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ARTICOLI 3-5 GIUGNO 1985
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ARTICOLI STAMPA 3-5.06.1985
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3-5.06.1985
ARTICOLI STAMPA 3.06.1985

Escluse "a tempo indeterminato" le squadre inglesi dalle Coppe

Londra commenta

Il "ragazzo della lanciarazzi" incontra la madre e si difende

Trentatré italiani ancora negli ospedali di Bruxelles

Ancora tante domande su Bruxelles città-simbolo

"Siamo fieri di tutto questo" si vantano due teppisti inglesi

Muore in un incidente sconvolto dalla strage

Ore di angoscia accanto ai telefono: "Che cos'è successo al mio papà ?"

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985

Sono stati colpiti con armi da taglio

"Ma è anche colpa degli juventini"

Domani 16 feriti tornano da Bruxelles

Bruxelles non scarcera quattro tifosi italiani

Ultimo oltraggio alle vittime

Identificati altri teppisti

Sparito nel nulla Marco Manfredi

"E ora lo ammazzo di botte ?"

Una folla commossa per l'ultimo saluto al giovane di Briga

Agnelli non ha dubbi "Il titolo è nostro la coppa, un simbolo"

Su Bruxelles inchiesta della magistratura "Vogliamo i nomi dei teppisti"

A Bruxelles han scambiato le salme di due italiani

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985

"Ci assalivano con bastoni e coltelli"

"Sulle autopsie non abbiamo alcuna colpa"

Il 67 per cento degli inglesi: "Responsabili anche italiani"

Il Belgio nega la libertà ad altri cinque inglesi Bruxelles

L'autopsia conferma: i 2 tifosi sono morti soffocati nella calca

"Mi hanno telefonato dovrò riunire la giunta"

Che ne dicono i bianconeri

Chiedere perdono

Centinaia di volantini per il tifoso scomparso

Da Liverpool a Torino sindaco, vescovi e tifosi per scusarsi con noi ?

Il sindaco Cardetti: "Non ho ancora notizie da Liverpool"

I feriti a Milano

Scempio sulle salme ? C’era fretta

BASILEA / Pesante decisione dell'Uefa dopo la tragedia di Bruxelles

Escluse "a tempo indeterminato" le squadre inglesi dalle Coppe

L'annuncio del Comitato esecutivo ieri alle 21 - Per il Liverpool "sanzioni adeguate" da parte della commissione disciplinare.

BASILEA - Dopo una riunione durata circa due ore e mezzo il Comitato esecutivo dell'Uefa, riunita all'hotel Hilton di Basilea, ha preso gravi decisioni nei confronti delle squadre inglesi di calcio dopo la tragedia del 29 maggio scorso a Bruxelles, verificatasi prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. L'Uefa non accetterà alcuna iscrizione dei club inglesi per le competizioni tra club dell'Uefa e ciò per un periodo indeterminato. Per quanto riguarda il Liverpool i documenti relativi alla vicenda saranno sottoposti al comitato di controllo e disciplinare per le specifiche sanzioni. Dopo aver ribadito che nuovi provvedimenti vorranno decisi allo scopo di rafforzare la sicurezza negli stadi e nelle vicinanze degli stessi, è stata rinviata ogni decisione riguardante la partecipazione della nazionale inglese al prossimo campionato europeo. Queste decisioni sono state annunciate dal presidente dell'Uefa Jacques Georges, il quale ha voluto esprimere le sue condoglianze alle famiglie delle trentotto vittime che "hanno perso la vita in un momento dedicato ad un'apoteosi del calcio europeo, vittime della barbarie, assassinate da orde malvage". Il presidente dell'Uefa, dopo aver invitato i giornalisti ad osservare quindici secondi di silenzio, ha poi annunciato un rigido atteggiamento da parte dell'Unione del calcio europeo, affermando che d'ora in avanti tutti gli incidenti saranno colpiti da sanzioni, anche i più piccoli. "Non si può ammettere che gruppi di folli armati di sbarre di ferro si precipitino su innocenti. Giuro che faremo il possibile perché non si ripetano più questi tragici avvenimenti".

3 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 3.06.1985 

Londra commenta

"Spetta a noi essere capaci di fare pulizia in casa nostra" - Ma come si potranno combattere gli "hooligans" ?

LONDRA - Bando a tempo indeterminato, una spada sospesa sulla testa che costringerà il calcio inglese a stare a capo chino, escluso dall'Europa chissà per quanto. La decisione era attesa, e temuta, a Londra, dove ieri sera, appena conosciuto il verdetto dell'Uefa da Basilea, gli esperti di cose calcistiche hanno commentato: "Spetta a noi dimostrare adesso di essere capaci di far pulizia in casa nostra. Poi quando lo avremo dimostrato, saremo di nuovo ammessi a tavola con gli altri". Brian Gianville, specialista del "Times" e del "Sunday Times", ha accolto questo verdetto come "una decisione giusta, sensata. Da tempo si doveva far qualcosa, si dovevano prendere decisioni coraggiose e severe. E’ già stato un miracolo se altre tragedie non sono avvenute prima di quella di Bruxelles, anche per incontri qui in Inghilterra. La violenza del nostro calcio, gli incidenti, gli episodi di intolleranza sono ormai diventati endemici. E' un momento molto brutto, i dirigenti del calcio inglese dovranno premere sul governo perché assuma le decisioni più coraggiose". Ma come si potrà estirpare il "cancro" della violenza dagli stadi inglesi che gli "hooligans" esportano ad ogni occasione anche sul continente ? Gianville risponde di essere "molto pessimista". E' stato tra i pochi giornalisti inglesi reduci da Bruxelles a essere ricevuti a Downing Street dal primo ministro signora Thatcher per un urgente "consulto, sulla malattia mortale del calcio inglese. Ma dal colloquio non è uscito sorretto da solide speranze. "La verità è che con questi selvaggi, altri non sono questi teppisti degli stadi, c'è da adottare un solo provvedimento: una legge che vieti loro di andare all'estero. Ma con quale coraggio un governo può presentare un tale progetto, che non ha precedenti nella storia inglese ? Nemmeno la signora Thatcher mi sembra propensa a un gesto cosi estremo". p. pat.

3 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 3.06.1985 

Il "ragazzo della lanciarazzi" incontra la madre e si difende

Il torinese Salussoglia dovrebbe comparire stamane davanti al giudice - La sua versione degli incidenti - Imputati anche una decina di inglesi.

BRUXELLES - Gli italiani arrestati a Bruxelles mercoledì saranno giudicati oggi: se ne deciderà il rinvio a giudizio od eventualmente la scarcerazione. Umberto Salussoglia, 22 anni, di Torino, Claudio Ardito, 25 anni, di Fiano, e Franco Spedicato, 25 anni, di Lecce, sono accusati di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Il Salussoglia anche di minaccia a mano armata. Compariranno pure una decina di britannici accusati di oltraggio, resistenza, ubriachezza molesta, alcuni di furto. Secondo fonti della polizia lo stato d'arresto degli italiani potrebbe essere prorogato di un mese, in attesa che il giudice completi gli interrogatori. (Agenzia Ansa)

Umberto Salussoglia, il giovane torinese che è stato visto da decine di milioni di persone sugli schermi televisivi mentre esplode due colpi di una pistola scacciacani allo stadio di Heysel, afferma di averlo fatto "in un disperato tentativo per difendere i tifosi italiani che in quel momento venivano massacrati dai sostenitori impazziti del Liverpool". Umberto ha fatto questa dichiarazione ai suoi genitori in un colloquio nel carcere di Forest. Umberto Salussoglia ha raccontato che nel settore di fronte al suo, lo "Z", era scoppiato il caos e allora con alcuni amici è andato a vedere che cosa stesse accadendo. Di fronte al settore "Z", ha visto scene terribili con persone agonizzanti che venivano prese a calci dagli inglesi. I giovani torinesi avrebbero tentato di intervenire in difesa degli italiani che venivano massacrati ma la polizia - sostiene Salussoglia - li ha respinti verso il loro settore dello stadio. Inorriditi, i giovani avrebbero perso il controllo. "E’ stato a questo punto che Umberto si è trovato la pistola scacciacani fra le mani e ha sparato più per disperazione che per fare del male, visto che non si trattava di un'arma vera, e lui lo sapeva". Di fronte al giudice istruttore, Umberto Salussoglia ha ammesso di avere compiuto l'inutile gesto inconsulto. Ma lo studente torinese - sostengono i familiari - non è stato arrestato per questo. Sempre secondo il suo racconto ai genitori, egli, a metà partita, "è uscito dallo stadio per telefonare a casa e ha chiesto ad alcuni agenti su una camionetta dove poteva trovare una cabina. I poliziotti, anch'essi sotto grande tensione per i tragici avvenimenti, lo hanno invece fermato e successivamente condotto nel carcere, ove è tuttora trattenuto in cella di isolamento". r. p.

3 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 3.06.1985 

Trentatré italiani ancora negli ospedali di

Bruxelles: 3 sono in pericolo di vita, 12 gravi

di Mauro Benedetti

DALL'INVIATO. BRUXELLES - La domenica di Bruxelles si snoda pigra, fra il mercato degli uccelli a la Grand Place e i gruppi di turisti, guida in testa, che vanno a naso in su fra le architetture incredibili di questa città che accomuna il gotico purissimo a cristalli e acciaio in un miscuglio che non finisce di sorprendere. Negli ospedali, trentatré italiani aspettano ancora che i medici permettano loro di tornare a casa. Di tre di essi si teme per la vita. Dodici sono gravi, ma fuori pericolo. Gli altri diciotto partiranno forse oggi o domani. Il consolato sta organizzando il rimpatrio con l'Europe Assistence, mentre proseguono le ricerche del torinese Marco Manfredi, del quale qui in Belgio non si riesce a trovare traccia malgrado gli appelli e le foto trasmessi dalla tv. Ma la tragedia, a poco a poco, diventa tutta e solo italiana. Alla domenica non escono i giornali, quassù, e la televisione lascia alla notte dell'Heysel poco spazio, sempre meno. Immagini di Pertini che riceve le salme a Roma. Il ricordo sfuma già, intorno allo stadio della morte, a due passi dall'Atomium, che è uno dei simboli di Bruxelles nel cuore di un grande parco con giostre e giardini venti o trenta persone sbirciano dalle fessure del vecchio muro, molti bambini fra di esse. Dall'altra parte della città, nel quartiere di Anderlecht, c'è folla attorno e dentro il piccolo stadio del Parc Astrid. Giocano Beveren e Bruges, una finale di Coppa del Belgio di stampo vallone, il che toglie al match ogni tentazione "politica". Niente fiamminghi in campo o sugli spalti, meno i rischi. In compenso molta polizia, la stessa o quasi che ha "controllato" la finale dei Campioni, mercoledì scorso. Nelle strade che portano al campo c'è aria di fiera, autoscontri e carretti carichi di "giantburger", i colossali hamburger di qui, patate fritte e birra. E' impensabile la quantità di birra e di liquidi vari che i belgi buttano giù in un giorno. Anche il caffè, qui, si misura a litri. Lo fanno gettando l'acqua sulla polvere, viene una brodaglia scura in tazza da cappuccino. Bevono ma, ribattono con orgoglio, "non ci ubriachiamo come gli inglesi". I venditori di sciarpe e berrettini espongono i foulards verde-nero del Bruges e quelli rossi e gialli del Beveren, ma allineati sugli scaffali ci sono ancora le strisce bianconere della Juve accanto ai drappi rossi e bianchi del Liverpool. "Il faut commercier, pour vivre" mi dice il giovane baffuto dietro al banco, e mi batte una mano consolatoria sulla spalla. La solidarietà belga è tutta qui, al di là dei discorsi ufficiali. Questo è un Paese dove i soldi hanno una certa importanza, si vocifera che i poliziotti all'Heysel fossero pochi per una faccenda di straordinari da pagare. Una pacca sulla spalla e via. Ed è già tanto. Bruges e Beveren hanno invaso Bruxelles con i loro tifosi, ma i bruxellesi non ci sono. Un terzo al Nord, verso il mare di Ostenda, un terzo al Sud, nelle campagne delle Ardenne. L'altro terzo in casa o nei parchi, sulle giostre, a sentire vecchi organini a manovella. Bruxelles è capitale d'Europa, con Strasburgo, ma è incredibilmente antica nelle sue cose. Che proprio qui, cuore della Cee, sia scoppiata, combattuta e conclusa in tre minuti, l'ultima "guerra" europea, lasciando sul terreno morti e feriti come una guerra vera, è un controsenso che non stupisce nessuno. Come nessuno è stupito dell'indifferenza alla tragedia. "Quanta Italia piangeva per le bombe di Bologna ?" - mi chiede il cameriere italiano di un bar della Grand Place - "E allora ti meravigli di quello che succede qui ? Chi ha patito più di tutti siamo noi immigrati. Eravamo all'Heysel per far festa con la Juve, con chi era venuto dall'Italia. Abbiamo visto i connazionali cadere e morire. E non potevamo fare niente per loro. Qualcuno di noi ci ha provato, è stato picchiato dalla polizia. Per noi il ricordo resterà". "Domenica prossima qui è la festa del papà - prosegue - e noi che abbiamo quasi tutti i padri lontani, come credi che dimenticheremo quelli che sono venuti qui lasciando a casa i bimbi, o quei ragazzi che in Italia avevano lasciato i genitori e non li vedranno più ? Ma tu le hai viste le foto di quel bambino, Andrea, abbracciato a suo padre, portato via sulla griglia di una porta, come un animale ? Noi vorremmo che la Juve giocasse un altr'anno in Belgio per rivedere gli stessi amici e abbracciarli". Se gli italiani di qui piangono ancora, i belgi, dal canto loro, svelano un'anglofobia insospettata. Ricordiamoci sempre di essere nella capitale dell'Europa Unita nel sentire le parole dello storico Leo Moulin: "Il popolo inglese è sempre stato un popolo violento. Anche nei suoi giochi. Lo dimostrano due delle sue invenzioni maggiori: la boxe e il rugby. Senza dimenticare il football che essi praticano, lo si sa, virilmente. Nei primi decenni del secolo passato - prosegue Moulin - la rivoluzione industriale è stata pesante, molto più che qui in Belgio. E già allora la società manchesteriana, per esempio, è stata in quell'epoca l'incarnazione della violenza. Inoltre il popolo inglese è sempre stato un popolo di forti bevitori e si deve a lui la conoscenza del Porto, dello Cherry, del Madera e di altri vini, gente che mangia molto, pensiamo alle bistecche, al roast-beef, al beefsteak, tutte parole inglesi che indicano cose da mangiare. E inoltre disturbano anche le ragazze. E allora come mai questo popolo si è fatto una fama di impassibilità ? Il puritanesimo della regina Vittoria glielo ha imposto. Ma dopo una generazione o due sono saltati i catenacci". Su Bruxelles, ormai, cala la sera. L'autostrada del Nord si sta intasando di macchine che scendono dal mare. Comincia una settimana nuova. Della tragedia resta, su un pilastro dell'Heysel, un ciuffo di margherite legato con un nastro a tre colori.

