
Moncalieri dedica un impianto a Domenico
Russo
giovane vittima della tragedia dell’Heysel
Il sindaco Montagna: "Lo avevamo
promesso, il 29 maggio del 2015, nel 30° anniversario di quella
notte terribile. Lo abbiamo fatto per rendere omaggio alla
storia di questo ragazzo e alla sua famiglia".
MONCALIERI - La Città
di Moncalieri ha dedicato l’impianto sportivo di strada Vignotto
a Domenico Russo, giovane moncalierese vittima della tragedia
dell’Heysel avvenuta il 29 maggio del 1985 quando la giovane
vittima aveva appena 26 anni. Alla cerimonia di intitolazione
hanno partecipato anche lo Juventus Fan Club, di cui Domenico
era socio, e il Toro Club "Valentino Mazzola" di Moncalieri,
mettendo in scena un bellissimo gemellaggio della memoria.
ANDREA AGNELLI - In
modo indiretto ha partecipato anche Andrea Agnelli con una
lettera inviata al sindaco di Moncalieri, Paolo Montagna: "Il 29
maggio rappresenta per il popolo bianconero una data da
commemorare, nel ricordo delle 39 vittime, in quella che avrebbe
dovuto essere una serata di festa e di sport, ma che si è
tristemente tramutata nella tragedia dello stadio Heysel", ha
scritto il presidente della società bianconera, "sono passati
tanti anni, ma il ricordo è sempre vivo in ognuno di noi,
juventini e non, ed è importante rinnovare questa memoria
affinché nessuno dimentichi e per evitare che simili tragedie
possano accadere nuovamente. Con questo mio pensiero voglio
essere vicino, a titolo personale e in rappresentanza della
Juventus, alla famiglia di Domenico Russo e rivolgere a Lei un
ringraziamento per l’impegno e la sensibilità dimostrata
portando avanti la memoria di chi purtroppo ha perso la vita in
quella tragica giornata".
LA MOGLIE DI DOMENICO
- Presente anche la moglie di Domenico Russo, Tiziana, che
all’epoca era in attesa del loro primo figlio che nacque
nell’agosto successivo e che lei scelse di chiamare Domenico
proprio in memoria del padre. "Lo avevamo promesso, il 29 maggio
del 2015, nel 30° anniversario di quella notte terribile", ha
commentato il sindaco Montagna, "lo abbiamo fatto per rendere
omaggio alla storia di questo ragazzo e alla sua famiglia, e
anche per guardare avanti, affinché su questa targa altri
ragazzi possano leggere e ricordare, insieme al nome di Domenico
Russo, i veri valori dello sport".
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14 maggio 2018
Fonte: Torino.diariodelweb.it
© Fotografia
© Video:
Comitato Heysel
Tiziana, moglie di Domenico
Russo: al marito sarà dedicato il campo di Moncalieri
"Noi, dimenticati dopo la
tragedia dell’Heysel"
di Massimo Massenzio
"Intitolare il campo sportivo a
Domenico è un gesto bellissimo. Uno dei pochi in questi 33 anni
in cui si è cercato più di dimenticare che di ricordare". Seduta
al tavolo della sua cucina Tiziana Fecchio sfoglia i vecchi
album e non riesce a trattenere la commozione quando compaiono
le foto di suo marito, morto a 26 anni allo stadio Heysel di
Bruxelles, prima della finale di Coppa dei Campioni,
Juventus-Liverpool. Da domenica l'impianto del Vignotto, a
Moncalieri, porterà il nome di Domenico Russo e sarà il primo
campo da calcio in Italia dedicato a una delle 39 vittime
dell'Heysel. (NdR: non è il primo e speriamo neanche l’ultimo…)
"Apprezzo tantissimo la decisione del Comune di Moncalieri e mi
auguro che qualcuno colga questo messaggio. Comprendo che non
sia facile ricordare uno stadio inadeguato, una finale che non
si sarebbe dovuta giocare e una coppa ancora più difficile da
festeggiare. Però per noi, per i famigliari di quelle 39 persone
uccise, una maggiore vicinanza sarebbe stata importante. Piccoli
gesti, ma magari ripetuti ogni 29 maggio, da parte della società
Juventus e anche del Comune di Torino. Ci saremmo sentiti meno
soli". Quella tragica sera Tiziana era davanti alla televisione:
"Ma non avevo capito bene che cosa stesse succedendo. Domenico
non era un tifoso sfegatato. Non riusciva a trovare i biglietti
e poi, due giorni prima della partita, si materializzarono quei
posti nel settore Z. Ho saputo della sua morte dal
telegiornale". Tiziana era al quinto mese di gravidanza e 3 mesi
e mezzo dopo è nato il figlio Domenico: "Si sarebbe dovuto
chiamare Adriano, ma poi abbiamo deciso diversamente. È
cresciuto senza conoscere suo padre e non mi ha mai chiesto
troppe informazioni per non farmi rivivere quei momenti. Solo in
occasione del trentennale" ha fatto una vera e propria full
immersion. Ma poi è ritornato alla sua vita, in Veneto, con i
suoi tre splendidi figli". A Tiziana sono rimaste decine di
fotografie che la ritraggono con suo marito. Domenico sorrideva
sempre: "Amava la vita, lo sport e i bambini. E non è riuscito a
vedere nascere il suo".
