Appuntamento a Liverpool
di
Marco Tullio Giordana
(1988)
"Appuntamento a Liverpool", con Isabella
Ferrari, John Steiner, Valeria
Ciangottini, Nigel Court, Ugo Conti,
Roberto Lena, Marne Maitland. Regia di
Marco Tullio Giordana. Durata: 1:30.
Italia, 1988.
Caterina vive a
Cremona con la madre le sue normali
giornate di lavoratrice ventenne,
cercando di dimenticare il dramma della
morte del padre, avvenuta sotto i suoi
occhi tre anni prima, nello stadio di
Bruxelles, a causa dei tumulti provocati
dai tifosi inglesi, durante la partita
Liverpool - Juventus, tumulti finiti in
una strage. Ma un ispettore di polizia
inglese, ossessivamente determinato a
individuare e consegnare alla giustizia
tutti i responsabili di quell'eccidio,
riconvoca la ragazza come testimone
oculare, essendo emersi nuovi elementi,
che consentono di riaprire
l'istruttoria. Caterina, pur riluttante,
è costretta a rivedere al rallentatore
le tragiche sequenze di quei terribili
momenti: scopre così, inorridita,
l'assassino del padre, ma non lascia
trapelare la violenta emozione. Decisa a
farsi giustizia da sé, lascia il lavoro
e la madre e parte per Liverpool, alla
ricerca del responsabile. Dopo paurose
avventure nella città sconosciuta e
sfuggendo all'implacabile ispettore che
la tallona, riesce finalmente a trovare
il giovane assassino.
Fonte:
Comingsoon.it
Cinema e Heysel
ALCUNE RECENSIONI SUL FILM
NDR: Saladellamemoriaheysel.it non
avendo alcuna finalità di critica
cinematografica ha scelto di non
pubblicare tutte quante le recensioni
disponibili in rete sul film di Marco
Tullio Giordana, ma soltanto alcune che
possano rendere effettivamente l'idea
del film, il quale a noi interessa
soltanto dal punto vista morale e
psicologico. Se proprio devo esprimere
un giudizio, accantonando la parrucca di
certi soloni intellettualoidi da
strapazzo, a me è piaciuto moltissimo e
ringrazio Giordana per averlo sofferto,
scritto e diretto così ed Isabella
Ferrari, la protagonista, per averlo
recitato con estrema sensibilità e
qualità. Ritengo sia stato il film che
le ha cambiato la vita professionale e
ce l'ha donata negli anni a seguire in
tutta la sua intensità attoriale.
Domenico Laudadio
Prime film: Appuntamento a Liverpool
La giustiziera e i sentimenti
Con Isabella Ferrari, regia di
Giordana
APPUNTAMENTO A Liverpool di Marco
Tullio Giordana, con Isabella Ferrari,
Nigel Court, John Steiner, Valeria Ciangottini. Produzione italiana.
Drammatico. Cinema Charlie Chaplin di
Torino.
Un italiano muore, massacrato da un
tifoso inglese, durante la tragica
partita di calcio Juventus-Liverpool
giocata allo stadio Heysel di Bruxelles
il 29 maggio 1985. Sua figlia, Isabella
Ferrari, che era con lui, non può
dimenticare né accettare. Tre anni dopo
non sa liberarsi da quell'orrore, resta
perduta in una depressione profonda:
misantropia, inerzia, conflitti con la
madre infermiera Valeria Ciangottini,
disattenzione nel negozio di jeans in
cui lavora a Cremona, culto ossessivo
del padre morto. A ricordare la
costringe anche il poliziotto inglese
John Steiner, deciso "per coerenza
morale a individuare e punire tutti i
responsabili delle trentanove uccisioni
avvenute durante quella partita:
guardando le fotografie sottopostele dal
poliziotto, la ragazza riconosce
l'uccisore del padre. Non parla, non lo
denuncia. Va a Liverpool per ucciderlo.
Nella ricerca segnata da incontri
allarmanti e dalla sorveglianza del
poliziotto inglese che l'ha seguita,
scopre la città degradata, desolata,
violenta. Trova l'uccisore, Nigel Court,
un tassista che "ha gli occhi di chi
aspetta soltanto di morire". Gli parla,
lo pedina. Lo aspetta davanti a casa
sua, immagina come lo ucciderà, lo vede
uscire con la figlia piccola per mano,
anche lui padre: e rinuncia a farsi pure
lei portatrice di morte o di prigionia.
Il film, nello stile non realistico ma
romantico-nero e mitizzante di Giordana,
non è riuscito: storia mal congegnata,
dialoghi stonati, personaggi secondari
incongrui, Isabella Ferrari, senza più i
lunghi capelli biondi che erano il suo
emblema di star dei fast-movies, per la
prima volta in un ruolo drammatico,
supera bene la prova: è intensa,
contenuta, sensibile. I.T.
15 ottobre 1988
Fonte: La Stampa
Cinema e Heysel
Violenza arrivederci e vendetta a
Liverpool
di Alberto Crespi
Il film più controverso della Mostra
è Italiano. O piace, o lo si odia a
morte, a giudicare dalle violente
reazioni del pubblico. In questi casi è
giusto schierarti, e noi ci schieriamo:
Appuntamento a Liverpool, di Marco
Tullio Giordana, ci è piaciuto. E
Isabella Ferrari (il cui nome nei
titoli, alla proiezione per la stampa, è
stato stupidamente fischiato) è
bravissima. Una scoperta.
