva giocare la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, ma quella che doveva essere una serata di gioia e di sport, improvvisamente si trasformava in un incubo. Da allora - scrive juventus.com - il 29 maggio può solo essere un momento di dolore, di silenzio, di riflessione. La tragedia dell’Heysel e le sue vittime non saranno mai dimenticate: per ognuna di loro è stata posizionata una stella nello Juventus Stadium, una parte del J-Museum è loro dedicata e i famigliari possono accedervi in qualsiasi momento. Ma questi piccoli gesti non nascono solo dal desiderio di onorare la loro memoria. Vogliono essere un monito, per tutti. Perché ognuno di noi ha il dovere di ricordare. Perché una simile follia non dovrà più accadere. Mai più".

BUFFON: UNICA COLPA SEGUIRE LA PASSIONE - Anche Gigi Buffon ha voluto partecipare al ricordo delle vittime con un messaggio sul suo profilo Facebook. "La loro unica colpa - scrive il capitano della Juve - fu quella di aver voluto seguire la propria passione calcistica, di aver voluto essere presenti accanto ai propri beniamini, di aver voluto gridare il proprio sostegno". "Ai loro familiari - ha concluso - che ancora adesso soffrono a causa di questa tragedia va il mio più caro e sincero abbraccio".

29 maggio 2013

Fonte: Tuttosport.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Anniversari. Il 29 maggio "giorno del ricordo"

della tragedia dei tifosi della Juve all’Heysel

di Andrea Cascioli

Heysel Bruxelles, stadio Heysel, 29 maggio 1985. Ventotto anni dopo c’è chi non dimentica. E chi non potrebbe dimenticare nemmeno se volesse: i genitori, i fratelli, i figli di quei 39 spettatori riuniti dal destino in una morte orrenda, sepolti vivi nella calca seguita alle cariche degli hooligans inglesi e dei poliziotti belgi. I sopravvissuti alla mattanza che si trovavano altrove, magari solo perché avevano scambiato il biglietto del maledetto settore Z con un altro posto. I feriti che portano sulla pelle il marchio dell’Heysel e negli occhi le immagini dei corpi travolti sulle gradinate, mentre la Uefa metteva in scena la più tragica delle farse, nella notte senza ritorno del calcio. Per troppo tempo il ricordo di quei volti è stato relegato al dolore intramandabile di chi li aveva amati in vita, o alla buona volontà di persone comuni come i membri del Comitato "Per non dimenticare Heysel", che si prende cura del monumento alle vittime "adottato" dal Comune di Reggio Emilia e organizza la commemorazione ad ogni anniversario. Per troppo tempo, dice Annamaria Licata del Comitato Heysel, "ci si è ricordati dell’Heysel solo un giorno all’anno". E nemmeno tutti: "La società Juventus si è disinteressata per anni. Con Andrea Agnelli è tutto cambiato, per fortuna". Lo conferma Beppe Franzo, anima storica del tifo bianconero in curva Scirea: "Dalla società abbiamo avuto riscontri positivi da quando è stato aperto l’angolo della memoria nel museo dello Juventus Stadium". E nell’ottobre 2011 la Juventus si è impegnata con il Comitato Heysel e il Comune di Torino per dedicare ai caduti un’area monumentale all’interno della Continassa, il terreno pubblico su cui sorge lo stadio di proprietà. Pochi giorni fa il consiglio comunale di Torino ha approvato all’unanimità una mozione presentata dal capogruppo di Fratelli d’Italia Maurizio Marrone insieme a due colleghi di centrosinistra: sollecita il Comune ad accelerare i tempi per l’intitolazione di una via, e a fare del 29 maggio la "giornata in ricordo delle vittime dell’Heysel e di condanna di ogni forma di violenza in ambito sportivo". "La mozione non modifica nulla rispetto all’accordo del 2011 - precisa Marrone - è solo un mezzo per sollecitare la Juventus a darsi da fare in tempi brevi". Il Comitato, infatti, non vuole un riconoscimento qualunque: "Il monumento e la via devono trovarsi nell’area dello Stadium, per scongiurare ogni oltraggio vandalico - spiega la Licata - per questo aspettiamo risposte precise e non strumentalizzabili". I lavori alla Continassa dovrebbero comunque finire in tempo per il trentesimo anniversario della strage. Per il momento si pensa alla commemorazione, si terrà sabato 1 giugno a Reggio Emilia. Ma non solo: c’è da organizzare la raccolta fondi per la copertura del monumento nella città emiliana, tuttora esposto alle intemperie. E c’è da scongiurare il rischio che l’imminente abbattimento dell’Heysel elimini anche la targa commemorativa della tragedia. Sarebbe un’ulteriore vergogna. Piace anche l’idea della "giornata del ricordo" lanciata dai consiglieri comunali: "Dal prossimo anno potremo farne un appuntamento che dia spazio a convegni contro la violenza e tornei di calcio con le tifoserie - dice la rappresentante del Comitato - magari, un giorno, inviteremo anche quelli del Liverpool". Ma prima di allora dovranno passare molti altri 29 maggio. L’importante, oggi, è ricordare che almeno la memoria di chi non è tornato non è morta sui gradini dell’Heysel.

29 maggio 2013

Fonte: Barbadillo.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Sergio Brio: "In quella maledetta sera di Bruxelles,

Boniperti prese una decisione saggia"

di Alberto Pucci

Nel giorno della triste ricorrenza della tragedia dell'Heysel, Fanpage.it ha avvicinato Sergio Brio: uno dei componenti di quella Juventus che, tra le polemiche e con il cuore gonfio di dolore), vinse la sua prima Coppa dei Campioni.

Sergio Brio: Un dolore indelebile - A quasi trent’anni da quel 28 Maggio 1985, tutto il mondo del calcio italiano e bianconero si ferma ancora a ricordare i tifosi che persero la vita schiacciati e terrorizzati dall’infame assalto degli "hooligans" inglesi. Un ricordo incancellabile, un dolore straziante che, ogni anno, torna a galla con tutta la sua tristezza nel giorno di uno degli anniversari più "neri" della storia del calcio italiano ed europeo. Per ricordare la memoria dei 39 tifosi scomparsi, Fanpage.it ha voluto contattare telefonicamente Sergio Brio: uno dei giocatori che, quella sera, giocò e vinse la prima Coppa dei Campioni bianconera. All’ex difensore della Juventus abbiamo chiesto un ricordo di quella maledetta serata ("Una tragedia che non dimenticherò mai"), un’analisi su ciò che la strage dell’Heysel ha insegnato ai tifosi italiani ("Viviamo ancora un calcio troppo nevrotico. I tifosi non hanno capito niente !") ed un parere sulle polemiche che, dopo il triste epilogo, comparvero sui giornali ("L’UEFA ci costrinse a giocare la partita e alla fine Boniperti prese una decisione saggia").