11 maggio 2018
Fonte: Il Corriere della Sera
© Fotografie:
Tiziana Fecchio
 La
storia una ferita mai chiusa
"Ma io non posso gioire"
Parla una delle vedove dell'Heysel
Undici
anni dopo Bruxelles, c'è chi non riesce a festeggiare la
vittoria bianconera in Coppa Campioni. I parenti di Domenico
Russo e Giovacchino Landini, i due torinesi nell'elenco delle 39
vittime della strage all'Heysel, finale 1985 tra Juventus e
Liverpool, non hanno dimenticato quella notte di sangue, le
immagini dello stadio devastato dagli hooligan inglesi, la voce
di Pizzul che commentava una partita che nessuno aveva osato
sospendere. E poi le telefonate della polizia, la faccia triste
del funzionario incaricato di dare il "doloroso annuncio",
mentre fuori i tifosi urlavano di gioia, come se non fosse
successo nulla. Tiziana Russo, la vedova di Domenico, aveva 26
anni, e portava in grembo un figlio che a settembre compirà 11
anni, e a cui è stato dato il nome di papà. Dimenticare ? E come
si fa ? "Questi - racconta nella sua casa di Moncalieri, in via
(omissis) - sono i giorni peggiori. Mi rendo conto che questa
tragedia ha cambiato la mia vita e quella dei familiari delle
altre vittime. Ma al mondo dello sport, al Paese, in fondo non è
mai importato più di tanto di noi. Passato il primo mese in cui
tutti venivano a portarmi le loro condoglianze, e a promettere
per mio figlio borse di studio che devo ancora vedere, si è
preferito dimenticare quei 39 morti. Ma io non dimentico. E non
posso perdonare. Non ci riesco". Al processo, a Bruxelles,
questa donna è stata "risarcita" con 100 milioni. Adesso fa la
collaboratrice domestica, segue il figlio a scuola e lo
accompagna a karate. L'altra sera erano dagli zii, lei e il
piccolo Domenico: "Non volevano accendere la televisione, ma io
non ho voluto. La partita l'ha vista anche Domenico, che non ama
il calcio e comunque fa il tifo per il Torino. Ormai questa
tragedia appartiene solo a me, non voglio che gli altri si
sentano condizionati, non sarebbe giusto, il mondo deve andare
avanti". Anche lei l'ha vista, la partita. E confessa che in
fondo in fondo si aspettava qualcosa di più dalla società. In
che senso ? "Mi dicevo: adesso qualcuno prende la Coppa e la
dedica alla memoria di quelli morti nello stadio Heysel". Non è
successo, e Tiziana Russo non è stupita più di tanto: "Anche 11
anni fa pensavo che il trofeo sarebbe stato restituito". (g. a.
p.)
24 maggio 1996
Fonte: La Stampa
©
Fotografie:
Il Corriere della Sera - Stampa Sera
E' nato Domenico figlio del
tifoso ucciso a Bruxelles
A
tre mesi e 16 giorni dalla tragedia di Bruxelles, è nato il
figlio di Domenico Russo, il tifoso juventino rimasto ucciso
sugli spalti dello stadio Heysel. La moglie, Tiziana Fecchio, 24
anni, ha dato alla luce martedì, all'ospedale di Moncalieri un
bambino: si chiamerà Domenico, come il padre. "Per qualche
giorno Tiziana e il piccolo staranno da noi. Poi, torneranno
nella loro casa. Certo siamo contenti, ma il dolore per la morte
di Domenico non si è ancora spento", spiega la madre di Tiziana.