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI. VENEZIA -
Liberiamo subito il campo da un
equivoco. Appuntamento a Liverpool è
l’ormai famoso film che prende spunto
dalla strage dell’Heysel, la notte di
quel tragico Juve-Liverpool, finale di
Coppa dei Campioni. Ma non è un film
sull’Heysel e soprattutto non è un
documentario sul calcio. L'Heysel è solo
un'immagine dei gradoni di cemento che
s’inondano di sangue. E’ un incubo
sepolto nella mente di Caterina, una
ragazza che all’Heysel c’era, stava
insieme al padre, l’ha visto morire nel
parapiglia scatenato dalla violenza
degli hooligan. Quel padre che lei amava
teneramente e che per farla addormentare
con un sorriso le leggeva una poesia di
Sandro Penna in cui si parla di "merda
secca". "Quella poesia", (Ndr: Amore,
gioventù, liete parole, cosa splende su
voi e vi dissecca ? Resta un odore come
merda secca lungo le siepi cariche di
sole) per me è il cuore del film - dice
Giordana - per come mescola parole
"basse" e parole alte e perché mi sembra
un canto tenerissimo sulla fine della
gioventù, delle speranze. Volevo usarla
già in "Maledetti vi amerò". Per me il
film è tutto nella prima e nell'ultima
inquadratura buia, con quella poesia
letta fuori campo. Quello che c'è in
mezzo è un percorso, che serve prima di
tutto allo spettatore. Il percorso
dunque, è quello di Caterina. Una
ragazza che tre anni dopo la tragedia
vive solo nel ricordo del padre. Con la
mamma parla poco, con le amiche inventa
scuse per non andare alle feste. Lavora
come commessa. Vegeta, più che vivere.
Finché, un giorno, accadono due cose.
Prima Caterina rimette a nuova vita la
macchina sportiva del padre e il suo
ricordo ritorna ancora più potente (e su
quell’auto tutto, a cominciare da quel
portachiavi della Juve, le richiama alla
mente l’Heysel) Poi, dall’Inghilterra,
arriva un commissario. La interroga. Le
mostra nuovi filmati, nuove foto, vuole
la sua testimonianza. E’ una di quelle
foto è nota anche a noi. Quel volto
l'abbiamo già visto, negli incubi di
Caterina. E’ lui. Ma Caterina non lo
denuncia. Dentro di sé, ha deciso
partirà per Liverpool, lo troverà,
gliela farà pagare. Come tanti western
(e di tanto in tanto nella costruzione
della trama, sembra davvero un western),
"Appuntamento a Liverpool" è la storia
di una vendetta. Non vi diremo se alla
fine Caterina uccide o no (anche se
siamo convinti che proprio il finale
abbia urtato il pubblico qui a Venezia)
Il film è da oggi nelle sale scopritelo
voi. Possiamo solo dirvi che ci è
sembrato uno scavo efficace in un
personaggio femminile, costretto dal
mondo ad azzerare la propria vitalità,
rifugiarsi nella violenza. E’ un film
amaro, quello di Giordana, un film in
cui, appunto, il mondo, (gli adulti, la
legge, le istituzioni) non da risposte
al dolore. "Per me - dice il regista - è
la storia di una donna che rischia di
perdere l'anima, ed è un modo per
mostrare come sia impossibile elaborare
il lutto, sia all'interno che
all’esterno. Si può solo
interiorizzarlo, fissarlo in un ricordo.
Nessuno ti aiuta". "Appuntamento a
Liverpool" ha un altro elemento che,
diciamolo, aveva suscitato perplessità,
ed è
rimasto, forse, poco gradito al
pubblico un po’ snob della Mostra. II
film è, in tutto e per tutto, Isabella
Ferrari.
È in scena dall’inizio alla fine
come Ornella Muti In "Codice privato" di
Maselli. Ed è altrettanto brava. Una
scoperta. Merita un applauso anche per
come è stata ferma due anni, quando
avrebbe potuto scatenarsi in varietà tv
e Sapore di mare capitolo 30 o 40, in
attesa di un ruolo da attrice vera.
Giordana l'ha scelta dopo un provino in
cui l'ha fatta solo muovere, senza farle
dire una battuta. E lei, nel film, è
convincente soprattutto nei silenzi, nel
modo in cui riesce a "portare" le
battute altrui. E a Caterina, è arrivata
proprio da sola "ho visto la tragedia
dell’Heysel in tv, come tutti. Ma non
credo sia un film su quella partita, e
del resto nella mia vita non ho mai
provato, fortunatamente, un dolore così
forte. Non ho voluto parlare con i
parenti delle vittime. Non volevo né
sfruttarli, né disturbarli. Ho cercato
il dolore dentro di me, nella
solitudine. Prima di iniziare le riprese
mi sono isolata per due mesi e quando
sono arrivata sul set, ero Caterina.
Girare il film è stato più facile che
prepararlo. Un po' perché (ed è una
fortuna che capita raramente) essendo
quasi sempre in scena da sola, avevo il
regista tutto per me. Un po' perché
interpretare dei personaggi così belli è
più facile che fare dei film stupidi. Ho
lavorato in film in cui non si sapeva
nemmeno cosa stessimo facendo. Qui, ogni
cosa aveva un suo perché. Ed è stato
tutto più semplice.
3 settembre 1988
Fonte: L’Unità
Cinema e Heysel
Quando lo sport è strage
di Piero Perona
DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA - Una
vergogna dello sport e del fanatismo,
cioè i 39 morti dell'Heysel di Bruxelles
in occasione della finale di Coppa
Campioni dell'85, viene allusa e
rievocata oggi alla Mostra dal film
Appuntamento a Liverpool. Il regista
Marco Tullio Giordana non si sofferma
sullo scontro assurdo germinato
dall'onesta rivalità tra la Juventus e
il Liverpool. In 99 minuti non si vede
mai né una maglia bianconera né una
maglia dei Reds, il discorso parte da un
fatto preciso e si allarga con
intenzione: "Vorrei tornare a guardare
una partita con gli occhi di un bambino"
spera Giordana con timidezza. Partiamo
dal presente, dove in una città del Nord
che assomiglia a Cremona la giovane
Caterina non riesce a dimenticare che il
padre le fu ucciso sotto gli occhi. Sono
passati tre anni, nessuno più considera
l'orrore e chi si arrischia a
farlo
passa per nevrotico. Soltanto un leale
commissario inglese esamina e riesamina
la registrazione della serata. Un nuovo
documento lo porta a riaprire
l'inchiesta. Finalmente Caterina
riconosce un volto acceso dall'odio. Si
scuote dall'apatia e parte alla volta
dell'Inghilterra per uccidere di persona
chi l'ha privata dell'amore di suo
padre. Qui il commissario esorcizza la
sua vendicatività chiedendole di
riconoscere l'assassino per mandarlo in
carcere. Caterina, distrutta, esita e
piange. Come una bambina che si sente
privare del giocattolo da rompere, un
giocattolo che è uomo e anch'egli padre,
punta la pistola contro il nemico.
