Tifoso romano muore, altri
ustionati
fiamme sul treno di ritorno da
Pisa
ROMA - Un ragazzo è morto
carbonizzato e altri giovani sono
rimasti ustionati nell'incendio di un
vagone del treno che da Pisa a Roma
trasportava i tifosi romanisti. Le
fiamme si sono sviluppate quando il
convoglio, verso le 22.30, si trovava
alla periferia della città, nei pressi
dell'autostrada per Fiumicino. I vigili
del fuoco sono intervenuti con numerosi
mezzi e ambulanze. La linea ferroviaria
è rimasta interrotta. Si chiamava Paolo
Saroli di 17 anni, di Roma, il ragazzo
morto carbonizzato nell'incendio. Il
rogo si è sviluppato nell'ultima
carrozza del convoglio "607" che era
occupata da circa 35 persone. I vigili
del fuoco hanno trovato il corpo del
giovane all'interno di uno degli
scompartimenti del vagone che è stato
completamente distrutto dalle fiamme.
Secondo quanto hanno accertato i
carabinieri, l'incendio è stato
provocato dall'esplosione di un petardo
all'interno dello scompartimento dove si
trovava Paolo Saroli. Le fiamme hanno
bruciato prima le tendine laterali, poi
si sono propagate alla tappezzeria e
quindi al resto del vagone. Tra le
persone ustionate la più grave è stata
ricoverata con una prognosi di 15
giorni. Fino a mezzanotte sono undici le
persone che si sono fatte medicare
nell'ospedale Sant'Eugenio. Le loro
condizioni non sono gravi, gli
investigatori stanno interrogando gli
ustionati e gli altri passeggeri per
cercare di far luce su quante è
accaduto. Un grave e raccapricciante
incidente questo avvenuto sul treno che
riportava a casa i tifosi romanisti
dalla vittoriosa trasferta sul campo del
Pisa. Una tragedia che contrasta e
offusca quel clima di festa che si era
instaurato nella capitale, dopo una
giornata di campionato in cui la squadra
giallorossa ha raggiunto in vetta la
Juventus. Durante il pomeriggio Roma è
stata Invasa da cortei di tifosi. Una
giornata di festa calcistica che ha
visto impazziti di gioia i sostenitori
romanisti. Ben diversa è la pazzia che
deve aver colpito qualcuno sul treno che
tornava da Pisa: un'idea malsana, frutto
forse di un atto teppistico purtroppo
non insolito nel convogli ferroviari che
ospitano i fans delle squadre
calcistiche - tramutatosi poi in un
immane rogo e in una tragedia.
14 aprile 1986
Fonte: Stampa Sera
 
La morte del tifoso romanista
nell'incendio del Pisa-Roma
Forse una tendina incendiata ha
scatenato il rogo sul treno
Il giovane, infortunato per un
precedente incidente, è stato calpestato
dagli altri passeggeri - Il vento e i
finestrini aperti hanno sviluppato le
fiamme.
DALLA REDAZIONE ROMANA. ROMA -
Prima di morire carbonizzato, è svenuto
per il fumo denso che si sprigionava
dalle fiamme. In tanti, poi, lo hanno
calpestato passando sopra il suo corpo
per mettersi in salvo: questa, la
ricostruzione della morte di Paolo
Saroli, il tifoso romanista di 17 anni
morto domenica sera nell'incendio del
treno Pisa-Roma, compiuta dalla polizia
sulla base dell'autopsia e delle prime
testimonianze. Dai racconti dei
superstiti gli investigatori della
Mobile hanno anche escluso che a
provocare l'incendio possa essere stato
lo scoppio di un petardo. Nessuno degli
undici feriti ricoverati al Sant'Eugenio
ed in altri ospedali romani ha
dichiarato di aver udito esplosioni.
Probabilmente, come è risultato più
verosimile ieri mattina dopo un
sopralluogo fatto sul vagone incendiato
dal magistrato Giacomo Paoloni e da
funzionari della Scientifica, a
provocare il fuoco potrebbe essere stato
o un bengala o il gesto sconsiderato di
qualcuno che con un accendino ha dato
alle fiamme una tendina. La rapida
combustione della stoffa plastificata e
il fumo che in pochi minuti ha invaso lo
scompartimento ha indotto più di
qualcuno ad aprire i finestrini. Con il
vento e la corrente d'aria le fiamme si
sono presto propagate alle
suppellettili, ai sedili, alla moquette:
un vero e proprio effetto camino. Molti
si sono lasciati prendere dal panico:
qualcuno, nel frattempo, aveva tirato il
segnale d'allarme e il treno dolcemente
si era fermato nei pressi della stazione
Ostiense. I quasi trentacinque
passeggeri che si trovavano nell'ultimo
vagone si sono precipitati verso le
uscite. Nella confusione molti sono
rimasti contusi, altri schiacciati
contro le pareti ormai in fiamme. Paolo
Saroli ha fatto appena in tempo ad
abbandonare lo scompartimento ma nel
corridoio è svenuto ed è stato
calpestato dagli altri passeggeri
impauriti. Il ragazzo che aveva avuto
proprio il giorno prima un incidente con
il motorino aveva una gamba dolorante ed
una contusione al viso: sicuramente nel
momento del pericolo deve avere avuto
proprio per questo qualche difficoltà
nel muoversi. Era la prima volta che
seguiva la squadra del cuore in
trasferta: figlio unico, non era mai
stato riconosciuto dal padre già sposato
con un'altra donna. Si era perciò molto
affezionato ad uno zio, morto la scorsa
estate per infarto. Paolo, sostiene una
sua zia, era diventato così un ragazzo
difficile: svogliato a scuola, aveva
mostrato di avere problemi anche con il
mondo del lavoro.
15 aprile 1986
Fonte: La Stampa