3 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 3.06.1985 

Quattro giorni dopo la strage alla partita di Coppa tra Juventus e Liverpool

Ancora tante domande su Bruxelles città-simbolo

di Aldo Rizzo

Quante chiavi di lettura per la tragedia di Bruxelles. Il teppismo della tifoseria britannica, come sintomo di una crisi d'identità, e quindi di una sindrome aggressiva, della "working class", nel Paese che pure ha dato i più alti esempi di tolleranza e di convivenza democratica. Il richiamo crescente della violenza, anche gratuita, nelle società contemporanee massificate e frustrate, ancorché più prospere di un tempo. Il bisogno oscuro di un'alternativa o di un surrogato della guerra, che fortunatamente da queste parti non usa più. E così via. Ma non è stata quasi per niente sottolineata una circostanza emblematica più di ogni altra, e cioè che la tragedia si è svolta in quella Bruxelles che, da quasi trent'anni, è la capitale dell'Europa, o meglio del processo di unificazione europea. Il teppismo inglese, sia pure in ben diversa misura e per lo più come reazione anche quello italiano, si sono scatenati nella città-simbolo della decisione storica degli europei di unire i propri destini, e in una fase che, secondo i governi, dovrebbe dare nuovi contenuti politici a quella decisione. La sera del massacro, mancava giusto un mese a quel vertice Cee di Milano che dovrebbe segnare un concreto passo avanti sulla strada di un'effettiva Unione europea. Naturalmente, violenze di quel genere accadono anche all'interno dei singoli Stati nazionali, o addirittura all'interno di una provincia o di una città. Le cosiddette partite stracittadine sono a volte le più pericolose. Ma resta vero che la strage di Bruxelles (a quel livello di violenza e persino di ferocia) non è concepibile senza l'odio brutale e forsanche ancestrale per chi ha un'altra nazionalità, parla un'altra lingua e sventola un'altra bandiera. E c'è una conferma, indiretta, nelle reazioni indiscriminatamente anti-inglesi (per fortuna sporadiche, ma non per questo meno gravi e insensate) che si sono manifestate in alcune parti d'Italia. Insomma la storia dell'unificazione europea è breve e recente, mentre antica e profonda è quella delle lacerazioni, delle guerre, degli odi europei, una storia che, attraverso due conflitti globali in mezzo secolo, ha portato non a caso all'eclisse politica di tutto un continente. E' chiaro che c'è una spiegazione ed è che, fin quando l'Europa è stata il centro e la padrona del mondo, le guerre fra europei miravano, attraverso il controllo dell'Europa, al controllo del mondo. Ora, nell'Europa emarginata, un tragico e malinconico "transfert" porta gli europei a disputarsi con bastoni e pistole lanciarazzi la supremazia nel gioco del pallone; ma con effetti non meno laceranti, relativamente alle circostanze e alle opportunità attuali. E allora la lezione della tragedia di Bruxelles, visto che i governi non ne hanno sottovalutato l'importanza, e non solo per rispetto alle decine di morti, non può limitarsi alle autocensure, peraltro esemplari, della Gran Bretagna e alle censure della Federazione europea del calcio. La lezione di Bruxelles deve essere politica, come politico, in un senso mediato, ma non perciò meno autentico, è stato lo sfondo della tragedia. Noi dobbiamo dire che non siamo contenti che le squadre britanniche non partecipino alle prossime competizioni europee. Vogliamo invece un'Europa in cui, pur nella molteplicità delle emozioni nazionali, ciò che è accaduto il 29 maggio e anche dopo sia inconcepibile.

3 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 3.06.1985 

"Siamo fieri di tutto questo" si vantano due teppisti inglesi

di Paolo Patruno

LONDRA - "Siamo orgogliosi, fieri di tutto questo": la frase oltraggiosa, riportata dal "Sunday People", è attribuita a due giovani tifosi del Liverpool i quali avrebbero ammesso in un'intervista al giornale domenicale di essere stati fra gli istigatori e i protagonisti del bestiale attacco contro i sostenitori juventini che mercoledì sera ha innescato la tragedia di Bruxelles. Il settimanale ha riportato nome e cognome dei due tifosi, Terry Wilson e Steve McDonald, entrambi diciottenni, abitanti a Liverpool, pubblicandone anche una foto. Non sarà quindi difficile alla polizia inglese verificare questa informazione e, se si confermasse esatta in tutti i suoi particolari, il ministero degli Interni non potrebbe far altro che avviare la pratica per l'estradizione dei colpevoli in Belgio. Nell'intervista, i due "hooligans" hanno dichiarato di aver comprato i biglietti d'ingresso allo stadio Heysel al "mercato nero, per 10 sterline e di essere entrati nell'ormai tristemente noto settore "Z" dove erano in stragrande maggioranza i tifosi bianconeri. La loro versione tende naturalmente ad accreditare la tesi delle "provocazioni" da parte dei fans juventini che li avrebbero bersagliati con "bottiglie e sassi" obbligandoli a scappare verso i settori X e Y dove c'erano invece i loro connazionali. I due sostengono ancora che i sostenitori bianconeri avrebbero continuato a picchiare gli inglesi rimasti indietro nel settore Z, accusano i rivali di aver infierito contro un ragazzino. Per reazione a questi asseriti eccessi, sempre secondo la versione dei due tifosi del Liverpool, sarebbe scattato l'attacco mortale contro gli occupanti della "curva maledetta". Con tono trionfante nella rievocazione, Terry Wilson dichiara al "Sunday People": "Gli italiani sono scappati in tutte le direzioni quando noi abbiamo fatto irruzione nel recinto. Uno dei nostri valeva tre dei loro. Un bel combattimento è parte integrante di ogni grande match di calcio e noi eravamo ben decisi a impedire che si ripetesse quello che ci era capitato l'anno scorso a Roma. A me piacciono le zuffe, non c'è niente di meglio che menar le mani". In collegamento con le autorità belghe, il ministero degli Esteri inglese sta intanto cercando di identificare attraverso filmati, fotografie e testimonianze i protagonisti delle violenze. Gli inquirenti stanno vagliando le dichiarazioni del giornalista inglese che ha detto a Bruxelles di aver scorto un connazionale con un'arma in mano allo stadio. Inoltre centinaia di tifosi sono stati fotografati durante il viaggio di ritorno dopo la partita. Ma quattordicimila tifosi del Liverpool sono rientrati a Dover senza aver subito alcun controllo. Il primo ministro signora Thatcher farà oggi pomeriggio una dichiarazione ufficiale ai Comuni sui paurosi incidenti allo stadio Heysel e annuncerà le prime misure predisposte dal governo per stroncare le violenze negli stadi. Verrà di sicuro bandita la vendita dei prodotti alcolici allo stadio e nelle sue vicinanze. E così sui treni o sugli autobus che trasportano i tifosi in trasferta; sarà chiesto poi alla società di "tesserare, tutti gli spettatori con carte di riconoscimento, e di approntare impianti di tv a circuito chiuso per sorvegliare la folla e individuare per tempo i tifosi violenti. E naturalmente saranno ampliati i poteri della polizia. La maggioranza degli inglesi pare convinta della urgente necessità di questi provvedimenti, malgrado la scontata opposizione della Lega calcistica. Un sondaggio pubblicato ieri sul "News of the world" fra i suoi lettori (il giornale ha oltre 5 milioni di tiratura) indica che il 69 per cento degli inglesi sono favorevoli a bandire i tifosi teppisti e anche le società con i sostenitori più violenti. Alcuni giornali continuano poi a richiedere anche le dimissioni del ministro dello Sport Neil MacFarlaine.

3 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 3.06.1985 

Un giovane novarese in motocicletta

Muore in un incidente sconvolto dalla strage

Aveva 29 anni - Si è schiantato contro il guard-rail su una strada della Francia.

NOVARA - C'è una trentanovesima vittima dei fatti di Bruxelles: Massimo Savoini, 29 anni, di Briga Novarese, piccolo centro nei pressi di Borgomanero. Non è deceduto nella "curva maledetta" dello stadio Heysel, ma la sua morte, avvenuta in seguito ad un incidente stradale mentre stava tornando a casa, ha certamente una relazione con le drammatiche sequenze che hanno preceduto la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Savoini, infatti, era rimasto sconvolto dalle scene di ferocia alle quali aveva assistito e non è escluso che mentre viaggiava alla volta di casa a bordo della sua motocicletta il profondo turbamento che portava dentro di sé gli abbia fatto commettere un fatale errore di guida. A Bruxelles Massimo Savoini, agente di commercio assai stimato sia al suo paese, dove abitava assieme alla madre vedova e alla sorella, sia a Milano dove lavorava, era andato con l'amico Enrico Connella, di Sedriano. Entrambi viaggiavano in moto. Al termine del match, così racconta Connella, Massimo era letteralmente sconvolto. Non riusciva a cancellare dalla mente le drammatiche scene alle quali aveva assistito e la morte che aveva carpito sotto i suoi occhi tanta gente innocente e alla quale lui stesso e il suo amico erano sfuggiti per miracolo. "Abbiamo deciso di rimanere la notte in albergo per riprenderci dallo shock", dice Enrico Connella, "e poi siamo partiti per tornare in Italia, entrambi pieni di sgomento e con la morte nel cuore". Purtroppo la morte, che aveva risparmiato Massimo Savoini allo stadio di Bruxelles, lo attendeva poco lontano, in Francia. Nel pomeriggio del giorno successivo alla gara i due giovani stavano attraversando l'Alsazia. Alle porte di Bonhomme, un piccolo centro poco distante da Colmar, in un tratto pieno di curve della statale "415", senza apparente motivo Massimo Savoini ha perso il controllo della sua moto ed è andato a finire con violenza contro il guard-rail rimanendo ucciso sul colpo. Enrico Connella, che lo seguiva a un centinaio di metri, non ha visto l'incidente. Superata una curva ha notato sull'asfalto il casco dell'amico in frantumi. Poco distante c'era il corpo del Savoini con la testa insanguinata. Connella ha cercato di prestare soccorso all'amico praticandogli la respirazione artificiale e il massaggio cardiaco. Si è arreso solo all'arrivo di un medico il quale, dopo avere dato un'occhiata al Savoini, ha detto che non c'era più nulla da fare. m. s.

3 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 3.06.1985 

Il mistero di Marco Manfredi scomparso mercoledì sera dopo gli incidenti di Bruxelles

Ore di angoscia accanto al telefono: "Che cos'è successo al mio papà ?"

di Giuliano Dolfini

La figlia e la nonna sono rimaste a casa - La moglie è da venerdì nella capitale belga, ma ogni ricerca è risultata vana - Anche l'Interpol è stata avvertita - Appelli per televisione, la foto dell'autista pubblicata sui giornali.

"Abbiamo visitato, commissariati e ospedali, consolato e ambasciata, parenti e obitori, parlato con i giornalisti. Niente. Solo qualche vaga segnalazione poco attendibile. Non ne posso più, sono ormai troppo confusa... Oggi torniamo in aereo... Nemmeno le autorità hanno saputo dirci qualcosa... C'è stato anche un appello in televisione. Non so più cosa dire. Abbiamo saputo di feriti non segnalati; un italiano è stato trovato alla stazione che vagava fuori di sé. Un altro addirittura è stato rintracciato a Norimberga, era smemorato. Chi parla al telefono da Bruxelles è Rosita Binelli, moglie di Marco Manfredi, 40 anni, via (omissis), Moncalieri, scomparso durante la tragica partita dallo stadio Heysel. La donna con la sorella Daniela e gli zii Emilio Binelli e Mario Mannini, è da venerdì in Belgio alla ricerca del marito. Finora è stato tutto inutile. Ospiti di una famiglia di italiani, Adelia Bertetto, i congiunti del Manfredi non hanno più trovato tracce di Marco. L'autista dell'ospedale di Moncalieri sembra essersi volatilizzato. Che cosa può essere successo ? Le ipotesi sono diverse, "abbiamo fatto trasmettere la sua foto per televisione e l'abbiamo consegnata anche ai giornali. La stessa Interpol è informata - precisa il dottor Galluccio, console italiano di Bruxelles - si sono mobilitati anche dei volontari... Forse è in stato di choc e starà girovagando da qualche parte. Una donna l'abbiamo rintracciata all'aeroporto due giorni dopo: non sapeva dove si trovava". Nella casa di Manfredi è rimasta la figlia Maruska, di 17 anni e la suocera, Carla Binelli. Il loro volto è segnato dalla stanchezza e dall'ansia, ma la speranza di una buona notizia è sempre viva. Accanto al telefono c'è il cognato Antonio Convertino: ad ogni squillo è uno scatto. "Abbiamo avuto una segnalazione di una telefonata al consolato, fatta da uno sconosciuto sabato sera alle 21 - racconta - ha detto di essere un parente e che Marco si troverebbe presso amici. Dov'è, non si sa. Nulla di più". "Marco è un buono, ha un carattere mite. E' molto sensibile - precisa la madre - non può essersi perso, perché parla francese e inglese. Era la prima volta che seguiva la Juventus all'estero. Ma se non è stato trovato tra i morti e i feriti, senz'altro è vivo e magari vaga da qualche parte sotto choc. Forse avrà preso qualche colpo in testa che gli avrà fatto perdere la memoria...". La figlia Maruska, ascolta, il suo viso si rabbuia. Dice: "Abbiamo anche uno zio a Liegi, ma da lui non si è fatto vivo nessuno... Chissà cosa gli sarà successo...". Il "giallo" Manfredi è cominciato poco prima della partita, quando ai primi disordini il suo gruppetto si è disperso sotto le bordate degli "Hooligans" del Liverpool. E' scattato il si salvi chi può. Giovanni Deva, 20 anni, che era con lui, non lo ha più visto. "Aveva avuto 4 biglietti omaggio da un dirigente Fiat - ha raccontato la moglie - gli altri li aveva dati agli amici che erano con lui". Ed il cognato lo aveva accompagnato in auto in corso Inghilterra a prendere il pullman per la capitale belga. Da allora più nessuno lo ha visto.