Lasciamo al rispetto della suspense il
diritto di censura sul finale. Di sicuro
la forzatura impressa al carattere del
commissario impersonato da John Steiner
provocherà malumori in sala, né più né
meno che ora nella sezione Venezia
Orizzonti. Marco Tullio Giordana si
difenderà dicendo che i mezzi toni non
sono sempre necessari alla dignità della
scrittura (consideriamo pura e fuori
gioco la limitatezza delle espressioni
di Isabella Ferrari, impegnata con buona
volontà in una parte drammatica). Forse
a soli tre anni di distanza dal lutto
non si ha ancora la forza di illuderlo
per ambire alla tragedia greca. Nel
film, per una scelta stilistica, sono
evitati i riferimenti cronistici tali da
scatenare inopportuni campanilismi. Di
Juventus quindi non si parla mai, al
massimo vediamo un portachiavi smaltato
in bianco e nero. Piacerà, non piacerà,
questa rinuncia al racconto diretto ?
2 settembre 1988
Fonte: Stampa Sera
Cinema e Heysel
Isabella metamorfosi d'una bionda
selvaggia
di Lietta Tornabuoni
VENEZIA - Metamorfosi di due Isabelle
bionde: quella italiana cambia ruolo e
personalità, mentre a quella francese
tagliano la testa. Isabella Ferrari,
star bella dei fast-movies, fenomeno di
divismo precoce ("a diciassette anni i
ragazzini per strada mi assediavano
chiamandomi Selvaggia, col nome della
protagonista di Sapore di mare"), a
ventitré anni ha sacrificato i famosi
lunghi capelli d'oro, e con una corta
zazzera bruna recita in Appuntamento a
Liverpool di Marco Tullio Giordana il
suo primo personaggio drammatico: una
ragazza il cui padre molto amato è stato
ucciso da un tifoso inglese quel 29
maggio 1985 della finale di Coppa dei
Campioni, Juventus-Liverpool, e del
massacro nello stadio Heysel di
Bruxelles; una ragazza che non può
accettare né dimenticare, che va a
Liverpool per uccidere l'uccisore, che
rifiuta alla fine di farsi portatrice di
morte o di prigionia. Se il film, aperto
e chiuso da versi struggenti di Sandro
Penna ("Amore, gioventù, vane
parole...") è discutibile, Isabella
Ferrari supera bene la prova: è
sensibile, accorata, contenuta e
intensa. "Giordana mi ha aiutato, è un
bravissimo direttore di attori", dice.
Lei non sperava quasi più nella
metamorfosi: "Essendo io famosa, i
registi neppure volevano vedermi: verso
gli attori del cinema commerciale i
pregiudizi sono di ferro e di marmo.
Cambiare genere è quasi impossibile. Nei
fast-movies, quando appoggi il comico
sei la bella ragazza vestita da Aiala,
nessuno ti chiede di far niente, nessuno
ti dirige: invece io adoro venir
guidata, manipolata". Al "primo vero
ruolo" s'è preparata a modo suo: "Dovevo
riuscire a esprimere un dolore che non
ho mai provato. Ho smesso la mia solita
vita; restando molto sola: adesso sono
sfidanzatissima, ed è una fortuna perché
stare con un uomo ti brucia tante di
quelle energie. Faccio vita da single
nella prima casa mia che abbia mai
posseduto, un attico romano di novanta
metri quadrati ai Parioli, tutto bianco
e pizzi". Ha smesso due anni fa di fare
film popolari: "Due anni di fermo, di
silenzio. Stavo malissimo: dimagrita,
esaurita, imbottita di Ansiolin, perdevo
cinquecento capelli al giorno e non
sapevo cosa avrei fatto". Sta male anche
a Venezia: "Ho paura. Tutte le altre
volte nei film neppure mi guardavo,
tanto mi facevo orrore. Non rinnego
niente, però io non mi piacevo. Stavolta
è in gioco la mia più grande speranza:
entrare in un cinema diverso".
2 settembre 1988
Fonte: La Stampa
Cinema e Heysel
L’ idea fissa di Caterina
"Appuntamento a Liverpool": viaggio
nel tunnel che non finisce mai. Il dark
side di Isabella Ferrari in Osti.
"Appuntamento a Liverpool", con
Isabella Ferrari, John Steiner, Valeria
Ciangottini, Nigel Court, Ugo Conti.
Regia di Marco Tullio Giordana. Durata:
1:30. Italia, 1988. Un dialogo al buio tra un giovane
papà e la sua bambina che fa i capricci
prima di dormire. La piccola insiste:
vuole che il babbo le reciti ancora una
volta una poesia che la fa tanto ridere.
