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ARTICOLI HEYSEL 2025
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ARTICOLI STAMPA HEYSEL 2025
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ARTICOLI STAMPA HEYSEL 2025
 

Juve, Boniek: "Nella finale dell’Heysel c’era un atmosfera surreale"

di Stefania Palminteri

Intervistato per La Gazzetta dello Sport, Zibi Boniek è ritornato a parlare della finale di Champions League disputata dalla Juventus allo stadio Heysel. Ecco cosa ha detto: "Abbiamo dovuto giocare una partita per consentire la riorganizzazione della sicurezza intorno allo stadio. Non volevamo farlo. In queste situazioni, se vinci sei stato cinico, se perdi non hai rispettato le vittime. L’atmosfera era irreale. Quando la palla usciva, c’erano poliziotti con i cani in campo, una tribuna era crollata. Ma abbiamo giocato tutti e 22 senza alcun accordo, ognuno con i propri sentimenti, cercando di vincere. Quella è una partita di cui nessuno può andare orgoglioso e mi ha lasciato un enorme dolore per la tragica morte di 39 persone, ma anche un grande dispiacere dal punto di vista sportivo perché io volevo vincere, in una gara normale, quella Coppa dei Campioni ed esserne fiero".

Boniek: "Donato il mio premio alle famiglie delle vittime" - L’ex calciatore dei bianconeri ha proseguito: "Quella fu la mia ultima partita con la Juve, sono andato in aereo privato in Albania per raggiungere la nazionale polacca che stava giocando le qualificazioni per i Mondiali. Non voglio criticare gli altri che alzarono la Coppa, ricordo solo che ho donato tutto il mio sostanzioso premio per la vittoria alle famiglie delle vittime". Fonte: Juvenews.eu © 16 gennaio 2025

 

Teatro Rostocco di Acerra, la stagione si apre con "Dentro l’Heysel"

Sabato 25 gennaio e domenica 26 lo spettacolo di Emilio Targia, caporedattore a Radio Radicale, con le musiche dal vivo di Gianluca Casadei.

S'inaugura sabato 25 gennaio la stagione 2025 del Teatro Rostocco di Acerra (Corso Italia, 124) con l'anteprima nazionale di "Dentro l’Heysel". Lo spettacolo di Emilio Targia, caporedattore a Radio Radicale, con le musiche dal vivo di Gianluca Casadei - musicista, tra gli altri, di Ascanio Celestini - arriva nel quarantennale dai tragici eventi di quel 29 maggio all'Heysel: uno spettacolo di teatro-narrazione (di scena sabato alle ore 20:30 e in replica domenica 26 alle ore 18) in cui cronaca ed esperienza personale si mescolano e diventano un'occasione drammaturgica per lasciare un'ulteriore testimonianza e risvegliare la memoria collettiva. Il racconto di un viaggio da sogno verso la finale di Coppa dei Campioni del 1985 tra Liverpool e Juventus che si tramuta irrimediabilmente in un incubo. Lo spettacolo non è altro che la naturale prosecuzione di un lavoro iniziato nel 2015 con la pubblicazione del libro "Quella notte all’Heysel", a cui ha fatto seguito il podcast "Dentro l’Heysel" del 2024 edito da Mondadori studios. Questo primo appuntamento si inserisce in un più ampio cartellone che contempla spettacoli di ogni tipo, anche per i più giovani. "Le contaminazioni, quelle sane, sono punti di intersezione, di connessione tra anime, artisti, uomini e donne - spiega il direttore artistico Ferdinando Smaldone. Collegamenti, come le linee di una metropolitana e i punti di intersezione, le stazioni, dove le persone si possono incontrare per contaminarsi. Principi di collaborazione, scambio di regie, attori che si confrontano e lavorano con e per altri registi. Testi letti, pensati e proposti in base al fattore umano che abita lo spazio. In altre parole, la cultura è uno dei pochi beni che, se diviso, si moltiplica. Con un effetto contaminante". Fonte: Napoli.corriere.it © 24 gennaio 2025

 

Domenica In, Donatella Rettore e l'Heysel: "La Juve non si è fermata"

La cantante e il paragone tra la morte di Luigi Tenco nel Sanremo 1967 e la strage avvenuta a Bruxelles, prima della finale di Coppa dei Campioni 1985.

Gaffe per Donatella Rettore nella puntata di Domenica In di oggi, domenica 2 febbraio. In una fase della trasmissione di Mara Venier in cui si stava parlando di Sanremo e della morte di Luigi Tenco durante l'edizione del Festival 1967, circostanza che non vide lo stop della rassegna, la cantante è intervenuta tirando in ballo un paragone calcistico. Rettore ha citato la strage dell'Heysel, avvenuta a Bruxelles il 29 maggio 1985 prima della finale di Coppa dei Campioni di quell'anno.

LE PAROLE DI RETTORE - All'Heysel, prima della finale di Coppa dei Campioni del 1985 morirono 39 persone, di cui 32 italiane, e ne rimasero ferite oltre 600. Rettore, confondendo i numeri della tragedia, ne ha però parlato così in diretta: "La Juventus, all'Heysel, non si è fermata con centinaia di migliaia di morti...". La cantante è stata poi interrotta dal giornalista Marino Bartoletti: "Io ero lì e non si fermò per questioni di ordine pubblico. Se non si fosse giocata quella partita, si ammazzavano altre 20-30 persone. Un discorso completamente diverso". Fonte: Adnkronos © 2 Febbraio 2025

 

Scritte a vernice rossa sulla scritta "Fino alla fine"

(ANSA) - TORINO, 21 FEB - Un murale caro ai tifosi della Juventus, con l'enorme scritta del motto bianconero "Fino alla fine", nella zona di Parco Dora a Torino è stato imbrattato, utilizzando vernice rossa, con insulti, frasi ingiuriose e riferimenti alla tragedia del maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, quando 39 tifosi juventini morirono nella calca per i disordini provocati dagli hooligans del Liverpool nella serata della finale di Coppa dei Campioni. A documentarlo, sui social l'associazione Quelli di ... Via Filadelfia", che "si prefigge lo scopo ,di preservare la Storia e la Memoria del tifo Juventino della Curva Filadelfia e 'laddove se ne intravveda una sua continuità, nel contesto dell'attuale tifoseria. Sotto la foto, che in breve tempo ha già raccolto numerosi commenti, l'amministratore del gruppo ha pubblicato le frasi: "Da sempre abituati al confronto tra uomini, restiamo basiti davanti alla viltà di tali gesti. Lasciamo in pace i morti, affrontate i vivi. +39". Fonte: ANSA © 21 febbraio 2025

 

Vandalizzato il murales di Parco Dora sulla Juve:

pesanti offese alle vittime dell'Heysel

di Massimo De Marzi e Philippe Versienti

La denuncia dell'associazione "Quelli di via Filadelfia" attraverso Beppe Franzo: "Lasciamo in pace i morti".

Da sempre l'Italia del pallone è divisa tra juventini e antijuventini. Il secondo partito negli ultimi giorni ha avuto validi argomenti per prendere in giro la Vecchia Signora, dopo la figuraccia in Olanda che è costata l'eliminazione della squadra di Thiago Motta dalla Champions League.

Vandalizzato il murale di Parco Dora - Gli sfottò e l'ironia l'hanno fatta da padrone tra i social e nei vari gruppi whatsapp, ma fino a che non si supera il limite del buon gusto tutto va compreso e accettato. Quando invece si scende negli insulti più pesanti e, soprattutto, quando si diffama e si offende la memoria dei morti non c'è alcuna giustificazione. Così, approfittando del favore delle tenebre, qualche buontempone (ma forse sarebbe il caso di usare un termine più forte ma maggiormente appropriato) ha pensato bene di andare a Parco Dora a vandalizzare il murale bianconero che riporta lo slogan diventato una sorta di mantra juventino: "Fino alla fine".

Offese e insulti per le vittime dell'Heysel - Gli insulti e le offese alle vittime dell'Heysel, una delle pagine più brutte della storia del calcio, fanno parte del bagaglio del peggior tifoso, al pari di quelli - juventini e non solo - che vilipendono la memoria dei caduti di Superga. Sarebbe ora che la maggioranza silenziosa e perbene prendesse le distanze in modo deciso e definitivo da episodi di questo genere. Quanto accaduto a Parco Dora è stato denunciato dall’Associazione ‘Quelli di via Filadelfia’ attraverso Beppe Franzo: "Da sempre abituati al confronto tra uomini, restiamo basiti davanti alla viltà di tali gesti. Lasciamo in pace i morti". Fonte: Torinoggi.it © 21 febbraio 2025

 

Parco Dora di Torino: imbrattano il murales

con insulti alle vittime della tragedia dell'Heysel

di Luca Ronco

La denuncia dei tifosi: "Restiamo basiti davanti alla viltà di questi gesti".

Torino, qualcuno ha imbrattato il murales all’ingresso del parco Dora (corso Mortara) con il motto della Juventus "Fino alla fine". Nei giorni scorsi, lì sono comparsi insulti e frasi ingiuriose sulla tragedia dello stadio Heysel di Bruxelles, quando dove nel 1985 era in programma la finale della Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool. Poco prima della gara, trentanove persone (trentadue italiani, quattro belgi, due francesi e un nordirlandese) morirono in seguito ai tafferugli che si svilupparono sugli spalti. La denuncia - L’associazione torinese di tifosi bianconeri "Quelli di via Filadelfia" ha condannato l’episodio sui social network. "Restiamo basiti davanti alla viltà di questi gesti" hanno scritto i referenti del gruppo. Al momento, non è chiaro chi siano i responsabili dell’imbrattamento. Fonte: Torinotoday.it © 22 febbraio 2025

 

Bruno Pizzul e la notte da incubo dell'Heysel: l’orrore in diretta

di Piero Bianco

Il telecronista e il racconto della più grande tragedia dello sport italiano. La Juve fu al centro della sua carriera.

TORINO - Immaginate un mondo senza cellulari in cui le telefonate erano ancora un problema. E immaginate uno stadio fatiscente al centro dell'Europa, dove era in cartellone una festa dello sport e invece improvvisamente si scatenò l'inferno. Era il 29 maggio 1985 e a Bruno Pizzul toccò raccontare, in diretta sulla rete ammiraglia Rai, la più grande tragedia dello sport italiano, quella finale di Coppa dei Campioni fra Juve e Liverpool in programma allo stadio Heysel di Bruxelles dove 39 tifosi persero la vita per la furia incontrollabile degli hooligans. Il film dell'orrore portò nelle case degli italiani immagini raccapriccianti ma è rimasto indelebile quel commento sempre misurato di Pizzul. Che poi ammise di aver vissuto interiormente un vero incubo, la telecronaca più difficile della sua vita: "Non sapevo quanto davvero si sapesse in Italia dell'orrore che si stava consumando nelle tribune, le notizie erano frammentarie, e contrastanti, anche nella postazione dello stadio da cui trasmettevo. Ho pensato ai parenti dei tifosi in trasferta, a chi non aveva notizie, non volevo allarmarli troppo ma non era giusto nemmeno minimizzare la tragedia che si stava compiendo". La regia internazionale continuava a mandare in onda scene spaventose, sembrava una guerra. Per un'ora e mezzo, in un'altalena di informazioni inattendibili, Bruno Pizzul dovette misurare emozioni e aggettivi. "Ci dicono che si dovrebbe comunque giocare, mi pare una decisione assurda ed è chiaro che il risultato non avrebbe comunque importanza". "Ecco Cabrini, Tardelli e Brio, sono andati a parlare con i tifosi, cercano di calmarli, ma è un'impresa impossibile". Mentre la tribuna d'onore si svuotava rapidamente (l'Avvocato Agnelli era stato tra i rimi ad andarsene, appena informato della tragedia), Pizzul continuava a cercare aggettivi per spiegare l'orrore. Infine si giocò, per ordine delle autorità belghe. "Tifosi, giochiamo per voi", aveva spiegato il capitano Scirea leggendo al microfono del vecchio stadio un comunicato ufficiale. La Juve vinse 1-0, una vittoria mai goduta, figlia dell'orrore. E Bruno Pizzul terminò così la sua telecronaca: "Giusto consentire che l'uomo sportivo esulti per questo successo che è il successo del calcio italiano, ma l'uomo conserva l'amarezza e il dolore di una serata resa luttuosa da quanto è successo prima della partita". Non era tifoso juventino, Pizzul, eppure proprio la Juve fu al centro della sua carriera, oggetto di tanti immaginifici racconti anche perché i giocatori bianconeri all'epoca erano anche pilastri della nazionale. Un sodalizio inscindibile, Addirittura, l'esordio come telecronista fu uno spareggio di Coppa Italia Juventus-Bologna, l’8 aprile 1970. Un segno del destino. Fonte: Lastampa.it © 5 marzo 2025

 

Una pausa, poi un respiro: quando Pizzul si trovò a raccontare

 la tragedia dell'Heysel, e scrisse una pagina di storia

di Walter Veltroni

La voce di Bruno Pizzul, morto oggi a 86 anni, è un pezzo della nostra memoria. Non ha potuto esultare per una vittoria ai mondiali, ma poco conta: della sua vita - per rubare una sua celeberrima espressione - si può dire "tutto molto bello".