29 maggio 2013

Fonte: Calcio Fan Page 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Il ricordo di Juventus-Liverpool a 28 anni dalla tragedia dell’Heysel

di Luciano Olivari

Oggi ho aperto un manuale del calcio, uno dei tanti contenitori di fredde statistiche e alla data 29 maggio 1985 ho letto: finale Coppa dei Campioni a Bruxelles, Juventus-Liverpool 1-0 (Platini su rigore). Io, come le Roi calciò quel penalty non lo ricordo più. L’ho cancellato dalla mia mente, così come ho spazzato via tutto il resto di quella partita farsa giocata nella tragica notte dell’Heysel. Della finale mi resta la voce di Ameri che racconta il dramma via etere e le immagini in bianco e nero di quell’onda d’urto di teppaglia violenta che schiaccia gli italiani contro il muro fino a farlo crollare. Le urla, il terrore scolpito sulle facce dei tifosi bianconeri, la morte. Da giorni aspettavo quella partita. Boniek, Platini, Rossi, Scirea, Cabrini: una Juve stellare. Quella notte volevo vendicare Belgrado e il maledetto cross di Blanknburg che finisce preciso sulla testa di Rep, lanceri loro di un’Ajax troppo forte o la beffa di Atene contro l’Amburgo con il tiro di Magath che Zoff guarda prima che la rete, sotto di me, si gonfi impietosamente. Volevo gioire, esultare, stringere idealmente la Coppa con le orecchie che tante, troppe volte mi era sfuggita. E invece, quella notte, avevo visto gente andare incontro alla morte per una palla che rotola in un prato.

29 maggio 2013

Fonte: Squer.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

La memoria e il perdono

di Vincenzo Murgolo

Bruxelles, 29 maggio 1985. Quella che sembra essere una giornata di festa per il popolo juventino, che si apprestava a festeggiare la prima Coppa dei Campioni vinta dalla squadra bianconera, si trasforma in un inferno: la barbarie degli inglesi, accompagnata dall'inadeguatezza dell'obsoleto stadio Heysel e del servizio d'ordine predisposto dalla polizia belga, scatena un fuggi fuggi generale dei tifosi italiani; nella calca che ne viene fuori 39 di loro perdono la vita. Da allora questo tragico evento, che in teoria non dovrebbe avere colore di questa o di quella squadra, viene sistematicamente oltraggiato dall'inciviltà di gente che prova un becero senso di gioia al solo pensiero che i morti fossero tifosi juventini; dai sistematici cori dei tifosi fiorentini (che oltraggiarono la memoria delle 39 vittime dell'Heysel già dalle settimane immediatamente successive) alle scritte sui muri da parte di romanisti e torinisti, fino ad arrivare a striscioni come "Acciaio scadente. Nostalgia dell'Heysel" comparso a San Siro durante Inter-Juventus dell'ottobre 2011 e alle scritte mostrate dai tifosi del Napoli sia durante la finale di Coppa Italia dello scorso anno che durante l'ultima sfida tra Napoli e Juventus al San Paolo. Oggi, dunque, non è solo il giorno del ricordo di quell'eccidio, ma è anche il giorno del perdono. Il perdono che si spera le famiglie di quei 39 martiri possano riservare agli assassini dei loro cari, a tutti coloro che di essi oltraggiano la memoria, ma anche (se non soprattutto !) a questo paese: un paese che da quella tragedia non ha imparato proprio niente, come le cronache degli ultimi 20 anni hanno purtroppo insegnato; purtroppo la violenza negli stadi, che in Inghilterra da allora è stata combattuta con forza (strage dell'Hillsborough del 1989 a parte) e quasi del tutto debellata, in Italia sembra ormai diventata una triste abitudine. Noi tifosi juventini (insieme a tutti gli altri tifosi non juventini che fortunatamente sono ancora in possesso di quella cosuccia chiamata "buon senso") oggi ricordiamo, speriamo che qualcun altro possa perdonare...

29 maggio 2013

Fonte: Vincenzomurgolo.blogspot.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

La memoria obbedisce sempre al cuore

di Angelo Ribelle

Il 29 maggio non è un giorno come gli altri. E' il giorno in cui, 28 anni fa, una maledetta notte di follia sterminò 39 persone, togliendo senso a tutto il resto, lo sport, il calcio, il pallone, il gioco. Rimangono solo vergogna, dolore, silenzio, memoria. Per non dimenticare. E perché non accada mai più. Eppure i segnali non sono incoraggianti. L'odio e la follia non accennano a morire. Li rivediamo germogliare tutte le volte in cui negli stadi italiani sentiamo quei cori e vediamo quegli striscioni e quelle magliette che inneggiano alla tragedia dell'Heysel (piuttosto che ad Ale&Ricky et similia): sono sale sulle ferite sempre aperte, perché le ferite dell'anima non si rimarginano mai. Li rivediamo anche quando assistiamo a scene di ordinaria (sì, purtroppo è così) violenza che ritraggono l'accoglienza a base di sassate e bastonate riservata ai pullman della Juve in trasferta o la mobilitazione delle forze di polizia per prevenire e sedare episodi di delinquenza pura in prossimità di alcune partite. Li rivediamo quando sugli spalti i tifosi, invece di ammirare il gioco della loro squadra e sostenerla con cori festosi, pensano a farsi un'assurda guerra sugli spalti, come accaduto recentemente a Bergamo. Non è quello il calcio che vogliamo; anzi, semplicemente, quello non è il calcio. Nell'attesa che il calcio ritrovi se stesso, ci portiamo nel cuore il ricordo dei nostri 39 angeli dell'Heysel, che vi trovano posto insieme a quanti non dimenticheremo mai: Ale&Ricky, l'Avvocato, il Dottore, Gaetano Scirea, Andrea Fortunato e tutti gli altri nostri eroi.

29 Maggio 2013

Fonte: Juventinovero.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Mai più

29 maggio 2013

Sono passati 28 anni, ma ancora oggi, ripensare a quella notte lascia sgomenti. Ancora quasi non si riesce a credere che sia potuto accadere davvero, perché una simile follia è tanto assurda e crudele da sembrare irreale. Il 29 maggio 1985, 39 persone innocenti perdevano la vita allo stadio Heysel di Bruxelles. Si doveva giocare la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, ma quella che doveva essere una serata di gioia e di sport, improvvisamente si trasformava in un incubo.

Da  allora, il 29 maggio può solo essere un momento di dolore, di silenzio, di riflessione. La tragedia dell’Heysel  e le sue vittime non saranno mai dimenticate: per ognuna di loro è stata posizionata una stella nello Juventus Stadium, una parte del J-Museum è loro dedicata e i famigliari possono accedervi in qualsiasi momento. Ma questi piccoli gesti non nascono solo dal desiderio di onorare la loro memoria. Vogliono essere un monito, per tutti. Perché ognuno di noi ha il dovere di ricordare. Perché una simile follia non dovrà più accadere. Mai più.