Il papà acconsente, a patto che la bimba
poi faccia la nanna. E’ il ricordo che
perseguita Caterina, l’ex bambina in
questione. Il ricordo della voce del
padre, morto sulla gradinata dello
stadio Heysel il 29 maggio 1985,
nell’immane macello che precedette la
funesta finale di Coppa Campioni tra
Juventus e Liverpool. Inizia così questa
sorta di film-veritè, uscito a tre anni
dalla tragedia. La vicenda: Caterina
viene convocata in questura due anni
dopo da un ispettore inglese incaricato
delle indagini. Ci sono novità: alcuni
hooligans identificati grazie ai filmati
sono stati rintracciati, e Caterina è
chiamata a riconoscerli. Ma dopo avere
mentalmente identificato il colpevole
della morte del padre (che ricorda bene,
dato che all’ Heysel c’era anche lei)
Caterina finge di non riconoscerlo tra
le foto a lei sottoposte in questura. Ha
un’ idea fissa: andare a Liverpool e
uccidere l’ hooligan. Dopo mille
peripezie se lo troverà davanti, mentre
esce di casa a passeggio con la sua
figlioletta, che somiglia tanto a
Caterina da piccola, in un finale
memorabile. Marco Tullio Giordana ha
girato questo film nel 1988, quando un
po’ tutti stavano tentando faticosamente
di uscire dal tunnel dell’ Heysel e dei
suoi morti, mentre i familiari delle
vittime lanciavano accuse a tutti,
Juventus inclusa. E’ quindi lodevole
avere ricordato quanto accaduto, anche
in un film con tanti difetti (come l’
estrema lentezza e la poca credibilità
di parte della sceneggiatura). Isabella
Ferrari, a noi meglio nota come signora
Osti (fu ex moglie del genio visionario
di Stone Island), è piuttosto
convincente, mentre l’ hooligan liverpudlian è un’ ottima scelta. La
vicenda si dipana un po’ a strappi, ma
pur sempre al di sopra del livello medio
dei film dell’ epoca, il che non è un
risultato da poco. Confessione a lato: a
metà film mi sono chiesto più volte: "Ma
chi è l’ autore delle bellissime musiche
?". Risposta: Mahler e Wagner, fra gli
altri. Bella forza. Abbiamo in programma
alcuni approfondimenti in merito alla
tragedia di Bruxelles, e certamente non
è questa la rubrica adatta all’
argomento. Resta un plauso per l’
intenzione del film, che con l’ aiuto di
alcune immagini amatoriali effettuate
sul luogo del disastro si pone a metà
strada tra fiction e realtà. Giordana
privilegerà quest’ ultima in futuro, con
film come "Pasolini, un delitto
italiano" (1995), per poi crollare in
vista dell’ arrivo, con il prolisso e
pluripremiato "La Meglio Gioventù". Che
proprio in quanto super premiato,
dimostra che aveva ragione lui e non io.
Ho iniziato queste righe citando un
dialogo al buio. E forse è proprio il
buio a sintetizzare bene la sensazione
che rimane addosso ripensando alla sera
del 29 maggio 1985. Per questo sembrano
ancora più appropriati i laconici versi
di Sandro Penna, che la bambina a inizio
film trovava così buffi. E che Caterina,
ex bambina ormai cresciuta, ripete alla
fine: "Amore, gioventù, liete parole/
cosa splende su voi e vi dissecca ?
Resta un odore come merda secca lungo le
siepi cariche di sole".
19 agosto 2010
Fonte: Settimanasportiva.it
Cinema e Heysel
L’ idea fissa di Caterina
di Claudio Cinus
Un ricordo diventa una persona vera,
un'immagine tenuta per anni nella mente
si tramuta in carne, e le certezze di
ciò che si era creduto possibile si
scontrano con le circostanze di una
realtà diversa e inaspettata.
Appuntamento a Liverpool, quarto lavoro
di Marco Tullio Giordana, parte proprio
da un ricordo, doloroso e
incancellabile, che ha origine nella
tragica sera del 1985 quando, prima
della finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool, morirono 39 tifosi
italiani. Isabella Ferrari interpreta la
figlia di una delle vittime, giovane
donna presente quella sera,
sopravvissuta eppure segnata
dall'esperienza che ha vissuto. Il film,
significativamente, comincia con un
volto insanguinato, vuoto, "bestiale",
quello dell'assassino, la cui memoria si
è fissata indelebile nei sogni notturni
della protagonista con un aspetto
mefistofelico e inquietante. La trama
del film, poi, si dipana in maniera
persino troppo banale: un poliziotto
inglese, che a distanza di anni ancora
cerca gli hooligans colpevoli, le mostra
delle foto, tra le quali lei riconosce
l'assassino del padre, ma non lo
denuncia e preferisce partire per
Liverpool alla ricerca di un'improbabile
vendetta personale. Se la storia non
convince, anche
perché i personaggi
sembrano solo abbozzati, l'aspetto
davvero interessante della pellicola sta
proprio nell'evoluzione che assume,
nella mente della protagonista,
l'immagine che la tormenta da anni.
Quello che era diventato un incubo,
capace nel suo
aspetto di turbarla,
recupera un'identità precisa nel momento
in cui la donna riconosce in una foto
l'uomo che ha ucciso il padre sotto i
suoi occhi. Per lei, è la prova che
esiste un collegamento tra la figura che
abita la sua mente e il mondo che la
circonda. Ma è solo quando vede l'uomo a
Liverpool, tranquillamente seduto in un
pub come una persona qualunque, che
riesce finalmente a liberarsi dalla
paura e a decidersi per l'azione, per la
vendetta. Come se le servisse una prova
perché in lei si scatenasse la necessità
di porre rimedio alla sua angoscia.
Quando l'hooligan ricompare, è nella
stanza di un commissariato. A dividere
la Ferrari e l'uomo che ha cambiato la
sua vita, c'è solo un vetro, e una
parola, quella che le basterebbe dire
per farlo arrestare. L'uomo ha l'aspetto
ambiguo di un innocente che non
comprende il motivo per cui è stato
arrestato, ma che in realtà nasconde un
passato macchiato da un atto atroce.
Quel contatto ravvicinato, ma non
fisico, dopo anni di pensieri e paure
tenute solo dentro la propria testa,
spingono la donna a non eseguire il
riconoscimento. Crede, probabilmente,
che il modo migliore per liberarsi di
ciò che la tormenta sia affrontarlo
direttamente, tramutando il viso pieno
di sangue di un assassino in quello,
altrettanto insanguinato, di una
vittima. Arriva così il momento
dell'incontro, a rendere finalmente
tangibile una persona che per anni era
stata solo un'icona di morte
nell'immaginazione della protagonista.
