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ARTICOLI
STAMPA
HEYSEL 2025
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Juve, Boniek:
"Nella finale dell’Heysel c’era un atmosfera
surreale"
di Stefania Palminteri
Intervistato
per La Gazzetta dello Sport, Zibi Boniek è
ritornato a parlare della finale di Champions
League disputata dalla Juventus allo stadio
Heysel. Ecco cosa ha detto: "Abbiamo dovuto
giocare una partita per consentire la
riorganizzazione della sicurezza intorno allo
stadio. Non volevamo farlo. In queste
situazioni, se vinci sei stato cinico, se perdi
non hai rispettato le vittime. L’atmosfera era
irreale. Quando la palla usciva, c’erano
poliziotti con i cani in campo, una tribuna era
crollata. Ma abbiamo giocato tutti e 22 senza
alcun accordo, ognuno con i propri sentimenti,
cercando di vincere. Quella è una partita di cui
nessuno può andare orgoglioso e mi ha lasciato
un enorme dolore per la tragica morte di 39
persone, ma anche un grande dispiacere dal punto
di vista sportivo perché io volevo vincere, in
una gara normale, quella Coppa dei Campioni ed
esserne fiero".
Boniek: "Donato il mio premio alle
famiglie delle vittime" - L’ex
calciatore dei bianconeri ha proseguito: "Quella
fu la mia ultima partita con la Juve, sono
andato in aereo privato in Albania per
raggiungere la nazionale polacca che stava
giocando le qualificazioni per i Mondiali. Non
voglio criticare gli altri che alzarono la
Coppa, ricordo solo che ho donato tutto il mio
sostanzioso premio per la vittoria alle famiglie
delle vittime".
Fonte:
Juvenews.eu
© 16 gennaio 2025
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Teatro
Rostocco di Acerra, la stagione si apre con
"Dentro l’Heysel"
Sabato 25
gennaio e domenica 26 lo spettacolo di Emilio
Targia, caporedattore a Radio Radicale, con le
musiche dal vivo di Gianluca Casadei.
S'inaugura
sabato 25 gennaio la stagione 2025 del Teatro Rostocco di Acerra (Corso Italia, 124) con
l'anteprima nazionale di "Dentro l’Heysel". Lo
spettacolo di Emilio Targia, caporedattore a
Radio Radicale, con le musiche dal vivo di
Gianluca Casadei - musicista, tra gli altri, di
Ascanio Celestini - arriva nel quarantennale dai
tragici eventi di quel 29 maggio all'Heysel: uno
spettacolo di teatro-narrazione (di scena sabato
alle ore 20:30 e in replica domenica 26 alle ore
18) in cui cronaca ed esperienza personale si
mescolano e diventano un'occasione drammaturgica
per lasciare un'ulteriore testimonianza e
risvegliare la memoria collettiva. Il racconto
di un viaggio da sogno verso la finale di Coppa
dei Campioni del 1985 tra Liverpool e Juventus
che si tramuta irrimediabilmente in un incubo.
Lo spettacolo non è altro che la naturale
prosecuzione di un lavoro iniziato nel 2015 con
la pubblicazione del libro "Quella notte
all’Heysel", a cui ha fatto seguito il podcast
"Dentro l’Heysel" del 2024 edito da Mondadori
studios. Questo primo appuntamento si inserisce
in un più ampio cartellone che contempla
spettacoli di ogni tipo, anche per i più
giovani. "Le contaminazioni, quelle sane, sono
punti di intersezione, di connessione tra anime,
artisti, uomini e donne - spiega il direttore
artistico Ferdinando Smaldone. Collegamenti,
come le linee di una metropolitana e i punti di
intersezione, le stazioni, dove le persone si
possono incontrare per contaminarsi. Principi di
collaborazione, scambio di regie, attori che si
confrontano e lavorano con e per altri registi.
Testi letti, pensati e proposti in base al
fattore umano che abita lo spazio. In altre
parole, la cultura è uno dei pochi beni che, se
diviso, si moltiplica. Con un effetto
contaminante".
Fonte:
Napoli.corriere.it © 24 gennaio 2025
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Domenica In,
Donatella Rettore e l'Heysel: "La Juve non si è
fermata"
La cantante e
il paragone tra la morte di Luigi Tenco nel
Sanremo 1967 e la strage avvenuta a Bruxelles,
prima della finale di Coppa dei Campioni 1985.
Gaffe
per Donatella Rettore nella puntata di Domenica
In di oggi, domenica 2 febbraio. In una fase
della trasmissione di Mara Venier in cui si
stava parlando di Sanremo e della morte di Luigi
Tenco durante l'edizione del Festival 1967,
circostanza che non vide lo stop della rassegna,
la cantante è intervenuta tirando in ballo un
paragone calcistico. Rettore ha citato la strage
dell'Heysel, avvenuta a Bruxelles il 29 maggio
1985 prima della finale di Coppa dei Campioni di
quell'anno.
LE PAROLE DI RETTORE -
All'Heysel, prima della finale di Coppa dei
Campioni del 1985 morirono 39 persone, di cui 32
italiane, e ne rimasero ferite oltre 600.
Rettore, confondendo i numeri della tragedia, ne
ha però parlato così in diretta: "La Juventus,
all'Heysel, non si è fermata con centinaia di
migliaia di morti...". La cantante è stata poi
interrotta dal giornalista Marino Bartoletti:
"Io ero lì e non si fermò per questioni di
ordine pubblico. Se non si fosse giocata quella
partita, si ammazzavano altre 20-30 persone. Un
discorso completamente diverso".
Fonte:
Adnkronos ©
2 Febbraio 2025
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Scritte a
vernice rossa sulla scritta "Fino alla fine"
(ANSA) - TORINO, 21 FEB - Un murale caro ai
tifosi della Juventus, con l'enorme scritta del
motto bianconero "Fino alla fine", nella zona di
Parco Dora a Torino è stato imbrattato,
utilizzando vernice rossa, con insulti, frasi
ingiuriose e riferimenti alla tragedia del
maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles,
quando 39 tifosi juventini morirono nella calca
per i disordini provocati dagli hooligans del
Liverpool nella serata della finale di Coppa dei
Campioni. A documentarlo, sui social
l'associazione Quelli di ... Via Filadelfia",
che "si prefigge lo scopo ,di preservare la
Storia e la Memoria del tifo Juventino della
Curva Filadelfia e 'laddove se ne intravveda una
sua continuità, nel contesto dell'attuale
tifoseria-. Sotto la foto, che in breve tempo ha
già raccolto numerosi commenti, l'amministratore
del gruppo ha pubblicato le frasi: "Da sempre
abituati al confronto tra uomini, restiamo
basiti davanti alla viltà di tali gesti.
Lasciamo in pace i morti, affrontate i vivi.
+39".
Fonte: ANSA
© 21 febbraio 2025
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Vandalizzato
il murales di Parco Dora sulla Juve:
pesanti offese
alle vittime dell'Heysel
di Massimo De
Marzi e Philippe Versienti
La denuncia dell'associazione "Quelli di
via Filadelfia" attraverso Beppe Franzo:
"Lasciamo in pace i morti".
Da
sempre l'Italia del pallone è divisa tra
juventini e antijuventini. Il secondo partito
negli ultimi giorni ha avuto validi argomenti
per prendere in giro la Vecchia Signora, dopo la
figuraccia in Olanda che è costata
l'eliminazione della squadra di Thiago Motta
dalla Champions League.
Vandalizzato il murale di Parco Dora
-
Gli sfottò e l'ironia l'hanno fatta da padrone
tra i social e nei vari gruppi whatsapp, ma fino
a che non si supera il limite del buon gusto
tutto va compreso e accettato. Quando invece si
scende negli insulti più pesanti e, soprattutto,
quando si diffama e si offende la memoria dei
morti non c'è alcuna giustificazione.
Così, approfittando del favore delle tenebre,
qualche buontempone (ma forse sarebbe il caso di
usare un termine più forte ma maggiormente
appropriato) ha pensato bene di andare a Parco
Dora a vandalizzare il murale bianconero che
riporta lo slogan diventato una sorta di mantra
juventino: "Fino alla fine".
Offese e
insulti per le vittime dell'Heysel -
Gli insulti e le offese alle vittime
dell'Heysel, una delle pagine più brutte della
storia del calcio, fanno parte del bagaglio del
peggior tifoso, al pari di quelli - juventini e
non solo - che vilipendono la memoria dei caduti
di Superga. Sarebbe ora che la maggioranza
silenziosa e perbene prendesse le distanze in
modo deciso e definitivo da episodi di questo
genere.
Quanto accaduto a Parco Dora è stato denunciato
dall’Associazione ‘Quelli di via Filadelfia’
attraverso Beppe Franzo: "Da sempre abituati al
confronto tra uomini, restiamo basiti davanti
alla viltà di tali gesti. Lasciamo in pace i
morti".
Fonte:
Torinoggi.it
© 21 febbraio 2025
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Parco Dora di
Torino: imbrattano il murales
con insulti
alle vittime della tragedia dell'Heysel
di Luca Ronco
La denuncia dei tifosi: "Restiamo basiti
davanti alla viltà di questi gesti".
Torino,
qualcuno ha imbrattato il murales all’ingresso
del parco Dora (corso Mortara) con il motto
della Juventus "Fino alla fine". Nei giorni
scorsi, lì sono comparsi insulti e frasi
ingiuriose sulla tragedia dello stadio Heysel di
Bruxelles, quando dove nel 1985 era in programma
la finale della Coppa dei Campioni tra la
Juventus e il Liverpool. Poco prima della gara,
trentanove persone (trentadue italiani, quattro
belgi, due francesi e un nordirlandese) morirono
in seguito ai tafferugli che si svilupparono
sugli spalti. La denuncia - L’associazione
torinese di tifosi bianconeri "Quelli di via
Filadelfia" ha condannato l’episodio sui social
network. "Restiamo basiti davanti alla viltà di
questi gesti" hanno scritto i referenti del
gruppo. Al momento, non è chiaro chi siano i
responsabili dell’imbrattamento.
Fonte:
Torinotoday.it © 22 febbraio 2025
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Bruno Pizzul e
la notte da incubo dell'Heysel: l’orrore in
diretta
di Piero Bianco
Il telecronista e il racconto della più
grande tragedia dello sport italiano. La Juve fu
al centro della sua carriera.
TORINO
- Immaginate un mondo senza cellulari in cui le
telefonate erano ancora un problema. E
immaginate uno stadio fatiscente al centro
dell'Europa, dove era in cartellone una festa
dello sport e invece improvvisamente si scatenò
l'inferno. Era il 29 maggio 1985 e a Bruno
Pizzul toccò raccontare, in diretta sulla rete
ammiraglia Rai, la più grande tragedia dello
sport italiano, quella finale di Coppa dei
Campioni fra Juve e Liverpool in programma allo
stadio Heysel di Bruxelles dove 39 tifosi
persero la vita per la furia incontrollabile
degli hooligans.
Il film dell'orrore portò nelle case degli
italiani immagini raccapriccianti ma è rimasto
indelebile quel commento sempre misurato di
Pizzul. Che poi ammise di aver vissuto
interiormente un vero incubo, la telecronaca più
difficile della sua vita: "Non sapevo quanto
davvero si sapesse in Italia dell'orrore che si
stava consumando nelle tribune, le notizie erano
frammentarie, e contrastanti, anche nella
postazione dello stadio da cui trasmettevo. Ho
pensato ai parenti dei tifosi in trasferta, a
chi non aveva notizie, non volevo allarmarli
troppo ma non era giusto nemmeno minimizzare la
tragedia che si stava compiendo". La regia
internazionale continuava a mandare in onda
scene spaventose, sembrava una guerra. Per
un'ora e mezzo, in un'altalena di informazioni
inattendibili, Bruno Pizzul dovette misurare
emozioni e aggettivi. "Ci dicono che si dovrebbe
comunque giocare, mi pare una decisione assurda
ed è chiaro che il risultato non avrebbe
comunque importanza". "Ecco Cabrini, Tardelli e
Brio, sono andati a parlare con i tifosi,
cercano di calmarli, ma è un'impresa
impossibile". Mentre la tribuna d'onore si
svuotava rapidamente (l'Avvocato Agnelli era
stato tra i rimi ad andarsene, appena informato
della tragedia), Pizzul continuava a cercare
aggettivi per spiegare l'orrore.
Infine si giocò, per ordine delle autorità
belghe. "Tifosi, giochiamo per voi", aveva
spiegato il capitano Scirea leggendo al
microfono del vecchio stadio un comunicato
ufficiale. La Juve vinse 1-0, una vittoria mai
goduta, figlia dell'orrore. E Bruno Pizzul
terminò così la sua telecronaca: "Giusto
consentire che l'uomo sportivo esulti per questo
successo che è il successo del calcio italiano,
ma l'uomo conserva l'amarezza e il dolore di una
serata resa luttuosa da quanto è successo prima
della partita". Non era tifoso juventino,
Pizzul, eppure proprio la Juve fu al centro
della sua carriera, oggetto di tanti
immaginifici racconti anche perché i giocatori
bianconeri all'epoca erano anche pilastri della
nazionale. Un sodalizio inscindibile,
Addirittura, l'esordio come telecronista fu uno
spareggio di Coppa Italia Juventus-Bologna, l’8
aprile 1970. Un segno del destino.