29 maggio 2013

Fonte: Juventus.com

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Mai più un’altra Heysel

di Maurizio Romeo

Ricordo ancora quasi tutto di quella sera, anche se sono passati 28 anni, anche se io di anni non ne avevo nemmeno 10. Ricordo le immagini che scorrevano sulla tv, io che chiedevo ai miei genitori "Perché quelli là picchiano per una partita di calcio ? E loro che non sapevano darmi una risposta, impietriti davanti alle immagini agghiaccianti. Ero piccolo, ma capivo che era successa una delle più grandi tragedie del calcio mondiale. Morire per una partita, una cosa assurda e quello lo capisci a 10 anni come a 100. Ancor di più quando sai di Andrea, un bimbo che aveva solo 2 anni più di te, che in quello stadio era andato festante per vedere la finale di Coppa dei Campioni. Era SOLO una partita. Negli anni ho letto molto sull’Heysel, fra tutti il libro inchiesta "Heysel, storia di una strage annunciata di Francesco Caremani (di cui ho fatto anche una recensione all’interno del sito) e il capitolo dedicato da Riccardo Gambelli nel suo libro "Coriandoli Bianconeri". Leggere tutte le mancanze organizzative, tutte le pesanti leggerezze e tutte le emozioni di chi l’ha vissuta dà ancor più il senso dell’assurdità di questo drammatico evento. Tre anni fa sono andato a Torino alla manifestazione per i 39 angeli, sin dal mattino, non volevo e non potevo mancare alla messa in loro memoria, volevo rendere loro onore e abbracciarli virtualmente. Non mi vergogno a dire che mi sono scese le lacrime quando il prete ha letto i loro nomi. E come me tutti i presenti. E’ stato un momento davvero toccante, così come le parole che sono seguite e che hanno ripreso uno striscione appeso appena fuori dalla chiesa di Santa Rita: "Mai più un’altra Heysel !". In molti però sembrano dimenticarlo, perché purtroppo si vedono tante piccole grandi Heysel tutti i giorni: talebanismi "in nome" del tifo che si portano dietro una violenza verbale assurda, volta a cercare di "eliminare" il nemico, assurdi vilipendi della memoria di persone che hanno pagato un prezzo altissimo solo per il fatto di essere tifosi della squadra "sbagliata", e non solo… Fa male pensare che esistano ancora persone che dimenticano che il calcio è solo uno sport. Liberi di fare e dire tutto, senza rispetto. Soprattutto per loro e per tutti coloro che sono morti andando a vedere una partita di calcio. E continuano a farlo ogni giorno: allo stadio come su Facebook, per strada come su Twitter. Ma proprio nel loro ricordo e in loro memoria abbiamo il dovere di essere migliori: dobbiamo dare un segno diverso, per loro e per noi, perché quello striscione, quelle parole, devono diventare realtà: MAI PIÙ UN’ALTRA HEYSEL ! Il giorno che avrò un figlio gli racconterò di quei 39 angeli che ci guardano da lassù, perché un futuro migliore passa anche dalla memoria.

29 maggio 2013

Fonte: Barzainter.it

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Nessuno deve dimenticarli

di Massimo Reina

Ci sono tragedie vissute da ognuno di noi attraverso le televisioni o i giornali, che per un motivo o per un altro diventano parte integrante della nostra vita. Forse perché certi eventi hanno una portata emotiva tale da farle diventare a un certo punto un qualcosa che supera i confini privati di coloro che ne sono stati coinvolti direttamente, spingendoli di prepotenza nella vita e nei ricordi di ognuno di noi. E’ accaduto per le vittime degli attentati dell’11 settembre del 2001, ed è accaduto anche per la terribile strage dello stadio Heysel di Bruxelles avvenuta la sera del 29 maggio del 1985. Una serata terribile, che chi scrive personalmente non dimentica. Non può farlo e non ci riuscirebbe nemmeno volendo. Come chiunque abbia un minimo di coscienza e di umanità e abbia visto coi propri occhi di bambino quanto stava accadendo in quello che sembrava un altro mondo. Un mondo filtrato entro certi limiti dalla televisione, davanti alla quale mi trovavo come milioni di tifosi in quel momento. Bambino inconsapevole che certe cose potessero accadere anche nel calcio, in quegli stadi che per me, come per chiunque, servivano per riunire la gente per assistere a uno spettacolo di sport. E non per vederle morire. Sognavo di assistere a una partita di calcio combattuta, come già era accaduto nella precedente sfida di Super Coppa europea col Liverpool una manciata di mesi prima, e magari finalmente di poter versare lacrime di gioia per il trionfo della mia squadra del cuore in Coppa Campioni, dopo quelle amare di quella maledetta (sportivamente parlando) finale del 25 maggio del 1983 contro l’Amburgo. Quella del cross sbagliato di Magath che si infilò alle spalle di Zoff. Quella di una Juventus abulica, irriconoscibile. Mi ritrovai invece a versarle per quella gente che si ammassava disperata in un angolo dello stadio, nel tentativo di trovare una via di fuga dalla follia di un gruppo di criminali senza onore. Per persone che non conoscevo, ma che in quel momento mi sembravano familiari, quasi fossero i miei zii, i miei vicini, i miei amici, e che si trovavano a chilometri e chilometri di distanza. E nonostante tutto mi sembravano così maledettamente vicini, quando inquadrati dalla telecamere, da potergli stringere la mano e tirarli via al di qua del televisore, nella sicurezza del salotto di casa mia. Quanto mi sarebbe piaciuto farlo. L’uomo che correva dalla pista di atletica verso il campo in cerca di soccorso per il figlio ferito che reggeva in braccio, il commento monocorde di un distrutto Bruno Pizzul, i ragazzi con le mani nei capelli appena usciti miracolosamente dalla massa di corpi che li stava per schiacciare. Gli sguardi attoniti di chi invece era rimasto sotto e forse stava per morire sopraffatto dal peso degli altri. Quelli di chi a un certo punto erano fissi. Quelli di chi non si è potuto mai più rialzare ed è rimasto lì per terra, immobile. Senza avere mai più la possibilità di tornare a casa, di riabbracciare la propria moglie e i propri figli. Di raccontare magari loro di quella brutta serata, e di dirgli ancora una volta quanto li amava. I loro occhi. Sono proprio loro, forse più di ogni altra immagine, anche la più cruenta, che mi sono rimaste impresse nella memoria. Occhi che scrutavano nel vuoto, occhi che imploravano aiuto e che sembravano chiedere a sé stessi e al mondo intero perché stesse accadendo tutto quell’orrore in una serata che doveva essere di festa. Quando scorro con lo sguardo i nomi delle vittime dello stadio Heysel mi sembra quasi di vedere quelle stesse facce, e di identificare in esse ognuno dei nomi che leggo. Lo so che non è così, che è impossibile per chi come me non ha mai conosciuto davvero le vittime, i loro visi, poterli riconoscere in quel modo. E che si tratta solo di suggestione. Ma non mi importa. Questo mi aiuta a ricordarli, a dargli una parvenza umana e a non scordarmi di loro. La memoria deve salvarci dal dimenticare, così come la conoscenza dei fatti deve servire a insegnare ai giovani, e non solo a loro, che certe tragedie non devono più ripetersi. Non hanno senso, a maggior ragione se si pensa alle cause scatenanti, alla follia delle motivazioni che le generano. Soprattutto, e lo dico oltre ogni retorica, deve servire a tutti quei "signori" che la domenica inneggiano allo stadio al "meno trentanove". Che ridono sulla morte di persone, padri, figli, mariti, che come loro erano andati allo stadio solo per assistere a una partita, ma si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, e la cui unica "colpa" era ed è quella di essere stati i sostenitori di una squadra di calcio diversa da quella per la quale chi ne offende il ricordo dice di fare il tifo.