3 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 3.06.1985 

Come sono morti Giovanni Casula e suo figlio Andrea ? Prima di essere schiacciati dalla folla mercoledì sera allo stadio Heysel forse sono stati aggrediti a colpi di rasoio o di coltello o, al limite, con un collo di bottiglia spezzata. Ferite di arma da taglio infatti sono state trovate ieri, durante la nuova perizia necroscopica, sui corpi dei due cagliaritani. Bisognerà attendere i risultati degli esami istologici per accertare se i tagli localizzati nella schiena, sono stati prodotti dal bisturi dei medici legali belgi o se invece sono ferite prodotte da un'aggressione teppistica. Quest' ultima ipotesi è stata fatta perché tagli di questo genere, solitamente, non fanno parte delle tecniche autoptiche abitualmente usate in Italia. Le due salme inoltre non erano state ricomposte. La stessa cosa è stata riscontrata anche in altri casi. L'esame necroscopico eseguito sul corpo di Sergio Mazzino, 38 anni, di Chiavari ha infatti accertato che anche questo cadavere non è stato ricomposto. Il corpo di Mazzino dopo la prima autopsia eseguita all'Hospital Militair alla periferia di Bruxelles, è stato semplicemente chiuso in un sacco di plastica ed infilato nella bara. Stesso trattamento i medici legali belgi hanno riservato al corpo di Raniero Mastroiaco, 20 anni di Rieti. "Hanno trattato i nostri morti come carne da macello - ha detto ieri il padre di Raniero - effettuata l'autopsia hanno avvolto il cadavere straziato dalla violenza dello stadio e dai tagli della necroscopia in un telo di incerata e poi l'hanno sigillato nella bara. Probabilmente i vestiti per nostro figlio che abbiamo portato da Roma a Bruxelles sono stati gettati via". C' è anche il giallo di una salma scambiata. E' accaduto a Udine. Il procuratore generale della Repubblica di Tolmezzo ha scoperto, dopo i funerali, che nella bara non c' era la salma di Nisio Fabbro, 51 anni, bensì quella di una persona assolutamente sconosciuta. Il legale della famiglia Fabbro, Claudio Pasqualin, già vicepresidente della Associazione calciatori, ha inviato un esposto alla procura della Repubblica di Roma. Il corpo probabilmente è stato scambiato con quello di Luciano Rocco Papaluca di Locri. Per averne conferma bisognerà attendere però un riconoscimento ufficiale. Intanto non si hanno ancora notizie di Marco Manfredi, 40 anni, di Moncalieri che mercoledì scorso è andato alla partita senza più tornare in Italia. Ieri i familiari hanno lanciato un appello: "Chiediamo al Governo italiano di fare pressioni sulle autorità belghe per la ricerca del nostro caro". Ieri infine si è saputo che la federazione belga aveva stipulato una polizza assicurativa, in vista di Juve-Liverpool, con copertura fino a 6 miliardi per i danni alle persone e circa 150 milioni per i danni materiali.

4 giugno 1985

Fonte: La Repubblica

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985 

"Ma è anche colpa degli juventini"

LONDRA (P.F.d.T.) - "La colpa del massacro di Bruxelles è anche degli italiani". A questa conclusione è giunto il Times, quotidiano dell'Establishment letto dall'Inghilterra che conta. L'aristocratico quotidiano ha commissionato alla agenzia Nop, specializzata nei sondaggi dell'opinione pubblica, uno studio sui giudizi dei sudditi di Elisabetta a proposito del disastro dello Stadio Heysel. Le conclusioni raccontate dal Times sono sbalorditive, se si considera che dal Primo Ministro signora Thatcher al più umile dei cittadini che si esprimono sulla tragedia, la condanna dei "selvaggi del Liverpool" sembrerebbe unanime. Due su tre degli intervistati dalla agenzia del Times, affermano che i violenti italiani hanno avuto il loro ruolo nel determinare i terribili "incidenti" e come se questo non bastasse, il 25% ritiene che sarebbe giusto punire il calcio italiano, proibendo a tutte le squadre del nostro paese di giocare all'estero, come è stato deciso per quelle inglesi. I sudditi più giovani di Elisabetta sono i più duri: il 31% degli interpellati di una età tra i 15 ed i 24 anni, vuole punire la Juventus, gli juventini e chiedere disco rosso per tutte le trasferte all'estero. Un'altra sorprendente conclusione dell'inchiesta del Times è l'alta percentuale, pari al 25%, dei cittadini che disapprovano le "punizioni" alle squadre britanniche. Nell'Inghilterra onesta e dignitosa della Thatcher's Britain ci sono cittadini di tutte le opinioni e di tutte le estrazioni sociali. E' un'Inghilterra che vuole la punizione dei criminali ed è pronta, come ha detto la signora di ferro, a farli processare da tribunali stranieri come quello belga e forse da quelli italiani. Di questa nazione fanno parte anche i consiglieri dell'amministrazione della sinistra laburista di Liverpool, decisi a recarsi a Torino a fare atto di omaggio e chiedere perdono a nome della loro città. Ma l'altra Inghilterra, più isolazionista, approfitta persino del massacro per riproporre l'uscita della Gran Bretagna dalla Comunità Economica Europea, convinta come è della superiorità dei figli di Albione. Una delle voci di questa Inghilterra, il popolare settimanale di destra Sunday Express, suona la tromba nazionalista, ingigantisce gli stupidi tentativi di vendetta verso i turisti inglesi in Italia, come in Spagna, in Francia ed in Belgio, lamenta l'arroganza degli europei nell'interferire nelle questioni "interne britanniche" ed ora è la volta dall'austero Times a mostrare che tanti dei sudditi ritengono gli juventini quasi tanto responsabili quanto i selvaggi del Liverpool per la carneficina allo stadio belga.

4 giugno 1985

Fonte: La Repubblica

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985 

La magistratura italiana ordina di riaprire tutte le casse per una nuova identificazione

Domani 16 feriti tornano da Bruxelles

Non si sa nulla del torinese Manfredi. Tre connazionali ancora in coma.

BRUXELLES - Sullo scambio di salme che ha portato a Gemona il cadavere di un uomo che non è Nisio Fabbro e a Grotteria quella di uno sconosciuto che non è Rocco Papaluca, la confusione è al massimo. Lo scambio si è scoperto domenica, quando la moglie del Fabbro, all'apertura della bara, si è accorta che il corpo non era quello del marito. Si trattava infatti di un giovane sulla trentina, con barba e baffi: un volto del tutto diverso da quello di Fabbro. Contemporaneamente, a Grotteria, un'altra famiglia si è accorta di un avvenuto scambio: nella bara giunta da Bruxelles si trovava il corpo di uno sconosciuto. Allarme, contatti con le due famiglie. Dalle descrizioni fornite, la moglie del Fabbro ha riconosciuto nel corpo finito a Grotteria quello del marito. Ma la famiglia di Papaluca non riconosce quella di Gemona. Il fatto che non si sia trattato di una semplice inversione (un corpo a Gemona, uno a Grotteria) non è dunque dubbio, ma certezza: almeno un altro morto è finito nel posto sbagliato. E la preoccupazione è che l'intreccio possa essere assai più complesso, che cioè per altre salme si sia sbagliata destinazione. Non si esclude che qualcuno dei morti arrivati in Italia possa essere belga o francese. E' per questo che la magistratura italiana ha ordinato la riapertura delle casse e un nuovo riconoscimento ufficiale del corpi. Molti, infatti, in Belgio, sono stati riconosciuti da amici o compagni di viaggio o addirittura attraverso fotografie. Insomma, l'inefficienza degli organi pubblici del Reame sta dando una ennesima prova di sé. Il consolato italiano non si sbilancia, si limita a confermare la partenza, per domani, di un aereo-medico con 16 dei feriti meno gravi. E intanto riconferma che di Marco Manfredi, il torinese scomparso, non si sa nulla e ribadisce che tre dei nostri connazionali ancora ricoverati sono praticamente in coma e che le speranze di salvarli non hanno fatto neppure un piccolo passo avanti. Nei giorni frenetici subito dopo il massacro avevamo chiesto ad uno dei nostri diplomatici, il dottor Spinelli dell'ambasciata, se un medico italiano o comunque un nostro rappresentante avesse seguito le autopsie e la chiusura delle bare. Ci era stato risposto che non era necessario. Alla luce dei fatti, invece, era necessario eccome: i corpi, dopo le autopsie (che come è noto comportano il sezionamento del cadavere) non sono stati ricomposti né rivestiti, e che fa il paio con il trattamento riservato ai nostri morti quando, raccolti all'Heysel, sono stati gettati su, sacchi di juta nelle cantine dell'ospedale militare, non in cella frigorifera. Il commissario di Bruxelles, De Vroon, alla richiesta del perché non si fossero usati i frigo, ha detto: "Non ce ne erano abbastanza". Ma non ha detto che si sono voluti concentrare i morti al Militare perché esso, come una fortezza, è inaccessibile ad estranei, mentre, gli altri ospedali cittadini offrono entrate facili a molti. Così, senza che nessuno controllasse, si sono fatti i "riconoscimenti" e le autopsie, si sono gettati i resti dei morti dentro le casse di zinco e ci si è affrettati a sigillarli. Quando sono arrivati i parenti dall'Italia quindici casse erano già chiuse, degli altri sedici morti non erano ancora state fatte le autopsie e praticamente non sono stati lasciati vedere ai parenti. Una volta compiuti gli esami, altre casse sigillate. Il risultato è nello scambio di Gemona e in chissà quanti altri. Da qui l'ordine di riesumazione anche di due corpi già sepolti.

4 giugno 1985

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985 

In libertà provvisoria due inglesi fermati per furto

Bruxelles non scarcera quattro tifosi italiani

di Renato Proni

Udienza davanti al giudice istruttore - Solo al minorenne B. C. è stato permesso di rientrare.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE. BRUXELLES - In un'atmosfera gelida, la giustizia belga ha cominciato ieri mattina i procedimenti penali contro quattro giovani italiani e quattro tifosi del Liverpool per gli incidenti verificatisi ai margini della strage allo stadio di Heysel, mercoledì scorso. Tutto si è svolto nella massima segretezza nella "Chambre du conseil", del palazzo di giustizia nella parte alta di Bruxelles, sotto la presidenza della signora Marina Coppieters't Wallant, giudice istruttore. Alla fine, i quattro italiani sono stati rinviati a giudizio sotto varie imputazioni, mentre due dei cittadini di Liverpool, James Prior e James Templeton, sono stati scarcerati in attesa di giudizio. Sono accusati di furto. I due "liverpoolians" erano accusati di borseggio. Per i quattro italiani è stato confermato per un mese anche l'ordine di detenzione, nell'attesa che la giustizia acquisisca altri elementi utili al processo. I capi di accusa mossi contro i quattro italiani sono: per Franco Calabrese, nato a Bergamo ma residente in Belgio, di 21 anni: detenzione di coltello e danneggiamento di proprietà privata; per Franco Sperticato, di 25 anni, di Lecce e per Claudio Ardito, pure di 25 anni, di Fiano, di danneggiamento a proprietà privata e resistenza alla forza pubblica; Umberto Salussoglia, studente torinese di 22 anni, è accusato di danneggiamenti alle cose, di resistenza alla forza pubblica, di aver tenuto con sé un oggetto pericoloso per la sicurezza pubblica e di un'imputazione non precisata per aver sparato due colpi con una pistola scacciacani, o a salve, contro gli agenti di polizia, come si è visto alla televisione. Il minorenne B.C., di Torino, è invece stato scarcerato ed è partito subito in aereo per Milano dopo quattro giorni passati nel carcere minorile di St.Gilles. Due imputati, Umberto Salussoglia e Franco Calabrese, erano accompagnati da avvocati scelti dalle famiglie, mentre gli altri due, Claudio Ardito e Franco Spedicato, non avevano alcun difensore, durante l'udienza che si è svolta a porte chiuse, con un imputato per volta. Il consolato italiano troverà prossimamente avvocati anche per i due giovani senza danaro e senza appoggi famigliari. I difensori degli altri due, probabilmente, faranno appello contro la decisione della "Chambre du conseil" e la nuova udienza potrebbe tenersi tra dieci giorni. Il processo vero e proprio si svolgerà tra otto-dieci settimane. Nell'attesa, gli imputati italiani resteranno probabilmente nella prigione di Forest. La segretezza su questo procedimento è insolita anche in un Paese poco disposto a venire incontro alle necessità dei giornalisti. Il procuratore del Re, per esempio, aveva annunciato una conferenza stampa per le 14.30, poi l'aveva annullata. Infine, il portavoce della magistratura perdeva il controllo dei nervi e cacciava dal suo ufficio due giornalisti italiani che insistevano per avere particolari sui capi di accusa. Il fatto è che, probabilmente, questo Paese vuole dimenticare in fretta i morti e forse anche le sue responsabilità nella tragedia. I giornali non danno più quasi notizie sull'eccidio di mercoledì notte e la televisione tace. Non è possibile prevedere come finirà questa vicenda giudiziaria a carico dei tifosi italiani, che comunque non sono stati arrestati in relazione agli incidenti che hanno provocato la morte di 38 spettatori nel settore "Z", la cui responsabilità, è ormai accertato, è dei tifosi inglesi. Oggi, altri giovani inglesi saranno portati di fronte alla magistratura, ma tutti sanno che questi sono imputati minori, ladruncoli, picchiatori di periferia che non hanno provocato o partecipato alla "carica" omicida contro i tifosi juventini. I veri colpevoli sono altrove. Quelli che sono rimasti impigliati nelle reti dalle larghe maglie della polizia belga sono personaggi minori. Non sarà al palazzo di giustizia di Bruxelles che sarà fatta giustizia per l'eccidio.