Su un taxi guidato dall'hooligan, con
una pistola in mano, la Ferrari attende
il momento buono per riscrivere la sua
storia personale, ma non riconosce più
ciò che l'ha perseguitata per anni,
nell'espressione di un uomo che sembra
in tutto e per tutto normale, quasi
gentile. Esita, trova il coraggio, ma la
pistola fa cilecca. La decisione,
tuttavia, è stata presa, basta trovare
il momento giusto. Che si presenta fuori
dalla casa dell'uomo. Tra il desiderio
di porre fine a un'ossessione e la
scoperta di una nuova verità passa solo
un istante, quello in cui una bambina
segue l'uomo, suo padre, e lo prende per
mano. L'orrore, introdotto nel suo
tessuto sociale e familiare, perde
improvvisamente il suo aspetto violento,
bestiale. La donna capisce che il suo
gesto estremo, anziché cancellare i suoi
fantasmi, li avrebbe semplicemente
instillati nella mente della bambina,
sua evidente proiezione. Si chiude così
il cerchio, un film cominciato con uno
sguardo allucinato finisce con uno
sguardo innocente. Gli incubi forse
ritorneranno, ma con la consapevolezza
che sono nati in un giorno lontano e che
non spariranno cambiando il futuro,
specie se il futuro è quello di qualcun
altro.
20 giugno 2006
Fonte: Effettonotteonline.com
Cinema e Heysel
Maledetti vi odierò
di Anna
Maria Mori
ROMA - Signore, fai che ingiustizia
sia commessa per la prima volta da un
debole: il senso, emozione da cui nasce
il film di Marco Tullio Giordana
"Appuntamento a Liverpool" sono tutti in
questa preghiera. La pronuncia Isabella
Ferrari nel ruolo di Caterina, la
protagonista: nelle immagini ha come
inquadratura quella della Cattedrale di
Liverpool lasciata scoperchiata come la
vollero le bombe nella seconda guerra
mondiale, a ricordo, appunto, di quelle
bombe, e a monito contro tutte le
guerre. La storia del film è quella di
un orfana della tragedia del 29 maggio
1985 nello stadio Heysel di Bruxelles,
quando, durante la finale di Coppa dei
Campioni tra la Juventus e il Liverpool
scoppiò una guerra tra tifosi, che si
concluse con una strage: ventinove
(N.D.R. 39) morti, e un enorme numero di
feriti. Marco Tullio Giordana immagina
che uno dei morti sia il papà di
Caterina, una creatura bionda che
conserva negli occhi e sul viso i tratti
di un adolescenza non ancora del tutto
dimenticata: Caterina torna a casa senza
il padre, con il quale era partita come
per una festa, e conservando nel cuore,
e negli incubi notturni, immagine
tremenda dell'hooligan che lo ha finito,
in un lago di sangue, a colpi di
bottiglia rotta. Scrive, il regista,
raccontando il suo film: Caterina vive a
Cremona, una madre ancora giovane, una
famiglia della piccola borghesia...
Caterina non protesta, non accusa... Un
ispettore, che è ancora alla ricerca dei
colpevoli, le sottopone alcune foto. In
mezzo a loro, la ragazza scopre il suo
assassino, e tace. Torna in Inghilterra,
cerca l'assassino allo stadio, nei pubs,
nei club dei supporters. Finalmente lo
trova... Due miliardi di costo. Un
produttore, Claudio Bonivento (quello di
Blues metropolitano e di Soldati), che
Giordana ringrazia con particolare
calore: Crede in un cinema, non oso dire
di contenuti, ma che comunque si ostina
a non contentarsi del divagare di moda,
e che vuol esprimere un giudizio su
quello che ci succede intorno... Una
partecipazione di Rete Italia. Riprese a
Cremona. E a Liverpool: Quasi in
segreto, per non far trapelare sulla
stampa inglese la notizia del film e dei
suoi contenuti. Ma non ci siamo
riusciti. Ed è arrivata da noi una
delegazione, durante le riprese,
diffidando la produzione a metter mai
più piede a Liverpool, e promettendo
ritorsioni
contro gli inglesi che
lavoravano nel film... Come se il nostro
fosse un film anti-inglese, e non, com'
è, un film contro la violenza. Il
soggetto è di Marco Tullio Giordana, che
ha scritto la sceneggiatura con Leone
Colonna e Luciano Manuzzi.ROMA - Signore, fai che ingiustizia
sia commessa per la prima volta da un
debole: il senso, emozione da cui nasce
il film di Marco Tullio Giordana
"Appuntamento a Liverpool" sono tutti in
questa preghiera. La pronuncia Isabella
Ferrari nel ruolo di Caterina, la
protagonista: nelle immagini ha come
inquadratura quella della Cattedrale di
Liverpool lasciata scoperchiata come la
vollero le bombe nella seconda guerra
mondiale, a ricordo, appunto, di quelle
bombe, e a monito contro tutte le
guerre. La storia del film è quella di
un orfana della tragedia del 29 maggio
1985 nello stadio Heysel di Bruxelles,
quando, durante la finale di Coppa dei
Campioni tra la Juventus e il Liverpool
scoppiò una guerra tra tifosi, che si
concluse con una strage: ventinove
(N.D.R. 39) morti, e un enorme numero di
feriti. Marco Tullio Giordana immagina
che uno dei morti sia il papà di
Caterina, una creatura bionda che
conserva negli occhi e sul viso i tratti
di un adolescenza non ancora del tutto
dimenticata: Caterina torna a casa senza
il padre, con il quale era partita come
per una festa, e conservando nel cuore,
e negli incubi notturni, immagine
tremenda dell'hooligan che lo ha finito,
in un lago di sangue, a colpi di
bottiglia rotta. Scrive, il regista,
raccontando il suo film: Caterina vive a
Cremona, una madre ancora giovane, una
famiglia della piccola borghesia...