Fonte:
Lastampa.it
© 5 marzo 2025
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Una pausa, poi
un respiro: quando Pizzul si trovò a raccontare
la
tragedia dell'Heysel, e scrisse una pagina di
storia
di Walter
Veltroni
La voce di Bruno Pizzul, morto oggi a 86
anni, è un pezzo della nostra memoria. Non ha
potuto esultare per una vittoria ai mondiali, ma
poco conta: della sua vita - per rubare una sua
celeberrima espressione - si può dire "tutto
molto bello".
Il
capolavoro di Bruno Pizzul - morto oggi, a 86
anni - fu una cronaca che definire sportiva
sarebbe un oltraggio. Credo che quell’uomo
buono, pacato, rigoroso si sia trovato
all’improvviso di fronte a una sfida
giornalistica di dimensione spaventosa. Doveva
raccontare nel 1985 la finale di Coppa dei
Campioni tra Liverpool e Juventus, una festa del
calcio, e si trovò catapultato in una strage
orrenda. Un cambio repentino di registro
narrativo da effettuare in diretta, davanti agli
occhi di milioni di telespettatori e,
soprattutto, al cuore in affanno dei parenti di
chi con la sciarpa bianconera al collo o nel
cuore, era andato fin lì, fino a quel
ferrovecchio di stadio Heysel che si sfaldava
come il burro. Non si capiva nulla, in quei
minuti, nessuno capiva nulla. Ma Pizzul, fin dal
collegamento prepartita con Gianfranco De
Laurentiis, segnalò la gravità di quello che
stava accadendo. E quando partì la diretta fu
prudente, misurato, equilibrato. Ricordo una sua
pausa, un respiro che raccontava la difficoltà
di dire, subito dopo, che c’erano morti, tanti.
Nella storia del giornalismo televisivo, non
solo sportivo, quella telecronaca resterà. È
stata una generazione di cronisti eccezionali,
quella di Pizzul e la precedente: Rosi
nell’atletica e, con Paolo Valenti, nel
pugilato, Oddo nel tennis, Giordani nel basket,
De Zan e Martino nel ciclismo, Poltronieri
nell’automobilismo, Giubilo nell’ippica. E tanti
altri. Poi Nando Martellini, Sandro Ciotti,
Enrico Ameri… Raccontavano scegliendo le parole,
cresciuti nella radio che obbligava a "far
vedere" gli avvenimenti. Non urlavano,
descrivevano. Allora non esisteva, come oggi, il
commento tecnico e allora il telecronista
doveva, insieme, narrare e spiegare. Pizzul era
della generazione dorata, quella dell’immediato
anteguerra, a cui appartenevano Gianni Minà, il
meraviglioso Beppe Viola, Paolo Frajese e tanti
altri. Quello che è più giusto ricordare di
Pizzul e dei "suoi" coevi è la asciuttezza e la
proprietà di linguaggio, l’assenza di enfasi e
la competenza. Pizzul aveva giocato al calcio ed
era friulano, due virtù non da poco. La seconda
la condivideva con Bearzot, Zoff, tutta gente
con pochi fronzoli e con la schiena dritta.
Pizzul era così, gentile severità. Fatto sta che
la voce di Bruno Pizzul è un pezzo della nostra
memoria: certe sue espressioni, l’uso sapiente
di congiuntivo e condizionale, il modo in cui
descriveva azioni, schemi e gesti tecnici e
faceva vivere l’ambiente della partita, sono
state buone compagne di chi ama lo sport
dall’inizio degli anni Settanta fino al 2002. Ha
raccontato cinque campionati del mondo di
calcio, quattro Europei ma non ha mai potuto
celebrare una vittoria. Non ha potuto dire tre
volte "Campioni del mondo" come Nando Martellini
nel 1982 e quattro volte come fece Fabio Caressa
a Berlino nel 2006. Ma non importa. La sua voce
è restata nell’aria, ha vinto l’usura del tempo,
come il suo talento di narratore e cronista.
Della vita che Bruno Pizzul ha vissuto si
potrebbe infine dire, con le sue celeberrime
parole: "Tutto molto bello".
Fonte:
Corriere.it
© 5 marzo 2025 ©
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Quella notte
all’Heysel insieme a Pizzul
Bruno
era il ponte tra l’inferno e le famiglie. Poi la
frase che passò alla storia.
di Giuseppe Tassi
Il 29 maggio
1985 si consumava la tragedia della finale di
Coppa dei campioni tra Liverpool e Juventus.
Giuseppe Tassi era inviato a Bruxelles, prima
sugli spalti e poi nel ventre dello stadio.
Roma,
5 marzo 2025 – Non ha potuto urlare "Campioni
del mondo" come Martellini e Civoli ma la
traccia professionale e umana lasciata da Bruno
Pizzul va oltre le Coppe del mondo e gli incroci
del destino. Il gigante buono di razza furlan ha
commentato le imprese e le cadute della
nazionale italiana fra il 1986 e il 2002 e gran
parte di quel percorso l'ho compiuto accanto a
lui come inviato del Resto del Carlino. Eravamo
insieme anche nella tragica notte dell'Heysel,
il 29 maggio 1985, quando la finale di Coppa dei
campioni tra Juventus e Liverpool si trasformò
in una tragica carneficina con 39 tifosi
bianconeri morti, calpestati nella curva Zeta
mentre tentavano di sfuggire alla foga assassina
degli hooligans. Io ero sugli spalti e poi nel
ventre dello stadio per capire la portata del
dramma che si consumava, Bruno appeso al suo
microfono in balia di voci incontrollate e di
notizie sommarie, cercava di trasmettere una
sensazione di pacatezza e di normalità dentro
quel subdolo e indecifrabile inferno. Lui ex
calciatore, ex liceale di stampo classico amava
il suo sport con l'entusiasmo sincero e lirico
del poeta. Quello spettacolo di terrore che si
consumava sotto i suoi occhi era figlio della
follia ultrà e dell'inadeguatezza dello stadio
scelto dall'Uefa e del ridicolo servizio
d'ordine belga con pochi gendarmi a cavallo a
vegliare sulla sicurezza dell'evento. Alla fine,
quando tutto fu terribilmente chiaro, Pizzul
pronunciò una frase che è rimasta nella storia
di quella serata e del giornalismo: "E ora
purtroppo una notizia che debbo dare, perché è
ufficiale, viene dall’Uefa. Ci sono 36 morti…
Una cosa rabbrividente, inaudita… E per una
partita di calcio". Quella stessa gara che si
giocò in omaggio a questioni d'ordine pubblico,
quella partita che somigliava a una giostra di
fantasmi lui la commentò fino all'ultimo minuto.
Una prova di supremo equilibrio e di enorme
professionalità. Ma anche un forte messaggio di
solidarietà umana. Perché la postazione
televisiva di Bruno, come i telefoni di molti
inviati, divennero uno straordinario ponte
lanciato verso le famiglie lontane: per
rassicurarle sulle sorte degli italiani dentro
quell’inferno o per offrire ai parenti dei
feriti e dei dispersi le prime indicazioni per
poterli raggiungere in Belgio. In quella notte
di follia il sereno gigante di Cormons apparve
ancora più grande.
Fonte:
Quotidiano.net © 5 marzo 2025
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La telecronaca
di Pizzul nella notte dell'Heysel
di Orlando
Sacchelli
In
punta di piedi il giornalista italiano il 29
maggio 1985 raccontò in diretta una delle pagine
più tristi della storia del calcio.
Commuove risentire il commento di Bruno Pizzul
fatto durante la diretta della finale di Coppa
dei Campioni il 29 maggio 1985. È la notte
dell'Heysel. Mentre le immagini si soffermano
sugli spalti dello stadio belga, il giornalista
con parole pacate e mai enfatiche, dando il
giusto peso ad ogni sillaba, racconta ciò che
gli succede intorno. "Qui è inquadrato il
settore della tribuna stampa, siamo nella
tribuna centrale, proprio al di sopra della
tribuna d'onore, in questo settore non si sono
verificati scontri di alcun tipo. C'è soltanto
sgomento, vedo anche della gente piangere. Sono
scene che francamente con un evento sportivo non
hanno nulla, nulla da spartire. Ho accanto a me
il responsabile della Uefa che mi conferma che
ci sono 36 morti, mentre un'altra notizia che mi
lascia piuttosto sconcertato è che la partita si
giocherà... Con quale spirito i giocatori
entreranno in campo. È chiaro che il risultato
diventa assolutamente irrilevante. Giocare con
queste cifre è assolutamente inaccettabile".
Nella pagina più buia del calcio europeo, mentre
si è da poco consumata una vera e propria
carneficina (alla fine si conteranno 39 morti e
oltre seicento feriti), Pizzul usa il microfono
della Rai in modo encomiabile entrando nella
storia in punta di piedi, facendo informazione e
mettendo in prima fila la dignità umana. Oltre a
sottolineare, giustamente, che lo sport è
un'altra cosa.
Fonte:
Ilgiornale.it © 5 marzo 2025
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Il libro che
ricostruisce la vita di Giusy Conti,
aretina morta
nella tragedia dell'Heysel
Si intitola "La ragazza dai pantaloni
verdi" ed è scritto dal giornalista Luca
Serafini. Domenica 16 marzo marzo, in sala
Montetini, la presentazione.
E'
stato pubblicato il libro "La ragazza dai
pantaloni verdi", che ricostruisce la storia di
Giuseppina "Giusy" Conti, morta a soli 17 anni
mentre si trovava a Bruxelles, una delle 39
vittime della tragedie dell'Heysel. Giusy era
una ragazza di Rigutino che frequentava il liceo
Classico ad Arezzo. Il volume, scritto dal
giornalista Luca Serafini, scava nella vita di
questa ragazza degli anni '80, cercando di
restituire - attraverso la forma di un
romanzo-verità - l'immagine più fedele possibile
di una 17enne aretina, innamorata dello sport e
della vita. Le amicizie, la scuola, le passioni,
le speranze. Il volume è edito da Effigi ed è
arricchito dai contributi di Marco Tardelli,
Francesco Moser, Nelson Piquet e Andrea
Lorentini, figlio di Roberto, altra vittima
aretina dell'Heysel. Domenica 17 marzo, alle 17
in sala Montetini ad Arezzo, è prevista la
presentazione.
IL LIBRO "LA RAGAZZA DAI PANTALONI
VERDI" - "Il negozio dei genitori - si
legge nella presentazione del libro - è un punto
di riferimento del paese. Giuseppina è brava a
scuola e gioca bene a tennis. Preferisce essere
chiamata Giusy, nome più breve e moderno. Si
emoziona con la Formula 1 e le corse di
biciclette. Ma quando vede il pallone è gioia
pura. Ama il calcio. Segue l’Arezzo, la squadra
di quella città a pochi chilometri da casa dove
va ogni mattina per le lezioni: conosce uno ad
uno nomi e volti dei giocatori. Ma la Juventus
di Platini è la sua grande passione. Esulta e
soffre per i colori bianconeri. Insegue il sogno
della Coppa dei Campioni. Ad Atene è allo stadio
a seguire la finale, ma sarà una delusione. Il
1985 è l’anno in cui l’impresa può, anzi deve
riuscire. A Bruxelles, stadio Heysel. Stavolta
con lei c’è anche il babbo Antonio. 'Ciao, torno
con la Coppa' dice salutando i compagni a scuola
e la mamma a casa. Ma il calcio che Giusy ama,
quella sera è avvelenato dalla violenza di
tifosi come belve e dalle colpe di chi avrebbe
dovuto organizzare in sicurezza un grande
evento. La ragazza dai pantaloni verdi diventa
un angelo, l’angelo dello sport, uno dei 39
angeli dell’Heysel".
Fonte:
Arezzonotizie.it © 10 marzo 2025
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Un monumento
per ricordare la tragedia dell’Heysel
di Antonio Cunazza
In occasione del 40esimo anniversario
della tragedia che fece 39 vittime tra i tifosi,
quasi tutti italiani, un’opera d’arte pubblica
sorgerà su un terreno nei pressi dello Juventus
Stadium come monumento alla memoria e al
ricordo.
Il
prossimo 29 Maggio cade il quarantennale di uno
dei momenti più gravi e tremendi della storia
del calcio moderno: in quella data del 1985, in
occasione della finale di Coppa dei Campioni fra
Liverpool e Juventus, allo stadio Heysel di
Bruxelles, la frangia di hooligans inglesi
sfondò le deboli recinzioni interne della curva
Sud, invadendo un settore laterale occupato da
tifosi italiani e neutrali. L’aggressione
veemente, e l’impreparazione delle forze
dell’ordine locali, provocò un drammatico
tentativo di fuga dei tifosi, che si ritrovarono
schiacciati in una calca letale in gradinata.