4 giugno 1985

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985 

Ultimo oltraggio alle vittime

Alcune salme scambiate all'ospedale di Bruxelles - I corpi non sono stati ricomposti dopo la frettolosa autopsia.

ROMA - Era stata portata a Grotteria, in provincia di Reggio Calabria, la salma di Nisio Fabbro, 51 anni, di Udine, uno degli italiani morti nella tragedia di Bruxelles. Lo scambio delle salme è stato scoperto dai familiari e dagli amici all'apertura delle bare per l'esame necroscopico richiesto dalla magistratura italiana. L'errore è stato compiuto in Belgio, nel corso delle frettolose autopsie effettuate all'ospedale militare. La moglie di Fabbro, Marilena Missio, aveva assistito domenica all'apertura della bara, rendendosi immediatamente conto dello scambio di salme. Il corpo era quello di un giovane dell'apparente età di 30 anni, con barba e baffi: una fisionomia completamente diversa da quella del marito. Poche ore dopo, anche a Grotteria i familiari di Luciano Rocco Papaluca, 38 anni, verificavano che la salma non era quella del loro congiunto. Veniva diramata immediatamente una descrizione dei due cadaveri, attraverso la quale Marilena Missio riconosceva per quella del marito la salma portata in Calabria. "Sono davvero senza parole - ha detto la donna -. Non voglio commentare quanto è accaduto". Domenico Salerno, uno dei cugini di Luciano Rocco Papaluca, al quale è stata mostrata la foto della salma inviata a Udine, non ha però riconosciuto nell'immagine il parente. Questo fa pensare che le salme scambiate siano certamente più di due. Molte delle bare giunte in Italia devono ancora essere aperte. La salma di Fabbro era stata riconosciuta a Bruxelles da Armando Nicoloso, uno dei cinque friulani che avevano raggiunto la capitale belga per assistere alla finale di Coppa dei Campioni. "Ma per la fretta - ha spiegato il console generale d'Italia a Bruxelles, Alberto Gattuccio, - i medici militari dopo il riconoscimento hanno portato i cadaveri nelle sale operatorie a tre a tre, e qui molto probabilmente è avvenuto lo scambio". Una vicenda sconcertante, che conferma le incredibili carenze organizzative delle autorità belghe che non solo non hanno saputo evitare la tragedia, ma non sono riuscite neppure a risparmiare ai familiari delle vittime altre sofferenze. A parte lo scambio delle salme, i cadaveri riportati in Italia portano infatti ancora i segni della frettolosa autopsia e non sono stati ricomposti né vestiti. I medici legali italiani, in qualche caso, hanno avuto inizialmente il sospetto che i segni dei bisturi fossero rasoiate o coltellate inferte dai tifosi inglesi. I tagli riscontrati ad esempio sui corpi di Giovanni Casùla e del figlio Andrea, andavano dalle spalle fino ai glutei ed erano molto profondi. I medici tendono ad escludere che i tagli possano essere stati praticati dai medici legali belgi. Non vi sarebbe nessuna giustificazione scientifica per una pratica di tale tipo. r. i.

4 giugno 1985

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985 

Primi risultati a Torino dell'inchiesta sui tragici fatti dello stadio Heysel

Identificati altri teppisti

di Ezio Mascarino

Più rapida della polizia di Liverpool, la mobile ha già rintracciato i tifosi bianconeri autori di violenze a Bruxelles - Continuano, intanto, le indagini della magistratura sulla strage nel settore zeta - Rientrati i famigliari dei giovani rinviati a giudizio.

La procura della Repubblica di Roma, nell'ambito dell'inchiesta "per identificare i responsabili della strage", ha chiesto ieri anche alla questura torinese di "interrogare tutti i tifosi presenti nel settore zeta". Contemporaneamente, a Torino, la magistratura ha aperto un'inchiesta parallela sugli altri incidenti, avvenuti dopo quel massacro (quando tutto lo stadio già sapeva dei morti e dei feriti) a cui hanno preso parte alcuni tifosi juventini, due di questi, i torinesi Umberto Salussoglia e Claudio Ardito, arrestati mercoledì scorso a Bruxelles, sono stati rinviati a giudizio. Comparsi ieri mattina davanti alla "Chambre de Conseil", rimarranno in carcere in Belgio, in attesa di essere interrogati dal giudici (entro 30 giorni) per la conferma della carcerazione preventiva. Un altro torinese, Carlo B., 17 anni, è stato invece scarcerato ed è rientrato nella notte in città. Oltre al Salussoglia (che un operatore inglese ha ripreso con la pistola in pugno), altri sei giovani coinvolti in scontri con la polizia sono già stati identificati dal dott. Pellegrino e dagli agenti della mobile. La loro posizione dovrà essere vagliata dal sostituto procuratore Marabotto, al quale è stata affidata l'inchiesta torinese. Non si conoscono con certezza i capi di imputazione per Salussoglia e Ardito: il primo pare sia accusato di "danneggiamento, resistenza alle forze dell'ordine, e di aver lanciato contro la polizia l'asta di una bandiera". Claudio Ardito, invece, di "oltraggio e resistenza alle forze dell'ordine". "Rischiano - dicono i difensori - al massimo qualche mese di detenzione e dovrebbero comunque ottenere la condizionale". Di fatto però, se entro un mese non emergeranno elementi nuovi, potrebbero rimanere in carcere fino al processo, a fine agosto o in settembre. Come si difende Umberto Salussoglia (il cui padre, industriale del settore tipografico, è rientrato ieri da Bruxelles) ? Parlano due amici, che erano con lo studente torinese nello stadio Heysel, Cesare Frola e Diego Mattrel, figlio del famoso portiere della Juventus e della nazionale, scomparso alcuni anni fa: "Quello di Umberto non è stato un gesto criminale, ma uno sfogo rabbioso contro la polizia che impediva di andare a soccorrere i nostri feriti. Del resto, con quella scacciacani - che non aveva con sé quando è entrato e che deve avergli dato qualcuno in quell'incredibile confusione - non poteva certo ferire nessuno. Non vorremmo che ora di lui si facesse un capro espiatorio. Non è un violento, non è un provocatore". Una testimonianza che però lascia, dicono gli inquirenti, alcuni interrogativi. La famiglia di Claudio Ardito, 25 anni, si è trasferita da poco a Torino da Fiano, dove abitava fino a pochi mesi fa. Dice un conoscente: "Non possiamo credere a quelle accuse. Se Claudio, da sempre tifoso della Juve, ha fatto qualche sciocchezza, è perché spinto dalla disperazione, nel clima che si era creato vedendo i selvaggi assalti contro gli italiani". Ieri sera il dott. Marabotto ha visionato in questura i filmati e le fotografie raccolte come reperti dalla mobile (compresa quella che pubblichiamo qui accanto): immagini che testimoniano la "guerriglia" scoppiata dopo che lo stadio già sapeva della tragedia. Questa mattina, alle 8, il magistrato sarà presente all'esame necroscopico sulle salme di Giovacchino Landini e Domenico Russo. La procura torinese è impegnata a far luce, per quanto di propria competenza, su quei drammatici momenti, così come sugli atti di teppismo e guerriglia che nulla hanno a che fare con lo sport. Ma in molti si chiedono se i veri colpevoli della strage, coloro che proditoriamente hanno aggredito e ucciso 38 spettatori, saranno mai identificati.

4 giugno 1985 

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985 

Sparito nel nulla Marco Manfredi

di Giuliana Mongelli

Il tifoso, colto da choc, vaga per il Belgio ? Funerale di una vittima e nuova autopsia.

I famigliari dei due torinesi morti allo stadio Heysel di Bruxelles non hanno ancora finito di peregrinare: questa mattina sono stati convocati a medicina legale per il riconoscimento ufficiale delle salme. Dovrebbe essere l'ultima tappa per i parenti delle vittime prima dell'inumazione: un momento doloroso, ma importante dopo lo scambio di corpi che si è verificato a Udine e Reggio Calabria. Dopo questa inevitabile incombenza, i periti settori procederanno ad una seconda autopsia (la prima è stata eseguita in Belgio). Spiegano a medicina legale: "Ripetere l'esame che si è già eseguito all'estero è prassi quando si tratta di morti in circostanze particolari come queste". Il riconoscimento era già avvenuto a Bruxelles per entrambe le vittime (Landini era stato identificato dalla moglie, Russo dagli amici). Questa mattina ci saranno anche i cugini di Luciano Rocco Papaluca di Grotteria (Reggio Calabria): cercano disperatamente la salma del loro congiunto, e non si esclude la possibilità, che, per un macabro errore, sia finita in una delle due bare dei torinesi. Oltre mille persone hanno seguito ieri mattina nella chiesa del Beato Bernardo di Moncalieri, i funerali di Domenico Russo. Dietro al feretro la moglie Tiziana Fecchio, 24 anni appena compiuti, incinta di 5 mesi, i genitori, gli amici, e anche tanti sconosciuti, che hanno voluto far sentire la loro solidarietà con la semplice presenza. Tra la folla, anche il presidente della Juventus, Giampiero Boniperti, con il gagliardetto della società listato a lutto, e il sindaco Fiumara. Ancora nessuna notizia di Marco Manfredi, 40 anni, l'autista dell'ospedale di Moncalieri. Pare dissolto nel nulla. La moglie è tornata da Bruxelles ieri sera: "Sono entrata nello stadio con la polizia per vedere se trovavo qualche indumento di Marco, ma inutilmente. Ho provato a girare negli ospedali, ma non mi hanno fatta entrare. Abbiamo intenzione di far stampare un volantino da distribuire in Belgio. Chissà, forse può servire. Marco soffre di forti emicranie, questo fatto unito allo choc di mercoledì sera può averlo stravolto: chissà dov'è !?". Ieri due segnalazioni giunte alla gendarmeria hanno per un attimo acceso la speranza, ma si sono rivelate infondate. Mentre la signora Manfredi si trovava in Belgio, i famigliari rimasti in Italia hanno lanciato un appello: "Chiediamo al governo di fare pressioni sulle autorità belghe per la ricerca del nostro caro". Si sono improvvisamente aggravate le condizioni di Lorenzo Quagliata, 23 anni, di Bussoleno. Il giovane era il primo nell'elenco dei tifosi juventini rimasti feriti. Racconta la madre: "Domenica sera gli è venuto un gran mal di testa e lo abbiamo portato al pronto soccorso dell'ospedale di Susa. Ora è nel reparto di chirurgia, gli stanno facendo degli esami. E' sconvolto. Non lo riconosco più". Preoccupazione anche a Pinerolo per Carlo Duchene, 34 anni. E' sempre gravissimo.

4 giugno 1985

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985 

Parla la madre di Carlo, il tifoso rilasciato dal giudice belga

"E ora lo ammazzo di botte ?"

di Beppe Minello

"Gli ho dato 100 mila lire per Bruxelles, ma certo il club gliene consegnò altri" - "L'ho visto in tv sventolare gli striscioni con su scritto "Reds animals" - "Fanatico, non violento".

Un alloggio di corso Corsica, ieri pomeriggio. Seduta in cucina, la borsetta in grembo, la signora Giovannina fuma nervosamente. "Quando lo vedrò, chissà, potrei anche ammazzarlo di botte. O no ?" - domanda, con una specie di complicità, al cronista. Parla del figlio sedicenne, Carlo, uno degli ultras bianconeri arrestati per gli scontri allo stadio Heysel di Bruxelles. Poiché è minorenne, la giustizia belga ha deciso di rispedirlo in Italia. La donna sta aspettando un parente che, in auto, l'accompagnerà all'aeroporto di Linate dove, di lì a poche ore, arriverà il figlio (è atterrato alle 23.30, e ha raccontato di essere stato fermato dalla polizia mentre cercava un telefono per avvertire casa di essere sano e salvo). "L'ho visto, Carlo, in televisione: era uno di quelli che agitava lo striscione, sì, quello con su scritto "reds animals" - racconta la donna, non ancora convinta di essere finalmente alla fine di cinque giorni di tormento. "Era partito in pullman martedì sera, non so con chi esattamente. Con lui c'era un ragazzo che conosco, lo stesso che, giovedì notte, mi ha telefonato dicendomi "Sono arrivato al confine con Carlo, ma adesso l'ho perso di vista". Era una frottola, non ha voluto dirmi che mio figlio era in carcere. Questo l'ho saputo solo venerdì quando sono andata alla Criminalpol. Adesso me lo ridanno, meno male. Speriamo che gli serva di lezione...". Dopo essersi sincerata che non pubblicheremo il suo nome riprende: "Cosa vuole, povero figlio, non lavora, non gli andava di studiare. L'unica sua passione è la Juventus: andava in giro a portare gli striscioni...". Cosa vuol dire: che era pagato per fare il tifo ? E da chi ? "Non so se era pagato, so però che dava una mano al club, ma non mi chieda il nome perché non lo so, per organizzare il tifo. Presumo che gli dessero qualcosa... E se no come faceva ? Per quei due giorni a Bruxelles io gli ho consegnato centomila lire. All'estero, con la Juve, era andato anche due anni fa, per la finale di Basilea. Non si è mai perso una trasferta di campionato. A lui non è mai piaciuto chiedermi soldi, sa, io sono la sola a lavorare in questa casa". Pensierosa, la signora Giovannina conclude: "Mi ha fatto male vederlo in televisione dietro quello striscione, ma almeno ho potuto tranquillizzarmi un po'. Sì, certo, avrebbe potuto essere tra i feriti, non però tra i morti, poveretti. Lei dice che l'hanno lasciato andare solo perché è minorenne ? No, no, è che lui non ha precedenti, non è mica come gli altri, sa.