Domenico Russo, elettricista, seguiva per la prima volta la Juve
all'estero. I famigliari per un paio di giorni hanno vissuto in
un alternarsi di speranze e delusioni. Mentre, infatti, era
arrivata la notizia della morte del giovane, i giornali hanno
pubblicato una fotografia dei disordini, dove è stato
riconosciuto Domenico Russo. Questo ha fatto pensare che fosse
ancora in vita. Solo in un momento successivo la verità: il
giovane era stato immortalato un attimo prima che cadesse,
travolto e ucciso dalla folla.
21 settembre 1985
Fonte: La Stampa
©
Fotografia:
Wikipedia.org
Stamane si svolgono i funerali
di Domenico Russo di Moncalieri; lascia la moglie di 24 anni,
incinta di 5 mesi
Ultimo addio alle vittime di
Bruxelles, uccise dal fanatismo
Grande commozione, sabato, al
rito funebre di Giovacchino Landini - Monsignor Franco Peradotto:
"Bisogna stabilire fino a che punto l'agonismo sia accettabile"
- Un toccante messaggio di pace, di fratellanza e di
riconciliazione del vescovo di Liverpool.
Si
svolgono questa mattina i funerali di Domenico Russo, il tifoso
juventino di Moncalieri, rimasto ucciso nel massacro di
Bruxelles prima dell'inizio della partita di finalissima per la
Coppa dei Campioni. La salma, in una bara scura avvolta dal
tricolore, è rimasta nel salotto della casa di famiglia in via
(omissis) e da qui parte alle 9. La Messa in chiesa celebrata
dal parroco e poi la tumulazione al cimitero. Alla cerimonia ci
saranno tifosi juventini, delegazioni dei club bianconeri,
dirigenti e giocatori, le autorità a cominciare dal sindaco. E
centinaia di persone: le stesse che, sabato sera, sotto la
pioggia, hanno atteso il piccolo corteo di auto dietro il carro
funebre in arrivo. Grande pietà e grande tristezza. Domenico
Russo era uno sportivo che non perdeva una partita della sua
squadra del cuore, ma che, a sua volta, giocava a calcio e
faceva parte di una equipe di ping-pong. Lascia la moglie
Tiziana Fecchio, 24 anni, incinta di cinque mesi, che dapprima
si è aggrappata a un filo di speranza augurandosi che il
Domenico Russo morto fosse soltanto un omonimo del marito. Poi è
rimasta impietrita dal dolore: due notti senza dormire,
sostenuta da tranquillanti e da un'infinita tristezza che le
spezza il cuore. Ci sono stati attimi di grande commozione
mentre si celebrava il rito funebre per l'altro torinese rimasto
ucciso in Belgio: Giovacchino Landini, 50 anni, titolare di un
ristorante in via Spotorno, sposato, padre di due figli. La
Messa è stata celebrata nella chiesa di Santa Monica, dal
parroco don Michele Donadio, ma l'omelia è stata pronunciata da
monsignor Franco Peradotto. Poche parole. La tragedia di
Bruxelles porta angoscia, lacrime e pietà ma deve insegnare
qualche cosa: "bisogna rivedere i criteri con i quali si esprime
il tifo per una squadra e stabilire fino a che punto l'agonismo
sia accettabile. E' stato letto un messaggio del vescovo di
Liverpool che ha scritto parole di pace, di fratellanza e di
riconciliazione. Un migliaio di persone ha assistito al rito.
Durante la cerimonia grande silenzio appena rotto dai singhiozzi
dei familiari. Un lungo applauso quando la bara è comparsa sulla
porta della chiesa.