29 maggio 2013

Fonte: Tuttojuve.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

  L'Heysel e il mondo imperfetto

di Marco Bonomo

Ci pensate a quanto bello sarebbe se oggi, 29 maggio 2013, fossimo qui a celebrare qualcosa di storico, come il 28° anniversario della conquista della prima Coppa dei Campioni della Juventus, vinta 1-0 ai danni del Liverpool, due anni dopo la finale persa da assoluti favoriti contro l'Amburgo ? Sarebbe un giorno leggero di un mondo perfetto, senza quella maledizione del settore Z. E invece... La Coppa c'è. Però non è sinonimo di gioia, ma emblema del dolore. C'è qualcosa di tremendamente triste da commemorare oggi. È il ricordo di 39 angeli che 28 anni fa se ne sono andati, anche se continuano a vivere nel ricordo di chi li ha amati e nel cuore di tutti i tifosi della Juve. Questa è e resterà per sempre una certezza: non vi dimenticheremo. E ci pensate a quanto sarebbe normale, anche se comunque triste, ma normale, se oggi, ricordando quelle persone, non si avesse la spiacevole sensazione di non essere al primo 29 maggio dell'anno ? Mi spiego meglio: non è più (purtroppo) una novità sentir parlare di questa tragedia durante la stagione calcistica. Peccato però che il parlarne non sia accompagnato da un doloroso silenzio, peccato però che non se parli nell'ambito di una commemorazione, ma in quello che è ormai diventato un contesto di mancanza di rispetto dilagante. È inaccettabile, 28 anni dopo, vedere striscioni e magliette che recitano -39. Così ogni giorno è il 29 maggio. Così non solo viene calpestata la memoria di quelle vittime, ma quelle 39 persone vengono uccise un'altra volta. E ancora, e ancora, ogni volta che un idiota espone quella scritta vigliacca o intona un coro di scherno. E ancora, ogni volta che gli viene permesso dalle autorità competenti (o incompetenti) che non prendono alcun provvedimento degno di questo nome. Chi si macchia di una vigliaccata tale andrebbe espulso dagli stadi per sempre ed educato. Non può cavarsela con una multa (irrisoria) alla società per cui fa il tifo. Oggi come non mai, siamo qui per ricordare ma anche per chiedere rispetto. Perché in un mondo imperfetto, ahi noi, la tristezza e le tragedie esistono. Ma un mondo che infanga la memoria di 39 vite interrotte e dove questo passa sotto silenzio, è un mondo brutalmente imperfetto. -39 lo scrivono sulla maglia esseri piccoli e insignificanti. Ma poiché quelle erano persone e non numeri, erano strade, percorsi, emozioni e sentimenti interrotti sulla via di un sogno, ecco i loro nomi, uno per uno. (Omissis nomi delle 39 vittime) Ognuno di loro merita rispetto. Ognuno di quelli che non glielo porta deve essere punito da chi ne ha il potere, perché se così non è, chi espone un -39 e chi non lo punisce finiscono sullo stesso piano. Con la speranza che questo monito venga accolto, il popolo bianconero vi rende onore, vi ricorda e vi continuerà a difendere. Voi tappatevi le orecchie e aprite il cuore, e godetevi la Juve da lassù. In memoriam.

