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BRUXELLES 29-05-2025
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Cerimonia Bruxelles 29.05.2025
   Cerimonie Bruxelles   In Memoriam   39 Angeli   Onore e Memoria   Stadio Heysel   
Stadio "Roi Baudouin" Bruxelles
40° Anniversario Strage Stadio Heysel Bruxelles
Cerimonia Istituzionale in Memoria delle 39 Vittime
Commemorazione a Cura del Comune di Bruxelles
Con la Partecipazione della Tifoseria Juventina Belga
Gruppo Ultras "Fighters 1985"




 

Heysel, la memoria tradita

di Roberto Galtieri

Quarant’anni dopo la strage, tra assenze, errori e retorica sbagliata, una commemorazione che dimentica il senso vero del ricordo.

Quella sera la redazione non mi aveva chiesto il solito articolo di colore. L’evento sarebbe stato seguito dai colleghi della redazione sportiva: si trattava della finale di coppa tra due squadre: Juventus e Liverpool. Eppure pensando a quanto successo, un articolo su quanto accadeva fuori dello stadio, prima della partita sarebbe stato utile; utile a capire i prodromi di quello che sarebbe accaduto di lì a poco. La Grand Place, la splendida piazza seicentesca di Bruxelles, era diventata un bivacco di barbari: seduti per terra, sdraiati a gruppi attorno a casse di birra. Anche il meteo ci aveva messo lo zampino nella tragedia: non era la solita giornata senza luce, uggiosa e piovosa: era una rara giornata di caldo afoso, quel giorno. La scusa ideale per riempirsi di birra con la scusa di rinfrescarsi. Gli hooligans britannici arrivarono allo stadio già ubriachi, spinti dalla polizia fuori dai due soli luoghi simboli del centro della città allora noiosa e beghina. La polizia era dunque fuori e lontana dallo stadio. Uno stadio fatiscente, non adatto ad un incontro di tale importanza, tanto da dover essere poi chiuso per anni e completamente ristrutturato. Il nome dello stadio dell’Heysel, fisicamente vicino all’Atomium, il monumento modernista dell’expo universale del 1950, gettò, come l’expo quarantacinque anni prima a causa del villaggio umano congolese, discredito sul Paese dell’allora re Baldovino. Una curva dello stadio con i suoi tre settori era stata interamente destinata ai tifosi juventini, quella opposta era divisa in due parti: i settori Y e X agli inglesi, la parte Z agli italiani. A dividere le due, come si usa oggi dire, tifoserie, c’era un’esile bassa rete e un altrettanto esile gruppo di poliziotti. Da una parte persone ubriache che provarono a fare il "take an hand" (prendi la curva), dall’altra i sostenitori della Juventus. Il movimento degli hooligan fu rapido mentre i poliziotti restavano a guardare la carica dei britannici contro i presunti nemici. Altri poliziotti ostacolarono la fuga degli italiani verso il campo manganellandoli, del resto gli italiani fino a qualche anno prima erano coloro i quali a cui era stato fatto divieto di entrata in molti bar del Belgio, e con loro era fatto divieto di entrata anche ai cani, orrenda equiparazione.

La fuga degli spettatori italiani dalla carica degli scatenati hooligans era l’unica possibilità, ma come abbiamo visto non c’era nessuna via di fuga. Nelle curve dello stadio non c’erano settori separati fisicamente, scappare significava scontrarsi con la polizia e con il muretto di bordo campo. Cerano troppe persone, accalcate, tutte insieme, quindi si produsse una spinta enorme delle genti in fuga dalla carica dei barbari. Furono tutti schiacciati contro il muretto delimitante la curva verso il campo di gioco; questo crollò sull’azione della calca. Morirono in 39, tutti asfissiati perché schiacciati contro il muretto o perché calpestati dopo il suo crollo. Il più piccolo, tra le vittime, aveva 11 anni. Oltre 600 furono i feriti. Una strage. La strage dell’Heysel. Era il 29 maggio del 1985. Iniziò quindi l’orrore: la polizia e il responsabile UEFA del Belgio decisero di far giocare comunque la partita; alcuni giocatori della squadra torinese ebbero dubbi se giocare all’ombra di tale strage. Altri, al termine della gara, festeggiarono la vittoria, in particolare Platini. Invece il compagno di squadra, il polacco Boniek, fu contrario a giocare e poi condannò pubblicamente i festeggiamenti della vittoria, giocatore della Juventus. Tanto fu contrario che, disgustato, lasciò il club per un’altra squadra di calcio italiana (NdR: una interpretazione del tutto soggettiva del caso). Ovviamente si aprì un’indagine, al termine della quale, dopo 18 mesi, la giudice belga Marina Coppieters pubblicò un dossier. Questo concluse che la colpa sarebbe dovuta ricadere esclusivamente sui tifosi del Liverpool. Nessuna denuncia sulle evidenti responsabilità della polizia belga. Menzionare il processo penale intentato contro hooligan britannici, e i responsabili della polizia, ci obbligherebbe al racconto di una farsa. Qualche mese con la condizionale ad alcuni hooligans del Liverpool, nulla contro i responsabili dell’inefficienza della sicurezza e della polizia.