Morirono 39 tifosi (di cui 32 italiani) e almeno
600 furono i feriti. Quello che rimane uno dei
momenti di svolta tristemente più importanti
anche per lo sport e per lo sviluppo dei suoi
regolamenti e dei parametri costruttivi degli
stadi, verrà ricordato dalla Juventus con
l’installazione di un monumento che invita a una
riflessione più profonda su quei momenti e sulla
vita. Questa l’idea dell’artista, Luca Vitone,
che aveva vinto il concorso – a cui avevano
partecipato una decina di artisti italiani – con
la sua proposta "Verso Altrove", alla quale ha
poi lavorato nel corso degli ultimi due anni
insieme a Luca Beatrice, critico d’arte torinese
e presidente della Quadriennale di Roma
(tristemente scomparso a fine Gennaio 2025),
incaricato da Juventus di portare avanti l’idea
del progetto.
Il monumento, il cui cantiere è in attività da
fine 2024, sarà pronto in tempo per
l’anniversario del 29 Maggio prossimo e occuperà
un lembo di prato di circa 2mila mq, posto lungo
Strada della Continassa, a poca distanza dallo
Stadium della Juventus e dal centro sportivo del
club bianconero. In quella che già è un’area
ampiamente riqualificata grazie agli interventi
realizzati dalla Juventus negli ultimi anni,
l’opera si svilupperà come una rampa a spirale
centrifuga, lunga nel complesso 65 metri e che
raggiungerà un’altezza di 3 metri dal terreno.
Realizzata come un percorso quasi sospeso,
racchiuso fra due pareti laterali fatte di assi
di legno svasate, e accessibile anche dalle
persone con disabilità, porterà al culmine dove
un cannocchiale con le lenti montate al
contrario fornirà ai visitatori una visione
paradossale, con il fuoco che si allontana
dall’orizzonte. La scelta, già percorsa da
Vitone in altre sue opere in passato, vuole
invitare a uno sguardo totalmente diverso dal
solito verso il panorama, una riflessione
sull’inevitabile passaggio fra la vita e la
morte, un momento di raccoglimento nel ricordo
di quei 39 morti.
L’illuminazione notturna renderà l’opera
ulteriormente emozionale, e sarà visibile anche
dal cielo, dato che questa zona è sulla comune
linea di atterraggio degli aerei in arrivo
all’aeroporto torinese di Caselle. L’area verde,
infine, sarà anche arricchita da cespugli di
lavanda e da alcune piante di Ginko Biloba, una
delle poche forme viventi che sopravvissero alle
bombe atomiche cadute in Giappone, anche qui
scelta voluta dall’artista come simbolo di
resistenza alle peggiori avversità della vita.
Fonte:
Sporteimpianti.it © 12 Marzo 2025
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Massimo
Briaschi a TvPlay: il racconto
della strage
dell’Heysel a distanza di 40 anni
di Gianlorenzo Di Pinto
Massimo Briaschi, procuratore ed ex
calciatore tra le altre di Genoa e Juve, è
intervenuto in diretta su TvPlay.
SULLA
STRAGE DELL’HEYSEL - Briaschi, che nel 1985 ha
disputato la controversa finale di Coppa dei
Campioni con la maglia del Juventus contro il
Liverpool, ha così raccontato il drammatico
avvenimento: "La strage dell’Heysel ? Noi della
Juve fummo costretti a festeggiare la vittoria
per placare gli animi dei tifosi che erano
presenti. Noi siamo venuti a conoscenza
realmente di quello che accadde solamente al
ritorno in hotel. Secondo me se quel match non
si fosse giocato, i morti sarebbero stati molti,
ma molti di più. E’ stata organizzata una finale
di Coppa dei Campioni in uno stadio ridicolo
(NdR:
Stadio Heysel di Bruxelles),
non adatto ad una manifestazione del genere.
Sono morte 39 persone che erano venute per
scendere in campo con noi, ma non fu così".
Fonte:
Tvplay.it ©
3 aprile 2025
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Metti una
domenica a Nichelino con Mauro Berruto
(ed Elena
Miglietti) a parlare di sport e di storie
di Massimo De
Marzi
Presentato all'Open Factory "In mezzo
scorre il fiume", il libro scritto a quattro
mani per raccontare il rapporto tra il Po e le
tante realtà sportive e associative di Torino.
Con una proposta per legare Superga all'Heysel.
(Omissis)
Come legare Superga all'Heysel - Darwin Pastorin
ha introdotto con la consueta maestria i due
autori del libro, poi incalzati da Michele
Pansini e Fabrizio Pulcini in un incontro che si
è concluso con una proposta per mettere da parte
una volta per tutte il becerume di certi ultrà,
partendo da un numero, il 70: con la proposta di
creare un luogo comune per ricordare i 31 morti
di Superga e le 39 vittime della tragedia
dell'Heysel, l'idea lanciata da Berruto
rivolgendosi alla politica, mentre la Miglietti
ha lanciato l'invito ad uno sport che sappia
parlare e partire veramente dal basso.
Fonte:
Torinoggi.it
© 7 aprile 2025
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Juve commemora
la strage…
di Alessandra Ravetta
Presentazione
di "Verso Altrove" l’opera che la Juventus
dedica alla memoria della tragedia avventura
nello stadio belga, di cui il 29 maggio 2025
ricorrerà il 40° anniversario.
Heysel
dal nome dello stadio belga dove prima della
finale della Coppa dei campioni tra Juventus e
Liverpool, il 29 maggio 1985, si scatenarono le
violenze degli hooligans dei Reds, causando il
panico nel settore dello stadio occupati dai
tifosi bianconeri; nella calca verso della vita
39 persone. Il progetto, affidato a Luca
Beatrice, critico d’arte e presidente della
Quadriennale di Roma (recentemente scomparso) e
realizzato da Luca Vitone, artista di fama
internazionale, e da FOR Engineering
Architecture, sarà svelato il 29 maggio alle 11.
Presentato sul sito della Juve a dicembre, dopo
aver ottenuto l’approvazione definitiva del
Comune di Torino, è stato realizzato in un’area
verde di circa duemila metri quadrati nei pressi
di Strada della Continassa, a due passi
dall’Allianz Stadium, dallo Juventus Training
Centre e dalla sede centrale del club. Ecco le
anticipazioni sull’installazione pubblicate
dalla Juve: "dal manto erboso, impreziosito da
alberi di Ginko Biloba e cespugli di lavanda, si
ergerà una piattaforma di sessantacinque metri
dalla forma leggera di una spirale centrifuga,
che si eleva per oltre tre metri da terra. Una
struttura leggera, architettonicamente semplice,
al cui interno sarà posizionata una luce al neon
lungo tutto il percorso, che permetterà
all’opera di essere visibile anche da notevole
distanza, nell’oscurità. Alla fine della rampa,
rivolto verso il paesaggio antistante, sarà
posizionato un telescopio con le lenti montate
capovolte in modo che la messa a fuoco sia
rivolta verso l’orizzonte. Un chiaro invito a
guardare lontano, verso l’assoluto. Molto curata
anche la scelta delle specie arboree che
verranno piantate: la lavanda rimanda al
richiamo olfattivo di sensazioni oniriche,
spesso presenti nelle opere di Vitone, mentre il
Ginko Biloba è un albero antichissimo, le cui
origini risalgono a milioni di anni fa, all’era
Mesozoica, considerato un fossile vivente che
rappresenta la resistenza, la sintesi nella sua
linfa di passato e futuro".
Fonte:
Primaonline.it © 24 aprile 2025
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Juve, svelato
il memoriale in ricordo delle vittime
dell'Heysel
di Paolo
Casamassima
Mentre a Parco Dora è stato ripulito il
murale, caro ai tifosi bianconeri, dagli insulti
alle vittime di Bruxelles.
A
quarant'anni da quella tragica serata della
finale di Coppa dei Campioni a Bruxelles tra
Juventus e Liverpool - correva il 29 maggio 1985
-, la società bianconera inaugurerà un memoriale
dedicato alle vittime dell'Heysel, trentanove
vittime per l'esattezza, di cui 32 italiane.
"Verso
Altrove" - Il 29 maggio 1985 - si legge
nella nota divulgata dal club bianconero - il
mondo assisteva attonito ad una delle più grandi
tragedie che si siano mai consumate in uno
stadio di calcio, durante la quale persero la
vita 39 persone. Un lutto di cui il tempo non
può lenire, né alleviare il dolore. Juventus
continua a preservare il ricordo di questo
drammatico evento all’interno della nuova
cittadella bianconera nell’area della Continassa,
attraverso l’opera commemorativa Verso Altrove,
che verrà inaugurata giovedì 29 maggio 2025 alle
ore 11. Il memoriale, che sorge in strada della
Continassa, nelle immediate vicinanze
dell’Allianz Stadium e dello Juventus Training
Center, è stato progettato e realizzato da Luca
Vitone, uno tra i più importanti artisti
italiani contemporanei. Nelle sue opere la
memoria personale s’interseca con la storia
collettiva e il luogo assume un significato
rinnovato, diventando spazio di un’esperienza
antropologica, che sollecita il pubblico ad una
riflessione introspettiva sulla natura e sulla
cultura.
Curata da Luca
Beatrice -
"La curatela dell'installazione è stata affidata
fin dal principio a Luca Beatrice - si legge
ancora nella nota della società bianconera -,
curatore e critico d’arte contemporanea fra i
più noti del panorama italiano, scomparso lo
scorso mese di gennaio, che ha scelto questo
progetto per la sua idea di ricordo e, allo
stesso tempo, di proiezione in avanti, oltre il
passato. Ricordare senza lasciarsi sopraffare
dal dolore, trasformando il lutto in speranza e
futuro: questo è il cuore della nuova
realizzazione, che prende forma in un’area di
circa duemila metri quadri. Un manto erboso
accoglie maestosi esemplari adulti di Ginkgo
Biloba, una pianta che sintetizza nella sua
linfa passato e futuro, un simbolo di resilienza
e longevità. Tra gli alberi è presente una rampa
a forma di spirale centrifuga, che accompagna il
visitatore in un percorso ascendente lungo 66
metri, avvolto da due balaustre in legno che si
innalzano fino a raggiungere un’altezza
complessiva dell’opera di oltre 5 metri: una
struttura leggera, architettonicamente semplice
e totalmente accessibile, posata su dei pilastri
a base circolare. Un percorso illuminato a led
che da un lato accompagna il visitatore verso la
sommità dell'installazione e dall'altro rende
visibile la stessa anche dall'alto, come un
segno distinguibile, tracciato nel tessuto
urbano della città, anche nell’oscurità. Al
termine della salita un cannocchiale dalle lenti
invertite offre una prospettiva insolita:
anziché avvicinare, allontana lo sguardo,
invitando a guardare oltre, verso l’orizzonte,
al di là del visibile, metafora di un percorso
di ascesi e di avvicinamento al cielo. Questo
viaggio è raccontato anche nello Juventus
Creator Lab Original "Verso Altrove", che verrà
presentato in anteprima durante l’inaugurazione
del memoriale e che sarà trasmesso in esclusiva
su Sky Arte dal 29 maggio alle 21.00 e in
streaming su NOW.
Il ricordo del club -
"La volontà di ricordare e di rendere omaggio
alle vittime non ha mai abbandonato il Club in
tutti questi anni: dall'inaugurazione nel 2005
della stele monumentale all'interno del cortile
della sede della società di corso Galileo
Ferraris alla presenza dell’Associazione
Familiari Vittime e di una rappresentanza del
Liverpool, ai momenti dedicati lungo il percorso
di visita dello Juventus Museum, senza
tralasciare il ricordo delle vittime durante la
cerimonia di inaugurazione dello Juventus
Stadium (oggi Allianz Stadium) l'8 settembre
2011. Ora, con Verso Altrove, una nuova
testimonianza dell'impegno del Club nel
custodire il ricordo, un inno alla vita e alla
capacità umana di trasformare la sofferenza in
un rinnovato senso di speranza".
ripulito il murale a Parco Dora
-
Intanto sempre a proposito di Juventus, nelle
settimane scorse è stato ripulito il murale di
Parco Dora con su scritto "Fino alla Fine",
particolarmente caro ai tifosi bianconeri.
L'Associazione Quelli di via Filadelfia, nel
febbraio scorso, aveva denunciato il fatto che
fosse stato imbrattato con scritte e insulti
rivolti in particolar modo alle vittime
dell'Heysel. "Da sempre abituati al confronto
tra uomini, restiamo basiti davanti alla viltà
di tali gesti. Lasciamo in pace i morti,
affrontate i vivi. +39", avevano scritto sui
loro profili social
Fonte:
Cronacaqui.it © 7 maggio 2025
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Verso Altrove:
la Juventus inaugura
un nuovo
memoriale per le vittime dell'Heysel
Il
29 maggio 1985 resta una delle date più dolorose
nella storia del calcio europeo. Quella sera,
allo stadio Heysel di Bruxelles, 39 persone
persero la vita prima della finale di Coppa dei
Campioni tra Juventus e Liverpool. A
quarant’anni da quel drammatico evento, la
Juventus rinnova il suo impegno nel custodirne
la memoria con l’inaugurazione dell’opera
commemorativa Verso Altrove, prevista per
giovedì 29 maggio 2025 alle ore 11.00, nell’area
della Continassa, cuore pulsante della
cittadella bianconera. La nuova
installazione, firmata dall’artista Luca Vitone,
sorge in Strada della Continassa, nei pressi
dell’Allianz Stadium e dello Juventus Training
Center. L’opera si inserisce nel percorso di
riflessione e memoria che la Juventus ha
costruito negli anni, proponendo uno spazio che
unisce dimensione personale e storia collettiva.
