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ARTICOLI
STAMPA
HEYSEL 2025
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Juve, Boniek:
"Nella finale dell’Heysel c’era un atmosfera
surreale"
di Stefania Palminteri
Intervistato
per La Gazzetta dello Sport, Zibi Boniek è
ritornato a parlare della finale di Champions
League disputata dalla Juventus allo stadio
Heysel. Ecco cosa ha detto: "Abbiamo dovuto
giocare una partita per consentire la
riorganizzazione della sicurezza intorno allo
stadio. Non volevamo farlo. In queste
situazioni, se vinci sei stato cinico, se perdi
non hai rispettato le vittime. L’atmosfera era
irreale. Quando la palla usciva, c’erano
poliziotti con i cani in campo, una tribuna era
crollata. Ma abbiamo giocato tutti e 22 senza
alcun accordo, ognuno con i propri sentimenti,
cercando di vincere. Quella è una partita di cui
nessuno può andare orgoglioso e mi ha lasciato
un enorme dolore per la tragica morte di 39
persone, ma anche un grande dispiacere dal punto
di vista sportivo perché io volevo vincere, in
una gara normale, quella Coppa dei Campioni ed
esserne fiero".
Boniek: "Donato il mio premio alle
famiglie delle vittime" - L’ex
calciatore dei bianconeri ha proseguito: "Quella
fu la mia ultima partita con la Juve, sono
andato in aereo privato in Albania per
raggiungere la nazionale polacca che stava
giocando le qualificazioni per i Mondiali. Non
voglio criticare gli altri che alzarono la
Coppa, ricordo solo che ho donato tutto il mio
sostanzioso premio per la vittoria alle famiglie
delle vittime".
Fonte:
Juvenews.eu
© 16 gennaio 2025
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Teatro
Rostocco di Acerra, la stagione si apre con
"Dentro l’Heysel"
Sabato 25
gennaio e domenica 26 lo spettacolo di Emilio
Targia, caporedattore a Radio Radicale, con le
musiche dal vivo di Gianluca Casadei.
S'inaugura
sabato 25 gennaio la stagione 2025 del Teatro Rostocco di Acerra (Corso Italia, 124) con
l'anteprima nazionale di "Dentro l’Heysel". Lo
spettacolo di Emilio Targia, caporedattore a
Radio Radicale, con le musiche dal vivo di
Gianluca Casadei - musicista, tra gli altri, di
Ascanio Celestini - arriva nel quarantennale dai
tragici eventi di quel 29 maggio all'Heysel: uno
spettacolo di teatro-narrazione (di scena sabato
alle ore 20:30 e in replica domenica 26 alle ore
18) in cui cronaca ed esperienza personale si
mescolano e diventano un'occasione drammaturgica
per lasciare un'ulteriore testimonianza e
risvegliare la memoria collettiva. Il racconto
di un viaggio da sogno verso la finale di Coppa
dei Campioni del 1985 tra Liverpool e Juventus
che si tramuta irrimediabilmente in un incubo.
Lo spettacolo non è altro che la naturale
prosecuzione di un lavoro iniziato nel 2015 con
la pubblicazione del libro "Quella notte
all’Heysel", a cui ha fatto seguito il podcast
"Dentro l’Heysel" del 2024 edito da Mondadori
studios. Questo primo appuntamento si inserisce
in un più ampio cartellone che contempla
spettacoli di ogni tipo, anche per i più
giovani. "Le contaminazioni, quelle sane, sono
punti di intersezione, di connessione tra anime,
artisti, uomini e donne - spiega il direttore
artistico Ferdinando Smaldone. Collegamenti,
come le linee di una metropolitana e i punti di
intersezione, le stazioni, dove le persone si
possono incontrare per contaminarsi. Principi di
collaborazione, scambio di regie, attori che si
confrontano e lavorano con e per altri registi.
Testi letti, pensati e proposti in base al
fattore umano che abita lo spazio. In altre
parole, la cultura è uno dei pochi beni che, se
diviso, si moltiplica. Con un effetto
contaminante".
Fonte:
Napoli.corriere.it © 24 gennaio 2025
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Domenica In,
Donatella Rettore e l'Heysel: "La Juve non si è
fermata"
La cantante e
il paragone tra la morte di Luigi Tenco nel
Sanremo 1967 e la strage avvenuta a Bruxelles,
prima della finale di Coppa dei Campioni 1985.
Gaffe
per Donatella Rettore nella puntata di Domenica
In di oggi, domenica 2 febbraio. In una fase
della trasmissione di Mara Venier in cui si
stava parlando di Sanremo e della morte di Luigi
Tenco durante l'edizione del Festival 1967,
circostanza che non vide lo stop della rassegna,
la cantante è intervenuta tirando in ballo un
paragone calcistico. Rettore ha citato la strage
dell'Heysel, avvenuta a Bruxelles il 29 maggio
1985 prima della finale di Coppa dei Campioni di
quell'anno.
LE PAROLE DI RETTORE -
All'Heysel, prima della finale di Coppa dei
Campioni del 1985 morirono 39 persone, di cui 32
italiane, e ne rimasero ferite oltre 600.
Rettore, confondendo i numeri della tragedia, ne
ha però parlato così in diretta: "La Juventus,
all'Heysel, non si è fermata con centinaia di
migliaia di morti...". La cantante è stata poi
interrotta dal giornalista Marino Bartoletti:
"Io ero lì e non si fermò per questioni di
ordine pubblico. Se non si fosse giocata quella
partita, si ammazzavano altre 20-30 persone. Un
discorso completamente diverso".
Fonte:
Adnkronos ©
2 Febbraio 2025
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Scritte a
vernice rossa sulla scritta "Fino alla fine"
(ANSA) - TORINO, 21 FEB - Un murale caro ai
tifosi della Juventus, con l'enorme scritta del
motto bianconero "Fino alla fine", nella zona di
Parco Dora a Torino è stato imbrattato,
utilizzando vernice rossa, con insulti, frasi
ingiuriose e riferimenti alla tragedia del
maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles,
quando 39 tifosi juventini morirono nella calca
per i disordini provocati dagli hooligans del
Liverpool nella serata della finale di Coppa dei
Campioni. A documentarlo, sui social
l'associazione Quelli di ... Via Filadelfia",
che "si prefigge lo scopo ,di preservare la
Storia e la Memoria del tifo Juventino della
Curva Filadelfia e 'laddove se ne intravveda una
sua continuità, nel contesto dell'attuale
tifoseria. Sotto la foto, che in breve tempo ha
già raccolto numerosi commenti, l'amministratore
del gruppo ha pubblicato le frasi: "Da sempre
abituati al confronto tra uomini, restiamo
basiti davanti alla viltà di tali gesti.
Lasciamo in pace i morti, affrontate i vivi.
+39".
Fonte: ANSA
© 21 febbraio 2025
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Vandalizzato
il murales di Parco Dora sulla Juve:
pesanti offese
alle vittime dell'Heysel
di Massimo De
Marzi e Philippe Versienti
La denuncia dell'associazione "Quelli di
via Filadelfia" attraverso Beppe Franzo:
"Lasciamo in pace i morti".
Da
sempre l'Italia del pallone è divisa tra
juventini e antijuventini. Il secondo partito
negli ultimi giorni ha avuto validi argomenti
per prendere in giro la Vecchia Signora, dopo la
figuraccia in Olanda che è costata
l'eliminazione della squadra di Thiago Motta
dalla Champions League.
Vandalizzato il murale di Parco Dora
-
Gli sfottò e l'ironia l'hanno fatta da padrone
tra i social e nei vari gruppi whatsapp, ma fino
a che non si supera il limite del buon gusto
tutto va compreso e accettato. Quando invece si
scende negli insulti più pesanti e, soprattutto,
quando si diffama e si offende la memoria dei
morti non c'è alcuna giustificazione.
Così, approfittando del favore delle tenebre,
qualche buontempone (ma forse sarebbe il caso di
usare un termine più forte ma maggiormente
appropriato) ha pensato bene di andare a Parco
Dora a vandalizzare il murale bianconero che
riporta lo slogan diventato una sorta di mantra
juventino: "Fino alla fine".
Offese e
insulti per le vittime dell'Heysel -
Gli insulti e le offese alle vittime
dell'Heysel, una delle pagine più brutte della
storia del calcio, fanno parte del bagaglio del
peggior tifoso, al pari di quelli - juventini e
non solo - che vilipendono la memoria dei caduti
di Superga. Sarebbe ora che la maggioranza
silenziosa e perbene prendesse le distanze in
modo deciso e definitivo da episodi di questo
genere.
Quanto accaduto a Parco Dora è stato denunciato
dall’Associazione ‘Quelli di via Filadelfia’
attraverso Beppe Franzo: "Da sempre abituati al
confronto tra uomini, restiamo basiti davanti
alla viltà di tali gesti. Lasciamo in pace i
morti".
Fonte:
Torinoggi.it
© 21 febbraio 2025
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Parco Dora di
Torino: imbrattano il murales
con insulti
alle vittime della tragedia dell'Heysel
di Luca Ronco
La denuncia dei tifosi: "Restiamo basiti
davanti alla viltà di questi gesti".
Torino,
qualcuno ha imbrattato il murales all’ingresso
del parco Dora (corso Mortara) con il motto
della Juventus "Fino alla fine". Nei giorni
scorsi, lì sono comparsi insulti e frasi
ingiuriose sulla tragedia dello stadio Heysel di
Bruxelles, quando dove nel 1985 era in programma
la finale della Coppa dei Campioni tra la
Juventus e il Liverpool. Poco prima della gara,
trentanove persone (trentadue italiani, quattro
belgi, due francesi e un nordirlandese) morirono
in seguito ai tafferugli che si svilupparono
sugli spalti. La denuncia - L’associazione
torinese di tifosi bianconeri "Quelli di via
Filadelfia" ha condannato l’episodio sui social
network. "Restiamo basiti davanti alla viltà di
questi gesti" hanno scritto i referenti del
gruppo. Al momento, non è chiaro chi siano i
responsabili dell’imbrattamento.
Fonte:
Torinotoday.it © 22 febbraio 2025
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Bruno Pizzul e
la notte da incubo dell'Heysel: l’orrore in
diretta
di Piero Bianco
Il telecronista e il racconto della più
grande tragedia dello sport italiano. La Juve fu
al centro della sua carriera.
TORINO
- Immaginate un mondo senza cellulari in cui le
telefonate erano ancora un problema. E
immaginate uno stadio fatiscente al centro
dell'Europa, dove era in cartellone una festa
dello sport e invece improvvisamente si scatenò
l'inferno. Era il 29 maggio 1985 e a Bruno
Pizzul toccò raccontare, in diretta sulla rete
ammiraglia Rai, la più grande tragedia dello
sport italiano, quella finale di Coppa dei
Campioni fra Juve e Liverpool in programma allo
stadio Heysel di Bruxelles dove 39 tifosi
persero la vita per la furia incontrollabile
degli hooligans.
Il film dell'orrore portò nelle case degli
italiani immagini raccapriccianti ma è rimasto
indelebile quel commento sempre misurato di
Pizzul. Che poi ammise di aver vissuto
interiormente un vero incubo, la telecronaca più
difficile della sua vita: "Non sapevo quanto
davvero si sapesse in Italia dell'orrore che si
stava consumando nelle tribune, le notizie erano
frammentarie, e contrastanti, anche nella
postazione dello stadio da cui trasmettevo. Ho
pensato ai parenti dei tifosi in trasferta, a
chi non aveva notizie, non volevo allarmarli
troppo ma non era giusto nemmeno minimizzare la
tragedia che si stava compiendo". La regia
internazionale continuava a mandare in onda
scene spaventose, sembrava una guerra. Per
un'ora e mezzo, in un'altalena di informazioni
inattendibili, Bruno Pizzul dovette misurare
emozioni e aggettivi. "Ci dicono che si dovrebbe
comunque giocare, mi pare una decisione assurda
ed è chiaro che il risultato non avrebbe
comunque importanza". "Ecco Cabrini, Tardelli e
Brio, sono andati a parlare con i tifosi,
cercano di calmarli, ma è un'impresa
impossibile". Mentre la tribuna d'onore si
svuotava rapidamente (l'Avvocato Agnelli era
stato tra i rimi ad andarsene, appena informato
della tragedia), Pizzul continuava a cercare
aggettivi per spiegare l'orrore.
Infine si giocò, per ordine delle autorità
belghe. "Tifosi, giochiamo per voi", aveva
spiegato il capitano Scirea leggendo al
microfono del vecchio stadio un comunicato
ufficiale. La Juve vinse 1-0, una vittoria mai
goduta, figlia dell'orrore. E Bruno Pizzul
terminò così la sua telecronaca: "Giusto
consentire che l'uomo sportivo esulti per questo
successo che è il successo del calcio italiano,
ma l'uomo conserva l'amarezza e il dolore di una
serata resa luttuosa da quanto è successo prima
della partita". Non era tifoso juventino,
Pizzul, eppure proprio la Juve fu al centro
della sua carriera, oggetto di tanti
immaginifici racconti anche perché i giocatori
bianconeri all'epoca erano anche pilastri della
nazionale. Un sodalizio inscindibile,
Addirittura, l'esordio come telecronista fu uno
spareggio di Coppa Italia Juventus-Bologna, l’8
aprile 1970. Un segno del destino.
Fonte:
Lastampa.it
© 5 marzo 2025
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Una pausa, poi
un respiro: quando Pizzul si trovò a raccontare
la
tragedia dell'Heysel, e scrisse una pagina di
storia
di Walter
Veltroni
La voce di Bruno Pizzul, morto oggi a 86
anni, è un pezzo della nostra memoria. Non ha
potuto esultare per una vittoria ai mondiali, ma
poco conta: della sua vita - per rubare una sua
celeberrima espressione - si può dire "tutto
molto bello".
Il
capolavoro di Bruno Pizzul - morto oggi, a 86
anni - fu una cronaca che definire sportiva
sarebbe un oltraggio. Credo che quell’uomo
buono, pacato, rigoroso si sia trovato
all’improvviso di fronte a una sfida
giornalistica di dimensione spaventosa. Doveva
raccontare nel 1985 la finale di Coppa dei
Campioni tra Liverpool e Juventus, una festa del
calcio, e si trovò catapultato in una strage
orrenda. Un cambio repentino di registro
narrativo da effettuare in diretta, davanti agli
occhi di milioni di telespettatori e,
soprattutto, al cuore in affanno dei parenti di
chi con la sciarpa bianconera al collo o nel
cuore, era andato fin lì, fino a quel
ferrovecchio di stadio Heysel che si sfaldava
come il burro. Non si capiva nulla, in quei
minuti, nessuno capiva nulla. Ma Pizzul, fin dal
collegamento prepartita con Gianfranco De
Laurentiis, segnalò la gravità di quello che
stava accadendo. E quando partì la diretta fu
prudente, misurato, equilibrato. Ricordo una sua
pausa, un respiro che raccontava la difficoltà
di dire, subito dopo, che c’erano morti, tanti.
Nella storia del giornalismo televisivo, non
solo sportivo, quella telecronaca resterà. È
stata una generazione di cronisti eccezionali,
quella di Pizzul e la precedente: Rosi
nell’atletica e, con Paolo Valenti, nel
pugilato, Oddo nel tennis, Giordani nel basket,
De Zan e Martino nel ciclismo, Poltronieri
nell’automobilismo, Giubilo nell’ippica. E tanti
altri. Poi Nando Martellini, Sandro Ciotti,
Enrico Ameri… Raccontavano scegliendo le parole,
cresciuti nella radio che obbligava a "far
vedere" gli avvenimenti. Non urlavano,
descrivevano. Allora non esisteva, come oggi, il
commento tecnico e allora il telecronista
doveva, insieme, narrare e spiegare. Pizzul era
della generazione dorata, quella dell’immediato
anteguerra, a cui appartenevano Gianni Minà, il
meraviglioso Beppe Viola, Paolo Frajese e tanti
altri. Quello che è più giusto ricordare di
Pizzul e dei "suoi" coevi è la asciuttezza e la
proprietà di linguaggio, l’assenza di enfasi e
la competenza. Pizzul aveva giocato al calcio ed
era friulano, due virtù non da poco. La seconda
la condivideva con Bearzot, Zoff, tutta gente
con pochi fronzoli e con la schiena dritta.
Pizzul era così, gentile severità. Fatto sta che
la voce di Bruno Pizzul è un pezzo della nostra
memoria: certe sue espressioni, l’uso sapiente
di congiuntivo e condizionale, il modo in cui
descriveva azioni, schemi e gesti tecnici e
faceva vivere l’ambiente della partita, sono
state buone compagne di chi ama lo sport
dall’inizio degli anni Settanta fino al 2002. Ha
raccontato cinque campionati del mondo di
calcio, quattro Europei ma non ha mai potuto
celebrare una vittoria. Non ha potuto dire tre
volte "Campioni del mondo" come Nando Martellini
nel 1982 e quattro volte come fece Fabio Caressa
a Berlino nel 2006. Ma non importa. La sua voce
è restata nell’aria, ha vinto l’usura del tempo,
come il suo talento di narratore e cronista.
Della vita che Bruno Pizzul ha vissuto si
potrebbe infine dire, con le sue celeberrime
parole: "Tutto molto bello".
Fonte:
Corriere.it
© 5 marzo 2025 ©
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Quella notte
all’Heysel insieme a Pizzul
Bruno
era il ponte tra l’inferno e le famiglie. Poi la
frase che passò alla storia.
di Giuseppe Tassi
Il 29 maggio
1985 si consumava la tragedia della finale di
Coppa dei campioni tra Liverpool e Juventus.
Giuseppe Tassi era inviato a Bruxelles, prima
sugli spalti e poi nel ventre dello stadio.
Roma,
5 marzo 2025 – Non ha potuto urlare "Campioni
del mondo" come Martellini e Civoli ma la
traccia professionale e umana lasciata da Bruno
Pizzul va oltre le Coppe del mondo e gli incroci
del destino. Il gigante buono di razza furlan ha
commentato le imprese e le cadute della
nazionale italiana fra il 1986 e il 2002 e gran
parte di quel percorso l'ho compiuto accanto a
lui come inviato del Resto del Carlino. Eravamo
insieme anche nella tragica notte dell'Heysel,
il 29 maggio 1985, quando la finale di Coppa dei
campioni tra Juventus e Liverpool si trasformò
in una tragica carneficina con 39 tifosi
bianconeri morti, calpestati nella curva Zeta
mentre tentavano di sfuggire alla foga assassina
degli hooligans. Io ero sugli spalti e poi nel
ventre dello stadio per capire la portata del
dramma che si consumava, Bruno appeso al suo
microfono in balia di voci incontrollate e di
notizie sommarie, cercava di trasmettere una
sensazione di pacatezza e di normalità dentro
quel subdolo e indecifrabile inferno. Lui ex
calciatore, ex liceale di stampo classico amava
il suo sport con l'entusiasmo sincero e lirico
del poeta. Quello spettacolo di terrore che si
consumava sotto i suoi occhi era figlio della
follia ultrà e dell'inadeguatezza dello stadio
scelto dall'Uefa e del ridicolo servizio
d'ordine belga con pochi gendarmi a cavallo a
vegliare sulla sicurezza dell'evento. Alla fine,
quando tutto fu terribilmente chiaro, Pizzul
pronunciò una frase che è rimasta nella storia
di quella serata e del giornalismo: "E ora
purtroppo una notizia che debbo dare, perché è
ufficiale, viene dall’Uefa. Ci sono 36 morti…
Una cosa rabbrividente, inaudita… E per una
partita di calcio". Quella stessa gara che si
giocò in omaggio a questioni d'ordine pubblico,
quella partita che somigliava a una giostra di
fantasmi lui la commentò fino all'ultimo minuto.
Una prova di supremo equilibrio e di enorme
professionalità. Ma anche un forte messaggio di
solidarietà umana. Perché la postazione
televisiva di Bruno, come i telefoni di molti
inviati, divennero uno straordinario ponte
lanciato verso le famiglie lontane: per
rassicurarle sulle sorte degli italiani dentro
quell’inferno o per offrire ai parenti dei
feriti e dei dispersi le prime indicazioni per
poterli raggiungere in Belgio. In quella notte
di follia il sereno gigante di Cormons apparve
ancora più grande.
Fonte:
Quotidiano.net © 5 marzo 2025
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La telecronaca
di Pizzul nella notte dell'Heysel
di Orlando
Sacchelli
In
punta di piedi il giornalista italiano il 29
maggio 1985 raccontò in diretta una delle pagine
più tristi della storia del calcio.
Commuove risentire il commento di Bruno Pizzul
fatto durante la diretta della finale di Coppa
dei Campioni il 29 maggio 1985. È la notte
dell'Heysel. Mentre le immagini si soffermano
sugli spalti dello stadio belga, il giornalista
con parole pacate e mai enfatiche, dando il
giusto peso ad ogni sillaba, racconta ciò che
gli succede intorno. "Qui è inquadrato il
settore della tribuna stampa, siamo nella
tribuna centrale, proprio al di sopra della
tribuna d'onore, in questo settore non si sono
verificati scontri di alcun tipo. C'è soltanto
sgomento, vedo anche della gente piangere. Sono
scene che francamente con un evento sportivo non
hanno nulla, nulla da spartire. Ho accanto a me
il responsabile della Uefa che mi conferma che
ci sono 36 morti, mentre un'altra notizia che mi
lascia piuttosto sconcertato è che la partita si
giocherà... Con quale spirito i giocatori
entreranno in campo. È chiaro che il risultato
diventa assolutamente irrilevante. Giocare con
queste cifre è assolutamente inaccettabile".
Nella pagina più buia del calcio europeo, mentre
si è da poco consumata una vera e propria
carneficina (alla fine si conteranno 39 morti e
oltre seicento feriti), Pizzul usa il microfono
della Rai in modo encomiabile entrando nella
storia in punta di piedi, facendo informazione e
mettendo in prima fila la dignità umana. Oltre a
sottolineare, giustamente, che lo sport è
un'altra cosa.
Fonte:
Ilgiornale.it © 5 marzo 2025
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Il libro che
ricostruisce la vita di Giusy Conti,
aretina morta
nella tragedia dell'Heysel
Si intitola "La ragazza dai pantaloni
verdi" ed è scritto dal giornalista Luca
Serafini. Domenica 16 marzo marzo, in sala
Montetini, la presentazione.
E'
stato pubblicato il libro "La ragazza dai
pantaloni verdi", che ricostruisce la storia di
Giuseppina "Giusy" Conti, morta a soli 17 anni
mentre si trovava a Bruxelles, una delle 39
vittime della tragedie dell'Heysel. Giusy era
una ragazza di Rigutino che frequentava il liceo
Classico ad Arezzo. Il volume, scritto dal
giornalista Luca Serafini, scava nella vita di
questa ragazza degli anni '80, cercando di
restituire - attraverso la forma di un
romanzo-verità - l'immagine più fedele possibile
di una 17enne aretina, innamorata dello sport e
della vita. Le amicizie, la scuola, le passioni,
le speranze. Il volume è edito da Effigi ed è
arricchito dai contributi di Marco Tardelli,
Francesco Moser, Nelson Piquet e Andrea
Lorentini, figlio di Roberto, altra vittima
aretina dell'Heysel. Domenica 17 marzo, alle 17
in sala Montetini ad Arezzo, è prevista la
presentazione.
IL LIBRO "LA RAGAZZA DAI PANTALONI
VERDI" - "Il negozio dei genitori - si
legge nella presentazione del libro - è un punto
di riferimento del paese. Giuseppina è brava a
scuola e gioca bene a tennis. Preferisce essere
chiamata Giusy, nome più breve e moderno. Si
emoziona con la Formula 1 e le corse di
biciclette. Ma quando vede il pallone è gioia
pura. Ama il calcio. Segue l’Arezzo, la squadra
di quella città a pochi chilometri da casa dove
va ogni mattina per le lezioni: conosce uno ad
uno nomi e volti dei giocatori. Ma la Juventus
di Platini è la sua grande passione. Esulta e
soffre per i colori bianconeri. Insegue il sogno
della Coppa dei Campioni. Ad Atene è allo stadio
a seguire la finale, ma sarà una delusione. Il
1985 è l’anno in cui l’impresa può, anzi deve
riuscire. A Bruxelles, stadio Heysel. Stavolta
con lei c’è anche il babbo Antonio. 'Ciao, torno
con la Coppa' dice salutando i compagni a scuola
e la mamma a casa. Ma il calcio che Giusy ama,
quella sera è avvelenato dalla violenza di
tifosi come belve e dalle colpe di chi avrebbe
dovuto organizzare in sicurezza un grande
evento. La ragazza dai pantaloni verdi diventa
un angelo, l’angelo dello sport, uno dei 39
angeli dell’Heysel".
Fonte:
Arezzonotizie.it © 10 marzo 2025
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Un monumento
per ricordare la tragedia dell’Heysel
di Antonio Cunazza
In occasione del 40esimo anniversario
della tragedia che fece 39 vittime tra i tifosi,
quasi tutti italiani, un’opera d’arte pubblica
sorgerà su un terreno nei pressi dello Juventus
Stadium come monumento alla memoria e al
ricordo.
Il
prossimo 29 Maggio cade il quarantennale di uno
dei momenti più gravi e tremendi della storia
del calcio moderno: in quella data del 1985, in
occasione della finale di Coppa dei Campioni fra
Liverpool e Juventus, allo stadio Heysel di
Bruxelles, la frangia di hooligans inglesi
sfondò le deboli recinzioni interne della curva
Sud, invadendo un settore laterale occupato da
tifosi italiani e neutrali. L’aggressione
veemente, e l’impreparazione delle forze
dell’ordine locali, provocò un drammatico
tentativo di fuga dei tifosi, che si ritrovarono
schiacciati in una calca letale in gradinata.
Morirono 39 tifosi (di cui 32 italiani) e almeno
600 furono i feriti. Quello che rimane uno dei
momenti di svolta tristemente più importanti
anche per lo sport e per lo sviluppo dei suoi
regolamenti e dei parametri costruttivi degli
stadi, verrà ricordato dalla Juventus con
l’installazione di un monumento che invita a una
riflessione più profonda su quei momenti e sulla
vita. Questa l’idea dell’artista, Luca Vitone,
che aveva vinto il concorso – a cui avevano
partecipato una decina di artisti italiani – con
la sua proposta "Verso Altrove", alla quale ha
poi lavorato nel corso degli ultimi due anni
insieme a Luca Beatrice, critico d’arte torinese
e presidente della Quadriennale di Roma
(tristemente scomparso a fine Gennaio 2025),
incaricato da Juventus di portare avanti l’idea
del progetto.
Il monumento, il cui cantiere è in attività da
fine 2024, sarà pronto in tempo per
l’anniversario del 29 Maggio prossimo e occuperà
un lembo di prato di circa 2mila mq, posto lungo
Strada della Continassa, a poca distanza dallo
Stadium della Juventus e dal centro sportivo del
club bianconero. In quella che già è un’area
ampiamente riqualificata grazie agli interventi
realizzati dalla Juventus negli ultimi anni,
l’opera si svilupperà come una rampa a spirale
centrifuga, lunga nel complesso 65 metri e che
raggiungerà un’altezza di 3 metri dal terreno.
Realizzata come un percorso quasi sospeso,
racchiuso fra due pareti laterali fatte di assi
di legno svasate, e accessibile anche dalle
persone con disabilità, porterà al culmine dove
un cannocchiale con le lenti montate al
contrario fornirà ai visitatori una visione
paradossale, con il fuoco che si allontana
dall’orizzonte. La scelta, già percorsa da
Vitone in altre sue opere in passato, vuole
invitare a uno sguardo totalmente diverso dal
solito verso il panorama, una riflessione
sull’inevitabile passaggio fra la vita e la
morte, un momento di raccoglimento nel ricordo
di quei 39 morti.
L’illuminazione notturna renderà l’opera
ulteriormente emozionale, e sarà visibile anche
dal cielo, dato che questa zona è sulla comune
linea di atterraggio degli aerei in arrivo
all’aeroporto torinese di Caselle. L’area verde,
infine, sarà anche arricchita da cespugli di
lavanda e da alcune piante di Ginko Biloba, una
delle poche forme viventi che sopravvissero alle
bombe atomiche cadute in Giappone, anche qui
scelta voluta dall’artista come simbolo di
resistenza alle peggiori avversità della vita.
Fonte:
Sporteimpianti.it © 12 Marzo 2025
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Massimo
Briaschi a TvPlay: il racconto
della strage
dell’Heysel a distanza di 40 anni
di Gianlorenzo Di Pinto
Massimo Briaschi, procuratore ed ex
calciatore tra le altre di Genoa e Juve, è
intervenuto in diretta su TvPlay.
SULLA
STRAGE DELL’HEYSEL - Briaschi, che nel 1985 ha
disputato la controversa finale di Coppa dei
Campioni con la maglia del Juventus contro il
Liverpool, ha così raccontato il drammatico
avvenimento: "La strage dell’Heysel ? Noi della
Juve fummo costretti a festeggiare la vittoria
per placare gli animi dei tifosi che erano
presenti. Noi siamo venuti a conoscenza
realmente di quello che accadde solamente al
ritorno in hotel. Secondo me se quel match non
si fosse giocato, i morti sarebbero stati molti,
ma molti di più. E’ stata organizzata una finale
di Coppa dei Campioni in uno stadio ridicolo
(NdR:
Stadio Heysel di Bruxelles),
non adatto ad una manifestazione del genere.
Sono morte 39 persone che erano venute per
scendere in campo con noi, ma non fu così".