3 giugno 1985
Fonte: Stampa Sera
(Testo
©
Fotografia)
La pietà di Moncalieri
 Avvolto
nel tricolore, il feretro con il corpo di Domenico Russo è
giunto a Moncalieri, in via (omissis), alle 17.45, mentre sulla
zona si scatenava un violento temporale. Davanti
all'appartamentino al piano terra dell'edificio, un centinaio di
persone erano in attesa della bara da un paio d'ore. La vedova,
Tiziana Fecchio, 24 anni, incinta di 5 mesi, insonne da due
giorni e imbottita di tranquillanti, alla vista del feretro è
rimasta impietrita, muta nel suo infinito dolore. Non si
contavano i volti arrossati dal pianto, di genitori, fratelli e
parenti della vittima. Alcuni familiari del Russo
sono giunti dalla Sicilia, quelli della moglie dalla provincia
di Rovigo. Al momento del trasferimento a braccia del feretro
dal carro funebre al salottino dei Russo, non una parola o un
grido, soltanto un raggelante silenzio rotto da tuoni e dal
ticchettio della pioggia a dirotto. Sono arrivati il sindaco di
Moncalieri, Fiumara, con il presidente del Juventus club di
Moncalieri, Giuseppe Bricarello, e il vicepresidente Enrico
Gardino. Il club cui apparteneva da anni Domenico Russo e che ha
aperto una sottoscrizione a favore della vedova. C'era anche
Mauro Occelli, l'amico più caro del Russo, col quale doveva
recarsi a Bruxelles in auto. All'ultimo momento, l'Occelli ha
dovuto rinunciare al viaggio per impegni di lavoro. Lo stesso
Occelli era uno dei 4 componenti la squadra di tennis da tavolo
Borgo Ale (con Russo, Mauro Marazzato e Alberto Moschella,
rimasto ferito a Bruxelles) che tra pochi giorni doveva
partecipare a un torneo. Domenico Russo non era soltanto uno
sportivo che non perdeva una partita della Juve, giocava lui
stesso al calcio in una squadra del Csi ed era molto abile anche
nel ping pong. La vedova Tiziana Fecchio non se l'è sentita di
partecipare al rosario recitato alle 18,30 nella chiesa del
Beato Bernardo in suffragio del marito. Vi si sono recate alcune
centinaia di persone. Lei è rimasta accanto alla bara fino a
tarda sera. I funerali si svolgeranno domani mattina.
2 giugno 1985
Fonte: La Stampa
©
Fotografie:
Tiziana Fecchio - Juventus Club Moncalieri
Alle 18 i funerali di Giovacchino Landini
Tornati a casa i due torinesi uccisi a Bruxelles
Erano partiti in pullman, allegri e in
numerosa compagnia, verso una giornata di festa: comunque si
fosse conclusa la partita fra Juventus e Liverpool, il viaggio a
Bruxelles sarebbe stato ugualmente una piccola avventura, da
ricordare con qualche regalino acquistato in Belgio e con la
solita raffica di cartoline. Sono tornati con un mezzo "di
lusso", l'aereo, ma chiusi dentro una bara: e di fronte
all'assurdità delle loro e delle altre morti, tante, troppe, non
c'è spiegazione che tenga, non c'è ricerca di responsabilità e
punizione di colpevoli che possa attenuare il dolore, la rabbia.
Le salme di Giovacchino Landini e Domenico Russo sono state
rimpatriate stamane su un aereo dell'Aeronautica militare
atterrato a Linate con a bordo anche altri feretri, diretti in
località diverse dell'Italia Settentrionale. Da Milano le due
vittime torinesi sono state portate a Torino in furgoni funebri:
i funerali si svolgeranno oggi alle 18 per il ristoratore
cinquantenne di via Spotorno nella chiesa di Santa Monica (in
via Cortemilia angolo via Tirone), presenti il sindaco Giorgio
Cardetti e il gonfalone della città, e lunedì mattina alle 9 per
l'elettricista ventiseienne di Moncalieri. I due non si
conoscevano: in comune avevano una grande
passione
sportiva per la squadra del cuore e i biglietti di quel
maledetto settore Z dello stadio Heysel che il destino ha voluto
attribuire loro. Landini in un modo che non può non fare ancora
più male, pensando a quella infinitesimale curva della sorte che
ha spento la sua vita. L'uomo, sposato con due figli, era
infatti partito martedì sera da piazza Castello, su uno dei
trenta pullman organizzati dal Juventus Club di via Bogino, con
un biglietto verde dei settori M-N-O, ma a Bruxelles ha
incontrato dei conoscenti che avevano posti nella zona Z: "E'
venuto da me nel piazzale dei pullman - spiega il presidente del
club, Piercarlo Perruquet - e mi ha chiesto di cambiargli il
tagliando, per stare con loro. Il biglietto grigio del settore Z
gliel'ho dato io". Era uno dei venti tagliandi circa ricevuti
