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ARTICOLI STAMPA e WEB GENNAIO-APRILE 2000

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ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2000

Dopo 15 anni il Liverpool ricorda i 39 dell'Heysel

ARTICOLI STAMPA e WEB GIUGNO 2000

La tragedia dell'Heysel divide Italia e Belgio

L'Italia torna nello stadio della morte, il famigerato Heysel

Conte: "Mercoledì in campo pregherò per i morti dell’Heysel"

Una corona di fiori per ricordare la tragedia dell'Heysel

Heysel, un ricordo che imbarazza

Tutti sotto la curva Z, l'abbraccio azzurro è da pelle d'oca

All' Heysel contro l'oblio

Ancora Heysel, che vergogna

ARTICOLI STAMPA e WEB LUGLIO-DICEMBRE 2000

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Dopo 15 anni il Liverpool ricorda i 39 dell' Heysel

LIVERPOOL - Per la prima volta in 15 anni a Liverpool è stata ricordata la strage allo stadio Heysel di Bruxelles dove la sera del 29 maggio '85, in occasione della finale di coppa Campioni con la Juventus, violentissimi disordini costarono la vita a 39 tifosi italiani. Finora la terribile ricorrenza era stata lasciata passare sotto silenzio, ma d'ora in poi la commemorazione avrà regolare cadenza annuale. Ieri in città le campane hanno rintoccato a morte 39 volte, una per ogni vittima di allora, e l'anno prossimo nel centro cittadino sarà scoperta una targa di dedica.

30 maggio 2000

Fonte: La Gazzetta dello Sport

ARTICOLI STAMPA e WEB MAGGIO 2000  

La tragedia dell'Heysel divide Italia e Belgio

di Giancarlo Mola

La Federazione pensa a un gesto simbolico, ma i padroni di casa non gradirebbero...

DAL NOSTRO INVIATO GIANCARLO MOLA. GEEL - Non c'è nemmeno una lapide, nello stadio "Re Baldovino" di Bruxelles. Non c'è un segno che ricordi la tragedia, eppure su quella stessa area di terreno, il 29 maggio del 1985 morirono 39 persone, quasi tutti italiani. Rimasero schiacciati nel settore "Z", caricati selvaggiamente dagli hooligans inglesi. Si giocava la finale di Coppa dei Campioni. La partita era Juventus-Liverpool. Quello stadio si chiamava "Heysel". E' un ricordo scomodo, per i belgi. Che hanno fatto di tutto per rimuovere una pagina oscura che riguarda soprattutto la loro organizzazione di sicurezza. Hanno abbattuto la struttura, l'hanno ricostruita, le hanno cambiato nome. Ma quel ricordo resta indelebile. E sono in molti a volerlo mantenere vivo. Compresa la Federazione italiana gioco calcio, visto che mercoledì la Nazionale tornerà per la prima volta a Bruxelles, per affrontare il Belgio nella seconda partita degli europei. "Pensiamo da tempo di fare qualcosa - dicono adesso alla Figc - e stiamo valutando le iniziative più adeguate per ricordare quella strage". Ma la questione è imbarazzante, e la diplomazia della Federazione è al lavoro per studiare un gesto simbolico che però non urti la sensibilità del paese ospitante e della stessa Uefa. I belgi non avrebbero certo piacere a riaprire una ferita che brucia proprio durante quella che considerano una loro festa calcistica. L'Uefa, dal canto suo, potrebbe non gradire la commistione tra una vicenda che ha riguardato un club e una competizione per nazionali come Euro 2000. "Gli juventini della nazionale vadano a deporre almeno un mazzo di fiori sotto la curva Z", aveva chiesto in una e-mail inviata a Repubblica.it qualche giorno fa Francesco Piacentini, un tifoso che è stato testimone della tragedia. Ma difficilmente potrà essere esaudito. "Sarà difficile poter organizzare qualcosa nello stadio il giorno della partita", affermano alla Figc. L'unica via d'uscita potrebbe essere preparare una commemorazione, ma a casa degli azzurri. E si sta pensando ad una dichiarazione ufficiale del capitano della squadra Paolo Maldini, in ricordo delle vittime dell'Heysel, a Geel luogo del ritiro azzurro. Le trattative con i vertici del calcio europeo e belga continueranno comunque, fino all'ultimo momento. Ma da parte italiana la determinazione è forte: quindici anni non possono essere sufficienti per far cadere l'oblio su quella serata nera.