Fonte:
Tvplay.it ©
3 aprile 2025
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Metti una
domenica a Nichelino con Mauro Berruto
(ed Elena
Miglietti) a parlare di sport e di storie
di Massimo De
Marzi
Presentato all'Open Factory "In mezzo
scorre il fiume", il libro scritto a quattro
mani per raccontare il rapporto tra il Po e le
tante realtà sportive e associative di Torino.
Con una proposta per legare Superga all'Heysel.
(Omissis)
Come legare Superga all'Heysel - Darwin Pastorin
ha introdotto con la consueta maestria i due
autori del libro, poi incalzati da Michele
Pansini e Fabrizio Pulcini in un incontro che si
è concluso con una proposta per mettere da parte
una volta per tutte il becerume di certi ultrà,
partendo da un numero, il 70: con la proposta di
creare un luogo comune per ricordare i 31 morti
di Superga e le 39 vittime della tragedia
dell'Heysel, l'idea lanciata da Berruto
rivolgendosi alla politica, mentre la Miglietti
ha lanciato l'invito ad uno sport che sappia
parlare e partire veramente dal basso.
Fonte:
Torinoggi.it
© 7 aprile 2025
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Juve commemora
la strage…
di Alessandra Ravetta
Presentazione
di "Verso Altrove" l’opera che la Juventus
dedica alla memoria della tragedia avventura
nello stadio belga, di cui il 29 maggio 2025
ricorrerà il 40° anniversario.
Heysel
dal nome dello stadio belga dove prima della
finale della Coppa dei campioni tra Juventus e
Liverpool, il 29 maggio 1985, si scatenarono le
violenze degli hooligans dei Reds, causando il
panico nel settore dello stadio occupati dai
tifosi bianconeri; nella calca verso della vita
39 persone. Il progetto, affidato a Luca
Beatrice, critico d’arte e presidente della
Quadriennale di Roma (recentemente scomparso) e
realizzato da Luca Vitone, artista di fama
internazionale, e da FOR Engineering
Architecture, sarà svelato il 29 maggio alle 11.
Presentato sul sito della Juve a dicembre, dopo
aver ottenuto l’approvazione definitiva del
Comune di Torino, è stato realizzato in un’area
verde di circa duemila metri quadrati nei pressi
di Strada della Continassa, a due passi
dall’Allianz Stadium, dallo Juventus Training
Centre e dalla sede centrale del club. Ecco le
anticipazioni sull’installazione pubblicate
dalla Juve: "dal manto erboso, impreziosito da
alberi di Ginko Biloba e cespugli di lavanda, si
ergerà una piattaforma di sessantacinque metri
dalla forma leggera di una spirale centrifuga,
che si eleva per oltre tre metri da terra. Una
struttura leggera, architettonicamente semplice,
al cui interno sarà posizionata una luce al neon
lungo tutto il percorso, che permetterà
all’opera di essere visibile anche da notevole
distanza, nell’oscurità. Alla fine della rampa,
rivolto verso il paesaggio antistante, sarà
posizionato un telescopio con le lenti montate
capovolte in modo che la messa a fuoco sia
rivolta verso l’orizzonte. Un chiaro invito a
guardare lontano, verso l’assoluto. Molto curata
anche la scelta delle specie arboree che
verranno piantate: la lavanda rimanda al
richiamo olfattivo di sensazioni oniriche,
spesso presenti nelle opere di Vitone, mentre il
Ginko Biloba è un albero antichissimo, le cui
origini risalgono a milioni di anni fa, all’era
Mesozoica, considerato un fossile vivente che
rappresenta la resistenza, la sintesi nella sua
linfa di passato e futuro".
Fonte:
Primaonline.it © 24 aprile 2025
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Juve, svelato
il memoriale in ricordo delle vittime
dell'Heysel
di Paolo
Casamassima
Mentre a Parco Dora è stato ripulito il
murale, caro ai tifosi bianconeri, dagli insulti
alle vittime di Bruxelles.
A
quarant'anni da quella tragica serata della
finale di Coppa dei Campioni a Bruxelles tra
Juventus e Liverpool - correva il 29 maggio 1985
-, la società bianconera inaugurerà un memoriale
dedicato alle vittime dell'Heysel, trentanove
vittime per l'esattezza, di cui 32 italiane.
"Verso
Altrove" - Il 29 maggio 1985 - si legge
nella nota divulgata dal club bianconero - il
mondo assisteva attonito ad una delle più grandi
tragedie che si siano mai consumate in uno
stadio di calcio, durante la quale persero la
vita 39 persone. Un lutto di cui il tempo non
può lenire, né alleviare il dolore. Juventus
continua a preservare il ricordo di questo
drammatico evento all’interno della nuova
cittadella bianconera nell’area della Continassa,
attraverso l’opera commemorativa Verso Altrove,
che verrà inaugurata giovedì 29 maggio 2025 alle
ore 11. Il memoriale, che sorge in strada della
Continassa, nelle immediate vicinanze
dell’Allianz Stadium e dello Juventus Training
Center, è stato progettato e realizzato da Luca
Vitone, uno tra i più importanti artisti
italiani contemporanei. Nelle sue opere la
memoria personale s’interseca con la storia
collettiva e il luogo assume un significato
rinnovato, diventando spazio di un’esperienza
antropologica, che sollecita il pubblico ad una
riflessione introspettiva sulla natura e sulla
cultura.
Curata da Luca
Beatrice -
"La curatela dell'installazione è stata affidata
fin dal principio a Luca Beatrice - si legge
ancora nella nota della società bianconera -,
curatore e critico d’arte contemporanea fra i
più noti del panorama italiano, scomparso lo
scorso mese di gennaio, che ha scelto questo
progetto per la sua idea di ricordo e, allo
stesso tempo, di proiezione in avanti, oltre il
passato. Ricordare senza lasciarsi sopraffare
dal dolore, trasformando il lutto in speranza e
futuro: questo è il cuore della nuova
realizzazione, che prende forma in un’area di
circa duemila metri quadri. Un manto erboso
accoglie maestosi esemplari adulti di Ginkgo
Biloba, una pianta che sintetizza nella sua
linfa passato e futuro, un simbolo di resilienza
e longevità. Tra gli alberi è presente una rampa
a forma di spirale centrifuga, che accompagna il
visitatore in un percorso ascendente lungo 66
metri, avvolto da due balaustre in legno che si
innalzano fino a raggiungere un’altezza
complessiva dell’opera di oltre 5 metri: una
struttura leggera, architettonicamente semplice
e totalmente accessibile, posata su dei pilastri
a base circolare. Un percorso illuminato a led
che da un lato accompagna il visitatore verso la
sommità dell'installazione e dall'altro rende
visibile la stessa anche dall'alto, come un
segno distinguibile, tracciato nel tessuto
urbano della città, anche nell’oscurità. Al
termine della salita un cannocchiale dalle lenti
invertite offre una prospettiva insolita:
anziché avvicinare, allontana lo sguardo,
invitando a guardare oltre, verso l’orizzonte,
al di là del visibile, metafora di un percorso
di ascesi e di avvicinamento al cielo. Questo
viaggio è raccontato anche nello Juventus
Creator Lab Original "Verso Altrove", che verrà
presentato in anteprima durante l’inaugurazione
del memoriale e che sarà trasmesso in esclusiva
su Sky Arte dal 29 maggio alle 21.00 e in
streaming su NOW.
Il ricordo del club -
"La volontà di ricordare e di rendere omaggio
alle vittime non ha mai abbandonato il Club in
tutti questi anni: dall'inaugurazione nel 2005
della stele monumentale all'interno del cortile
della sede della società di corso Galileo
Ferraris alla presenza dell’Associazione
Familiari Vittime e di una rappresentanza del
Liverpool, ai momenti dedicati lungo il percorso
di visita dello Juventus Museum, senza
tralasciare il ricordo delle vittime durante la
cerimonia di inaugurazione dello Juventus
Stadium (oggi Allianz Stadium) l'8 settembre
2011. Ora, con Verso Altrove, una nuova
testimonianza dell'impegno del Club nel
custodire il ricordo, un inno alla vita e alla
capacità umana di trasformare la sofferenza in
un rinnovato senso di speranza".
ripulito il murale a Parco Dora
-
Intanto sempre a proposito di Juventus, nelle
settimane scorse è stato ripulito il murale di
Parco Dora con su scritto "Fino alla Fine",
particolarmente caro ai tifosi bianconeri.
L'Associazione Quelli di via Filadelfia, nel
febbraio scorso, aveva denunciato il fatto che
fosse stato imbrattato con scritte e insulti
rivolti in particolar modo alle vittime
dell'Heysel. "Da sempre abituati al confronto
tra uomini, restiamo basiti davanti alla viltà
di tali gesti. Lasciamo in pace i morti,
affrontate i vivi. +39", avevano scritto sui
loro profili social
Fonte:
Cronacaqui.it © 7 maggio 2025
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Verso Altrove:
la Juventus inaugura
un nuovo
memoriale per le vittime dell'Heysel
Il
29 maggio 1985 resta una delle date più dolorose
nella storia del calcio europeo. Quella sera,
allo stadio Heysel di Bruxelles, 39 persone
persero la vita prima della finale di Coppa dei
Campioni tra Juventus e Liverpool. A
quarant’anni da quel drammatico evento, la
Juventus rinnova il suo impegno nel custodirne
la memoria con l’inaugurazione dell’opera
commemorativa Verso Altrove, prevista per
giovedì 29 maggio 2025 alle ore 11.00, nell’area
della Continassa, cuore pulsante della
cittadella bianconera. La nuova
installazione, firmata dall’artista Luca Vitone,
sorge in Strada della Continassa, nei pressi
dell’Allianz Stadium e dello Juventus Training
Center. L’opera si inserisce nel percorso di
riflessione e memoria che la Juventus ha
costruito negli anni, proponendo uno spazio che
unisce dimensione personale e storia collettiva.
La curatela è stata affidata, fin dalle prime
fasi, al critico d’arte Luca Beatrice, scomparso
nel gennaio 2025, che ha fortemente voluto
questo progetto come forma di ricordo attivo,
capace di superare il passato con uno sguardo
rivolto al futuro.
Verso Altrove occupa un’area di circa 2.000
metri quadri. Un prato verde ospita maestosi
Ginkgo Biloba, simbolo universale di resilienza,
memoria e continuità tra passato e futuro. Al
centro del memoriale si snoda una rampa
elicoidale lunga 66 metri, completamente
accessibile, che si sviluppa verso l’alto
sostenuta da pilastri circolari, accompagnata da
balaustre in legno e illuminazione a LED. La
struttura, sobria e leggera, raggiunge
un’altezza di oltre 5 metri e diventa un segno
visibile anche dall’alto, come tracciato nel
paesaggio urbano.
In cima, il percorso si chiude con un
cannocchiale dalle lenti invertite, che
allontana lo sguardo invece di avvicinarlo: un
invito simbolico a guardare oltre, verso
l’ignoto, verso l’altrove. Un’immagine poetica
che suggerisce l’idea di un cammino interiore,
di elevazione e consapevolezza.
Il memoriale sarà anche protagonista dello
Juventus Creator Lab Original "Verso Altrove",
documentario prodotto dal Club che sarà
presentato durante l’inaugurazione e trasmesso
in esclusiva su Sky Arte la sera del 29 maggio
alle 21.00, con disponibilità anche su NOW in
streaming. Il ricordo delle vittime dell’Heysel
è un filo mai interrotto nella storia recente
della Juventus. A partire dalla stele
monumentale del 2005 nella sede di corso Galileo
Ferraris, passando per i tributi presenti allo
Juventus Museum e per la cerimonia di
apertura dello Juventus Stadium nel 2011, fino
all’impegno costante del Club nel dialogo con
l’Associazione Familiari Vittime e con
rappresentanti del Liverpool. Ora, con Verso
Altrove, nasce una nuova testimonianza viva e
permanente: non solo un luogo della memoria, ma
un inno alla vita, alla possibilità di
trasformare il dolore in consapevolezza, e il
lutto in speranza.
Fonte:
Mentelocale.it Torino © 7 Maggio 2025
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2 SITI UNA
MEMORIA SOLTANTO
Sinergia fra i 2 siti
Associazionefamiliarivittimeheysel.it e
Saladellamemoriaheysel.it che a partire dalla
data odierna saranno gemellati, complementari
l’uno all’altro nella pubblicazione dei propri
contenuti editoriali.
Domenico
Laudadio, socio benemerito e webmaster del sito
ufficiale dell’Associazione fra i Familiari
delle Vittime dell’Heysel dal 2015, nonché
l’ideatore del Museo Virtuale Multimediale
Saladellamemoriaheysel.it in rete già dal 2008,
è lieto di annunciare che i 2 domini web da lui
curati saranno parte di un unico progetto
divulgativo della memoria riguardo alle verità
storico-processuali della strage dello Stadio
Heysel di Bruxelles. Oltre ad una evidente
similitudine grafica i due siti proporranno ai
visitatori alcuni collegamenti fra le loro
pagine realizzando un interscambio proficuo e
continuativo dei propri contenuti editoriali. Si
conferma la ferma rinuncia all’accoglienza e
pubblicazione all’interno di esse di
qualsivoglia riferimento o banner pubblicitario.
Si ribadisce, inoltre, ancora una volta che
l’uso dei contenuti multimediali di repertorio
ivi presenti, ricercati e prelevati da fonti sul
web (sempre dichiarate) non persegue alcuno
scopo di lucro ma si ispira al diritto di
cronaca, date le sue uniche finalità etiche e
didattico-culturali (in fede alla legge italiana
sul diritto d’autore 633/1941 al comma 1 bis
all’articolo 70 che cita: "la libera
pubblicazione attraverso la rete internet, a
titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa
risoluzione o degradate, per uso didattico o
scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo
non sia a scopo di lucro". Vedi, inoltre,
Direttiva Europarlamento 26.03.2019). Pertanto,
si dichiara che eventuali contenuti multimediali
attinti a fonti non chiaramente risalenti
all’originario copyright nel caso di eventuali
contestazioni da parte degli autori aventi
diritto, in qualunque momento saranno
prontamente rimossi e mai più riutilizzati. Per
qualunque comunicazione, a questo riguardo,
potete contattare il nostro webmaster,
inviandogli una mail a
postmaster@associazionefamiliarivittimeheysel.it
Fonte:
Associazionefamiliarivittimeheysel.it © 11
maggio 2025
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Tragedie allo
stadio, 40 anni dopo che si fa ?
di Mauro Berruto
Sabato
11 maggio 1985, durante la partita Bradford
City–Lincoln City al Valley Parade, nel West
Yorkshire britannico, un incendio in tribuna
causò 56 morti e 256 feriti. La squadra di casa
festeggiava la promozione in Seconda Divisione
davanti a 11.076 spettatori, quasi il doppio
della media stagionale. Verso la fine del primo
tempo, si sviluppò un incendio nel settore G
della tribuna principale, causato da una
sigaretta che incendiò un cumulo di rifiuti
accatastati sotto la tribuna, tutta in legno,
costruita nel 1911. Le fiamme si propagarono in
quattro minuti, favorite dal vento e dalla
copertura dello stadio in cartone catramato. Gli
spettatori cercarono di fuggire verso il campo o
verso le uscite superiori, molte delle quali
però erano chiuse o bloccate. Il fumo nero
rendeva impossibile vedere e respirare, la
struttura che crollava e il panico trasformarono
quella fuga in un massacro. L’arbitro Norman
Glover sospese la partita, ma la situazione non
migliorò, nel campo mancavano addirittura gli
estintori, eliminati a causa del timore di
vandalismi. I giocatori, l’allenatore del
Bradford City Terry Yorath (i cui familiari
erano nel settore colpito dall’incendio) e
alcuni tifosi tentarono di aiutare nei soccorsi
i vigili del fuoco che arrivarono in pochissimo
tempo, ma trovarono la tribuna già distrutta. Le
tragiche conseguenze si trassero all’alba: tra
le 56 vittime (54 tifosi del Bradford, 2 del
Lincoln) c’erano anche l’ex presidente del club
di casa, Sam Firth, e 11 minorenni. Si scoprì
anche che Il club era a conoscenza dei rifiuti
sotto la tribuna, la cui rimozione era prevista
due giorni dopo la partita. La tragedia scosse
profondamente l’opinione pubblica inglese, la
regina Elisabetta II, la Premier Margaret
Thatcher e Papa Giovanni Paolo II. Tuttavia,
mercoledì 29 maggio, soltanto 18 giorni dopo,
l’orrore andò di nuovo in scena su un campo di
calcio, questa volta in Belgio: era la maledetta
sera dell’Heysel, altre 39 vittime della
violenza, di uno stadio inadeguato, dell’assurda
approssimazione nell’organizzazione di un evento
come una finale di Coppa dei Campioni. Sono
passati esattamente 40 anni, il calcio inglese
ha saputo cambiare radicalmente paradigma e ha
fatto proprio dell’eccellenza degli stadi e
della loro sicurezza un elemento caratteristico,
risolvendo anche (almeno in casa) il problema
degli hooligans, perché - come noto - la
bellezza di un luogo incide anche sul
comportamento di chi, quel luogo, lo frequenta.
In Italia, quaranta anni dopo, ci siamo sentiti
rimproverare dai Presidenti di Fifa, Gianni
Infantino, e Uefa, Aleksander Ceferin, di "non
avere stadi al livello di altri Paesi, non solo
europei". In effetti gli stadi italiani, al
netto di pochissime e lodevoli eccezioni, sono
eredità di due momenti storici: il ventennio
fascista e Italia ‘90. Circa la metà dei 120
stadi ancora oggi utilizzati (con capienza
superiore ai 5.000 spettatori) sono stati
inaugurati prima del 1946. E quelli "moderni",
ovvero costruiti o ristrutturati per i Mondiali
di Italia ‘90, sono stati pensati negli anni
’80, proprio prima di quelle tragedie, e per un
calcio che aveva esigenze completamente diverse
e che non ha più nulla a che fare con quello di
oggi. Le conclusioni? Le lascio a voi, ma la
miopia di chi guida il calcio italiano, dei
proprietari dei club e della politica, su questo
tema, a maggior ragione in occasione di questi
tragici anniversari, è stata ed è imbarazzante.
Fonte:
Avvenire.it
© 14 maggio 2025
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Superga e
Heysel spiegate ai bambini: il progetto che
unisce Toro e Juve
di Enrico Civetti
Gli alunni delle scuole primarie
riflettono su tragedie sportive e valori civici
attraverso l’arte.
Oggi,
presso la sala biblioteca della Circoscrizione 7
in corso Vercelli 15, si è svolta la cerimonia
conclusiva della quarta edizione del progetto
BianconeroGranata, un’iniziativa che va oltre il
calcio, ponendo l’attenzione su memoria,
emozioni e resilienza. Ideato da Safatletica con
il sostegno della Circoscrizione 7, il progetto
ha coinvolto le classi della scuola primaria di
Torino, portando i bambini a scoprire la storia
delle due grandi squadre cittadine -Torino Fc e
Juventus Fc - attraverso il racconto di due
eventi tragici: la tragedia di Superga del 1949
e la strage dell’Heysel del 1985. L’obiettivo di
BianconeroGranata è trasformare il calcio in uno
strumento di educazione civica, sensibilizzando
i più piccoli su temi come memoria collettiva,
solidarietà e rispetto. Durante il progetto, gli
studenti hanno partecipato a incontri in classe
che li hanno stimolati a riflettere su eventi
storici e valori condivisi, incoraggiandoli a
tradurre le loro emozioni in disegni. Il
risultato è stato raccolto in un volume
rilegato, consegnato a ogni alunno come
testimonianza del loro percorso. Alla cerimonia
di premiazione hanno partecipato studenti,
docenti e dirigenti scolastici, oltre a
esponenti del mondo sportivo e istituzionale.
Fonte:
Torinocronaca.it © 14 maggio 2025
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Superga e
Heysel spiegate ai bambini: il progetto che
unisce Toro e Juve
Gli alunni
delle scuole primarie riflettono su tragedie
sportive e valori civici attraverso l’arte.
Si
è tenuta oggi, presso la sala biblioteca della
Circoscrizione 7 in corso Vercelli 15, la
cerimonia conclusiva della quarta edizione del
progetto BianconeroGranata, un’iniziativa
educativa che parla di calcio, ma soprattutto di
memoria, emozioni e resilienza. Il progetto,
curato da Safatletica con il sostegno della
Circoscrizione 7, coinvolge le classi della
scuola primaria del territorio torinese e
intende raccontare ai più piccoli la storia
delle due grandi squadre cittadine - il Torino
Fc e la Juventus Fc - partendo da due eventi
tragici che le accomunano: la tragedia di
Superga del 1949 e la strage dell’Heysel del
1985. Dalla storia al disegno - L’obiettivo di
BianconeroGranata è fare molto più che
raccontare una cronaca sportiva: è avvicinare i
bambini a valori fondamentali come la memoria
collettiva, la solidarietà e il rispetto,
partendo dallo sport come metafora di vita.
Attraverso incontri in classe in orario
curricolare, i giovani studenti vengono
stimolati a riflettere su temi profondi, in un
percorso che si trasforma in una lezione di
educazione civica. Alla fine del progetto, ogni
partecipante traduce le proprie emozioni in un
disegno, e l’intera raccolta viene rilegata in
un volume che viene donato a tutti gli alunni.
Alla cerimonia di premiazione parteciperanno gli
studenti e le studentesse delle classi
coinvolte, i loro docenti e dirigenti
scolastici, insieme ad esponenti del mondo
sportivo e istituzionale. Un momento di festa,
ma anche di riconoscimento per un percorso
educativo che unisce passato, sport e valori.
Fonte:
Torinoggi.it
© 14 maggio 2025
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Juventus,
striscione commemorativo della
Curva
Sud: "Onore ai caduti dell’Heysel"
di Giacomo
Iacobellis
"Onore
ai caduti dell’Heysel". La Curva Sud della
Juventus, attualmente impegnata in casa contro
l'Udinese per il 37° turno di Serie A, ha appena
dedicato un omaggio alle vittime della
sciagurata tragedia avvenuta mercoledì 29 maggio
1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, poco prima
dell'inizio della finale di Coppa dei Campioni
tra bianconeri e Liverpool. Il 2025, del resto,
è proprio l'anno del quarantesimo anniversario
della strage dell'Heysel. 0-0, intanto, il
risultato parziale del match a ridosso del
finale della prima frazione di gioco.
Fonte:
Tuttomercatoweb.com © 18 maggio 2025
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Striscione
Curva Sud: "Onore ai caduti dell’Heysel"
di Alessandro
Zottolo
La
Curva Sud, nel corso del primo tempo tra
Juventus e Udinese - valido per il 37° turno di
campionato e che attualmente è sul parziale di
0-0 - ha esposto uno striscione con le seguenti
parole: "tanti anni ormai senza gloria troppi
per noi che siamo la storia da sempre per
sempre, riconquistiamo tutto. Onore ai caduti
dell’Heysel".
Fonte:
Tuttojuve.com ©
18 maggio 2025
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Tacconi
ricorda il dramma dell’Heysel: "40 anni da quel
giorno maledetto
Sappiamo
benissimo che sarebbe stato meglio non giocarla
ma…"
Tacconi
ricorda il dramma dell’Heysel: tutte le
dichiarazioni dell’ex portiere della Juve anche
sulle sue condizioni.
L’ex
portiere della Juve Stefano Tacconi durante la
presentazione del suo libro "L’arte di parare"
ha affrontato molti temi ricordando anche la
strage dell’Heysel. Le parole riprese da TMW:
"Sono stato preso per i capelli per
restare in vita. Ho vissuto un periodo
abbastanza delicato, così come lo è stato per la
mia famiglia. Mia moglie si sentiva dire che
potevo morire ogni giorno. La mia miglior cura è
stata la famiglia, dopo due anni di ospedali,
non vedevo l’ora di tornare a casa. Mio figlio
era con me la mattina in cui è successo, mi sono
svegliato con il mal di testa. Era un
avvertimento importante su quello che poteva
capitarmi. Sono finito in coma, mio figlio mi ha
salvato tirandomi fuori la lingua dalla bocca
con il primo soccorso. Poi mi hanno portato in
ospedale, ma non c’era nessuno che poteva
curarmi alla testa, poi mi hanno trasferito da
un professore che mi ha salvato la vita".
SULL’HEYSEL
- "Sono passati 40 anni da quel
giorno maledetto. Una pagina brutta per il
calcio italiano e mondiale. Da quel giorno non
capiscono ancora oggi cosa sia successo, perché
vedo ancora incidenti particolari. Finché
l’ignoranza è più forte dell’intelligenza non ne
veniamo fuori. Sappiamo benissimo che non
giocarla era meglio, ma dopo averla giocata
penso che abbiamo salvato tantissime altre
persone, perché si sentiva già che la curva
della Juventus volesse andare sotto a quella
avversaria per vendicarsi. Io, Scirea, Cabrini e
Platini siamo riusciti a contenerli. Siamo stati
criticati quando siamo usciti con la coppa, ma
le forze armate presenti ci hanno detto che
grazie a quello stavano facendo uscire piano
piano tutti".
I PIÙ FORTI
CON CUI HAI GIOCATO - "Ho avuto
la fortuna di giocare negli anni 80′ quando
c’erano tutti i più forti. C’era Maradona,
Platini è già tanto che abbia giocato con me.
Poi Matthaus, Socrates, Zico. Fa paura solo fare
qualche nome. Ma credo che anche loro avessero
un po’ paura di me".
Fonte:
Juventusnews24.com © 20 maggio 2025
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Clamorosa
verità sull’Heysel: negli spogliatoi c’è
stato un
ricatto "Costretti a giocare dalla UEFA"
Tragedia
dell’Heysel, una nuova verità sciocca tutti:
costretti a giocare quella partita dalla Uefa.
Il giornalista ha rivelato tutto.
Il
29 Maggio del 1985 è purtroppo una di quelle
date che resterà per sempre nella memoria dei
tifosi juventini. Quello infatti è il giorno
della tragedia dell’Heysel, quando, poco prima
dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni
tra Juventus e Liverpool, 39 persone morirono a
causa del crollo improvviso della curva. Una
tragedia che divenne fin da subito grottesca per
il fatto che la partita non venne annullata, e i
calciatori furono costretti ad andare in campo
nonostante avessero appena saputo cosa fosse
successo. La partita come sappiamo, fu alla fine
vinta dai bianconeri che si ritrovarono così ad
essere Campioni d’Europa, senza però poter in
alcun modo trovare la voglia di festeggiare.
Anzi, a distanza di anni, sia Platini che
Tardelli si scusarono pubblicamente per il fatto
di aver esultato a fine partita nonostante la
tragedia. Accade in realtà lo stesso a Torino,
dove il sindaco Giorgio Cardetti dovette fermare
alcune piccole frange dei tifosi che
festeggiavano la vittoria della coppa, mentre
un’intera città era in lutto. Il processo
stabilì la responsabilità dei tifosi del
Liverpool - Il processo che si tenne stabilì in
seguito che la colpa di quanto accaduto era
imputabile ai tifosi del Liverpool, colpevoli di
aver creato quella calca da cui poi finirono
schiacciare le numerose vittime. E di quella
tragedia, si è di nuovo tornati a parlare in
questi giorni per via della pubblicazione del
nuovo libro del giornalista Emilio Targia,
intitolato "Quella notta all’Heysel".
Heysel,
arriva il clamoroso retroscena -
E durante l’incontro di presentazione a Torino,
il giornalista ha svelato un retroscena che ha
sconvolto tutti i tifosi. Sembra infatti che sia
stata la UEFA a costringere la Juventus a
scendere in campo nonostante quanto era
accaduto, minacciandoli il club che in caso
contrario, avrebbero perso la partita a
tavolino. Una situazione surreale, che portò
Boniperti a mentire ai suoi calciatori,
rivelandogli che era morto un solo tifoso,
quando in realtà il numero delle vittime era già
in quel momento molto più alto. Una versione
confermata dall’ex bianconero Sergio Brio, che
ha introdotto l’evento di Targia: "Si riunisce
la commissione Uefa, Boniperti sapeva tutto e
disse che non avrebbe giocato quella partita. La
commissione disse: "se non giocate perderete a
tavolino e tutti i morti saranno a vostro
carico". Boniperti fu costretto ad accettare di
giocare, venne negli spogliatoi e disse: "È
morto un nostro tifoso, dovete giocare per lui".
Carmelo G.
Fonte:
Jmania.it
© 21 maggio 2025
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Heysel,
Stefano Tacconi: "La mia migliore partita in una
serata tragica"
"Ecco com’è andata. La Juve non voleva
giocare, ci obbligarono. Mi manca tanto Scirea".
Stefano Tacconi difendeva la porta della
Juventus nella tragica serata dell’Heysel del 29
maggio 1985. A quasi 40 anni di distanza ne
ricorda i momenti e le angoscianti sensazioni in
un’intervista a La Gazzetta dello Sport.
PENSIERI
- "Penso spesso all’Heysel,
soprattutto di notte quando fatico a prendere
sonno. E ricordo ancora tutto, come fosse ieri.
Invece la prossima settimana saranno già 40 anni
da quella triste serata. Non si può morire per
una partita di calcio. È una sofferenza che
tutti noi ci portiamo dietro da 40 anni e non ci
abbandonerà mai".
I FATTI -
"A un certo punto arrivarono nello spogliatoio
diversi tifosi: erano feriti e insanguinati. Il
nostro medico prestò soccorso a tutti. Noi
giocatori eravamo già sotto la doccia,
spaventati e tristi, pensando di non giocare. In
quel momento sapevamo di una persona finita
schiacciata nella calca, mentre dei 39 morti ci
hanno detto soltanto dopo la partita, intorno a
mezzanotte. In ogni caso nessuno pensava più al
calcio e alla finale di Coppa Campioni. Ma poi
ci raggiunse un generale delle forze dell’ordine
belga, che di fatto ci obbligò a scendere in
campo per questioni di ordine pubblico. Così ci
ricambiammo e uscimmo sul prato in un clima
surreale. Trapattoni era traumatizzato
dall’accaduto, come il figlio di Agnelli e tutti
noi".