Caterina non protesta, non accusa... Un
ispettore, che è ancora alla ricerca dei
colpevoli, le sottopone alcune foto. In
mezzo a loro, la ragazza scopre il suo
assassino, e tace. Torna in Inghilterra,
cerca l'assassino allo stadio, nei pubs,
nei club dei supporters. Finalmente lo
trova... Due miliardi di costo. Un
produttore, Claudio Bonivento (quello di
Blues metropolitano e di Soldati), che
Giordana ringrazia con particolare
calore: Crede in un cinema, non oso dire
di contenuti, ma che comunque si ostina
a non contentarsi del divagare di moda,
e che vuol esprimere un giudizio su
quello che ci succede intorno... Una
partecipazione di Rete Italia. Riprese a
Cremona. E a Liverpool: Quasi in
segreto, per non far trapelare sulla
stampa inglese la notizia del film e dei
suoi contenuti. Ma non ci siamo
riusciti. Ed è arrivata da noi una
delegazione, durante le riprese,
diffidando la produzione a metter mai
più piede a Liverpool, e promettendo
ritorsioni contro gli inglesi che
lavoravano nel film... Come se il nostro
fosse un film anti-inglese, e non, com'
è, un film contro la violenza. Il
soggetto è di Marco Tullio Giordana, che
ha scritto la sceneggiatura con Leone
Colonna e Luciano Manuzzi. Sullo schermo, nel ruolo della
protagonista chiusa nel suo dolore e nel
suo desiderio di vendetta, Isabella
Ferrari, ex bionda-tinta di Sapore di
mare e di Chewingum, alla scoperta
dell'intrigo di pensieri e sentimenti
che si possono meglio nascondere sotto i
capelli quasi castani e i vestiti
cupamente eleganti di una ragazza di
provincia dotata di soldi e buon gusto:
L'ho scelta spiega Giordana perché
volevo una persona molto interna,
ferita, non un tipo di bellezza
esplosiva. E la Ferrari, durante il
provino, era così straordinariamente in
parte, che non ho avuto un attimo di
esitazione. Nel ruolo della madre,
Valeria Ciangottini: Di lei, mi ha
colpito, come dire ? ...L'umiltà... Mi
piaceva che i personaggi italiani del
film fossero profondamente offesi e
rassegnati. Tutti, tranne Caterina.
L'origine del film: Io non sono
particolarmente tifoso racconta Giordana
ma la sera del 29 maggio dell' 85 ero
anche io davanti alla tv. E alla tv, in
diretta, ho visto le immagini mostruose
della strage: nello stadio di Bruxelles,
oltre alle ventinove vittime (N.D.R.
trentanove), ce n'era una trentesima, ed
era il mito di Olimpia... Stavo
preparando il mio film su Osvaldo
Valenti e Luisa Ferida, e in più stavo
anche preparando un altro film da girare
in Sud America. Ma quell'immagine dello
stadio, dal momento in cui l'ho vista,
ha continuato a lavorarmi dentro:
sull'orrore che avevo visto alla
televisione, piombavano, via via,
notizie, non meno mostruose, ed erano
quelle dei ventisei hooligans
incriminati ma lasciati a piede libero,
delle famiglie delle vittime che
ricevevano risarcimenti risibili, del
velo di silenzio che si voleva far
calare su tutta la vicenda. Capivo che
si voleva far passare l'idea che la
violenza sia uno scotto da pagare, e al
quale bisogna in qualche modo adeguarsi.
Mi è cresciuta dentro l'indignazione. E
in questa indignazione ho sentito che
c'era l'energia necessaria a fare un
film: quella che ti spinge a lavori che
altrimenti non faresti, prima di tutto
quello di cercare i soldi necessari a
produrre... Prima fu "Maledetti vi
amerò", poi il discusso "La caduta degli
angeli ribelli", dopo ancora il
televisivo "Notti e nebbie da
Castellaneta". Marco Tullio Giordana, raccontando il
suo lavoro, anche quello di adesso che
vedremo alla Mostra di Venezia nella
sezione Orizzonti e, poi, sugli schermi
nel prossimo settembre, dice: "Ho sempre
cercato di fare in qualche modo
testimonianza sui tempi che viviamo,
sulla crisi di questo nostro Paese...
Non mi somiglia il cinema fatto
semplicemente come mestiere: due o tre
film all'anno, tanto per esercitarsi e
perché quello è il mio lavoro. E' una
posizione rispettabile, vorrei anche che
mi appartenesse. Ma non è così: io non
riesco a scrivere una storia se non
tengo per qualcuno contro qualcun altro,
e se non mi sento spinto a schierarmi...
Ho bisogno di una posizione passionale.