Dopo quaranta anni, il 29 maggio 2025 si è svolta la commemorazione dei tragici fatti che portano alla strage. Erano presenti alcuni famigliari dei deceduti, il borgomastro di Bruxelles Philippe Close, e i notabili della Juventus insieme ad un gruppo di esagitati supporter bianconeri. Troppe però le note stonate nella commemorazione della tragedia di quattro decenni prima che hanno trasformato un doveroso atto di memoria in un brutto momento di falso raccoglimento. Non c’era nessun rappresentante della società calcistica del Liverpool. Senso di colpa ? Negligenza ? La lapide con i nomi delle 39 persone morte asfissiate non era stata restaurata e non tutti i nomi sono attualmente leggibili (Ndr: gravissima, ma purtroppo ripetitiva negligenza). All’interno dello stadio, nel luogo dove avvenne il dramma era stato steso uno striscione con una scritta non solo sconveniente ma anche sbagliatissima: "onore ai caduti dell’Heysel"; un concetto che svela l’ideologia di chi pensa che un campo di calcio sia un campo di battaglia. Gli spettatori di una partita di calcio, di quella partita di calcio di quaranta anni fa erano all’Heysel per divertirsi non per combattere, non si sa quale guerra. Sottintendendo che l’avversario è un nemico e dunque non di sport si parla ma di chissà quale scontro tra orde barbare. Una commemorazione che avrebbe potuto e dovuto essere di ulteriore monito e condanna alla violenza negli stadi è annegata, alla fine, nello squallore. Trentadue italiani partirono per una festa e non fecero ritorno: le loro bandiere si trasformarono in lenzuola da lutto. Quel giorno, la follia degli ultras e l’inerzia delle istituzioni si fusero in un disastro che il calcio non ha mai davvero espulso. All’Heysel il calcio morì schiacciato sotto i crolli di un muro, sotto l’indifferenza, sotto l’idea malata di rivalità assoluta. Lo stadio che doveva ospitare una finale diventò una fossa: l’Europa vide il volto peggiore della sua passione. Heysel non fu solo una tragedia sportiva: fu la sconfitta di un'intera civiltà che aveva dimenticato il confine tra tifo e violenza. A Bruxelles, il calcio si trasformò in tragedia: sugli spalti dell’Heysel, morirono sogni, innocenza e trentadue (NdR: 39) vite. Fonte: Meer.com © 11 agosto 2025 Fotografie: ©

 

Per non dimenticare, a Bruxelles si è tenuta una cerimonia per commemorare i 40 anni dalla tragedia dell'Heysel, quando gli scontri tra tifosi del Liverpool e della Juventus durante la finale di Coppa dei Campioni causarono la morte di 39 persone. Gianluca Pessotto, ex giocatore del club italiano, ha letto i nomi delle vittime, prima di un minuto di silenzio. "In questi 40 anni è rimasto impresso nella mente, non si può dimenticare", dice Gino Sagaria, testimone della tragedia. Poi l'intervento dell'ambasciatrice italiana Federica Favi. Fonte: © Fotografie: Bruxelles Bianconera © GETTY IMAGES © (Not for Commercial Use) Banner: Bruxelles Bianconera ©

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