VITTORIA PER
1-0 PER IL GOL DI PLATINI - "E
anche alle mie parate. Penso sia stata la
miglior prestazione della carriera, ma non se ne
può parlare perché la serata purtroppo è stata
drammatica".
I FAMILIARI
DELLE VITTIME - "Sono
particolarmente legato alla famiglia di Franco
Martelli. Sono umbri come me, ho incontrato e
abbracciato i parenti poco dopo la tragedia.
Franco era di Todi ed era iscritto al mio club".
ERA LA JUVE
PIU’ FORTE DI SEMPRE -
"Difficile dirlo. Sicuramente era la più
arrabbiata e affamata, anche perché diversi
giocatori erano reduci dalla delusione della
finale di Coppa Campioni persa nel 1983 contro
l’Amburgo di Magath. Avevamo uno squadrone:
Platini, Tardelli, Scirea… Sogno spesso anche
Gaetano e mi manca tantissimo. Eravamo due
persone completamente diverse, ma avevamo un
buonissimo rapporto. Scirea ha preso soltanto
una multa negli anni alla Juventus e sapete
perché ? Perché la colpa non era di Gaetano, ma
mia".
Fonte:
Calcionews24.com © 22 Maggio 2025
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Il dramma e la
memoria. A 40 anni dalla
strage, la TGR
ricorda le 39 vittime dell'Heysel
Lo speciale
TGR-il Settimanale "Heysel, finale maledetta",
realizzato dalla redazione del Piemonte, andrà
in onda sabato 24 maggio alle 12,25 su Rai3.
Il
1985. È il 29 maggio. Il sogno della Juventus di
alzare al cielo di Bruxelles la sua prima Coppa
dei campioni si trasforma nel peggiore degli
incubi. Prima dell'inizio del match, gli
hooligans assaltano il settore Z. Muoiono 39
tifosi: uomini, donne, bambini. Testimonianze di
ieri e di oggi si intrecciano in Heysel - Finale
maledetta, lo speciale TGR Il Settimanale
realizzato con il Centro di produzione Rai Piero
Angela di Torino, in onda sabato 24 maggio alle
12.25 su Rai3. Di Jacopo Ricca e Gabriele Russo,
a cura di Francesco Marino, editing e montaggio
Flavia La Gona.
Il racconto
della strage - L'arrivo in
Belgio, l'incontro con gli hooligans e i primi
timori, l'assalto britannico al settore Z, il
crollo, la strage, l'ipotesi di rinvio del
match. Poi, il fischio d'inizio, il controverso
rigore decisivo, la vittoria dei bianconeri di
Platini, i festeggiamenti. E ancora le
polemiche, le sentenze, il ricordo. Fino alle
conseguenze di quella maledetta domenica sera
del 1985 che ha segnato la storia del calcio ma
che non bastò per estirpare la violenza negli
stadi.
I protagonisti -
Con Nereo Ferlat, sopravvissuto del Settore Z;
Beppe Franzo, ultrà della Juventus presente allo
stadio; Fabrizio Landini, nipote di una delle 39
vittime; Evelina Christillin, che accompagnò
Gianni Agnelli a Bruxelles come ufficio stampa
Fiat; Carlo Nesti, che curò la radiocronaca per
RaiRadioUno con Enrico Ameri.
Fonte:
Rainews.it
© 22 maggio 2025
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RICORDO
40 anni fa la
tragedia dell'Heysel: morti, colpe,
processi, cosa
resta di quella notte di sangue
di Sebastiano Vernazza
29 maggio
1985, Finale di Coppa dei Campioni
Juve-Liverpool a Bruxelles, gli ultras inglesi
sfondarono nel settore Z a caccia di italiani:
ne seguì una calca infernale da 39 morti e 600
feriti. La partita si giocò, poi...
Travolte,
schiacciate, soffocate. Così morirono allo
stadio Heysel 39 persone quarant’anni fa, il 29
maggio 1985 a Bruxelles, in Belgio. Erano lì per
Juve-Liverpool finale della Coppa dei Campioni
1985 e non ritornarono più a casa. Trentadue
italiani, quattro belgi, due francesi e un
nordirlandese. Oltre 600 i feriti, molti dei
quali con traumi fisici e psicologici
permanenti. Una catastrofe umanitaria.
I fatti -
La partita era programmata per le 20.15. Accadde
tutto un’ora prima circa, intorno alle 19.20.
Dalla curva loro assegnata, gli ultras del
Liverpool sfondarono il settore Z, che era
adiacente e che avrebbe dovuto essere riservato
a spettatori neutrali. In realtà era pieno di
italiani, molti dei quali avevano rilevato e
comprato i biglietti da chi li aveva presi ai
botteghini oppure si erano rivolti ai bagarini,
altri li avevano acquistati in modo lecito. La
curva inglese e il settore Z erano divisi da una
recinzione ridicola, una specie di rete da
pollaio, e lo sbarramento venne giù in fretta.
Gli inglesi invasero lo Z, a caccia di juventini
da picchiare, e innescarono una calca, un
fuggi-fuggi mortale. Un muro cedette per la
pressione, tanti precipitarono o si lanciarono
nel vuoto sottostante. Altri caddero per terra
senza più rialzarsi, perché schiacciati dalla
folla nel panico. In un primo momento non
vennero aperti i cancelli lungo le recinzioni a
bordo campo, per permettere alla gente di
defluire e disperdersi sul prato. In prima
battuta non intervenne neppure la polizia:
c’erano pochi agenti, impossibilitati a
intervenire. Quando arrivarono i rinforzi, la
polizia caricò tutti, senza distinzioni.
Il gesto
eroico - Tra gli italiani del
settore Z c’era Roberto Lorentini, 31 anni, un
medico di Arezzo. Lorentini riuscì a mettersi al
sicuro, assieme al padre, Otello, però dalla sua
postazione vide un bambino esanime e corse da
lui per rianimarlo con un massaggio cardiaco.
Un’ondata di gente nel panico travolse e uccise
tutti e due, Lorentini e Andrea Casula, 11 anni
di Cagliari, la vittima più giovane. Lorentini
venne decorato in memoria con la medaglia
d’argento al valor civile. La partita - Si giocò
lo stesso, per ragioni di ordine pubblico.
Sarebbe stato complicato gestire il deflusso
immediato di migliaia di tifosi, si disse.
Meglio far giocare la gara, stemperare le
tensioni. La Juve vinse per 1-0, con gol di
Platini su rigore. Un penalty generoso, il fallo
su Boniek avvenne fuori area. Sul campo, i
giocatori della Juve festeggiarono il successo.
Anni dopo, quasi tutti se ne sono vergognati, ma
a loro parziale giustificazione va precisato che
le proporzioni del disastro, prima del calcio
d’inizio, non erano chiare e le notizie
risultavano frammentate. Ad alcuni giocatori era
stato comunicato che risultava soltanto un
morto. In varie interviste, Marco Tardelli con
onestà ha detto: "Non riconosco quella coppa,
non l’ho vinta. Ci obbligarono a giocare, noi
però non dovevamo festeggiare e chiedo scusa per
questo".
Le cause -
Lo stadio Re Baldovino, il vecchio Heysel,
inaugurato nel 1930, era un impianto deteriorato
e non più in linea con gli standard di sicurezza
per una finale di Coppa dei Campioni. I tifosi
del Liverpool erano ubriachi ed erano armati.
Una somma di inefficienze e di sottovalutazioni
causò la tragedia. Riportiamo qui la
testimonianza di Danilo Bartolozzi, pubblicata
in "Heysel. Le verità di una strage annunciata",
un libro di Francesco Caremani: "Quelli del
Liverpool avevano pistole, forbici, coltelli,
spranghe. Hanno ammazzato un ragazzo con un
lanciarazzi, ho visto tutto con i miei occhi. E
hanno potuto portare tutto dentro perché nessuno
è stato perquisito all’ingresso. Erano anche
ubriachi, quasi tutti. Non ho mai visto buttar
giù lattine di birra, una dietro l’altra, in
quel modo".
Le condanne
- Alla fine di un lungo cammino
processuale, restano queste condanne definitive
della giustizia belga: quattro anni e 60mila
franchi di sanzione pecuniaria per 9 hooligans e
5 anni di carcere per altri tre. Condannati
anche il segretario della federcalcio belga
dell’epoca, per aver permesso che nel settore Z
ci fossero tifosi italiani, e un responsabile
delle forze di polizia. È sbagliato sostenere
che, in forza di quanto accaduto all’Heysel,
l’allora primo ministro britannico Margaret
Thatcher abbia usato il pugno duro contro la
violenza negli stadi inglesi. La Thatcher
intervenne con una legge mirata non nel 1985, ma
dopo la strage di Hillsborough nel 1989, i 96
morti per Liverpool-Nottingham di FA Cup. In
quarant’anni la memoria delle 39 vittime
dell’Heysel è stata spesso vilipesa, brandita
come arma per offendere la tifoseria della Juve,
uso intollerabile di una tragedia che ha colpito
a morte il calcio e la civiltà.
Fonte:
Gazzetta.it
© 22 maggio 2025
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"Heysel -
Finale maledetta"
Uno Speciale Settimanale della Tgr
A
40 anni dalla strage dell'Heysel di Bruxelles,
la redazione del Piemonte, propone - per il
Settimanale della Tgr - lo Speciale "Heysel -
Finale maledetta", in onda sabato 24 maggio alle
12.25 su Rai 3 e disponibile su RaiPlay e sul
sito tgr.rai.it/piemonte. Il documentario
firmato da Jacopo Ricca e Gabriele Russo, a cura
di Francesco Marino, racconta con voci e
testimonianze di ieri e di oggi le drammatiche
ore che hanno preceduto la finale di Coppa dei
campioni del 29 maggio del 1985 tra Juventus e
Liverpool, dove trovarono la morte 39 tifosi,
per lo più bianconeri. L'arrivo in Belgio,
l'incontro con gli hooligans e i primi timori,
l'assalto britannico al settore Z, il crollo, la
strage, l'ipotesi di rinvio del match. Poi il
fischio d'inizio, il controverso rigore
decisivo, la vittoria dei bianconeri di Platini,
i festeggiamenti. E ancora, le polemiche, le
sentenze, la memoria. Fino alle conseguenze di
quella maledetta domenica sera del 1985 che ha
segnato la storia del calcio, ma che non bastò
per estirpare la violenza negli stadi. Tra le
testimonianze, quelle di Nereo Ferlat,
sopravvissuto del Settore Z; Beppe Franzo, ultrà
della Juventus presente allo stadio; Fabrizio
Landini, nipote di una delle 39 vittime; Evelina
Christillin, che accompagnò Gianni Agnelli a
Bruxelles come ufficio stampa Fiat; Carlo Nesti,
che curò la radiocronaca per RaiRadioUno con
Enrico Ameri. E non mancano la voce di Bruno
Pizzul - che raccontò in diretta all’Italia un
dramma mai dimenticato e che definì "uno dei
ricordi più angosciosi della carriera" - e le
immagini recuperate dalle Teche Rai girate dal
telecineoperatore Gianfranco Isoardi, che lasciò
la tribuna per mostrare da vicino il drammatico
prologo della partita. Il documentario è stato
realizzato con il Centro di Produzione Rai
"Piero Angela" di Torino e con il montaggio di
Flavia La Gona.
Fonte:
Rai.it © 25
maggio 2025
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Zibi Boniek: "Quando
ripenso alla sera
dell'Heysel, il cuore mi si
spezza"
di Massimiliano Vitelli
Il 29 maggio saranno
quarant’anni dalla tragedia dell’Heysel. Per
commemorare le 39 vittime la Juventus inaugurerà
un’opera a pochi metri dall’Allianz Stadium:
Verso altrove è stato progettato da Luca Vitone.
Chi era in campo allora non può dimenticare.
Il 29 maggio del 1985, lo
stadio Heysel di Bruxelles fu teatro di una
delle più grandi tragedie del calcio. Prima
della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus
e Liverpool, l’Heysel iniziò a riempirsi,
troppo. E la calca dei tifosi, complice il
cedimento strutturale di una parte delle
tribune, causò 39 morti.
In campo, vinse la Juventus
1-0 con un calcio di rigore realizzato da Michel
Platini dopo un fallo subito da Zbignew Boniek.
L’ex-attaccante polacco ricorda con noi quella
maledetta sera. "Quando ripenso a quella
sera il cuore mi si spezza. Doveva essere una
festa del calcio, divenne un inferno. Sapere che
ci sono state persone che non sono più tornate a
casa è tristissimo. Nello sport si vince e si
perde, poi si riparte. Invece il 29 maggio del
1985 abbiamo perso tutti.
Il pensiero di ciò che è
accaduto mi accompagnerà per tutta la vita. Noi
giocatori sapevamo che era successo qualcosa
sugli spalti, mentre eravamo negli spogliatoi
giravano voci di possibili vittime, ma era tutto
molto confuso. A quei tempi non c’erano i
mezzi d’informazione di oggi. Niente cellulari,
social, internet. Sono sincero quando dico che
non ci rendemmo conto della portata della
tragedia. Oggi non si sarebbe giocato.
Molti di noi non volevano
scendere in campo. Tra questi ricordo bene
Gaetano Scirea. Era sconvolto e, da capitano,
provò a parlare con l’arbitro e gli
organizzatori. Alla fine ci dissero che era
meglio giocare per mantenere almeno un po’ di
ordine pubblico, lo facemmo. Una volta iniziata la
partita, ognuno la interpretò con la propria
sensibilità, Sono certo che diversi giocatori
non resero al meglio perché avevano la testa
alla tragedia.
Con i calciatori del
Liverpool non parlammo. Quando, spinti dall’Uefa,
entrammo in campo, li trovammo già lì. Alla fine
vincemmo con un rigore realizzato da Michel
(NdR: Platini)
per un fallo commesso su di me.
L’intervento era avvenuto fuori area, ma
l’arbitro era lontano sessanta metri e nemmeno
io mi accorsi che sarebbe stato giusto fischiare
la punizione e non il penalty. Per quella vittoria
ricevemmo un premio di 100 milioni di lire a
testa. Io non li volli, li diedi tutti ai
parenti delle vittime, ai quali penso ancora
ogni volta che sento parlare di quella tragica
notte".
Fonte: Vanityfair.it
© 26 maggio 2025
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Arezzo ricorda la strage
dell’Heysel a 40 anni dalla tragedia: due
giorni di incontri per
promuovere la cultura del rispetto nello sport
L'iniziativa promossa dalla
sezione provinciale dell'AIA con il patrocinio
del Comune di Arezzo.
In occasione del
quarantesimo anniversario della tragedia
dell’Heysel, la sezione AIA (Associazione
Italiana Arbitri) di Arezzo, con il patrocinio
del Comune, promuove un’importante iniziativa
che unisce memoria, riflessione e responsabilità
educativa. Due giornate, il 28 e il 29 maggio,
dedicate non solo al ricordo delle 39 vittime di
quella drammatica sera del 1985 – tra cui gli
aretini Roberto Lorentini e Giusy Conti – ma
anche alla trasmissione di valori fondamentali
ai giovani: il rispetto, la cultura sportiva e
la responsabilità del tifo. Mercoledì 28 maggio, alle
ore 11:30, presso l’aula magna del Liceo
Scientifico-Linguistico "Francesco Redi", si
terrà l’incontro "Heysel 40 anni dopo. Memoria,
sport e responsabilità", promosso da AIA e
curato da Zenzero OFF. All’incontro
parteciperanno Andrea Lorentini, presidente
dell’Associazione Familiari Vittime dell’Heysel,
Francesco Caremani, giornalista e autore di
numerose pubblicazioni sull’argomento, e Luca
Serafini, autore del libro La ragazza dai
pantaloni verdi, dedicato alla giovane Giusy
Conti. Un momento intenso rivolto agli studenti,
per ripercorrere la storia e riflettere
sull’importanza dell’etica sportiva e del
ricordo consapevole.
Giovedì 29 maggio sarà la
giornata della memoria condivisa, con tre
momenti significativi nell’ambito
dell’iniziativa "1985–2025. Arezzo nel ricordo
dell’Heysel. La memoria oltre il tempo",
organizzata da AIA in collaborazione con FIGC,
CONI, UNVS, Panathlon e Associazione Familiari
Vittime dell’Heysel. Alle ore 17:00, presso il
campo sportivo "Giusy Conti" di Rigutino, sarà
deposto un mazzo di fiori in sua memoria. A
seguire, alle 17:30, il campo sportivo "Roberto
Lorentini" ospiterà l’inaugurazione di un
bassorilievo dedicato al medico aretino, simbolo
di altruismo e coraggio. Concluderà la giornata,
alle 18:00 presso la sede AIA di via Gramsci,
una tavola rotonda dal titolo "L’Heysel 40 anni
dopo", in cui istituzioni e rappresentanti
sportivi dialogheranno con i ragazzi delle
squadre giovanili del territorio.
"La violenza è l’antitesi
dello sport. Ricordare l’Heysel non è solo un
dovere verso le vittime e le loro famiglie, ma
anche un’occasione preziosa per educare le nuove
generazioni al valore dello sport come luogo di
incontro, rispetto e responsabilità. Il Comune
di Arezzo è orgoglioso di sostenere questa
iniziativa che unisce memoria e formazione
civile", ha dichiarato l’assessore allo sport
Federico Scapecchi.
"Con questa iniziativa, la
sezione AIA di Arezzo si fa promotrice di un
messaggio forte e attuale: ricordare significa
educare, e lo sport, quando vissuto con rispetto
e consapevolezza, può diventare uno strumento
potente di crescita civile e umana", ha
commentato il presidente AIA Sandro Sarri.
"E’ importante mantenere
viva la memoria di un fatto che per molti
ragazzi è sconosciuto, e momenti come questo, a
cui il CONI partecipa attivamente, rappresentano
un’occasione importante per offrire loro uno
spunto di riflessione. E, insieme alla memoria,
è essenziale promuovere la formazione ad una
cultura dello sport della quale rendere sempre
più consapevoli i nostri giovani", ha detto il
delegato provinciale CONI Alberto Melis.
"La cultura dello sport è
la missione principale del Panathlon, che da
tempo ormai è entrato nelle scuole con i propri
progetti tutti mirati a divulgare e trasmettere
i valori che la pratica delle diverse discipline
porta con sé. Lo sport è competizione sana e
formativa, e questo è quello che i nostri
ragazzi devono fare proprio", ha affermato il
presidente del Panathlon Mario Fruganti. "Ringrazio sinceramente,
sia come presidente dell’associazione Familiari
Vittime dell’Heysel sia come familiare di
Roberto Lorentini, per l’organizzazione di
questo momento di riflessione e memoria. Arezzo
è stata purtroppo la città che ha pagato il
prezzo più alto in termini di vittime, ma anche
la città dalla quale è partita la battaglia per
ottenere giustizia. In questo quarantesimo il
pensiero va a Otello Lorentini figura
assolutamente fondamentale per quanto accaduto
dopo: l’esperienza dell’associazione parte
proprio da questo grande atto di coraggio nel
voler intraprendere la battaglia processuale per
ottenere giustizia insieme ad un grande grosso
impegno civico contro la violenza nello sport",
ha commentato Andrea Lorentini, presidente
dell'associazione Familiari Vittime dell'Heysel.
Fonte:
Comune.arezzo.it © 26 maggio 2025
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L'anniversario
Quarant'anni fa la tragedia dell'Heysel,
una ferita ancora aperta
Il 29 maggio
del 1985, lo stadio di Bruxelles fu teatro di
una delle più grandi tragedie del calcio. Prima
della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus
e Liverpool, la calca dei tifosi causò il
cedimento di una parte delle tribune: 39
vittime.
Una
festa finita in tragedia, una serata
indimenticabile. Il 29 maggio 1985 era in
programma a Bruxelles, allo stadio Heysel, la
finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e
Liverpool. I bianconeri, due anni dopo la beffa
con l'Amburgo, sognavano di mettere finalmente
le mani sull'unico trofeo che mancava ancora
all'appello sfidando i Reds campioni in carica e
che 12 mesi prima avevano sconfitto la Roma ai
rigori all'Olimpico. Poco prima dell'inizio
della partita, gli hooligans inglesi sfondarono
le recinzioni del settore Z - occupato da tifosi
juventini ma anche da neutrali e famiglie -
diffondendo il panico. In molti cercarono di
fuggire ma il muro di contenimento, sotto la
pressione della folla, crollò: 39 i morti, fra
cui anche donne e bambini, oltre 600 i feriti.
Un bollettino di guerra, una tragedia
annunciata: le condizioni dello stadio, vecchio
e con gravi carenze strutturali, e le misure di
sicurezza inadeguate erano il preludio a un
disastro quasi ineluttabile. Eppure si giocò: la
Uefa, temendo ulteriori conseguenze in termini
di ordine pubblico, mandò in campo le due
squadre con i giocatori ignari o quasi di quello
che era realmente successo.
La
testimonianza -
A ricordare quei drammatici momenti sono
due dei protagonisti della partita: Zbigniew
Boniek, partito titolare, e Cesare Prandelli,
entrato nei minuti finali. "All'epoca vivevamo
in un altro mondo, senza internet, senza social
media, perché altrimenti quella partita non si
sarebbe mai giocata, perché di fronte a tutto
quello che è successo era assurdo giocarla - le
parole del polacco a LaPresse . Hanno deciso di
giocarla per calmare la gente, per portare i
soldati, per garantire la sicurezza a tutti e ci
hanno costretti a giocare. Che fosse successo
qualcosa di molto grave l'abbiamo capito perché
lo spogliatoio era uno dei posti dove si
portavano via i feriti, c'era molta confusione.
Sono morti perché è crollata la struttura,
perché la gente indietreggiava perché era
impaurita, secondo me ci sono delle
responsabilità gravissime".
L'ex ct della Nazionale ha confermato come
l'intenzione della società e dei giocatori fosse
di non giocare la sfida: "Noi siamo arrivati
allo stadio, ci siamo preparati, e durante una
sorta di preriscaldamento, il presidente è
arrivato nel nostro spogliatoio dicendo 'la
partita non verrà giocata perché c'è un morto'.
Boniperti ha insistito, ha detto 'la mia squadra
coi morti non gioca'. Aspettavamo soltanto la
conferma del delegato Uefa. Avevamo capito che
stava succedendo qualcosa perché abbiamo aperto
una porta che dava sul campo e c'erano molti
tifosi, li abbiamo fatti uscire. Erano in preda
al panico e non riuscivamo a capire perché.
Dicevano 'ci hanno attaccato, è caduta una rete,
ci sono dei feriti, vogliamo scappare'. E ne
abbiamo fatti scappare tramite lo spogliatoio
tantissimi. Erano terrorizzati. Purtroppo noi
aspettiamo le tragedie per cambiare e ovviamente
il mondo della sicurezza degli stadi è cambiato.
Assolutamente, non c'è paragone: c'è il prima e
dopo l'Heysel".
Per la
cronaca -
Vinse la Juve 1-0, con un rigore trasformato da
Platini anche se per un fallo su Boniek fuori
area. In un'atmosfera surreale, la Coppa dei
Campioni a lungo inseguita fu consegnata ai
bianconeri ma era una coppa macchiata di sangue
e ancora oggi le scene dei festeggiamenti finali
hanno un effetto straniante. Quella serata
maledetta, però, lasciò il segno: la Uefa
escluse i club inglesi dall'Europa per cinque
anni (sei per il Liverpool) mentre il governo
Thatcher corse ai ripari - anche se fu
necessaria un'altra tragedia, quella di
Hillsborough nel 1989, per avere provvedimenti
più decisi - gettando le basi di quel modello di
lotta agli hooligans che ancora oggi fa
dell'atmosfera negli impianti d'Oltre Manica un
esempio. Il ricordo dell'Heysel resta però vivo:
ogni anno Juve e Liverpool rendono omaggio alle
vittime e sugli spalti bianconeri figura sempre
quel "+39" che richiama i tifosi che non ci sono
più. Perché saranno passati anche 40 anni ma la
ferita è e resterà ancora e per sempre aperta.
L'omaggio
di Bruxelles -
La città renderà omaggio alle
vittime della strage dell'Heysel, proprio nel
luogo dove 40 anni fa, il 29 maggio del 1985, si
consumò la tragedia. Oggi lo stadio si chiama Re
Baldovino, e fuori dalla Tribuna 1,a pochi metri
dal muretto fatiscente che con il suo crollo
provocò 39 morti e oltre 600 feriti, c'è una
targa commemorativa delle vittime, in marmo
grigio scuro. Proprio qui si sono dati
appuntamento alle 15,30 di giovedì 29 le
autorità locali e i rappresentanti diplomatici
di Italia e Regno Unito. La cerimonia si aprirà
con il discorso di Philippe Close, sindaco di
Bruxelles, quindi gli interventi di Florence
Frelinx, Assessore della Città e del capo della
polizia cittadina, Frédéric Moreels. Poi
prenderanno la parola Federica Favi,
Ambasciatore d'Italia in Belgio e Anne Sherrif,
Ambasciatore britannico in Belgio. Sarà infine
deposta una corona di fiori e saranno letti i
nomi delle 39 vittime da parte di un tifoso
della Juventus.
Fonte:
Rainews.it ©
27 maggio 2025
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L'ANNIVERSARIO
Heysel 1985: quarant'anni da una
tragedia da non dimenticare mai
Nella finale
della Coppa dei Campioni giocata a Bruxelles si
consuma uno dei peggiori disastri della storia
del calcio.
Bruxelles,
29 maggio 1985, stadio Heysel. Va in scena la
finale di Coppa dei campioni tra Juventus e
Liverpool. Una partita storica tra una squadra
che quel trofeo non lo ha mai alzato contro
quella che lo ha conquistato quattro volte negli
ultimi otto anni. Per qualcuno è la sfida del
secolo. Lo stadio, la Uefa, la polizia belga e
l'organizzazione generale non sono però
all'altezza di un avvenimento così importante.
Ed è un eufemismo. Vengono veduti molti più
biglietti di quanti l'impianto possa gestire.
Con i posti non numerati succedeva spesso. I
tifosi bianconeri vengono messi in una curva,
settori M, N, O, quelli del Liverpool in quella
di fronte, zone X e Y. Peccato che ci fosse una
parte di quella gradinata, il famigerato settore
Z, che agenzie di viaggi o acquirenti belgi
hanno rivenduto ai tifosi italiani. Di fianco
agli hooligans inglesi, insomma, separati da una
rete metallica, che sarebbe venuta giù con una
spallata, e da un gruppetto di una decina di
poliziotti, c'erano famiglie, donne, bambini e
spettatori neutrali.
Che lo stadio non fosse minimamente in grado di
sopportare un avvenimento simile se ne accorge
da subito chi arriva all'Heysel anche ore prima
del calcio d'inizio, previsto per le 20,15. Per
entrare nelle curve ci sono solo due porticine,
di circa 80 centimetri di lunghezza, per
consentire l'accesso a circa cinquantamila
persone. Gli ingorghi per accedere all'impianto
sono impressionanti ma, in quel momento c'è solo
la noia di una lunga attesa in coda. Ci sono
però dei segnali inquietanti: un cantiere di
fianco allo stadio da cui gli ultrà inglesi si
riforniscono di sassi e altri corpi contundenti,
la presenza limitatissima delle forze
dell'ordine, i tifosi reds già ubriachi dalla
mattina che hanno messo a ferro e fuoco il
centro di Bruxelles senza venire fermati e che
entrano allo stadio con intere casse di birra,
nessun controllo agli ingressi e circa
cinquemila persone in più presenti nelle zone a
loro assegnate.
Ma
soprattutto quella rete da pollaio. Alle 18,45
iniziano i primi lanci di sassi e bottiglie di
birra verso il settore Z. La paura comincia a
prendere il sopravvento ma ancora non è
scoppiato il panico tra gli inerti spettatori di
quella zona maledetta. Poi partono i razzi ad
altezza d'uomo e, dopo che è stata sfondata con
facilità la rete divisoria, gli assalti degli
hooligans. Non trovandosi di fronte degli ultrà
ma solo gente tranquilla, i reds avanzano con le
aste delle bandiere usate come spranghe. Chi non
scappa deve affrontarli, chi fugge, ed è la
maggioranza, si accalca contro il muretto che dà
sul campo. Gli assalti inglesi procedono a
ondate e quelli che riescono a prendere un po'
di fiato si ritrovano di nuovo schiacciati dopo
pochi secondi. Tutto dura qualche minuto ma
sembra un eternità. Le persone non riescono a
muoversi, sono in balia della folla, non possono
respirare, sono in un incubo impensabile
schiacciati da altri corpi innocenti e dalla
pressione verso una via di fuga che sembra
lontana. Il muro crolla sotto quel peso
insostenibile, la gente che ci riesce si riversa
in campo e, beffa delle beffe, prende anche le
manganellate dai pochi poliziotti presenti, a
dimostrazione che l'intelligenza non brillava
certo nelle menti di chi doveva gestire un
evento di quella portata.
Alle 19,32 è tutto finito. C'è un silenzio
irreale, mentre i morti e i feriti vengono
caricati sulle transenne per essere portati
fuori dallo stadio. Alla fine si conteranno 39
morti e circa 400 feriti, di cui almeno la metà
in condizioni critiche. Tra chi non c'è più
anche un bambino di 10 anni. Una tragedia
insensata, incomprensibile, spiegabile solo con
la furia ceca di gente senza una coscienza e una
disorganizzazione delinquenziale. Gli ultrà
della Juventus, dall'altra parte, hanno visto
tutto e vogliono farsi giustizia. In molti
entrano in campo e i giocatori bianconeri escono
dagli spogliatoi, che tra l'altro si stanno
riempiendo di feriti, per calmare gli animi dei
tifosi che vogliono vendicarsi.