Il capolavoro di Bruno Pizzul - morto oggi, a 86 anni - fu una cronaca che definire sportiva sarebbe un oltraggio. Credo che quell’uomo buono, pacato, rigoroso si sia trovato all’improvviso di fronte a una sfida giornalistica di dimensione spaventosa. Doveva raccontare nel 1985 la finale di Coppa dei Campioni tra Liverpool e Juventus, una festa del calcio, e si trovò catapultato in una strage orrenda. Un cambio repentino di registro narrativo da effettuare in diretta, davanti agli occhi di milioni di telespettatori e, soprattutto, al cuore in affanno dei parenti di chi con la sciarpa bianconera al collo o nel cuore, era andato fin lì, fino a quel ferrovecchio di stadio Heysel che si sfaldava come il burro. Non si capiva nulla, in quei minuti, nessuno capiva nulla. Ma Pizzul, fin dal collegamento prepartita con Gianfranco De Laurentiis, segnalò la gravità di quello che stava accadendo. E quando partì la diretta fu prudente, misurato, equilibrato. Ricordo una sua pausa, un respiro che raccontava la difficoltà di dire, subito dopo, che c’erano morti, tanti. Nella storia del giornalismo televisivo, non solo sportivo, quella telecronaca resterà. È stata una generazione di cronisti eccezionali, quella di Pizzul e la precedente: Rosi nell’atletica e, con Paolo Valenti, nel pugilato, Oddo nel tennis, Giordani nel basket, De Zan e Martino nel ciclismo, Poltronieri nell’automobilismo, Giubilo nell’ippica. E tanti altri. Poi Nando Martellini, Sandro Ciotti, Enrico Ameri… Raccontavano scegliendo le parole, cresciuti nella radio che obbligava a "far vedere" gli avvenimenti. Non urlavano, descrivevano. Allora non esisteva, come oggi, il commento tecnico e allora il telecronista doveva, insieme, narrare e spiegare. Pizzul era della generazione dorata, quella dell’immediato anteguerra, a cui appartenevano Gianni Minà, il meraviglioso Beppe Viola, Paolo Frajese e tanti altri. Quello che è più giusto ricordare di Pizzul e dei "suoi" coevi è la asciuttezza e la proprietà di linguaggio, l’assenza di enfasi e la competenza. Pizzul aveva giocato al calcio ed era friulano, due virtù non da poco. La seconda la condivideva con Bearzot, Zoff, tutta gente con pochi fronzoli e con la schiena dritta. Pizzul era così, gentile severità. Fatto sta che la voce di Bruno Pizzul è un pezzo della nostra memoria: certe sue espressioni, l’uso sapiente di congiuntivo e condizionale, il modo in cui descriveva azioni, schemi e gesti tecnici e faceva vivere l’ambiente della partita, sono state buone compagne di chi ama lo sport dall’inizio degli anni Settanta fino al 2002. Ha raccontato cinque campionati del mondo di calcio, quattro Europei ma non ha mai potuto celebrare una vittoria. Non ha potuto dire tre volte "Campioni del mondo" come Nando Martellini nel 1982 e quattro volte come fece Fabio Caressa a Berlino nel 2006. Ma non importa. La sua voce è restata nell’aria, ha vinto l’usura del tempo, come il suo talento di narratore e cronista. Della vita che Bruno Pizzul ha vissuto si potrebbe infine dire, con le sue celeberrime parole: "Tutto molto bello". Fonte: Corriere.it © 5 marzo 2025 ©

 

Quella notte all’Heysel insieme a Pizzul

 Bruno era il ponte tra l’inferno e le famiglie. Poi la frase che passò alla storia.

di Giuseppe Tassi

Il 29 maggio 1985 si consumava la tragedia della finale di Coppa dei campioni tra Liverpool e Juventus. Giuseppe Tassi era inviato a Bruxelles, prima sugli spalti e poi nel ventre dello stadio.

Roma, 5 marzo 2025 – Non ha potuto urlare "Campioni del mondo" come Martellini e Civoli ma la traccia professionale e umana lasciata da Bruno Pizzul va oltre le Coppe del mondo e gli incroci del destino. Il gigante buono di razza furlan ha commentato le imprese e le cadute della nazionale italiana fra il 1986 e il 2002 e gran parte di quel percorso l'ho compiuto accanto a lui come inviato del Resto del Carlino. Eravamo insieme anche nella tragica notte dell'Heysel, il 29 maggio 1985, quando la finale di Coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool si trasformò in una tragica carneficina con 39 tifosi bianconeri morti, calpestati nella curva Zeta mentre tentavano di sfuggire alla foga assassina degli hooligans. Io ero sugli spalti e poi nel ventre dello stadio per capire la portata del dramma che si consumava, Bruno appeso al suo microfono in balia di voci incontrollate e di notizie sommarie, cercava di trasmettere una sensazione di pacatezza e di normalità dentro quel subdolo e indecifrabile inferno. Lui ex calciatore, ex liceale di stampo classico amava il suo sport con l'entusiasmo sincero e lirico del poeta. Quello spettacolo di terrore che si consumava sotto i suoi occhi era figlio della follia ultrà e dell'inadeguatezza dello stadio scelto dall'Uefa e del ridicolo servizio d'ordine belga con pochi gendarmi a cavallo a vegliare sulla sicurezza dell'evento. Alla fine, quando tutto fu terribilmente chiaro, Pizzul pronunciò una frase che è rimasta nella storia di quella serata e del giornalismo: "E ora purtroppo una notizia che debbo dare, perché è ufficiale, viene dall’Uefa. Ci sono 36 morti… Una cosa rabbrividente, inaudita… E per una partita di calcio". Quella stessa gara che si giocò in omaggio a questioni d'ordine pubblico, quella partita che somigliava a una giostra di fantasmi lui la commentò fino all'ultimo minuto. Una prova di supremo equilibrio e di enorme professionalità. Ma anche un forte messaggio di solidarietà umana. Perché la postazione televisiva di Bruno, come i telefoni di molti inviati, divennero uno straordinario ponte lanciato verso le famiglie lontane: per rassicurarle sulle sorte degli italiani dentro quell’inferno o per offrire ai parenti dei feriti e dei dispersi le prime indicazioni per poterli raggiungere in Belgio. In quella notte di follia il sereno gigante di Cormons apparve ancora più grande. Fonte: Quotidiano.net © 5 marzo 2025

 

La telecronaca di Pizzul nella notte dell'Heysel

di Orlando Sacchelli

In punta di piedi il giornalista italiano il 29 maggio 1985 raccontò in diretta una delle pagine più tristi della storia del calcio. Commuove risentire il commento di Bruno Pizzul fatto durante la diretta della finale di Coppa dei Campioni il 29 maggio 1985. È la notte dell'Heysel. Mentre le immagini si soffermano sugli spalti dello stadio belga, il giornalista con parole pacate e mai enfatiche, dando il giusto peso ad ogni sillaba, racconta ciò che gli succede intorno. "Qui è inquadrato il settore della tribuna stampa, siamo nella tribuna centrale, proprio al di sopra della tribuna d'onore, in questo settore non si sono verificati scontri di alcun tipo. C'è soltanto sgomento, vedo anche della gente piangere. Sono scene che francamente con un evento sportivo non hanno nulla, nulla da spartire. Ho accanto a me il responsabile della Uefa che mi conferma che ci sono 36 morti, mentre un'altra notizia che mi lascia piuttosto sconcertato è che la partita si giocherà... Con quale spirito i giocatori entreranno in campo. È chiaro che il risultato diventa assolutamente irrilevante. Giocare con queste cifre è assolutamente inaccettabile". Nella pagina più buia del calcio europeo, mentre si è da poco consumata una vera e propria carneficina (alla fine si conteranno 39 morti e oltre seicento feriti), Pizzul usa il microfono della Rai in modo encomiabile entrando nella storia in punta di piedi, facendo informazione e mettendo in prima fila la dignità umana. Oltre a sottolineare, giustamente, che lo sport è un'altra cosa. Fonte: Ilgiornale.it © 5 marzo 2025

 

Il libro che ricostruisce la vita di Giusy Conti,

aretina morta nella tragedia dell'Heysel

Si intitola "La ragazza dai pantaloni verdi" ed è scritto dal giornalista Luca Serafini. Domenica 16 marzo marzo, in sala Montetini, la presentazione.

E' stato pubblicato il libro "La ragazza dai pantaloni verdi", che ricostruisce la storia di Giuseppina "Giusy" Conti, morta a soli 17 anni mentre si trovava a Bruxelles, una delle 39 vittime della tragedie dell'Heysel. Giusy era una ragazza di Rigutino che frequentava il liceo Classico ad Arezzo. Il volume, scritto dal giornalista Luca Serafini, scava nella vita di questa ragazza degli anni '80, cercando di restituire - attraverso la forma di un romanzo-verità - l'immagine più fedele possibile di una 17enne aretina, innamorata dello sport e della vita. Le amicizie, la scuola, le passioni, le speranze. Il volume è edito da Effigi ed è arricchito dai contributi di Marco Tardelli, Francesco Moser, Nelson Piquet e Andrea Lorentini, figlio di Roberto, altra vittima aretina dell'Heysel. Domenica 17 marzo, alle 17 in sala Montetini ad Arezzo, è prevista la presentazione.

IL LIBRO "LA RAGAZZA DAI PANTALONI VERDI" - "Il negozio dei genitori - si legge nella presentazione del libro - è un punto di riferimento del paese. Giuseppina è brava a scuola e gioca bene a tennis. Preferisce essere chiamata Giusy, nome più breve e moderno. Si emoziona con la Formula 1 e le corse di biciclette. Ma quando vede il pallone è gioia pura. Ama il calcio. Segue l’Arezzo, la squadra di quella città a pochi chilometri da casa dove va ogni mattina per le lezioni: conosce uno ad uno nomi e volti dei giocatori. Ma la Juventus di Platini è la sua grande passione. Esulta e soffre per i colori bianconeri. Insegue il sogno della Coppa dei Campioni. Ad Atene è allo stadio a seguire la finale, ma sarà una delusione. Il 1985 è l’anno in cui l’impresa può, anzi deve riuscire. A Bruxelles, stadio Heysel. Stavolta con lei c’è anche il babbo Antonio. 'Ciao, torno con la Coppa' dice salutando i compagni a scuola e la mamma a casa. Ma il calcio che Giusy ama, quella sera è avvelenato dalla violenza di tifosi come belve e dalle colpe di chi avrebbe dovuto organizzare in sicurezza un grande evento. La ragazza dai pantaloni verdi diventa un angelo, l’angelo dello sport, uno dei 39 angeli dell’Heysel". Fonte: Arezzonotizie.it © 10 marzo 2025

 

Un monumento per ricordare la tragedia dell’Heysel

di Antonio Cunazza

In occasione del 40esimo anniversario della tragedia che fece 39 vittime tra i tifosi, quasi tutti italiani, un’opera d’arte pubblica sorgerà su un terreno nei pressi dello Juventus Stadium come monumento alla memoria e al ricordo.

Il prossimo 29 Maggio cade il quarantennale di uno dei momenti più gravi e tremendi della storia del calcio moderno: in quella data del 1985, in occasione della finale di Coppa dei Campioni fra Liverpool e Juventus, allo stadio Heysel di Bruxelles, la frangia di hooligans inglesi sfondò le deboli recinzioni interne della curva Sud, invadendo un settore laterale occupato da tifosi italiani e neutrali. L’aggressione veemente, e l’impreparazione delle forze dell’ordine locali, provocò un drammatico tentativo di fuga dei tifosi, che si ritrovarono schiacciati in una calca letale in gradinata. Morirono 39 tifosi (di cui 32 italiani) e almeno 600 furono i feriti. Quello che rimane uno dei momenti di svolta tristemente più importanti anche per lo sport e per lo sviluppo dei suoi regolamenti e dei parametri costruttivi degli stadi, verrà ricordato dalla Juventus con l’installazione di un monumento che invita a una riflessione più profonda su quei momenti e sulla vita. Questa l’idea dell’artista, Luca Vitone, che aveva vinto il concorso – a cui avevano partecipato una decina di artisti italiani – con la sua proposta "Verso Altrove", alla quale ha poi lavorato nel corso degli ultimi due anni insieme a Luca Beatrice, critico d’arte torinese e presidente della Quadriennale di Roma (tristemente scomparso a fine Gennaio 2025), incaricato da Juventus di portare avanti l’idea del progetto. Il monumento, il cui cantiere è in attività da fine 2024, sarà pronto in tempo per l’anniversario del 29 Maggio prossimo e occuperà un lembo di prato di circa 2mila mq, posto lungo Strada della Continassa, a poca distanza dallo Stadium della Juventus e dal centro sportivo del club bianconero. In quella che già è un’area ampiamente riqualificata grazie agli interventi realizzati dalla Juventus negli ultimi anni, l’opera si svilupperà come una rampa a spirale centrifuga, lunga nel complesso 65 metri e che raggiungerà un’altezza di 3 metri dal terreno. Realizzata come un percorso quasi sospeso, racchiuso fra due pareti laterali fatte di assi di legno svasate, e accessibile anche dalle persone con disabilità, porterà al culmine dove un cannocchiale con le lenti montate al contrario fornirà ai visitatori una visione paradossale, con il fuoco che si allontana dall’orizzonte. La scelta, già percorsa da Vitone in altre sue opere in passato, vuole invitare a uno sguardo totalmente diverso dal solito verso il panorama, una riflessione sull’inevitabile passaggio fra la vita e la morte, un momento di raccoglimento nel ricordo di quei 39 morti. L’illuminazione notturna renderà l’opera ulteriormente emozionale, e sarà visibile anche dal cielo, dato che questa zona è sulla comune linea di atterraggio degli aerei in arrivo all’aeroporto torinese di Caselle. L’area verde, infine, sarà anche arricchita da cespugli di lavanda e da alcune piante di Ginko Biloba, una delle poche forme viventi che sopravvissero alle bombe atomiche cadute in Giappone, anche qui scelta voluta dall’artista come simbolo di resistenza alle peggiori avversità della vita. Fonte: Sporteimpianti.it © 12 Marzo 2025 

 

Massimo Briaschi a TvPlay: il racconto

della strage dell’Heysel a distanza di 40 anni

di Gianlorenzo Di Pinto

Massimo Briaschi, procuratore ed ex calciatore tra le altre di Genoa e Juve, è intervenuto in diretta su TvPlay.