29 maggio 2013

Fonte: Tuttojuve.com

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Trentanove

di Antonio Corsa

Il 29 maggio 1985 dovevo ancora compiere 5 anni. Non ho ricordi di quella serata, né diretti, né indiretti. La mia famiglia è juventina da generazioni: nonno, padre, zii, cugini. Un feudo. Immagino fossero tutti riuniti, da buoni terroni, davanti alla tv, pronti a festeggiare la squadra che, prima di tutte, si apprestava a conquistare tutte e tre le coppe continentali. Non ho ricordi, dicevo, e non ho mai sentito parlare nessuno di loro di quella sera. E’ come se non fosse mai esistita. Quella Coppa non conta, non è celebrata, non è nemmeno raccontata. Storie su Bettega, Scirea, Anastasi, e Furino ? Centinaia, al posto delle favole della buonanotte. Dell’Heysel invece niente. Pura autodifesa, per non dover più pensare all’orrore provato. Crescendo, ho letto tutto di quella tragedia: libri, approfondimenti, testimonianze. Non avevo però mai davvero vissuto le emozioni di quella sera. Non finché un giorno, in radio con Annamaria Licata e gli amici di RadioJuveWeb, non intervenne telefonicamente Iuliana Bodnari del Comitato Heysel Reggio Emilia a raccontare lo strazio della mamma di Claudio Zavaroni, una delle vittime. E’ allora che, più di tutti i libri letti, ho iniziato davvero ad associare la parola Heysel ad una sensazione, tangibile, di dolore. Claudio è uno dei 39. Non era lì in quanto tifoso. Faceva il fotografo: era andato a Bruxelles su invito di un amico per godersi lo spettacolo sportivo, con l’inseparabile macchina fotografica al seguito. Già, perché non tutti erano tifosi, quel giorno. Non tutte le vittime erano italiane, e tra gli italiani non tutti erano juventini. C’era anche chi era lì con amici, senza sciarpe al collo, semplicemente perché era bello esserci. C’erano bambini. Uno, il piccolo Andrea Casula, di 11 anni, non è più tornato. Dico questo perché insultare il ricordo di queste persone, oltre che inumano, è anche profondamente stupido: anche nella logica malata dello sfottò tra tifoserie rivali, non si trattava nella maggior parte dei casi di ultras "nemici". Era gente comune, in trasferta, andata lì per festeggiare: persone che non avevano fatto male ad una mosca e che non meritavano di morire. Claudio avrebbe compiuto 29 anni qualche giorno dopo. Era nell’elenco dei "dispersi", quello di chi non aveva contattato i familiari ma che non risultava in nessun ospedale locale e il cui corpo non era stato identificato tra i cadaveri. Fino al giovedì sera mancava all’appello anche un altro ragazzo di Campegine, poi rientrato. La speranza c’era ancora, mista al terrore. Provate per un secondo ad immedesimarvi nei genitori, in quegli attimi. Infiniti. Fino alle 12.30 del venerdì, quando prima il console italiano a Bruxelles e poi dalla prefettura avvisarono ufficialmente la famiglia. Da quel momento la madre, la signora Adele, è una persona, ripete Iuliana, distrutta. "Morta". Ecco, l’Heysel l’ho vissuto così, da adulto, nelle emozioni e nelle parole proprio di gente come Iuliana. L’ho vissuta con i messaggi carichi di gioia ed emoticons che mi scrisse su Facebook subito dopo l’inaugurazione dello Juventus Stadium, con la parte di spettacolo dedicato alla memoria dei 39. Sapevo già della sorpresa, sapevo tutto, nei dettagli. Le dissi, prima dell’inizio, di guardare in alto, che avrebbero fatto volare qualcosa, che le sarebbe piaciuto, che "finalmente". L’Heysel l’ho vissuto in silenzio, dietro le quinte, quando mi hanno raccontato delle lettere inviate dalla Juventus ai parenti delle vittime, dopo un silenzio durato troppo a lungo e senza giustificazioni. E della reazione di alcuni di loro, diverse, umane. Emozioni. Vive. L'ho vissuto quando si è scelto di intitolare una via di Torino alle vittime di quella giornata infame: ne ho vissuto tutti i passaggi grazie ad Annamaria e a Iuliana, attive in prima persona. L'ho vissuto tramite loro, le loro emozioni. E, anche se non ero fisicamente presente, ricordo le parole della signora Scirea quando andò a Reggio Emilia dal Comitato, così come quelle di Annamaria che lesse la lettera del Presidente Agnelli. Lo vivo purtroppo anche ora che vorrebbero abbattere quello stadio e farne uno nuovo, cancellando tutto. E’ questo il mio Heysel. Sono le persone che ho conosciuto, i sentimenti, la gioia, la rabbia, il dolore. Le tappe di riavvicinamento, i tentativi, i rifiuti, la speranza. E’ quel racconto di Iuliana in radio che testimoniava il dolore della madre. Sono le parole di Caremani, Targia, Laudadio, Franzo ecc... e dei tanti che da allora non smettono di raccontare quanto vissuto. E' il ricordo anche di Giuseppe, che non conoscevo, ma che vi invito a leggere, perché oltre ai 39 c'è tanta altra gente che ha portato e porta ancora i segni di quella tragedia. Sono loro la testimonianza di quel giorno che, da trentenne, mi ha devastato come se l'avessi vissuto allora. Ci vuole poco, a volte. Un mazzo di fiori, una lettera, un ricordo, due parole di conforto su Facebook. Non basta, ma aiuta. Ma ci vuole pure poco, però, per fare del male, tanto, di nuovo, come la prima volta. Un coro, una foto, un insulto. Rendetevi conto di cosa provocate in queste persone voi che, spesso senza neanche immaginarvelo, siete uguali a quei tifosi del Liverpool, se non peggio. E se ne renda conto chi non stigmatizza certi comportamenti, chi non li censura, chi si gira dall'altra parte. Non ho molto altro da scrivere, su quel giorno. C'è chi l'ha già fatto, meglio di me. Non posso portarvi la mia testimonianza diretta. Resta un abbraccio, virtuale, per chi di quel giorno ha paura, per chi non lo racconta, per chi si è allontanato da allora dal calcio, per chi c’era e per chi non c’è più. Comunque l’abbiate vissuta, l’augurio di superare questo giorno triste e di dolore. A Rocco, Bruno, Alfons, Giancarlo, al piccolo Andrea e a papà Giovanni, a Nino, Willy, Giuseppina (17 anni), Dirk, Dionisio, Jacques, Eugenio, Francesco, Giancarlo, Alberto, Giovacchino, Roberto, Barbara, Franco, Loris, Gianni, Sergio, Luciano, Luigi, Benito, Patrick, Domenico, Antonio, Claude, Mario, Domenico, Tarcisio, Gianfranco, Giuseppe, Mario, Tarcisio, Jean Michel e Claudio: che possiate riposare in pace.

P.S. Il 1 giugno a Reggio Emilia, se potete, portate un fiore. Qui per tutte le info.

29 maggio 2013

Fonte: Juventibus.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

28 anni fa l’Heysel, una ferita che non si chiude mai

"Sono passati 28 anni, ma ancora oggi, ripensare a quella notte lascia sgomenti. Ancora quasi non si riesce a credere che sia potuto accadere davvero, perché una simile follia è tanto assurda e crudele da sembrare irreale. Il 29 maggio 1985, 39 persone innocenti perdevano la vita allo stadio Heysel di Bruxelles. Si doveva giocare la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, ma quella che doveva essere una serata di gioia e di sport, improvvisamente si trasformava in un incubo".

Così la Juventus ricorda, oggi, una strage che non smette di fare sanguinare i cuori di ogni tifoso bianconero. 28 anni fa una festa si tramutava in tragedia: causa una disorganizzazione abissale, molti tifosi bianconeri si trovarono in un luogo diverso da quello dove sarebbero dovuti stare: il famigerato settore Z. Il resto è storia che purtroppo tutti conoscono: l’aggressione degli Hooligans del Liverpool, l’ammassamento dei bianconeri che volevano scappare, il crollo di parte dello stadio. E i morti. Tanti. Troppi. 39. Negli anni la strage dell’Heysel non fu purtroppo isolata: di morti dovute ad aggressioni di tifosi, di morti schiacciati nella ressa, si sono negli anni riempite le cronache dei giornali sportivi di mezzo mondo. Dopo l’Heysel le squadre inglesi furono squalificate, poi riammesse, alle coppe europee. E non mancò il codazzo, che purtroppo continua ancora oggi, di macabri sfottò alla memoria degli scomparsi. Ma si sa, il rispetto non entra nelle curve, di qualsiasi colore. Resta, di quella terribile giornata, una targa commemorativa. Un settore dello stadio, diventato Re Baldovino, che non fu mai ricostruito. Ma resta soprattutto il ricordo di chi si è salvato dall’Heysel e non è mai voluto tornare in uno stadio. O anche soltanto di chi vide quei momenti devastanti in televisione, e ancora oggi non capisce come tutto quello che successe quella sera, compreso se vogliamo lo svolgimento della partita, sia davvero potuto succedere. (La redazione di Mole24)