Nel frattempo si sta
decidendo cosa fare. La dirigenza della Juve non
vuole che si giochi. La Uefa e le autorità
belghe chiedono che si scenda in campo per
evitare che le cose peggiorino e per dare tempo
di fare sfollare gli hooligans. Il Presidente
del Consiglio italiano di allora, Bettino Craxi,
telefona per dire che non si deve giocare. Un
ministro del suo Governo, De Michelis, presente
all'Heysel, gli spiega la situazione e lo
convince. Alla fine Liverpool e Juventus si
presentano sul terreno di gioco un'ora e mezzo
dopo l'orario previsto per la finale.
L'atmosfera è surreale. Non si sa nemmeno se la
partita sia vera o solo un'esibizione per
evitare di rendere la tragedia ancora più
insostenibile. Di certo i giocatori si impegnano
fino in fondo. La Juve vince con un rigore
calciato da Platini e procurato da Boniek, che
però subisce il fallo chiaramente fuori area.
Dopo il fischio finale ai calciatori bianconeri
viene chiesto di mostrare la Coppa sotto la
curva dei propri tifosi, un gesto di cui Marco
Tardelli, ogni volta che ne parlerà, dirà di
vergognarsi.
Poi resta solo un lutto inaccettabile per mogli,
madri, padri, fratelli, sorelle, nipoti e amici
che per una partita di calcio hanno visto morire
i propri cari. Di giustizia ne hanno invece
vista poca. Ventisei hooligans mandati a
processo, alcuni assolti per insufficienza di
prove e alcuni condannati per qualche anno,
anche se hanno poi scontato solo pochi mesi.
Pene ben al di sotto delle loro responsabilità
anche per i dirigenti Uefa, politici belgi e
funzionari delle forze dell'ordine. Quattro anni
dopo i tifosi del Liverpool vivranno una
situazione molto simile nella semifinale di FA
Cup di Sheffield: la famosa strage di
Hillsborough con 96 supporter dei Reds che
perdono la vita, finendo schiacciati e soffocati
dalla calca in un modo analogo a quanto accaduto
all'Heysel. Da queste due tragedie
l'organizzazione degli eventi calcistici ha
cominciato finalmente a evolversi. Ma niente
ridarà la vita a chi voleva solo assistere a una
partita.
Fonte:
Sportmediaset.mediaset.it © 27 maggio 2025
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Heysel 1985,
40 anni fa la tragedia dei tifosi della
Juventus: le foto
Quel giorno era in programma la finale
di Coppa dei campioni fra i bianconeri e il
Liverpool.
Il 29 maggio del 1985 allo stadio Heysel di
Bruxelles avviene una delle tragedie più grandi
che hanno colpito il mondo del calcio. Quel
giorno era in programma la finale di Coppa dei
campioni tra Juventus e Liverpool. Heysel
1985, cosa è successo allo stadio belga -
Bruxelles, 29 maggio 1985. Juventus e Liverpool,
finale di Coppa dei Campioni. Doveva essere una
celebrazione dello sport ma, poco prima del
fischio d’inizio, si trasformò in una strage
senza ritorno Nel settore Z dello stadio Heysel,
molti tifosi juventini che si erano organizzati
autonomamente, vennero posizionati insieme a
parte della tifoseria neutrale, separati dagli
hooligan con barriere strutturalmente inadeguate
a contenere la forza dei tifosi inglesi più
violenti. Circa un’ora prima dell’inizio della
partita, gli ultrà inglesi, alterati dall’alcol,
stipati in due settori dello stadio, iniziano a
spingere verso il settore Z. L’invasione, la
calca, il panico, un muro che cede. I tifosi
juventini tentano la fuga ma si trovarono
intrappolati senza vie d’uscita. Un muro crolla
travolgendo diversi sostenitori.
La tragedia dell’Heysel, 39 i morti -
Il bilancio è tragico: 39 morti, di cui 32
italiani, 4 belgi, 2 francesi e 1 irlandese.
Oltre 600 i feriti. Il tutto sotto gli occhi
attoniti di chi è allo stadio o davanti alla tv
in attesa della partita. Il match si gioca lo
stesso dopo quasi un’ora e mezzo di rinvio.
Vince la Juventus con un rigore di Platini.
Molte le polemiche sulla opportunità di giocare
la partita e sui festeggiamenti dei bianconeri
dopo la vittoria.
Heysel, il ricordo della finale maledetta -
Il Museo del Calcio di Coverciano ha previsto
varie iniziative per commemorare il quarantesimo
anniversario di quel drammatico 29 maggio 1985.
Per tutto il mese di maggio, nella sala cinema
all’interno del museo sarà proiettato un video
prodotto dall’Associazione fra i familiari delle
vittime dell’Heysel.
Heysel
1985, il ricordo di Prandelli e Boniek - "Noi
siamo arrivati allo stadio, ci siamo preparati,
e durante una sorta di preriscaldamento, il
presidente è arrivato nel nostro spogliatoio
dicendo ‘la partita non verrà giocata perché c’è
un morto’. Boniperti ha insistito, ha detto ‘la
mia squadra coi morti non gioca’. Aspettavamo
soltanto più la conferma del delegato Uefa".
Inizia così il racconto di Cesare Prandelli a
LaPresse, che ricorda la tragedia dell’Heysel.
"Avevamo capito che stava succedendo qualcosa
perché abbiamo aperto una porta che dava sul
campo e c’erano molti tifosi, li abbiamo fatti
uscire – prosegue l’ex centrocampista della
Juventus – Erano in preda al panico e non
riuscivamo a capire perché. Dicevano ‘ci hanno
attaccato, è caduta una rete, ci sono dei
feriti, vogliamo scappare’. E ne abbiamo fatti
scappare tramite lo spogliatoio tantissimi.
Erano terrorizzati". E conclude: "Purtroppo noi
aspettiamo le tragedie per cambiare e ovviamente
il mondo della sicurezza degli stadi è cambiato.
Assolutamente, non c’è paragone: c’è il prima e
dopo l’Heysel". Boniek: "Oggi con i social
quella partita non si sarebbe giocata" -
"All’epoca vivevamo in un altro mondo, senza
internet, senza social media, perché altrimenti
quella partita non si sarebbe mai giocata,
perché di fronte a tutto quello che è successo
era assurdo giocarla". Lo racconta a LaPresse
l’ex-attaccante della Juventus, Zbignew Boniek,
ricordando la tragedia dell’Heysel avvenuta 40
anni fa a Bruxelles il 29 maggio 1985. "Hanno
deciso di giocarla per calmare la gente, per
portare i soldati, per garantire la sicurezza a
tutti e ci hanno costretti a giocare", ha
aggiunto. "Che fosse successo qualcosa di molto
grave l’abbiamo capito perché lo spogliatoio era
uno dei posti dove si portavano via i feriti,
c’era molta confusione". E conclude: "Sono morti
perché è crollata la struttura, perché la gente
indietreggiava perché era impaurita, secondo me
ci sono delle responsabilità gravissime".
Fonte:
Lapresse.it
© 27 maggio 2025
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HEYSEL 40
RITORNO AL FUTURO
di Andrea
Lorentini
Comunicato Ufficiale dell’Associazione
fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel.
Per
noi familiari delle vittime dell’Heysel questo è
un giorno di dolore che ogni anno nella
ricorrenza della strage di Bruxelles si rinnova.
Da 40 anni la strage dell’Heysel viene spesso
ricordata come una tragedia juventina, come se
fosse un fatto di campo, di tifoseria, quando
invece è una storia di persone, di donne e di
uomini, ragazze e ragazzi che hanno perso la
vita per una partita di pallone. E’ la storia di
famiglie che da quella sera hanno dovuto
sopportare il peso di una croce. Questi 40 anni
sono stati un tempo faticoso, di sofferenza,
spesso, troppo spesso di solitudine. Un tempo
nel quale, contestualmente, abbiamo cercato di
tenere viva la memoria, ma anche difenderla da
coloro che ancora oggi continuano ad offenderla
e dileggiarla. Lo ha fatto prima di tutti, mio
nonno, Otello Lorentini, fondatore
dell’Associazione fra i familiari delle vittime
dell’Heysel che con coraggio e tenacia ha
lottato per ottenere giustizia per le vittime,
riuscendoci in una sentenza che ha fatto
giurisprudenza. E successivamente attraverso
l’impegno civico contro la violenza nello sport.
Un percorso che nel 2015, dopo la sua morte,
abbiamo ripreso con forza ricostituendo
l’Associazione fra i familiari e promuovendo
progetti e iniziative di educazione
civico-sportiva, in particolare, rivolte alle
nuove generazioni perché dalla memoria di un
evento luttuoso i giovani possano prendere
coscienza che il calcio e lo sport sono altro da
quello che è accaduto all’Heysel. In questo
40esimo anniversario, come per ogni ricorrenza
tonda, i riflettori si sono accesi su questa
storia per poi spegnersi fino al prossimo
anniversario significativo. Non per
l’Associazione che proseguirà nel suo impegno
costante, nell’oblio dei più, ma con la forza di
chi sa di essere dalla parte giusta: quella
della memoria e della verità.
Fonte:
Associazionefamiliarivittimeheysel.it © 28
maggio 2025
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Heysel,
l’Italia unita per non dimenticare
di Francesco Caremani
Domani il 40°
anniversario della tragedia di Juve-Liverpool,
finale di Coppa dei Campioni: tutte le
iniziative in programma.
Il
40° anniversario della strage dell’Heysel si
avvicina e quest’anno più di altri l’attenzione
alla memoria è massima, anche se per i familiari
delle vittime è sempre stato tutti i giorni e
tutti gli anni. Tra podcast, la esaustiva serie
televisiva di Jean-Philippe Leclaire che andrà
in onda su Sky e un docufilm prodotto dalla Rai
la parte mediatica è più che mai coperta e, nel
contempo, sono tante le iniziative che vedono
coinvolte le famiglie delle vittime, alcune
delle quali fanno capo all’Associazione fra i
Familiari delle Vittime dell’Heysel, presieduta
da Andrea Lorentini, nipote di Otello e orfano
di Roberto, il medico aretino medaglia d’argento
al valore civile per essere morto tentando di
salvare un connazionale.
Le
iniziative -
Ad Arezzo, che piange anche la studentessa
diciassettenne Giuseppina Conti, s’inizierà
questa mattina al Liceo Scientifico-Linguistico
Statale "F. Redi", che negli anni ha intitolato
l’aula di biomedicina a Roberto Lorentini, suo
ex studente, con l’incontro "Heysel 40 anni
dopo. Memoria, sport e responsabilità", promosso
dalla locale sezione Aia e curato da Zenzero
Off. Domani, invece, la giornata "1985–2025.
Arezzo nel ricordo dell’Heysel. La memoria oltre
il tempo" organizzata sempre dall’Aia in
collaborazione con Figc, Coni, Unvs, Panathlon e
Associazione Familiari Vittime dell’Heysel che
consta tre momenti: alle 17, al campo sportivo
"Giusy Conti" di Rigutino, sarà deposto un mazzo
di fiori in sua memoria; alle 17.30, lo stadio
"Roberto Lorentini" ospiterà l’inaugurazione di
un bassorilievo dedicato al medico aretino,
simbolo di altruismo e coraggio; alle 18,
nell’auditorium "Giancarlo Felici" dell’Aia di
via Gramsci, una tavola rotonda dal titolo
"L’Heysel 40 anni dopo", in cui istituzioni e
rappresentanti sportivi dialogheranno con i
ragazzi delle squadre giovanili del territorio.
Heysel, 40
anni dopo - Sempre domani, a
Monte San Savino (Arezzo), si terrà una serata
di riflessione e memoria presso il Teatro Verdi:
"Heysel 1985 - 2025. 40 anni. Oltre il ricordo,
la conoscenza e la consapevolezza", con la
partecipazione, tra gli altri, di Andrea Lorentini. Domani, 29 maggio, allo Scalo Eventi
Torino, la Juventus presenterà ufficialmente
"Verso Altrove", un’opera d’arte dedicata alla
memoria della tragedia dell’Heysel. La cerimonia
vedrà la partecipazione di Fabrizio Landini,
membro dell’Associazione Familiari Vittime,
nipote di Giovacchino Landini di Torino ma
originario di Capannori (Lucca), una delle due
vittime piemontesi, insieme con Domenico Russo
(Moncalieri); ci saranno anche rappresentanti
del Liverpool. Per tutto il mese di maggio, il
Museo del Calcio di Coverciano ospita la
proiezione di un video realizzato
dall’Associazione fra i Familiari delle Vittime
dell’Heysel, con fotografie di Salvatore Giglio
e montaggio di Domenico Laudadio. Venerdì 30,
dalle 11 alle 13, nella sala conferenze "Mario Valitutti" dello stesso, si terrà l’incontro
"Heysel 40 anni dopo. Il valore della memoria",
con la partecipazione di Matteo Marani,
presidente della Fondazione Museo del Calcio,
Andrea Lorentini, presidente dall’Associazione
Familiari delle Vittime, e Paolo Garimberti,
presidente dello Juventus Museum.
Per non
dimenticare -
Infine, il 7 giugno a Bassano del
Grappa ci sarà l’evento a numero chiuso - è
necessaria la prenotazione - "Per non
dimenticare Heysel" con la mostra fotografica di
Salvatore Giglio e la presenza di Stefano
Tacconi, che su quella sera ha sempre raccontato
la verità, per ricordare le due vittime
bassanesi Mario Ronchi e Amedeo Giuseppe Spolaore insieme con gli altri 37 angeli. Perché
la memoria non è l’adorazione della cenere, ma
la custodia del fuoco.
Sei ore da
non perdere per ricordare -
Ricordare. Per mille ragioni, una più nobile
dell’altra. Perché se è vero che la vita è oggi,
ieri e domani sono le parentesi dentro cui poter
disegnare e colorare il presente. Lo scrittore
francese dell’800, Guy de Maupassant, diceva "La
nostra memoria è un mondo più perfetto di quanto
lo sia l’universo: restituisce la vita a coloro
che non esistono più". Eccola, forse, la ragione
principale per cui ricordare fa bene non solo al
cervello ma anche all’anima. Ragione e cuore.
Queste le riflessioni che aiutano a comprendere
perché scegliere di guardare su Sky Sport, a
partire da questa mezzanotte, la docuserie
inedita per l’Italia "Heysel. La tragedia",
basata sull’opera di Jean Philippe Leclaire,
vicedirettore de L’Equipe, realizzata con il
documentarista Eddy Pizzardini per la regia di
Jan Verheyen. Per celebrare i 40 anni della
tragedia in cui morirono 39 persone allo stadio
di Bruxelles (32 italiani) prima della finale di
Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, Sky
Sport ha scelto di trasmettere questa "opera
omnia" che si sviluppa in sei puntate di poco
meno di un’ora l’una: dal racconto di cronaca,
alle testimonianze dei sopravvissuti, dei
familiari delle vittime, i tifosi inglesi, gli
avvocati i magistrati e alcuni giocatori: per i Reds Lawrenson e Lee, per i bianconeri Tacconi,
Brio e Briaschi.
Ricordare
per non dimenticare -
Nel primo episodio si descrive il
fenomeno hooligans, l’arrivo a Bruxelles dei
tifosi inglesi e italiani, le prime avvisaglie
di negligenza degli organizzatori e la
condizione fatiscente dello stadio, col settore
Z che passa da zona neutrale a settore riservato
quasi esclusivamente ai tifosi della Juve fino
al crollo del muro. Nella seconda puntata
protagonista è la tragedia, la confusione totale
che avvolge le forze dell’ordine e le
istituzioni e la criminale superficialità.
Quindi la reazione dei giocatori, dei vertici
UEFA, dei funzionari della Federazione belga e
dei politici. Il terzo episodio parte dal
fischio d’inizio della partita e racconta il
clima surreale in cui la sfida si svolge, con i
giocatori in campo mentre fuori si compie la
conta dei morti. Spazio quindi all’analisi per
capire cosa non ha funzionato, il rientro a casa
dei tifosi inglesi con i primi arresti tra gli
hooligans. La quarta puntata è incentrata
sull’analisi delle responsabilità: le autorità
belga che scaricano la colpa sui tifosi inglesi,
e i tifosi inglesi che danno la colpa alle
autorità. Le prime fasi del processo e la
nascita dell’associazione in memoria delle
vittime voluta da Otello Lorentini, che poi si
costituisce parte civile. L’episodio si chiude
con la prima udienza del processo. La penultima
puntata è dedicata al processo contro gli
hooligans e i vertici dell’Uefa e della
Federazione belga. Nel sesto e ultimo episodio
si elabora il concetto di perdono e di
espiazione e descrive le iniziative avviate per
ricordare le vittime. Approfondisce l’impegno di
Otello Lorentin e di suo nipote Andrea, racconta
l’incontro tra Terry Wilson, il tifoso del
Liverpool condannato, la famiglia Lorentin, e la
storia del tifoso-eroe John Welsh, che salvò
dalla calca sette tifosi della Juve. Il racconto
si sofferma anche su come la violenza nel calcio
non sia stata debellata ma di come la tragedia
dell’Heysel abbia comunque contribuito a
migliorare la situazione negli stadi. Sei ore di
docuserie per ricordare: serve !
Fonte:
Tuttosport.com © 28 maggio 2025
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Articolo Stampa e Web
TORINO
Quaranta anni fa la
tragedia dell'Heysel: così Torino e la Juventus
celebrano l'anniversario
di Claudio Neve
La Mole Antonelliana
illuminata di bianconero, un monumento, fiori e
spettacoli teatrali: domani sarà il giorno della
memoria bianconera.
Quaranta anni fa il sogno
sportivo della prima Coppa dei Campioni si
trasformava in un incubo, in cui il rosso delle
maglie del Liverpool si mischiava con quello del
sangue dei tifosi juventini, travolti e uccisi
in nome di una partita di calcio. Era il 29
maggio 1985 e, esattamente 40 anni dopo, Torino
si prepara a celebrare l'anniversario della
tragedia dell'Heysel, provocata dalla
sostanziale inesistenza di misure di sicurezza e
dall'inadeguatezza delle forze dell'ordine
schierate da Bruxelles, travolte dalla furia di
una massa di hooligans ubriachi che scatenarono
l'inferno dentro uno stadio troppo vecchio per
ospitare un evento simile. Domani in città sarà
il giorno dedicato alla memoria delle 39
vittime, due delle quali torinesi. Il
ristoratore Giovacchino Landini aveva 49 anni,
l'elettricista Domenico Russo solo 26: sono
morti schiacciati da una folla impazzita, senza
vedere la partita per la quale avevano comprato
il biglietto, senza vedere il gol di Platini, la
coppa sollevata al cielo dai giocatori
bianconeri. Decisioni, il giocare e il
festeggiare, che ancora oggi suscitano polemiche
e dolore. Numerosi gli eventi in città e non
solo per la giornata. Due quelli più
"istituzionali". Il primo, alle 11, a porte
chiuse alla Continassa, dove la Juventus
inaugurerà il memoriale "Verso altrove"
progettato dall'artista Luca Vitone e curato dal
compianto critico d'arte Luca Beatrice. Alle 18
l'appuntamento, questa volta pubblico, è invece
nella piazza intitolata proprio alle Vittime
dell'Heysel, in zona strada del Fortino, dove la
società bianconera e le autorità cittadine
provvederanno alla deposizione di mazzi di
fiori.
Sempre a Torino, alle
20.30, nella sala convegni Atc di corso Dante 14
l'associazione "Quelli di via Filadelfia"
proporrà uno spettacolo teatrale che unirà la
tragedia dell'Heysel a quella di Superga, i
drammi che hanno colpito le due squadre della
città, Juventus e Torino (ingresso gratuito fino
a esaurimento posti). E proprio come nel giorno
dell'anniversario di Superga, il 4 maggio, la
Mole Antonelliana si tinge di granata, domani
sera al tramonto il simbolo di Torino diventerà
invece bianconero, con la grande scritta "+39"
proiettata sull'edificio. Una celebrazione è in
programma anche nell'aula magna del carcere
Lorusso e Cutugno, dove i detenuti potranno
assistere a una lezione speciale e a una
commemorazione cui parteciperanno Carla Gonella,
sopravvissuta alla tragedia, e l'ex dirigente
juventino Franco Mottola. Infine, un
appuntamento anche fuori Torino. Alle 21, nel
giardino di via Galimberti 46 di Grugliasco, è
in programma una celebrazione con la presenza di
alcuni parenti delle vittime. Un luogo scelto
non a caso: il giardino infatti è intitolato
alle vittime dell'Heysel e nell'occasione è
stata installata una nuova targa commemorativa e
sono state sostituite le 39 pietre d'inciampo -
intitolate appunto alle vittime - che si trovano
nel giardino.
Fonte: Torinocronaca.it ©
28 maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
IL RICORDO
Heysel, la tragedia eterna
di Alberto Cerruti
Quaranta anni fa, a margine
della finale di Coppa Campioni tra Juventus e
Liverpool, persero la vita 39 persone travolte
dalla furia dei tifosi ubriachi della squadra
inglese
Non è vero che il tempo
cancella tutto. Perché il nome "Heysel" fa
ancora venire i brividi, quarant’anni esatti
dopo quel maledetto 29 maggio 1985. Doveva
essere una notte di festa e invece la finale di
Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, in
programma a Bruxelles, si trasformò in una
tragedia, con un bilancio di 39 morti (32
italiani, 4 belgi, 2 francesi e un
nordirlandese) e più di 600 feriti. Tutta colpa
della furia di centinaia di "hooligans", gli
scatenati teppisti inglesi gonfi di alcool, che
prima dell’inizio della partita si scagliarono
senza motivo contro i tifosi italiani presenti
nella "curva Z" di un impianto fatiscente
costruito nel 1930 e ormai insicuro, che infatti
poi venne abbattuto e ricostruito con il nome di
"Re Baldovino".
SETTE MINUTI DI FOLLIA -
Crollati in fretta un muretto e una rete
metallica troppo sottile, che in teoria
separavano le opposte tifoserie, l’effetto
domino provocò drammatiche conseguenze con corpi
morti schiacciati uno addosso all’altro, o
uccisi dai coltelli. Complici l’inefficienza
delle autorità belghe e dell’Uefa, furono
sufficienti 7 minuti di follia per far calare il
gelo della morte su un settore dello stadio,
mentre le squadre erano ancora negli spogliatoi.
E in un altro secolo, è proprio il caso di
dirlo, senza telefonini e notizie in tempo reale
come oggi, la partita incominciò ugualmente,
anche se con un’ora e ventisei minuti di ritardo
rispetto all’orario previsto delle 20.15. Eppure
che qualcosa di grave fosse successo lo si era
già capito prima del calcio d’inizio, quando il
capitano della Juventus, Gaetano Scirea, su
invito delle autorità, lesse questo breve
messaggio ai tifosi italiani nella curva opposta
a quella degli incidenti: "Rimanete calmi,
giocheremo per voi".
Disputata soltanto per
motivi di ordine pubblico, come poi si
giustificò l’allora presidente dell’Uefa,
Georges, la partita in realtà sembrò vera,
grazie anche alle grandi parate dello juventino
Tacconi. E dopo un rigore concesso dall’arbitro
svizzero Daina, per un fallo di Gillespie su
Boniek commesso però fuori area, Platini dal
dischetto firmò il definitivo 1-0. Per la
cronaca, anche se macchiata dal sangue,
Trapattoni aveva mandato in campo: Tacconi;
Favero, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Briaschi,
Tardelli, Rossi, Platini, Boniek. Nella mente,
però, rimangono soprattutto le storie tristi di
quei trentanove morti, dal più giovane Andrea
Casula di appena 10 anni, alla più grande
Barbara Lusci di 58. Con un’altra storia, per
fortuna a lieto fine, che ha rischiato di
arrotondare a quaranta il numero delle vittime.
LA STORIA DI MARCO -
Infatti, nel tragico elenco diramato dalle
autorità belghe, inizialmente figurava anche il
nome di Marco Manfredi, svenuto e considerato
cadavere. In realtà questo tifoso juventino, poi
sparito misteriosamente dall’ospedale dove era
stato ricoverato, nove giorni più tardi venne
ritrovato da un suo amico davanti all’ospedale,
"Molinette", a Torino, malgrado la barba lunga,
i capelli arruffati e i vestiti sporchi. Alla
domanda "Dove eri finito ?", Manfredi rispose: "Giravo il mondo". E quando gli chiesero se era
allo stadio disse: "Non lo so", in evidente
stato confusionale, diventando così "lo
smemorato dell’Heysel". La moglie Rosita e la
mamma Carla lo riconobbero subito e lui
riconobbe loro, ma il calcio per lui non
esisteva più perché di quella notte non
ricordava più nulla.
Ricordano, invece, i
protagonisti di allora, costretti a riaprire una
vecchia ferita. Come Cabrini, secondo il quale
"Era giusto non giocare, ma siamo stati
obbligati". Come Tardelli, che ammette: "Un
errore giocare e un errore esultare". E come
Brio, che aggiunge: "La verità ci fu raccontata
soltanto alla fine, perché prima della partita
Boniperti venne negli spogliatoi e ci disse che
avremmo dovuto giocare per onorare un nostro
tifoso morto nei tafferugli. La verità è che in
quella situazione saremmo stati criticati in
ogni caso".
Le squadre inglesi furono
escluse per cinque stagioni dalle coppe europee,
con una di squalifica in più per il Liverpool,
tornato a giocare oltremanica soltanto nel 1991
quando Platini aveva già smesso da quattro anni,
proprio perché quella sera all’Heysel si era
spenta dentro di lui la passione per il calcio.
E non a caso, da allora non ha mai più voluto
riparlare del suo rigore in particolare e di
quanto era successo prima in generale. Perché è
vero che nell’albo d’oro del calcio quella
rimane la prima coppa dei Campioni vinta dalla
Juventus. Ma soprattutto, ricordando quei 39
tifosi che non la festeggiarono, rimane la
triste verità coraggiosamente riassunta, due
giorni dopo, nel titolo dell’editoriale di
Candido Cannavò sulla prima pagina de "La
Gazzetta dello Sport": "Juve, nascondi la tua
coppa". Anche se nessuno potrà mai nascondere
quei ricordi, come testimonia la targa in
memoria dei 39 morti nel nuovo stadio "Re
Baldovino". E così, quarant’anni dopo, il nome "Heysel" fa ancora venire i brividi.
Fonte: Cdt.ch © 28 maggio
2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
Heysel, 40 anni: il calcio
scoprì cosa sono la violenza e la morte
di Stefano Boldrini
Fonte: Ilfattoquotidiano.it
© 28 maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
QUARANT’ANNI FA
La strage dell’Heysel, fra
le vittime anche tifosi sardi: ecco chi erano
di Claudio Zoccheddu
La strage dell’Heysel, fra
le vittime anche tifosi sardi: ecco chi erano
A perdere la vita allo
stadio furono Giovanni e Andrea Casula, Mario
Spanu e Barbarina Lusci: le loro storie.
SASSARI - Il 29 maggio del
1985 le cariche dei tifosi inglesi iniziarono
alle 19.20, un’ora prima dell’inizio della
finale di Coppa dei Campioni tra Liverpool e
Juventus. Due ore dopo, il massacro dell’Heysel,
con 39 morti e più di 600 feriti, era già una
delle pagine più tristi della storia, sportiva e
non. Quarant’anni dopo, la memoria di quei
momenti è ancora viva in ogni persona che, anche
solo davanti alla tv, assisteva ad una tragedia
trasmessa in Eurovisione. All’epoca ci volle
tempo per capire realmente cosa stesse accadendo
a Bruxelles. Anche i tifosi che erano allo
stadio, nei settori lontani dagli scontri,
faticavano a comprendere le dimensioni della
tragedia. A casa, poi, viveva momenti di terrore
chiunque avesse un familiare, un parente o un
amico che era partito con l’intenzione di
coronare il sogno di una vita ma che invece si
era ritrovato catapultato in un incubo mortale,
da cui 39 persone non si svegliarono mai.
LE VITTIME - Anna Passino
era davanti alla tv e non voleva credere ai suoi
occhi, come molti. Qualche giorno prima avevano
salutato il marito Giovanni Casula, 43 anni, e
il figlio Andrea, undici anni e un amore
sconfinato per il calcio. "Dovevamo partire
tutti - ha raccontato più volte Anna - ma io
rimasi a Cagliari perché mia figlia Emanuela
aveva l’esame di terza media". Partirono gli "uomini" di famiglia. Prima una tappa a Milano,
poi l’arrivo a Bruxelles con in tasca due
biglietti comprati all’ultimo istante. Li
aspettava il settore Z, quello che era destinato
ai tifosi neutrali, belgi perlopiù, ma che i
canali del bagarinaggio avevano trasformato
nella sfortunatissima avanguardia del tifo
juventino, a due passi dagli hooligans. La
marmaglia inglese era arrivata a Bruxelles più
per vendicare le botte prese a Roma l’anno
prima, sempre durante una finale di Coppa dei
Campioni, che per vedere la partita. E così
fecero. Usando un pretesto, gli hooligans
attaccarono il settore Z. Le prime cariche
sfondarono le reti di separazione. I tifosi
italiani iniziarono a scappare, anche verso il
campo di gioco. Le esigue e impreparatissime
forze di polizia belga non compresero la
situazione e li respinsero a manganellate.
Allora tutti si spinsero verso il muro opposto
al settore X, da dove arrivavano gli inglesi.