La curatela è stata affidata, fin dalle prime
fasi, al critico d’arte Luca Beatrice, scomparso
nel gennaio 2025, che ha fortemente voluto
questo progetto come forma di ricordo attivo,
capace di superare il passato con uno sguardo
rivolto al futuro.
Verso Altrove occupa un’area di circa 2.000
metri quadri. Un prato verde ospita maestosi
Ginkgo Biloba, simbolo universale di resilienza,
memoria e continuità tra passato e futuro. Al
centro del memoriale si snoda una rampa
elicoidale lunga 66 metri, completamente
accessibile, che si sviluppa verso l’alto
sostenuta da pilastri circolari, accompagnata da
balaustre in legno e illuminazione a LED. La
struttura, sobria e leggera, raggiunge
un’altezza di oltre 5 metri e diventa un segno
visibile anche dall’alto, come tracciato nel
paesaggio urbano.
In cima, il percorso si chiude con un
cannocchiale dalle lenti invertite, che
allontana lo sguardo invece di avvicinarlo: un
invito simbolico a guardare oltre, verso
l’ignoto, verso l’altrove. Un’immagine poetica
che suggerisce l’idea di un cammino interiore,
di elevazione e consapevolezza.
Il memoriale sarà anche protagonista dello
Juventus Creator Lab Original "Verso Altrove",
documentario prodotto dal Club che sarà
presentato durante l’inaugurazione e trasmesso
in esclusiva su Sky Arte la sera del 29 maggio
alle 21.00, con disponibilità anche su NOW in
streaming. Il ricordo delle vittime dell’Heysel
è un filo mai interrotto nella storia recente
della Juventus. A partire dalla stele
monumentale del 2005 nella sede di corso Galileo
Ferraris, passando per i tributi presenti allo
Juventus Museum e per la cerimonia di
apertura dello Juventus Stadium nel 2011, fino
all’impegno costante del Club nel dialogo con
l’Associazione Familiari Vittime e con
rappresentanti del Liverpool. Ora, con Verso
Altrove, nasce una nuova testimonianza viva e
permanente: non solo un luogo della memoria, ma
un inno alla vita, alla possibilità di
trasformare il dolore in consapevolezza, e il
lutto in speranza.
Fonte:
Mentelocale.it Torino © 7 Maggio 2025
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2 SITI UNA
MEMORIA SOLTANTO
Sinergia fra i 2 siti
Associazionefamiliarivittimeheysel.it e
Saladellamemoriaheysel.it che a partire dalla
data odierna saranno gemellati, complementari
l’uno all’altro nella pubblicazione dei propri
contenuti editoriali.
Domenico
Laudadio, socio benemerito e webmaster del sito
ufficiale dell’Associazione fra i Familiari
delle Vittime dell’Heysel dal 2015, nonché
l’ideatore del Museo Virtuale Multimediale
Saladellamemoriaheysel.it in rete già dal 2008,
è lieto di annunciare che i 2 domini web da lui
curati saranno parte di un unico progetto
divulgativo della memoria riguardo alle verità
storico-processuali della strage dello Stadio
Heysel di Bruxelles. Oltre ad una evidente
similitudine grafica i due siti proporranno ai
visitatori alcuni collegamenti fra le loro
pagine realizzando un interscambio proficuo e
continuativo dei propri contenuti editoriali. Si
conferma la ferma rinuncia all’accoglienza e
pubblicazione all’interno di esse di
qualsivoglia riferimento o banner pubblicitario.
Si ribadisce, inoltre, ancora una volta che
l’uso dei contenuti multimediali di repertorio
ivi presenti, ricercati e prelevati da fonti sul
web (sempre dichiarate) non persegue alcuno
scopo di lucro ma si ispira al diritto di
cronaca, date le sue uniche finalità etiche e
didattico-culturali (in fede alla legge italiana
sul diritto d’autore 633/1941 al comma 1 bis
all’articolo 70 che cita: "la libera
pubblicazione attraverso la rete internet, a
titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa
risoluzione o degradate, per uso didattico o
scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo
non sia a scopo di lucro". Vedi, inoltre,
Direttiva Europarlamento 26.03.2019). Pertanto,
si dichiara che eventuali contenuti multimediali
attinti a fonti non chiaramente risalenti
all’originario copyright nel caso di eventuali
contestazioni da parte degli autori aventi
diritto, in qualunque momento saranno
prontamente rimossi e mai più riutilizzati. Per
qualunque comunicazione, a questo riguardo,
potete contattare il nostro webmaster,
inviandogli una mail a
postmaster@associazionefamiliarivittimeheysel.it
Fonte:
Associazionefamiliarivittimeheysel.it © 11
maggio 2025
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Tragedie allo
stadio, 40 anni dopo che si fa ?
di Mauro Berruto
Sabato
11 maggio 1985, durante la partita Bradford
City–Lincoln City al Valley Parade, nel West
Yorkshire britannico, un incendio in tribuna
causò 56 morti e 256 feriti. La squadra di casa
festeggiava la promozione in Seconda Divisione
davanti a 11.076 spettatori, quasi il doppio
della media stagionale. Verso la fine del primo
tempo, si sviluppò un incendio nel settore G
della tribuna principale, causato da una
sigaretta che incendiò un cumulo di rifiuti
accatastati sotto la tribuna, tutta in legno,
costruita nel 1911. Le fiamme si propagarono in
quattro minuti, favorite dal vento e dalla
copertura dello stadio in cartone catramato. Gli
spettatori cercarono di fuggire verso il campo o
verso le uscite superiori, molte delle quali
però erano chiuse o bloccate. Il fumo nero
rendeva impossibile vedere e respirare, la
struttura che crollava e il panico trasformarono
quella fuga in un massacro. L’arbitro Norman
Glover sospese la partita, ma la situazione non
migliorò, nel campo mancavano addirittura gli
estintori, eliminati a causa del timore di
vandalismi. I giocatori, l’allenatore del
Bradford City Terry Yorath (i cui familiari
erano nel settore colpito dall’incendio) e
alcuni tifosi tentarono di aiutare nei soccorsi
i vigili del fuoco che arrivarono in pochissimo
tempo, ma trovarono la tribuna già distrutta. Le
tragiche conseguenze si trassero all’alba: tra
le 56 vittime (54 tifosi del Bradford, 2 del
Lincoln) c’erano anche l’ex presidente del club
di casa, Sam Firth, e 11 minorenni. Si scoprì
anche che Il club era a conoscenza dei rifiuti
sotto la tribuna, la cui rimozione era prevista
due giorni dopo la partita. La tragedia scosse
profondamente l’opinione pubblica inglese, la
regina Elisabetta II, la Premier Margaret
Thatcher e Papa Giovanni Paolo II. Tuttavia,
mercoledì 29 maggio, soltanto 18 giorni dopo,
l’orrore andò di nuovo in scena su un campo di
calcio, questa volta in Belgio: era la maledetta
sera dell’Heysel, altre 39 vittime della
violenza, di uno stadio inadeguato, dell’assurda
approssimazione nell’organizzazione di un evento
come una finale di Coppa dei Campioni. Sono
passati esattamente 40 anni, il calcio inglese
ha saputo cambiare radicalmente paradigma e ha
fatto proprio dell’eccellenza degli stadi e
della loro sicurezza un elemento caratteristico,
risolvendo anche (almeno in casa) il problema
degli hooligans, perché - come noto - la
bellezza di un luogo incide anche sul
comportamento di chi, quel luogo, lo frequenta.
In Italia, quaranta anni dopo, ci siamo sentiti
rimproverare dai Presidenti di Fifa, Gianni
Infantino, e Uefa, Aleksander Ceferin, di "non
avere stadi al livello di altri Paesi, non solo
europei". In effetti gli stadi italiani, al
netto di pochissime e lodevoli eccezioni, sono
eredità di due momenti storici: il ventennio
fascista e Italia ‘90. Circa la metà dei 120
stadi ancora oggi utilizzati (con capienza
superiore ai 5.000 spettatori) sono stati
inaugurati prima del 1946. E quelli "moderni",
ovvero costruiti o ristrutturati per i Mondiali
di Italia ‘90, sono stati pensati negli anni
’80, proprio prima di quelle tragedie, e per un
calcio che aveva esigenze completamente diverse
e che non ha più nulla a che fare con quello di
oggi. Le conclusioni? Le lascio a voi, ma la
miopia di chi guida il calcio italiano, dei
proprietari dei club e della politica, su questo
tema, a maggior ragione in occasione di questi
tragici anniversari, è stata ed è imbarazzante.
Fonte:
Avvenire.it
© 14 maggio 2025
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Superga e
Heysel spiegate ai bambini: il progetto che
unisce Toro e Juve
di Enrico Civetti
Gli alunni delle scuole primarie
riflettono su tragedie sportive e valori civici
attraverso l’arte.
Oggi,
presso la sala biblioteca della Circoscrizione 7
in corso Vercelli 15, si è svolta la cerimonia
conclusiva della quarta edizione del progetto
BianconeroGranata, un’iniziativa che va oltre il
calcio, ponendo l’attenzione su memoria,
emozioni e resilienza. Ideato da Safatletica con
il sostegno della Circoscrizione 7, il progetto
ha coinvolto le classi della scuola primaria di
Torino, portando i bambini a scoprire la storia
delle due grandi squadre cittadine -Torino Fc e
Juventus Fc - attraverso il racconto di due
eventi tragici: la tragedia di Superga del 1949
e la strage dell’Heysel del 1985. L’obiettivo di
BianconeroGranata è trasformare il calcio in uno
strumento di educazione civica, sensibilizzando
i più piccoli su temi come memoria collettiva,
solidarietà e rispetto. Durante il progetto, gli
studenti hanno partecipato a incontri in classe
che li hanno stimolati a riflettere su eventi
storici e valori condivisi, incoraggiandoli a
tradurre le loro emozioni in disegni. Il
risultato è stato raccolto in un volume
rilegato, consegnato a ogni alunno come
testimonianza del loro percorso. Alla cerimonia
di premiazione hanno partecipato studenti,
docenti e dirigenti scolastici, oltre a
esponenti del mondo sportivo e istituzionale.
Fonte:
Torinocronaca.it © 14 maggio 2025
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Superga e
Heysel spiegate ai bambini: il progetto che
unisce Toro e Juve
Gli alunni
delle scuole primarie riflettono su tragedie
sportive e valori civici attraverso l’arte.
Si
è tenuta oggi, presso la sala biblioteca della
Circoscrizione 7 in corso Vercelli 15, la
cerimonia conclusiva della quarta edizione del
progetto BianconeroGranata, un’iniziativa
educativa che parla di calcio, ma soprattutto di
memoria, emozioni e resilienza. Il progetto,
curato da Safatletica con il sostegno della
Circoscrizione 7, coinvolge le classi della
scuola primaria del territorio torinese e
intende raccontare ai più piccoli la storia
delle due grandi squadre cittadine - il Torino
Fc e la Juventus Fc - partendo da due eventi
tragici che le accomunano: la tragedia di
Superga del 1949 e la strage dell’Heysel del
1985. Dalla storia al disegno - L’obiettivo di
BianconeroGranata è fare molto più che
raccontare una cronaca sportiva: è avvicinare i
bambini a valori fondamentali come la memoria
collettiva, la solidarietà e il rispetto,
partendo dallo sport come metafora di vita.
Attraverso incontri in classe in orario
curricolare, i giovani studenti vengono
stimolati a riflettere su temi profondi, in un
percorso che si trasforma in una lezione di
educazione civica. Alla fine del progetto, ogni
partecipante traduce le proprie emozioni in un
disegno, e l’intera raccolta viene rilegata in
un volume che viene donato a tutti gli alunni.
Alla cerimonia di premiazione parteciperanno gli
studenti e le studentesse delle classi
coinvolte, i loro docenti e dirigenti
scolastici, insieme ad esponenti del mondo
sportivo e istituzionale. Un momento di festa,
ma anche di riconoscimento per un percorso
educativo che unisce passato, sport e valori.
Fonte:
Torinoggi.it
© 14 maggio 2025
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Juventus,
striscione commemorativo della
Curva
Sud: "Onore ai caduti dell’Heysel"
di Giacomo
Iacobellis
"Onore
ai caduti dell’Heysel". La Curva Sud della
Juventus, attualmente impegnata in casa contro
l'Udinese per il 37° turno di Serie A, ha appena
dedicato un omaggio alle vittime della
sciagurata tragedia avvenuta mercoledì 29 maggio
1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, poco prima
dell'inizio della finale di Coppa dei Campioni
tra bianconeri e Liverpool. Il 2025, del resto,
è proprio l'anno del quarantesimo anniversario
della strage dell'Heysel. 0-0, intanto, il
risultato parziale del match a ridosso del
finale della prima frazione di gioco.