29 maggio 2013

Fonte: Mole24.it

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

In memoria dell’Heysel

di Ancarot

Sulla pagina del suo sito ufficiale, oggi il Liverpool ricorda la tragedia dell’Heysel, 39 persone che persero la vita il 29 maggio del 1985 nello stadio di Bruxelles, tra cui un bambino di 11 anni, aspettando la finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool. Una data che segna un prima e un dopo nel calcio internazionale, una ferita aperta, apertissima, una notte che non esce dalla testa di chi c’era e di chi l’ha vissuta davanti alla tv. Il Liverpool ne parla oggi con profondo rispetto per le vittime, con le parole misurate e sincere, di Ian Ayre, il suo managing director. Che ha deposto una corona di fiori accanto alla targa commemorativa presente ad Anfield Road e ha disposto che le bandiere del club siano a mezz’asta per l’intero giorno. "Siamo qui per mostrare il nostro rispetto per i tifosi che hanno perso la vita all'Heysel. È un giorno molto importante per il club. Nessuna società di calcio più del Liverpool sa quanto sia importante mostrare rispetto per le persone che perdono la vita tragicamente in una partita di calcio. Siamo profondamente coinvolti nella tragedia di Hillsborough, ma non meno in quella dell’Heysel. Il club è stato benedetto, in un certo senso, dalle tante persone nel mondo che hanno dimostrato il loro rispetto al Liverpool per quanto accadde a Hillsborough e giustamente facciamo lo stesso qui per la tragedia di Heysel". Il messaggio sul sito si conclude con i nomi delle 39 vittime dell’Heysel, preceduto dalle parole "in memoria e amicizia", in inglese e in italiano. E dopo il R.I.P. il motto del club, you’ll never walk alone, non camminerete mai da soli.

29 maggio 2013

Fonte: Ilpuliciclone.wordpress.com

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

  Heysel - La rabbia che non andrà via mai

di Alessandro Bazzanella

Io non c’ero 28 anni fa. E forse è vero quello che mi sento dire da chi quel 29 maggio 1985 se lo ricorda benissimo: non ho visto in diretta tv il massacro dell’Heysel, non ho visto quella partita con un misto di gioia e dolore, non ho vissuto il dramma di quella serata sulla mia pelle. "Non puoi capire". Già. Però riesco ad immaginarlo benissimo. Riesco ad immaginare alla perfezione lo stato d’animo di Giuseppina Conti, Giancarlo Gonnelli (N.D.R Giancarlo aveva 46 anni, la giovane età riportata su molte pagine web è sbagliata.) ed Alberto Guarini, che all’epoca avevano tra i 17 e i 21 anni, più o meno la mia età. Riesco ad immaginare esattamente quel sentimento di amore folle che provavano per i colori bianconeri, quella passione che non è fatta solo di amore per la squadra, ma anche dal travolgente entusiasmo tipico della nostra età. Quel sentimento che gli altri non possono capire. Quel sentimento che è anche rischioso, perché in alcune circostanze può trasformarsi in violenza ingiustificata e ferocia. Tra gli animali che hanno schiacciato ed ammazzato Giuseppina, Giancarlo ed Alberto, sono sicuro, ci saranno stati altri giovani della loro età, che per colpa di quello stesso entusiasmo non si rendevano conto di ciò che facevano, perché erano trascinati da persone (chiamiamole persone, non entriamo nel volgare) che invece sapevano benissimo che stavano massacrando 39 angeli innocenti. Quando penso alla strage dell’Heysel non solo mi viene una grande tristezza, com’è normale che sia, ma provo anche una terribile rabbia. La rabbia per quelle persone massacrate, che avevano come unica colpa l’amare i colori bianconeri. Ma anche la rabbia nei confronti di quelle bestie che hanno schiacciato quei 39 angeli senza pietà. E quando nel 2005 i tifosi del Liverpool hanno esposto gli striscioni in segno di amicizia nei confronti dei tifosi juventini mi è venuto quasi da ridere. Amicizia ? Come può solo per un attimo passarti per la testa, caro mio tifoso red, che io possa essere tuo amico dopo che i miei fratelli sono stati uccisi e massacrati dai tuoi ? Come dici ? Cosa c'entri tu ? Non c’è legame tra te e quegli hooligans ? Mi fa piacere che finalmente la violenza sia uscita dagli stadi inglesi (anzi, noi italiani dovremmo imparare), sono felice che voi siate maturati. Ma mi dispiace, il legame col passato c’è ! Ed è lo stesso maledettissimo legame che mi lega a Giuseppina, Giancarlo ed Alberto ! 28 anni dopo, la rabbia ribolle ancora ! E continuerà a farlo ! Fino a quando Giuseppina, Giancarlo ed Andrea non troveranno giustizia ? No, certo che no. Pensare così significherebbe proprio oltrepassare il confine della passione e sfociare nella violenza ingiustificata di cui si parlava prima. E per quello vanno condannati anche i tifosi bianconeri che sempre nel 2005 a Torino hanno reagito con spranghe e bastoni. Perché la violenza non può essere una soluzione, perché Giuseppina, Giancarlo ed Andrea non troveranno mai pace, qualsiasi cosa succeda ! Quei ragazzi sono morti a vent’anni mentre seguivano il loro grande amore, la loro grande passione e nulla al mondo non potrà far avere loro giustizia ! Rabbia ed odio, è vero, non hanno nulla a che fare con lo sport. Ma è altrettanto vero che qui non si tratta di sport, quel legame che ci lega a Giuseppina Conti, Giancarlo Gonnelli ed Alberto Guarini è più forte, è quasi fratellanza. E finché rimarrà il ricordo di quei ragazzi, rimarrà anche la rabbia per una vita stroncata troppo in fretta, solo perché loro, esattamente come me, amavano alla follia quei colori. Ma in fondo cosa posso saperne io ? Io non c’ero.