Poi la calca provocò il disastro. I tifosi
rimasero schiacciati dal crollo del muro di uno
stadio fatiscente, dalla calca o dalle altre
persone che scappavano. Tra loro c’erano anche
Giovanni Casula e il piccolo Andrea. Insieme ad
altre 37 persone. Due erano originarie
dell’isola: Mario Spanu, partito da Novara, e
Barbarina Lusci, emigrata in Belgio da
Domusnovas. Anna Passino e la figlia Emanuela,
che ha cortesemente chiesto di non rispondere
alle domande che si è sentita fare chissà quante
volte, persero metà della loro famiglia. Un
sacrificio assurdo che, inoltre, risolse poco o
niente. Le squadre inglesi vennero squalificate
dalle competizioni Uefa per cinque anni ma
quattro anni dopo, nel 1989, 91 tifosi inglesi
morirono all’Hillsborough Stadium di Sheffield,
ancora una volta schiacciati dalla calca causata
dall’impreparazione delle forze dell’ordine.
Oggi, 40 anni dopo l’Heysel, la violenza non ha
ancora abbandonato gli stadi, gli scontri sono
ancora un tema irrisolto e la sensazione che le
39 vittime dell’Heysel non abbiano insegnato
niente è sopravvissuta al passare del tempo.
Fonte: Lanuovasardegna.it ©
28 maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
Heysel Torino ricorda
di Andrea Parodi
Quarant'anni fa la tragedia
nello stadio di Bruxelles in cui 39 tifosi
morirono schiacciati dalla calca Domani le
commemorazioni: alle 11 alla Continassa si svela
un memoriale, alle 18 la cerimonia pubblica.
L'ANNIVERSARIO -
Quarant'anni da quella tragica notte di
Bruxelles. Il 29 maggio 1985, allo stadio Heysel
della capitale belga, si consuma una delle
pagine più nere della storia del calcio europeo.
Finale di Coppa dei Campioni. Juventus contro
Liverpool: 39 i morti, 32 gli italiani. Due i
torinesi, Giovacchino Landini e Domenico Russo.
Ristoratore cinquantenne il primo, elettricista
ventiseienne il secondo. Due tifosi della
Juventus partiti per andare ad assistere a una
partita di calcio e tornati dentro una bara a
bordo di un aereo militare a Caselle. Domani,
dal mattino alla sera, tra Torino e Grugliasco,
sono molti gli appuntamenti che ricorderanno
quell'insieme di errori e il competenze da parte
dell'organizzazione, oltre che alla cieca follia
umana, tante portarono a piangere tante vittime.
L'evento più curioso è quello che si terrà, a
porte chiuse, al carcere Lorusso e Cutugno. Su
un'idea di Beppe Franzo, presidente onorario
dell'associazione Quelli di via Filadelfia, i
detenuti (in gran parte tifosi juventini) si
ritroveranno nell'aula magna per una lezione
speciale e per una commemorazione. Sarà presente
Carla Gonella, sopravvissuta alla tragedia,
oltre a Franco Mottola, a lungo dirigente
juventino, incaricato di raccontare i valori
dello sport e della competizione. Il progetto
rientra nelle attività scolastiche e di
formazione all'interno del carcere, ed è guidato
dalla professoressa Brugo dell'Istituto Plana di
Torino. Con l'occasione l'associazione donerà
anche materiale didattico, come libri e
dizionari, ai detenuti. Alle 11, alla Continassa,
la Juventus celebrerà una commemorazione a porte
chiuse, inaugurando il memoriale creato da Luca
Vitone, con la curatela di Luca Beatrice,
scomparso lo scorso gennaio. Di nuovo la società
bianconera sarà protagonista, insieme alle
autorità cittadine e regionali, alle ore 18,
questa volta per un appuntamento aperto a tutti,
nella piazza Vittime dello Stadio Heysel, tra
strada del Fortino e Lungo Dora Agrigento,
inaugurata nel 2018. È prevista la deposizione
di mazzi di fiori e orazioni pubbliche. Alle 21,
nel giardino di via Galimberti 46 di Grugliasco
(borgata San Giacomo) il Comune di Grugliasco,
insieme allo Juventus fan club di Grugliasco
dedicato ad Alessio Ferramosca e Riccardo Neri,
organizza una celebrazione con la presenza di
alcuni parenti delle vittime. Con l'occasione
sono state sostituite le 39 pietre d'inciampo
inserite lungo il percorso del giardino,
intitolato alle 39 vittime e installato una
nuova targa commemorativa nel parco inaugurato
nel 2017 dal sindaco Roberto Montà. Presso la
Sala Convegni dell'Atc (corso Dante 14) alle
20,30, l'associazione Quelli di via Filadelfia,
sempre su un'idea di Beppe Franzo, unirà i
tragici destini delle due squadre della città,
Juventus e Torino, con uno spettacolo teatrale
dedicato all'Heysel e a Superga. L'ingresso è
gratuito, fino a esaurimento posti. Il monologo
sulla strage di Bruxelles è scritto da David
Gramiccioli, con musiche di Michele Dall'Oca,
mentre quello su Superga è opera di Domenico
Beccarla, con Roberto Mate voce narrante.
All'imbrunire, come ormai da tradizione ogni
anno (lo stesso capita il 4 maggio per il Toro),
la pancia della Mole Antonelliana sarà
illuminata con i colori della Juventus e la
scritta + 39.
Fonte: La Stampa © 28
maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
La Juve ricorda l'Heysel:
Elkann tra i presenti all'inaugurazione
dell'opera "Verso Altrove"
Sono trascorsi 40 anni
dalla tragica serata vissuta a Bruxelles il 29
maggio 1985: i dettagli della giornata di
commemorazione bianconera.
Sono trascorsi 40 anni
dalla tragica serata dell'Heysel: il 29 maggio
1985 a Bruxelles, all’interno dello stadio della
città belga, a poche decine di minuti dal
fischio di inizio della finale di Coppa dei
Campioni tra Juventus e Liverpool, 39 persone
hanno perso la vita a seguito degli scontri
iniziati sugli spalti e proseguiti poi nel corso
di una serata piena di violenza. Un appuntamento
in cui l’orrore ha preso il sopravvento sullo
sport, un momento che ha fatto da spartiacque
nella vita di milioni di tifosi, di
appassionati, di donne e di uomini legati alla
storia della nostra società. Un dramma del quale
diventa necessario tenere memoria, unico modo
per evitare che si possano rivivere dei momenti
di terrore e sconcerto come quelli. Resta la
completa perdita di senso di una serata
impensabile, il dolore per chi non è tornato a
casa, la consapevolezza che, anche a distanza di
40 anni, quella ferita non trova modo di
rimarginarsi. E per certi versi non potrà mai
farlo, continuando a fare male come se non
fossero passati quattro decenni. Il
convincimento da parte dell’intera famiglia
della Juventus è quello di portare avanti
sempre, e per sempre, il ricordo indelebile e la
memoria condivisa di chi si è ritrovato vittima
di una tragedia senza logica in una giornata di
festa trasformata in un incubo. Si legge sul
sito della Juve.
L'INAUGURAZIONE DELL'OPERA
"VERSO ALTROVE" - Come ogni anno, il panorama
delle celebrazioni e dei momenti di ricordo è
molto ampio. Alle ore 11:00 il primo momento di
commemorazione, presso lo Scalo Eventi Torino in
Strada della Continassa 28, con l'inaugurazione
dell'opera "Verso Altrove". Presente per la
Juventus una delegazione guidata dal Presidente
Gianluca Ferrero, oltre al Gonfalone ufficiale
in rappresentanza del Club portato dai ragazzi
del Settore Giovanile. Anche l'amministratore
delegato di Exor, John Elkann, partecipa
all'inaugurazione di "Verso Altrove",
l'installazione dedicata alla memoria delle
vittime. Qualche istante dopo sono arrivati
anche i vertici della Juventus,
dall'amministratore delegato Maurizio Scanavino
fino a Giorgio Chiellini. Presenti anche Sergio
Brio, Tacconi, il sindaco di Torino Lo Russo e
Perin.
IL PROGRAMMA - A Torino,
alle ore 18:00, commemorazione con le autorità
cittadine e regionali - insieme all’associazione
"Quelli di via Filadelfia" - alla biblioteca
civica "Italo Calvino". Presente il Presidente
bianconero, Gianluca Ferrero, oltre al Gonfalone
ufficiale in rappresentanza del Club. In serata,
alle ore 21:00, al giardino di via Galimberti,
in Borgata San Giacomo - a Grugliasco -, un
altro momento di raccoglimento con le autorità
cittadine e in collaborazione con lo Juventus
Official Fan Club Grugliasco "Alessio Ferramosca
& Riccardo Neri". Come ogni anno, con l'arrivo
della sera, l'illuminazione della Mole
Antonelliana a chiudere la giornata di
commemorazione, rendendo ancora più indelebile
quanto accaduto in quella maledetta sera di
quarant'anni fa.
IL PROSEGUO DELLE
COMMEMORAZIONI - Le commemorazioni proseguiranno
nei giorni seguenti. Nella mattinata di venerdì
30 maggio, presso il Museo del Calcio di
Coverciano, l'evento dal titolo "Heysel: 40 anni
dopo. Il valore della memoria". Nel pomeriggio
della stessa giornata, invece, la presentazione
del libro di Luca Serafini, a Castiglion
Fiorentino, "La ragazza dai pantaloni verdi.
Giusy, la Juve, l’Heysel". Nella mattinata di
domenica 1° giugno, invece, presso il Monumento
presente in via Giacomo Matteotti 2 a Reggio
Emilia, altro momento di raccoglimento
organizzato dal comitato "Per non dimenticare
Heysel" di Reggio Emilia
Fonte: Tuttosport.com © 29
maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
Heysel 40 - Io c’ero: le
testimonianze di Vignola, Brio, Cabrini e
Briaschi
Il 29 maggio 1985, allo
stadio Heysel di Bruxelles, pochi minuti prima
dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni
tra Juventus e Liverpool, 39 persone persero la
vita a causa di violenti scontri scoppiati sugli
spalti e proseguiti durante una serata segnata
da drammatici eventi. Quella notte ha
rappresentato una tragedia senza senso,
lasciando un dolore profondo per le vittime che
non fecero ritorno a casa. Dopo quarant’anni, la
ferita resta aperta, senza trovare pace o
consolazione. Il ricordo, indelebile, di chi
quei momenti li ha vissuti in prima persona.
BENIAMINO VIGNOLA - "Era
una partita che andava a coronare un biennio,
l'anno prima si era vinto lo Scudetto e la Coppa
delle Coppe. E lo Scudetto ci permise di andare
in quella che allora era la Coppa dei Campioni,
dove la Juventus partiva abbastanza da favorita.
Siamo arrivati in fondo alla stagione con una
cavalcata, credo storica, dove abbiamo corso
forse l’unico pericolo nella semifinale di
ritorno a Bordeaux. E quindi arrivammo a quella
finale come predestinati, con la possibilità di
poter chiudere un cerchio importantissimo per
quella che era la storia della Juventus. Il
ricordo di quella serata, però, non è quello che
sarebbe dovuto essere. Fu una notte tragica e ci
furono tutti i presupposti per fare in modo che
terminasse in quel modo. Uno stadio fatiscente
per una finale di Coppa dei Campioni, una misera
presenza di forze dell’ordine per un avvenimento
di quel genere. Io l'ho vissuta tutta dalla
panchina perché sono subentrato nel finale al
posto del nostro caro amico Paolo Rossi.
L’atmosfera era surreale, abbiamo giocato una
partita che ci hanno costretto a giocare per
vari motivi. Le due squadre erano insieme negli
spogliatoi, per diverso tempo si pensava di non
giocare. L'entità dell'incidente non la
conoscevamo nel momento della gara fino a quando
poi siamo tornati in albergo. È stata una
tragedia, avrebbe dovuto lasciare e insegnare
qualcosa di più, avrebbe dovuto lasciare un
segnale più indelebile nel mondo del calcio. Per
noi è un bruttissimo ricordo".
SERGIO BRIO - "Mentre
facevamo il riscaldamento, che si prolungava nel
tempo, vedemmo arrivare dalla curva Z dei tifosi
in lacrime, con in braccio dei bambini che
piangevano. Avevano tutti i vestiti strappati e
i primi soccorsi sono arrivati dal personale
UEFA e dal nostro dottore, Francesco La Neve,
con il servizio d’ordine completamente
inadeguato che invece non è intervenuto. Nel
corso del riscaldamento ci fu una sorta di
riunione, la Juventus non voleva giocare quella
partita ma fu costretta a scendere in campo
anche per motivi di ordine pubblico. Terminata
la partita tornammo in albergo e ci venne
raccontato nel dettaglio l’accaduto. Chi dice
che abbiamo vinto una coppa insanguinata non fa
altro che aumentare ancora di più il dolore dei
familiari che hanno perso il loro caro. Da
bambino sogni di giocare la Coppa dei Campioni,
di vincerla, ma all’improvviso ti trovi in una
situazione surreale: da un lato quel trofeo lo
hai vinto, dall’altro, però, ci sono trentanove
morti innocenti. A distanza di anni continuo a
pensare che non ci sia stata cosa più giusta di
giocare quella partita perché altrimenti
staremmo parlando di una strage. Allo stesso
tempo, però, non dobbiamo dimenticarci di queste
39 persone che purtroppo hanno trovato la morte
per una partita di calcio. Non deve più
succedere, queste persone vanno sempre
ricordate".
ANTONIO CABRINI - "Per
quella finale sono stati fatti dei gravi errori
sia di scelta dello stadio, non adatto a una
finale di Coppa dei Campioni, sia di leggerezza
nel non considerare l'aspetto agonistico tra le
due tifoserie che poteva purtroppo sfociare in
incidenti con l’assenza di adeguata sicurezza.
Sin da subito è apparso qualcosa di molto grave,
andando in mezzo ai tifosi, nella curva della
Juventus, abbiamo visto la disperazione della
gente anche se non capivamo esattamente cosa
fosse successo. Arrivavano persone terrorizzate,
persone ferite. Non ti rendevi conto che una
parte della tribuna era crollata. Eravamo
contrari a giocare, ma poi forse è stata la
scelta più giusta perché si è evitato il
contatto fra le tifoserie".
MASSIMO BRIASCHI - "È stata
una situazione incredibile e percepivo i segnali
che qualcosa di brutto poteva succedere già
dalla passeggiata mattutina, che abbiamo fatto
nelle zone centrali di Bruxelles, notando
l’euforia dei tifosi inglesi - dobbiamo
ricordare che era il periodo degli hooligans -
sin dalle prime ore della giornata. C’è stata
una gestione non all’altezza, da parte di tutti
gli organi competenti. Non si sarebbe dovuta
disputare una finale di Coppa dei Campioni in
uno stadio come quello. Quando ci è stato detto
realmente cos’era successo mi ha fatto
malissimo. Noi avevamo ricevuto notizie
frammentarie, c'era gente che passava nello
spogliatoio e ci diceva qualcosa… Poi, una volta
arrivati in hotel, abbiamo saputo di quello che
era realmente accaduto. E il ricordo è quello di
non aver potuto salutare 39 calciatori che erano
venuti con noi per giocare al nostro fianco. È
qualcosa che è impresso non solo nelle nostre
anime, di noi che eravamo lì, ma nelle anime di
chiunque, anche di chi è fuori dall'ambiente
sportivo".
Fonte: Juventus.com © 29
maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
29 maggio 2025
Hurrà racconta - Il numero
sull'Heysel
La copertina di Hurrà
Juventus del giugno 1985 è di per se'
sufficiente a raccontare cosa passava - e passa
ancora oggi - nei cuori di tutti, pensando alla
notte del 29 maggio a Bruxelles.
C’è una coppa. grande,
enorme. Come grande, enorme, è la vittoria dei
bianconeri. E non c’è altro. Niente titoli,
ovviamente niente celebrazioni. Silenzio.
Tutto il numero di HJ di
quel giugno è incentrato su quel mood, così
particolare. Da una parte, il racconto di cosa è
stato in campo, che però è secondario, rispetto
a quello che è accaduto fuori.
Illuminante è l'editoriale
di apertura del grande Giglio Panza, di cui vi
proponiamo un estratto. Illuminante, fin dal
titolo: VINCERE DIVENTO' UN DOVERE
Questo è l’articolo più
difficile e più sofferto che scrivo dopo oltre
mezzo secolo di professione. Risulterà
disadorno, forse disarticolato; ma sarà sincero,
privo di concessioni alla retorica e alla
demagogia. Non sono minimamente condizionato dal
fatto che la Juventus abbia affidato a me, in
piena libertà, la trattazione della più tragica
vicenda della sua storia sportivamente gloriosa.
Prima della finale di Bruxelles, la Juventus
aveva giocato in Coppa dei Campioni 66 partite e
io le avevo viste tutte. Un primato che qualche
volta ostentavo anche con un po’ di civetteria;
e che allo Stadio Heysel si è concluso
nell’angoscia, nella disperazione.
Fra questi morti c’erano
volti conosciuti, uomini che potevano essere
miei figli e giovani che m’era caro considerare
come miei nipoti. Gente che voleva bene alla
Juventus e che con sacrificio aveva voluto
essere vicino. Qualcuno c’era anche nel ’73 a
Belgrado, molti erano presenti due anni fa ad
Atene; l’amarezza di quelle sconfitte non li
aveva prostrati ma spronati a sostenere la
squadra nel terzo tentativo. Per migliaia di
famiglie italiane la Juve fa parte del ceppo
originario. Talvolta mi sorprendo nel constatare
la profondità di questo amore; ma poi, sotto
sotto, invidio la gioia fanciullesca che questi
tifosi provano nelle ore liete e la loro fiera
malinconia dei momenti tristi.
Sfogliando le pagine, si
rivive tutta l'angoscia, l'emozione e i
sentimenti contrastanti di quella notte. C’è il
racconto della partita, ma anche e soprattutto
il tributo a chi quella partita non la ha vista,
e non ne ha potute vedere mai più.
Siamo, all'epoca, molto
lontani dagli anni dei social, ma in un certo
senso si trova, nelle pagine di Hurrà, qualcosa
che anche nei nostri anni contemporanei
colpirebbe l'attenzione di tutti: viene infatti
lanciata una campagna di sottoscrizione per dare
una mano alle famiglie delle persone che hanno
perso la vita all'Heysel, ed è davvero
impressionante la risposta. La Juventus e i suoi
giocatori ovviamente danno il buon esempio, ma
c’è chi partecipa con quello che può, da mille
lire a un milione. Ci sono Juventus Club,
privati cittadini, tifosi di altre squadre,
collette di aziende e scuole, c’è un contributo
da un "tifoso della curva Z" e uno da un amico
inglese.
Sono pagine, letteralmente,
da pelle d'oca.
E per chiudere, lasciamo
ancora una volta la parola a un grande maestro
di giornalismo: "Il tempo rimargina tutte le
ferite, ma la sera del 29 maggio 1985 non può,
non deve, essere dimenticata. È avvenuto un
massacro che deve ammonire le nostre coscienze,
impegnandole a operare al fine di tagliare la
violenza fin dalle radici. Che senso avrebbe mai
la nostra fraterna solidarietà con le vittime e
con le loro famiglie se non ci batteremo
affinché gli assassini restino fuori dagli stadi
? Sono certo che in quest’opera di rigenerazione
dei valori autenticamente sportivi, la Juventus
farà la sua parte. Come l’ha fatta nelle
tragiche ore di Bruxelles". Giglio Panza (Hurrà
Juventus, Giugno 1985)
Fonte: Juventus.com © 29
maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
L’Heysel 40 anni dopo: il
senso della memoria contro il revisionismo e gli
sciacalli.
di Marco Amato
La traduzione inglese di
"tarlo nell’orecchio" è "earworm":
letteralmente, il verme nell’orecchio.
Traduzione che ci pare calzi a pennello in
questo caso: un motivetto sporco e strisciante,
repellente, che però a forza di essere ripetuto
si fa largo dall’orecchio fino a diventare
pensiero intrusivo. E capita che ti sorprendi a
pensare: ma non è che, forse, un po’ di ragione
ce l’hanno anche loro ? Non è che un po’ di
ragione ce l’ha chi se la prende con la Juventus
che fece il giro di campo all’Heysel, il 29
maggio 1985 ? E che dire dei sorrisi strappati
da alcuni fotogrammi o della coppa alzata al
ritorno a Torino ?
Pensieri intrusivi che sono
il frutto del revisionismo storico e del
processo di colpevolizzazione della vittima.
Possono fare facilmente e rapidamente breccia
quando l’armatura della memoria mostra le prime
crepe e possono farlo, soprattutto, in chi nel
1985 non era nemmeno nato. Per questo, abbiamo
voluto dotarci di un sistema difensivo e,
restituendo il lavoro delle ultime settimane,
contribuire ad oliare gli ingranaggi della
memoria collettiva. Prendercene cura, perché
dare per scontato il ricordo dell’Heysel lascia
spazio a chi, su quella strage, vuole
sciacallare.
Siamo partiti proprio dal
senso della memoria, perché ricordare ? Lo
abbiamo fatto insieme a Andrea Lorentini -
figlio di Roberto, una delle 39 vittime -, che è
il presidente dell’Associazione fra familiari
delle vittime dell’Heysel. Abbiamo ascoltato le
testimonianze di chi, la sera del 29 maggio,
avrebbe voluto solamente giocare una finale di
Coppa dei Campioni: Massimo Bonini e Massimo
Briaschi. Tra questi, al Salone del libro
abbiamo raccolto la testimonianza di Sergio
Brio: rabbioso con chi ancora oggi getta fango
sulla Juventus. Per concludere, abbiamo chiesto
un aiuto a chi, nel 1985, c’era da aspirante
giornalista e, nel compimento di questa
aspirazione, non ha mai mancato di difendere e
ricordare: Emilio Targia.
Siamo partiti da un
interrogativo: che senso ha la memoria 40 anni
dopo ? Abbiamo capito che, mai come oggi,
rammendare e tenere insieme i fili dei ricordi è
necessario come arma di autodifesa collettiva.
Un modo per segnare un confine: noi e loro, dove
loro sono quelli che vorrebbero riscrivere la
storia. Ringraziamo chi ci ha aiutato in questo
percorso, ringraziamo chi quotidianamente è
impegnato in questo lavoro di manutenzione della
memoria.
Fonte: Ilbianconero.com
© 29 maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
Heysel, 40 anni fa la
strage nella notte più buia del calcio
di Giovanni Armanini
Il 29 maggio 1985 morirono
39 tifosi in seguito agli incidenti scoppiati
prima della finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool. Oggi a Torino la società
bianconera inaugura "Verso Altrove", un’opera
d’arte in ricordo di quella sera.
29 maggio 2025. Sono
passati 40 anni esatti dalla notte più buia del
calcio europeo. Il 29 maggio 1985 allo stadio
Heysel di Bruxelles morirono 39 tifosi,
juventini e non solo, in seguito agli incidenti
scoppiati nel settore Z del fatiscente impianto
belga prima della finale di Coppa dei Campioni
tra Juventus e Liverpool.
Una vicenda che per anni è
rimasta nebulosa, tra un frettoloso processo,
poi rivisto e un atteggiamento grave nei
confronti delle vittime e nei loro familiari. A
distanza di anni, tuttavia, l’impressione è che
su quella tragica notte i riflettori non solo
non si siano spenti, ma l’interesse al ricordo è
cresciuto nel tempo dopo un imbarazzante
atteggiamento iniziale. E questo vale anche per
la stessa Juventus, che solo nel 2010 e 2015 con
Andrea Agnelli ha iniziato a fare qualcosa.
In occasione
dell’anniversario, tra podcast, l’esaustiva
serie televisiva di Jean-Philippe Leclaire che
andrà in onda su Sky e un docufilm prodotto
dalla Rai l’interesse mediatico è ai massimi
storici. Tante anche le iniziative che vedono
coinvolte le famiglie delle vittime, alcune
delle quali fanno capo all’Associazione fra i
Familiari delle Vittime dell’Heysel, presieduta
da Andrea Lorentini, nipote di Otello e orfano
di Roberto, il medico aretino medaglia d’argento
al valore civile per essere morto tentando di
salvare un connazionale.
Il primo ad alzare il velo
con un libro del 2003 fu il giornalista
Francesco Caremani, primo a fare una ricerca ed
a scrivere "Heysel, la verità di una strage
annunciata" che a tutt’oggi è l’unico libro
ufficialmente riconosciuto dall’associazione.
"Ci furono rilievi
incredibili, autopsie false, corpi sbagliati
inviati a casa delle persone - racconta Caremani.
Io ho messo in fila tutte le cose con le
difficoltà del caso, con me Otello Lorentini,
che non ne ha mai fatta una questione di
vendetta ma di accertamento delle
responsabilità, e che portò ad una condanna
dell’Uefa, che da allora è corresponsabile di
tutti gli eventi che organizza, precedentemente
aveva solo onori (e incassi) senza alcun onere
di responsabilità". Sulla verità storica di
quella sera Caremani precisa: "È stata una
strage, non una tragedia. Tony Evans, ex
hooligan, divenuto in seguito scrittore e
responsabile delle pagine sportive del Times,
anni fa ha raccontato con dovizia di particolari
quella giornata: "Fu un’aggressione, volevamo
fare male per vendicare quello che era successo
un anno prima a Roma quando alcuni di noi
vennero aggrediti e accoltellati dopo la finale.
Nelle logiche ultrà era normale cercare vendetta
contro gli italiani". Oggi allo Scalo Eventi
Torino, la Juventus presenterà ufficialmente "Verso Altrove", un’opera d’arte dedicata alla
memoria della tragedia. Ci saranno anche
rappresentanti del Liverpool. L’augurio è che
anche le curve italiane o solo i tifosi più
tiepidi presto capiscano che questo evento, come
tutti gli altri fatti luttuosi dello sport, non
sono di parte ma dovrebbero unire tutti nel
cordoglio.
Fonte: Ilnordest.it © 29
maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
Quarant’anni dalla tragedia
dell’Heysel
di Lorenzo Longhi
Sino a una manciata di anni
fa, ai piedi del muro del ristrutturato stadio
Re Baldovino di - nei pressi del luogo in cui
sorgeva il famigerato settore Z dello stadio
Heysel - sul quale è affissa una lapide in
ricordo della tragedia, erano disposti, in fila,
decine tra cassonetti e bidoni dell’immondizia.
Era stato così a lungo: un deposito di
spazzatura proprio laddove logica, sensibilità e
umanità avrebbero dovuto considerare il luogo
quasi con la sacralità di un funesto sepolcro.
29 maggio 1985, appunto quarant’anni fa, era un
mercoledì: 39 persone, recatesi in Belgio per
assistere alla finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool, restarono uccise, vittime
tanto della follia hooligan quanto
dell’inadeguatezza della e della polizia belga,
incapace di prevedere il disastro e totalmente
impreparata a contrastarlo, al punto da poter
essere considerata a tutti gli effetti complice
di quella tragedia.
Tutto accadde prima
dell’inizio della partita, quando la frangia più
violenta dei tifosi del Liverpool caricò verso
un settore della curva, appunto il settore Z,
affollato di tifosi non appartenenti alle
tifoserie organizzate e diviso da quello
appannaggio dei sostenitori inglesi più feroci
appena da una rete di recinzione, provocando
l’ammassamento delle persone che, non potendo
sfollare in campo per la presenza della polizia
(che ricacciava violentemente nella curva coloro
che cercavano di fuggire dalla carica), né
riuscendo a uscire (era necessario risalire i
gradoni e passare per uno stretto cancello), si
spinsero a ridosso di un muro che poi crollò,
provocando, nella calca, appunto, 39 morti e
oltre 600 feriti.
Per ricordare cosa abbia
rappresentato e cosa rappresenti l’Heysel, vale
la pena iniziare da quei cassonetti, un aspetto
altamente simbolico, perché racconta una verità
scomoda, ovvero la mancata condivisione della
memoria di quella che, per definizione, è
diventata la madre di tutte le tragedie a
margine del calcio. Sono stati rimossi ormai da
qualche anno, quei cassonetti, ma rimozione è
anche quella che, al di là di alcune iniziative
estemporanee, di facciata e a basso investimento
etico, è stata fatta di quella strage insensata
dalla confederazione calcistica europea e dalle
stesse autorità belghe. Già, perché al di là
delle condanne di una manciata di hooligan
rintracciati e di un (uno solo) ufficiale della
polizia belga, condannata fu anche la stessa
UEFA (il cui presidente, all’epoca, era ), che
da allora è diventata corresponsabile per gli
aspetti di sicurezza delle manifestazioni
organizzate sotto la sua egida. "Una sentenza
storica che ha fatto giurisprudenza e ha
cambiato per sempre il calcio europeo", l’ha
definita il giornalista Francesco Caremani,
autore del libro inchiesta Heysel. Le verità di
una strage annunciata, l’unico riconosciuto
dall’Associazione familiari delle vittime
Heysel, recentemente ripubblicato (con ulteriori
aggiornamenti) da Bradipolibri, e che ripercorre
in maniera estremamente precisa e documentata la
lunga battaglia processuale portata avanti da
Otello Lorentini, che all’Heysel aveva perso
l’unico figlio, Roberto, e dall’Associazione.