12 giugno 2000

Fonte: La Repubblica

ARTICOLI STAMPA e WEB GIUGNO 2000 

L'Italia torna nello stadio della morte, il famigerato Heysel,

ma i belgi ricordano i 39 morti con una targa, sopra i rifiuti

di Lorenzo Sani

BRUXELLES, 12 GIUGNO - Un'iscrizione simile a quella che in certi palazzi appone l'ingegnere che ha progettato i lavori per firmare la sua opera. Altro che fiori: rifiuti da stadio per ricordare le 39 vittime dell'Heysel, idealmente seppellite nella maniera più umiliante sotto la curva, a pochi passi da quel settore Z che improvvisamente si trasformò nella più sanguinaria tonnara del tifo calcistico. Forse le autorità belghe hanno pensato che fosse sufficiente una ristrutturazione radicale e profonda di quell'impianto fatiscente, o che bastasse cambiare il nome dedicando a re Baldovino quello che quindici anni fa fu il teatro di uno dei momenti più bui e dolorosi del nostro sport, per cancellare anche il ricordo di quel tragico giorno di fine maggio. Anche il contenuto della lapide, al limite dell'anonimato, rischia di ingenerare l'equivoco: 29-5-1985, in memoria. Una data, due parole, sopra i bidoni della spazzatura. Tutto qui, un omaggio offensivo nel segno della raccolta differenziata del dolore. Bruxelles capitale d'Europa dimentica, stende un velo irriverente e per nulla pietoso sul sangue versato da tanta gente comune che pensava di vivere solo un lungo attimo di partecipazione collettiva alla festa del pallone e che oggi, invece, non c'è più. Il tranquillo Belgio che troppo spesso, ultimamente, ha scoperto il fuoco della vergogna sotto la cenere dell'indifferenza e dell'attaccamento maniacale alle questioni di forma, preferisce evidentemente annacquare la sostanza, cancellando le ferite di un passato che ancora affligge 39 famiglie, padri, madri, figli, fratelli e sorelle che in quella finale di coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool, stemperatasi nell'agghiacciante telecronaca della morte in diretta, hanno perso gli affetti più cari. Un bene che nessuna ristrutturazione potrà mai restituire loro e che era legittimo attendersi fosse ricordato con onestà, coscienza e rispetto non solo a Reggio Emilia dove, di fronte al vecchio stadio Mirabello, un monumento rammenta a tutti il pesante tributo di quel sangue innocente, perché tra i morti, quel 29 maggio 1985, c'era anche un fotografo reggiano, Claudio Zavaroni. Questo rimane dell'Heysel quindici anni più tardi, sul luogo del delitto, in una terra che, assolutamente impreparata, torna ad ospitare un grande kermesse come l'Europeo di calcio preoccupandosi soprattutto di svuotare le carceri e di creare nuove sale negli obitori aspettando la calata degli hooligans. Questa è la loro prevenzione. Complimenti ! Questo è il risultato della lezione ricavata dalla tragica esperienza di quella sera di fine maggio: più celle libere e sale nella morgue. Che bell'esempio.

12 giugno 2000

Fonte: Quotidiano.net

ARTICOLI STAMPA e WEB GIUGNO 2000 

IL RICORDO

Conte: "Mercoledì in campo pregherò per i morti dell’Heysel"

Quando una prodezza è firmata Del Piero o Zidane sembra una perla già vista. Se a segnare un euro-gol è Antonio Conte, si entra nel campo degli eventi speciali. Ma il centrocampista pugliese esce un po' fuori dal coro. Dopo il sorpasso costato lo scudetto alla Juve ha stemperato la sua rabbia in un lungo silenzio, rotto solo nella vigilia di Arnhem. Il gol in rovesciata e il festeggiamento particolare con un’esplosione di gioia liberatoria quasi per esorcizzare un passato non indimenticabile per lui. Ieri poteva essere il giorno del ringraziamento, quello in cui incassare i compimenti. E invece Conte si presenta all’appuntamento con la stampa con il volto tirato, invece di pensare alla gara conclusasi, si concentra sulla gara prossima ventura, ma con una lettura diversa, con un pensiero stupendo: "Mercoledì giocheremo in quello che fu l'Heysel, lo stadio dell'incubo. Sono juventino dall'infanzia e quel giorno rimane scolpito nella mia memoria. Giocheremo lì ed io dedicherò una preghiera alle persone scomparse all’Heysel". Poi, quasi con fatica, ritorna all’attualità: "E’ stata una vittoria importante, ma di ottimismo non ce n’è. Dobbiamo proseguire con umiltà. II Belgio è una squadra solida che può dare fastidio a chiunque". Inzaghi, invece si preoccupa delle critiche e delle ironie nei commenti tv (perché è stato giudicato l’uomo partita ieri dalla giuria Uefa) "Ho sprecato qualche occasione, ma mi tengo stretto il gol su rigore. Vanno bene tutti i gol, anche quelli segnati con la mano". A Venezia se lo ricordano bene.