Fonte:
Tuttomercatoweb.com © 18 maggio 2025
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Striscione
Curva Sud: "Onore ai caduti dell’Heysel"
di Alessandro
Zottolo
La
Curva Sud, nel corso del primo tempo tra
Juventus e Udinese - valido per il 37° turno di
campionato e che attualmente è sul parziale di
0-0 - ha esposto uno striscione con le seguenti
parole: "tanti anni ormai senza gloria troppi
per noi che siamo la storia da sempre per
sempre, riconquistiamo tutto. Onore ai caduti
dell’Heysel".
Fonte:
Tuttojuve.com ©
18 maggio 2025
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Tacconi
ricorda il dramma dell’Heysel: "40 anni da quel
giorno maledetto
Sappiamo
benissimo che sarebbe stato meglio non giocarla
ma…"
Tacconi
ricorda il dramma dell’Heysel: tutte le
dichiarazioni dell’ex portiere della Juve anche
sulle sue condizioni.
L’ex
portiere della Juve Stefano Tacconi durante la
presentazione del suo libro "L’arte di parare"
ha affrontato molti temi ricordando anche la
strage dell’Heysel. Le parole riprese da TMW:
"Sono stato preso per i capelli per
restare in vita. Ho vissuto un periodo
abbastanza delicato, così come lo è stato per la
mia famiglia. Mia moglie si sentiva dire che
potevo morire ogni giorno. La mia miglior cura è
stata la famiglia, dopo due anni di ospedali,
non vedevo l’ora di tornare a casa. Mio figlio
era con me la mattina in cui è successo, mi sono
svegliato con il mal di testa. Era un
avvertimento importante su quello che poteva
capitarmi. Sono finito in coma, mio figlio mi ha
salvato tirandomi fuori la lingua dalla bocca
con il primo soccorso. Poi mi hanno portato in
ospedale, ma non c’era nessuno che poteva
curarmi alla testa, poi mi hanno trasferito da
un professore che mi ha salvato la vita".
SULL’HEYSEL
- "Sono passati 40 anni da quel
giorno maledetto. Una pagina brutta per il
calcio italiano e mondiale. Da quel giorno non
capiscono ancora oggi cosa sia successo, perché
vedo ancora incidenti particolari. Finché
l’ignoranza è più forte dell’intelligenza non ne
veniamo fuori. Sappiamo benissimo che non
giocarla era meglio, ma dopo averla giocata
penso che abbiamo salvato tantissime altre
persone, perché si sentiva già che la curva
della Juventus volesse andare sotto a quella
avversaria per vendicarsi. Io, Scirea, Cabrini e
Platini siamo riusciti a contenerli. Siamo stati
criticati quando siamo usciti con la coppa, ma
le forze armate presenti ci hanno detto che
grazie a quello stavano facendo uscire piano
piano tutti".
I PIÙ FORTI
CON CUI HAI GIOCATO - "Ho avuto
la fortuna di giocare negli anni 80′ quando
c’erano tutti i più forti. C’era Maradona,
Platini è già tanto che abbia giocato con me.
Poi Matthaus, Socrates, Zico. Fa paura solo fare
qualche nome. Ma credo che anche loro avessero
un po’ paura di me".
Fonte:
Juventusnews24.com © 20 maggio 2025
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Clamorosa
verità sull’Heysel: negli spogliatoi c’è
stato un
ricatto "Costretti a giocare dalla UEFA"
Tragedia
dell’Heysel, una nuova verità sciocca tutti:
costretti a giocare quella partita dalla Uefa.
Il giornalista ha rivelato tutto.
Il
29 Maggio del 1985 è purtroppo una di quelle
date che resterà per sempre nella memoria dei
tifosi juventini. Quello infatti è il giorno
della tragedia dell’Heysel, quando, poco prima
dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni
tra Juventus e Liverpool, 39 persone morirono a
causa del crollo improvviso della curva. Una
tragedia che divenne fin da subito grottesca per
il fatto che la partita non venne annullata, e i
calciatori furono costretti ad andare in campo
nonostante avessero appena saputo cosa fosse
successo. La partita come sappiamo, fu alla fine
vinta dai bianconeri che si ritrovarono così ad
essere Campioni d’Europa, senza però poter in
alcun modo trovare la voglia di festeggiare.
Anzi, a distanza di anni, sia Platini che
Tardelli si scusarono pubblicamente per il fatto
di aver esultato a fine partita nonostante la
tragedia. Accade in realtà lo stesso a Torino,
dove il sindaco Giorgio Cardetti dovette fermare
alcune piccole frange dei tifosi che
festeggiavano la vittoria della coppa, mentre
un’intera città era in lutto. Il processo
stabilì la responsabilità dei tifosi del
Liverpool - Il processo che si tenne stabilì in
seguito che la colpa di quanto accaduto era
imputabile ai tifosi del Liverpool, colpevoli di
aver creato quella calca da cui poi finirono
schiacciare le numerose vittime. E di quella
tragedia, si è di nuovo tornati a parlare in
questi giorni per via della pubblicazione del
nuovo libro del giornalista Emilio Targia,
intitolato "Quella notta all’Heysel".
Heysel,
arriva il clamoroso retroscena -
E durante l’incontro di presentazione a Torino,
il giornalista ha svelato un retroscena che ha
sconvolto tutti i tifosi. Sembra infatti che sia
stata la UEFA a costringere la Juventus a
scendere in campo nonostante quanto era
accaduto, minacciandoli il club che in caso
contrario, avrebbero perso la partita a
tavolino. Una situazione surreale, che portò
Boniperti a mentire ai suoi calciatori,
rivelandogli che era morto un solo tifoso,
quando in realtà il numero delle vittime era già
in quel momento molto più alto. Una versione
confermata dall’ex bianconero Sergio Brio, che
ha introdotto l’evento di Targia: "Si riunisce
la commissione Uefa, Boniperti sapeva tutto e
disse che non avrebbe giocato quella partita. La
commissione disse: "se non giocate perderete a
tavolino e tutti i morti saranno a vostro
carico". Boniperti fu costretto ad accettare di
giocare, venne negli spogliatoi e disse: "È
morto un nostro tifoso, dovete giocare per lui".
Carmelo G.
Fonte:
Jmania.it
© 21 maggio 2025
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Il dramma e la
memoria. A 40 anni dalla
strage, la TGR
ricorda le 39 vittime dell'Heysel
Lo speciale
TGR-il Settimanale "Heysel, finale maledetta",
realizzato dalla redazione del Piemonte, andrà
in onda sabato 24 maggio alle 12,25 su Rai3.
Il
1985. È il 29 maggio. Il sogno della Juventus di
alzare al cielo di Bruxelles la sua prima Coppa
dei campioni si trasforma nel peggiore degli
incubi. Prima dell'inizio del match, gli
hooligans assaltano il settore Z. Muoiono 39
tifosi: uomini, donne, bambini. Testimonianze di
ieri e di oggi si intrecciano in Heysel - Finale
maledetta, lo speciale TGR Il Settimanale
realizzato con il Centro di produzione Rai Piero
Angela di Torino, in onda sabato 24 maggio alle
12.25 su Rai3. Di Jacopo Ricca e Gabriele Russo,
a cura di Francesco Marino, editing e montaggio
Flavia La Gona.
Il racconto
della strage - L'arrivo in
Belgio, l'incontro con gli hooligans e i primi
timori, l'assalto britannico al settore Z, il
crollo, la strage, l'ipotesi di rinvio del
match. Poi, il fischio d'inizio, il controverso
rigore decisivo, la vittoria dei bianconeri di
Platini, i festeggiamenti. E ancora le
polemiche, le sentenze, il ricordo. Fino alle
conseguenze di quella maledetta domenica sera
del 1985 che ha segnato la storia del calcio ma
che non bastò per estirpare la violenza negli
stadi.
I protagonisti -
Con Nereo Ferlat, sopravvissuto del Settore Z;
Beppe Franzo, ultrà della Juventus presente allo
stadio; Fabrizio Landini, nipote di una delle 39
vittime; Evelina Christillin, che accompagnò
Gianni Agnelli a Bruxelles come ufficio stampa
Fiat; Carlo Nesti, che curò la radiocronaca per
RaiRadioUno con Enrico Ameri.
Fonte:
Rainews.it
© 22 maggio 2025
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RICORDO
40 anni fa la
tragedia dell'Heysel: morti, colpe,
processi, cosa
resta di quella notte di sangue
di Sebastiano Vernazza
29 maggio
1985, Finale di Coppa dei Campioni
Juve-Liverpool a Bruxelles, gli ultras inglesi
sfondarono nel settore Z a caccia di italiani:
ne seguì una calca infernale da 39 morti e 600
feriti. La partita si giocò, poi...
Travolte,
schiacciate, soffocate. Così morirono allo
stadio Heysel 39 persone quarant’anni fa, il 29
maggio 1985 a Bruxelles, in Belgio. Erano lì per
Juve-Liverpool finale della Coppa dei Campioni
1985 e non ritornarono più a casa. Trentadue
italiani, quattro belgi, due francesi e un
nordirlandese. Oltre 600 i feriti, molti dei
quali con traumi fisici e psicologici
permanenti. Una catastrofe umanitaria.
I fatti -
La partita era programmata per le 20.15. Accadde
tutto un’ora prima circa, intorno alle 19.20.
Dalla curva loro assegnata, gli ultras del
Liverpool sfondarono il settore Z, che era
adiacente e che avrebbe dovuto essere riservato
a spettatori neutrali. In realtà era pieno di
italiani, molti dei quali avevano rilevato e
comprato i biglietti da chi li aveva presi ai
botteghini oppure si erano rivolti ai bagarini,
altri li avevano acquistati in modo lecito. La
curva inglese e il settore Z erano divisi da una
recinzione ridicola, una specie di rete da
pollaio, e lo sbarramento venne giù in fretta.
Gli inglesi invasero lo Z, a caccia di juventini
da picchiare, e innescarono una calca, un
fuggi-fuggi mortale. Un muro cedette per la
pressione, tanti precipitarono o si lanciarono
nel vuoto sottostante. Altri caddero per terra
senza più rialzarsi, perché schiacciati dalla
folla nel panico. In un primo momento non
vennero aperti i cancelli lungo le recinzioni a
bordo campo, per permettere alla gente di
defluire e disperdersi sul prato. In prima
battuta non intervenne neppure la polizia:
c’erano pochi agenti, impossibilitati a
intervenire. Quando arrivarono i rinforzi, la
polizia caricò tutti, senza distinzioni.
Il gesto
eroico - Tra gli italiani del
settore Z c’era Roberto Lorentini, 31 anni, un
medico di Arezzo. Lorentini riuscì a mettersi al
sicuro, assieme al padre, Otello, però dalla sua
postazione vide un bambino esanime e corse da
lui per rianimarlo con un massaggio cardiaco.
Un’ondata di gente nel panico travolse e uccise
tutti e due, Lorentini e Andrea Casula, 11 anni
di Cagliari, la vittima più giovane. Lorentini
venne decorato in memoria con la medaglia
d’argento al valor civile. La partita - Si giocò
lo stesso, per ragioni di ordine pubblico.
Sarebbe stato complicato gestire il deflusso
immediato di migliaia di tifosi, si disse.
Meglio far giocare la gara, stemperare le
tensioni. La Juve vinse per 1-0, con gol di
Platini su rigore. Un penalty generoso, il fallo
su Boniek avvenne fuori area. Sul campo, i
giocatori della Juve festeggiarono il successo.
Anni dopo, quasi tutti se ne sono vergognati, ma
a loro parziale giustificazione va precisato che
le proporzioni del disastro, prima del calcio
d’inizio, non erano chiare e le notizie
risultavano frammentate. Ad alcuni giocatori era
stato comunicato che risultava soltanto un
morto. In varie interviste, Marco Tardelli con
onestà ha detto: "Non riconosco quella coppa,
non l’ho vinta. Ci obbligarono a giocare, noi
però non dovevamo festeggiare e chiedo scusa per
questo".
Le cause -
Lo stadio Re Baldovino, il vecchio Heysel,
inaugurato nel 1930, era un impianto deteriorato
e non più in linea con gli standard di sicurezza
per una finale di Coppa dei Campioni. I tifosi
del Liverpool erano ubriachi ed erano armati.
Una somma di inefficienze e di sottovalutazioni
causò la tragedia. Riportiamo qui la
testimonianza di Danilo Bartolozzi, pubblicata
in "Heysel. Le verità di una strage annunciata",
un libro di Francesco Caremani: "Quelli del
Liverpool avevano pistole, forbici, coltelli,
spranghe. Hanno ammazzato un ragazzo con un
lanciarazzi, ho visto tutto con i miei occhi. E
hanno potuto portare tutto dentro perché nessuno
è stato perquisito all’ingresso. Erano anche
ubriachi, quasi tutti. Non ho mai visto buttar
giù lattine di birra, una dietro l’altra, in
quel modo".
