| 
								 Heysel, il 
								dovere della memoria
								
								 
								
								
								di Marco Sanfelici
								
								 
								
								
						 Quale migliore servigio alle generazioni che ci 
								seguono del poter condividere il ricordo di 
								fatti ed avvenimenti che andrebbero altrimenti 
								confinati nel dimenticatoio ? Quale migliore 
								senso del dovere ci assale davanti a un uditorio 
								di 100 ragazzi del triennio scolastico ? Non si 
								sente volare una mosca, il silenzio pare 
								religioso mentre i relatori, moderati dal 
								sottoscritto che scrive queste poche righe, 
								raccontano e spiegano. Si parla del 29 maggio 
								1985, della maledetta finale di Coppa dei 
								Campioni tra Liverpool e Juventus, in quello 
								stadio monumento alla fatiscenza divenuta 
								assassina e del bilancio terribile di 39 
								vittime. È ora di chiamarli "caduti" come tutti 
								i prodi sacrificati sui campi di battaglia. Ne 
								parla dapprima Nereo Ferlat, miracolato del 
								settore Z, colui che ha visto la morte in faccia 
								e che è stato catapultato in campo da un 
								intervento ultraterreno (stava pregando Padre 
								Pio, a suo dire), calpestando corpi esanimi e 
								altri anch’essi in cerca di salvezza. Per 
								liberarsi da incubi ricorrenti, Nereo si è 
								deciso a scrivere il libro autobiografico 
								"L’ultima curva", vero documento denuncia di 
								quanto accaduto quella sera. Interviene Lino 
								Castellaneta, ex accompagnatore delle squadre 
								giovanili della Juventus, testimone presente 
								nella bolgia dell’Heysel e dato per disperso 
								fino a notte fonda, quando, in tempi privi di 
								Internet e telefonini, dalla Francia (i belgi 
								non permettevano agli italiani di telefonare a 
								casa !) un gettone lo metteva in contatto con la 
								famiglia.  
								
								
						 Graditissimi ospiti, Domenico 
								Beccaria, presidente del museo del Grande Torino 
								ed Hervè Bricca, noto giornalista di tendenze 
								granata, ma attento professionalmente a tutti i 
								fenomeni calcistici: a Torino è in atto una 
								presa di coscienza forte sulla condivisione di 2 
								tragedie che hanno lasciato il segno nella 
								cultura della città. Mi riferisco alla sciagura 
								di Superga che si unisce all’Heysel per 
								contemplare in perfetto senso "bipartisan" il 
								sacrificio di 70 vittime accomunate da un triste 
								destino. Basta cori offensivi, basta striscioni 
								vergognosi, basta offese "animalesche" verso 
								poveri caduti. È questo il messaggio che si è 
								voluto trasmettere ai giovanissimi presenti nel 
								salone delle conferenze dell’Istituto "Sacra 
								Famiglia" di Torino, insieme a un insistente tam 
								tam sulla necessità di preservare la memoria. Un 
								particolare ringraziamento va a Beppe Franzo, 
								fondatore dell’associazione "Quelli di via 
								Filadelfia 88", autentico propulsore di 
								iniziative e manifestazioni a ricordo 
								dell’Heysel, ora che finalmente l’attuale 
								organigramma societario della Juventus mostra di 
								essere sensibile all’argomento, dopo anni di 
								oblio colpevole. Un grazie sentito va altresì a 
								Fabio Castellaneta, economo dell’istituto, 
								nonché organizzatore concreto del convegno. È un 
								piccolo seme che è stato buttato in un giovane 
								terreno, quello solitamente più fertile, quello 
								di regola più presente nei nostri stadi; una 
								scommessa per una maggiore sicurezza all’interno 
								di essi, grazie alla cultura. Perché di questo 
								si tratta. 
								  
								Fonte:  
								
								Juveatrestelle.it © 30 marzo 2016
								
								  
								 Fotografie: Istituto 
								Scolastico Sacra Famiglia © 
								 |