“Così mi salvai all’Heysel”:
Quel salto giù dal muro in fuga dagli hooligans
Maurizio Maggi aveva 14 anni,
entrava per la prima volta allo stadio. “Mi strinsi a
mio padre, sentivamo le urla di paura”. Ritorno
angoscioso.
Arezzo, 30 maggio 2025 – Sono
passati 40 anni dalla della tragedia dell’Heysel del 29
maggio 1985 e Arezzo ha ricordato vittime e testimoni.
Tra quelli che si sono salvati c’è Maurizio Maggi allora
quasi 14enne che insieme al padre che oggi non c’è più,
era allo stadio di Bruxelles per la finale di Coppa dei
Campioni per assistere alla partita Juve-Liverpool. Un
sogno diventato realtà che presto si trasforma nel
peggiore degli incubi quando si scatena la violenza dei
tifosi inglesi. Insieme al padre, riesce a raggiungere
la collinetta dietro al muro dello stadio scavalcandolo.
Si sentono le grida e i lamenti che arrivano dal settore
Z, quello in cui hanno perso la vita 39 persone
calpestate, schiacciate e soffocate, ma sono in salvo.
Maurizio Maggi, allora quasi 14enne, insieme al padre
era allo stadio di Bruxelles
Maurizio Maggi oggi ha quasi 54
anni, cosa ricorda di quel giorno ?
“Non avevo ancora compiuto 14 anni,
ma sono ricordi molto nitidi. Era la prima volta che
andavo a vedere una partita della Juve di cui ero tifoso
come mio padre. Eravamo un gruppo e il giorno precedente
siamo stati in giro per Bruxelles come turisti, ricordo
che tra tifosi juventini e inglesi c’era stata festa in
città, niente che potesse presagire quanto successo”.
Tutto è cambiato una volta dentro
lo stadio ?
“Il settore curva Z era molto più
pieno della disponibilità dei posti, eravamo tanti e
strettissimi. L’impianto era vecchio e fatiscente, con
scalini bassi e materiale che si sgretolava. Anche i
tifosi inglesi erano tanti e continuavano ad arrivare,
ci separava solo una rete. Si leggeva nei volti la
preoccupazione delle persone. Prima c’era stata una
partita di bambini, appena finita sentimmo un boato,
come un’esplosione, i tifosi inglesi avevano buttato giù
la rete e stavano venendo verso di noi. Mi sentì
schiacciare, rimasi attaccato a mio babbo e la cosa che
forse ci ha salvato è che invece che andare in basso,
siamo andati in alto, verso il muro che poi cadde.
Riuscimmo a scavalcare, il salto non era troppo alto
perché dietro c’era una collinetta. Nella tragedia siamo
stati fortunati. Nonostante la grande paura non avevamo
grosse ferite considerando che volava di tutto, sassi,
bottiglie: bastava che ti colpisse qualcosa per cadere.
La partita non l’abbiamo vista ma eravamo salvi, bastava
venir trasportati dalla folla dall’altra parte per
rimanere schiacciati. Allora non c’erano i telefonini,
alla tv avevano già dato la notizia di 30 morti, siamo
riusciti a chiamare mia mamma a casa solo la sera”.
Per quanto tempo si è portato
dietro la paura ?
“Forse per l’ingenuità della
giovane età, l’ho dimenticata velocemente, i primi tempi
non siamo più andati allo stadio, ma crescendo ho
metabolizzato le cose. Oggi fortunatamente non provo più
panico”.
Tra le persone che viaggiavano con
voi i due aretini che non si salvarono, Roberto
Lorentini e Giusy Conti…
“Non eravamo nello stesso gruppo,
ma nello stesso volo e nello stesso settore dello
stadio, ricordo l’angoscia del viaggio di ritorno”.
https://www.lanazione.it/arezzo/cronaca/strage-heysel-i6kpqdxz
Fonte:
Lanazione.it © 30 maggio 2025
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