4 giugno 1985

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985 

Una folla commossa per l'ultimo saluto al giovane di Briga

BRIGA NOVARESE - Massimo Savoini, 29 anni, l'agente di commercio rimasto ucciso durante il viaggio di, ritorno da Bruxelles, dove aveva assistito alla partita Juventus-Liverpool, è stato sepolto ieri a Briga nella tomba di famiglia, accanto al padre, Angelo, morto quand'egli aveva solo 11 anni. Una grande folla, con molte persone venute da fuori paese, ha partecipato ai funerali del giovane, che si sono svolti in una mattinata di sole. Il lungo corteo ha preso l'avvio dalla camera ardente allestita nella Villa Savoini, una costruzione posta sul declivio della collina di San Colombano, in mezzo ad un giardino fiorito. La bara, portata a spalle dai compagni di lavoro, era seguita dalla madre di Massimo, Darla Bianco, dai fratelli dello scomparso, Luigi e Maria, dalla nonna Pierina Giordano, di 83 anni. Con i parenti c'era anche il compagno di viaggio Enrico Connella, di Sedriano (Milano), che aveva tentato di soccorrere l'amico dopo il tragico incidente, avvenuto a Bonomme nei pressi di Colmar in Alsazia. Massimo era morto fin da giovedì sera. Rientrando dal Belgio, in territorio francese, è uscito di strada con la sua motocicletta sulla Statale 415 andando ad urtare con il capo contro un palo della luce. Il casco, che è finito in tanti pezzi, non gli è servito. Il Connella, che lo seguiva con un'altra moto, l'ha trovato morente. Il figlio di un noto maitre d'hotel che era diventato commerciante di stoffe, Massimo Savoini si era diplomato geometra ma era andato a lavorare con il fratello maggiore, Luigi, ragioniere, in una ditta milanese che si occupa della vendita di confezioni maschili. Aveva fatto una rapida carriera, si era anche fidanzato. La morte lo ha colto nel pieno della sua vitalità aggiungendo un altro nome al già lungo elenco delle vittime di Bruxelles. f.a

4 giugno 1985

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985 

Agnelli non ha dubbi "Il titolo è nostro, la Coppa un simbolo"

Passano sul video le angosciose immagini della strage di Bruxelles. Questa volta è il "Processo del lunedì, a riportare davanti al nostri occhi gli attimi più drammatici della finale di Coppa, come base per un dibattito cui purtroppo abbiamo già assistito altre volte, ma che a quanto pare torna puntualmente di tragica attualità. L'atto d'accusa è preciso e coinvolge tutti: assassini inglesi, autorità belghe e l'Uefa. Politici, giornalisti e uomini di sport ne discutono per l'ennesima volta. Le conclusioni sono più o meno quelle sentite negli ultimi cinque giorni, le stesse che ogni uomo di buon senso può fare dentro di sé, senza scomodare gente che si occupa di calcio solo in due occasioni: o dopo i grandi trionfi o dopo le immani tragedie. E' il caso del senatore Ossicini, uno dei più accesi sostenitori della restituzione della coppa, il quale ha affermato che sarebbe stato giusto avvertire i tifosi della strage appena compiuta, dichiarazione che ha fatto inorridire l'onorevole Nicolazzi, presente a Bruxelles. Eppure il senatore Ossicini è un illustre psicologo, e dovrebbe capire quali ripercussioni avrebbe avuto sul pubblico un annuncio di questo tipo. Come pure non si capisce perché la Juve dovrebbe restituire la coppa, che avrà fin che si vuole un significato puramente simbolico, ma di cui in ogni caso la squadra bianconera non è tenuta a privarsi solo perché così vogliono alcuni solerti parlamentari. Su questo problema e su altri aspetti della tragedia di Bruxelles, è intervenuto anche l'avvocato Giovanni Agnelli, le cui parole non hanno trovato d'accordo il senatore-psicologo, ma crediamo che il presidente onorario della Juventus non ne sarà turbato più di tanto. Diversi i temi in discussione. Prima di tutto, l'esclusione delle squadre inglesi dalle coppe. Ha detto Agnelli: "Dispiace non avere le società inglesi che hanno dato tanto al calcio, ma se questo è l'unico modo per combattere i teppisti mi pare sia la soluzione migliore". Ma è stato giusto giocare ? Ha detto ancora l'avvocato Agnelli: "La Juve è andata a Bruxelles per giocare. Dopo gli incidenti la squadra era d'accordo di non scendere più in campo, ma è arrivata la disposizione di giocare e la Juve si è adeguata anche se era difficile farlo. Ha giocato e si è capito che era la decisione più giusta in quel momento, come è stato giusto giocare bene ed è stato bene vincere". Ora c'è chi vuole la restituzione della Coppa. Su questo argomento Agnelli è stato preciso: "Dopo qualche giorno i fatti si vedono sotto una luce diversa. La Coppa è solo il simbolo di un titolo, che è la conseguenza di molte partite. Con il Liverpool abbiamo giocato 180 minuti e ne siamo usciti sempre bene. Della coppa potremo fare l'uso che vorremo, ma il titolo è nostro". Tra i tanti uomini politici che hanno preso la parola in questi giorni, c'è da segnalare anche un intervento del presidente del consiglio Craxi che mercoledì scorso si trovava a Mosca ed ha fatto di tutto perché la partita venisse sospesa. Ha concluso l'avvocato Agnelli: "L'onorevole Craxi era solo parzialmente informato di quanto succedeva a Bruxelles. Quando poi è rientrato In Italia, ha ammesso che la scarsità di informazioni in suo possesso aveva condizionato il suo giudizio". Si chiude con un violento attacco del giornalista televisivo Mario Pastore, presidente di giuria, contro le società italiane che sovvenzionano le frange più violente del tifo, accusa piuttosto gratuita e generalizzata, perché molte società hanno da tempo preso le distanze dai teppisti mascherati da tifosi. Il verdetto "ufficiale" questa volta non c'è stato "perché - ha concluso Pastore - è affidato alla coscienza di chi ci ha ascoltato". f.v.

4 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985 

Dopo il rinvio a giudizio nella capitale belga di due bianconeri

Su Bruxelles inchiesta della magistratura

"Vogliamo i nomi dei teppisti"

di Alessandro Rigaldo

Anche la Procura della Repubblica di Torino ha aperto un'inchiesta per accertare - per quanto possibile - che cosa è successo a Bruxelles in quella notte di tragedia. Chi sono - nome e cognome - i responsabili piemontesi degli incidenti ? Il sostituto Procuratore Marabotto, nella serata di ieri, ha visto i filmati e le fotografie che si riferiscono al disastro capitato prima della partita. Alcuni protagonisti dei disordini sono già stati identificati. La Polizia invita le persone presenti in quella notte a presentarsi in via Giattoni per fornire elementi utili all'indagine. Certamente, si tratta di un'inchiesta difficile e, tuttavia, doverosa. Alcuni ultras juventini torinesi rimasti coinvolti nei disordini sono già in carcere a Bruxelles: Umberto Salussoglia e Claudio Ardito, bloccati dalla polizia belga, comparsi davanti alla "Chambre de Conseil" e rimasti in prigione in attesa del rinvio a giudizio. Un altro piemontese Carlo, 17 anni, ha ottenuto la libertà provvisoria per il fatto di essere minorenne: è arrivato in aereo a Linate dove un parente lo aspettava per riaccompagnarlo a casa. Salussoglia (che un operatore inglese ha ripreso con una pistola lanciarazzi in mano) non è nuovo a vicende del genere negli stadi di calcio. Aveva avuto i suoi guai anche in Italia. I belgi lo accusano di "danneggiamento e resistenza alle forze dell'ordine". Sembra che abbia lanciato contro i gendarmi l'asta di una bandiera. Gli amici lo difendono: "Ma non è possibile. Quello di Umberto non è stato un gesto criminale. E' stato uno sfogo di rabbia contro la polizia che non ci lasciava passare per andare a soccorrere i feriti. La scacciacani non poteva fare del male a nessuno. Non l'aveva quando è entrato allo stadio: deve avergliela data qualcuno in quella terribile confusione. Testimonianza che non può non apparire assurda: e infatti per gli inquirenti restano tanti dubbi e perplessità. L'altro, l'Ardito, è accusato di "resistenza e oltraggio" alle forze dell'ordine. La famiglia del giovane è originaria di Piano e si è trasferita da qualche anno in Piemonte. "E’ un grande tifoso della Juventus - dice chi lo conosce - ma è un ragazzo tranquillo. Se ha fatto qualche sciocchezza allo stadio è stato perché spinto dalla disperazione. Il clima che si era creato era di grande tensione. Cosa potevano fare quando hanno visto gli inglesi che assalivano gli italiani ?" Questa mattina, a medicina legale, dovrà essere eseguita l'autopsia, la seconda dopo quella di Bruxelles, sui cadaveri dei due morti torinesi: Giovacchino Landini e Domenico Russo. E' una nuova prova alla quale devono sottoporsi i familiari delle vittime anche se i periti la giustificano come "una prosit" necessaria: quando si tratta di morti all'estero in particolari circostanze viene abitualmente ripetuto l'esame necroscopico. I parenti hanno "riconosciuto" i cadaveri. In un primo momento si era pensato a un macabro scambio di bare. Dal Belgio hanno commesso alcuni errori e si temeva che in una delle due casse torinesi ci fosse il corpo di Luciano Rocco Papaluca di Grotteria (Reggio Calabria): i familiari cercano con angoscia la salma del loro congiunto. Frattanto la famiglia di Marco Manfredi continua la ricerca disperata del parente. Non è fra i morti, non è registrato fra i feriti e non è tornato a casa. Cosa è successo ? La moglie è stata a Bruxelles dove l'ha cercato in ospedali, infermerie, pensioni. Niente: nessuna traccia. "Sono entrata allo stadio con la polizia - racconta la donna - cercavo qualche indumento di mio marito in mezzo a quella confusione. Inutilmente. Ho provato a girare per gli ospedali ma non sempre mi hanno fatta entrare". C'erano anche state due segnalazioni ma, poi, si sono rivelate infondate. Marco Manfredi soffre abitualmente di forti emicranie: il dolore unito allo choc per quello che era successo mercoledì sera può averlo stravolto. "Pensiamo - aggiunge la moglie - di stampare un volantino con la sua foto e di distribuirlo in Belgio. Chissà, magari qualcuno l'ha visto e può servire". "In nessun stadio di calcio italiano potrebbe verificarsi ciò che è avvenuto a Bruxelles". Lo afferma con sicurezza il nuovo questore Catalano ad una settimana dal suo arrivo nella nostra città. Durante la sua precedente dirigenza alla questura di Firenze, in occasione della partita Fiorentina-Juventus dell'82, si verificarono quegli incidenti che portarono alla prima denuncia per Umberto Salussoglia e Claudio Ardito, ora incarcerati in Belgio. Furono trovati su un pullman di ultras bianconeri con bastoni e materiale esplosivo; bandiere e indumenti strappati, durante gli scontri, alla tifoseria avversaria. Nelle camere di sicurezza della questura fiorentina finirono in 38. L'accusa: danneggiamento aggravato, detenzione di esplosivi, furto e rapina. La convinzione del dottor Catalano è che scontri fra opposte fazioni possano sempre verificarsi, occorre prevederli con servizi adeguati ed efficienti. "A noi arrivano continuamente precise disposizioni da parte del dipartimento di pubblica sicurezza del ministero. Si tratta solo di applicarle stabilendo il numero degli uomini da impiegare e soprattutto le strategie da adottare. "Naturalmente dei focolai di scontro fra fazioni opposte possono sempre verificarsi sia sugli spalti che per le strade; sui treni o sui pullman - precisa il questore - occorre essere pronti ad intervenire per limitare i danni, tutelare la sicurezza e individuare i responsabili". Lo si è constatato proprio in occasione dell'ultima partita disputata a Torino dalla nazionale inglese. Le tifoserie vennero divise fra le due curve entrambe sorvegliate da un cordone di polizia e carabinieri. Un impiego di oltre tremila uomini chiamati anche da altre province. La questura torinese sente appieno questa responsabilità e si serve di tutti gli stratagemmi utili per impedire che le manifestazioni di intemperanza possano degenerare. Per questo, in occasione di partite particolarmente calde, si stabiliscono posteggi sorvegliati lontani dallo stadio; i gruppi più aggressivi vengono scortati; gli spettatori vengono perquisiti per togliere loro qualsiasi mezzo d'offesa comprese le aste delle bandiere che debbono essere di plastica leggera. Ma soprattutto non è consentito il possesso d'alcolici. Eppure episodi anche gravi si sono ugualmente verificati ma sempre i responsabili sono stati fermati o arrestati. Cosi è stato per l'accoltellamento del fiorentino Fulvio Della Porta ferito mentre ritornava al pullman a fine partita. Era di fede bianconera eppure fu colpito da un esaltato ultrà di un club juventino. Proprio a Torino rimasero feriti dal lancio di monete Marini, Beccalossi, Oriali dell'Inter. Come vennero danneggiate vetture ferroviarie a Porta Nuova e presi a sassate auto e pullman. Il conto con la giustizia però è stato sempre chiuso: i colpevoli individuati. Un lavoro di polizia investigativa reso possibile dall'isolamento creato attorno ai gruppi più esaltati. Gli obiettivi delle macchine fotografiche e delle cineprese, piazzate in punti strategici dentro lo stadio, hanno ripreso i più violenti durante i tafferugli. Sono stati identificati, ammoniti, perseguiti. Molti, condannati, non hanno potuto seguire le partite perché trattenuti in questura. Questo lavoro assiduo della polizia scientifica, della squadra mobile, degli specialisti dei carabinieri ha permesso l'identificazione degli ultras bianconeri che allo stadio Heysel hanno tentato di rispondere con la violenza alla provocazione dei teppisti inglesi. Non erano volti nuovi per funzionari come Sassi, La Sala, Pellegrino che di questi giovani conoscono ogni movimento. Il riconoscimento ufficiale è avvenuto davanti alla moviola come ha richiesto la magistratura: lo stesso lavoro pare che non sia stato fatto, finora, da parte dei colleghi di Liverpool. A Torino molti gruppi di ultras sono stati sciolti. Certo non si può impedire che gli aderenti possano in qualche modo riorganizzarsi. La polizia sa che questi giovani, oltre che dall'esaltazione sportiva, sono accomunati da fedi politiche estremistiche, specialmente di destra. Come ha rivelato lo stesso ministro degli interni Scalfaro, ieri a Roma, non è escluso che questa violenza negli stadi abbia dei risvolti di carattere eversivo. La bandiera con il simbolo di Ordine nuovo intravista attraverso i teleschermi è significativa.