SULLA STRAGE DELL’HEYSEL - Briaschi, che nel 1985 ha disputato la controversa finale di Coppa dei Campioni con la maglia del Juventus contro il Liverpool, ha così raccontato il drammatico avvenimento: "La strage dell’Heysel ? Noi della Juve fummo costretti a festeggiare la vittoria per placare gli animi dei tifosi che erano presenti. Noi siamo venuti a conoscenza realmente di quello che accadde solamente al ritorno in hotel. Secondo me se quel match non si fosse giocato, i morti sarebbero stati molti, ma molti di più. E’ stata organizzata una finale di Coppa dei Campioni in uno stadio ridicolo (NdR: Stadio Heysel di Bruxelles), non adatto ad una manifestazione del genere. Sono morte 39 persone che erano venute per scendere in campo con noi, ma non fu così". Fonte: Tvplay.it © 3 aprile 2025

 

Metti una domenica a Nichelino con Mauro Berruto

(ed Elena Miglietti) a parlare di sport e di storie

di Massimo De Marzi

Presentato all'Open Factory "In mezzo scorre il fiume", il libro scritto a quattro mani per raccontare il rapporto tra il Po e le tante realtà sportive e associative di Torino. Con una proposta per legare Superga all'Heysel.

(Omissis) Come legare Superga all'Heysel - Darwin Pastorin ha introdotto con la consueta maestria i due autori del libro, poi incalzati da Michele Pansini e Fabrizio Pulcini in un incontro che si è concluso con una proposta per mettere da parte una volta per tutte il becerume di certi ultrà, partendo da un numero, il 70: con la proposta di creare un luogo comune per ricordare i 31 morti di Superga e le 39 vittime della tragedia dell'Heysel, l'idea lanciata da Berruto rivolgendosi alla politica, mentre la Miglietti ha lanciato l'invito ad uno sport che sappia parlare e partire veramente dal basso. Fonte: Torinoggi.it © 7 aprile 2025

 

Juve commemora la strage…

di Alessandra Ravetta

Presentazione di "Verso Altrove" l’opera che la Juventus dedica alla memoria della tragedia avventura nello stadio belga, di cui il 29 maggio 2025 ricorrerà il 40° anniversario.

Heysel dal nome dello stadio belga dove prima della finale della Coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool, il 29 maggio 1985, si scatenarono le violenze degli hooligans dei Reds, causando il panico nel settore dello stadio occupati dai tifosi bianconeri; nella calca verso della vita 39 persone. Il progetto, affidato a Luca Beatrice, critico d’arte e presidente della Quadriennale di Roma (recentemente scomparso) e realizzato da Luca Vitone, artista di fama internazionale, e da FOR Engineering Architecture, sarà svelato il 29 maggio alle 11. Presentato sul sito della Juve a dicembre, dopo aver ottenuto l’approvazione definitiva del Comune di Torino, è stato realizzato in un’area verde di circa duemila metri quadrati nei pressi di Strada della Continassa, a due passi dall’Allianz Stadium, dallo Juventus Training Centre e dalla sede centrale del club. Ecco le anticipazioni sull’installazione pubblicate dalla Juve: "dal manto erboso, impreziosito da alberi di Ginko Biloba e cespugli di lavanda, si ergerà una piattaforma di sessantacinque metri dalla forma leggera di una spirale centrifuga, che si eleva per oltre tre metri da terra. Una struttura leggera, architettonicamente semplice, al cui interno sarà posizionata una luce al neon lungo tutto il percorso, che permetterà all’opera di essere visibile anche da notevole distanza, nell’oscurità. Alla fine della rampa, rivolto verso il paesaggio antistante, sarà posizionato un telescopio con le lenti montate capovolte in modo che la messa a fuoco sia rivolta verso l’orizzonte. Un chiaro invito a guardare lontano, verso l’assoluto. Molto curata anche la scelta delle specie arboree che verranno piantate: la lavanda rimanda al richiamo olfattivo di sensazioni oniriche, spesso presenti nelle opere di Vitone, mentre il Ginko Biloba è un albero antichissimo, le cui origini risalgono a milioni di anni fa, all’era Mesozoica, considerato un fossile vivente che rappresenta la resistenza, la sintesi nella sua linfa di passato e futuro". Fonte: Primaonline.it © 24 aprile 2025

 

Juve, svelato il memoriale in ricordo delle vittime dell'Heysel

di Paolo Casamassima

Mentre a Parco Dora è stato ripulito il murale, caro ai tifosi bianconeri, dagli insulti alle vittime di Bruxelles. 

A quarant'anni da quella tragica serata della finale di Coppa dei Campioni a Bruxelles tra Juventus e Liverpool - correva il 29 maggio 1985 -, la società bianconera inaugurerà un memoriale dedicato alle vittime dell'Heysel, trentanove vittime per l'esattezza, di cui 32 italiane.

"Verso Altrove" - Il 29 maggio 1985 - si legge nella nota divulgata dal club bianconero - il mondo assisteva attonito ad una delle più grandi tragedie che si siano mai consumate in uno stadio di calcio, durante la quale persero la vita 39 persone. Un lutto di cui il tempo non può lenire, né alleviare il dolore. Juventus continua a preservare il ricordo di questo drammatico evento all’interno della nuova cittadella bianconera nell’area della Continassa, attraverso l’opera commemorativa Verso Altrove, che verrà inaugurata giovedì 29 maggio 2025 alle ore 11. Il memoriale, che sorge in strada della Continassa, nelle immediate vicinanze dell’Allianz Stadium e dello Juventus Training Center, è stato progettato e realizzato da Luca Vitone, uno tra i più importanti artisti italiani contemporanei. Nelle sue opere la memoria personale s’interseca con la storia collettiva e il luogo assume un significato rinnovato, diventando spazio di un’esperienza antropologica, che sollecita il pubblico ad una riflessione introspettiva sulla natura e sulla cultura.

Curata da Luca Beatrice - "La curatela dell'installazione è stata affidata fin dal principio a Luca Beatrice - si legge ancora nella nota della società bianconera -, curatore e critico d’arte contemporanea fra i più noti del panorama italiano, scomparso lo scorso mese di gennaio, che ha scelto questo progetto per la sua idea di ricordo e, allo stesso tempo, di proiezione in avanti, oltre il passato. Ricordare senza lasciarsi sopraffare dal dolore, trasformando il lutto in speranza e futuro: questo è il cuore della nuova realizzazione, che prende forma in un’area di circa duemila metri quadri. Un manto erboso accoglie maestosi esemplari adulti di Ginkgo Biloba, una pianta che sintetizza nella sua linfa passato e futuro, un simbolo di resilienza e longevità. Tra gli alberi è presente una rampa a forma di spirale centrifuga, che accompagna il visitatore in un percorso ascendente lungo 66 metri, avvolto da due balaustre in legno che si innalzano fino a raggiungere un’altezza complessiva dell’opera di oltre 5 metri: una struttura leggera, architettonicamente semplice e totalmente accessibile, posata su dei pilastri a base circolare. Un percorso illuminato a led che da un lato accompagna il visitatore verso la sommità dell'installazione e dall'altro rende visibile la stessa anche dall'alto, come un segno distinguibile, tracciato nel tessuto urbano della città, anche nell’oscurità. Al termine della salita un cannocchiale dalle lenti invertite offre una prospettiva insolita: anziché avvicinare, allontana lo sguardo, invitando a guardare oltre, verso l’orizzonte, al di là del visibile, metafora di un percorso di ascesi e di avvicinamento al cielo. Questo viaggio è raccontato anche nello Juventus Creator Lab Original "Verso Altrove", che verrà presentato in anteprima durante l’inaugurazione del memoriale e che sarà trasmesso in esclusiva su Sky Arte dal 29 maggio alle 21.00 e in streaming su NOW.

Il ricordo del club - "La volontà di ricordare e di rendere omaggio alle vittime non ha mai abbandonato il Club in tutti questi anni: dall'inaugurazione nel 2005 della stele monumentale all'interno del cortile della sede della società di corso Galileo Ferraris alla presenza dell’Associazione Familiari Vittime e di una rappresentanza del Liverpool, ai momenti dedicati lungo il percorso di visita dello Juventus Museum, senza tralasciare il ricordo delle vittime durante la cerimonia di inaugurazione dello Juventus Stadium (oggi Allianz Stadium) l'8 settembre 2011. Ora, con Verso Altrove, una nuova testimonianza dell'impegno del Club nel custodire il ricordo, un inno alla vita e alla capacità umana di trasformare la sofferenza in un rinnovato senso di speranza".

ripulito il murale a Parco Dora - Intanto sempre a proposito di Juventus, nelle settimane scorse è stato ripulito il murale di Parco Dora con su scritto "Fino alla Fine", particolarmente caro ai tifosi bianconeri. L'Associazione Quelli di via Filadelfia, nel febbraio scorso, aveva denunciato il fatto che fosse stato imbrattato con scritte e insulti rivolti in particolar modo alle vittime dell'Heysel. "Da sempre abituati al confronto tra uomini, restiamo basiti davanti alla viltà di tali gesti. Lasciamo in pace i morti, affrontate i vivi. +39", avevano scritto sui loro profili social Fonte: Cronacaqui.it © 7 maggio 2025

 

Verso Altrove: la Juventus inaugura

un nuovo memoriale per le vittime dell'Heysel

Il 29 maggio 1985 resta una delle date più dolorose nella storia del calcio europeo. Quella sera, allo stadio Heysel di Bruxelles, 39 persone persero la vita prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. A quarant’anni da quel drammatico evento, la Juventus rinnova il suo impegno nel custodirne la memoria con l’inaugurazione dell’opera commemorativa Verso Altrove, prevista per giovedì 29 maggio 2025 alle ore 11.00, nell’area della Continassa, cuore pulsante della cittadella bianconera. La nuova installazione, firmata dall’artista Luca Vitone, sorge in Strada della Continassa, nei pressi dell’Allianz Stadium e dello Juventus Training Center. L’opera si inserisce nel percorso di riflessione e memoria che la Juventus ha costruito negli anni, proponendo uno spazio che unisce dimensione personale e storia collettiva. La curatela è stata affidata, fin dalle prime fasi, al critico d’arte Luca Beatrice, scomparso nel gennaio 2025, che ha fortemente voluto questo progetto come forma di ricordo attivo, capace di superare il passato con uno sguardo rivolto al futuro. Verso Altrove occupa un’area di circa 2.000 metri quadri. Un prato verde ospita maestosi Ginkgo Biloba, simbolo universale di resilienza, memoria e continuità tra passato e futuro. Al centro del memoriale si snoda una rampa elicoidale lunga 66 metri, completamente accessibile, che si sviluppa verso l’alto sostenuta da pilastri circolari, accompagnata da balaustre in legno e illuminazione a LED. La struttura, sobria e leggera, raggiunge un’altezza di oltre 5 metri e diventa un segno visibile anche dall’alto, come tracciato nel paesaggio urbano. In cima, il percorso si chiude con un cannocchiale dalle lenti invertite, che allontana lo sguardo invece di avvicinarlo: un invito simbolico a guardare oltre, verso l’ignoto, verso l’altrove. Un’immagine poetica che suggerisce l’idea di un cammino interiore, di elevazione e consapevolezza. Il memoriale sarà anche protagonista dello Juventus Creator Lab Original "Verso Altrove", documentario prodotto dal Club che sarà presentato durante l’inaugurazione e trasmesso in esclusiva su Sky Arte la sera del 29 maggio alle 21.00, con disponibilità anche su NOW in streaming. Il ricordo delle vittime dell’Heysel è un filo mai interrotto nella storia recente della Juventus. A partire dalla stele monumentale del 2005 nella sede di corso Galileo Ferraris, passando per i tributi presenti allo  Juventus Museum e per la cerimonia di apertura dello Juventus Stadium nel 2011, fino all’impegno costante del Club nel dialogo con l’Associazione Familiari Vittime e con rappresentanti del Liverpool. Ora, con Verso Altrove, nasce una nuova testimonianza viva e permanente: non solo un luogo della memoria, ma un inno alla vita, alla possibilità di trasformare il dolore in consapevolezza, e il lutto in speranza. Fonte: Mentelocale.it Torino © 7 Maggio 2025

 

2 SITI UNA MEMORIA SOLTANTO

Sinergia fra i 2 siti Associazionefamiliarivittimeheysel.it e Saladellamemoriaheysel.it che a partire dalla data odierna saranno gemellati, complementari l’uno all’altro nella pubblicazione dei propri contenuti editoriali.