13 Giugno 2000

Fonte: L’Unità

ARTICOLI STAMPA e WEB GIUGNO 2000 

Una corona di fiori per ricordare la tragedia dell'Heysel

di Paolo Condò

Sarà il capitano della nostra nazionale, Maldini, a compiere il gesto nel posto dove una volta c'era il maledetto settore Z. Dice il milanista: "Noi non vogliamo dimenticare, vogliamo ricordare". Anche Antonio Conte depositerà una corona di fiori a nome della Juve: "Prima della partita dirò una preghiera per quei nostri poveri tifosi".

DAL NOSTRO INVIATO. GEEL (Belgio) - Sono passati quindici anni e molti azzurri, all'epoca, erano bambini. Hanno ristrutturato lo stadio da capo a piedi, chi c'era quella notte e poi non è più venuto stenterà a riconoscerlo. Gli hanno perfino cambiato il nome, adesso si chiama "Re Baldovino" e suona come se fosse un luogo allegro nel presente e privo di un passato. Sarebbero molti gli alibi per recarsi stasera allo stadio di Bruxelles fingendo che non ci sia mai successo nulla, e pensando soltanto alla partita, che è pure importantissima. Eppure... Da un milanista il primo ricordo con parole belle da ascoltare. Sono quelle di Paolo Maldini, capitano dei rossoneri e della nazionale: "Heysel, io continuo a chiamarlo così e posare stasera i nostri fiori dove una volta c'era il settore Z sarà un gesto di civiltà, perché la tendenza a dimenticare velocemente quella tragedia è evidente. E questo non è giusto. Già quando venni qui col Milan, avversario il Malines, portammo una corona sotto alla curva in modo non ufficiale e senza ricevere la prevista autorizzazione. Noi non vogliamo dimenticare, noi vogliamo ricordare". Dagli juventini in nazionale, rappresentanti simbolici di quella squadra che c'era all'Heysel, le frasi che riportano il cuore e la mente a un avvenimento terribile. "Trentanove morti per una partita di calcio - dice Filippo Inzaghi - sono una tragedia che non ha possibili paragoni. Portare i nostri fiori sotto alla curva, come juventini e come italiani, è proprio il minimo che possiamo fare". Molto commosse anche la parole di Antonio Conte (la Juventus ricorderà a Bruxelles le vittime dell'Heysel. La società torinese, ringraziando la Federcalcio e gli azzurri per la sensibilità dimostrata, ha incaricato il suo capitano di deporre una corona di fiori della società sulla lapide che ricorda le 39 vittime di quella tragica serata del 1985): "Porterò anch'io i fiori, e so già che proverò un'emozione intensa, violenta. Prima della partita dirò una preghiera per quei nostri poveri tifosi. Ricordo tutto di quella serata maledetta, non ero un bambino purtroppo, ero già grande, nel 1985". Chi allora era molto giovane, un bambino di appena undici anni, era Alessandro Del Piero. "Io ricordo che giocavo a pallone davanti a casa in attesa della partita, non capivo perché durasse tanto e quando chiedevo ai miei genitori se fosse sul punto di iniziare loro mi ripetevano di restare giù, che non era ancora il momento. Vollero evitarmi la vista di quelle scene di morte. Vidi la partita senza conoscere i motivi di quel ritardo, che appresi il giorno dopo dagli amici, restandoci malissimo. Capisco che i belgi vogliano cancellare il ricordo di quella tragedia, e che per farlo abbiano addirittura rifatto lo stadio cambiandogli il nome. Ma noi, l'Heysel, non lo dimenticheremo mai". Certo, nessuno potrà mai dimenticarlo.