4 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985 

Giallo dopo la tragedia

A Bruxelles han scambiato le salme di due italiani

La bara di Luciano Rocco di Grotteria (Rc) al posto di Nisio Fabbro di Buja (Ud)

di Wladimiro Sattimettili

ROMA - Orrore nell'orrore, amarezza e rabbia, stupore. E’ proprio vero: due corpi di poveri sportivi riportati in patria dal Belgio sono stati scambiati tra loro. Tutto è stato poi chiarito. Si è trattato, quasi sicuramente, di un errore dovuto alla concitazione del momento e al lungo lavoro dei medici legali di Bruxelles per portare a termine le autopsie. L'effetto è stato ugualmente terribile e traumatico. Le due povere vittime sono state piante invano da mogli, figli, amici e parenti. La riapertura delle bare ha invece fatto scoprire un'altra situazione di estrema gravità: i medici legali del Belgio avrebbero effettuato le autopsie martoriando e sfigurando inutilmente i corpi e rendendo ai familiari resti impresentabili. Era stato il magistrato romano Alfredo Rossini, dopo che la procura della capitale aveva aperto una inchiesta sulla tragedia, ad ordinare, prima del seppellimento delle vittime, nuovi esami medici legali. La decisione aveva provocato proteste, sconcerto e dolore nei familiari delle vittime. Pareva un inutile e assurdo atto di crudeltà, dovuto più a motivi burocratici che a reali esigenze giudiziarie. Invece, l'ordinanza del giudice ha portato, appunto, ad una serie di dolorosissime scoperte. Il primo caso è scoppiato a Buia, un piccolo paese terremotato del Friuli, subito dopo i funerali di Nisio Fabbro, 51 anni, ex dirigente della "Buiese Calcio". L'intero paese, gli amici e congiunti avevano seguito il feretro con grande e commossa partecipazione. Nisio Fabbro, infatti, era conosciutissimo come allenatore di calcio e come appassionato juventino. Al termine della cerimonia funebre, la salma era stata trasportata all'ospedale di Gemona dove il primario anatomopatologo professor Antoci aveva fatto aprire la cassa alla presenza di due ufficiali dei carabinieri, di Moreno Missio, fratello della vedova del Fabbro e di altri congiunti. Nella bara non c'era il corpo di Nisio Fabbro, ma quello di un uomo sulla trentina, piccolo, magro, con barba, baffi e capelli lunghi. Il povero corpo, inoltre, era nudo e orrendamente mutilato per una frettolosa autopsia. La bara, a questo punto, veniva immediatamente richiusa e trasferita all'ospedale di Udine. A Bruxelles, la salma di Nisio Fabbro era stata regolarmente identificata da Armando Nicoloso, uno dei cinque friulani che con Fabbro avevano raggiunto la capitale belga per vedere la finale della Coppa dei Campioni. Ma al primo terribile scambio di salme si è aggiunto, ieri, un secondo caso: quello del calabrese Luciano Rocco Papaluca, di 38 anni, da Grotteria. Quando i medici legali hanno aperto la bara per effettuare l'autopsia, i familiari allibiti si sono resi conto che il corpo non era quello del loro caro. Erano presenti ufficiali dei carabinieri e il sostituto procuratore della Repubblica di Locri Ezio Arcadi. Il corpo messo nella cassa al posto di quello di Luciano Rocco Papaluca - dicono i medici - è di un uomo dall'apparente età di circa 40 anni con due protesi dentarie (una con quindici denti all'arcata superiore, ed una con cinque denti a quella inferiore) e alto un metro e ottantasei centimetri. Naturalmente, anche per questo caso, tutto è stato immediatamente bloccato dall'autorità giudiziaria. Più tardi, la moglie di Nisio Fabbro, dopo avere ascoltato in televisione quello che era accaduto, aveva telefonato ai medici di Grotteria per spiegare che, forse, il corpo finito in Calabria era quello del marito e che il cadavere del povero Papaluca era probabilmente quello arrivato in Friuli. Lo stesso sostituto procuratore di Locri, Arcadi, affermava che le cose quasi sicuramente erano proprio andate così. Ora saranno necessari nuovi riconoscimenti che saranno effettuati oggi. Il giallo dello scambio dei corpi, insomma, si sarebbe risolto. Anche il ministero degli Esteri ha spiegato che, probabilmente, l'errore era avvenuto durante gli esami dei medici legali a Bruxelles. Ma novità (se così si può dire) sconcertanti e macabre vengono anche da altre parti d'Italia, soprattutto per quanto riguarda l'ormai accertato maldestro lavoro dei medici legali belgi. Si è scoperto, per esempio, che anche il corpo di Sergio Mazzino, 38 anni, da Cogorno, non era stato ricomposto, ma avvolto semplicemente in un sacco di plastica. Uno dei parenti, a Genova, ha detto: "Hanno massacrato quei poveri corpi senza alcun rispetto". Per il ragionier Giovanni Casùla ed il figlio Andrea, di 11 anni (la più giovane vittima della tragedia nello stadio), i medici legali italiani hanno stabilito che la morte è avvenuta per soffocamento e per schiacciamento della cassa toracica. Padre e figlio, insomma, sarebbero stati uccisi dalla ressa di chi cercava la salvezza scappando. Sono state però trovate anche delle ferite da taglio (rasoio o coltello) che potrebbero essere state inferte dai tifosi inglesi. II medico legale ha però spiegato che potrebbe invece trattarsi, più semplicemente, di tagli provocati dai medici per indagare sulle cause del decesso. La cosa - è stato però aggiunto - è molto improbabile. Comunque, per padre e figlio, è stata concessa l’autorizzazione alla sepoltura che è già avvenuta, in forma privata, nel cimitero di San Michele a Cagliari. Anche per il commerciante barese Benito Pistolato, di 50 anni, la morte è avvenuta per sfondamento della cassa toracica e soffocamento. Lo hanno stabilito i medici legali di Bari che hanno già trasmesso un primo rapporto alla procura della Repubblica di Roma. Da Bari sono stati inviati nella capitale anche gli interrogatori di alcuni feriti, ascoltati a lungo dagli agenti della Questura. Pure per Loris Messore, di Cassino (Frosinone), secondo i risultati dell'autopsia, il decesso è avvenuto per asfissia. I medici legali non hanno comunque trovato nessuna lesione esterna. Il fratello di Loris, Fabrizio, che si trovava nel maledetto stadio di Bruxelles, ancora ieri ha raccontato ai giornalisti di aver perso di vista il congiunto quando, nella terribile calca, era crollato il muretto divisorio che aveva travolto tanti tifosi. Morto asfissiato e schiacciato anche Eugenio Gagliano che abitava in provincia di Catania. Lo hanno stabilito i medici. Ancora irrisolto è invece il caso di Marco Manfredi, l'ausiliario dell'ospedale Santa Croce di Moncalieri, disperso a Bruxelles dopo la tragedia nello stadio. Il suo corpo non è mai stato trovato e d'altra parte Marco Manfredi non è più tornato a casa. La moglie Rosita si è precipitata in Belgio e, nella capitale, ha preso contatto con le autorità consolari alle quali ha fornito di nuovo i dati sul marito. La donna ha spiegato che Marco Manfredi è toscano, nato a Massa Carrara il 10 aprile 1945, robusto, alto un metro e 78 e del peso di 98 chili. All'ambasciata italiana in Belgio hanno spiegato di aver già fatto tutto quanto era possibile, ma che Manfredi pareva davvero essersi volatilizzato. Sono state fatte intervenire la polizia e la Croce rossa e la famiglia Manfredi, in serata ha rivolto un appello al go… (Omissis: testo mancante)

4 giugno 1985

Fonte: L’Unità

ARTICOLI STAMPA 4.06.1985 

I tifosi scampati alla strage raccontano

"Ci assalivano con bastoni e coltelli"

di Giuseppe Zaccaria

ROMA - Molti "hooligans" erano armati: alcuni di bastoni, altri di stecche di legno con dei chiodi che sporgevano dalle estremità. Ma fra le mani dei teppisti che mercoledì 29 maggio, a Bruxelles, sono partiti all'assalto della curva "Z", c'erano soprattutto coltelli. Alfredo Rossini, il magistrato che sta conducendo l'inchiesta romana sulla tragedia dello stadio di Heysel, ha ricevuto ieri i primi verbali di interrogatorio raccolti dalle questure di tutta Italia. Sono le testimonianze di cento persone. Tutte, quel giorno, si trovavano su quella gradinata, tutte hanno assistito alla folle "carica" degli inglesi. Ognuna, naturalmente, può descrivere solo pochi fotogrammi di quel tragico filmato, altre raccontano cose cui hanno assistito in stato di choc. Dal confronto tra le testimonianze, sembra però, già emergere un inquietante dettaglio, ripetuto da molti: tra gli inglesi decine di tifosi, soprattutto i più giovani, erano armati di lame che sembravano fatte in serie. Erano sottili, acuminate, prive di impugnatura. Gli "hooligans" le avevano introdotte nello stadio fissandole con legacci all'interno dell'avambraccio. Qualcuno giura che fossero di stagno, perché le ha viste piegarsi nell'impatto contro la schiena, la gamba, il braccio di un tifoso italiano in fuga. Di qualunque metallo fossero, potevano uccidere. Tra le vittime, qualcuna è morta così ? Proprio ieri mattina, alla procura di Roma sono giunti dal Belgio due voluminosi incartamenti: contengono foto, copie di verbali, e i referti di trentotto frettolose autopsie. Tutte le vittime risultano morte per soffocamento o per le lesioni provocate dallo schiacciamento della cassa toracica. I nuovi discussi esami, richiesti dal giudice ai periti italiani non hanno fornito altre indicazioni, se si eccettuano gli sconfortanti particolari sul modo in cui i medici legali di Bruxelles hanno svolto il loro compito. Rossini attende ancora ricevere il rapporto del medico che a Cagliari ha esaminato le salme di Giovanni Casula e del figlio Andrea: si è parlato di ferite di arma da taglio, altri hanno risposto che i segni rimasti su quei poveri corpi sono quelli lasciati dai bisturi dei medici di Bruxelles. Anche da Torino, comunque, le autopsie compiute sulle salme di Gioacchino Landini, 50 anni, e di Domenico Russo, 26, non hanno fornito ulteriori elementi, proprio come a Milano è accaduto per Tarcisio Salvi, 45 anni, Domenico Ragazzi, di 43, Tarcisio Venturin, ventitreenne, e Antonio Ragnanese, ed a Ponsacco per Giancarlo Gonnelli, 46 anni. Sono morti tutti per soffocamento. Chiarito sembra infine il mistero delle salme scambiate, che ieri lo stesso Rossini ha definito "solo una delle tante cose insulse compiute a Bruxelles". Il corpo giunto a Tolmezzo al posto di quello di Nisio Fabbro, 51 anni, è invece quello di Luciano Papaluca, 38 anni, di Grotteria, in provincia di Catanzaro. Uno scambio di descrizioni e di fotografie tra le procure ha permesso di svelare il piccolo "giallo", anche se mancano ancora i riconoscimenti ufficiali. Ieri sera, a Udine, il corpo di Papaluca è stato riconosciuto da un amico dell'ucciso, Vincenzo Femia. Ultimo penoso particolare: la moglie di Nisio Fabbro che l'altro ieri aveva già preso parte ai funerali di quello che credeva essere suo marito ha chiesto al parroco del suo paese che il rito possa essere nuovamente celebrato. Mentre le famiglie delle vittime cominciano a costituirsi parte civile (quella di Loris Messore chiederà al procuratore di Bruxelles di incriminare per omicidio colposo plurimo il ministro degli Interni belga, il capo della polizia ed i dirigenti dell'Uefa) al magistrato non resta che attendere il rientro in Italia (previsto per oggi) degli altri tifosi feriti per poter compiere nuovi interrogatori. Attraverso il ministero di Grazia e Giustizia, sono stati presi anche contatti con le autorità inglesi. Se davvero Scotland Yard riuscirà a identificare gli assassini, forse gli italiani scampati all'eccidio potrebbero riconoscerli.

5 giugno 1985

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

"Sulle autopsie non abbiamo alcuna colpa"

BRUXELLES - "Non abbiamo nulla da rimproverarci: le autopsie sono state fatte bene, se ora in Italia corrono voci di rasoiate sui corpi, la cosa non ci riguarda. Se i cadaveri non sono stati ricomposti, è colpa degli italiani che ci facevano fretta per rimandare le salme in Italia. Se ci sono stati scambi di salme, noi non c'entriamo, chiedete all'impresario di pompe funebri, italiano anche lui". Sono queste le risposte ufficiose (e interlocutorie: il portavoce della procura ha rinviato la sua risposta a oggi) date in ambienti della procura agli interrogativi di questi giorni sul modo nel quale sono state trattate In Belgio le salme. Tali spiegazioni non coincidono con informazioni degli ambienti italiani di Bruxelles, che indicano fra l'altro come gli scambi delle salme siano avvenuti subito dopo l'autopsia.