Domenico Laudadio, socio benemerito e webmaster del sito ufficiale dell’Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel dal 2015, nonché l’ideatore del Museo Virtuale Multimediale Saladellamemoriaheysel.it in rete già dal 2008, è lieto di annunciare che i 2 domini web da lui curati saranno parte di un unico progetto divulgativo della memoria riguardo alle verità storico-processuali della strage dello Stadio Heysel di Bruxelles. Oltre ad una evidente similitudine grafica i due siti proporranno ai visitatori alcuni collegamenti fra le loro pagine realizzando un interscambio proficuo e continuativo dei propri contenuti editoriali. Si conferma la ferma rinuncia all’accoglienza e pubblicazione all’interno di esse di qualsivoglia riferimento o banner pubblicitario. Si ribadisce, inoltre, ancora una volta che l’uso dei contenuti multimediali di repertorio ivi presenti, ricercati e prelevati da fonti sul web (sempre dichiarate) non persegue alcuno scopo di lucro ma si ispira al diritto di cronaca, date le sue uniche finalità etiche e didattico-culturali (in fede alla legge italiana sul diritto d’autore 633/1941 al comma 1 bis all’articolo 70 che cita: "la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro". Vedi, inoltre, Direttiva Europarlamento 26.03.2019). Pertanto, si dichiara che eventuali contenuti multimediali attinti a fonti non chiaramente risalenti all’originario copyright nel caso di eventuali contestazioni da parte degli autori aventi diritto, in qualunque momento saranno prontamente rimossi e mai più riutilizzati. Per qualunque comunicazione, a questo riguardo, potete contattare il nostro webmaster, inviandogli una mail a postmaster@associazionefamiliarivittimeheysel.it Fonte: Associazionefamiliarivittimeheysel.it © 11 maggio 2025

 

Tragedie allo stadio, 40 anni dopo che si fa ?

di Mauro Berruto

Sabato 11 maggio 1985, durante la partita Bradford City–Lincoln City al Valley Parade, nel West Yorkshire britannico, un incendio in tribuna causò 56 morti e 256 feriti. La squadra di casa festeggiava la promozione in Seconda Divisione davanti a 11.076 spettatori, quasi il doppio della media stagionale. Verso la fine del primo tempo, si sviluppò un incendio nel settore G della tribuna principale, causato da una sigaretta che incendiò un cumulo di rifiuti accatastati sotto la tribuna, tutta in legno, costruita nel 1911. Le fiamme si propagarono in quattro minuti, favorite dal vento e dalla copertura dello stadio in cartone catramato. Gli spettatori cercarono di fuggire verso il campo o verso le uscite superiori, molte delle quali però erano chiuse o bloccate. Il fumo nero rendeva impossibile vedere e respirare, la struttura che crollava e il panico trasformarono quella fuga in un massacro. L’arbitro Norman Glover sospese la partita, ma la situazione non migliorò, nel campo mancavano addirittura gli estintori, eliminati a causa del timore di vandalismi. I giocatori, l’allenatore del Bradford City Terry Yorath (i cui familiari erano nel settore colpito dall’incendio) e alcuni tifosi tentarono di aiutare nei soccorsi i vigili del fuoco che arrivarono in pochissimo tempo, ma trovarono la tribuna già distrutta. Le tragiche conseguenze si trassero all’alba: tra le 56 vittime (54 tifosi del Bradford, 2 del Lincoln) c’erano anche l’ex presidente del club di casa, Sam Firth, e 11 minorenni. Si scoprì anche che Il club era a conoscenza dei rifiuti sotto la tribuna, la cui rimozione era prevista due giorni dopo la partita. La tragedia scosse profondamente l’opinione pubblica inglese, la regina Elisabetta II, la Premier Margaret Thatcher e Papa Giovanni Paolo II. Tuttavia, mercoledì 29 maggio, soltanto 18 giorni dopo, l’orrore andò di nuovo in scena su un campo di calcio, questa volta in Belgio: era la maledetta sera dell’Heysel, altre 39 vittime della violenza, di uno stadio inadeguato, dell’assurda approssimazione nell’organizzazione di un evento come una finale di Coppa dei Campioni. Sono passati esattamente 40 anni, il calcio inglese ha saputo cambiare radicalmente paradigma e ha fatto proprio dell’eccellenza degli stadi e della loro sicurezza un elemento caratteristico, risolvendo anche (almeno in casa) il problema degli hooligans, perché - come noto - la bellezza di un luogo incide anche sul comportamento di chi, quel luogo, lo frequenta. In Italia, quaranta anni dopo, ci siamo sentiti rimproverare dai Presidenti di Fifa, Gianni Infantino, e Uefa, Aleksander Ceferin, di "non avere stadi al livello di altri Paesi, non solo europei". In effetti gli stadi italiani, al netto di pochissime e lodevoli eccezioni, sono eredità di due momenti storici: il ventennio fascista e Italia ‘90. Circa la metà dei 120 stadi ancora oggi utilizzati (con capienza superiore ai 5.000 spettatori) sono stati inaugurati prima del 1946. E quelli "moderni", ovvero costruiti o ristrutturati per i Mondiali di Italia ‘90, sono stati pensati negli anni ’80, proprio prima di quelle tragedie, e per un calcio che aveva esigenze completamente diverse e che non ha più nulla a che fare con quello di oggi. Le conclusioni? Le lascio a voi, ma la miopia di chi guida il calcio italiano, dei proprietari dei club e della politica, su questo tema, a maggior ragione in occasione di questi tragici anniversari, è stata ed è imbarazzante. Fonte: Avvenire.it © 14 maggio 2025

 

Superga e Heysel spiegate ai bambini: il progetto che unisce Toro e Juve

di Enrico Civetti

Gli alunni delle scuole primarie riflettono su tragedie sportive e valori civici attraverso l’arte.

Oggi, presso la sala biblioteca della Circoscrizione 7 in corso Vercelli 15, si è svolta la cerimonia conclusiva della quarta edizione del progetto BianconeroGranata, un’iniziativa che va oltre il calcio, ponendo l’attenzione su memoria, emozioni e resilienza. Ideato da Safatletica con il sostegno della Circoscrizione 7, il progetto ha coinvolto le classi della scuola primaria di Torino, portando i bambini a scoprire la storia delle due grandi squadre cittadine -Torino Fc e Juventus Fc - attraverso il racconto di due eventi tragici: la tragedia di Superga del 1949 e la strage dell’Heysel del 1985. L’obiettivo di BianconeroGranata è trasformare il calcio in uno strumento di educazione civica, sensibilizzando i più piccoli su temi come memoria collettiva, solidarietà e rispetto. Durante il progetto, gli studenti hanno partecipato a incontri in classe che li hanno stimolati a riflettere su eventi storici e valori condivisi, incoraggiandoli a tradurre le loro emozioni in disegni. Il risultato è stato raccolto in un volume rilegato, consegnato a ogni alunno come testimonianza del loro percorso. Alla cerimonia di premiazione hanno partecipato studenti, docenti e dirigenti scolastici, oltre a esponenti del mondo sportivo e istituzionale. Fonte: Torinocronaca.it © 14 maggio 2025

 

Superga e Heysel spiegate ai bambini: il progetto che unisce Toro e Juve

Gli alunni delle scuole primarie riflettono su tragedie sportive e valori civici attraverso l’arte.

Si è tenuta oggi, presso la sala biblioteca della Circoscrizione 7 in corso Vercelli 15, la cerimonia conclusiva della quarta edizione del progetto BianconeroGranata, un’iniziativa educativa che parla di calcio, ma soprattutto di memoria, emozioni e resilienza. Il progetto, curato da Safatletica con il sostegno della Circoscrizione 7, coinvolge le classi della scuola primaria del territorio torinese e intende raccontare ai più piccoli la storia delle due grandi squadre cittadine - il Torino Fc e la Juventus Fc - partendo da due eventi tragici che le accomunano: la tragedia di Superga del 1949 e la strage dell’Heysel del 1985. Dalla storia al disegno - L’obiettivo di BianconeroGranata è fare molto più che raccontare una cronaca sportiva: è avvicinare i bambini a valori fondamentali come la memoria collettiva, la solidarietà e il rispetto, partendo dallo sport come metafora di vita. Attraverso incontri in classe in orario curricolare, i giovani studenti vengono stimolati a riflettere su temi profondi, in un percorso che si trasforma in una lezione di educazione civica. Alla fine del progetto, ogni partecipante traduce le proprie emozioni in un disegno, e l’intera raccolta viene rilegata in un volume che viene donato a tutti gli alunni. Alla cerimonia di premiazione parteciperanno gli studenti e le studentesse delle classi coinvolte, i loro docenti e dirigenti scolastici, insieme ad esponenti del mondo sportivo e istituzionale. Un momento di festa, ma anche di riconoscimento per un percorso educativo che unisce passato, sport e valori. Fonte: Torinoggi.it © 14 maggio 2025

 

Juventus, striscione commemorativo della

Curva Sud: "Onore ai caduti dell’Heysel"

di Giacomo Iacobellis

"Onore ai caduti dell’Heysel". La Curva Sud della Juventus, attualmente impegnata in casa contro l'Udinese per il 37° turno di Serie A, ha appena dedicato un omaggio alle vittime della sciagurata tragedia avvenuta mercoledì 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, poco prima dell'inizio della finale di Coppa dei Campioni tra bianconeri e Liverpool. Il 2025, del resto, è proprio l'anno del quarantesimo anniversario della strage dell'Heysel. 0-0, intanto, il risultato parziale del match a ridosso del finale della prima frazione di gioco. Fonte: Tuttomercatoweb.com © 18 maggio 2025

 

Striscione Curva Sud: "Onore ai caduti dell’Heysel"

di Alessandro Zottolo

La Curva Sud, nel corso del primo tempo tra Juventus e Udinese - valido per il 37° turno di campionato e che attualmente è sul parziale di 0-0 - ha esposto uno striscione con le seguenti parole: "tanti anni ormai senza gloria troppi per noi che siamo la storia da sempre per sempre, riconquistiamo tutto. Onore ai caduti dell’Heysel". Fonte: Tuttojuve.com © 18 maggio 2025

 

Tacconi ricorda il dramma dell’Heysel: "40 anni da quel giorno maledetto

Sappiamo benissimo che sarebbe stato meglio non giocarla ma…"

Tacconi ricorda il dramma dell’Heysel: tutte le dichiarazioni dell’ex portiere della Juve anche sulle sue condizioni.

L’ex portiere della Juve Stefano Tacconi durante la presentazione del suo libro "L’arte di parare" ha affrontato molti temi ricordando anche la strage dell’Heysel. Le parole riprese da TMW: "Sono stato preso per i capelli per restare in vita. Ho vissuto un periodo abbastanza delicato, così come lo è stato per la mia famiglia. Mia moglie si sentiva dire che potevo morire ogni giorno. La mia miglior cura è stata la famiglia, dopo due anni di ospedali, non vedevo l’ora di tornare a casa. Mio figlio era con me la mattina in cui è successo, mi sono svegliato con il mal di testa. Era un avvertimento importante su quello che poteva capitarmi. Sono finito in coma, mio figlio mi ha salvato tirandomi fuori la lingua dalla bocca con il primo soccorso. Poi mi hanno portato in ospedale, ma non c’era nessuno che poteva curarmi alla testa, poi mi hanno trasferito da un professore che mi ha salvato la vita".

SULL’HEYSEL - "Sono passati 40 anni da quel giorno maledetto. Una pagina brutta per il calcio italiano e mondiale. Da quel giorno non capiscono ancora oggi cosa sia successo, perché vedo ancora incidenti particolari. Finché l’ignoranza è più forte dell’intelligenza non ne veniamo fuori. Sappiamo benissimo che non giocarla era meglio, ma dopo averla giocata penso che abbiamo salvato tantissime altre persone, perché si sentiva già che la curva della Juventus volesse andare sotto a quella avversaria per vendicarsi. Io, Scirea, Cabrini e Platini siamo riusciti a contenerli. Siamo stati criticati quando siamo usciti con la coppa, ma le forze armate presenti ci hanno detto che grazie a quello stavano facendo uscire piano piano tutti".

I PIÙ FORTI CON CUI HAI GIOCATO - "Ho avuto la fortuna di giocare negli anni 80′ quando c’erano tutti i più forti. C’era Maradona, Platini è già tanto che abbia giocato con me. Poi Matthaus, Socrates, Zico. Fa paura solo fare qualche nome. Ma credo che anche loro avessero un po’ paura di me". Fonte: Juventusnews24.com © 20 maggio 2025

 

Clamorosa verità sull’Heysel: negli spogliatoi c’è

stato un ricatto "Costretti a giocare dalla UEFA"

Tragedia dell’Heysel, una nuova verità sciocca tutti: costretti a giocare quella partita dalla Uefa. Il giornalista ha rivelato tutto.

Il 29 Maggio del 1985 è purtroppo una di quelle date che resterà per sempre nella memoria dei tifosi juventini. Quello infatti è il giorno della tragedia dell’Heysel, quando, poco prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, 39 persone morirono a causa del crollo improvviso della curva. Una tragedia che divenne fin da subito grottesca per il fatto che la partita non venne annullata, e i calciatori furono costretti ad andare in campo nonostante avessero appena saputo cosa fosse successo. La partita come sappiamo, fu alla fine vinta dai bianconeri che si ritrovarono così ad essere Campioni d’Europa, senza però poter in alcun modo trovare la voglia di festeggiare. Anzi, a distanza di anni, sia Platini che Tardelli si scusarono pubblicamente per il fatto di aver esultato a fine partita nonostante la tragedia. Accade in realtà lo stesso a Torino, dove il sindaco Giorgio Cardetti dovette fermare alcune piccole frange dei tifosi che festeggiavano la vittoria della coppa, mentre un’intera città era in lutto. Il processo stabilì la responsabilità dei tifosi del Liverpool - Il processo che si tenne stabilì in seguito che la colpa di quanto accaduto era imputabile ai tifosi del Liverpool, colpevoli di aver creato quella calca da cui poi finirono schiacciare le numerose vittime. E di quella tragedia, si è di nuovo tornati a parlare in questi giorni per via della pubblicazione del nuovo libro del giornalista Emilio Targia, intitolato "Quella notta all’Heysel".