Le condanne
- Alla fine di un lungo cammino
processuale, restano queste condanne definitive
della giustizia belga: quattro anni e 60mila
franchi di sanzione pecuniaria per 9 hooligans e
5 anni di carcere per altri tre. Condannati
anche il segretario della federcalcio belga
dell’epoca, per aver permesso che nel settore Z
ci fossero tifosi italiani, e un responsabile
delle forze di polizia. È sbagliato sostenere
che, in forza di quanto accaduto all’Heysel,
l’allora primo ministro britannico Margaret
Thatcher abbia usato il pugno duro contro la
violenza negli stadi inglesi. La Thatcher
intervenne con una legge mirata non nel 1985, ma
dopo la strage di Hillsborough nel 1989, i 96
morti per Liverpool-Nottingham di FA Cup. In
quarant’anni la memoria delle 39 vittime
dell’Heysel è stata spesso vilipesa, brandita
come arma per offendere la tifoseria della Juve,
uso intollerabile di una tragedia che ha colpito
a morte il calcio e la civiltà.
Fonte:
Gazzetta.it
© 22 maggio 2025
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"Heysel -
Finale maledetta"
Uno Speciale Settimanale della Tgr
A
40 anni dalla strage dell'Heysel di Bruxelles,
la redazione del Piemonte, propone - per il
Settimanale della Tgr - lo Speciale "Heysel -
Finale maledetta", in onda sabato 24 maggio alle
12.25 su Rai 3 e disponibile su RaiPlay e sul
sito tgr.rai.it/piemonte. Il documentario
firmato da Jacopo Ricca e Gabriele Russo, a cura
di Francesco Marino, racconta con voci e
testimonianze di ieri e di oggi le drammatiche
ore che hanno preceduto la finale di Coppa dei
campioni del 29 maggio del 1985 tra Juventus e
Liverpool, dove trovarono la morte 39 tifosi,
per lo più bianconeri. L'arrivo in Belgio,
l'incontro con gli hooligans e i primi timori,
l'assalto britannico al settore Z, il crollo, la
strage, l'ipotesi di rinvio del match. Poi il
fischio d'inizio, il controverso rigore
decisivo, la vittoria dei bianconeri di Platini,
i festeggiamenti. E ancora, le polemiche, le
sentenze, la memoria. Fino alle conseguenze di
quella maledetta domenica sera del 1985 che ha
segnato la storia del calcio, ma che non bastò
per estirpare la violenza negli stadi. Tra le
testimonianze, quelle di Nereo Ferlat,
sopravvissuto del Settore Z; Beppe Franzo, ultrà
della Juventus presente allo stadio; Fabrizio
Landini, nipote di una delle 39 vittime; Evelina
Christillin, che accompagnò Gianni Agnelli a
Bruxelles come ufficio stampa Fiat; Carlo Nesti,
che curò la radiocronaca per RaiRadioUno con
Enrico Ameri. E non mancano la voce di Bruno
Pizzul - che raccontò in diretta all’Italia un
dramma mai dimenticato e che definì "uno dei
ricordi più angosciosi della carriera" - e le
immagini recuperate dalle Teche Rai girate dal
telecineoperatore Gianfranco Isoardi, che lasciò
la tribuna per mostrare da vicino il drammatico
prologo della partita. Il documentario è stato
realizzato con il Centro di Produzione Rai
"Piero Angela" di Torino e con il montaggio di
Flavia La Gona.
Fonte:
Rai.it © 25
maggio 2025
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Zibi Boniek: "Quando
ripenso alla sera
dell'Heysel, il cuore mi si
spezza"
di Massimiliano Vitelli
Il 29 maggio saranno
quarant’anni dalla tragedia dell’Heysel. Per
commemorare le 39 vittime la Juventus inaugurerà
un’opera a pochi metri dall’Allianz Stadium:
Verso altrove è stato progettato da Luca Vitone.
Chi era in campo allora non può dimenticare.
Il 29 maggio del 1985, lo
stadio Heysel di Bruxelles fu teatro di una
delle più grandi tragedie del calcio. Prima
della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus
e Liverpool, l’Heysel iniziò a riempirsi,
troppo. E la calca dei tifosi, complice il
cedimento strutturale di una parte delle
tribune, causò 39 morti.
In campo, vinse la Juventus
1-0 con un calcio di rigore realizzato da Michel
Platini dopo un fallo subito da Zbignew Boniek.
L’ex-attaccante polacco ricorda con noi quella
maledetta sera. "Quando ripenso a quella
sera il cuore mi si spezza. Doveva essere una
festa del calcio, divenne un inferno. Sapere che
ci sono state persone che non sono più tornate a
casa è tristissimo. Nello sport si vince e si
perde, poi si riparte. Invece il 29 maggio del
1985 abbiamo perso tutti.
Il pensiero di ciò che è
accaduto mi accompagnerà per tutta la vita. Noi
giocatori sapevamo che era successo qualcosa
sugli spalti, mentre eravamo negli spogliatoi
giravano voci di possibili vittime, ma era tutto
molto confuso. A quei tempi non c’erano i
mezzi d’informazione di oggi. Niente cellulari,
social, internet. Sono sincero quando dico che
non ci rendemmo conto della portata della
tragedia. Oggi non si sarebbe giocato.
Molti di noi non volevano
scendere in campo. Tra questi ricordo bene
Gaetano Scirea. Era sconvolto e, da capitano,
provò a parlare con l’arbitro e gli
organizzatori. Alla fine ci dissero che era
meglio giocare per mantenere almeno un po’ di
ordine pubblico, lo facemmo. Una volta iniziata la
partita, ognuno la interpretò con la propria
sensibilità, Sono certo che diversi giocatori
non resero al meglio perché avevano la testa
alla tragedia.
Con i calciatori del
Liverpool non parlammo. Quando, spinti dall’Uefa,
entrammo in campo, li trovammo già lì. Alla fine
vincemmo con un rigore realizzato da Michel
(NdR: Platini)
per un fallo commesso su di me.
L’intervento era avvenuto fuori area, ma
l’arbitro era lontano sessanta metri e nemmeno
io mi accorsi che sarebbe stato giusto fischiare
la punizione e non il penalty. Per quella vittoria
ricevemmo un premio di 100 milioni di lire a
testa. Io non li volli, li diedi tutti ai
parenti delle vittime, ai quali penso ancora
ogni volta che sento parlare di quella tragica
notte".
Fonte: Vanityfair.it
© 26 maggio 2025
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Arezzo ricorda la strage
dell’Heysel a 40 anni dalla tragedia: due
giorni di incontri per
promuovere la cultura del rispetto nello sport
L'iniziativa promossa dalla
sezione provinciale dell'AIA con il patrocinio
del Comune di Arezzo.
In occasione del
quarantesimo anniversario della tragedia
dell’Heysel, la sezione AIA (Associazione
Italiana Arbitri) di Arezzo, con il patrocinio
del Comune, promuove un’importante iniziativa
che unisce memoria, riflessione e responsabilità
educativa. Due giornate, il 28 e il 29 maggio,
dedicate non solo al ricordo delle 39 vittime di
quella drammatica sera del 1985 – tra cui gli
aretini Roberto Lorentini e Giusy Conti – ma
anche alla trasmissione di valori fondamentali
ai giovani: il rispetto, la cultura sportiva e
la responsabilità del tifo. Mercoledì 28 maggio, alle
ore 11:30, presso l’aula magna del Liceo
Scientifico-Linguistico "Francesco Redi", si
terrà l’incontro "Heysel 40 anni dopo. Memoria,
sport e responsabilità", promosso da AIA e
curato da Zenzero OFF. All’incontro
parteciperanno Andrea Lorentini, presidente
dell’Associazione Familiari Vittime dell’Heysel,
Francesco Caremani, giornalista e autore di
numerose pubblicazioni sull’argomento, e Luca
Serafini, autore del libro La ragazza dai
pantaloni verdi, dedicato alla giovane Giusy
Conti. Un momento intenso rivolto agli studenti,
per ripercorrere la storia e riflettere
sull’importanza dell’etica sportiva e del
ricordo consapevole.
Giovedì 29 maggio sarà la
giornata della memoria condivisa, con tre
momenti significativi nell’ambito
dell’iniziativa "1985–2025. Arezzo nel ricordo
dell’Heysel. La memoria oltre il tempo",
organizzata da AIA in collaborazione con FIGC,
CONI, UNVS, Panathlon e Associazione Familiari
Vittime dell’Heysel. Alle ore 17:00, presso il
campo sportivo "Giusy Conti" di Rigutino, sarà
deposto un mazzo di fiori in sua memoria. A
seguire, alle 17:30, il campo sportivo "Roberto
Lorentini" ospiterà l’inaugurazione di un
bassorilievo dedicato al medico aretino, simbolo
di altruismo e coraggio. Concluderà la giornata,
alle 18:00 presso la sede AIA di via Gramsci,
una tavola rotonda dal titolo "L’Heysel 40 anni
dopo", in cui istituzioni e rappresentanti
sportivi dialogheranno con i ragazzi delle
squadre giovanili del territorio.
"La violenza è l’antitesi
dello sport. Ricordare l’Heysel non è solo un
dovere verso le vittime e le loro famiglie, ma
anche un’occasione preziosa per educare le nuove
generazioni al valore dello sport come luogo di
incontro, rispetto e responsabilità. Il Comune
di Arezzo è orgoglioso di sostenere questa
iniziativa che unisce memoria e formazione
civile", ha dichiarato l’assessore allo sport
Federico Scapecchi.
"Con questa iniziativa, la
sezione AIA di Arezzo si fa promotrice di un
messaggio forte e attuale: ricordare significa
educare, e lo sport, quando vissuto con rispetto
e consapevolezza, può diventare uno strumento
potente di crescita civile e umana", ha
commentato il presidente AIA Sandro Sarri.
"E’ importante mantenere
viva la memoria di un fatto che per molti
ragazzi è sconosciuto, e momenti come questo, a
cui il CONI partecipa attivamente, rappresentano
un’occasione importante per offrire loro uno
spunto di riflessione. E, insieme alla memoria,
è essenziale promuovere la formazione ad una
cultura dello sport della quale rendere sempre
più consapevoli i nostri giovani", ha detto il
delegato provinciale CONI Alberto Melis.
"La cultura dello sport è
la missione principale del Panathlon, che da
tempo ormai è entrato nelle scuole con i propri
progetti tutti mirati a divulgare e trasmettere
i valori che la pratica delle diverse discipline
porta con sé. Lo sport è competizione sana e
formativa, e questo è quello che i nostri
ragazzi devono fare proprio", ha affermato il
presidente del Panathlon Mario Fruganti. "Ringrazio sinceramente,
sia come presidente dell’associazione Familiari
Vittime dell’Heysel sia come familiare di
Roberto Lorentini, per l’organizzazione di
questo momento di riflessione e memoria. Arezzo
è stata purtroppo la città che ha pagato il
prezzo più alto in termini di vittime, ma anche
la città dalla quale è partita la battaglia per
ottenere giustizia. In questo quarantesimo il
pensiero va a Otello Lorentini figura
assolutamente fondamentale per quanto accaduto
dopo: l’esperienza dell’associazione parte
proprio da questo grande atto di coraggio nel
voler intraprendere la battaglia processuale per
ottenere giustizia insieme ad un grande grosso
impegno civico contro la violenza nello sport",
ha commentato Andrea Lorentini, presidente
dell'associazione Familiari Vittime dell'Heysel.
Fonte:
Comune.arezzo.it © 26 maggio 2025
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L'anniversario
Quarant'anni fa la tragedia dell'Heysel,
una ferita ancora aperta
Il 29 maggio
del 1985, lo stadio di Bruxelles fu teatro di
una delle più grandi tragedie del calcio. Prima
della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus
e Liverpool, la calca dei tifosi causò il
cedimento di una parte delle tribune: 39
vittime.
Una
festa finita in tragedia, una serata
indimenticabile. Il 29 maggio 1985 era in
programma a Bruxelles, allo stadio Heysel, la
finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e
Liverpool. I bianconeri, due anni dopo la beffa
con l'Amburgo, sognavano di mettere finalmente
le mani sull'unico trofeo che mancava ancora
all'appello sfidando i Reds campioni in carica e
che 12 mesi prima avevano sconfitto la Roma ai
rigori all'Olimpico. Poco prima dell'inizio
della partita, gli hooligans inglesi sfondarono
le recinzioni del settore Z - occupato da tifosi
juventini ma anche da neutrali e famiglie -
diffondendo il panico. In molti cercarono di
fuggire ma il muro di contenimento, sotto la
pressione della folla, crollò: 39 i morti, fra
cui anche donne e bambini, oltre 600 i feriti.
Un bollettino di guerra, una tragedia
annunciata: le condizioni dello stadio, vecchio
e con gravi carenze strutturali, e le misure di
sicurezza inadeguate erano il preludio a un
disastro quasi ineluttabile. Eppure si giocò: la
Uefa, temendo ulteriori conseguenze in termini
di ordine pubblico, mandò in campo le due
squadre con i giocatori ignari o quasi di quello
che era realmente successo.