14 giugno 2000

Fonte: La Gazzetta dello Sport

ARTICOLI STAMPA e WEB GIUGNO 2000 

Lo stadio della strage abbattuto e ricostruito

Heysel, un ricordo che imbarazza

L'Italia "sfida" l'Uefa con un mazzo di fiori.

di Marco Ansaldo

INVIATO A GEEL - I belgi rimarranno a guardare, come quindici anni fa quando i loro poliziotti osservavano gli hooligans attaccare della brava gente fino a schiacciarla contro la rete della curva Z. "Ero con il comandante della Gendarmeria - ricorda Giampiero Boniperti - aveva lasciato un solo uomo tra i nostri tifosi e quegli inglesi che avevano già creato gravi incidenti il giorno prima. Quando arrivarono i rinforzi era troppo tardi: ho ancora negli occhi la carneficina". Ci furono trentanove morti e trentuno erano italiani quel 29 maggio all'Heysel, Juventus-Liverpool, finale della Coppa dei Campioni. I belgi fissarono i cadaveri, poi guardarono anche i loro giudici comminare lievi pene, quasi un buffetto, a chi aveva permesso quella strage: non tutti i famigliari delle vittime sono stati indennizzati. Sono quindici anni che i belgi guardano e non si sveglieranno neppure per la partita che riporta l'Italia in quello stadio, che nel '94 si cominciò a distruggere e dal '98 è ricresciuto come l'araba fenice con altre tribune e il nome di un re morto, Baldovino. L'Uefa acchiappasoldi e questi organizzatori da paese non hanno pensato a un gesto, a un fiore. Il ricordo li imbarazza: quella tragedia ne ha quasi partorito un'altra, sabato sera, quando hanno chiuso al pubblico la Grand Place di Bruxelles e i poliziotti hanno esagerato nella repressione, picchiando, ferendo, arrestando chi chiedeva di festeggiare la prima vittoria del Belgio. La chiamano tolleranza zero, figlia della paura di trovarsi impreparati come all'Heysel, la faccia oscura della stessa idiozia. "Questo è un altro stadio e poi una parte importante dell'organizzazione l'hanno gestita gli olandesi", spiegano gli autori della gaffe. Anche l'Uefa se ne lava le mani: se la lapide dei 39 morti potesse interessare a uno sponsor, qualcuno si muoverebbe ma così, gratis, perché ? Solo Platini ha avuto il coraggio di un gesto forte: "In quello stadio non entro più, non potrei provare gioia". Ci penseranno gli azzurri a non far dimenticare. La Juve aveva chiesto che almeno i suoi giocatori andassero a posare un fiore, l'idea si è estesa a tutti. All'arrivo del pullman, Maldini e i compagni deporranno un mazzo di 39 rose, come fece Franco Baresi nell'unica occasione in cui una squadra italiana giocò all'Heysel dopo la tragedia: Malines-Milan di Coppa dei Campioni, 7 marzo del '90. La domenica successiva il Milan giocò a Torino. Sulla curva del vecchio Comunale mani juventine posero uno striscione: "Baresi, trentanove volte grazie". Conte pregherà, gli altri, che erano bambini quella sera, hanno raccontato ieri l'orrore di quelle immagini e il disgusto per chi non ha capito l'importanza di un gesto che richiamasse a una tragedia enorme, in tempi in cui se ne temono altre. "Anche quando venni con il Milan - ha detto Maldini - abbiamo onorato i morti contro la volontà di non si sa chi". L'Uefa, pure allora. "Noi, come Federazione, non abbiamo mai dimenticato, quella rimarrà per sempre una notte di dolore. Se gli altri non vogliono ricordare lo facciano, noi la ricorderemo", ha spiegato Antonello Valentini, il capo ufficio stampa. E pazienza se l'Uefa e i belgi, vergognandosi della gaffe, faranno pagare qualcosa all'Italia in questo torneo. Perché c'è il rischio: gli stupidi spesso sono vendicativi.