Heysel, arriva il clamoroso retroscena - E durante l’incontro di presentazione a Torino, il giornalista ha svelato un retroscena che ha sconvolto tutti i tifosi. Sembra infatti che sia stata la UEFA a costringere la Juventus a scendere in campo nonostante quanto era accaduto, minacciandoli il club che in caso contrario, avrebbero perso la partita a tavolino. Una situazione surreale, che portò Boniperti a mentire ai suoi calciatori, rivelandogli che era morto un solo tifoso, quando in realtà il numero delle vittime era già in quel momento molto più alto. Una versione confermata dall’ex bianconero Sergio Brio, che ha introdotto l’evento di Targia: "Si riunisce la commissione Uefa, Boniperti sapeva tutto e disse che non avrebbe giocato quella partita. La commissione disse: "se non giocate perderete a tavolino e tutti i morti saranno a vostro carico". Boniperti fu costretto ad accettare di giocare, venne negli spogliatoi e disse: "È morto un nostro tifoso, dovete giocare per lui". Carmelo G. Fonte: Jmania.it © 21 maggio 2025

 

Heysel, Stefano Tacconi: "La mia migliore partita in una serata tragica"

"Ecco com’è andata. La Juve non voleva giocare, ci obbligarono. Mi manca tanto Scirea".

Stefano Tacconi difendeva la porta della Juventus nella tragica serata dell’Heysel del 29 maggio 1985. A quasi 40 anni di distanza ne ricorda i momenti e le angoscianti sensazioni in un’intervista a La Gazzetta dello Sport.

PENSIERI - "Penso spesso all’Heysel, soprattutto di notte quando fatico a prendere sonno. E ricordo ancora tutto, come fosse ieri. Invece la prossima settimana saranno già 40 anni da quella triste serata. Non si può morire per una partita di calcio. È una sofferenza che tutti noi ci portiamo dietro da 40 anni e non ci abbandonerà mai".

I FATTI - "A un certo punto arrivarono nello spogliatoio diversi tifosi: erano feriti e insanguinati. Il nostro medico prestò soccorso a tutti. Noi giocatori eravamo già sotto la doccia, spaventati e tristi, pensando di non giocare. In quel momento sapevamo di una persona finita schiacciata nella calca, mentre dei 39 morti ci hanno detto soltanto dopo la partita, intorno a mezzanotte. In ogni caso nessuno pensava più al calcio e alla finale di Coppa Campioni. Ma poi ci raggiunse un generale delle forze dell’ordine belga, che di fatto ci obbligò a scendere in campo per questioni di ordine pubblico. Così ci ricambiammo e uscimmo sul prato in un clima surreale. Trapattoni era traumatizzato dall’accaduto, come il figlio di Agnelli e tutti noi".

VITTORIA PER 1-0 PER IL GOL DI PLATINI - "E anche alle mie parate. Penso sia stata la miglior prestazione della carriera, ma non se ne può parlare perché la serata purtroppo è stata drammatica".

I FAMILIARI DELLE VITTIME - "Sono particolarmente legato alla famiglia di Franco Martelli. Sono umbri come me, ho incontrato e abbracciato i parenti poco dopo la tragedia. Franco era di Todi ed era iscritto al mio club".

ERA LA JUVE PIU’ FORTE DI SEMPRE - "Difficile dirlo. Sicuramente era la più arrabbiata e affamata, anche perché diversi giocatori erano reduci dalla delusione della finale di Coppa Campioni persa nel 1983 contro l’Amburgo di Magath. Avevamo uno squadrone: Platini, Tardelli, Scirea… Sogno spesso anche Gaetano e mi manca tantissimo. Eravamo due persone completamente diverse, ma avevamo un buonissimo rapporto. Scirea ha preso soltanto una multa negli anni alla Juventus e sapete perché ? Perché la colpa non era di Gaetano, ma mia". Fonte: Calcionews24.com © 22 Maggio 2025

 

Il dramma e la memoria. A 40 anni dalla

strage, la TGR ricorda le 39 vittime dell'Heysel

Lo speciale TGR-il Settimanale "Heysel, finale maledetta", realizzato dalla redazione del Piemonte, andrà in onda sabato 24 maggio alle 12,25 su Rai3.

Il 1985. È il 29 maggio. Il sogno della Juventus di alzare al cielo di Bruxelles la sua prima Coppa dei campioni si trasforma nel peggiore degli incubi. Prima dell'inizio del match, gli hooligans assaltano il settore Z. Muoiono 39 tifosi: uomini, donne, bambini. Testimonianze di ieri e di oggi si intrecciano in Heysel - Finale maledetta, lo speciale TGR Il Settimanale realizzato con il Centro di produzione Rai Piero Angela di Torino, in onda sabato 24 maggio alle 12.25 su Rai3. Di Jacopo Ricca e Gabriele Russo, a cura di Francesco Marino, editing e montaggio Flavia La Gona.

Il racconto della strage - L'arrivo in Belgio, l'incontro con gli hooligans e i primi timori, l'assalto britannico al settore Z, il crollo, la strage, l'ipotesi di rinvio del match. Poi, il fischio d'inizio, il controverso rigore decisivo, la vittoria dei bianconeri di Platini, i festeggiamenti. E ancora le polemiche, le sentenze, il ricordo. Fino alle conseguenze di quella maledetta domenica sera del 1985 che ha segnato la storia del calcio ma che non bastò per estirpare la violenza negli stadi. I protagonisti - Con Nereo Ferlat, sopravvissuto del Settore Z; Beppe Franzo, ultrà della Juventus presente allo stadio; Fabrizio Landini, nipote di una delle 39 vittime; Evelina Christillin, che accompagnò Gianni Agnelli a Bruxelles come ufficio stampa Fiat; Carlo Nesti, che curò la radiocronaca per RaiRadioUno con Enrico Ameri. Fonte: Rainews.it © 22 maggio 2025

 

RICORDO

40 anni fa la tragedia dell'Heysel: morti, colpe,

processi, cosa resta di quella notte di sangue

di Sebastiano Vernazza

29 maggio 1985, Finale di Coppa dei Campioni Juve-Liverpool a Bruxelles, gli ultras inglesi sfondarono nel settore Z a caccia di italiani: ne seguì una calca infernale da 39 morti e 600 feriti. La partita si giocò, poi...

Travolte, schiacciate, soffocate. Così morirono allo stadio Heysel 39 persone quarant’anni fa, il 29 maggio 1985 a Bruxelles, in Belgio. Erano lì per Juve-Liverpool finale della Coppa dei Campioni 1985 e non ritornarono più a casa. Trentadue italiani, quattro belgi, due francesi e un nordirlandese. Oltre 600 i feriti, molti dei quali con traumi fisici e psicologici permanenti. Una catastrofe umanitaria.

I fatti - La partita era programmata per le 20.15. Accadde tutto un’ora prima circa, intorno alle 19.20. Dalla curva loro assegnata, gli ultras del Liverpool sfondarono il settore Z, che era adiacente e che avrebbe dovuto essere riservato a spettatori neutrali. In realtà era pieno di italiani, molti dei quali avevano rilevato e comprato i biglietti da chi li aveva presi ai botteghini oppure si erano rivolti ai bagarini, altri li avevano acquistati in modo lecito. La curva inglese e il settore Z erano divisi da una recinzione ridicola, una specie di rete da pollaio, e lo sbarramento venne giù in fretta. Gli inglesi invasero lo Z, a caccia di juventini da picchiare, e innescarono una calca, un fuggi-fuggi mortale. Un muro cedette per la pressione, tanti precipitarono o si lanciarono nel vuoto sottostante. Altri caddero per terra senza più rialzarsi, perché schiacciati dalla folla nel panico. In un primo momento non vennero aperti i cancelli lungo le recinzioni a bordo campo, per permettere alla gente di defluire e disperdersi sul prato. In prima battuta non intervenne neppure la polizia: c’erano pochi agenti, impossibilitati a intervenire. Quando arrivarono i rinforzi, la polizia caricò tutti, senza distinzioni.

Il gesto eroico - Tra gli italiani del settore Z c’era Roberto Lorentini, 31 anni, un medico di Arezzo. Lorentini riuscì a mettersi al sicuro, assieme al padre, Otello, però dalla sua postazione vide un bambino esanime e corse da lui per rianimarlo con un massaggio cardiaco. Un’ondata di gente nel panico travolse e uccise tutti e due, Lorentini e Andrea Casula, 11 anni di Cagliari, la vittima più giovane. Lorentini venne decorato in memoria con la medaglia d’argento al valor civile. La partita - Si giocò lo stesso, per ragioni di ordine pubblico. Sarebbe stato complicato gestire il deflusso immediato di migliaia di tifosi, si disse. Meglio far giocare la gara, stemperare le tensioni. La Juve vinse per 1-0, con gol di Platini su rigore. Un penalty generoso, il fallo su Boniek avvenne fuori area. Sul campo, i giocatori della Juve festeggiarono il successo. Anni dopo, quasi tutti se ne sono vergognati, ma a loro parziale giustificazione va precisato che le proporzioni del disastro, prima del calcio d’inizio, non erano chiare e le notizie risultavano frammentate. Ad alcuni giocatori era stato comunicato che risultava soltanto un morto. In varie interviste, Marco Tardelli con onestà ha detto: "Non riconosco quella coppa, non l’ho vinta. Ci obbligarono a giocare, noi però non dovevamo festeggiare e chiedo scusa per questo".

Le cause - Lo stadio Re Baldovino, il vecchio Heysel, inaugurato nel 1930, era un impianto deteriorato e non più in linea con gli standard di sicurezza per una finale di Coppa dei Campioni. I tifosi del Liverpool erano ubriachi ed erano armati. Una somma di inefficienze e di sottovalutazioni causò la tragedia. Riportiamo qui la testimonianza di Danilo Bartolozzi, pubblicata in "Heysel. Le verità di una strage annunciata", un libro di Francesco Caremani: "Quelli del Liverpool avevano pistole, forbici, coltelli, spranghe. Hanno ammazzato un ragazzo con un lanciarazzi, ho visto tutto con i miei occhi. E hanno potuto portare tutto dentro perché nessuno è stato perquisito all’ingresso. Erano anche ubriachi, quasi tutti. Non ho mai visto buttar giù lattine di birra, una dietro l’altra, in quel modo".

Le condanne - Alla fine di un lungo cammino processuale, restano queste condanne definitive della giustizia belga: quattro anni e 60mila franchi di sanzione pecuniaria per 9 hooligans e 5 anni di carcere per altri tre. Condannati anche il segretario della federcalcio belga dell’epoca, per aver permesso che nel settore Z ci fossero tifosi italiani, e un responsabile delle forze di polizia. È sbagliato sostenere che, in forza di quanto accaduto all’Heysel, l’allora primo ministro britannico Margaret Thatcher abbia usato il pugno duro contro la violenza negli stadi inglesi. La Thatcher intervenne con una legge mirata non nel 1985, ma dopo la strage di Hillsborough nel 1989, i 96 morti per Liverpool-Nottingham di FA Cup. In quarant’anni la memoria delle 39 vittime dell’Heysel è stata spesso vilipesa, brandita come arma per offendere la tifoseria della Juve, uso intollerabile di una tragedia che ha colpito a morte il calcio e la civiltà. Fonte: Gazzetta.it © 22 maggio 2025

 

"Heysel - Finale maledetta"

Uno Speciale Settimanale della Tgr

A 40 anni dalla strage dell'Heysel di Bruxelles, la redazione del Piemonte, propone - per il Settimanale della Tgr - lo Speciale "Heysel - Finale maledetta", in onda sabato 24 maggio alle 12.25 su Rai 3 e disponibile su RaiPlay e sul sito tgr.rai.it/piemonte. Il documentario firmato da Jacopo Ricca e Gabriele Russo, a cura di Francesco Marino, racconta con voci e testimonianze di ieri e di oggi le drammatiche ore che hanno preceduto la finale di Coppa dei campioni del 29 maggio del 1985 tra Juventus e Liverpool, dove trovarono la morte 39 tifosi, per lo più bianconeri. L'arrivo in Belgio, l'incontro con gli hooligans e i primi timori, l'assalto britannico al settore Z, il crollo, la strage, l'ipotesi di rinvio del match. Poi il fischio d'inizio, il controverso rigore decisivo, la vittoria dei bianconeri di Platini, i festeggiamenti. E ancora, le polemiche, le sentenze, la memoria. Fino alle conseguenze di quella maledetta domenica sera del 1985 che ha segnato la storia del calcio, ma che non bastò per estirpare la violenza negli stadi. Tra le testimonianze, quelle di Nereo Ferlat, sopravvissuto del Settore Z; Beppe Franzo, ultrà della Juventus presente allo stadio; Fabrizio Landini, nipote di una delle 39 vittime; Evelina Christillin, che accompagnò Gianni Agnelli a Bruxelles come ufficio stampa Fiat; Carlo Nesti, che curò la radiocronaca per RaiRadioUno con Enrico Ameri. E non mancano la voce di Bruno Pizzul - che raccontò in diretta all’Italia un dramma mai dimenticato e che definì "uno dei ricordi più angosciosi della carriera" - e le immagini recuperate dalle Teche Rai girate dal telecineoperatore Gianfranco Isoardi, che lasciò la tribuna per mostrare da vicino il drammatico prologo della partita. Il documentario è stato realizzato con il Centro di Produzione Rai "Piero Angela" di Torino e con il montaggio di Flavia La Gona. Fonte: Rai.it © 25 maggio 2025

 

Zibi Boniek: "Quando ripenso alla sera

dell'Heysel, il cuore mi si spezza"

di Massimiliano Vitelli

Il 29 maggio saranno quarant’anni dalla tragedia dell’Heysel. Per commemorare le 39 vittime la Juventus inaugurerà un’opera a pochi metri dall’Allianz Stadium: Verso altrove è stato progettato da Luca Vitone. Chi era in campo allora non può dimenticare.

