
Anche un
friulano tra le vittime dell'Heysel
30 anni fa la
tragedia che costò la vita a 39 persone, tra cui
Nisio Fabbro di Buja, durante la finale di Coppa
dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool.
30 anni fa la tragedia
dell'Heysel, a Bruxelles, in cui morirono 39
persone, di cui 32 italiane e un friulano, Nisio
Fabbro di Buja. Durante la finale di Coppa dei
Campioni tra la Juventus e il Liverpool i tifosi juventini trovarono la morte orribile nel
settore Z dello stadio, travolti dagli hooligans inglesi ubriachi. Le vittime, per scampare alla
furia dei supporter inglesi, morirono
schiacciati contro le balaustre dello stadio e
cadendo dalle gradinate. La tragedia, che
avvenne pochi minuti prima del fischio di inizio
della partita, non fermò il gioco. La legge del
"The show must go on", in questo caso, segnò per
sempre il mondo del calcio, incapace di fermarsi
dinanzi alla morte. "Non sapevamo cosa era
davvero successo, avevamo avuto notizie di un
morto, forse due, ma non potevamo immaginare una
tragedia così grande", avrebbero detto poi i
giocatori bianconeri, costretti a disputare il
match.
La partita,
commentata in diretta per la Rai dal giornalista
friulano Bruno Pizzul, venne vinta dalla
Juventus con un calcio di rigore segnato da
Platini. Le vittime dell'Heysel sono state oggi
ricordate a Bruxelles con una cerimonia
pubblica. "La giornata del 29 maggio - spiega la
società bianconera sul sito ufficiale - sarà
dedicata al ricordo da parte di tutti i
tesserati Juventus. Per troppi anni quelle 39
vittime sono state oggetto di scherno
finalizzato unicamente ad attaccare i colori
bianconeri: un'azione vile che non dovrebbe
trovare cittadinanza in nessuno stadio ed in
nessun dibattito sportivo. Questo anniversario
dovrà essere utile anche alla riflessione per
evitare che simili comportamenti si ripetano". Pizzul ha ricordato
oggi in un'intervista di Valerio Rosa di
Tuttosport la tragedia e quella telecronaca: "Il
crollo del muraglione sulla curva Z, ovvero
l'evento che causò tutte le vittime, avvenne più
o meno alla stessa altezza della tribuna
centrale che ospitava le nostre postazioni di
telecronisti - racconta a Tuttosport. Sentimmo
il tonfo, vedemmo la gente sciamare all'interno
del campo di gioco, ma le notizie che ci
arrivavano erano centellinate, contraddittorie e
prive di qualsiasi certezza. A lungo nessuno
parlò di morti, poi si seppe che c'era qualche
ferito, anche se le immagini che fluivano
lasciavano presupporre un bilancio più grave".
"Le autorità belghe chiesero alle squadre di
giocare e lì ebbi un altro dubbio - confessa
Pizzul a Tuttosport: per un po' pensai di non
commentare quella partita, ma poi lo feci,
ripromettendomi di essere il più asettico e
impersonale possibile".
29 maggio 2015
Fonte:
Ilfriuli.it
© Fotografia:
Turismofvg.it
Un friulano
racconta: "Quel 29 maggio
all’Heysel vidi morire
il mio amico"
di Maura Delle
Case
Adriano Zanini,
di Buja, parla per la prima volta a trent’anni
dalla tragedia della finale di Champions tra
Liverpool e Juventus: "Eravamo partiti in sette,
in camper, doveva essere una festa ma finì in
tragedia".
BUJA - Sugli spalti
dell’Heysel ha lasciato scarpe e calzini.
Strappati da tifosi disperati in cerca di un
appiglio qualsiasi per rialzarsi da terra.
Ricorda distintamente la sensazione. Le mani che
si aggrappano, strette come cinghie, attorno
alle sue caviglie poco prima di scivolare via,
mentre lui, ormai scalzo, guadagna la recinzione
del campo, la scavalca, si tuffa sul terreno di
gioco. Finalmente in salvo. Dura più di un’ora
l’inferno di Adriano Zanini all’Heysel. La
finale di Champions tra Liverpool e Juventus
doveva essere l’occasione per una trasferta in
compagnia. Sette amici, un camper e una partita
di calcio da vedere. Torneranno in sei.
"Doveva essere una
festa. E invece...", dice tra sé. Oggi ha 66
anni, è in pensione. Ed è il braccio destro di
Enzo Cainero nell’organizzazione delle tappe
friulane del Giro d’Italia. Un uomo di sport,
che pure, dopo l’Heysel, in un grande stadio non
ha più voluto mettere piede. Impossibile, di
fronte all’erta degli spalti senza tornare con
la memoria a quella sera tragica. Alle urla. Le
richieste d’aiuto. I morti. Trentanove in tutto.
Un friulano: Nisio Fabbro, muratore di 51 anni.
Morì schiacciato contro una colonna. Trascinato
dalla forza, inarrestabile, delle migliaia di
persone in fuga. A trent’anni dalla pagina più
nera della storia del calcio ha deciso di
rompere il silenzio. Di raccontarci il suo 29
maggio 1985. Sono appena le 17 quando fa il suo
ingresso allo stadio. Destinato al settore Z.
C’è tempo per guardarsi intorno. Assaporare
l’attesa del fischio d’inizio. Poi, arriva il
calcio che dà il via alla partita e con quello
anche i primi disordini scatenati dagli
hooligans. "Bandiere strappate, palle infuocate
lanciate contro noi tifosi. La situazione
degenerò in un attimo". A Zanini trema la voce.
"Ricordo grida dappertutto, gente che fugge in
cerca di scampo. Ci ritrovammo schiacciati,
spinti sempre più verso un angolo senza via
d’uscita. C’erano persone a terra, che venivano
calpestate. Nelle orecchie sento ancora le
grida, vedo le immagini di una folla immensa".