La
testimonianza -
A ricordare quei drammatici momenti sono
due dei protagonisti della partita: Zbigniew
Boniek, partito titolare, e Cesare Prandelli,
entrato nei minuti finali. "All'epoca vivevamo
in un altro mondo, senza internet, senza social
media, perché altrimenti quella partita non si
sarebbe mai giocata, perché di fronte a tutto
quello che è successo era assurdo giocarla - le
parole del polacco a LaPresse -. Hanno deciso di
giocarla per calmare la gente, per portare i
soldati, per garantire la sicurezza a tutti e ci
hanno costretti a giocare. Che fosse successo
qualcosa di molto grave l'abbiamo capito perché
lo spogliatoio era uno dei posti dove si
portavano via i feriti, c'era molta confusione.
Sono morti perché è crollata la struttura,
perché la gente indietreggiava perché era
impaurita, secondo me ci sono delle
responsabilità gravissime".
L'ex ct della Nazionale ha confermato come
l'intenzione della società e dei giocatori fosse
di non giocare la sfida: "Noi siamo arrivati
allo stadio, ci siamo preparati, e durante una
sorta di preriscaldamento, il presidente è
arrivato nel nostro spogliatoio dicendo 'la
partita non verrà giocata perché c'è un morto'.
Boniperti ha insistito, ha detto 'la mia squadra
coi morti non gioca'. Aspettavamo soltanto la
conferma del delegato Uefa. Avevamo capito che
stava succedendo qualcosa perché abbiamo aperto
una porta che dava sul campo e c'erano molti
tifosi, li abbiamo fatti uscire. Erano in preda
al panico e non riuscivamo a capire perché.
Dicevano 'ci hanno attaccato, è caduta una rete,
ci sono dei feriti, vogliamo scappare'. E ne
abbiamo fatti scappare tramite lo spogliatoio
tantissimi. Erano terrorizzati. Purtroppo noi
aspettiamo le tragedie per cambiare e ovviamente
il mondo della sicurezza degli stadi è cambiato.
Assolutamente, non c'è paragone: c'è il prima e
dopo l'Heysel".
Per la
cronaca -
Vinse la Juve 1-0, con un rigore trasformato da
Platini anche se per un fallo su Boniek fuori
area. In un'atmosfera surreale, la Coppa dei
Campioni a lungo inseguita fu consegnata ai
bianconeri ma era una coppa macchiata di sangue
e ancora oggi le scene dei festeggiamenti finali
hanno un effetto straniante. Quella serata
maledetta, però, lasciò il segno: la Uefa
escluse i club inglesi dall'Europa per cinque
anni (sei per il Liverpool) mentre il governo
Thatcher corse ai ripari - anche se fu
necessaria un'altra tragedia, quella di
Hillsborough nel 1989, per avere provvedimenti
più decisi - gettando le basi di quel modello di
lotta agli hooligans che ancora oggi fa
dell'atmosfera negli impianti d'Oltre Manica un
esempio. Il ricordo dell'Heysel resta però vivo:
ogni anno Juve e Liverpool rendono omaggio alle
vittime e sugli spalti bianconeri figura sempre
quel "+39" che richiama i tifosi che non ci sono
più. Perché saranno passati anche 40 anni ma la
ferita è e resterà ancora e per sempre aperta.
L'omaggio
di Bruxelles -
La città renderà omaggio alle
vittime della strage dell'Heysel, proprio nel
luogo dove 40 anni fa, il 29 maggio del 1985, si
consumò la tragedia. Oggi lo stadio si chiama Re
Baldovino, e fuori dalla Tribuna 1,a pochi metri
dal muretto fatiscente che con il suo crollo
provocò 39 morti e oltre 600 feriti, c'è una
targa commemorativa delle vittime, in marmo
grigio scuro. Proprio qui si sono dati
appuntamento alle 15,30 di giovedì 29 le
autorità locali e i rappresentanti diplomatici
di Italia e Regno Unito. La cerimonia si aprirà
con il discorso di Philippe Close, sindaco di
Bruxelles, quindi gli interventi di Florence
Frelinx, Assessore della Città e del capo della
polizia cittadina, Frédéric Moreels. Poi
prenderanno la parola Federica Favi,
Ambasciatore d'Italia in Belgio e Anne Sherrif,
Ambasciatore britannico in Belgio. Sarà infine
deposta una corona di fiori e saranno letti i
nomi delle 39 vittime da parte di un tifoso
della Juventus.
Fonte:
Rainews.it ©
27 maggio 2025
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L'ANNIVERSARIO
Heysel 1985: quarant'anni da una
tragedia da non dimenticare mai
Nella finale
della Coppa dei Campioni giocata a Bruxelles si
consuma uno dei peggiori disastri della storia
del calcio.
Bruxelles,
29 maggio 1985, stadio Heysel. Va in scena la
finale di Coppa dei campioni tra Juventus e
Liverpool. Una partita storica tra una squadra
che quel trofeo non lo ha mai alzato contro
quella che lo ha conquistato quattro volte negli
ultimi otto anni. Per qualcuno è la sfida del
secolo. Lo stadio, la Uefa, la polizia belga e
l'organizzazione generale non sono però
all'altezza di un avvenimento così importante.
Ed è un eufemismo. Vengono veduti molti più
biglietti di quanti l'impianto possa gestire.
Con i posti non numerati succedeva spesso. I
tifosi bianconeri vengono messi in una curva,
settori M, N, O, quelli del Liverpool in quella
di fronte, zone X e Y. Peccato che ci fosse una
parte di quella gradinata, il famigerato settore
Z, che agenzie di viaggi o acquirenti belgi
hanno rivenduto ai tifosi italiani. Di fianco
agli hooligans inglesi, insomma, separati da una
rete metallica, che sarebbe venuta giù con una
spallata, e da un gruppetto di una decina di
poliziotti, c'erano famiglie, donne, bambini e
spettatori neutrali.
Che lo stadio non fosse minimamente in grado di
sopportare un avvenimento simile se ne accorge
da subito chi arriva all'Heysel anche ore prima
del calcio d'inizio, previsto per le 20,15. Per
entrare nelle curve ci sono solo due porticine,
di circa 80 centimetri di lunghezza, per
consentire l'accesso a circa cinquantamila
persone. Gli ingorghi per accedere all'impianto
sono impressionanti ma, in quel momento c'è solo
la noia di una lunga attesa in coda. Ci sono
però dei segnali inquietanti: un cantiere di
fianco allo stadio da cui gli ultrà inglesi si
riforniscono di sassi e altri corpi contundenti,
la presenza limitatissima delle forze
dell'ordine, i tifosi reds già ubriachi dalla
mattina che hanno messo a ferro e fuoco il
centro di Bruxelles senza venire fermati e che
entrano allo stadio con intere casse di birra,
nessun controllo agli ingressi e circa
cinquemila persone in più presenti nelle zone a
loro assegnate.
Ma
soprattutto quella rete da pollaio. Alle 18,45
iniziano i primi lanci di sassi e bottiglie di
birra verso il settore Z. La paura comincia a
prendere il sopravvento ma ancora non è
scoppiato il panico tra gli inerti spettatori di
quella zona maledetta. Poi partono i razzi ad
altezza d'uomo e, dopo che è stata sfondata con
facilità la rete divisoria, gli assalti degli
hooligans. Non trovandosi di fronte degli ultrà
ma solo gente tranquilla, i reds avanzano con le
aste delle bandiere usate come spranghe. Chi non
scappa deve affrontarli, chi fugge, ed è la
maggioranza, si accalca contro il muretto che dà
sul campo. Gli assalti inglesi procedono a
ondate e quelli che riescono a prendere un po'
di fiato si ritrovano di nuovo schiacciati dopo
pochi secondi. Tutto dura qualche minuto ma
sembra un eternità. Le persone non riescono a
muoversi, sono in balia della folla, non possono
respirare, sono in un incubo impensabile
schiacciati da altri corpi innocenti e dalla
pressione verso una via di fuga che sembra
lontana. Il muro crolla sotto quel peso
insostenibile, la gente che ci riesce si riversa
in campo e, beffa delle beffe, prende anche le
manganellate dai pochi poliziotti presenti, a
dimostrazione che l'intelligenza non brillava
certo nelle menti di chi doveva gestire un
evento di quella portata.
Alle 19,32 è tutto finito. C'è un silenzio
irreale, mentre i morti e i feriti vengono
caricati sulle transenne per essere portati
fuori dallo stadio. Alla fine si conteranno 39
morti e circa 400 feriti, di cui almeno la metà
in condizioni critiche. Tra chi non c'è più
anche un bambino di 10 anni. Una tragedia
insensata, incomprensibile, spiegabile solo con
la furia ceca di gente senza una coscienza e una
disorganizzazione delinquenziale. Gli ultrà
della Juventus, dall'altra parte, hanno visto
tutto e vogliono farsi giustizia. In molti
entrano in campo e i giocatori bianconeri escono
dagli spogliatoi, che tra l'altro si stanno
riempiendo di feriti, per calmare gli animi dei
tifosi che vogliono vendicarsi.
Nel frattempo si sta
decidendo cosa fare. La dirigenza della Juve non
vuole che si giochi. La Uefa e le autorità
belghe chiedono che si scenda in campo per
evitare che le cose peggiorino e per dare tempo
di fare sfollare gli hooligans. Il Presidente
del Consiglio italiano di allora, Bettino Craxi,
telefona per dire che non si deve giocare. Un
ministro del suo Governo, De Michelis, presente
all'Heysel, gli spiega la situazione e lo
convince. Alla fine Liverpool e Juventus si
presentano sul terreno di gioco un'ora e mezzo
dopo l'orario previsto per la finale.
L'atmosfera è surreale. Non si sa nemmeno se la
partita sia vera o solo un'esibizione per
evitare di rendere la tragedia ancora più
insostenibile. Di certo i giocatori si impegnano
fino in fondo. La Juve vince con un rigore
calciato da Platini e procurato da Boniek, che
però subisce il fallo chiaramente fuori area.
Dopo il fischio finale ai calciatori bianconeri
viene chiesto di mostrare la Coppa sotto la
curva dei propri tifosi, un gesto di cui Marco
Tardelli, ogni volta che ne parlerà, dirà di
vergognarsi.
Poi resta solo un lutto inaccettabile per mogli,
madri, padri, fratelli, sorelle, nipoti e amici
che per una partita di calcio hanno visto morire
i propri cari. Di giustizia ne hanno invece
vista poca. Ventisei hooligans mandati a
processo, alcuni assolti per insufficienza di
prove e alcuni condannati per qualche anno,
anche se hanno poi scontato solo pochi mesi.
Pene ben al di sotto delle loro responsabilità
anche per i dirigenti Uefa, politici belgi e
funzionari delle forze dell'ordine. Quattro anni
dopo i tifosi del Liverpool vivranno una
situazione molto simile nella semifinale di FA
Cup di Sheffield: la famosa strage di
Hillsborough con 96 supporter dei Reds che
perdono la vita, finendo schiacciati e soffocati
dalla calca in un modo analogo a quanto accaduto
all'Heysel. Da queste due tragedie
l'organizzazione degli eventi calcistici ha
cominciato finalmente a evolversi. Ma niente
ridarà la vita a chi voleva solo assistere a una
partita.
Fonte:
Sportmediaset.mediaset.it © 27 maggio 2025
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Heysel 1985,
40 anni fa la tragedia dei tifosi della
Juventus: le foto
Quel giorno era in programma la finale
di Coppa dei campioni fra i bianconeri e il
Liverpool.
Il 29 maggio del 1985 allo stadio Heysel di
Bruxelles avviene una delle tragedie più grandi
che hanno colpito il mondo del calcio. Quel
giorno era in programma la finale di Coppa dei
campioni tra Juventus e Liverpool. Heysel
1985, cosa è successo allo stadio belga -
Bruxelles, 29 maggio 1985. Juventus e Liverpool,
finale di Coppa dei Campioni. Doveva essere una
celebrazione dello sport ma, poco prima del
fischio d’inizio, si trasformò in una strage
senza ritorno Nel settore Z dello stadio Heysel,
molti tifosi juventini che si erano organizzati
autonomamente, vennero posizionati insieme a
parte della tifoseria neutrale, separati dagli
hooligan con barriere strutturalmente inadeguate
a contenere la forza dei tifosi inglesi più
violenti. Circa un’ora prima dell’inizio della
partita, gli ultrà inglesi, alterati dall’alcol,
stipati in due settori dello stadio, iniziano a
spingere verso il settore Z. L’invasione, la
calca, il panico, un muro che cede. I tifosi
juventini tentano la fuga ma si trovarono
intrappolati senza vie d’uscita. Un muro crolla
travolgendo diversi sostenitori.
La tragedia dell’Heysel, 39 i morti -
Il bilancio è tragico: 39 morti, di cui 32
italiani, 4 belgi, 2 francesi e 1 irlandese.
Oltre 600 i feriti. Il tutto sotto gli occhi
attoniti di chi è allo stadio o davanti alla tv
in attesa della partita. Il match si gioca lo
stesso dopo quasi un’ora e mezzo di rinvio.
Vince la Juventus con un rigore di Platini.
Molte le polemiche sulla opportunità di giocare
la partita e sui festeggiamenti dei bianconeri
dopo la vittoria.