Il 29 maggio del 1985, lo stadio Heysel di Bruxelles fu teatro di una delle più grandi tragedie del calcio. Prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, l’Heysel iniziò a riempirsi, troppo. E la calca dei tifosi, complice il cedimento strutturale di una parte delle tribune, causò 39 morti. In campo, vinse la Juventus 1-0 con un calcio di rigore realizzato da Michel Platini dopo un fallo subito da Zbignew Boniek. L’ex-attaccante polacco ricorda con noi quella maledetta sera. "Quando ripenso a quella sera il cuore mi si spezza. Doveva essere una festa del calcio, divenne un inferno. Sapere che ci sono state persone che non sono più tornate a casa è tristissimo. Nello sport si vince e si perde, poi si riparte. Invece il 29 maggio del 1985 abbiamo perso tutti. Il pensiero di ciò che è accaduto mi accompagnerà per tutta la vita. Noi giocatori sapevamo che era successo qualcosa sugli spalti, mentre eravamo negli spogliatoi giravano voci di possibili vittime, ma era tutto molto confuso. A quei tempi non c’erano i mezzi d’informazione di oggi. Niente cellulari, social, internet. Sono sincero quando dico che non ci rendemmo conto della portata della tragedia. Oggi non si sarebbe giocato. Molti di noi non volevano scendere in campo. Tra questi ricordo bene Gaetano Scirea. Era sconvolto e, da capitano, provò a parlare con l’arbitro e gli organizzatori. Alla fine ci dissero che era meglio giocare per mantenere almeno un po’ di ordine pubblico, lo facemmo. Una volta iniziata la partita, ognuno la interpretò con la propria sensibilità, Sono certo che diversi giocatori non resero al meglio perché avevano la testa alla tragedia. Con i calciatori del Liverpool non parlammo. Quando, spinti dall’Uefa, entrammo in campo, li trovammo già lì. Alla fine vincemmo con un rigore realizzato da Michel (NdR: Platini) per un fallo commesso su di me. L’intervento era avvenuto fuori area, ma l’arbitro era lontano sessanta metri e nemmeno io mi accorsi che sarebbe stato giusto fischiare la punizione e non il penalty. Per quella vittoria ricevemmo un premio di 100 milioni di lire a testa. Io non li volli, li diedi tutti ai parenti delle vittime, ai quali penso ancora ogni volta che sento parlare di quella tragica notte". Fonte: Vanityfair.it © 26 maggio 2025

 

Arezzo ricorda la strage dell’Heysel a 40 anni dalla tragedia: due

giorni di incontri per promuovere la cultura del rispetto nello sport

L'iniziativa promossa dalla sezione provinciale dell'AIA con il patrocinio del Comune di Arezzo.

In occasione del quarantesimo anniversario della tragedia dell’Heysel, la sezione AIA (Associazione Italiana Arbitri) di Arezzo, con il patrocinio del Comune, promuove un’importante iniziativa che unisce memoria, riflessione e responsabilità educativa. Due giornate, il 28 e il 29 maggio, dedicate non solo al ricordo delle 39 vittime di quella drammatica sera del 1985 – tra cui gli aretini Roberto Lorentini e Giusy Conti – ma anche alla trasmissione di valori fondamentali ai giovani: il rispetto, la cultura sportiva e la responsabilità del tifo. Mercoledì 28 maggio, alle ore 11:30, presso l’aula magna del Liceo Scientifico-Linguistico "Francesco Redi", si terrà l’incontro "Heysel 40 anni dopo. Memoria, sport e responsabilità", promosso da AIA e curato da Zenzero OFF. All’incontro parteciperanno Andrea Lorentini, presidente dell’Associazione Familiari Vittime dell’Heysel, Francesco Caremani, giornalista e autore di numerose pubblicazioni sull’argomento, e Luca Serafini, autore del libro La ragazza dai pantaloni verdi, dedicato alla giovane Giusy Conti. Un momento intenso rivolto agli studenti, per ripercorrere la storia e riflettere sull’importanza dell’etica sportiva e del ricordo consapevole. Giovedì 29 maggio sarà la giornata della memoria condivisa, con tre momenti significativi nell’ambito dell’iniziativa "1985–2025. Arezzo nel ricordo dell’Heysel. La memoria oltre il tempo", organizzata da AIA in collaborazione con FIGC, CONI, UNVS, Panathlon e Associazione Familiari Vittime dell’Heysel. Alle ore 17:00, presso il campo sportivo "Giusy Conti" di Rigutino, sarà deposto un mazzo di fiori in sua memoria. A seguire, alle 17:30, il campo sportivo "Roberto Lorentini" ospiterà l’inaugurazione di un bassorilievo dedicato al medico aretino, simbolo di altruismo e coraggio. Concluderà la giornata, alle 18:00 presso la sede AIA di via Gramsci, una tavola rotonda dal titolo "L’Heysel 40 anni dopo", in cui istituzioni e rappresentanti sportivi dialogheranno con i ragazzi delle squadre giovanili del territorio.

"La violenza è l’antitesi dello sport. Ricordare l’Heysel non è solo un dovere verso le vittime e le loro famiglie, ma anche un’occasione preziosa per educare le nuove generazioni al valore dello sport come luogo di incontro, rispetto e responsabilità. Il Comune di Arezzo è orgoglioso di sostenere questa iniziativa che unisce memoria e formazione civile", ha dichiarato l’assessore allo sport Federico Scapecchi. "Con questa iniziativa, la sezione AIA di Arezzo si fa promotrice di un messaggio forte e attuale: ricordare significa educare, e lo sport, quando vissuto con rispetto e consapevolezza, può diventare uno strumento potente di crescita civile e umana", ha commentato il presidente AIA Sandro Sarri. "E’ importante mantenere viva la memoria di un fatto che per molti ragazzi è sconosciuto, e momenti come questo, a cui il CONI partecipa attivamente, rappresentano un’occasione importante per offrire loro uno spunto di riflessione. E, insieme alla memoria, è essenziale promuovere la formazione ad una cultura dello sport della quale rendere sempre più consapevoli i nostri giovani", ha detto il delegato provinciale CONI Alberto Melis. "La cultura dello sport è la missione principale del Panathlon, che da tempo ormai è entrato nelle scuole con i propri progetti tutti mirati a divulgare e trasmettere i valori che la pratica delle diverse discipline porta con sé. Lo sport è competizione sana e formativa, e questo è quello che i nostri ragazzi devono fare proprio", ha affermato il presidente del Panathlon Mario Fruganti. "Ringrazio sinceramente, sia come presidente dell’associazione Familiari Vittime dell’Heysel sia come familiare di Roberto Lorentini, per l’organizzazione di questo momento di riflessione e memoria. Arezzo è stata purtroppo la città che ha pagato il prezzo più alto in termini di vittime, ma anche la città dalla quale è partita la battaglia per ottenere giustizia. In questo quarantesimo il pensiero va a Otello Lorentini figura assolutamente fondamentale per quanto accaduto dopo: l’esperienza dell’associazione parte proprio da questo grande atto di coraggio nel voler intraprendere la battaglia processuale per ottenere giustizia insieme ad un grande grosso impegno civico contro la violenza nello sport", ha commentato Andrea Lorentini, presidente dell'associazione Familiari Vittime dell'Heysel. Fonte: Comune.arezzo.it © 26 maggio 2025

 

L'anniversario

Quarant'anni fa la tragedia dell'Heysel, una ferita ancora aperta

Il 29 maggio del 1985, lo stadio di Bruxelles fu teatro di una delle più grandi tragedie del calcio. Prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, la calca dei tifosi causò il cedimento di una parte delle tribune: 39 vittime.

Una festa finita in tragedia, una serata indimenticabile. Il 29 maggio 1985 era in programma a Bruxelles, allo stadio Heysel, la finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e Liverpool. I bianconeri, due anni dopo la beffa con l'Amburgo, sognavano di mettere finalmente le mani sull'unico trofeo che mancava ancora all'appello sfidando i Reds campioni in carica e che 12 mesi prima avevano sconfitto la Roma ai rigori all'Olimpico. Poco prima dell'inizio della partita, gli hooligans inglesi sfondarono le recinzioni del settore Z - occupato da tifosi juventini ma anche da neutrali e famiglie - diffondendo il panico. In molti cercarono di fuggire ma il muro di contenimento, sotto la pressione della folla, crollò: 39 i morti, fra cui anche donne e bambini, oltre 600 i feriti. Un bollettino di guerra, una tragedia annunciata: le condizioni dello stadio, vecchio e con gravi carenze strutturali, e le misure di sicurezza inadeguate erano il preludio a un disastro quasi ineluttabile. Eppure si giocò: la Uefa, temendo ulteriori conseguenze in termini di ordine pubblico, mandò in campo le due squadre con i giocatori ignari o quasi di quello che era realmente successo.

La testimonianza - A ricordare quei drammatici momenti sono due dei protagonisti della partita: Zbigniew Boniek, partito titolare, e Cesare Prandelli, entrato nei minuti finali. "All'epoca vivevamo in un altro mondo, senza internet, senza social media, perché altrimenti quella partita non si sarebbe mai giocata, perché di fronte a tutto quello che è successo era assurdo giocarla - le parole del polacco a LaPresse . Hanno deciso di giocarla per calmare la gente, per portare i soldati, per garantire la sicurezza a tutti e ci hanno costretti a giocare. Che fosse successo qualcosa di molto grave l'abbiamo capito perché lo spogliatoio era uno dei posti dove si portavano via i feriti, c'era molta confusione. Sono morti perché è crollata la struttura, perché la gente indietreggiava perché era impaurita, secondo me ci sono delle responsabilità gravissime". L'ex ct della Nazionale ha confermato come l'intenzione della società e dei giocatori fosse di non giocare la sfida: "Noi siamo arrivati allo stadio, ci siamo preparati, e durante una sorta di preriscaldamento, il presidente è arrivato nel nostro spogliatoio dicendo 'la partita non verrà giocata perché c'è un morto'. Boniperti ha insistito, ha detto 'la mia squadra coi morti non gioca'. Aspettavamo soltanto la conferma del delegato Uefa. Avevamo capito che stava succedendo qualcosa perché abbiamo aperto una porta che dava sul campo e c'erano molti tifosi, li abbiamo fatti uscire. Erano in preda al panico e non riuscivamo a capire perché. Dicevano 'ci hanno attaccato, è caduta una rete, ci sono dei feriti, vogliamo scappare'. E ne abbiamo fatti scappare tramite lo spogliatoio tantissimi. Erano terrorizzati. Purtroppo noi aspettiamo le tragedie per cambiare e ovviamente il mondo della sicurezza degli stadi è cambiato. Assolutamente, non c'è paragone: c'è il prima e dopo l'Heysel".

Per la cronaca - Vinse la Juve 1-0, con un rigore trasformato da Platini anche se per un fallo su Boniek fuori area. In un'atmosfera surreale, la Coppa dei Campioni a lungo inseguita fu consegnata ai bianconeri ma era una coppa macchiata di sangue e ancora oggi le scene dei festeggiamenti finali hanno un effetto straniante. Quella serata maledetta, però, lasciò il segno: la Uefa escluse i club inglesi dall'Europa per cinque anni (sei per il Liverpool) mentre il governo Thatcher corse ai ripari - anche se fu necessaria un'altra tragedia, quella di Hillsborough nel 1989, per avere provvedimenti più decisi - gettando le basi di quel modello di lotta agli hooligans che ancora oggi fa dell'atmosfera negli impianti d'Oltre Manica un esempio. Il ricordo dell'Heysel resta però vivo: ogni anno Juve e Liverpool rendono omaggio alle vittime e sugli spalti bianconeri figura sempre quel "+39" che richiama i tifosi che non ci sono più. Perché saranno passati anche 40 anni ma la ferita è e resterà ancora e per sempre aperta.

L'omaggio di Bruxelles - La città renderà omaggio alle vittime della strage dell'Heysel, proprio nel luogo dove 40 anni fa, il 29 maggio del 1985, si consumò la tragedia. Oggi lo stadio si chiama Re Baldovino, e fuori dalla Tribuna 1,a pochi metri dal muretto fatiscente che con il suo crollo provocò 39 morti e oltre 600 feriti, c'è una targa commemorativa delle vittime, in marmo grigio scuro. Proprio qui si sono dati appuntamento alle 15,30 di giovedì 29 le autorità locali e i rappresentanti diplomatici di Italia e Regno Unito. La cerimonia si aprirà con il discorso di Philippe Close, sindaco di Bruxelles, quindi gli interventi di Florence Frelinx, Assessore della Città e del capo della polizia cittadina, Frédéric Moreels. Poi prenderanno la parola Federica Favi, Ambasciatore d'Italia in Belgio e Anne Sherrif, Ambasciatore britannico in Belgio. Sarà infine deposta una corona di fiori e saranno letti i nomi delle 39 vittime da parte di un tifoso della Juventus. Fonte: Rainews.it © 27 maggio 2025

 

L'ANNIVERSARIO

Heysel 1985: quarant'anni da una tragedia da non dimenticare mai

Nella finale della Coppa dei Campioni giocata a Bruxelles si consuma uno dei peggiori disastri della storia del calcio.