39 angeli sempre nel cuore

29 maggio 2013

Fonte: Spaziojuve.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

L’assurda tragedia dell’Heysel

di Mario Bocchio

TORINO 30 mag (Però Torino) - La Juventus non dimentica. Esattamente 28 anni fa, allo stadio Heysel di Bruxelles, 39 persone perdevano la vita. Una tragedia che il club bianconero ieri ha voluto ricordare, nella speranza che una follia simile non accada più. "Sono passati 28 anni, ma ancora oggi, ripensare a quella notte lascia sgomenti. Ancora quasi non si riesce a credere che sia potuto accadere davvero, perché una simile follia è tanto assurda e crudele da sembrare irreale. Il 29 maggio 1985, 39 persone innocenti persero la vita allo stadio Heysel di Bruxelles. Si doveva giocare la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, ma quella che avrebbe dovuto essere una serata di gioia e di sport, improvvisamente si trasformò in un incubo. Da allora, il 29 maggio può solo essere un momento di dolore, di silenzio, di riflessione. La tragedia dell'Heysel e le sue vittime non saranno mai dimenticate: per ognuna di loro è stata posizionata una stella nello Juventus Stadium, una parte del J-Museum è loro dedicata e i famigliari possono accedervi in qualsiasi momento. Ma questi piccoli gesti non nascono solo dal desiderio di onorare la loro memoria. Vogliono essere un monito, per tutti. Perché ognuno di noi ha il dovere di ricordare. Perché una simile follia non dovrà più accadere. Mai più". Ma intanto restano ancora avvolte dal mistero (o dall'omertà ?) le verità, ovvero le responsabilità autentiche. Partiamo col dire che fu "una strage annunciata" come la definisce Francesco Caremani nel suo libro. Quella dell'Heysel - Bruxelles, 29 maggio 1985, quando, prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, morirono 39 tifosi italiani attaccati dagli hooligans inglesi - è una vicenda esemplare ed emblematica. Una storia che però si è cercato di dimenticare in fretta, forse anche perché pesava come un macigno sulla coscienza di coloro che, nonostante si sapesse quanto era accaduto, decisero di giocare comunque la partita. Esultando, alla fine, per la vittoria della Coppa da parte della squadra bianconera e festeggiando il risultato con i cadaveri dei tifosi ancora caldi. Per non parlare di quelli che, anti juventini nel midollo, gioirono per quei morti. Ma davvero con queste cose lo sport non ha nulla a che vedere. Capiamo anche che per molti l'Heysel sia ormai una tragedia lontana dai cuori e dalle menti, ma ci sono drammi che non dovrebbero essere mai dimenticati, perché dietro a ogni dramma c'è una persona e il rispetto per la sua vita, per il suo essere stato in vita. Rispetto che, nel caso dell'Heysel, è parso essere stato negato. Una delle questioni aperte e più controverse è quella relativa all'opportunità di far giocare la partita dopo quanto era successo. Sappiamo che l'allora presidente del consiglio italiano, Bettino Craxi, non voleva farla disputare, ma che il ministro belga oppose motivi di ordine pubblico. Craxi, a sua volta, opponeva le ragioni di ordine morale. Col senno di poi, forse, la celebrazione, fino in fondo, del rito sportivo, rappresentò il male minore: se i giocatori avessero abbandonato lo stadio senza giocare, la tragedia avrebbe potuto essere ancora più grande. "Giochiamo per voi, giochiamo perché ci hanno chiesto di farlo", disse rivolto ai tifosi Gaetano Scirea. E pare che furono le autorità e il delegato Uefa a insistere affinché i giocatori, al termine della partita, si recassero sotto la curva dei loro tifosi per "festeggiare". Insomma, una commedia portata avanti per necessità, a denti stretti e con prova di professionismo da parte degli atleti bianconeri. Eppure davvero fu dissonante l'esultanza di questi ultimi dopo la vittoria, come sembrarono fuori luogo le parole di Bruno Pizzul il quale, al termine di una faticosissima telecronaca, disse che il significato sportivo della gara era riuscito, per qualche minuto, a far dimenticare la tragedia. Ma quale significato sportivo ?, ci chiediamo ancora oggi.

30 Maggio 2013

Fonte: Perotorino.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Non dimenticare le 39 vittime dell'Heysel

di Noemi Campegiani

Doveroso ricordo alle vite perse di quella maledetta sera.

Eccoci nuovamente a celebrare una delle date che più rimarranno impresse nelle menti e nei cuori di tutti gli sportivi italiani e del mondo. Non può essere marchiato dal colore di bandiere questo ricordo. E' il ricordo di tutti, di tutti coloro che hanno sofferto nel momento in cui sono venuti a conoscenza di quanto accaduto in quell'infausta sera del 29 Maggio del 1985. E' il ricordo di quelle trentanove vittime che ancora chiedono giustizia per quanto accaduto, che ancora si domandano assieme ad amici e familiari il perché di una morte così inutile e ingiusta. E' il ricordo di chi ha vissuto il dramma da pochi metri lì dal vivo mentre impotente guarda manifestarsi una tragedia che ha stroncato vite umane. E' il ricordo di chi, pur essendo nato tempo dopo il fatto, si sente legato ad ognuna di quelle trentanove anime troppo presto andate via da questa terra. Erano lì in migliaia tutti per un unico obiettivo, il divertimento, godere della bellezza pura che solo il calcio può regalare e che solo una finale di Coppa dei campioni sa rendere ancor più speciale. Erano lì per essere inebriati dalla bravura delle due squadre in campo e per vivere un momento storico per loro e per il calcio mondiale. Invece no, non gli è stato permesso. E' stato invece possibile che accadesse l'impensabile, quello che non dovrebbe mai nemmeno rientrare nell'immaginario collettivo soprattutto quando si tratta di sport, da sempre una di quelle cose che più servono alla vita di ognuno di noi per rimarcare valori e principi di vita. Cercare colpe, additare responsabilità e sottolineare comportamenti sbagliati non servirà in nessun modo a riavvolgere il filo del tempo e cambiare le cose salvando la vita a molti, evitando la tragedia. Tutti hanno agito nel modo che più hanno ritenuto giusto, pur sapendo le conseguenze che le proprie azioni avrebbero inevitabilmente avuto. Segno di inciviltà solo così si può tentare di appellare quanto accaduto allo stadio dell'Heysel dove invece di andare in scena una reale finale di Coppa dei campioni è stato trasmesso al mondo l'assassinio di trentanove anime innocenti. Nessuno mai dimenticherà, tutti dovranno sempre portare testimonianza dello scempio verificatosi e portare la speranza nel cuore che non si ripeta mai più che un evento sportivo si tramuti in una tragedia tale. Che riposino in pace tutti gli angeli saliti al cielo quel giorno, che dormano con il rimorso nel cuore tutti coloro che in parte si sentono colpevoli di quanto avvenuto.

30 maggio 2013

Fonte: Forzajuve.globalist.it 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Quel silenzio assordante e quel rispetto negato

di Enrico Danna

Nessun accenno, nessuno ricordo, sulle principali emittenti nazionali, di quanto accadde il 29/5/1985.