Solo questo mi dà soddisfazione: sia
pure nell'estrema rarefazione dei film
che faccio, mi piace ripensare a quelle
cinque o sei cose che ho firmato,
provando nostalgia o tenerezza, e non
indifferenza". In un cinema, il nostro
in particolare, che in questi ultimi
anni si è affannato ad evadere da
qualsiasi sia pur vago riferimento alla
realtà e ai problemi dell'oggi, Marco
Tullio Giordana ha il coraggio di dire:
"Il cinema, secondo me, ha un suo
statuto non scritto, ed è quello che
vuole che si misuri col presente... Io
mi sono formato negli anni che Capanna
ha definito formidabili nel titolo del
suo libro sul 68. Non sono un
barricadero. Ma mi piace pensare che di
tutta quella esperienza mi sia rimasta
una vigilanza sulla realtà... Insomma
non mi piace la rimozione nella quale
siamo immersi. Che non ha a che vedere
con gli anni Cinquanta: che avevano, a
differenza dei nostri, una loro eleganza
fatta di innocenza... Oggi è peggio. Di
più bello, rispetto al 68 nel quale mi
sono formato, c'è che il nostro tempo ha
una gioia del vivere che alla mia
giovinezza, cresciuta nel culto della
cupezza, mancava". Appuntamento a
Liverpool pronuncia, rispetto al passato
cinematografico di Giordana, in
particolare a "La caduta degli angeli
ribelli", un atto di pentimento: "Niente
cinefilia visibile, nessun narcisismo,
nessuna voluttà di citazioni... Ho
capito a mie spese che questo tipo di
cose, messe in rapporto ad argomenti
come il terrorismo o le vittime di una
strage, sono fuori posto. E così ho
adottato un modo di girare molto
rosselliniano. Ho fatto mia la lezione
secondo la quale, di un film, la gente
guarda e ricorda soprattutto gli attori. Mi sono concentrato su di loro". Marco
Tullio Giordana, trentasette anni, padre
di un adolescente di quattordici, di
nome Alice, alla quale dedico questo
film, è sinceramente emozionato: "...Io
ho perso mio padre a otto anni. Conosco
molto bene, quindi, i sentimenti che
racconto in Appuntamento a Liverpool:
quelli della mia protagonista che vede
morire suo padre. La porto dentro di me,
quella frase di Borges che
accompagna
Caterina sullo schermo: Ora so che la
morte di mio padre è l'unica cosa
veramente successa nella mia vita,
l'unica che continuerà a succedere
all'infinito".Marco Tullio Giordana, raccontando il
suo lavoro, anche quello di adesso che
vedremo alla Mostra di Venezia nella
sezione Orizzonti e, poi, sugli schermi
nel prossimo settembre, dice: "Ho sempre
cercato di fare in qualche modo
testimonianza sui tempi che viviamo,
sulla crisi di questo nostro Paese...
Non mi somiglia il cinema fatto
semplicemente come mestiere: due o tre
film all'anno, tanto per esercitarsi e
perché quello è il mio lavoro. E' una
posizione rispettabile, vorrei anche che
mi appartenesse. Ma non è così: io non
riesco a scrivere una storia se non
tengo per qualcuno contro qualcun altro,
e se non mi sento spinto a schierarmi...
Ho bisogno di una posizione passionale.
Solo questo mi dà soddisfazione: sia
pure nell'estrema rarefazione dei film
che faccio, mi piace ripensare a quelle
cinque o sei cose che ho firmato,
provando nostalgia o tenerezza, e non
indifferenza". In un cinema, il nostro
in particolare, che in questi ultimi
anni si è affannato ad evadere da
qualsiasi sia pur vago riferimento alla
realtà e ai problemi dell'oggi, Marco
Tullio Giordana ha il coraggio di dire:
"Il cinema, secondo me, ha un suo
statuto non scritto, ed è quello che
vuole che si misuri col presente... Io
mi sono formato negli anni che Capanna
ha definito formidabili nel titolo del
suo libro sul 68. Non sono un
barricadero. Ma mi piace pensare che di
tutta quella esperienza mi sia rimasta
una vigilanza sulla realtà... Insomma
non mi piace la rimozione nella quale
siamo immersi. Che non ha a che vedere
con gli anni Cinquanta: che avevano, a
differenza dei nostri, una loro eleganza
fatta di innocenza... Oggi è peggio. Di
più bello, rispetto al 68 nel quale mi
sono formato, c'è che il nostro tempo ha
una gioia del vivere che alla mia
giovinezza, cresciuta nel culto della
cupezza, mancava". Appuntamento a
Liverpool pronuncia, rispetto al passato
cinematografico di Giordana, in
particolare a "La caduta degli angeli
ribelli", un atto di pentimento: "Niente
cinefilia visibile, nessun narcisismo,
nessuna voluttà di citazioni... Ho
capito a mie spese che questo tipo di
cose, messe in rapporto ad argomenti
come il terrorismo o le vittime di una
strage, sono fuori posto. E così ho
adottato un modo di girare molto
rosselliniano. Ho fatto mia la lezione
secondo la quale, di un film, la gente
guarda e ricorda soprattutto gli attori.
Mi sono concentrato su di loro". Marco
Tullio Giordana, trentasette anni, padre
di un adolescente di quattordici, di
nome Alice, alla quale dedico questo
film, è sinceramente emozionato: "...Io
ho perso mio padre a otto anni. Conosco
molto bene, quindi, i sentimenti che
racconto in Appuntamento a Liverpool:
quelli della mia protagonista che vede
morire suo padre. La porto dentro di me,
quella frase di Borges che accompagna
Caterina sullo schermo: Ora so che la
morte di mio padre è l'unica cosa
veramente successa nella mia vita,
l'unica che continuerà a succedere
all'infinito".
1 agosto 1988
Fonte: La Repubblica
Cinema e Heysel
Caccia al tifoso assassino
di Fulvia Caprara
Marco Tullio Giordana gira a
Liverpool "Caterina", film che prende le
mosse dalla tragedia di Heysel.
L'avventura di una ragazza che cerca un
tifoso inglese per ucciderlo. Dice il
regista: "Mi interessa descrivere,
partendo dalla cronaca, quello che
succede dentro una persona che soffre".
DAL NOSTRO INVIATO LIVERPOOL - Per
riaprire il discorso su una vergogna
indimenticabile, ricordare, far
discutere, sollecitare le coscienze che
hanno rimosso. Marco Tullio Giordana,
regista dei "disagi" generazionali,
della disgregata società contemporanea,
da "Maledetti vi amerò" a "La caduta
degli angeli ribelli", gira in questi
giorni in Inghilterra, a Liverpool, un
film che prende le mosse dalla tragedia
avvenuta nel maggio dell'85 sugli spalti
dello stadio Heysel di Bruxelles, poco
prima dell'inizio della finale di Coppa
dei Campioni Juventus-Liverpool. Vi
persero la vita trentanove persone;
numerosi furono i feriti; tremendo lo
choc per tutti quelli che in Italia come
in Inghilterra, come in altri Paesi del
mondo, si erano seduti davanti al
televisore con l'intenzione di godersi
una bella partita e si trovarono invece
ad assistere alla diretta di un dramma.