Parlare di Heysel, oggi, è
parlare di una memoria scomoda, di una memoria
che non c’è o che, quando c’è, spesso si perde
nella meschinità di chi non sa di cosa parla, di
chi non si rende conto del disastro, né
dell’identità dei 39 morti, che non furono tutti
italiani (che furono 32, da ogni luogo del
Paese, e morirono insieme a 4 cittadini belgi, 2
francesi e un nordirlandese), né tantomeno tutti
tifosi juventini, dal momento che all’epoca il
tifo non organizzato poteva ancora essere
vissuto in una sostanziale atmosfera di
amicizia, senza odio e isteria. Per essere
chiari e sgombrare il campo da ogni equivoco:
l’Heysel non è una storia di scontri tra tifosi,
ma una strage provocata dall’aggressività
omicida perpetrata nei confronti di tifosi e
appassionati inermi da hooligan annebbiati
dall’alcol, resa possibile dall’imperizia di chi
scelse per la partita uno stadio evidentemente
fatiscente - l’Heysel era stato costruito nel
1930 e, all’epoca, era chiaramente inadeguato -
e da chi avrebbe dovuto garantire la sicurezza.
Una strage che ha segnato
gli anni Ottanta del calcio, anche per la
portata mediatica: , con le emittenti che
mostrarono l’orrore di una curva Z ridotta a un
campo di battaglia: a rendere il disastro furono
proprio le immagini, mentre telecronisti e
radiocronisti ricevevano notizie non precise, ma
comunque terribili, sul numero delle vittime e
si trovavano nella difficile situazione di
doverle comunicare in via sommaria a
telespettatori che, magari, avevamo familiari
allo stadio. Eppure, paradossalmente, per la
dinamica dell’accaduto e la tipologia dello
stadio, era più facile intuire l’accaduto da
parte di chi stava davanti agli schermi
televisivi - e poteva contare anche, appunto,
sul resoconto dei giornalisti impegnati negli
aggiornamenti di una cronaca che, da sportiva
che avrebbe dovuto essere, diventò nera -
rispetto a chi si trovava, nello stadio, nei
settori più lontani da quello della morte. In
un’epoca senza telefonini, lontanissima da
quella odierna dal punto di vista della
tecnologia delle comunicazioni, si può solo
immaginare l’angoscia.
La finale si sarebbe poi
disputata per motivi di ordine pubblico,
inevitabilmente, tra polemiche e
strumentalizzazioni ex post che non meritano di
essere citate. L’Inghilterra forse solo allora
si rese conto della dimensione del problema
hooligan e iniziò una serie di inchieste che
avrebbero poi portato a un epocale cambiamento
degli schemi legislativi relativi all’ordine
pubblico, nel contesto delle manifestazioni
sportive e in generale, ma accelerò solo dopo
un’altra tragedia, quattro anni più tardi (il 15
aprile 1989) e questa volta accaduta sul suolo
britannico, a , ovvero la strage di Hillsborough
- dal nome dello stadio della tragedia - che, a
margine di una partita di FA Cup ancora tra il
Liverpool e il Nottingham Forest, costò la vita
a 96 persone, che non nacque dalle intemperanze
dei tifosi (sebbene le forze dell’ordine, anche
in quel caso poco preparate, non compresero
l’accaduto e agirono di conseguenza, proprio
come all’Heysel) ma dalla scriteriata gestione
dell’afflusso in un impianto con vie di fuga
inadeguate e dalla calca che si generò nel
settore Leppings Lane, al quale era destinata
una parte dei tifosi del Liverpool.
Anche per questo ricordare
l’Heysel, quarant’anni dopo, è doveroso, così
come doverose sono una ricostruzione corretta
dell’accaduto e la costruzione di una memoria
che ancora non riesce a imporsi. E se è vero che
la , negli ultimi anni, si è dimostrata
sensibile alle istanze del ricordo,
l’atteggiamento della Juventus è stato tutto
sommato incostante, nonostante quella tragedia
abbia rappresentato un punto di non ritorno
della storia del club e del nostro calcio. In
questo senso l’inaugurazione, in occasione del
quarantennale, di un memoriale per le vittime a
pochi passi dallo Juventus Stadium, un’opera
simbolica intitolata Verso altrove, è un
passaggio magari poco tempestivo ma, mai come
oggi, doveroso.
Fonte: Treccani.it © 29
maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
40 ANNI DALL’HEYSEL
"La folla spaventata mi
calpestava e i gradoni mi segavano la schiena"
di Antonio Barillà
Giuseppe Spolaore si salvò
senza rendersene conto. A un tratto le persone
sopra di lui non c’erano più e poté respirare.
C’erano dei corpi sotto al suo, molti non
avevano più vita, e uno di loro aveva la pelle
gonfia di un colore innaturale, viola. Lui aveva
il femore spezzato ma non se ne rendeva nemmeno
conto. Vagò per il campo. Poi lo caricarono su
un’ambulanza. Chiese di suo padre, Amedeo. Gli
dissero che non sapevano, che era disperso. Per
salvarsi la vita alcuni tifosi, anziché farsi
spingere verso il muretto, cercarono scampo
entrando nel rettangolo di gioco, dove gli
agenti di polizia che erano stati richiamati
d’urgenza e non avevano manco capito cos’era
successo li manganellarono furiosamente. Adesso
il prato non era più verde. C’erano macchie di
sangue sull’erba. L’attesa era svanita. Roberto
Lorentini era riuscito a mettersi al sicuro,
assieme al padre, Otello. Però vide un bambino
esanime e corse indietro per rianimarlo con un
massaggio cardiaco. Un’ondata di gente
terrorizzata travolse e uccise tutt’e due. Il
bambino si chiamava Andrea Casula, aveva 11
anni. Claudio era fermo ai bordi dello stadio e
vide uscire i primi feriti sdraiati su transenne
adibite a barelle o sui cartelloni pubblicitari
usati allo stesso modo, prima uno, poi due, poi
tre, poi decine e decine. Si mise le mani nei
capelli, disperato. Attorno c’era gente che
piangeva e vagava con il volto sanguinante senza
sapere dove andare. Le ambulanze arrivarono dopo
e non bastavano. Gaetano Scirea salì su un
traliccio per dire ai tifosi di stare tranquilli
che la partita sarebbe stata giocata. Ma nemmeno
lui sapeva cos’era veramente successo. Non lo
sapevano neanche quelli che avevano rischiato di
perdere la vita. Carmelo Di Pilla si risvegliò
in ospedale. L’infermiera gli raccontò qualcosa,
che erano stati gli hooligans. Lui le chiese
cosa aveva fatto la Juve. Aveva vinto. Ma
avevano giocato per finta, disse l’infermiera.
Avevano fatto tutti finta, dopo che qualcuno li
aveva lasciati massacrare, li aveva messi dentro
a quel budello senza senso e non aveva mai
pensato un attimo di proteggerli, di difenderli.
Però puoi anche giocare una partita così. Solo
la morte non è mai per finta.
Fonte: Lastampa.it © 29
maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
Chi ha schiacciato i cuori
dell’Heysel ? Oggi 40 anni dalla strage
di Emanuele Zavaglia
Ricordare per non
dimenticare. Furono 39 le vittime, oltre 600 i
feriti. La tragedia si consumò la sera della
finale di Coppa dei campioni.
IL 29 MAGGIO 1985 - "Chi ha
schiacciato i cuori dell’ Heysel ?". Recita così
il verso di una canzone scritta da Claudio
Baglioni nel 1990 e intitolata "Naso di falco".
Questa domanda risuona ancora più drammatica in
questi giorni. Oggi, giovedì 29 maggio ricorre
il 40⁰ anniversario della "strage dell’Heysel".
Avvenne mercoledì 29 maggio 1985, nei pressi
dello stadio "Heysel" di Bruxelles (Belgio),
poco prima della finale di Coppa dei Campioni
tra la Juventus di Giovanni Trapattoni e il
Liverpool di Joe Fagan. Verso le 19,20 di quel
giorno, con l’impianto gremito di gente, un
gruppo di tifosi estremi del Liverpool (gli "hooligans") si avviò con aria poco amichevole
verso il settore Z, occupato dai tifosi
italiani. Quest’ultimi, spaventati, si
ammassarono sul muro del loro settore. Per via
della fatiscenza dell’impianto, il muro crollò,
causando diverse vittime. Il crollo provocò il
formarsi di una calca terribile, che fece
aumentare la conta dei morti.
SI GIOCÒ LO STESSO,
NONOSTANTE LE VITTIME - Nonostante le polemiche
e il giusto rifiuto della Juventus di scendere
in campo, le forze dell’ordine belghe e la Uefa
decisero di far disputare lo stesso il match,
per motivi di ordine pubblico. Il match iniziò
quindi alle 21,40 (un’ora e 25 minuti di ritardo
rispetto all’orario convenuto) e si concluse con
la vittoria della Juventus per 1-0, con rete su
rigore di Michel Platini al 58′. Fu chiaro fin
da subito che la partita non interessava più a
nessuno, in primis alla reti televisive. Per
esempio, Raidue trasmise lo stesso il match per
l’Italia, ma con il video volutamente oscurato e
l’indimenticabile Bruno Pizzul (telecronista
della finale insieme a Gianfranco De Laurentiis)
che disse: "Provo a commentare in tono il più
neutro, impersonale e asettico possibile".
I MORTI FURONO 39, 600 I
FERITI - Il bilancio finale di questa strage fu
terribile: 39 morti e più di 600 feriti. Delle
vittime, 32 erano italiane, quattro belghe, due
francesi e un nordirlandese. Tra essi figura
Claudio Zavaroni (28 anni), residente in
Emilia-Romagna, precisamente a Ciano d’Enza
(Reggio Emilia). Siccome la maggioranza degli
italiani morti tifava la Juventus, la città di
Torino si ritrovò a subire una nuova tragedia
calcistica, 36 anni dopo l’incidente aereo di
Superga, che costò la vita al "Grande Torino".
PESSIME LE CONDIZIONI DELLO
STADIO - La strage venne causata sia dalle
intemperanze di certi tifosi che dalle pessime
condizioni strutturali nelle quali versava lo
stadio. Eppure quella del 1985 non era stata la
prima finale europea che si svolse in quel
luogo. L’ "Heysel" aveva già ospitato altre tre
finali di Coppa dei Campioni (1958, 1966 e
1974), tre finali di Coppa delle Coppe (1964,
1976 e 1980) e la finale degli Europei del 1972
Germania Ovest-Unione Sovietica 3-0, disputata
il 18 giugno 1972.
STRASCHICHI UMANI E
CALCISTICI - La strage lasciò strascichi umani e
calcistici che furono risolti difficilmente e
parzialmente. I club inglesi vennero
squalificati a tempo indeterminato dalle
competizioni europee (il Liverpool ad ulteriori
tre stagioni, poi ridotte a una) e un club
italiano tornò a giocare all’Heysel soltanto nel
1990. Questo club fu il Milan, in Malines-Milan
0-0 del 7 marzo 1990, valida per la Coppa dei
Campioni. In occasione di quella partita, il
capitano rossonero Franco Baresi andò a deporre
un mazzo di 39 rose rosse sotto la recinzione
del settore Z.
MONDIALI DEL ’90 IN ITALIA,
LE CONSEGUENZE - Ai Mondiali di Italia 1990, per
rispetto ai tantissimi tifosi juventini periti
all’ "Heysel", l’Inghilterra ottenne di non
giocare nel girone che aveva, come principale
terreno di gioco, il "Delle Alpi", il vecchio
stadio della Juventus. Lo stadio venne
ristrutturato completamente e, dal 1995, cambiò
il suo nome in "Re Baldovino", arrivando a
ospitare una finale di Coppa delle Coppe nel
1996 e un suggestivo Italia-Belgio 2-0, match
giocato il 14 giugno 2000 e valido per gli
Europei di Belgio-Olanda 2000.
UN FILM SULLA TRAGEDIA -
Sull’argomento il regista Marco Tullio Giordana
realizzò nel 1988 un film intitolato
"Appuntamento a Liverpool", con protagonista
Isabella Ferrari (nata a Ponte dell’Olio,
Piacenza). Un interessante libro sull’argomento
è "Heysel, le verità di una strage annunciata",
scritto dal giornalista Francesco Caremani.
Questo libro venne presentato dallo stesso
autore a Cesena, nella libreria Ubik in piazza
del Popolo, venerdì 24 maggio 2019. È doveroso,
ogni anno, ricordare quanto è successo all’ "Heysel" sia per ricordare chi non c’è più, per
stare vicino ai loro familiari e per affermare
con forza che non si deve morire per una partita
di calcio.
Fonte: Corrierecesenate.it
© 29 maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
29 Maggio, 40 anni dalla
tragedia dell'Heysel: l'11 settembre del Calcio
La tragedia dello Stadio
Heysel di Bruxelles è uno degli eventi più bui e
drammatici della storia del calcio mondiale.
di Giovanni Cardarello
Andrea Casula aveva 10 anni
quel 29 maggio 1985 in cui perse la Vita tra le
macerie della Curva Z dello Stadio Heysel di
Bruxelles, Giuseppina Conti pochi di più, 17,
Barbara Lusci, invece, aveva compiuto da poco 58
anni mentre Willy Chielens ne aveva solo 41 ed
era nel settore maledetto solo per un caso
legato ad un errore nella vendita dei biglietti.
Per raccontare o almeno provarci, cosa accadde a
Bruxelles quel maledetto mercoledì di 40 anni fa
non possiamo che partire da loro, dalle vittime,
le 39 persone che morirono a causa del crollo
del Curva Z. Di queste vittime, 32 erano
italiane, 4 belghe, 2 francesi e 1
nordirlandese, 600 i feriti. La fredda cronaca
ci racconta che circa un'ora prima del fischio
d'inizio della finale di Coppa dei Campioni
(l'antenata della Champions League) tra la
Juventus di Trapattoni e Platini e il Liverpool
di Joe Fagan e Ian Rush, un folto gruppo di
hooligans inglesi iniziò a caricare i tifosi
della Juventus presenti nel settore Z dello
stadio.
Questo settore avrebbe
dovuto essere neutrale, ma era stato in gran
parte venduto a tifosi italiani, inclusi molti
nuclei familiari. La pressione della folla in
fuga, unita alla fatiscenza dello stadio di
Bruxelles, causò il crollo di un muro che
delimitava il settore Z. Molti tifosi rimasero
schiacciati, calpestati o caddero nel vuoto.
LA STORIA DELLO STADIO
HEYSEL - Come detto morirono 39 persone, 39 Vite
spezzate per una partita di Calcio, 39 vittime
della criminalità degli Hooligans, della
disorganizzazione della Uefa di allora e di una
gestione commerciale dell'evento ben al di sotto
del livello dilettantesco. Lo accennavamo, lo
Stadio Heysel era stato scelto per il massimo
evento sportivo della Uefa del 1985 per motivi
meramente politici. L'impianto era vecchio,
aveva già 55 anni, era stato costruito nel 1930
con il nome di Stadio del Centenario (i 100 anni
dell'Indipendenza del Belgio) e nel frattempo
aveva preso il nome del quartiere dove era
situato. Le tribune erano fragili e le
recinzioni fatiscenti. Non a caso dopo la
tragedia venne demolito ed oggi al suo posto c'è
lo Stadio Re Baldovino lo Stadio dove gioca la
nazionale del Belgio e saltuariamente l'Union
St.Gilloise. Ma la cosa più assurda è che già
due anni prima, nel 1983 durante la finale di
andata della Coppa Uefa tra Anderlecht e Benfica
un report aveva indicato le varie difficoltà che
evidenziava l'impianto.
LE ALTRE FINALI DELLA UEFA
GIOCATE NELLO STADIO DI BRUXELLES - Ma i
dirigenti del tempo della Uefa e della
Municipalità di Bruxelles rimasero insensibili
al concetto forti del fatto che lo Stadio Heysel
aveva già ospitato la Finale del campionato
europeo del 1972 tra Germania Ovest e Urss, tre
finali della Coppa dei Campioni, 1958, 1966,
1974 (con ripetizione), tre finali della Coppa
della Coppe, 1964, 1976 e 1980 oltra alla già
citata finale della Coppa Uefa. Insomma, un
impianto "affidabile" tanto che il procedimento
giudiziario condannò in modo più intenso le
autorità locali piuttosto che gli Hooligans che
avevano dato il via agli scontri . Alla fine
della fiera solo 14 Hooligans andarono in galera
e ci rimasero solo per 3 anni. Paradossalmente è
più pesante il bilancio sportivo. Le squadre
inglesi, infatti, furono escluse dalla Coppe
europee dal 1985-1986 al 1990-1991 con il
Liverpool che ricevette un bando aggiuntivo di
tre anni poi ridotto a uno. Fattore che spinse
l'allora Premier inglese Margaret Thatcher a
varare il famoso, e discusso, pacchetto di leggi
per stroncare alla radice il fenomeno degli
Hooligans inglesi.
COSA CI HA INSEGNATO LA
TRAGEDIA DEL 29 MAGGIO 1985 - Ma a 40 anni di
distanza da quel 29 maggio 1985 cosa abbiamo
imparato davvero ? Le risposte sono molteplici e
vanno viste sotto diversi punti di vista. In
primo luogo, abbiamo finalmente chiaro che gli
impianti il teatro del gioco sono il cuore delle
competizioni sportive e devono avere il massimo
livello di sicurezza. Non è un caso che alcuni
impianti e alcune nazioni sono sistematicamente
escluse dalla possibilità di organizzare la
finale delle coppe europee. In Belgio la Coppa
dei Campioni prima e la Champions League dopo
l'Heysel non ci sono più tornate. Ma non si è
più giocata una finale in Svizzera, in Olanda,
in Austria nazioni che per la Uefa non
garantiscono i criteri necessari. In seconda
battuta che la gestione logistica dell'evento e
della vendita dei biglietti della finale viene
gestita direttamente dalla Uefa senza passaggi
intermedi se non quelli relativi alla gestione
dei biglietti per club e tifosi ma sempre
passando da una gestione centralizzata. Per non
tacere del fatto che grazie alle tecnologie che
dal 1985 ad oggi hanno letteralmente
rivoluzionato le nostre vite è possibile
individuare in modo puntuale chi entra nello
Stadio. Se a questo aggiungiamo i divieti e i
controlli relativi alla distribuzione di cibo e
bevande componiamo un puzzle che ci dice che
oggi una tragedia come quella dell'Heysel
sarebbe quasi impossibile
L'11 SETTEMBRE DEL CALCIO
MONDIALE - Ma tutto questo, purtroppo, non
consola e non rimargina la ferita delle 39
vittime dell'Heysel. Chi ha vissuto da dentro
quella tragedia ne è rimasto segnato per sempre
e chi come chi scrive, quel 29 maggio 1985 era
appena adolescente, da allora fatica ad
accettare una partita di Calcio possa essere
qualcosa di diverso dal semplice e gioioso
spettacolo sportivo. Soprattutto quando
quell'orrore, quella tragedia diventa, come
scrive Marino Bartoletti si trasforma in "Una
vergognosa clava per manifestare il proprio
"tifo". Quel giorno, il 29 Maggio 1985 è stato
l''11 settembre del Calcio", "L'Hiroshima del
pallone, la "bomba atomica", nella storia del
teppismo da stadio, che, quando esplode, cambia
per sempre la Vita di chiunque di noi. "Era la
fine del mondo, per chi, come me, sognava ancora
a occhi aperti" (Carlo Nesti)
I NOMI DELLE 39 VITTIME
DELLA TRAGEDIA DELLO STADIO HEYSEL - In chiusura
un doveroso e sentito omaggio alle 39 persone
che non ci sono più. Trentanove persone
accomunata da un destino infame e che più che
"39 vittime" erano 39 Vite tutte da svolgere e
riempire di Amore e Tifo ma che purtroppo hanno
terminato la corsa troppo presto e in modo
assurdo. Rocco Acerra (28 anni), Bruno Balli (50
anni), Alfons Bos (35 anni), Giancarlo Bruschera
(35 anni), Andrea Casula (10 anni), Giovanni
Casula (43 anni), Nino Cerullo (24 anni), Willy
Chielens (41 anni), Giuseppina Conti (17 anni),
Dirk Daeninckx (27 anni), Dionisio Fabbro (51
anni), Jaques François (45 anni), Eugenio
Gagliano (35 anni), Francesco Galli (24 anni),
Giancarlo Gonnelli (45 anni), Alberto Guarini
(21 anni), Giovacchino Landini (49 anni),
Roberto Lorentini (31 anni), Barbara Lusci (58
anni), Franco Martelli (22 anni), Loris Messore
(28 anni), Gianni Mastroiaco (20 anni), Sergio
Bastino Mazzino (37 anni), Luciano Rocco
Papaluca (37 anni), Luigi Pidone (31 anni),
Benito Pistolato (50 anni), Patrick Radcliffe
(38 anni), Domenico Ragazzi (44 anni), Antonio
Ragnanese (29 anni), Claude Robert (30 anni),
Mario Ronchi (42 anni), Domenico Russo (26
anni),Tarcisio Salvi (49 anni), Gianfranco Sarto
(46 anni), Amedeo Giuseppe Spolaore (54 anni),
Mario Spanu (41 anni),Tarcisio Venturin (23
anni), Jean Michel Walla (32 anni), Claudio
Zavaroni (28 anni)
Fonte:
Socialmediasoccer.com © 29 maggio 2025
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Articolo Stampa e Web
ACCADDE OGGI
L’Heysel, quarant’anni fa
l’orrore che sconvolse il mondo del calcio
Nella calca morirono 39
persone prima della finale della Coppa dei
Campioni.
Sono passati 40 anni da
quel nefasto 29 maggio 1985, quando una finale
di Coppa dei Campioni si trasformò in un’immane
tragedia umana. Una tragedia provocata sì da una
frangia di tifosi violenti, gli hooligan, che
ormai anche a causa di quell’episodio fanno
parte dell’archeologia del calcio, ma pure
dall’inadeguatezza dello stadio in cui si svolse
la partita e da una cattiva organizzazione delle
forze dell’ordine belghe.
Siamo allo stadio Heysel
(oggi Re Baldovino dopo la completa
ristrutturazione del 1995) a un’ora dal fischio
di inizio della sfida tra Juventus e Liverpool
che vedrà la Vecchia Signora alzare per la prima
volta nella storia la coppa dalle grande
orecchie, anche se il risultato sportivo cade
presto in secondo piano. Nell’impianto decidono
di assegnare ai tifosi juventini
autorganizzatisi e a una piccola parte del
pubblico neutrale il settore Z, situato nella
curva opposta agli ultrà bianconeri e di fianco
agli hooligan inglesi.
I sostenitori dei Reds
iniziano a caricare per appropriarsi dell’intera
curva senza trovare resistenza e provocando la
fuga degli spettatori impauriti che, nel
tentativo di entrare sul terreno da gioco,
vengono respinti a manganellate dai poliziotti.
La folla si schiaccia allora contro il fianco
del settore causando il cedimento di un muro
della vetusta struttura. Il bilancio dell’immane
tragedia è di 39 morti (e oltre 600 feriti), ora
ricordati da una targa sul muro dello stadio. In
un clima surreale, con oltre un’ora di ritardo,
si decide di giocare lo stesso la finale per
ragioni di... ordine pubblico e la Juventus
vince per 1-0 grazie a un rigore trasformato da
Platini, esibendosi in festeggiamenti che
risulteranno totalmente inadeguati e per i quali
molti dei protagonisti si scuseranno.
Da quella Coppa
insanguinata - e dalla strage di Hillsborough
(96 morti) quattro anni più tardi - si cominciò
a riformare il concetto di sicurezza negli stadi
europei per arrivare alla situazione che oggi è
davanti ai nostri occhi.
Fonte: Rsi.ch © 29 maggio
2025
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Articolo Stampa e Web
L'Heysel 40 anni dopo, "Non
dimenticheremo mai"
Anche il Liverpool alle
commemorazioni per i 39 tifosi morti.
Nessuno vuole e può
dimenticare le 39 vittime dell'Heysel, ora a
Torino ci sarà anche un memoriale dedicato alle
vittime intitolato 'Verso Altrove', realizzato
dall'artista Luca Vitone e curato da Luca
Beatrice, il presidente della Quadriennale di
Roma e a lungo alla guida del Circolo dei
lettori di Torino, morto improvvisamente nel
gennaio scorso. E' stato inaugurato nella
cittadella della Juve, tra lo Stadium e il
quartier generale della Continassa, e ha
permesso di riunire il club bianconero e il
Liverpool, rivali in quella drammatica notte del
29 maggio 1985 nella finalissima di Coppa dei
Campioni. Erano presenti, tra gli altri, John
Elkann, ad di Exor, azionista di maggioranza del
club bianconero, il presidente Ferrero, l'ad
Scanavino, il dirigente Giorgio Chiellini
(mentre il grande assente il dt Giuntoli), Con
loro una folta rappresentanza dei Reds
capitanata dall'ex calciatore Ian Rush e le
istituzioni rappresentate dal sindaco di Torino
Stefano Lo Russo e il presidente della Regione
Piemonte Alberto Cirio.
"E' la giornata del
ricordo, è importante ricordare ciò che è
successo 40 anni fa e mostrare vicinanza a chi
era lì e alla Juve" le parole di Elkann, subito
dopo il taglio del nastro dell'opera. "Si tratta
di qualcosa di presente e perpetuo nel cuore
della Juve, vicino al nostro stadio e alla
nostra sede, perché non vogliamo mai dimenticare
questo evento - il commento del numero uno del
club, Ferrero - quella che doveva essere una
notte di festa si è trasformata in una notte di
lutto e terrore: abbiamo lavorato molto sulla
sicurezza negli stadi". Ed è un concetto
espresso a più riprese anche da Paolo Garimberti,
presidente dello Juventus Museum: "Ci vogliono
educazione nei tifosi e impianti più moderni e
sicuri, anche se in Italia la maggior parte è
dell'epoca fascista o degli anni Novanta - ha
dichiarato - e così non si può reggere alla
sicurezza, anche recentemente ci sono stati
episodi che dimostrano che il tifo violento non
è stato estirpato del tutto".
Poi ci sono le
testimonianze di chi ha giocato quella
finalissima sul campo dell'Heysel: "Fu un
prepartita difficoltoso perché il riscaldamento
si prolungò nel tempo e vedevamo i nostri tifosi
feriti e con le maglie strappate" il ricordo del
bianconero Sergio Brio; "Nello spogliatoio non
sapevamo cosa stesse accadendo, abbiamo saputo
la verità soltanto dopo la partita" spiega Rush.
L'ex difensore della Juve, inoltre, ne
approfitta per "precisare una cosa importante
sulla scelta di scendere dall'aereo con la coppa
in mano - dice di fronte al memoriale - perché
fu una decisione della società e di Boniperti: è
stata molto criticata, ma la difendo perché è
stato il modo per onorare i nostri tifosi
scomparsi". Infine, c'è stata la richiesta di
Emilio Targia: "Un minuto di silenzio prima di
Psg-Inter" l'appello all'Uefa da parte di uno
dei sopravvissuti alla tragedia in vista della
prossima finale di Champions.
Fonte: Ansa.it © 29 maggio
2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
RICORRENZA
Heysel, 40 anni fa la
tragedia: il ricordo delle 39 vittime
di Matteo Nava
Da Torino a Bruxelles e
Liverpool, quante celebrazioni per gli incidenti
del 1985 Alla Continassa un’opera commemorativa
e l’anteprima del documentario.
Trentanove volti,
trentanove sorrisi, trentanove voci, trentanove
famiglie. Trentanove anime. Oggi sono
quarant’anni esatti dalla tragedia dell’Heysel,
da quel 29 maggio 1985 in cui 39 tifosi di
calcio (tra cui 32 italiani) persero la vita
prima della finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool, a Bruxelles. Ben 40 anni
sono trascorsi da quella notte, tremenda per il
mondo del calcio e dello sport, minuti di
terrore e ore di straziante dolore che hanno
inevitabilmente segnato la storia della Juventus
per l’eternità. Nel museo ufficiale della
Signora c’è una parte dedicata all’Heysel, nel
cortile della sede di corso Galileo Ferraris c’è
una stele monumentale e a quei 39 tifosi era
stato dedicato un momento specifico nella sera
d’inaugurazione dell’allora Juventus Stadium -
oggi Allianz Stadium - nel 2011. Nel 40°
anniversario, ovviamente, il club bianconero
coglie l’occasione per mettere in pausa la
quotidianità e omaggiare quelle 39 anime che non
saranno mai dimenticate.
VERSO ALTROVE - Questa
mattina, alle 11, la giornata dedicata al
ricordo della tragedia dell’Heysel comincerà a
pochi passi dal centro sportivo della Continassa,
dove sarà inaugurata l’opera commemorativa Verso
altrove. Realizzata da Luca Vitone - uno dei più
importanti artisti contemporanei italiani - e
curata dal compianto Luca Beatrice, si sviluppa
in un’area di circa duemila metri quadri: sul
manto erboso sono disposti dei maestosi ginkgo
biloba - simbolo di resilienza e longevità - e
tra gli alberi è presente una rampa a forma di
spirale centrifuga, un percorso lungo 66 metri
fino a raggiungere un’altezza complessiva di
oltre 5 metri. Il percorso è illuminato a led:
accompagna il visitatore verso la sommità e
rende visibile l’opera dall’alto, come segno
distinguibile tracciato nel tessuto urbano della
città, anche nell’oscurità. Al termine della
salita un cannocchiale dalle lenti invertite
offre una prospettiva insolita: anziché
avvicinare, allontana lo sguardo, invitando a
guardare oltre, verso l’orizzonte, al di là del
visibile. Durante l’inaugurazione del memoriale
verrà anche presentato in anteprima l’omonimo
documentario prodotto da Juventus Creator Lab,
trasmesso poi in esclusiva su Sky Arte alle 21 e
in streaming su NOW.