14 giugno 2000

Fonte: La Stampa

ARTICOLI STAMPA e WEB GIUGNO 2000 

Tutti sotto la curva Z, l'abbraccio azzurro è da pelle d'oca

di Paolo Condò

La nazionale rende omaggio alle 39 vittime della tragedia dell'Heysel: viene scartata la partecipazione di una delegazione, si va in gruppo. La cerimonia è toccante, tanto che coinvolge anche i belgi. Tutti sotto la curva Z, l'abbraccio azzurro è da pelle d'oca. 

DAL NOSTRO INVIATO. BRUXELLES - Sono le sette e un quarto quando l'Italia esce dal suo spogliatoio, entra nello stadio e, invece di dirigersi come al solito sul prato verde, gira a sinistra e s'incammina sul rosso pallido della pista di atletica. C'è una parola da prendere alla lettera questa volta - l'Italia - perché qualcosa di potente ti si agita nello stomaco mentre segui con lo sguardo la marcia degli azzurri, e capisci che quel passo lento e visibilmente deciso contiene i sentimenti di 56 milioni di persone, o quanti diavolo siamo noi italiani. Paolo Maldini e Antonio Conte aprono la sfilata perché uno è il capitano della nazionale e l'altro è il capitano della Juventus, il mazzo di 39 rose bianche lo porta Paolo, ma di lì a poco, quando sarà il momento, aspetterà che la mano di Antonio si unisca alla sua per deporre i fiori insieme. Dietro a loro, allargati su tutte le corsie, giocatori e dirigenti mescolati camminano col volto serio, molti con gli occhi bassi. Ci sono tutti: con Zoff, Riva, Nizzola e il resto dello staff ecco Del Piero e Totti, Cannavaro e Ambrosini, Toldo e un emozionatissimo Abbiati. Tutti e ventidue: una volta compreso che l'omaggio della nazionale ai morti dell'Heysel non era una richiesta della nostra Federcalcio, ma una semplice comunicazione (nel senso che un "no" non sarebbe stato accettato, e il mazzo di fiori sarebbe stato deposto ugualmente), l'Uefa aveva suggerito che ad andare sotto alla curva dove una volta c'era il settore Z fosse una piccola delegazione, il capitano e un paio di dirigenti. "Se lo scordano" è stata la risposta compatta degli azzurri, e questa è un'altra di quelle cose che spiegano perché, nel vederli camminare verso la lapide (In Memoriam, 29-05-85), la pelle si è fatta d'oca. Nel minuto che ci mettono ad arrivare lì, il disc-jockey dello stadio non ha nemmeno la sensibilità di spegnere gli altoparlanti, dai quali continua a martellare la disco-music di "American pie", e anche se non la sente nessuno è proprio una schifezza; prima di dedicare ai belgi un pensiero di rabbia, però, va detto che dietro a Maldini e Conte, con un secondo mazzo di fiori incellophanato, camminano il presidente della federazione di Bruxelles, Michel D'Hooghe, e il capitano Lorenzo Staelens, che hanno chiesto di partecipare alla cerimonia ottenendo l'ovvio abbraccio dei nostri. In molti si fanno il segno della croce, mentre i fiori vengono appoggiati sotto alla lapide, e i pochi tifosi belgi già presenti nella curva corrono ad applaudire la scena. Una breve preghiera, poi il corteo riprende la strada dello spogliatoio. Quando i giocatori rientreranno in campo per il riscaldamento, un'ora dopo, troveranno la migliore (e meritata) delle sorprese: tre interi settori dell'altra curva riempiti di tifosi azzurri. Dopo l'impressionante latitanza di una Arnhem consegnata ai turchi, la nostra gente ha deciso di non lasciarli soli in questo stadio. Se i belgi l'hanno intitolato alla memoria del loro re Baldovino, per noi italiani avrà per sempre 39 altri nomi.