Bruxelles, 29 maggio 1985, stadio Heysel. Va in scena la finale di Coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool. Una partita storica tra una squadra che quel trofeo non lo ha mai alzato contro quella che lo ha conquistato quattro volte negli ultimi otto anni. Per qualcuno è la sfida del secolo. Lo stadio, la Uefa, la polizia belga e l'organizzazione generale non sono però all'altezza di un avvenimento così importante. Ed è un eufemismo. Vengono veduti molti più biglietti di quanti l'impianto possa gestire. Con i posti non numerati succedeva spesso. I tifosi bianconeri vengono messi in una curva, settori M, N, O, quelli del Liverpool in quella di fronte, zone X e Y. Peccato che ci fosse una parte di quella gradinata, il famigerato settore Z, che agenzie di viaggi o acquirenti belgi hanno rivenduto ai tifosi italiani. Di fianco agli hooligans inglesi, insomma, separati da una rete metallica, che sarebbe venuta giù con una spallata, e da un gruppetto di una decina di poliziotti, c'erano famiglie, donne, bambini e spettatori neutrali. Che lo stadio non fosse minimamente in grado di sopportare un avvenimento simile se ne accorge da subito chi arriva all'Heysel anche ore prima del calcio d'inizio, previsto per le 20,15. Per entrare nelle curve ci sono solo due porticine, di circa 80 centimetri di lunghezza, per consentire l'accesso a circa cinquantamila persone. Gli ingorghi per accedere all'impianto sono impressionanti ma, in quel momento c'è solo la noia di una lunga attesa in coda. Ci sono però dei segnali inquietanti: un cantiere di fianco allo stadio da cui gli ultrà inglesi si riforniscono di sassi e altri corpi contundenti, la presenza limitatissima delle forze dell'ordine, i tifosi reds già ubriachi dalla mattina che hanno messo a ferro e fuoco il centro di Bruxelles senza venire fermati e che entrano allo stadio con intere casse di birra, nessun controllo agli ingressi e circa cinquemila persone in più presenti nelle zone a loro assegnate.

Ma soprattutto quella rete da pollaio. Alle 18,45 iniziano i primi lanci di sassi e bottiglie di birra verso il settore Z. La paura comincia a prendere il sopravvento ma ancora non è scoppiato il panico tra gli inerti spettatori di quella zona maledetta. Poi partono i razzi ad altezza d'uomo e, dopo che è stata sfondata con facilità la rete divisoria, gli assalti degli hooligans. Non trovandosi di fronte degli ultrà ma solo gente tranquilla, i reds avanzano con le aste delle bandiere usate come spranghe. Chi non scappa deve affrontarli, chi fugge, ed è la maggioranza, si accalca contro il muretto che dà sul campo. Gli assalti inglesi procedono a ondate e quelli che riescono a prendere un po' di fiato si ritrovano di nuovo schiacciati dopo pochi secondi. Tutto dura qualche minuto ma sembra un eternità. Le persone non riescono a muoversi, sono in balia della folla, non possono respirare, sono in un incubo impensabile schiacciati da altri corpi innocenti e dalla pressione verso una via di fuga che sembra lontana. Il muro crolla sotto quel peso insostenibile, la gente che ci riesce si riversa in campo e, beffa delle beffe, prende anche le manganellate dai pochi poliziotti presenti, a dimostrazione che l'intelligenza non brillava certo nelle menti di chi doveva gestire un evento di quella portata. Alle 19,32 è tutto finito. C'è un silenzio irreale, mentre i morti e i feriti vengono caricati sulle transenne per essere portati fuori dallo stadio. Alla fine si conteranno 39 morti e circa 400 feriti, di cui almeno la metà in condizioni critiche. Tra chi non c'è più anche un bambino di 10 anni. Una tragedia insensata, incomprensibile, spiegabile solo con la furia ceca di gente senza una coscienza e una disorganizzazione delinquenziale. Gli ultrà della Juventus, dall'altra parte, hanno visto tutto e vogliono farsi giustizia. In molti entrano in campo e i giocatori bianconeri escono dagli spogliatoi, che tra l'altro si stanno riempiendo di feriti, per calmare gli animi dei tifosi che vogliono vendicarsi.

Nel frattempo si sta decidendo cosa fare. La dirigenza della Juve non vuole che si giochi. La Uefa e le autorità belghe chiedono che si scenda in campo per evitare che le cose peggiorino e per dare tempo di fare sfollare gli hooligans. Il Presidente del Consiglio italiano di allora, Bettino Craxi, telefona per dire che non si deve giocare. Un ministro del suo Governo, De Michelis, presente all'Heysel, gli spiega la situazione e lo convince. Alla fine Liverpool e Juventus si presentano sul terreno di gioco un'ora e mezzo dopo l'orario previsto per la finale. L'atmosfera è surreale. Non si sa nemmeno se la partita sia vera o solo un'esibizione per evitare di rendere la tragedia ancora più insostenibile. Di certo i giocatori si impegnano fino in fondo. La Juve vince con un rigore calciato da Platini e procurato da Boniek, che però subisce il fallo chiaramente fuori area. Dopo il fischio finale ai calciatori bianconeri viene chiesto di mostrare la Coppa sotto la curva dei propri tifosi, un gesto di cui Marco Tardelli, ogni volta che ne parlerà, dirà di vergognarsi. Poi resta solo un lutto inaccettabile per mogli, madri, padri, fratelli, sorelle, nipoti e amici che per una partita di calcio hanno visto morire i propri cari. Di giustizia ne hanno invece vista poca. Ventisei hooligans mandati a processo, alcuni assolti per insufficienza di prove e alcuni condannati per qualche anno, anche se hanno poi scontato solo pochi mesi. Pene ben al di sotto delle loro responsabilità anche per i dirigenti Uefa, politici belgi e funzionari delle forze dell'ordine. Quattro anni dopo i tifosi del Liverpool vivranno una situazione molto simile nella semifinale di FA Cup di Sheffield: la famosa strage di Hillsborough con 96 supporter dei Reds che perdono la vita, finendo schiacciati e soffocati dalla calca in un modo analogo a quanto accaduto all'Heysel. Da queste due tragedie l'organizzazione degli eventi calcistici ha cominciato finalmente a evolversi. Ma niente ridarà la vita a chi voleva solo assistere a una partita. Fonte: Sportmediaset.mediaset.it © 27 maggio 2025

 

Heysel 1985, 40 anni fa la tragedia dei tifosi della Juventus: le foto

Quel giorno era in programma la finale di Coppa dei campioni fra i bianconeri e il Liverpool.

Il 29 maggio del 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles avviene una delle tragedie più grandi che hanno colpito il mondo del calcio. Quel giorno era in programma la finale di Coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool. Heysel 1985, cosa è successo allo stadio belga - Bruxelles, 29 maggio 1985. Juventus e Liverpool, finale di Coppa dei Campioni. Doveva essere una celebrazione dello sport ma, poco prima del fischio d’inizio, si trasformò in una strage senza ritorno Nel settore Z dello stadio Heysel, molti tifosi juventini che si erano organizzati autonomamente, vennero posizionati insieme a parte della tifoseria neutrale, separati dagli hooligan con barriere strutturalmente inadeguate a contenere la forza dei tifosi inglesi più violenti. Circa un’ora prima dell’inizio della partita, gli ultrà inglesi, alterati dall’alcol, stipati in due settori dello stadio, iniziano a spingere verso il settore Z. L’invasione, la calca, il panico, un muro che cede. I tifosi juventini tentano la fuga ma si trovarono intrappolati senza vie d’uscita. Un muro crolla travolgendo diversi sostenitori. La tragedia dell’Heysel, 39 i morti - Il bilancio è tragico: 39 morti, di cui 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi e 1 irlandese. Oltre 600 i feriti. Il tutto sotto gli occhi attoniti di chi è allo stadio o davanti alla tv in attesa della partita. Il match si gioca lo stesso dopo quasi un’ora e mezzo di rinvio. Vince la Juventus con un rigore di Platini. Molte le polemiche sulla opportunità di giocare la partita e sui festeggiamenti dei bianconeri dopo la vittoria. Heysel, il ricordo della finale maledetta - Il Museo del Calcio di Coverciano ha previsto varie iniziative per commemorare il quarantesimo anniversario di quel drammatico 29 maggio 1985. Per tutto il mese di maggio, nella sala cinema all’interno del museo sarà proiettato un video prodotto dall’Associazione fra i familiari delle vittime dell’Heysel.

Heysel 1985, il ricordo di Prandelli e Boniek - "Noi siamo arrivati allo stadio, ci siamo preparati, e durante una sorta di preriscaldamento, il presidente è arrivato nel nostro spogliatoio dicendo ‘la partita non verrà giocata perché c’è un morto’. Boniperti ha insistito, ha detto ‘la mia squadra coi morti non gioca’. Aspettavamo soltanto più la conferma del delegato Uefa". Inizia così il racconto di Cesare Prandelli a LaPresse, che ricorda la tragedia dell’Heysel. "Avevamo capito che stava succedendo qualcosa perché abbiamo aperto una porta che dava sul campo e c’erano molti tifosi, li abbiamo fatti uscire – prosegue l’ex centrocampista della Juventus – Erano in preda al panico e non riuscivamo a capire perché. Dicevano ‘ci hanno attaccato, è caduta una rete, ci sono dei feriti, vogliamo scappare’. E ne abbiamo fatti scappare tramite lo spogliatoio tantissimi. Erano terrorizzati". E conclude: "Purtroppo noi aspettiamo le tragedie per cambiare e ovviamente il mondo della sicurezza degli stadi è cambiato. Assolutamente, non c’è paragone: c’è il prima e dopo l’Heysel". Boniek: "Oggi con i social quella partita non si sarebbe giocata" - "All’epoca vivevamo in un altro mondo, senza internet, senza social media, perché altrimenti quella partita non si sarebbe mai giocata, perché di fronte a tutto quello che è successo era assurdo giocarla". Lo racconta a LaPresse l’ex-attaccante della Juventus, Zbignew Boniek, ricordando la tragedia dell’Heysel avvenuta 40 anni fa a Bruxelles il 29 maggio 1985. "Hanno deciso di giocarla per calmare la gente, per portare i soldati, per garantire la sicurezza a tutti e ci hanno costretti a giocare", ha aggiunto. "Che fosse successo qualcosa di molto grave l’abbiamo capito perché lo spogliatoio era uno dei posti dove si portavano via i feriti, c’era molta confusione". E conclude: "Sono morti perché è crollata la struttura, perché la gente indietreggiava perché era impaurita, secondo me ci sono delle responsabilità gravissime". Fonte: Lapresse.it © 27 maggio 2025

 

HEYSEL 40 RITORNO AL FUTURO

di Andrea Lorentini

Comunicato Ufficiale dell’Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel.

Per noi familiari delle vittime dell’Heysel questo è un giorno di dolore che ogni anno nella ricorrenza della strage di Bruxelles si rinnova. Da 40 anni la strage dell’Heysel viene spesso ricordata come una tragedia juventina, come se fosse un fatto di campo, di tifoseria, quando invece è una storia di persone, di donne e di uomini, ragazze e ragazzi che hanno perso la vita per una partita di pallone. E’ la storia di famiglie che da quella sera hanno dovuto sopportare il peso di una croce. Questi 40 anni sono stati un tempo faticoso, di sofferenza, spesso, troppo spesso di solitudine. Un tempo nel quale, contestualmente, abbiamo cercato di tenere viva la memoria, ma anche difenderla da coloro che ancora oggi continuano ad offenderla e dileggiarla. Lo ha fatto prima di tutti, mio nonno, Otello Lorentini, fondatore dell’Associazione fra i familiari delle vittime dell’Heysel che con coraggio e tenacia ha lottato per ottenere giustizia per le vittime, riuscendoci in una sentenza che ha fatto giurisprudenza. E successivamente attraverso l’impegno civico contro la violenza nello sport. Un percorso che nel 2015, dopo la sua morte, abbiamo ripreso con forza ricostituendo l’Associazione fra i familiari e promuovendo progetti e iniziative di educazione civico-sportiva, in particolare, rivolte alle nuove generazioni perché dalla memoria di un evento luttuoso i giovani possano prendere coscienza che il calcio e lo sport sono altro da quello che è accaduto all’Heysel. In questo 40esimo anniversario, come per ogni ricorrenza tonda, i riflettori si sono accesi su questa storia per poi spegnersi fino al prossimo anniversario significativo. Non per l’Associazione che proseguirà nel suo impegno costante, nell’oblio dei più, ma con la forza di chi sa di essere dalla parte giusta: quella della memoria e della verità. Fonte: Associazionefamiliarivittimeheysel.it © 28 maggio 2025

 

Heysel, l’Italia unita per non dimenticare

di Francesco Caremani

Domani il 40° anniversario della tragedia di Juve-Liverpool, finale di Coppa dei Campioni: tutte le iniziative in programma. Il 40° anniversario della strage dell’Heysel si avvicina e quest’anno più di altri l’attenzione alla memoria è massima, anche se per i familiari delle vittime è sempre stato tutti i giorni e tutti gli anni. Tra podcast, la esaustiva serie televisiva di Jean-Philippe Leclaire che andrà in onda su Sky e un docufilm prodotto dalla Rai la parte mediatica è più che mai coperta e, nel contempo, sono tante le iniziative che vedono coinvolte le famiglie delle vittime, alcune delle quali fanno capo all’Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel, presieduta da Andrea Lorentini, nipote di Otello e orfano di Roberto, il medico aretino medaglia d’argento al valore civile per essere morto tentando di salvare un connazionale.