5 giugno 1985

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

Il 67 per cento degli inglesi: "Responsabili anche italiani"

LONDRA - Due inglesi su tre ritengono che anche gli italiani siano parzialmente responsabili degli incidenti occorsi la settimana passata allo stadio di Bruxelles in cui 38 persone sono rimaste uccise. Secondo i risultati di un sondaggio demoscopico pubblicato dal Times, il 67 per cento degli interpellati dal "National opinion poli" crede che anche gli italiani siano da incolpare, almeno in parte, per i tragici incidenti. Il sondaggio rivela che per il 24 per cento dei britannici anche la Juventus dovrebbe esser bandita dai campi europei e un altro 25 per cento vuole che il bando sia esteso a tutte le squadre italiane. Il 68 per cento degli intervistati tuttavia approva la decisione della Football Association di ritirare le squadre britanniche dalle gare europee per un anno.

5 giugno 1985

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

di Renato Proni

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE. BRUXELLES - Trentotto morti e 200 feriti, ma di fronte alla "Chambre de Conseil", al Palazzo di Giustizia di Bruxelles, anche ieri sono comparsi soltanto ladri di polli. Gli imputati erano cinque inglesi, di cui quattro provenienti da Liverpool e uno da Londra. Tra le centinaia di teppisti violenti che potevano essere fermati, la polizia belga ha messo ieri sotto accusa anche un certo Michael Ellis, di 19 anni, per avere derubato con la violenza un venditore ambulante. Soltanto Steven Connally, di 25 anni, potrebbe avere giocato un ruolo nella "carica" micidiale contro gli italiani: Infatti, è accusato di avere divelto dei blocchi di cemento allo stadio. Gli altri tre, David Benton, di 18 anni, John Awak, di anni 30 e George Davis, di 33 anni, devono rispondere di furtarelli e di qualche botta. L'udienza è stata veloce: uno per uno, gli imputati sono stati sentiti dal presidente della "Chambre de Conseil" Jostens alla presenza del giudice istruttore Bellomans e degli avvocati. Pubblico e giornalisti erano esclusi. I quattro imputati hanno ricevuto la conferma del carcere preventivo per un mese, come è avvenuto lunedì per i quattro giovani italiani. Secondo fonti inglesi, i sei teppisti del Liverpool, nonostante siano in carcere per reati minori rispetto alle dimensioni della tragedia, temono di divenire i capri espiatori dei veri assassini. Ma è quasi tutta gente che è stata arrestata prima o dopo la partita, che non sembra avere sulle mani il sangue dei 38 morti. Sarebbero stati sequestrati dalla polizia anche coltelli, sbarre di ferro, droghe e qualche pistola, ma i loro detentori sono sfuggiti all'occhio disattento degli agenti. Ora, le autorità di Bruxelles cercano di rimediare, inviando a Londra e a Liverpool le registrazioni video degli incidenti nella speranza che permettano di riconoscere alcuni dei responsabili dell'eccidio.

5 giugno 1985

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

Le indagini torinesi sul massacro di una settimana fa a Bruxelles

L'autopsia conferma: i 2 tifosi sono morti soffocati nella calca

I familiari di Landini si costituiranno parte civile - Parla un tifoso ferito a sassate.

Si costituiranno parte civile i parenti di Giovacchino Landini, il ristoratore torinese morto una settimana fa nell'inferno di Bruxelles. Toccherà al legale della famiglia stabilire se seguire l'esempio di alcuni avvocati romani, che hanno già chiesto al procuratore del Re di incriminare per omicidio colposo plurimo il ministro degli Interni, il capo della polizia belga e i dirigenti dell'Uefa, o se limitarsi a un'azione contro i tifosi inglesi. Andranno poi anche chiarite eventuali responsabilità di chi ha distribuito a tifosi italiani, attraverso canali ufficiali, biglietti del "settore Z, nella curva riservata agli inglesi. AUTOPSIE - Ieri mattina, all'Istituto di medicina legale, il prof. Baima Bollone ha eseguito le autopsie di Giovacchino Landini e Domenico Russo. Presenti il sostituto procuratore Marabotto e il dottor Luca della Procura, è stata compiuta un'analisi assai difficile per le cattive condizioni delle salme, non ricomposte né rivestite dalla competente autorità belga. La perizia ha confermato che la morte è sopravvenuta per soffocamento e schiacciamento. LO SCOMPARSO DI MONCALIERI - Resta, intanto, misteriosa la sorte di Marco Manfredi, l'autista dell'ospedale Santa Croce di Moncalieri scomparso nel nulla durante la partita. Fra oggi e domani torneranno a Bruxelles la moglie Rosita, la cognata Daniela Binelli e alcuni zii e cugini: hanno intenzione di battere palmo a palmo la città. Una tipografia di Moncalieri ha stampato la notte scorsa centinaia di volantini con la fotografia dello scomparso e i suoi dati anagrafici: verranno distribuiti a taxisti, poliziotti e ai connazionali che vivono in Belgio. La speranza è quella di trovare una traccia "anche se la collaborazione delle autorità belghe - puntualizzano i famigliari - è stata molto scarsa. Ci hanno impedito di controllare se Marco fosse fra i morti o i feriti. Oltre all'appello della televisione non ci è stato possibile ottenere molto. Abbiamo la sensazione che anche la polizia non prenda sul serio il nostro caso". I Manfredi hanno protestato contro l'operato del nostro ministero degli Esteri "che deve rivolgere una ferma richiesta al governo belga perché le ricerche vengano svolte con serietà". Una mano concreta è stata loro offerta "soltanto dal comitato di accoglienza formato dai nostri connazionali: sono stati tutti magnifici". INCIDENTI - Ancora episodi di intolleranza e di teppismo la scorsa notte in pieno centro. L'ufficio commerciale britannico di corso Massimo d'Azeglio 60, la sede della British Airways, in via Arsenale 14, e il Consolato belga, in via Dellaia, sono stati presi d'assalto da gruppi di facinorosi. Su muri scritte cariche di odio: "Vendicheremo i nostri morti", "Inglesi bastardi vi ammazzeremo tutti", "Inglesi animali". Dei teppisti nessuna traccia. INDAGINI - Dopo aver presenziato all'autopsia delle salme il dottor Marabotto ha proseguito, nel pomeriggio, i confronti per accertare l'identità degli ultras juventini coinvolti negli incidenti. Sarebbero stati raccolti elementi per compiere altre due identificazioni che si aggiungono alle sei dei giorni scorsi. I LANDINI - I famigliari di Giovacchino Landini sono stati ieri a La Stampa per ringraziare, attraverso le colonne del giornale, le tante persone che hanno condiviso il loro dolore, "Soprattutto il Comune di Torino - ha sottolineato la moglie - che ci è stato affettuosamente vicino". "UNA SASSATA IN FRONTE. MI È RIMASTA UNA BOLLA D'ARIA NEL CERVELLO". Pietro De Ambrogio, 54 anni, via (omissis), dipendente della Regione, senza alzare la voce parla del massacro al quale lui e la figlia Alessandra, di 18 anni, sono scampati. Un volo Lufthansa, partito da Bruxelles alle 18,30, li ha portati a Caselle alle 22,30 di lunedì. Oltre alla moglie, Margherita, c'era ad aspettare un'ambulanza: subito al Cto. L'equipe neurochirurgica ha permesso a De Ambrogio di tornare a casa: "Ma faremo altri controlli costanti, vedremo le cartelle cliniche". De Ambrogio e la figlia rievocano i disordini: "Siamo allo stadio da un'ora, partono lanci di petardi e pietre. Una mi colpisce in fronte, continuano gli assalti, c'è il fuggi fuggi. Tenendoci per non essere divisi, ci trasciniamo verso il basso: dall'altra parte ci avrebbero schiacciati". Fuggono sul campo. Uomini della Croce Rossa ("meritano elogi enormi") li portano in infermeria: "C'era una decina di feriti, un bimbo aveva perso i genitori". Le prime medicazioni, poi il ricovero in ospedale ("assistenza perfetta"). Alessandra: "In ospedale non potevo rimanere, non ricordavo il nome dell'albergo. Mi hanno ospitata due infermiere di origine italiana".

5 giugno 1985

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

Il sindaco Cardetti a "Stampa Sera"

"Mi hanno telefonato dovrò riunire la giunta"

TORINO - è stata una decisione difficile ma presa anche in tempi molto veloci, quella del consiglio comunale di Liverpool. Tanto veloci che il sindaco Cardetti ha avuto la notizia da "Stampa Sera", questa mattina, due ore prima che il capo di gabinetto del suo collega inglese prendesse il telefono e gli annunciasse il "viaggio del perdono". Giorgio Cardetti, in ogni caso, ha accolto con molta soddisfazione la richiesta. Non c'è molto tempo, ma la macchina per ricevere i rappresentanti di Liverpool si metterà subito in movimento, anche perché andranno prese delle opportune misure di sicurezza. "Riunirò domani la giunta e ne parleremo - ci ha detto il sindaco - ma fin da stamattina ho avvisato tutti i membri. E' ovvio che il nostro atteggiamento è improntato alla massima disponibilità. Sono felice di questo gesto di riconciliazione". Torino apre le braccia ai cittadini di Liverpool, che vengono con il sindaco e i vescovi in testa per condannare la violenza. Certo, sarà un incontro nel dolore, all'insegna però di una pietà più vasta, di una commossa celebrazione delle vittime innocenti d'una violenza che si è scatenata a Bruxelles in modo spaventoso e devastante, ma che cova purtroppo spesso intorno ai campi di calcio.

5 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

Che ne dicono i bianconeri

di Piercarlo Alfonsetti

TORINO - Rapido sondaggio con i giocatori della Juventus, questa mattina dopo l'allenamento della squadra bianconera, per coglierne le reazioni in merito all'iniziativa di pace preannunciata da Liverpool e in virtù della quale una delegazione di autorità civili, religiose e sportive della città inglese verrebbe a fine giugno nella nostra città per propiziare la riconciliazione dopo la tragedia di Bruxelles. Le opinioni dei giocatori juventini sono difformi e, mentre qualcuno considera meritevole della massima attenzione la proposta che viene da Liverpool, altri non ne ravvisano alcuna utilità. E' questo il caso di Briaschi, il quale dice: "Dopo quanto è successo, mi sembra che sia il caso di smetterla con le parole e tutto quanto può sapere di retorica. Proprio ieri pomeriggio mi sono recato al funerale di una delle vittime e in questa occasione, ancor più che a Bruxelles, mi sono reso conto dell'enormità del dramma che è stato vissuto in Belgio da tanti poveri innocenti". L'attaccante bianconero si spinge più in là: "Sarebbe piuttosto il caso che ci si desse da fare per trovare soluzioni valide a scongiurare altre tragedie di questa portata. Un viaggio come quello che vogliono fare le autorità inglesi non servirebbe a niente". Di parere opposto Tacconi: "Più iniziative si attuano in direzione della conciliazione e meglio è. Non è giusto continuare a esprimere odio e avversione nei confronti delle città inglesi: andando avanti così, qualcuno arriverà magari a parlare di guerra. Proprio ragionando in quest'ottica non ritengo giusta la squalifica inflitta a tutte le società inglesi". Anche Brio apprezza l'idea: "è un bel gesto, spero che quanto è successo serva da lezione per il futuro. La partita è soltanto una partita e nient'altro e non dev'essere occasione per sfogare la violenza. Vorrei approfittare dell'occasione, anzi, per lanciare un appello ai tifosi italiani ai quali raccomanderei: andate a vedere le partite ma lasciate a casa le armi e tutti quegli oggetti che possono far male. E' giusto che la gente si rechi allo stadio, ma soltanto per divertirsi e non per nuocere al prossimo". Platini si è limitato a una sola e sconcertante battuta ("Non m'importa più di niente"), Boniek non crede che i propositi degli inglesi possano sortire alcun effetto positivo. "Non vedo quale significato abbia questa idea - ha detto il polacco - ci vuol molto tempo per dimenticare e per farsi perdonare". E, per concludere, il parere di Giovanni Trapattoni: "Ritengo che tutto quello che si fa per rendere onore alle vittime e favorire il calcio sia apprezzabile. Di conseguenza, l'idea di cui si parla mi sembra positiva".

5 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

Chiedere perdono

di Nazareno Fabbretti

Se l'iniziativa della città di Liverpool verrà accettata e condivisa dalla città di Torino e dal calcio italiano, vorrà dire che anche dalla strage di Bruxelles esce almeno un'idea umana e un impegno morale e sociale che trascendono e insieme riscattano il vero sport e rendono meno amare le lacrime delle famiglie delle vittime e quelle dei feriti. Speriamo che le reciproche burocrazie politiche, amministrative e sportive non frenino e non annullino questo anelito umano prezioso e liberatorio. Le autorità inglesi, belghe e italiane debbono punire con il massimo rigore i colpevoli di violenza e omicidio. Ma con totale passione, Liverpool, Bruxelles e Torino possono restituire al calcio, accettando l'idea della richiesta inglese di perdono, e condividendola verso tutte le vittime, quella forza catalizzante che davvero può farne un fattore politico, sociale, pacifico di massa, un lievito di enorme valore anche per l'unione reale dell'Europa. Chiedere perdono e concederlo significa iniziare la fine di quella guerra sanguinosa tra popoli fratelli che anche il calcio spesso, come a Bruxelles, ha vergognosamente combattuto. Può iniziare uno stato di pace in cui il vero sport si potenzia, non si uccide facendosi omicida.

5 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

Ancora nessuna notizia di Marco Manfredi

Centinaia di volantini per il tifoso scomparso

Saranno distribuiti a tassisti, poliziotti, vigili urbani e cittadini italiani residenti nella capitale belga. "Qualcuno può averlo visto - dice la moglie - potrebbe aiutarci a ritrovarlo".