dal vicepresidente dell'Anderlecht Club: forse si sarebbe dovuto
pensare al pericolo di mandare dei tifosi juventini in una zona
in precedenza appositamente riservata a una fascia "neutrale" di
spettatori belgi, ma l'errore (se di errore si tratta, dopotutto
è assurdo che si debba affrontare uno spettacolo, in un Paese
cosiddetto civile, con le cautele necessarie in caso di
guerriglia urbana) appare commesso sicuramente in buona fede. I
due fratelli di Domenico Russo partiti ieri mattina per
Bruxelles hanno avuto la conferma definitiva della sua morte
quando si sono trovati davanti alla salma: fino all'ultimo i
familiari del giovane di Moncalieri (sposato da quattro anni,
sua moglie attende un bimbo) non avevano rinunciato alla
speranza, per labile che fosse. Un'omonimia e il fatto che il
giovane apparisse vivo in una drammatica fotografia pubblicata
dai giornali avevano sostenuto a lungo il rifiuto della realtà:
"Non volevamo crederci, non era possibile che il Domenico Russo
sull'elenco delle vittime fosse proprio lui. E all'inizio dal
Belgio ci hanno detto che era solo ferito, non hanno avuto il
coraggio di dirci subito la verità". Ieri sera, all'arrivo a
Caselle del C130 che riportava a Torino due feriti (uno è
Alberto Moschella, con un braccio spezzato, cui è stato
assicurato tutto l'aiuto necessario) e un primo gruppo di
parenti delle vittime, era presente anche il sindaco Cardetti.
Non ha voluto turbarli ancora di più, in un momento già
abbastanza sofferto: solo poche parole di solidarietà, di
conforto, prima che parenti e amici sottraessero quei visi
contratti dal dolore, ma anche da una sorda rabbia,
all'inevitabile raffica di flash dei fotografi, alle domande dei
giornalisti e ai riflettori della televisione. Incredibile
infine la totale scomparsa (ne parliamo a parte) di un altro
tifoso di Moncalieri, Marco Manfredi, 40 anni, che sembra
svanito nel nulla, da quando è entrato nello stadio mercoledì.
m.sp.
1 giugno 1985
Fonte: Stampa Sera
(Testo
©
Fotografia
Articolo)
Lo
strazio dei famigliari di Domenico Russo
Due morti accertati ma di altri
tifosi non si sa nulla
Da
Bruxelles non sono tornati in due a Torino: Giovacchino Landini,
50 anni, titolare di una trattoria toscana in via Spotorno 33
alla barriera di Nizza, abitazione in via (omissis), e Domenico
Russo, 26 anni, un elettricista di Moncalieri, dove abitava in
via (omissis). Entrambi sono tra le liste ufficiali dei morti;
le salme non si sa ancora quando arriveranno. Due famiglie
sconvolte dal dolore, per un dramma senza senso, brutale,
crudele, imprevedibile. Prima del rimpatrio dei corpi (con aerei
militari italiani) devono essere fatte le autopsie di tutte le
vittime, quindi ci vorrà ancora qualche giorno. Giovacchino
Landini, originario di Capannori in provincia di Lucca, aveva
sempre solo frequentato lo Stadio Comunale torinese; tra il
lavoro e la famiglia - la moglie Carola Bandiera e due figli,
Monica di 22 anni e Andrea di 15 - non aveva tempo e soldi per
seguire le trasferte. Lo dipingono come un tifoso tranquillo, di
indole pacifica, non iscritto al Club Juventus; tuttavia
frequentava il circolo di via Bogino. Per una volta tanto aveva
invece deciso di seguire da vicino la mitica partita della Coppa
dei Campioni. Il biglietto gli era costato 50 mila lire al
mercato nero, dato che gli ingressi normali da diecimila lire
erano esauriti. "Ti porterò indietro il biglietto - aveva detto
al figlio Andrea di 15 anni - lo terrai per ricordo". La moglie
si dispera: "E' colpa mia, non dovevo lasciarlo partire. Stavo
lavorando nel locale la sera del disastro e ho cominciato a
sentire notizie di scontri e disordini per radio. Poi ho visto
anche la televisione e mi sentivo morire. I clienti mi
rincuoravano, tutti dicevano vedrai che a Giovacchino non è
capitato niente. Io mi facevo forza, sorridevo ai clienti, ma
avevo un presentimento". "Papà è finito in quel settore, isolato
dal suo gruppo proprio perché non aveva trovato il biglietto per
tempo: "Quella sera ho cercato per due ore di telefonare a
Bruxelles - aggiunge la moglie - ai numeri che diceva la
televisione, ma ho trovato sempre occupato. E la gente a Torino
? Come hanno fatto quelli che sono andati in giro di notte con
le bandiere e a suonare i clacson, a dimenticarsi dei morti e
dei feriti ? Sul massacro continuano ad arrivare testimonianze;