Ventotto anni fa, come tutti sappiamo, si consumava una delle più tristi tragedie che abbiano mai colpito il mondo dello sport, e del calcio in particolare. La vicenda dell'Heysel è nota a tutti e quei 39 angeli che in quella maledetta serata persero la vita, sono nel cuore e nella memoria non solo di ogni tifoso bianconero ma di ogni persona che, al di là della fede calcistica, viva la propria esistenza nel rispetto reciproco, nella buona educazione e con un minimo di sentimento nell'anima. Come ben sappiamo, la memoria del 29/5/1985 viene, da 28 anni a questa parte, costantemente oltraggiata dal comportamento di quasi tutte le tifoserie avversarie, che considerare ripugnante e riprovevole, è a dir poco limitativo. Cori beceri ed irripetibili, striscioni o semplici scritte di parole che sono più assordanti delle bestemmie. E' come se ogni settimana, le lapidi di quelle povere vittime, venissero profanate, depredate e sottoposte alle più atroci barbarie, senza che nessuno prenda provvedimenti. Già, perché tocca anche rimarcare come, questi gesti vergognosi, passino sempre sotto il silenzio più totale del giudice sportivo. Il rumore viene calamitato da altre tipologie di cori o scritte: evidentemente esiste una concezione di rispetto e tolleranza di serie "A" e uno di serie "B". Non ci aspettavamo nulla, oggi, ma sicuramente ha lasciato perplessi la scelta della Rai di mandare in onda, proprio in questa serata, la fiction sulla storia del "Grande Torino". Premesso che si è trattato di una ricostruzione sicuramente fatta bene e molto suggestiva di un evento tragico che ha colpito l'altra parte di Torino, il tifoso juventino si chiede perché tale fiction non sia stata mandata in onda il 4 maggio, giorno della commemorazione di tale funesta ricorrenza. Il tifoso della Vecchia Signora si chiede anche e soprattutto il perché, su nessuna rete, sia stata fatta una benché minima menzione a quanto accaduto in Belgio ventotto anni fa. Forse che quei 39 angeli non siano considerati degni anche di un solo minuto di ricordo, commozione e riflessione ? Se questa tragedia avesse riguardato qualche altra tifoseria, magari più vicina alle sponde del Tevere o dei Navigli, avrebbe avuto la stessa, nulla, considerazione ? Visto che dopo la fiction è andata in onda la solita, tediosa e ripetitiva puntata di "Porta a Porta", non poteva il buon Vespa (che tra l'altro si definisce pure tifoso bianconero), proporre una trasmissione incentrata sul ricordo di quanto accaduto durante quella serata terribile, invece della solita zuppa di politici e politicanti di sorta ? E' così difficile pensare, per una sera almeno, di vivere in un Paese civile ? A quanto pare non è solo difficile, ma impossibile. Un'ultima considerazione per quei tifosi di altre bandiere che proprio non vogliono capire: non c'è nessuno juventino che quella sera ha, simbolicamente alzato quella Coppa, semplicemente perché quella Coppa era intrisa del sangue di 39 persone che persero la vita per seguire la propria passione, l'amore per la propria squadra e i propri colori. Chiediamo solo un po' di civiltà e di rispetto anche per loro. E' forse chiedere troppo ?

30 Maggio 2013

Fonte: Tuttojuve.com 

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Un ricordo fine a se stesso

di Giuseppe Simone

Heysel. Che dire ? Un ricordo sconvolgente. Un abbraccio va a tutte le famiglie delle vittime dell'Heysel, ma lasciatemi spendere una parola in più per Andrea Casùla. Non si può morire in uno stadio, non si può morire schiacciati da tanta violenza, non si può morire per la negligenza di un Paese intero. Ma non si può morire, per tutto questo, a 11 anni. Un giorno, forse, potremo ricordare Andrea e gli altri con meno dolore, se quella lezione sarà servita a qualcosa. Per ora, dopo "solo" 28 anni, non è così. E non parlo esclusivamente di volgari magliette indossate e cori orrendi intonati da parte delle tifoserie avversarie. Parlo anche dei nostri tifosi che, con "una mano" tengono lo striscione "39 angeli sempre presenti", e con "l'altra" lanciano mattonelle di ceramica verso altre persone sconosciute, avversari forse, ma che potrebbero chiamarsi Rocco, Bruno, Alfòns... Qual è la differenza tra il gemellaggio proposto ai tifosi "Reds" di Liverpool e gli "inni" alla lava purificatrice del Vesuvio, alla forza mortale dell'Arno, alla collina di Superga ? Andrea Pirlo, che nella sua autobiografia ho scoperto essere uno che non le manda a dire, scrive: "Se saltelli muore Balotelli" è un coro insopportabile, che purtroppo ho sentito anche allo Juventus Stadium...". Gli insulti al giocatore del Milan non saranno razzisti, ma cosa li differenzia da quelli che deridono "il volo di Pessotto" ? La lezione dell'Heysel deve essere chiara prima di tutto a noi juventini; questo è il primo vero passo verso la civilizzazione ed umanizzazione del nostro tifo, del nostro vivere lo stadio. Se non è chiaro prima a noi, non possiamo ergerci a difensori della memoria delle 39 vittime dell'eccidio di Bruxelles. Ventotto anni potrebbero essere passati invano anche per noi.

30 Maggio 2013

Fonte: Juventinovero.com

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

Juventus, 28 anni dopo la tragedia dell’Heysel

di Salvino Cavallaro

Quando si parla di "Memoria", si pensa sempre a un qualcosa legato a fatti tragicamente accaduti, da ricordare con rispetto e immortalare nella storia. La tragedia avvenuta il 29 maggio 1985 nello stadio Heysel di Bruxelles, in cui 39 persone innocenti persero la vita durante l’attesa della finale di Coppa dei Campioni Juventus - Liverpool, ha ancora oggi dell’incredibile. Una serata di gioia che, all’improvviso, si trasforma in tragedia da incubo. Da allora, questa giornata dell’anno rappresenta non solo per la Juventus e per tutti i suoi sostenitori, un momento di rispettoso silenzio e di riflessione che investe tutto il mondo del calcio. Perdere la vita in maniera così assurda, nell’aver voluto seguire la propria passione calcistica al di là di ogni ostacolo e per urlare "Forza Juve" o "Forza Liverpool", non ha senso alcuno. Una prassi settimanale, quasi un rito, che è spesso radicato in milioni di tifosi di tutto il mondo i quali si avventurano con ardore in viaggi anche lunghi per poter seguire la propria squadra del cuore. Un panino, una birra o una coca cola, la sciarpa al collo con i colori simboleggianti la propria passione calcistica, il viaggio in pullman, in treno o in aereo, e poi via, all’avventura, verso quello stadio che sarà teatro di football con in campo i propri beniamini. Ma, in quella notte fatidica, per alcuni di loro non ci fu nemmeno il tempo di vedere scendere in campo i campioni del cuore. Infatti, in poco tempo, si scatenò il finimondo per il crollo della curva del settore Z dello stadio Heysel occupato dai tifosi italiani, che vennero invasi dagli hooligan inglesi. I tifosi, accesi da un’assurda voglia di guerriglia, entrarono in conflitto tra loro, causando la morte di tanti innocenti. (N.D.R. Grossolanamente e assolutamente falso: non vi fu nessuno scontro fra tifoserie, ma un'aggressione barbarica di una sola tifoseria verso altri spettatori inoffensivi ed inermi !) E’ una pagina d’orrore che il mondo del calcio ricorda con sdegno, nella speranza che certe brutture provocate dalla parte più squallida dell’umanità non debbano mai più ripetersi. Come dicevamo, 39 furono le vittime, dei quali 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi e 1 irlandese. Tuttavia, riteniamo che non abbia alcuna importanza ricordare la nazionalità dei morti, se non per un puro e semplice dato statistico. Ricordare invece quel maledetto giorno, ci deve far riflettere sulla passione pallonara che non può e non deve confondersi con l’odio tra razze e popoli. L’Heysel deve insegnarci che l’ardire della propria passione calcistica deve educarci al rispetto della passione altrui, anche se non condivisa. L’uomo per sua natura entra spesso in conflitto con i suoi simili, ma il cervello deve sempre avere la priorità sull’istinto brutale. Altrimenti, che uomini siamo ?

30 maggio 2013

Fonte: Ilcalcio24.it

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2013 

www.saladellamemoriaheysel.it  Domenico Laudadio  ©  Copyrights  22.02.2009  (All rights reserved)