15 giugno 2000

Fonte: La Gazzetta dello Sport

ARTICOLI STAMPA e WEB GIUGNO 2000 

All' Heysel contro l'oblio

BRUXELLES (c.s.) - Rose bianche per ricordare i morti dell'Heysel. Le hanno deposte gli azzurri, in testa Maldini e Conte, il capitano e uno Juventino, che hanno reso omaggio a una vergogna che non si può dimenticare. Insieme con gli azzurri (e con Nizzola e altri della Figc) c'erano il capitano del Belgio Staelens, i dirigenti della federazione belga e quelli dell'Uefa: anche il Belgio, che tanta responsabilità ebbe nella tragedia, si è inchinato all'obbligo del lutto. Non lo voleva fare, perché fin da allora i belgi si sentono innocenti, ma in qualche modo l'Italia li ha trascinati, così come ha trascinato l'Uefa che ostinatamente volle giocare quella notte con i morti sotto le tribune. Certo, la sacralità del momento di ricordo è stata quello che è stata: mentre i giocatori deponevano i fiori, gli altoparlanti dello stadio urlavano musica rock. I giocatori sono venuti come un drappello d'onore, sembrava l'omaggio a una lapide di partigiani o una visita a un luogo dell'Olocausto. Ma per il calcio questo stadio è qualcosa di simile, e per chi ricorda il muro che c'era prima e che crollò troppo tardi, quando gli italiani erano già morti soffocati, questi piccoli mattoni rossi del nuovo impianto sono troppo simili a quelli di allora. I belgi non hanno avuto il colpo di genio di cambiare materiale. E anche il nuovo stadio è stato rifatto lasciando la stessa breccia che c'era prima, che servirà senz' altro per fare entrare ambulanze o altri mezzi necessari, ma che allora, nella notte del 29 maggio '85, non servì da via di fuga per gli spettatori ammassati. Già, il 29 maggio 1985. Maldini e Conte hanno lasciato le rose, il capitano ha fatto il segno della croce, poi si sono girati ai fotografi e compostamente, senza una parola, se ne sono andati via. Ma forse bisognava avere la presenza di spirito di dire una preghiera, di sostare un attimo, per ricordare che quella di allora fu una lunga agonia, non un crollo improvviso di un attimo, ma un lento precipitare di uomini e ragazzi verso un inferno di fronte agli sguardi indifferenti delle forze di polizia e delle autorità. Ecco perché il tempo non può sanare la morte dei 39 tifosi, tra i quali vanno ricordati anche i 3 inglesi, (N.D.R. Nessun inglese è morto all’Heysel, ma Patrick Radcliffe, lavoratore nordirlandese abitante di Bruxelles) perché la loro morte fu lunga, e non ebbe l'attenzione né la considerazione di nessuno. E ancora adesso qualcosa bisognerebbe fare. La lapide appesa dove era il muro della curva Z recita solo: In memoriam, e sotto la data. Ma in memoria di cosa e di chi ? Qui vanno scritti i nomi di chi morì quella notte, è un atto di rispetto che va fatto. Ora, sopra e sotto la scritta e la data, ci sono 39 linee bianche: ma quegli uomini, donne e ragazzi erano qualcosa di più di una semplice linea.

15 giugno 2000 

Fonte: La Repubblica

ARTICOLI STAMPA e WEB GIUGNO 2000 

Ancora Heysel, che vergogna

di Maurizio Crosetti

TORINO - All'Heysel, Otello Lorentini perse un figlio di trent'anni, Roberto. Faceva il medico, poteva salvarsi, era già sul prato, tornò indietro per soccorrere un bambino, venne travolto. Otello ha 76 anni: dieci li ha trascorsi in tribunale per chiedere giustizia, poi ha fondato l'associazione dei parenti delle vittime diventata comitato permanente contro la violenza. Oggi ha una parola sola: "Vergogna". La ripeterà ai ragazzi della scuole in cui continua ad andare, per raccontare. Perché la memoria resista. "Una vergogna non solo l'eventualità di giocare contro gli inglesi all'Heysel, ma il fatto stesso che quello stadio esista. L'hanno ripulito, modificato, ma sarebbe stato più giusto lasciarlo com'era, una specie di monumento ai caduti, e non usarlo mai più. L'Uefa vuole solo dimenticare, hanno persino messo una musichetta in sottofondo quando gli azzurri hanno portato i fiori sotto la curva. Sappiano che in quella curva c'è ancora il sangue, e che il nostro dolore e la nostra rabbia sono più vivi che mai. Là non si deve giocare. Sono contento che Platini abbia detto che non tornerà mai più all'Heysel: la memoria pretende rispetto. La nostra ferita non potrà mai chiudersi, però non è questa la sofferenza più profonda. Io sto male quando penso che Roberto e gli altri 38 sono morti per nulla, e che nessuno ha capito".

19 giugno 2000 

Fonte: La Repubblica

ARTICOLI STAMPA e WEB GIUGNO 2000 

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