Dov'è Marco Manfredi ? La moglie, la cognata, i parenti e centinaia di italiani residenti a Bruxelles lo stanno cercando. Frugano nel bar, nelle osterie, nelle locande: mostrano i manifestini stampati l'altra notte a Moncalieri con la foto dello "scomparso". Cercano una traccia per trovare il tifoso della Juventus rimasto coinvolto negli incidenti di mercoledì scorso a Bruxelles e sparito come se fosse svanito nel nulla. E' l'ultimo filo di speranza ai quali i familiari restano cautamente aggrappati. "Qualcuno può averlo visto - dice la moglie - potrebbe aiutarci". Il tempo che passa contribuisce ad aumentare il mistero ma, purtroppo, riduce anche i margini dell'ottimismo. Che cosa può essere successo ? Marco Manfredi soffriva periodicamente di forti emicranie: dolori a volte quasi insopportabili. "Può darsi - ipotizza la moglie - che il caldo, la ressa, la stanchezza del viaggio gli abbiano procurato mal di testa. Lui aveva un posto nel settore "M" e "O" ma ho saputo che anche lì ci sono stati dei tafferugli proprio prima dell'inizio della partita". Aggiunge: "Può darsi che si sia spaventato e che si sia perso. Non ha visto gli amici, non ha più trovato il pullman e si sarà allontanato senza sapere dove andare. Non so: può essere... Magari adesso non si è ancora ripreso". Anche se è difficile pensare che un uomo sotto choc possa girovagare per una settimana in un paese straniero senza che nessuno si accorga di lui. Alcuni tifosi sono scappati con la camicia strappata, i pantaloni a brandelli, qualcuno senza scarpe. Parecchi hanno perduto portafogli, documenti, denaro. Chi è salito sul treno, chi ha fermato auto di passaggio, chi ha corso finché ha avuto forza nelle gambe. Ma dopo poche ore sono stati rintracciati. Un tifoso è arrivato fino alla frontiera con la Francia: non si ricordava più nulla ma è stato riconosciuto e accompagnato in ospedale. I parenti, accompagnati dalla polizia, sono stati allo stadio ma non hanno trovato "segni" di Marco Manfredi. Il "comitato di accoglienza" formato da italiani residenti a Bruxelles ha offerto tutto l'aiuto possibile: un appello è stato diffuso sui canali della televisione francese e fiamminga. I giornali hanno pubblicato la notizia con la fotografia. Invece, "le autorità belghe danno l'impressione di non prendere troppo sul serio la nostra vicenda". Ieri ci sono state le autopsie sui cadaveri dei due tifosi morti a Bruxelles Giovacchino Landini e Domenico Russo. I medici hanno confermato che sono stati soffocati e schiacciati: a dieci minuti di distanza l'uno dall'altro. Alla perizia ha presenziato il sostituto procuratore Marco Manfredi della Repubblica Marabotto che dirige l'inchiesta per individuare gli ultras juventini che hanno partecipato ai disordini. I filmati e le fotografie hanno consentito di identificare parecchi giovani. A Torino sui muri si moltiplicano scritte idiote anti-inglesi. I vendicatori di casa nostra promettono di "fare pagare caro". Accusano i britannici di essere "animali": vogliono "ammazzarli tutti". Proprio mentre da Liverpool giungono messaggi di riconciliazione. Il sindaco e i dirigenti sportivi inglesi hanno scritto al direttore de "La Stampa" Giorgio Fattori, al sindaco Giorgio Cardetti, all'ambasciatore. Sono testimonianze significative di cordoglio. Il consiglio municipale di Liverpool ha deciso di inviare una delegazione ufficiale a Torino: un "viaggio di pace" per ritrovare le radici della tolleranza.

5 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

C'è una iniziativa del Consiglio comunale inglese: come risponderemo ?

Da Liverpool a Torino sindaco, vescovi e tifosi per scusarsi con noi ?

Pronto, Liverpool ? Come e perché questa decisione ? "Abbiamo chiesto di partire il 17 per Torino".

LIVERPOOL - Il consiglio comunale di Liverpool ha annunciato di aver invitato le massime autorità civili, religiose e sportive della città a partecipare a un viaggio di riconciliazione a Torino nella seconda metà di giugno, della durata di tre o quattro giorni. (Agi/ap)

Arriveranno il 17 giugno prossimo, lunedì, con in testa Derek Hatton, "deputy leader" del consiglio comunale, il vero "primo ministro" di Liverpool, laburista "della tendenza "militante", ovvero trotzkista. Ci saranno anche il "chairman", che però in questo caso non è l'equivalente del sindaco, Hugh Dalton, e quasi certamente l'arcivescovo cattolico della città, Derek Worlock. Sarà un viaggio di pace e di riconciliazione, deciso all'unanimità da tutto il consiglio comunale anche se con qualche perplessità sui tempi. La maggioranza laburista ha insistito perché non si aspettasse, conservatori e liberali hanno manifestato una serie di dubbi sull'opportunità di venire a Torino così presto. I liberali in particolare, per bocca di sir Trevor Jones, hanno insistito che il municipio avrebbe fatto meglio ad attendere un invito formale da parte di Torino. Secondo Jones avrebbe anche sostenuto di sapere che il sindaco di Torino non riterrebbe ancora maturi i tempi. Ci sono insomma timori di disordini o di manifestazioni di rabbia incontrollata, condivisi in parte anche dal vescovo anglicano della città, David Sheppard. Incertezze anche all'interno dei due club calcistici, il Liverpool e l'Everton. La squadra i cui tifosi - anzi, una parte di essi - hanno provocato i disordini ha fatto sapere però che sono in corso contatti con la Juventus per definire iniziative comuni da prendere in futuro. La decisione del consiglio comunale comunque è presa ed è operativa. Da oggi cominciano i preparativi per quello che dovrà essere il grande viaggio del dolore e della pace. Ma in città c'è inquietudine. Abbiamo parlato con un collega del "Liverpool Eco", Nick Bunkar, che ci ha spiegato come a Liverpool l'atteggiamento della gente sia ancora quello di uno choc che non accenna a passare. Il lungo incubo della città è appena incominciato, e mentre sono ai primi passi le indagini per identificare i tifosi assassini un senso di colpa generale è tutto ciò che rimane dopo la tragedia di Bruxelles. "Non sono sicuro che tutti siano d'accordo con l'idea di venire a Torino" ci ha spiegato il giornalista. Il timore di episodi di intolleranza, la vergogna, e anche le preoccupazioni che in questo gesto possano inserirsi provocazioni da parte delle tifoserie più accese e barbare o del "National front", la formazione di estrema destra già chiamata in causa per gli incidenti, è grande. Ma lunedì mattina un aereo partirà da Liverpool diretto a Caselle. Lo ha voluto con estrema decisione Derek Hatton, e le perplessità sono state vinte di slancio in pochi giorni. La città, fra incredulità, dolore e paura, vuole chiedere scusa a Torino e, tramite Torino, a tutte le vittime della tragedia. Sarà un viaggio amaro, ma forse anche il primo passo verso quell'opera di "pulizia" e di umanizzazione delle folle calcistiche di cui il dramma di Bruxelles ha evidenziato, nel sangue, l'urgenza. m. Dau.

5 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

Il sindaco Cardetti: "Non ho ancora notizie da Liverpool"

TORINO - Questa mattina alle 9, a proposito dell'iniziativa di pacificazione che da parte inglese e in particolare sul viaggio a Torino che una delegazione ufficiale composta da autorità civili, religiose e sportive di Liverpool vorrebbe intraprendere nella seconda metà di giugno, abbiamo interpellato telefonicamente il sindaco di Torino, Giorgio Cardetti. Dopo aver trascorso a Roma la giornata di ieri dove si è recato per impegni, il primo cittadino stava per recarsi in Comune dov'era atteso per una riunione. Richiesto di un commento sulle notizie provenienti da oltre Manica, Cardetti si è detto all'oscuro di tutto. "Da Liverpool mi sono arrivati messaggi di condoglianze per i tragici fatti di Bruxelles - ha dichiarato - ma non ho notizia del viaggio di riconciliazione". Abbiamo allora letto a Cardetti la notizia diffusa nella notte da un'agenzia di stampa secondo la quale Sir Trevor Jones, capo del partito liberale, avrebbe addirittura sostenuto di essere informato "che il sindaco di Torino ritiene che sia un po' presto per ricevere una delegazione. Gli animi sono accesi e penso che esista il pericolo molto reale che andare avanti senza un invito formale possa fare più male che bene". Ed ecco la risposta: "Non so come questo signore possa essere così informato dal momento che il problema non mi è neppure stato posto". Ma lei sarebbe disposto a collaborare per la realizzazione di una simile iniziativa ?! "Credo che sia doveroso fare tutto quanto è possibile per mantenere buoni rapporti. E' chiaro però che vorrei riflettere sul problema che dovrà comunque essere sottoposto alla giunta. Ora mi recherò in ufficio e spero di poterne sapere qualcosa di più".

5 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

I feriti a Milano

MILANO - Circa la metà dei feriti italiani ancora ricoverati nei vari ospedali di Bruxelles rientra oggi in patria con un volo speciale. L'aereo decolla nella tarda mattinata dall'aeroporto della capitale belga e dopo circa un'ora atterra su una pista dello scalo di Linate. A bordo i feriti, molti dei quali in barella, sono assistiti da tre medici di "Europe Assistance". L'aereo è un Fokker 27 particolarmente attrezzato per svolgere servizi sanitari. Una volta giunti a Milano i feriti di mercoledì scorso allo stadio Heysel saranno caricati a bordo di autoambulanze della Croce Rossa e, quindi, raggiungeranno gli ospedali più vicini alle loro abitazioni. L'elenco di coloro che hanno potuto lasciare Bruxelles è ancora incompleto.

5 giugno 1985

Fonte: Stampa Sera

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

Ancora orrore e rabbia dopo il rientro dei morti dello stadio

Scempio sulle salme ? C’era fretta

Questa la giustificazione dei medici belgi

Risposta cinica e polemica delle autorità di Bruxelles - Alcuni esperti italiani parlano di "caotico disprezzo" - Ancora irrisolta la vicenda dello scambio dei due cadaveri - Il corpo del friulano Fabbro, finito in Calabria, sarebbe irriconoscibile - Oggi rientra in aereo un altro gruppo di feriti.

ROMA - Ancora angoscia, rabbia e disperazione, via via che in tutta Italia vengono effettuate le autopsie sui poveri corpi degli sportivi italiani morti nel tragico stadio di Heysel. Lo spettacolo è sempre lo stesso: corpi dilaniati e salme non ricomposte. Insomma, un vero e proprio massacro. Molti dei medici italiani che hanno effettuato le autopsie parlano di "caotico disprezzo", riferendosi al lavoro dei colleghi belgi. Basta citare, come esempio, il caso dei poveri corpi di Rocco Acerra e Nino Cerullo, due vittime di Francavilla a Mare in provincia di Chieti, esaminati ieri. Appena arrivate le salme sono state aperte le bare, in base alla richiesta della Procura romana. Erano presenti magistrati, funzionari di polizia, patologi ed altri esperti, abituati al duro e difficile lavoro dell'esame dei corpi. Eppure, anche in questo caso, tutti sono rimasti allibiti: le membra dei due tifosi morti nello stadio, erano sparpagliate alla rinfusa nei sacchi di plastica. Quando è stato il momento di far effettuare i riconoscimenti ufficiali da parte dei congiunti, si sono avute nuove scene di disperazione e di orrore. I familiari delle vittime hanno protestato con durezza estrema chiedendo poi un qualche intervento da parte delle autorità. Le stesse scene si erano avute già ieri in varie parti d'Italia. Le notizie dal nostro paese erano comunque e subito rimbalzate a Bruxelles dove i giornalisti si sono precipitati a chiedere precisazioni e notizie ai magistrati che si occupano dell'inchiesta. La Procura belga, informalmente, ha replicato dicendo: "Non abbiamo nulla da rimproverarci, le autopsie sono state fatte bene e se ora in Italia corrono voci di rasoiate sui corpi, la cosa non ci riguarda. Se i cadaveri non sono stati ricuciti - ha spiegato poi un portavoce - la colpa è degli italiani che ci facevano fretta per rimandare le salme in Italia. Se ci sono stati scambi di corpi, noi non c’entriamo. Chiedete all’impresario di pompe funebri, italiano anche lui". Si tratta, come è facile comprendere, di una risposta soltanto cinica. Gli scempi sui corpi sono stati, infatti, portati a termine nel corso delle autopsie e su questo non ci sono dubbi. Anche Io scambio di salme è avvenuto proprio nel corso degli esami di medicina legale. Tra l’altro anche il problema dello scambio delle salme, contrariamente a quello che era sembrato, non è stato affatto risolto. Ieri mattina, un vecchio amico del calabrese Luciano Papaluca, avrebbe dovuto effettuare il riconoscimento della salma nell'ospedale di Udine. Ma il magistrato, però, non ha concesso l'autorizzazione perché i due non si erano più incontrati da almeno quattro anni. "La situazione è ancora tutta da definire - hanno detto alla prefettura di Udine - e forse solo nella nottata riusciremo ad arrivare a capo del mistero". Ieri sera, infatti, sono arrivati a Udine alcuni parenti del Papaluca. Solo stamane, però, potranno vedere la salma del congiunto. Più complicata ancora appare la situazione legata al riconoscimento di Nisio Fabbro. I due corpi, come si ricorderà, erano finiti a Grotteria invece che a Udine e viceversa. Il magistrato ha sconsigliato i congiunti del Fabbro a recarsi in Calabria perché "il corpo arrivato a Grotteria è praticamente irriconoscibile". La moglie del Fabbro" Marilena Missio, ha invece spiegato che intende andare ugualmente in Calabria e subito. Intanto i familiari di Loris Messore, il tifoso juventino di Frosinone morto a Bruxelles, hanno deciso di costituirsi parte civile nel procedimento penale contro ignoti, già avviato in Belgio. I legali della famiglia Messore hanno precisato che intendono chiedere alla magistratura di incriminare per omicidio colposo plurimo il ministro degli Interni e il capo della polizia del Belgio, oltre ai dirigenti dell'Uefa. Intanto oggi, con un aereo sanitario speciale, rientreranno da Bruxelles, diretti a Milano e poi alle rispettive destinazioni, almeno una decina di feriti italiani.

5 giugno 1985

Fonte: L’Unità

ARTICOLI STAMPA 5.06.1985 

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