IN ITALIA - Poco dopo, alle
21.20, Rai 2 trasmetterà invece il docufilm
Heysel 1985, mentre dalla mattinata il Museo del
Calcio di Coverciano ospiterà un incontro
dedicato e una mostra fotografica. In Italia
sarà Torino il fulcro delle celebrazioni, anche
dopo l’inaugurazione alla Continassa. Alle 18,
nella piazza intitolata proprio alle Vittime
dell’Heysel, la Juventus e le autorità cittadine
provvederanno alla deposizione di mazzi di
fiori, mentre in serata uno spettacolo teatrale
unirà la tragedia dell’Heysel a quella di
Superga. Altre celebrazioni si terranno anche a
Grugliasco nel giardino intitolato alle vittime,
mentre nel carcere Lorusso e Cutugno sono state
organizzate sia una lezione speciale che una
commemorazione dedicata con la sopravvissuta
Carla Gonella e l’ex dirigente bianconero Franco
Mottola. E, dal tramonto, la Mole Antonelliana
si tingerà di bianconero e su di essa sarà
proiettata la scritta "+39".
ALL'ESTERO- Belgio e Regno
Unito, coinvolti in diverso modo nella tragedia
dell’Heysel, non si faranno trovare impreparati.
Proprio nello stadio di quella finale di Coppa
Campioni, oggi chiamato Re Baldovino, sarà
deposta una corona di fiori e saranno letti i
nomi delle 39 vittime da parte di un tifoso
della Juventus, alla presenza delle autorità
locali e dei rappresentanti diplomatici di
Italia e Regno Unito: a pochi metri da dove 40
anni fa si verificò il crollo, oggi è presente
una targa in marmo. A Liverpool, invece, nelle
prossime settimane il club presenterà un nuovo
memoriale commemorativo in ricordo delle
vittime: il monumento sarà adornato da due
sciarpe annodate tra loro (una bianconera e
l’altra dei Reds) per "simboleggiare l’unità e
la solidarietà tra i due club e il legame
forgiato attraverso il dolore condiviso e il
rispetto reciproco". Sul nuovo monumento, che si
chiamerà Forever Bound - legati per sempre -
verranno iscritti i nomi delle vittime, con la
scritta anche in italiano "In memoria e
amicizia".
Fonte: Gazzetta.it © 29
maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
RICORRENZA
Juve: "Heysel, festa
trasformata in un incubo"
Commemorazioni a Torino,
Liverpool e Bruxelles
Elkann: "Importante
ricordare". Il Liverpool ha annunciato che a
Anfield sorgerà un memoriale in ricordo della
tragedia di 40 anni fa.
"Sono trascorsi 40 anni
dalla tragica serata dell'Heysel: il 29 maggio
1985 a Bruxelles, all'interno dello stadio della
città belga, a poche decine di minuti dal
fischio di inizio della finale di Coppa dei
Campioni tra Juventus e Liverpool, 39 persone
hanno perso la vita a seguito degli scontri
iniziati sugli spalti e proseguiti poi nel corso
di una serata piena di violenza. Un appuntamento
in cui l'orrore ha preso il sopravvento sullo
sport, un momento che ha fatto da spartiacque
nella vita di milioni di tifosi, di
appassionati, di donne e di uomini legati alla
storia della nostra società". La Juventus, sul
proprio sito ufficiale, ricorda la tragedia
dell'Heysel, "un dramma del quale diventa
necessario tenere memoria, unico modo per
evitare che si possano rivivere dei momenti di
terrore e sconcerto come quelli. Resta la
completa perdita di senso di una serata
impensabile, il dolore per chi non è tornato a
casa, la consapevolezza che, anche a distanza di
40 anni, quella ferita non trova modo di
rimarginarsi. E per certi versi non potrà mai
farlo, continuando a fare male come se non
fossero passati quattro decenni. Il
convincimento da parte dell'intera famiglia
della Juventus è quello di portare avanti
sempre, e per sempre, il ricordo indelebile e la
memoria condivisa di chi si è ritrovato vittima
di una tragedia senza logica in una giornata di
festa trasformata in un incubo". Il presidente
di Exor, John Elkann, ha commentato: "Oggi è la
giornata del ricordo di quello che successe 40
anni fa e dell'importanza di ricordare e di
essere vicini a chi era lì ma vicini anche alla
Juventus".
A Torino e a Bruxelles
viene commemorato oggi il 40° anniversario della
strage dello stadio Heysel. Alle 11, nello Scalo
Eventi Torino in Strada della Continassa 28,
viene inaugurata l'opera "Verso Altrove".
Presente per la Juve una delegazione guidata dal
presidente Gianluca Ferrero, oltre al Gonfalone
ufficiale in rappresentanza del Club portato dai
ragazzi del Settore Giovanile. Un gonfalone
ufficiale del club bianconero sarà presente
anche in Belgio, a Bruxelles, dove Gianluca
Pessotto, Football Teams Staff Coordination
Manager di Juventus, parteciperà all'omaggio
alle vittime in programma alle 15,30 nello
stadio Re Baldovino. Sempre a Torino, alle 18,
il presidente Ferrero interverrà insieme alle
autorità cittadine e regionali e a
rappresentanti dell'associazione "Quelli di via
Filadelfia" alla cerimonia nella biblioteca
civica Italo Calvino. In serata sarà
l'illuminazione della Mole Antonelliana a
chiudere la giornata di commemorazione. Domani,
venerdì 30 maggio, al Museo del Calcio di
Coverciano si terrà l'evento dal titolo "Heysel:
40 anni dopo. Il valore della memoria". Nel
pomeriggio la presentazione del libro di Luca
Serafini, a Castiglion Fiorentino, "La ragazza
dai pantaloni verdi. Giusy, la Juve, l'Heysel".
Memoriale ad Anfield - Il
Liverpool presenterà nelle prossime settimane un
nuovo memoriale commemorativo in ricordo delle
39 vittime, 32 delle quali italiane. Il nuovo
monumento - hanno spiegato fonti del club alla
Bbc - sarà adornato da due sciarpe (del
Liverpool e della Juventus) annodate tra loro,
"per simboleggiare l'unità e la solidarietà tra
i due club e il legame forgiato attraverso il
dolore condiviso e il rispetto reciproco". Sul
nuovo monumento verranno iscritti anche i nomi
delle vittime, con la scritta anche in italiano
`In memoria e amicizia´. Il nuovo memoriale,
ribattezzato "Forever Bound", verrà collocato in
un settore ancora da definire, "per offrire uno
spazio più visibile e accessibile per la
riflessione e il ricordo".
Fonte: Gazzetta.it © 29
maggio 2025
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Articolo Stampa e Web
"Dolore ancora vivo"
"Il dolore per la tragedia
dell'Heysel è ancora vivo: quanto successo 40
anni fa a Bruxelles rappresenta una ferita
ancora non rimarginata nella vita dei familiari
delle vittime e nel vissuto comune dell'intera
famiglia calcistica europea. Il ricordo e la
testimonianza di quei terribili fatti servano da
monito perenne, affinché una festa di sport non
si trasformi mai più in un'occasione di
sofferenza". Così, nel giorno del quarantesimo
anniversario della strage dell'Heysel, il
presidente della Figc, Gabriele Gravina, ricorda
le 39 persone che il 29 maggio del 1985 persero
la vita prima dell'inizio della finale di Coppa
dei Campioni tra Liverpool e Juventus.
Fonte: Ansa.it © 29 maggio
2025
Fotografia: ©
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
Quaranta anni fa la strage
dell'Heysel, la vergogna del calcio
La furia degli hooligans
allo stadio per Juve-Liverpool, 39 morti.
Briaschi: "Fu scioccante".
Quella notte all'Heysel
Juventus-Liverpool "si doveva giocare altrimenti
ci sarebbero stati oltre mille morti". Una
tragedia, una strage che ha segnato non solo il
calcio italiano ma anche quello mondiale, in
maniera indelebile. Sono passati 40 anni da quel
maledetto 29 maggio nel fatiscente stadio di
Bruxelles, e anche se ricordare "fa ancora
male", come dice 'Le Roi' Platini, dimenticare è
impossibile. Ci sono state altre tragedie, nel
calcio mondiale, anche con bilanci più tragici,
ma nessuna come l'Heysel è così evocativa. Non
solo per l'importanza dell'appuntamento e per il
peso delle protagoniste in campo, ma per
l'assurdità della dinamica, l'impatto devastante
delle immagini tv, il bando per 5 anni delle
squadre inglesi dall'Europa su proposta di
Londra e le draconiane misure della Tatcher
contro la piaga degli hooligans. La vergogna del
calcio. Doveva essere un'occasione di festa,
come ogni finale di Coppa dei Campioni, si
trasformò in un dramma, con la morte di
trentanove persone (di cui 32 italiane, rimasero
feriti in oltre 600) e poi le infinite polemiche
per la partita giocata, e poi vinta dalla Juve
con un rigore di Platini. Ma sulle accuse, è
pressoché univoco il ricordo e l'opinione di chi
c'era, in campo, come Massimo Briaschi. "I
colpevoli ? L'Uefa - si dice certo l'ex
attaccante Juve - che scelse uno stadio inadatto
e gli hooligan" che furono banditi dal calcio e
a cui fu attribuita ogni responsabilità da parte
del processo penale. Il disastro si consumò
circa un'ora prima del match quando gli
hooligans, ovvero i tifosi inglesi più accesi e
violenti, cominciarono a spingersi verso il
settore Z, dove erano posizionati molti tifosi
juventini organizzatisi autonomamente. Lo fecero
a ondate, cercando il take an end ("prendi la
curva") e sfondando le reti divisorie. Un'azione
criminale che portò al crollo di un muro per la
grande calca che venne a crearsi e la morte di
tante persone rimaste schiacciate e calpestate
dalla folla che cercava una via d'uscita. Una
tragedia ricordata a 40 anni di distanza da chi
quella partita maledetta l'ha dovuta giocare
come Briaschi, uno dei 22 scesi in campo in
quella tragica serata del 29 maggio 1985 : "mi
ricordo tutto perfettamente come fosse oggi -
racconta all'Ansa - tutto quello che è successo.
Un ricordo che non finirà mai, assolutamente no.
Un ricordo che ti resta dentro per sempre-
Perché si gioco ? Sulla partita avevamo notizie
frammentarie, passavano persone che dicevano che
c'era un morto e che si stavano menando. La
verità dei 39 morti l'abbiamo saputa in hotel
dopo la partita. Che per fortuna è stata
giocata: altrimenti ci sarebbero stati più di
mille morti. La situazione non era sotto
controllo. Abbiamo giocato in uno stadio che non
poteva avere una finale di Coppa dei Campioni -
aggiunge l'ex attaccante bianconero oggi
procuratore di giovani promesse del calcio - Già
al mattino c'erano stati chiari segnali: gli
hooligans sono arrivati allo stadio in
condizioni vergognose, li avevamo visti in citta
bere casse di birra. Le polemiche per la festa a
fine partita ? Ce lo disse l'Uefa di andare
sotto la curva per non peggiorare la situazione.
Le colpe ? L'organizzazione e uno stadio non
adatto ad una partita di quel tipo. Fu
un'esperienza - conclude Briaschi - traumatica,
sono cose che a vent'anni ti possono stravolgere
la vita. Una tragedia che va ricordata affinché
non accada mai più". Tra gli undici in campo
c'era anche Platini: "Sono brutti ricordi -
afferma l'ex numero 10 bianconero che in quella
finale realizzò il rigore della vittoria contro
il Liverpool - non ne parlo volentieri. Mi ha
fatto davvero male pensare alle persone che
erano venute per vederci e poi non sono
tornate". La memoria, invece, torna sempre a
quel maledetto 29 maggio.
Fonte: Ansa.it © 29 maggio
2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
Per Juventus e Liverpool è
stato difficile fare i conti con la memoria
dell’Heysel
La strage della finale di
Coppa dei Campioni del 1985 è stata per anni un
ricordo scomodo, ma forse qualcosa sta
cambiando.
Mercoledì le squadre di
calcio della Juventus e del Liverpool hanno
presentato i nuovi memoriali dedicati alla
strage dell’Heysel, dal nome dello stadio belga
dove quarant’anni fa 39 tifosi morirono prima
della finale di Coppa dei Campioni. Oggi
entrambe le società la commemorano con cerimonie
ufficiali ogni anno, ma non è sempre stato così:
per tutte e due le squadre l’Heysel fu per anni
un ricordo scomodo.
La strage avvenne come
detto allo stadio Heysel di Bruxelles, in
Belgio, poco prima della finale di Coppa dei
Campioni (l’attuale Champions League) tra la
Juventus e il Liverpool. Si sarebbe dovuta
giocare alle 20:15 del 29 maggio 1985, ma un’ora
prima molti hooligans (come sono chiamati nel
Regno Unito coloro che fanno parte del tifo
organizzato) del Liverpool iniziarono a spingere
per entrare nel settore Z, quello di fianco al
loro. Lì c’erano alcuni tifosi della Juventus
che non facevano parte di alcuna tifoseria
organizzata, a differenza di quanto credevano
gli hooligans.
Spaventati, i tifosi del
settore Z cercarono di scappare verso il campo,
ma le autorità belghe li fermarono. Cominciarono
quindi ad ammassarsi sul muro opposto al settore
dei tifosi del Liverpool, che però a un certo
punto crollò, anche a causa delle pessime
condizioni dello stadio. Morirono 39 persone,
schiacciate dal muro, asfissiate o calpestate
dalle tantissime in fuga con loro. Altre 600
persone furono ferite.
Per evitare ulteriori
disordini la UEFA e le autorità locali decisero
di far giocare lo stesso la partita, che iniziò
alle 21:40.
Proprio il fatto che la
partita si giocò lo stesso fu oggetto di
numerose critiche fin da subito, anche da parte
delle stesse società coinvolte. La decisione
causò anche un certo imbarazzo nelle emittenti
internazionali, alcune delle quali decisero di
non trasmettere nemmeno la partita. La
televisione austriaca, invece, la trasmise con
la scritta: "Questa che trasmettiamo non è una
manifestazione sportiva, ma una trasmissione
volta a evitare massacri". Mentre sugli spalti
iniziavano scontri tra i tifosi, la partita
iniziò come se non fosse successo nulla. Quando
il calciatore della Juventus Michel Platini
segnò il gol dell’1-0 festeggiò con un’esultanza
plateale e quando la Juventus vinse la partita i
festeggiamenti continuarono quasi allo stesso
modo. Nonostante la Juventus avesse appena vinto
la sua prima Coppa dei Campioni, il trofeo più
ambito da ogni squadra di calcio europea, quelle
celebrazioni sembrarono molto fuori luogo. Anche
i tifosi della Juventus presenti allo stadio in
altri settori festeggiarono, ma molti di loro
non avevano piena coscienza della strage, perché
non erano stati informati nel dettaglio di cosa
fosse successo; i calciatori invece,
raccontarono in seguito, sapevano che
probabilmente c’erano stati dei morti, anche se
non tutti avevano compreso la gravità della
situazione. Bruno Pizzul, il telecronista che
commentò la partita per la Rai, espresse grande
disagio durante la telecronaca proprio per il
suo esplicito tentativo di commentare
contemporaneamente la strage e la storica
vittoria della Juventus.
Insomma, il modo in cui la
Juventus festeggiò la Coppa rese molto
problematica la gestione della memoria
dell’evento. Anche se la società fece costruire
nella propria sede un piccolo monumento in onore
delle vittime, qualche giornale e i familiari
delle vittime accusarono più volte la Juventus
di promuovere raramente delle iniziative in
memoria della strage.
In effetti, il primo
momento in cui la Juventus fece davvero i conti
con la memoria della strage dell’Heysel arrivò
solo nel 2005, quando dovette giocare nuovamente
contro il Liverpool in Champions League, questa
volta ai quarti di finale.
Durante la partita di
andata, che si giocò in Inghilterra, le due
squadre presentarono una nuova placca in memoria
della strage, ma il resto della commemorazione
non fu gestito benissimo. Prima del calcio
d’inizio per esempio ci doveva essere un minuto
di silenzio sia per le vittime dell’Heysel che
per papa Giovanni Paolo II, morto qualche giorno
prima. Lo speaker italiano, però, sbagliò ad
annunciare il minuto di silenzio e disse che era
solo per il papa. I tifosi juventini, che si
erano già scontrati con quelli del Liverpool
prima della partita, durante il minuto di
silenzio voltarono le spalle al campo e fecero
il dito medio in direzione degli avversari.
Prima della partita di
ritorno, invece, vi fu un momento molto
significativo, perché per la prima volta la
Juventus organizzò un incontro ufficiale con i
membri dell’Associazione Familiari Vittime
Heysel, fondata nel 1985 da Otello Lorentini,
padre di una delle vittime.
Eppure secondo la stessa
Associazione la Juventus iniziò a ricordare
attivamente la strage solo dal 2010, quando
Andrea Agnelli divenne presidente della squadra.
Per esempio, nel 2011 la Juventus dedicò una
parte dello Juventus Stadium, il suo nuovo
stadio inaugurato nel 2011, proprio alle 39
vittime dell’Heysel.
L’Associazione ritiene
comunque che in questi anni l’impegno della
Juventus non sia stato abbastanza. Secondo il
presidente Andrea Lorentini (il nipote di
Otello), dal 2010 sono state celebrate soltanto
due messe in memoria delle vittime dell’Heysel;
sempre a Torino, viene celebrata una messa ogni
anno per l’incidente di Superga del 1949, in cui
l’aereo che trasportava la squadra di calcio del
Torino, la migliore in Italia in quegli anni, si
schiantò contro il bastione della Basilica di
Superga.
Per il Liverpool fare i
conti con la memoria dell’Heysel fu ancor più
complicato, dato che furono proprio dei tifosi
del Liverpool a causare la strage (dodici di
loro furono condannati a quattro o cinque anni
di carcere). Quattro anni dopo, poi, un’altra
strage - quella dello stadio Hillsborough a
Sheffield, dove morirono 96 tifosi del Liverpool
- oscurò la memoria dell’Heysel, evidentemente
molto più complicata da gestire.
Anche per la squadra
inglese il 2005 fu un’occasione per iniziare a
gestire diversamente la memoria dell’Heysel. Una
parte dei tifosi del Liverpool cercò di chiedere
scusa a quelli della Juventus con striscioni con
scritto "amicizia" e un hooligan che si trovava
all’Heysel nel 1985 andò a Torino a chiedere
pubblicamente scusa ai familiari delle vittime.
Fino a oggi, però, a
Liverpool erano state realizzate solo due
piccole targhe in memoria dell’Heysel, poco
visibili per via della loro posizione e
decisamente più modeste rispetto al monumento
dedicato alla tragedia di Hillsborough. Il nuovo
memoriale, voluto soprattutto dai tifosi del
Liverpool, è invece un’opera imponente, alta più
di due metri. Il nuovo memoriale della Juventus,
inaugurato quest’anno alla Continassa (il centro
sportivo della squadra), è una pedana a forma di
elica lunga 65 metri e alta tre.
Fonte: Ilpost.it © 29
maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
Strage dell’Heysel,
quarant’anni fa la tragedia
di Francesco Marinari
Il ricordo di uno dei
momenti più bui per il calcio italiano durante
la finale di Coppa dei Campioni a Bruxelles tra
Juventus e Liverpool: i gravi disordini
provocati dai tifosi inglesi portarono alla
morte di trentanove tifosi bianconeri.
Firenze, 29 maggio 2025 -
Quarant’anni fa, la tragedia, il lutto e il
dolore. Era il 29 maggio 1985. La strage
dell’Heysel viene ricordata oggi anche in
Toscana. Il ricordo è ancora oggi impresso. Fu
uno dei momenti più bui per il calcio italiano.
Trentanove tifosi morirono. Trentadue erano
italiani. Tra loro anche molti toscani. Erano lì
per la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus
e Liverpool. Una festa dello sport, un momento
importante per il calcio europeo che si
trasformò in lutto e tragedia.
A causa dei gravi disordini
provocati dai tifosi del Liverpool che portarono
gli juventini a schiacciarsi contro una delle
tribune in cui erano sistemati, il settore Z
dello stadio Heysel di Bruxelles. Le conseguenze
furono tragiche e furono dovute anche al crollo
di una parte della tribuna stessa, che non resse
il peso delle tante persone che si erano lì
assiepate per fuggire ai tifosi inglesi.
Quarant’anni dopo resta il lutto per tante
famiglie. Ferite profonde, mai dimenticate anche
in Toscana. Terra di tanti tifosi bianconeri,
che allora come oggi partono per le trasferte di
coppa in giro per l’Europa.
Cinque furono le vittime
toscane allo stadio Heysel. Bruno Balli (di
Prato), Giuseppina Giusy Conti, 17 anni e
Roberto Lorentini di Arezzo; Giancarlo Gonnelli
di Ponsacco; Giovacchino Landini di Capannori.
Morirono tutti nella calca, in quei momenti
drammatici. Era il tardo pomeriggio, prima della
partita che si sarebbe giocata alle 20.15. Il
caos di quelle ore fu totale. Quarant'anni fa,
ma sembra passato un secolo. Non c'era internet,
non c'erano le informazioni in tempo reale, non
c'era whatsapp. Poche persone si resero conto di
cosa davvero era successo. Si vedevano i
disordini, la televisione mandò in onda in
diretta gli incidenti. Ma solo a sera si capì la
reale dimensione della tragedia.
Tante storie che si
intrecciano. Di chi riuscì a tornare a casa ma
poté chiamare i suoi familiari solo a notte
inoltrata o il giorno dopo. E di chi non ce la
fece. Come il medico Roberto Lorentini di
Arezzo. Era già salvo, era riuscito a uscire
dalla calca. Ma vide un bambino in difficoltà,
(Andrea Casula, sardo, che poi morì anch'esso) e
tornò verso i disordini per essere poi di nuovo
travolto. Morì così. Era un medico aretino di 31
anni, sposato e padre di due figli piccoli. Il
padre di Roberto, Otello, fu colui che fondò
l'associazione dei familiari delle vittime
dell'Heysel. Tra le vittime toscane anche la
diciassettenne Giusy Conti. Anche lei di Arezzo.
Aveva una grande passione per lo sport. Andò
all'Heysel coi suoi familiari. Morì nella calca.
Voleva soltanto vedere la sua Juventus e tifare.
In suo ricordo è stato scritto un libro, "La
ragazza dai pantaloni verdi", di Luca Serafini.
Fonte: Lanazione.it © 29
maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
Calcio, quarant’anni fa la
tragedia dell’Heysel
Tardelli a La Stampa: "Una
coppa che non sento mia".
Roma, 29 mag. (askanews) -
Sono passati esattamente quarant’anni dalla
tragedia dello stadio Heysel di Bruxelles,
quando il 29 maggio 1985, prima della finale di
Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool,
persero la vita 39 persone, in gran parte tifosi
italiani, e oltre 600 rimasero ferite. Una delle
pagine più nere della storia del calcio europeo
e mondiale, che oggi viene ricordata con dolore
e riflessione.
Marco Tardelli, ex
centrocampista della Juventus e campione del
mondo con l’Italia nel 1982, ha voluto
condividere la propria memoria di quel giorno,
in una intervista a La Stampa: "Non avrei voglia
di parlarne, è stata una sconfitta collettiva",
ha dichiarato Tardelli.
L’ex calciatore ha
sottolineato quanto ancora oggi quella tragedia
pesi sulle coscienze di chi c’era: "La partita
non fu vera, non andava giocata. Nessuno ci
aveva informato. Avevamo percepito qualcosa ma
ci dissero si gioca per ragioni di sicurezza. Ci
avevano parlato di tafferugli ma non potevamo
immaginare. Le esultanze ? Eravamo
inconsapevoli".
Lo stadio Heysel, oggi
ristrutturato e rinominato stadio Re Baldovino,
è diventato simbolo di memoria e monito contro
la violenza negli stadi. La UEFA, le federazioni
calcistiche e le società continuano a promuovere
messaggi di pace, tolleranza e rispetto anche
alla luce di quanto accadde quella sera.
Per Tardelli, l’eredità di
quella tragedia è ancora viva: "Ho detto di non
sentire mia quella coppa e lo ripeto. Non mi ha
dato gioia ma rabbia e sofferenza"
In occasione
dell’anniversario, la Juventus ha organizzato
una cerimonia commemorativa presso l’Allianz
Stadium, alla presenza dei familiari delle
vittime, dei dirigenti del club e delle
istituzioni sportive. Anche il Liverpool ha
espresso la propria vicinanza, rinnovando il
messaggio di cordoglio e unità tra i due club.
L’eco dell’Heysel resta
viva in ogni iniziativa contro l’odio negli
stadi. Il ricordo di quelle 39 vittime è oggi
più che mai un richiamo alla responsabilità
collettiva del mondo sportivo e dei tifosi.
Fonte: Askanews.it © 29
maggio 2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
I testimoni della tragedia
dell'Heysel: "Da una festa si trasformò in
tragedia"
di Viviana Minervini
A 40 anni dalla finale di
Coppa dei Campioni dove persero la vita 39
persone chi era presente allo stadio di
Bruxelles ricorda quei tragici momenti.
AGI - "Il 29 maggio è il
mio secondo compleanno. Da quarant'anni vivo con
il pensiero che tra quelle 39 vittime ci sarei
potuto essere anch'io". Così, con la voce
incrinata dall'emozione, Raffaele Picciotti,
docente di Bitonto e testimone della strage
dell'Heysel, apre uno squarcio su una delle
ferite più profonde della storia sportiva e
civile del nostro Paese.
Quarant'anni fa, a
Bruxelles, allo stadio Heysel, la Coppa dei
Campioni si trasformò in un requiem.
Juventus-Liverpool doveva essere una festa, si
rivelò un massacro. Trentadue italiani persero
la vita tra i trentanove che non fecero più
ritorno a casa. Oltre seicento furono i feriti.
Migliaia, invece, gli occhi che videro troppo e
non dimenticarono più. Era il 29 maggio 1985.
L'Europa si accendeva di
attese, ma si spense nella polvere e nel sangue.
Il muro dello stadio, opposto al settore degli
hooligans inglesi, cedette sotto la pressione
della folla in fuga, provocata dall'assalto dei
tifosi Reds. Tra i sopravvissuti, la memoria è
ancora viva, lucida, tremante.
Gaetano Conte, tarantino,
quel giorno portava con se' due amici - che oggi
non ci sono più - e un ragazzo disabile,
affidatogli dal Comune. Doveva essere una
trasferta di passione, diventò un'odissea.
"Avevamo i biglietti per la
gradinata, ma fummo dirottati in curva, accanto
agli hooligans, visibilmente ubriachi. Urlavano,
minacciavano. Tra noi e loro, una rete
fatiscente. Sentii che qualcosa sarebbe
accaduto: misi in salvo il ragazzo, i miei
amici, poi crollai. Penso di essere stato morto
per due o tre minuti, prima di risvegliarmi
vicino alla porta del portiere". Anche Picciotti
era lì, in viaggio di nozze, appena sposato il
18 maggio. Una tappa in Belgio, poi la Francia.
Juventus in finale, impossibile resistere.
"Ci organizzammo con amici
bergamaschi. L'atmosfera la mattina era da
sogno: scambi di sciarpe, di maglie, abbracci
tra tifosi. Poi l'inferno. Lo stadio sembrava un
campo dilettantistico: niente gradini, controlli
strettissimi da un lato, birra a fiumi
dall'altro. Ma fummo fortunati: finimmo in un
settore tranquillo. Fu un tifoso di Pisa, lacero
e terrorizzato, a raccontarci la verità: 'Di là
ci sono morti'". Il tempo, da allora, per
Picciotti ha cambiato senso. "Ogni anno, in
questo giorno, sento di essere nato una seconda
volta".
Dino Morrone, altro
bitontino, faticava a ricordare. Ma poi trova la
forza e la restituisce in parole: "La finale,
l'adrenalina, tutto si dissolse nel caos.
Spesso, con i miei amici, ci diciamo: 'Potevamo
essere noi nella lista': Ma io ho voluto
superare quella tragedia. Ho continuato ad
andare allo stadio: la Juve, certo, ma anche il
Bari, in Serie A. Dentro, però, le vittime
dell'Heysel non le ho mai dimenticate. Mai".
Non hanno più potuto
raccontare, invece, Alberto Guarini e Benito
Pistolato. Alberto aveva 20 anni, era uno
studente universitario di odontoiatria a Bari.
Oggi, a Mesagne, lo stadio porta il suo nome.
Benito, commerciante barese di 49 anni, partì
lasciando la moglie e tre figli. Non tornò mai
più.
Quel giorno, all'Heysel,
c'erano 58.000 spettatori. Tanti pugliesi,
arrivati da ogni angolo del Tacco d'Italia,
accomunati dal sogno di vedere la loro squadra
del cuore sul tetto d'Europa. Il destino, però,
li accolse con il fragore di un muro che crolla
e il silenzio eterno che solo la morte sa fare.
A distanza di quarant'anni,
l'eco di quella tragedia ancora risuona tra le
pieghe della memoria. Il tempo ha il compito di
lenire, ma non di cancellare. E il calcio, che
dovrebbe unire, ha il dovere di ricordare.
Perché dietro ogni striscione, dietro ogni coro,
ci sono volti, nomi, storie. Ci sono vite. E c'è
una promessa che ogni testimone sopravvissuto
rinnova ogni 29 maggio: non dimenticare.