molti telefonano al giornale raccontando la propria esperienza,
sempre tragica, allucinante. Arnalda Girani, 57 anni, di
Scopello in Valsesia telefona: "Ho visto con i miei occhi degli
inglesi che hanno aggredito un poveretto che vendeva maglie e
bandiere della Juve, e gli hanno rubato la roba, poi sono
entrati nel settore degli italiani travestiti da juventini. Noi
abbiamo denunciato il fatto subito alla polizia che non ha mosso
un dito. Bisogna dirle queste cose. Alla fine gli inglesi se ne
sono andati via con cinque pullman e nessuno gli ha detto
niente". A Moncalieri, nella casa di Domenico Russo, si stenta
ancora a credere alla notizia della morte; la moglie del
giovane, Tiziana, incinta di sette mesi, non vuole accettare la
verità. Tra l'altro ci sono state lunghe ore di incertezze,
informazioni incomplete e non controllate prima di avere la
verità. Uno dei fratelli, Salvatore, è stato informato dai
carabinieri, ma tutti in famiglia hanno sperato ancora, che si
trattasse di un errore, che Domenico tornasse a casa. Russo si
era sposato quattro anni fa; lavorava come elettricista in una
piccola azienda. "Non era mai andato all'estero in vita sua -
racconta il fratello Salvatore - e neanche in altre parti
d'Italia. Solo una volta era andato a Cremona a vedere la Roma.
Era da tanto, che sognava di andare a vedere la finale della
coppa dei campioni. Finalmente era riuscito. E' partito martedì
sera col suo amico Alberto "che è rimasto ferito a un braccio. E
non è più tornato. Adesso c'è il problema di andare fino a
Bruxelles". La tragedia comunque non è ancora finita; parecchi
degli spettatori presenti allo stadio Heysel, non sono ancora
tornati a casa e le famiglie sono col cuore in gola perché non
hanno avuto notizie, né sanno con precisione a chi rivolgersi.
Nella capitale belga, non è ancora tutto finito, il grande caos
non si è ancora ricomposto, alcune vittime non sono ancora state
identificate, né è da escludere che qualcuno sia vagante chissà
dove in stato di choc.
31 maggio 1985
Fonte: Stampa Sera
©
Fotografia:
L'Unità
Questa mattina da Caselle un
velivolo militare con i parenti delle vittime
Un aereo carico di dolore è
partito per Bruxelles
A bordo i congiunti di Domenico
Russo e Giovacchino Landini e molti che vogliono visitare i loro
cari negli ospedali della capitale belga. Due corpi ancora senza
nome.
Con
un aereo militare è partito stamane da Caselle per Bruxelles un
gruppo di parenti di tifosi juventini rimasti coinvolti nella
tragedia dello stadio Heysel. Per due di loro (Salvatore Russo,
fratello del ventiseienne Domenico, e un fratello di Giovacchino
Landini, 50 anni), un viaggio senza speranza, una triste
necessità: si recano infatti nella capitale belga per il
riconoscimento ufficiale dei cadaveri dei loro congiunti, la cui
identificazione è purtroppo ormai certa. I parenti di Russo,
elettricista, sposato da quattro anni (la moglie Tiziana è in
attesa d'un figlio), si sono illusi fino all'ultimo che quel
nome sull'elenco delle vittime non fosse quello del "loro"
Domenico: a vedere la partita era andato infatti anche un
omonimo, l'ex assessore comunale "scissionista" dal pli, e per
alcune ore la coincidenza è servita a cullare la speranza. Poi
la terribile conferma (due fratelli del giovane l'hanno avuta in
questura, dopo aver riconosciuto Domenico su una drammatica
fotografia pubblicata da "Stampa Sera" ieri), che è stata tenuta
per qualche tempo nascosta dal fratello minore Salvatore, il
primo ad averla intuita ma che non aveva il coraggio di rivelare
la verità, in particolare alla cognata. La moglie di Landini,
Carola Bandiera, e i figli Monica e Andrea, hanno invece appreso
quasi subito, alle due della notte fra mercoledì e giovedì, che
il destino aveva loro portato via in modo così assurdo e feroce
il marito e padre. Un destino che ha accomunato anche in un
altro commovente modo Domenico Russo e Giovacchino Landini:
entrambi infatti si recavano per la prima volta a seguire la
squadra del cuore fuori Torino, il desiderio di vedere la
Juventus conquistare finalmente la Coppa Campioni era stato
troppo forte. Le altre persone che si sono imbarcate sull'aereo
militare sono parenti di feriti ancora ricoverati negli ospedali
belgi, dove restano ancora diverse persone in coma e anche due
corpi senza vita ai quali non è stato possibile dare un nome.