Tre dei sette friulani riescono a uscire dallo
stadio scavalcando la recinzione. Zanini invece
resta dentro. "Mi sono sentito sfilare le
scarpe. Poi anche i calzini. La gente finita a
terra cercava aiuto ma in quel momento non
potevo pensare ad altro se non alla mia
salvezza. Non so nemmeno come, schiacciato e
spinto, a un certo punto mi sono trovato davanti
alla recinzione del campo, l’ho superata e
finalmente sono entrato sul terreno di gioco".
Salvo. "Miracolato", ci corregge. A poche decine
di metri di distanza un altro destino tocca
all’amico Nisio. "E’ finito massacrato contro
una colonnina di cemento" dice Zanini. Poi si
ferma per un attimo. "Mi sono ritrovato davanti
una distesa di morti. Poi ho udito il fischio
d’inizio". Agli amici, che nel frattempo si
ritrovano fuori dallo stadio, la situazione
appare subito chiara. Sono in cinque anziché
sette. Uno di loro è finito, ferito al pari di
altri 600 tifosi, all’ospedale. Fabbro non si
trova. "Andammo all’ufficio di polizia sapendo
già in cuor nostro la verità. La mezzanotte era
passata da poco, ma l’elenco era già pronto.
Quello di Nisio era il secondo nome sulla lista.
Ripartimmo la mattina dopo". E non fu tutto. A
Buja, per il funerale, arrivò la bara di un
calabrese. Ultima beffa di questa tragedia.
29 maggio 2015
Fonte:
Messaggeroveneto.gelocal.it
(Testo ©
Fotografia)
Venerdì
l’omaggio a Fabbro 30 anni dopo l’Heysel
Ricorre il
trentesimo anniversario della tragedia avvenuta
durante la finale di Coppa dei Campioni tra la
Juventus e il Liverpool: Buja ricorda la sua
vittima.
BUJA
- Ricorre domani il trentesimo anniversario
della tragedia avvenuta durante la finale di
Coppa dei Campioni tra la Juventus e il
Liverpool. Quel giorno, nello stadio Heysel di
Bruxelles, persero la vita 39 persone e altre
decine rimasero ferite. Tra le vittime anche un
friulano, Nisio Fabbro, di Buja. Aveva 51 anni,
sposato con Marilena, lavorava nella tessitura
Iftam e collaborava con la Polisportiva Bujese.
Su iniziativa di Ivo Del Negro, presente nella
tristemente famosa curva Z in cui si trovavano i
sostenitori della Juventus e con la
collaborazione di Luca Marcuzzo (già sindaco di
Buja e parente di Nisio Fabbro) domani alle 18
sarà deposto un mazzo di fiori sulla tomba dello
sfortunato tifoso. Erano numerosi i supporter
friulani presenti a Bruxelles che assistettero
alla strage, avvenuta in uno stadio fatiscente e
inadeguato a ospitare una finale di Coppa
Campioni mentre si scatenava la furia dei tifosi
della squadra inglese contrastata dalle forse
dell’ordine in modo non adeguato. Sabato scorso,
ricorda ancora Del Negro, durante la partita
Juventus-Napoli (che al termine prevedeva anche
la premiazione per lo scudetto appena vinto) al
minuto 39 è apparso nella tribuna sud un grande
striscione che ricordava le vittime dell'Heysel,
mentre tra i due anelli dello stadio un grande
striscione riportava la scritta "Nessuno muore
veramente se vive nel cuore di chi resta, per
sempre". Alla deposizione dei fiori, oltre al
presente anche Paolo Gonano, presidente del
Juventus Club "Alpe Adria" che ha sede a Gemona,
saranno presenti anche numerosi sostenitori
della Juventus. In seguito una delegazione si
recherà nell'abitazione della vedova signora
Marilena per rinnovare le condoglianze. Alle 19
nel duomo di Santo Stefano a Buja sarà celebrata
una messa in suffragio di Nisio Fabbro.
28 maggio 2015
Fonte:
Messaggeroveneto.gelocal.it
© Fotografia:
Rete.comuni-italiani.it
39 VITTIME
Nello stadio
maledetto ucciso anche un friulano
La
strage dello stadio Heysel, avvenuta il 29
maggio 1985, rappresenta una delle pagine più
nere della storia del calcio. Sono passati più
di 27 anni da allora, ma il ricordo è rimasto
vivo. Tra le 39 vittime (32 italiani e 7 tra
belgi, francesi e irlandesi) vi fu anche un
tifoso friulano della Juve, Dionisio Fabbro, di
Buja, che all’epoca aveva 51 anni. Un altro
friulano, il professionista udinese Paolo
Miseri, si salvò per miracolo. Quel mercoledì
sera, nello stadio di Bruxelles, si giocava la
finale di Coppa Campioni (oggi si chiama
Champions League) tra il Liverpool e la
Juventus. Prima dell’inizio della gara i tifosi
delle due squadre vennero a contatto nel settore
Z del fatiscente impianto. Gli hooligans, la
tifoseria più "accesa" del Liverpool caricò
letteralmente la curva dove c’erano gli italiani: in pochi istanti abbatterono le
recinzioni e i pochi poliziotti furono costretti
alla fuga. Così in quel settore Z dove avrebbero
dovuto starci 3 mila persone, se ne accalcarono
più di 6 mila. Molti morirono schiacciati dalla
folla che fuggiva terrorizzata. La finale,
nonostante la tragedia, si giocò lo stesso, in
un clima surreale e fu vinta dalla Juventus.
8 ottobre 2012
Fonte:
Messaggeroveneto.gelocal.it
©
Fotografie: La Gazzetta dello Sport
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