Fonte: Agi.it © 29 maggio
2025
Fonte:
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Articolo Stampa e Web
A 40 anni dalla tragedia
dell'Heysel, il giorno che ha cambiato per
sempre il calcio
di Javier Escribano
l 29 maggio 1985 è uno dei
giorni più bui della storia del calcio. Quella
che doveva essere una festa si è trasformata in
una delle peggiori tragedie in uno stadio di
calcio, con 39 vittime e 600 feriti. Quello che
seguì fu un divieto senza precedenti del calcio
inglese da parte della UEFA e un punto di svolta
contro il teppismo, anche se ci furono molti
altri fallimenti in quel fatidico giorno di 40
anni fa. Liverpool e Juventus si sono recate a
Bruxelles per giocare la finale di Coppa dei
Campioni. I tifosi locali di ogni club sono
stati posizionati su lati diversi dello stadio,
per evitare conflitti. Tuttavia, la Sezione Z,
situata proprio accanto agli ultras del
Liverpool, separata solo da una recinzione, è
stata lasciata come zona neutra, occupata
principalmente dai tifosi della Juventus che
avevano acquistato i biglietti. Un'ora prima del
calcio d'inizio, gli hooligan del Liverpool
hanno iniziato a lanciare oggetti contro i
tifosi della Juventus nel blocco Z, e alcuni
hanno iniziato a caricare verso di loro,
lasciando i pochi agenti di polizia impotenti.
Quando i tifosi della Juventus hanno cercato di
scappare, sono stati schiacciati con il muro,
intrappolandoli all'interno. Alla fine, i muri
crollarono e decine di persone caddero, furono
schiacciate dal cemento o da altre persone,
soffocando a morte. Le autorità sono state
sopraffatte, cercando di evitare uno scontro più
ampio, impedendo ai tifosi della Juventus di
assistere a tutto ciò dall'altra parte dello
stadio.
PERCHÉ LA PARTITA NON È
STATA ANNULLATA ? - Nonostante il gran numero di
vittime (la maggior parte dei quali italiani),
la partita si svolse dopo un certo ritardo. I
funzionari della UEFA, le federazioni
calcistiche inglesi, belghe e italiane e le
forze dell'ordine hanno concordato che la
partita avrebbe dovuto svolgersi per evitare
incidenti più grandi, temendo che il numero
delle vittime potesse essere molto più grande se
gli oltre 60.000 tifosi dovessero essere portati
fuori dallo stadio, con probabili risse tra i
due tifosi. "Quello che ricordo di più sono le
grida di dolore di quelle persone che stavano
soffocando a morte e le grida di gioia dei
tifosi che festeggiavano la vittoria della Juve,
ignari della tragedia che si era appena
consumata", ha detto l'ex commissario di polizia
Roland Vanreusel a RFI. La partita è terminata
1-0 per la Juventus, con un gol su rigore di
Michel Platini, mentre le autorità stavano
ancora curando le ferite del blocco Z. "Il
francese ha saltato di gioia anche se sapeva che
c'erano stati dei morti. Questo mi ha
allontanato dal calcio per tutta la vita".
LE ENORMI RIPERCUSSIONI
DELLA TRAGEDIA DELL'HEYSEL - Molte cose sono
andate storte quel giorno, a cominciare dai
funzionari della sicurezza. Secondo Vanreusel,
un comandante della gendarmeria era intervenuto
all'ultimo minuto per sostituire l'ufficiale in
carica, che si era ammalato. "Aveva piazzato
solo 10 sventurati tra i sostenitori delle due
parti, quando sarebbe stato necessario almeno un
plotone di 30 uomini, come avevo fatto io nel
settore sotto la mia responsabilità". Lo stadio
Heysel non era chiaramente adatto ad ospitare
una partita ad alto rischio come quella, con
molte carenze strutturali che hanno causato il
crollo del muro, che ha causato molti più morti.
Secondo quanto riferito, l'ispezione ufficiale
dello stadio prima della partita è durata solo
trenta minuti e la UEFA ha ignorato le richieste
di scegliere un altro stadio. Tuttavia, a
differenza di altre tragedie negli stadi di
calcio, come il disastro di Hillsborough quattro
anni dopo, dove 97 persone morirono a causa
della congestione della folla, gli incidenti
dell'Heysel sono avvenuti a causa della violenza
degli hooligans, e in particolare degli hooligan
del Liverpool. Ciò ha portato la UEFA ad agire
contro tutto il calcio inglese, bandendo tutte
le squadre inglesi dalle competizioni UEFA per
un periodo di tempo indeterminato, che alla fine
è stato di cinque anni, e sei per il Liverpool.
Mentre i rapporti iniziali attribuivano tutta la
colpa ai tifosi del Liverpool, anche la polizia
e le autorità sono state ritenute in parte
responsabili, e al Belgio è stato infine vietato
di ospitare le finali europee per dieci anni. Il
disastro rese anche più severa la lotta contro
il teppismo e Margaret Thatcher chiese pene
detentive più severe per i tifosi di calcio
violenti. Furono messe in atto ulteriori misure
di sicurezza per evitare gli ultras, ma profondi
cambiamenti strutturali negli stadi non ebbero
effetto in Inghilterra fino a dopo il disastro
di Hillsborough nel 1989, dove 97 persone
morirono in una calca.
Fonte: Msn.com © 29 maggio
2025
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Heysel, 40
anni dopo: il ricordo di una tragedia che ha
segnato il calcio e la storia
di Maria
Tortora
Oggi, 29 Maggio 2025,
ricorre un anniversario che per molti non è solo
una data sul calendario, ma una cicatrice
profonda nella memoria collettiva: sono
trascorsi quarant’anni dalla tragedia
dell’Heysel. La sera del 29 Maggio 1985, lo
Stadio Heysel di Bruxelles avrebbe dovuto essere
il teatro della finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool, un evento sportivo
attesissimo che si trasformò invece in uno dei
capitoli più oscuri della storia del calcio e
non solo. Quarant’anni dopo, è doveroso fermarsi
a riflettere su quanto accadde. Prima ancora del
fischio d’inizio, la tensione tra le tifoserie
degenerò in violenza. Nel settore Z, destinato
ai tifosi juventini e adiacente a quello dei
sostenitori inglesi, la pressione esercitata
dalla folla del Liverpool portò al cedimento di
un muro di contenimento. Il bilancio fu
agghiacciante: 39 vittime, di cui 32 italiani, e
oltre 600 feriti. Un numero che non può essere
ridotto a semplice statistica, ma che
rappresenta vite spezzate, famiglie distrutte,
sogni infranti. La partita, in un’atmosfera
surreale e su decisione delle autorità per
evitare ulteriori disordini, fu giocata lo
stesso, vinta dalla Juventus per 1-0. Ma il
risultato sportivo non ebbe alcun significato di
fronte all’orrore consumatosi. Quella coppa, per
molti, non fu mai festeggiata, macchiata dal
sangue innocente. L’Heysel non fu solo una
tragedia legata alla violenza ultras, ma un
evento che mise a nudo gravi carenze
organizzative e di sicurezza. Le indagini che
seguirono rivelarono responsabilità a vari
livelli, dalla UEFA alle forze dell’ordine
belghe, evidenziando una sottovalutazione del
rischio e una gestione inadeguata della
situazione. Quarant’anni sono un lasso di tempo
significativo, sufficiente per permettere una
riflessione più distaccata ma al tempo stesso
per non dimenticare. La memoria dell’Heysel è un
monito costante. È un richiamo alla
responsabilità di tutti coloro che gravitano
attorno al mondo del calcio: dalle istituzioni
alle società, dai tifosi alle forze dell’ordine.
È un invito a promuovere la cultura del
rispetto, della sportività e della sicurezza,
affinché eventi del genere non si ripetano mai
più. L’Heysel ci ricorda che la vigilanza deve
essere costante, e che la memoria delle vittime
deve essere onorata non solo con il ricordo, ma
con azioni concrete volte a garantire che lo
sport rimanga un luogo di aggregazione e
passione, libero da ogni forma di violenza.
Oggi, il pensiero va alle 39 vittime, ai loro
familiari, e a tutti coloro che portano ancora
nel cuore il dolore e il trauma di quella
tragica sera. L’Heysel non è solo una data nel
passato, ma una lezione per il futuro, un’eco
che continua a risuonare, invitandoci a non
dimenticare mai il valore della vita umana al di
sopra di qualsiasi risultato sportivo.
Fonte: Terremarsicane.it ©
29 maggio 2025
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Articolo Stampa e Web
Quarant'anni fa la strage
dell'Heysel, il ricordo
dell'associazione "Insieme
per Avellino e l'Irpinia"
"Insieme per Avellino e
l'Irpinia": "La scultura all'interno dello
stadio Partenio-Lombardi, memoria della
tragedia, è un monumento simbolo di come si
possa perdere la vita per una partita di
calcio".
L'associazione "Insieme per
Avellino e l'Irpinia" vuol ricordare la strage
dell'Heysel in Belgio di 40 anni fa, quando
diversi tifosi morirono nella calca causata
dagli hooligans durante la finale di Coppa
Campioni Juventus-Liverpool. Probabilmente non
tutti sanno che a memoria di quella tragedia c'è
una scultura all'interno dello stadio
Partenio-Lombardi di Avellino fatta dagli
artisti Spiniello e Luongo. Quello che si chiede
è di preservare l'opera da eventuali lavori di
demolizione dello stadio di c.da Zoccolari
perché è un monumento simbolo, di come si possa
perdere la vita per una partita di calcio quando
deve essere vissuta come un divertimento.
Inoltre dopo tutte queste settimane di
discussioni sullo stadio, non possiamo non dire
la nostra: per come è attualmente la città, con
l'ospedale Moscati poco distante, è impensabile
che possa in futuro ospitare le partite
dell'Avellino specialmente se dovesse
raggiungere quanto prima la massima serie. Siamo
per la delocalizzazione, possibilmente in zona
Pianodardine, non distante dalla stazione
ferroviaria che speriamo quanto prima possa
aprire alla circolazione dei treni con il
completamento dell'elettrificazione, e con la
vicinanza del casello autostradale Avellino Est;
lì si potrebbe realizzare una cittadella dello
sport lontana dal congestionamento del traffico
cittadino. Che lo stesso Partenio Lombardi
rimanga di pubblica utilità e che venga affidato
con regolare canone sia all'US Avellino per
allenamenti/amichevoli, che a società sportive
dilettantistiche che volessero farne uso.
Fonte: Avellinotoday.it ©
29 maggio 2025
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Articolo Stampa e Web
La verità dell’Heysel
Per eliminare i finti
resoconti di chi non c’era quella maledetta
sera.
di Italo Cucci
Egregio Dottor Italo, Le
scrivo sia per gli Invincibili della Collina,
sia per le Povere Vittime dell’Heysel, con quel
sublime raggio di tenace coraggio colto in
"Appuntamento a Liverpool". Son già passati 40
anni, da quella finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool. All’Heysel lasciarono il
Mondo i Supporter colti dai Reds violenti nella
Curva Z, si capovolgeva - rispetto ai caduti di
Superga - il lotto dei perduti in Belgio sugli
spalti. Mi avvicinai a quella finale dell’Heysel
come sempre. Sperando in un’autorete dei "pigiami" al 121’. Accesi la TV, e... E Bruno
Pizzul, il Poeta che cavalcava l’onda personale
dei cari luoghi comuni, come "tutto molto
bello", o "rinvio alla viva il parroco", aveva
la voce flebile come solo Sandro Ciotti. Dio si
era tolto la maglia, se mai fosse tra quegli
spalti. Loro, Juventus e Liverpool, mandarono i
Loro Agenti Peculiari, Gaetano Scirea e Neal, a
spegnere il buio sulla luce, no, non fu una
partita. Nessuno può dire che la Juventus vinse
quella Coppa dei Campioni con un rigore di
Platini. Non è il mio, uno spirito di parte. Ma
quella gara fu disputata per motivi di ordine
pubblico, fu una macabra sceneggiata. Quei 39
Poveri Angeli sono ancora, lo saranno sempre, i
brividi interiori di una notte assurda. Giorgio
Rossi, il Grande Giorgio, mi disse, con le
lacrime e gli occhi granata. "Sì, anche quei 39
sono su una Nostra Collina". Marco Schizzo
Tardelli era alla Domenica Sportiva come ospite,
quel maledetto 3 settembre 1989. L’Angelo con il
neo sulla guancia era stato richiamato, a soli
36 anni. Per motivi di Cielo Stellato, Gaetano
Scirea cadde in Polonia, alle 12.50. Il
pensiero, l’ultimo, per raggiungere quei 39
Angeli in attesa. A Loro, in un angolo del
Paradiso, Gaetano Scirea aveva fatto palpitare
il Cuore. Alviero Bartocci,
Torino - Alviero grazie.
Grazie perché lei è uno dei pochi - lettori o
giornalisti - che ha capito perché si giocò
quella partita maledetta. Forse perché mi ha
letto, forse perché ha semplicemente usato
l’intelligenza. Quella sera io non fui solo
cronista. In cerca della verità misi insieme
tanti dettagli che i tardi gendarmi belgi
(d’allora capisco perché l’Europa "belga" non
funziona) non trovarono mai. Trovai i morti che
avevano ammucchiato in un cortiletto, quasi per
nasconderli; trovai un collega amico di Pier
Cesare Baretti che mi disse "si giocherà per
salvare la vita ai disgraziati di Liverpool,
sennò gli juventini quando scoprono cos’è
successo li massacrano". Mi prestai a inviare
messaggi per conto di tifosi che mi conoscevano
e mi davano il numero di casa: "Di alla mia
mamma che sono vivo". Ho seguito il documentario
di Raidue e ho applaudito Nesti che ha fatto la
stessa cosa, l’interprete dei tifosi presso le
loro famiglie e ha anche da bravo ex del Guerino
- mandato a quel paese quelli che non c’erano,
quella notte maledetta, e invece predicano
strane indegne verità sicuri che non vi siano
più testimoni diretti, se non televisivi, e per
l’occasione posso dire che solo la radio lavorò
benissimo. E io ci sono ancora e domani a San
Patrignano ricorderò quel tifoso dei Reds che
ospitammo e premiammo a Rimini perché all’Heysel
aveva salvato un tifoso bianconero sul muro
della Curva Z. Vittorio V. aveva perso il padre,
lo ritrovò riverso a terra, come morto. Ma lo
aveva salvato un tifoso del Liverpool, Jeff
Conrad, che gli aveva prestato i primi soccorsi
e poi era sparito tra la folla.
CINEMA - Il film
"Appuntamento a Liverpool" che lei ricorda lo
conosco bene. Venne a casa mia, spedito dal
produttore Claudio Bonivento, il regista Marco
Tullio Giordana che mi fece rivivere quella
tragica notte. Fatto il film Giordana si
dimenticò di citare la mia collaborazione.
Immagino per non pagarmi. Succede. È successo
spesso. Per fortuna non colleziono Amarcord per
venderli, ma per continuare a difendere la
dignità di un tipo di giornalismo ormai passato
di moda.
Fonte: Corriere dello Sport
© 30 maggio 2025
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Articolo Stampa e Web
"Non si può morire per una
partita": Heysel, il dolore che non passa
di Alessandro Pedrini
L’Heysel non fu una tragica
fatalità. Fu il frutto di incuria,
superficialità e irresponsabilità a ogni
livello. Oggi, ricordare l’Heysel non è solo un
atto di pietà. È un dovere civile.
30 maggio 1985. Ho visto
mio padre piangere due volte nella sua vita. La
prima quando è morta sua madre. La seconda,
quella mattina di fine maggio, mentre leggeva il
Corriere della Sera al tavolo della cucina.
Avevo otto anni. Mi prese in braccio, mi strinse
forte. "Non si può morire per una partita di
calcio!", sussurrò con la voce spezzata. Gli
occhi vitrei, lo sguardo altrove. Aveva appena
letto il nome di un suo ex compagno di liceo,
tra i 39 morti della sera precedente, allo
stadio Heysel di Bruxelles. Quel momento –
l’abbraccio, il dolore, la rabbia muta di un
uomo cresciuto con il mito del calcio romantico
– è rimasto inciso nella mia memoria come una
fotografia. Quarant’anni dopo, sembra ieri.
UNA FINALE TRASFORMATA IN
TRAGEDIA - Il 29 maggio 1985 si giocava la
finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e
Liverpool, due delle squadre più titolate
d’Europa. Doveva essere una festa del calcio. Si
trasformò in un incubo. Allo stadio Heysel –
struttura già allora obsoleta, con muri di
contenimento fragili e settori mal divisi –
migliaia di tifosi si accalcarono, tra tensione,
improvvisazione e disorganizzazione totale. Il
settore Z, che avrebbe dovuto ospitare tifosi
neutrali, finì per contenere centinaia di
juventini, circondati da tifosi inglesi, molti
dei quali violenti e alterati dall’alcol. Poco
prima del fischio d’inizio, un gruppo di
hooligan del Liverpool sfondò le barriere e
assaltò il settore Z. La folla italiana,
terrorizzata, cercò scampo schiacciandosi verso
un muro pericolante, che crollò. Trentanove
morti, la maggior parte italiani. Centinaia di
feriti. Tutto prima che la partita iniziasse. Ma
la partita si giocò ugualmente, nel tentativo
disperato delle autorità di evitare un’ulteriore
esplosione di violenza. Vinse la Juventus. Ma
quella coppa, ancora oggi, pesa come una croce.
LE RESPONSABILITÀ DI UNA
STRAGE ANNUNCIATA - L’Heysel non fu una tragica
fatalità. Fu il frutto di incuria,
superficialità e irresponsabilità a ogni
livello: da parte della UEFA, che scelse uno
stadio indegno per una finale europea; della
polizia belga, impreparata e assente nei momenti
decisivi; delle tifoserie violente, in
particolare gli hooligan inglesi, mai realmente
arginati. I processi non resero mai giustizia
pienamente ai morti. Alcuni tifosi inglesi
furono condannati per omicidio colposo. Ma le
ferite rimasero, spesso ignorate. In Italia, la
memoria dell’Heysel è stata a lungo rimosso o
scomoda, forse perché disturbava il racconto
epico di una vittoria.
I NOMI, NON I NUMERI -
Oggi, a distanza di quarant’anni, ricordiamo non
solo la tragedia, ma le vite spezzate. Erano
padri, figli, fratelli, amici. Tra loro
Giancarlo, l’ex compagno di liceo di mio padre.
C’era anche Andrea Casula, 11 anni, il più
giovane. E tanti altri, uniti da una stessa
passione, quella per la Juve e per il calcio. Ma
non si può morire di calcio. Non si può uscire
di casa per una partita e non tornare più. Non
si può accettare che la violenza, l’incompetenza
e l’avidità prendano il sopravvento sullo sport
e sull’umanità.
IN MEMORIA, PER DAVVERO -
Oggi, ricordare l’Heysel non è solo un atto di
pietà. È un dovere civile. È dire ai più giovani
che lo sport non vale una vita umana. È chiedere
ai dirigenti, alle istituzioni, ai media, di non
voltarsi mai più dall’altra parte. È dire, con
le parole di mio padre: "Non si può morire per
una partita di calcio". Mai più.
Fonte: Affaritaliani.it ©
30 maggio 2025
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Quaranta anni fa la
strage dell’Heysel, la vergogna del calcio
ANSA - Quella notte all’Heysel
Juventus-Liverpool "si doveva giocare altrimenti
ci sarebbero stati oltre mille morti". Una
tragedia, una strage che ha segnato non solo il
calcio italiano ma anche quello mondiale, in
maniera indelebile. Sono passati 40 anni da quel
maledetto 29 maggio nel fatiscente stadio di
Bruxelles, e anche se ricordare "fa ancora
male", come dice "Le Roi" Platini, dimenticare è
impossibile. Ci sono state altre tragedie, nel
calcio mondiale, anche con bilanci più tragici,
ma nessuna come l’Heysel è così evocativa. Non
solo per l’importanza dell’appuntamento e per il
peso delle protagoniste in campo, ma per
l’assurdità della dinamica, l’impatto devastante
delle immagini tv, il bando per 5 anni delle
squadre inglesi dall’Europa su proposta di
Londra e le draconiane misure della Thatcher
contro la piaga degli hooligans. La vergogna del
calcio. Doveva essere un’occasione di festa,
come ogni finale di Coppa dei Campioni, si
trasformò in un dramma, con la morte di
trentanove persone (di cui 32 italiane, rimasero
feriti in oltre 600) e poi le infinite polemiche
per la partita giocata, e poi vinta dalla Juve
con un rigore di Platini. Ma sulle accuse, è
pressoché univoco il ricordo e l’opinione di chi
c’era, in campo, come Massimo Briaschi. "I
colpevoli ? L’Uefa - si dice certo l’ex
attaccante Juve - che scelse uno stadio inadatto
e gli hooligan" che furono banditi dal calcio e
a cui fu attribuita ogni responsabilità da parte
del processo penale. Il disastro si consumò
circa un’ora prima del match quando gli
hooligans, ovvero i tifosi inglesi più accesi e
violenti, cominciarono a spingersi verso il
settore Z, dove erano posizionati molti tifosi
juventini organizzatisi autonomamente. Lo fecero
a ondate, cercando il take an end ("prendi la
curva") e sfondando le reti divisorie. Un’azione
criminale che portò al crollo di un muro per la
grande calca che venne a crearsi e la morte di
tante persone rimaste schiacciate e calpestate
dalla folla che cercava una via d’uscita.
Una tragedia ricordata
a 40 anni di distanza da chi quella partita
maledetta l’ha dovuta giocare come Briaschi, uno
dei 22 scesi in campo in quella tragica serata
del 29 maggio 1985: "mi ricordo tutto
perfettamente come fosse oggi - racconta
all’Ansa - tutto quello che è successo. Un
ricordo che non finirà mai, assolutamente no. Un
ricordo che ti resta dentro per sempre. Perché
si giocò ? Sulla partita avevamo notizie
frammentarie, passavano persone che dicevano che
c’era un morto e che si stavano menando. La
verità dei 39 morti l’abbiamo saputa in hotel
dopo la partita. Che per fortuna è stata
giocata: altrimenti ci sarebbero stati più di
mille morti. La situazione non era sotto
controllo. Abbiamo giocato in uno stadio che non
poteva avere una finale di Coppa dei Campioni -
aggiunge l’ex attaccante bianconero oggi
procuratore di giovani promesse del calcio - Già
al mattino c’erano stati chiari segnali: gli
hooligans sono arrivati allo stadio in
condizioni vergognose, li avevamo visti in citta
bere casse di birra. Le polemiche per la festa a
fine partita ? Ce lo disse l’Uefa di andare
sotto la curva per non peggiorare la situazione.
Le colpe ? L’organizzazione e uno stadio non
adatto ad una partita di quel tipo. Fu
un’esperienza - conclude Briaschi - traumatica,
sono cose che a vent’anni ti possono stravolgere
la vita. Una tragedia che va ricordata affinché
non accada mai più". Tra gli undici in campo
c’era anche Platini: "Sono brutti ricordi -
afferma l’ex numero 10 bianconero che in quella
finale realizzò il rigore della vittoria contro
il Liverpool - non ne parlo volentieri. Mi ha
fatto davvero male pensare alle persone che
erano venute per vederci e poi non sono
tornate". La memoria, invece, torna sempre a
quel maledetto 29 maggio.
Fonte: Altovicentinonline.it © 11 luglio
2025
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A Veroli tra medaglie,
passioni e tragedie
di Roberto Mercaldo
Tutti in piscina con Ambra Migliori e “Massi”
Rosolino poi la folle notte dell’Heysel
raccontata da chi c’era.
Un inizio coi fiocchi.
Non intendetelo in senso letterale, perché la
neve in luglio sarebbe troppo anche per il
Festival dello Sport Raccontato, che martedì
sera ha avuto il suo battesimo di fuoco (ecco,
così è più congruo) nella consueta cornice di
Santa Salome, in Veroli. Per la serata d’esordio
gli organizzatori di questo ormai tradizionale
appuntamento estivo con lo sport, la cultura e
le mille suggestioni che dallo sport
scaturiscono hanno allestito un parterre de roi…
(NdR: Omissis) Usciti... dalla piscina, ecco il
calcio, con tre ospiti di grande rilievo. I
giornalisti Massimo Zampini e Emilio Targia e
l’ex stopper, ora dirigente della Juventus,
Sergio Brio, hanno infatti parlato della notte
maledetta dell’Heysel. Emilio Targia è l’autore
del libro “Quella notte all’Heysel”. L’intento
della sua pubblicazione e di tanti suoi
interventi televisivi è quello di ricostruire la
verità, di riportare finalmente una narrazione
corretta e non distorta da tifo, esasperazioni,
connivenze, equivoci. Lui quella notte era lì.
All’epoca era solo un giovanissimo tifoso
bianconero e solo per caso aveva ottenuto un
biglietto di un settore differente, perché
originariamente si era procurato proprio un
tagliando del famigerato settore Z, quello che
fu vittima della furia omicida degli hooligans.
Quanta approssimazione criminale e quanta
superficialità in quella notte maledetta !
Nessuna precauzione per evitare che accadesse
quel dramma di proporzioni inimmaginabili. La
gendarmeria depauperata, perché dopo le grandi
attenzioni e il grande dispiegamento di forze
per la visita di Wojtyla, gran parte del
personale fu mandato in ferie, come se una
finale di Coppa Campioni con una tifoseria
notoriamente violenta e turbolenta fosse uno
spettacolo teatrale di tutto riposo. E nel
volgere di pochi minuti quella che doveva essere
una festa si trasformò in una strage. Zampini ha
posto domande a Targia e anche a Sergio Brio,
che ha raccontato quella sera vista dalla parte
dei calciatori, che per tutta la gara ignorarono
la portata di quella carneficina e che furono
costretti a giocare dall’Uefa, per evitare che
si verificassero ulteriori disordini e si
scatenasse una caccia all’inglese. Una pagina di
dolore, una ferita aperta che sanguina ancor più
quando altre tifoserie la trasformano in uno
slogan anti-bianconero, perché all’imbecillità,
come al dolore, davvero non c’è limite.
Fonte: Ciociariaoggi.it © 17 luglio 2025
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Articolo Stampa e Web
Chiesa gol, la curva
Liverpool insulta la Juve: il coro che imbarazza
tutti
Un "vaffa" è poca cosa, ma
la provenienza cambia tutto perché quella ferita
di quarant'anni fa non si è mai rimarginata.
Suona più o meno così: "Li
sentiamo piangere a Torino. Federico, è venuto
per vincere. Due parole con Arne Slot e ha detto
ciao, vaffanculo Juve, sono uno della Kop
adesso". È il nuovo coro della curva del
Liverpool (la Kop, appunto) e, quarant’anni dopo
l’Heysel, suona stonato per molte orecchie.
Comprese quelle di molti tifosi del Liverpool,
come ha scritto The Athletic in un lungo
articolo pubblicato lunedì, qualche giorno dopo
il primo gol in Premier dello stesso Chiesa,
reduce da una stagione non esattamente
brillante, ma con la speranza di azzeccare la
seconda. Ovviamente, il problema, qui, non è
Chiesa, ma gli insulti della curva del Liverpool
alla Juventus. Per carità, robetta in confronto
alle infamie contenute nei canzonieri delle
curve; un “vaffa” oggi è davvero poca cosa. Ma
arriva da Liverpool e questo cambia tutto,
perché quella ferita di quarant’anni fa non si è
mai rimarginata. Tant’è che non tutti i tifosi
del Liverpool sono a loro agio con quell’insulto
alla Juventus.
CHI FURONO I VERI
RESPONSABILI DELLA TRAGEDIA DELL'HEYSEL - Il che
può portare a una riflessione. Quarant’anni dopo
la tragedia dell’Heysel, la curva della
Juventus, al 39’ di ogni partita, intona il coro
“Odio Liverpool”, che è un modo per non
dimenticare mai le vittime del 29 maggio 1985,
ma finisce anche per tenere vivo un risentimento
che, forse, quarant’anni dopo qualcuno elabora
in altro modo. Chi conosce la storia
dell’Heysel, sa benissimo che i veri
responsabili di quel massacro sono le autorità
belga e l’organizzazione di quella finale:
commisero tutti gli errori che potevano
commettere in una sequenza infernale di
superficialità, incompetenza e stupidità. Perché
se, in uno spicchio di una curva, ci sono i
famigerati hooligan del Liverpool, noti ovunque
per la loro violenza, separati da migliaia di
spettatori “normali” con una rete posticcia,
simile a quelle che delimitano i pollai, il
problema è chi ha organizzato tutti più degli
hooligan. Poi, certo, sono stati gli inglesi,
pieni d’alcol (reperito con grande facilità a
Bruxelles), a caricare gli spettatori che,
spaventati, hanno rinculato in modo spaventoso,
provocando la morte dei trentanove per
schiacciamento, soffocamento o per il crollo del
muretto del fatiscente stadio Re Baldovino (la
cui scelta per la finale era stata un’altra
grande idea dell’Uefa).
RABBIA, RISENTIMENTO E ODIO
NON SERVONO A NULLA - Nel corso degli anni,
Juventus e Liverpool, intese come società, hanno
sempre cercato di non alimentare odio fra le due
tifoserie (gli inglesi non sono mai mancati alle
celebrazioni del 29 maggio), ma è
inevitabilmente umano che quel ricordo sanguini
ancora e che la ricerca di un colpevole in una
vicenda così assurda possa produrre anche
rabbia. Purtroppo, però, la rabbia, il
risentimento, l’odio sono terreni
pericolosamente fertili per altre potenziali
tragedie. Ed è per questo che il coro del
Liverpool mette a disagio chi, da entrambe le
parti, ha provato la strada della
riconciliazione, anche per onorare solo con
l’amore il ricordo delle vittime del 1985.
Insomma, anche se probabilmente molti di quelli
che frequentano oggi la curva del Liverpool,
dell’Heysel hanno solo sentito parlare, quel
coro è sconveniente, perché non è necessario
alimentare altra acrimonia. E dovrebbero saperlo
bene proprio i tifosi del Liverpool, vittime,
come quelli della Juventus, dell’infame destino
di essere bersagliati dalla rozza idiozia delle
altre tifoserie che inneggiano stupidamente alla
tragedia di Hillsborough in cui persero la vita
96 tifosi del Liverpool.
Fonte: Tuttosport.com © 21
agosto 2025
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