"Anche io ero davanti alla tv quella
sera, - racconta Giordana - le immagini
della carneficina mi si sono stampate
nella mente; per mesi sono stato male
ripensandoci. E' una ferita grave
rimasta aperta, sia per noi italiani,
sia per gli inglesi; una vicenda molto
triste in cui tutti fanno una brutta
figura, i tifosi come gli incapaci
poliziotti belgi". La storia di quella
tragedia è rivissuta minuto per minuto,
nel film di Giordana, da Caterina
(Isabella Ferrari), una ragazza italiana
che nello stadio di Bruxelles assiste
all'assassinio del padre e decide di
vendicarsi. Il percorso di questa
vendetta la porta da Cremona, la città
di provincia in cui vive, a Liverpool,
la città di provincia in cui vive
l'assassino: un giovane tassista
solitario, senza amici, senza desideri.
"Nei miei film c'è sempre stato un
protagonista assoluto, un personaggio
guida della storia; mi interessa
soprattutto descrivere, partendo dai
fatti della cronaca, quello che succede
dentro una persona che soffre. Le
reazioni di fronte al dolore, al lutto, al bisogno di vendetta, alla solidarietà
manifestata dagli altri. Prodotto da
Claudio Bonivento per la Numero Uno
International in collaborazione con Rete
Italia, Caterina (questo il titolo
definitivo del film, dopo un primo
Gioventù poi giudicato inadatto a
rendere il senso della pellicola), costa
un miliardo e 200 milioni e sarà pronto
in primavera. Accanto a un'Isabella
Ferrari completamente trasformata, per
la prima volta protagonista assoluta in
un ruolo sofferto e impegnativo,
recitano Nigel Court, l'assassino, e
Valeria Ciangottini, la madre della
ragazza. Marco Tullio Giordana ha
scritto insieme con Leone Colonna e
Luciano Manuzzi il soggetto e la
sceneggiatura del film e ha inserito tra
i fotogrammi della pellicola brani dei
filmati sulla tragedia. Le riprese
inglesi sono avvenute in un clima di
gran segretezza: a Liverpool, tra
nebbie, pioggia sottile e vento
tagliente, la troupe italiana è stata
ben attenta a non diffondere la notizia
che si stava girando un film sulla
tifoseria hooligan. Giordana ha girato
scene sul lungofiume popolato di
gabbiani, tra gli enormi dock rossicci
che testimoniano l'antica vivacità di
quel porto che fino ai
primi dell'800
era uno dei più importanti d'Europa; e
ha anche catturato in qualche immagine
lo spirito della leggenda Beatles, le
vestigia di quell'irripetibile fenomeno
musicale che ha coinvolto la città in
una tempesta di popolarità. Di
Liverpool, che oggi non possiede più il
suo museo di cimeli dei quattro
baronetti, venduto agli americani, si
vedranno però la statua ad Eleanor Rigby,
ispiratrice della canzone famosissima.
Dice Giordana: "Prima di girare ho
raccolto un'ampia documentazione,
prendendo contatti con le famiglie che
hanno subito i lutti. Bisogna anche
parlare delle promesse non mantenute;
degli aiuti economici che non sono
arrivati; del fatto che i giocatori
dello star system calcistico vengono
ingaggiati a suon di cifre esorbitanti,
mentre ai familiari delle vittime si
sono fatti i conti in tasca, prima di
elargire gli indennizzi. E bisogna anche
dire che la nascita dei club ultras, in
Italia, come in Inghilterra, viene
tollerata e anzi, sotto sotto, stimolata
perché coinvolge pesanti interessi
economici.
19 gennaio 1988
Fonte: La Stampa
Cinema e Heysel
Isabella d'autore
di Fulvia Caprara
LIVERPOOL - Ha rinunciato ai capelli
lunghi e biondissimi in favore di un
taglio vagamente infantile che la fa
somigliare a una piccola Giovanna d'Arco
immolata sul fronte dell'impegno. Ora è
castana; veste abiti semplicissimi dai
colori smorti; da mesi ha rinunciato
alle stravaganze, non ha più fatto le
ore piccole in discoteca; ha trascorso
il tempo libero leggendo i libri e
vedendo i film che Marco Tullio Giordana
le ha consigliato con dolce fermezza.
Isabella Ferrari, 23 anni, nata a
Piacenza, si sente, nei panni di
Caterina, "profondamente maturata". "Ho
vissuto in tutti questi anni nell'attesa
di un ruolo così. Giordana mi ha fatto
capire come si fa un film; come si vive
una parte; che cos'è un'illuminazione,
quel momento di verità in cui si diventa
il personaggio. Ora aspetto con terrore
la fine di questa esperienza, il "dopo"
adesso sarà davvero difficile".
Vincitrice quindicenne del Concorso Miss
Teen Agers, apparsa in tv per la prima
volta nel programma televisivo "Sotto le
stelle" e poi divenuta protagonista di
successo della serie dei film vacanzieri
da Sapore di mare a Chewingum, la
Ferrari racconta quanto è stata
difficile l'operazione di riciclaggio.
"La prima cosa da fare era scomparire
dalle pagine dei rotocalchi rosa che
pubblicano foto vecchie dì anni
spacciandole per flash scattati qualche
sera prima; poi bisognava non accettare
le solite proposte, e in questo mi ha
aiutato il produttore Bonivento che non
mi ha fatto lavorare per qualche tempo,
nonostante io fossi legata a lui da un
contratto". Così, dopo aver anche
rifiutato il ruolo di Francesca Dellera
nel Capriccio di Brass, la Ferrari è
arrivata purissima alla meta del film
d'autore, senza implicazioni erotiche:
"Ora voglio fare solo buon cinema e con
il personaggio di Caterina spero di
riuscire a catturare l'anima di chi mi
vedrà sul grande schermo".
19 gennaio 1988
Fonte: La Stampa
Cinema e Heysel
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