31 maggio 1985
Fonte: Stampa Sera
©
Fotografia:
Aeroportoditorino.it
Ventisei anni, il suo nome è nell'elenco ufficiale dei morti
Ma la famiglia spera "Domenico
è vivo"
di Beppe Minello
A
Moncalieri, in casa di Domenico Russo, 26 anni, una delle
vittime cui la polizia belga solo ieri mattina è riuscita a dare
un nome e un volto, la tragedia non s'è ancora consumata. E' già
l'imbrunire, ma la moglie Tiziana (incinta di sette mesi e poco
più giovane del marito), i genitori e la cognata, riuniti nella
casa dei suoceri, in via (omissis), rifiutano con rabbia e
disperazione la notizia che il loro caro è morto nel massacro di
Bruxelles. L'unico che conosce la terribile verità è il fratello
più giovane della vittima, Salvatore. Ha appena telefonato a
Roma: "Sì, mi hanno confermato che Domenico è morto. Qui tutti
sperano che non sia vero perché le prime notizie parlavano di un
morto che aveva lo stesso nome di mio fratello, ma più giovane.
Al telefono mi hanno dato la certezza che è proprio Domenico, ma
come faccio a dirglielo ? Ho paura che Tiziana possa perdere il
bambino per lo spavento... Mio padre mi è già svenuto tra le
braccia... Non posso, non posso proprio". Stenta a trattenere le
lacrime. Ammutolisce quando dalla cortina del giardino di casa
escono alcuni parenti. "Ma perché venite da noi, non è detto che
Domenico sia morto", reagisce una donna. E' la suocera di
Domenico Russo. Si calma un attimo e, rivolta al cronista,
chiede: "Dateci una mano ad andare lassù, a Bruxelles. Io, mio
genero, l'ho visto al telegiornale di mezzogiorno, era su una
barella: morto". Poi, quasi a scacciare una verità che nemmeno
lei vuole riconoscere, ricomincia: "Hanno detto che il Domenico
Russo morto è più vecchio del nostro e l'hanno ripetuto i
carabinieri che sono venuti poco fa". "I carabinieri hanno detto
la verità, sono io che l'ho nascosta - spiega Salvatore, appena
la donna rientra in casa - gli altri due miei fratelli,
Gianbattista e Giuseppe, sono andati in questura con una copia
di Stampa Sera dove hanno creduto di riconoscere Domenico.
Aspetto che tornino, sono i più anziani e devono essere loro a
dire tutto: io di più non posso e non riesco a fare". Ormai
rassegnato, Salvatore, racconta qualcosa di suo fratello, ma
anche lui, travolto dalla tensione che regna in casa, spera
ancora: "Aspettiamo, forse non è lui...". Domenico Russo si era
sposato 4 anni fa e lavorava come elettricista in una piccola
azienda: "Non era mai andato all'estero o in altre parti
d'Italia a seguire la Juventus. Una volta si era recato a
Cremona a vedere la Roma. Era da tanto tempo che sognava la
finale della Coppa dei Campioni. E' partito martedì sera con il
suo amico Alberto, anche lui rimasto ferito a un braccio -
spiega Salvatore Russo - Mi sono informato su come andare a
Bruxelles e sicuramente ci andremo, ma bisogna dirlo che
Domenico è morto, e non ci riesco...".
31 maggio 1985
Fonte: La Stampa
© Fotografie:
Stampa Sera - Tiziana Fecchio
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