Heysel, il ricordo della finale maledetta -
Il Museo del Calcio di Coverciano ha previsto
varie iniziative per commemorare il quarantesimo
anniversario di quel drammatico 29 maggio 1985.
Per tutto il mese di maggio, nella sala cinema
all’interno del museo sarà proiettato un video
prodotto dall’Associazione fra i familiari delle
vittime dell’Heysel.
Heysel
1985, il ricordo di Prandelli e Boniek - "Noi
siamo arrivati allo stadio, ci siamo preparati,
e durante una sorta di preriscaldamento, il
presidente è arrivato nel nostro spogliatoio
dicendo ‘la partita non verrà giocata perché c’è
un morto’. Boniperti ha insistito, ha detto ‘la
mia squadra coi morti non gioca’. Aspettavamo
soltanto più la conferma del delegato Uefa".
Inizia così il racconto di Cesare Prandelli a
LaPresse, che ricorda la tragedia dell’Heysel.
"Avevamo capito che stava succedendo qualcosa
perché abbiamo aperto una porta che dava sul
campo e c’erano molti tifosi, li abbiamo fatti
uscire – prosegue l’ex centrocampista della
Juventus – Erano in preda al panico e non
riuscivamo a capire perché. Dicevano ‘ci hanno
attaccato, è caduta una rete, ci sono dei
feriti, vogliamo scappare’. E ne abbiamo fatti
scappare tramite lo spogliatoio tantissimi.
Erano terrorizzati". E conclude: "Purtroppo noi
aspettiamo le tragedie per cambiare e ovviamente
il mondo della sicurezza degli stadi è cambiato.
Assolutamente, non c’è paragone: c’è il prima e
dopo l’Heysel". Boniek: "Oggi con i social
quella partita non si sarebbe giocata" -
"All’epoca vivevamo in un altro mondo, senza
internet, senza social media, perché altrimenti
quella partita non si sarebbe mai giocata,
perché di fronte a tutto quello che è successo
era assurdo giocarla". Lo racconta a LaPresse
l’ex-attaccante della Juventus, Zbignew Boniek,
ricordando la tragedia dell’Heysel avvenuta 40
anni fa a Bruxelles il 29 maggio 1985. "Hanno
deciso di giocarla per calmare la gente, per
portare i soldati, per garantire la sicurezza a
tutti e ci hanno costretti a giocare", ha
aggiunto. "Che fosse successo qualcosa di molto
grave l’abbiamo capito perché lo spogliatoio era
uno dei posti dove si portavano via i feriti,
c’era molta confusione". E conclude: "Sono morti
perché è crollata la struttura, perché la gente
indietreggiava perché era impaurita, secondo me
ci sono delle responsabilità gravissime".
Fonte:
Lapresse.it
© 27 maggio 2025
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HEYSEL 40
RITORNO AL FUTURO
di Andrea
Lorentini
Comunicato Ufficiale dell’Associazione
fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel.
Per
noi familiari delle vittime dell’Heysel questo è
un giorno di dolore che ogni anno nella
ricorrenza della strage di Bruxelles si rinnova.
Da 40 anni la strage dell’Heysel viene spesso
ricordata come una tragedia juventina, come se
fosse un fatto di campo, di tifoseria, quando
invece è una storia di persone, di donne e di
uomini, ragazze e ragazzi che hanno perso la
vita per una partita di pallone. E’ la storia di
famiglie che da quella sera hanno dovuto
sopportare il peso di una croce. Questi 40 anni
sono stati un tempo faticoso, di sofferenza,
spesso, troppo spesso di solitudine. Un tempo
nel quale, contestualmente, abbiamo cercato di
tenere viva la memoria, ma anche difenderla da
coloro che ancora oggi continuano ad offenderla
e dileggiarla. Lo ha fatto prima di tutti, mio
nonno, Otello Lorentini, fondatore
dell’Associazione fra i familiari delle vittime
dell’Heysel che con coraggio e tenacia ha
lottato per ottenere giustizia per le vittime,
riuscendoci in una sentenza che ha fatto
giurisprudenza. E successivamente attraverso
l’impegno civico contro la violenza nello sport.
Un percorso che nel 2015, dopo la sua morte,
abbiamo ripreso con forza ricostituendo
l’Associazione fra i familiari e promuovendo
progetti e iniziative di educazione
civico-sportiva, in particolare, rivolte alle
nuove generazioni perché dalla memoria di un
evento luttuoso i giovani possano prendere
coscienza che il calcio e lo sport sono altro da
quello che è accaduto all’Heysel. In questo
40esimo anniversario, come per ogni ricorrenza
tonda, i riflettori si sono accesi su questa
storia per poi spegnersi fino al prossimo
anniversario significativo. Non per
l’Associazione che proseguirà nel suo impegno
costante, nell’oblio dei più, ma con la forza di
chi sa di essere dalla parte giusta: quella
della memoria e della verità.
Fonte:
Associazionefamiliarivittimeheysel.it © 28
maggio 2025
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Heysel,
l’Italia unita per non dimenticare
di Francesco Caremani
Domani il 40°
anniversario della tragedia di Juve-Liverpool,
finale di Coppa dei Campioni: tutte le
iniziative in programma.
Il
40° anniversario della strage dell’Heysel si
avvicina e quest’anno più di altri l’attenzione
alla memoria è massima, anche se per i familiari
delle vittime è sempre stato tutti i giorni e
tutti gli anni. Tra podcast, la esaustiva serie
televisiva di Jean-Philippe Leclaire che andrà
in onda su Sky e un docufilm prodotto dalla Rai
la parte mediatica è più che mai coperta e, nel
contempo, sono tante le iniziative che vedono
coinvolte le famiglie delle vittime, alcune
delle quali fanno capo all’Associazione fra i
Familiari delle Vittime dell’Heysel, presieduta
da Andrea Lorentini, nipote di Otello e orfano
di Roberto, il medico aretino medaglia d’argento
al valore civile per essere morto tentando di
salvare un connazionale.
Le
iniziative -
Ad Arezzo, che piange anche la studentessa
diciassettenne Giuseppina Conti, s’inizierà
questa mattina al Liceo Scientifico-Linguistico
Statale "F. Redi", che negli anni ha intitolato
l’aula di biomedicina a Roberto Lorentini, suo
ex studente, con l’incontro "Heysel 40 anni
dopo. Memoria, sport e responsabilità", promosso
dalla locale sezione Aia e curato da Zenzero
Off. Domani, invece, la giornata "1985–2025.
Arezzo nel ricordo dell’Heysel. La memoria oltre
il tempo" organizzata sempre dall’Aia in
collaborazione con Figc, Coni, Unvs, Panathlon e
Associazione Familiari Vittime dell’Heysel che
consta tre momenti: alle 17, al campo sportivo
"Giusy Conti" di Rigutino, sarà deposto un mazzo
di fiori in sua memoria; alle 17.30, lo stadio
"Roberto Lorentini" ospiterà l’inaugurazione di
un bassorilievo dedicato al medico aretino,
simbolo di altruismo e coraggio; alle 18,
nell’auditorium "Giancarlo Felici" dell’Aia di
via Gramsci, una tavola rotonda dal titolo
"L’Heysel 40 anni dopo", in cui istituzioni e
rappresentanti sportivi dialogheranno con i
ragazzi delle squadre giovanili del territorio.
Heysel, 40
anni dopo - Sempre domani, a
Monte San Savino (Arezzo), si terrà una serata
di riflessione e memoria presso il Teatro Verdi:
"Heysel 1985 - 2025. 40 anni. Oltre il ricordo,
la conoscenza e la consapevolezza", con la
partecipazione, tra gli altri, di Andrea Lorentini. Domani, 29 maggio, allo Scalo Eventi
Torino, la Juventus presenterà ufficialmente
"Verso Altrove", un’opera d’arte dedicata alla
memoria della tragedia dell’Heysel. La cerimonia
vedrà la partecipazione di Fabrizio Landini,
membro dell’Associazione Familiari Vittime,
nipote di Giovacchino Landini di Torino ma
originario di Capannori (Lucca), una delle due
vittime piemontesi, insieme con Domenico Russo
(Moncalieri); ci saranno anche rappresentanti
del Liverpool. Per tutto il mese di maggio, il
Museo del Calcio di Coverciano ospita la
proiezione di un video realizzato
dall’Associazione fra i Familiari delle Vittime
dell’Heysel, con fotografie di Salvatore Giglio
e montaggio di Domenico Laudadio. Venerdì 30,
dalle 11 alle 13, nella sala conferenze "Mario Valitutti" dello stesso, si terrà l’incontro
"Heysel 40 anni dopo. Il valore della memoria",
con la partecipazione di Matteo Marani,
presidente della Fondazione Museo del Calcio,
Andrea Lorentini, presidente dall’Associazione
Familiari delle Vittime, e Paolo Garimberti,
presidente dello Juventus Museum.
Per non
dimenticare -
Infine, il 7 giugno a Bassano del
Grappa ci sarà l’evento a numero chiuso - è
necessaria la prenotazione - "Per non
dimenticare Heysel" con la mostra fotografica di
Salvatore Giglio e la presenza di Stefano
Tacconi, che su quella sera ha sempre raccontato
la verità, per ricordare le due vittime
bassanesi Mario Ronchi e Amedeo Giuseppe Spolaore insieme con gli altri 37 angeli. Perché
la memoria non è l’adorazione della cenere, ma
la custodia del fuoco.
Sei ore da
non perdere per ricordare -
Ricordare. Per mille ragioni, una più nobile
dell’altra. Perché se è vero che la vita è oggi,
ieri e domani sono le parentesi dentro cui poter
disegnare e colorare il presente. Lo scrittore
francese dell’800, Guy de Maupassant, diceva "La
nostra memoria è un mondo più perfetto di quanto
lo sia l’universo: restituisce la vita a coloro
che non esistono più". Eccola, forse, la ragione
principale per cui ricordare fa bene non solo al
cervello ma anche all’anima. Ragione e cuore.
Queste le riflessioni che aiutano a comprendere
perché scegliere di guardare su Sky Sport, a
partire da questa mezzanotte, la docuserie
inedita per l’Italia "Heysel. La tragedia",
basata sull’opera di Jean Philippe Leclaire,
vicedirettore de L’Equipe, realizzata con il
documentarista Eddy Pizzardini per la regia di
Jan Verheyen. Per celebrare i 40 anni della
tragedia in cui morirono 39 persone allo stadio
di Bruxelles (32 italiani) prima della finale di
Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, Sky
Sport ha scelto di trasmettere questa "opera
omnia" che si sviluppa in sei puntate di poco
meno di un’ora l’una: dal racconto di cronaca,
alle testimonianze dei sopravvissuti, dei
familiari delle vittime, i tifosi inglesi, gli
avvocati i magistrati e alcuni giocatori: per i Reds Lawrenson e Lee, per i bianconeri Tacconi,
Brio e Briaschi.
Ricordare
per non dimenticare -
Nel primo episodio si descrive il
fenomeno hooligans, l’arrivo a Bruxelles dei
tifosi inglesi e italiani, le prime avvisaglie
di negligenza degli organizzatori e la
condizione fatiscente dello stadio, col settore
Z che passa da zona neutrale a settore riservato
quasi esclusivamente ai tifosi della Juve fino
al crollo del muro. Nella seconda puntata
protagonista è la tragedia, la confusione totale
che avvolge le forze dell’ordine e le
istituzioni e la criminale superficialità.
Quindi la reazione dei giocatori, dei vertici
UEFA, dei funzionari della Federazione belga e
dei politici. Il terzo episodio parte dal
fischio d’inizio della partita e racconta il
clima surreale in cui la sfida si svolge, con i
giocatori in campo mentre fuori si compie la
conta dei morti. Spazio quindi all’analisi per
capire cosa non ha funzionato, il rientro a casa
dei tifosi inglesi con i primi arresti tra gli
hooligans. La quarta puntata è incentrata
sull’analisi delle responsabilità: le autorità
belga che scaricano la colpa sui tifosi inglesi,
e i tifosi inglesi che danno la colpa alle
autorità. Le prime fasi del processo e la
nascita dell’associazione in memoria delle
vittime voluta da Otello Lorentini, che poi si
costituisce parte civile. L’episodio si chiude
con la prima udienza del processo. La penultima
puntata è dedicata al processo contro gli
hooligans e i vertici dell’Uefa e della
Federazione belga. Nel sesto e ultimo episodio
si elabora il concetto di perdono e di
espiazione e descrive le iniziative avviate per
ricordare le vittime. Approfondisce l’impegno di
Otello Lorentin e di suo nipote Andrea, racconta
l’incontro tra Terry Wilson, il tifoso del
Liverpool condannato, la famiglia Lorentin, e la
storia del tifoso-eroe John Welsh, che salvò
dalla calca sette tifosi della Juve. Il racconto
si sofferma anche su come la violenza nel calcio
non sia stata debellata ma di come la tragedia
dell’Heysel abbia comunque contribuito a
migliorare la situazione negli stadi. Sei ore di
docuserie per ricordare: serve !
Fonte:
Tuttosport.com © 28 maggio 2025
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