Roma, nel rogo morì un ragazzo
di 17 anni
Preso ultrà romanista the
incendiò un vagone
Tifoso della "curva sud", vent'anni, ha
confessato - L'accusa è di incendio e
omicidio colposo, ma c'è chi parla di
"vandalismo
voluto".
DALLA REDAZIONE ROMANA. ROMA -
Venti anni, trasportatore di giornali,
ultrà della "Curva Sud", ultimo figlio
di una coppia di operai del Tiburtino
terzo, uno dei quartieri più popolari
dell'estrema periferia romana. E'
l'identikit di Paolo Zappavigna, da
quarantott'ore in carcere, a Rebibbia,
perché indicato come il tifoso
responsabile dell'incendio del "treno
giallorosso" in cui morì Paolo Saroli,
di 17 anni. "E' vero ed era ora che mi
togliessi di dosso questo peso che non
mi faceva dormire - ha detto ieri al
magistrato che lo interrogava - ma vi
giuro che tutto è avvenuto per una
disgraziata fatalità". Il sostituto
procuratore
della Repubblica Giacomo Paoloni, che gli ha contestato le accuse
di incendio doloso e di omicidio
colposo, non ne è però convinto, anche
perché qualcuno dei tanti testimoni del
rogo, ascoltati dalla polizia, ha
parlato di un "atto di vandalismo
voluto" o di "un gioco pericoloso spinto
oltre ogni limite". Arrestato dalla
squadra mobile romana soltanto venti
giorni dopo quel tragico incendio, Zappavigna in carcere rifiuta il cibo e
non vuole parlare con nessuno. Al
giudice ha ricostruito, però, tutti i
momenti di quella terribile esperienza.
Nell'euforia del ritorno a casa dopo la
vittoriosa trasferta a Pisa che faceva
sognare lo scudetto, decise di accendere
un "fumone": sventolarlo dal finestrino
del vagone e far salire in cielo i
colori della squadra del cuore perché
anche chi lo aspettava a casa potesse
vederli. Ma quel maledetto cilindro gli
sfuggì di mano, fece un'incredibile
"fiammata" e appiccò il fuoco alle
tendine. Neppure il tempo di gridare
aiuto che già le fiamme, alimentate
dalla corrente d'aria del finestrino,
erano alte ed il fumo aveva invaso tutto
lo scompartimento. "Mi sono messo a
correre di qua e di là - ha aggiunto
Zappavigna - cercando un estintore, ma
non ne ho trovato traccia... Poi, in
preda al panico, ho tirato il freno di
emergenza e sono fuggito. Chi poteva mai
pensare che quel ragazzo mingherlino e
ferito ad una gamba che era nello
scompartimento accanto al nostro non ce
l'avrebbe fatta a venir via da
quell'inferno ?". Se le cose fossero
andate realmente così, il tifoso
romanista avrebbe buone probabilità di
evitare una condanna che, nel massimo,
sfiora i sette anni di reclusione. A
metterlo nei guai, però, ci sono le
dichiarazioni di certi testimoni. C'è,
ad esempio, chi ha visto Zappavigna ed
il suo amico, S. A., uscire dallo
scompartimento dell'ultimo vagone
ridendo fragorosamente per la "bravata"
appena compiuta. C'è qualcun altro che
ha ricordato di aver notato certi
scalmanati con le sciarpe giallorosse al
collo mentre gettavano dai finestrini
del treno in corsa quegli estintori che,
poco dopo, avrebbero potuto forse
salvare la vita a Paolo Saroli. "Quel
povero ragazzo - ha detto l'imputato -
lo conoscevo, ma solo di vista perché,
come me, la domenica era sempre in Curva
Sud".
8 maggio 1986
Fonte: La Stampa
 
Calcio: Saroli - morì asfissiato
ma fu calpestato
Roma, 30 gen. - (Adnkronos) -
''Mio figlio era andato a vedere la
partita a Pisa, era un ragazzino, non
aveva nemmeno 17 anni. E' morto per
asfissia perché si era assopito, ma fu
calpestato dagli altri ragazzi che
fuggirono appena videro le fiamme. Era
piccolino e tra l'altro era caduto
qualche giorno prima dal motorino e
aveva una contusione alla gamba e
camminava a stento. Non era molto agile.
Ricordo come un incubo quando arrivarono
i carabinieri a casa mia intorno alle
due del mattino. Ero angosciata perché
Paolo ancora non era rientrato'',
ricorda Lucia Saroli, madre di Paolo il
giovane morto, il 13 aprile del 1986 nel
treno che riportava a casa i tifosi
della Roma, per asfissia in seguito
all'incendio appiccato dagli ultrà. ''La
mia vita era già stata segnata dalla
morte di mio marito e di mio fratello -
continua Lucia Saroli - mi era rimasto
solo Paolo e ieri è morto per la seconda
volta. Vorrei inviare un saluto alla
famiglia di Spagnolo perché conosco i
sentimenti che provano in questo
momento. Ho paura di queste forma di
violenza giovanile, non vorrei essere
retorica ma credo che questi ragazzi non
abbiano più ideali. Non si può morire
per andare a vedere la partita''.
30 gennaio 1995
Fonte: Adnkronos.com
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