Le iniziative - Ad Arezzo, che piange anche la studentessa diciassettenne Giuseppina Conti, s’inizierà questa mattina al Liceo Scientifico-Linguistico Statale "F. Redi", che negli anni ha intitolato l’aula di biomedicina a Roberto Lorentini, suo ex studente, con l’incontro "Heysel 40 anni dopo. Memoria, sport e responsabilità", promosso dalla locale sezione Aia e curato da Zenzero Off. Domani, invece, la giornata "1985–2025. Arezzo nel ricordo dell’Heysel. La memoria oltre il tempo" organizzata sempre dall’Aia in collaborazione con Figc, Coni, Unvs, Panathlon e Associazione Familiari Vittime dell’Heysel che consta tre momenti: alle 17, al campo sportivo "Giusy Conti" di Rigutino, sarà deposto un mazzo di fiori in sua memoria; alle 17.30, lo stadio "Roberto Lorentini" ospiterà l’inaugurazione di un bassorilievo dedicato al medico aretino, simbolo di altruismo e coraggio; alle 18, nell’auditorium "Giancarlo Felici" dell’Aia di via Gramsci, una tavola rotonda dal titolo "L’Heysel 40 anni dopo", in cui istituzioni e rappresentanti sportivi dialogheranno con i ragazzi delle squadre giovanili del territorio.

Heysel, 40 anni dopo - Sempre domani, a Monte San Savino (Arezzo), si terrà una serata di riflessione e memoria presso il Teatro Verdi: "Heysel 1985 - 2025. 40 anni. Oltre il ricordo, la conoscenza e la consapevolezza", con la partecipazione, tra gli altri, di Andrea Lorentini. Domani, 29 maggio, allo Scalo Eventi Torino, la Juventus presenterà ufficialmente "Verso Altrove", un’opera d’arte dedicata alla memoria della tragedia dell’Heysel. La cerimonia vedrà la partecipazione di Fabrizio Landini, membro dell’Associazione Familiari Vittime, nipote di Giovacchino Landini di Torino ma originario di Capannori (Lucca), una delle due vittime piemontesi, insieme con Domenico Russo (Moncalieri); ci saranno anche rappresentanti del Liverpool. Per tutto il mese di maggio, il Museo del Calcio di Coverciano ospita la proiezione di un video realizzato dall’Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel, con fotografie di Salvatore Giglio e montaggio di Domenico Laudadio. Venerdì 30, dalle 11 alle 13, nella sala conferenze "Mario Valitutti" dello stesso, si terrà l’incontro "Heysel 40 anni dopo. Il valore della memoria", con la partecipazione di Matteo Marani, presidente della Fondazione Museo del Calcio, Andrea Lorentini, presidente dall’Associazione Familiari delle Vittime, e Paolo Garimberti, presidente dello Juventus Museum.

Per non dimenticare - Infine, il 7 giugno a Bassano del Grappa ci sarà l’evento a numero chiuso - è necessaria la prenotazione - "Per non dimenticare Heysel" con la mostra fotografica di Salvatore Giglio e la presenza di Stefano Tacconi, che su quella sera ha sempre raccontato la verità, per ricordare le due vittime bassanesi Mario Ronchi e Amedeo Giuseppe Spolaore insieme con gli altri 37 angeli. Perché la memoria non è l’adorazione della cenere, ma la custodia del fuoco.

Sei ore da non perdere per ricordare - Ricordare. Per mille ragioni, una più nobile dell’altra. Perché se è vero che la vita è oggi, ieri e domani sono le parentesi dentro cui poter disegnare e colorare il presente. Lo scrittore francese dell’800, Guy de Maupassant, diceva "La nostra memoria è un mondo più perfetto di quanto lo sia l’universo: restituisce la vita a coloro che non esistono più". Eccola, forse, la ragione principale per cui ricordare fa bene non solo al cervello ma anche all’anima. Ragione e cuore. Queste le riflessioni che aiutano a comprendere perché scegliere di guardare su Sky Sport, a partire da questa mezzanotte, la docuserie inedita per l’Italia "Heysel. La tragedia", basata sull’opera di Jean Philippe Leclaire, vicedirettore de L’Equipe, realizzata con il documentarista Eddy Pizzardini per la regia di Jan Verheyen. Per celebrare i 40 anni della tragedia in cui morirono 39 persone allo stadio di Bruxelles (32 italiani) prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, Sky Sport ha scelto di trasmettere questa "opera omnia" che si sviluppa in sei puntate di poco meno di un’ora l’una: dal racconto di cronaca, alle testimonianze dei sopravvissuti, dei familiari delle vittime, i tifosi inglesi, gli avvocati i magistrati e alcuni giocatori: per i Reds Lawrenson e Lee, per i bianconeri Tacconi, Brio e Briaschi.

Ricordare per non dimenticare - Nel primo episodio si descrive il fenomeno hooligans, l’arrivo a Bruxelles dei tifosi inglesi e italiani, le prime avvisaglie di negligenza degli organizzatori e la condizione fatiscente dello stadio, col settore Z che passa da zona neutrale a settore riservato quasi esclusivamente ai tifosi della Juve fino al crollo del muro. Nella seconda puntata protagonista è la tragedia, la confusione totale che avvolge le forze dell’ordine e le istituzioni e la criminale superficialità. Quindi la reazione dei giocatori, dei vertici UEFA, dei funzionari della Federazione belga e dei politici. Il terzo episodio parte dal fischio d’inizio della partita e racconta il clima surreale in cui la sfida si svolge, con i giocatori in campo mentre fuori si compie la conta dei morti. Spazio quindi all’analisi per capire cosa non ha funzionato, il rientro a casa dei tifosi inglesi con i primi arresti tra gli hooligans. La quarta puntata è incentrata sull’analisi delle responsabilità: le autorità belga che scaricano la colpa sui tifosi inglesi, e i tifosi inglesi che danno la colpa alle autorità. Le prime fasi del processo e la nascita dell’associazione in memoria delle vittime voluta da Otello Lorentini, che poi si costituisce parte civile. L’episodio si chiude con la prima udienza del processo. La penultima puntata è dedicata al processo contro gli hooligans e i vertici dell’Uefa e della Federazione belga. Nel sesto e ultimo episodio si elabora il concetto di perdono e di espiazione e descrive le iniziative avviate per ricordare le vittime. Approfondisce l’impegno di Otello Lorentin e di suo nipote Andrea, racconta l’incontro tra Terry Wilson, il tifoso del Liverpool condannato, la famiglia Lorentin, e la storia del tifoso-eroe John Welsh, che salvò dalla calca sette tifosi della Juve. Il racconto si sofferma anche su come la violenza nel calcio non sia stata debellata ma di come la tragedia dell’Heysel abbia comunque contribuito a migliorare la situazione negli stadi. Sei ore di docuserie per ricordare: serve ! Fonte: Tuttosport.com © 28 maggio 2025

 

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TORINO

Quaranta anni fa la tragedia dell'Heysel: così Torino e la Juventus celebrano l'anniversario

di Claudio Neve

La Mole Antonelliana illuminata di bianconero, un monumento, fiori e spettacoli teatrali: domani sarà il giorno della memoria bianconera.

Quaranta anni fa il sogno sportivo della prima Coppa dei Campioni si trasformava in un incubo, in cui il rosso delle maglie del Liverpool si mischiava con quello del sangue dei tifosi juventini, travolti e uccisi in nome di una partita di calcio. Era il 29 maggio 1985 e, esattamente 40 anni dopo, Torino si prepara a celebrare l'anniversario della tragedia dell'Heysel, provocata dalla sostanziale inesistenza di misure di sicurezza e dall'inadeguatezza delle forze dell'ordine schierate da Bruxelles, travolte dalla furia di una massa di hooligans ubriachi che scatenarono l'inferno dentro uno stadio troppo vecchio per ospitare un evento simile. Domani in città sarà il giorno dedicato alla memoria delle 39 vittime, due delle quali torinesi. Il ristoratore Giovacchino Landini aveva 49 anni, l'elettricista Domenico Russo solo 26: sono morti schiacciati da una folla impazzita, senza vedere la partita per la quale avevano comprato il biglietto, senza vedere il gol di Platini, la coppa sollevata al cielo dai giocatori bianconeri. Decisioni, il giocare e il festeggiare, che ancora oggi suscitano polemiche e dolore. Numerosi gli eventi in città e non solo per la giornata. Due quelli più "istituzionali". Il primo, alle 11, a porte chiuse alla Continassa, dove la Juventus inaugurerà il memoriale "Verso altrove" progettato dall'artista Luca Vitone e curato dal compianto critico d'arte Luca Beatrice. Alle 18 l'appuntamento, questa volta pubblico, è invece nella piazza intitolata proprio alle Vittime dell'Heysel, in zona strada del Fortino, dove la società bianconera e le autorità cittadine provvederanno alla deposizione di mazzi di fiori.

Sempre a Torino, alle 20.30, nella sala convegni Atc di corso Dante 14 l'associazione "Quelli di via Filadelfia" proporrà uno spettacolo teatrale che unirà la tragedia dell'Heysel a quella di Superga, i drammi che hanno colpito le due squadre della città, Juventus e Torino (ingresso gratuito fino a esaurimento posti). E proprio come nel giorno dell'anniversario di Superga, il 4 maggio, la Mole Antonelliana si tinge di granata, domani sera al tramonto il simbolo di Torino diventerà invece bianconero, con la grande scritta "+39" proiettata sull'edificio. Una celebrazione è in programma anche nell'aula magna del carcere Lorusso e Cutugno, dove i detenuti potranno assistere a una lezione speciale e a una commemorazione cui parteciperanno Carla Gonella, sopravvissuta alla tragedia, e l'ex dirigente juventino Franco Mottola. Infine, un appuntamento anche fuori Torino. Alle 21, nel giardino di via Galimberti 46 di Grugliasco, è in programma una celebrazione con la presenza di alcuni parenti delle vittime. Un luogo scelto non a caso: il giardino infatti è intitolato alle vittime dell'Heysel e nell'occasione è stata installata una nuova targa commemorativa e sono state sostituite le 39 pietre d'inciampo - intitolate appunto alle vittime - che si trovano nel giardino.

Fonte: Torinocronaca.it © 28 maggio 2025

 

 

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IL RICORDO

Heysel, la tragedia eterna

di Alberto Cerruti

Quaranta anni fa, a margine della finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool, persero la vita 39 persone travolte dalla furia dei tifosi ubriachi della squadra inglese

Non è vero che il tempo cancella tutto. Perché il nome "Heysel" fa ancora venire i brividi, quarant’anni esatti dopo quel maledetto 29 maggio 1985. Doveva essere una notte di festa e invece la finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, in programma a Bruxelles, si trasformò in una tragedia, con un bilancio di 39 morti (32 italiani, 4 belgi, 2 francesi e un nordirlandese) e più di 600 feriti. Tutta colpa della furia di centinaia di "hooligans", gli scatenati teppisti inglesi gonfi di alcool, che prima dell’inizio della partita si scagliarono senza motivo contro i tifosi italiani presenti nella "curva Z" di un impianto fatiscente costruito nel 1930 e ormai insicuro, che infatti poi venne abbattuto e ricostruito con il nome di "Re Baldovino".

SETTE MINUTI DI FOLLIA - Crollati in fretta un muretto e una rete metallica troppo sottile, che in teoria separavano le opposte tifoserie, l’effetto domino provocò drammatiche conseguenze con corpi morti schiacciati uno addosso all’altro, o uccisi dai coltelli. Complici l’inefficienza delle autorità belghe e dell’Uefa, furono sufficienti 7 minuti di follia per far calare il gelo della morte su un settore dello stadio, mentre le squadre erano ancora negli spogliatoi. E in un altro secolo, è proprio il caso di dirlo, senza telefonini e notizie in tempo reale come oggi, la partita incominciò ugualmente, anche se con un’ora e ventisei minuti di ritardo rispetto all’orario previsto delle 20.15. Eppure che qualcosa di grave fosse successo lo si era già capito prima del calcio d’inizio, quando il capitano della Juventus, Gaetano Scirea, su invito delle autorità, lesse questo breve messaggio ai tifosi italiani nella curva opposta a quella degli incidenti: "Rimanete calmi, giocheremo per voi".

Disputata soltanto per motivi di ordine pubblico, come poi si giustificò l’allora presidente dell’Uefa, Georges, la partita in realtà sembrò vera, grazie anche alle grandi parate dello juventino Tacconi. E dopo un rigore concesso dall’arbitro svizzero Daina, per un fallo di Gillespie su Boniek commesso però fuori area, Platini dal dischetto firmò il definitivo 1-0. Per la cronaca, anche se macchiata dal sangue, Trapattoni aveva mandato in campo: Tacconi; Favero, Cabrini; Bonini, Brio, Scirea; Briaschi, Tardelli, Rossi, Platini, Boniek. Nella mente, però, rimangono soprattutto le storie tristi di quei trentanove morti, dal più giovane Andrea Casula di appena 10 anni, alla più grande Barbara Lusci di 58. Con un’altra storia, per fortuna a lieto fine, che ha rischiato di arrotondare a quaranta il numero delle vittime.

LA STORIA DI MARCO - Infatti, nel tragico elenco diramato dalle autorità belghe, inizialmente figurava anche il nome di Marco Manfredi, svenuto e considerato cadavere. In realtà questo tifoso juventino, poi sparito misteriosamente dall’ospedale dove era stato ricoverato, nove giorni più tardi venne ritrovato da un suo amico davanti all’ospedale, "Molinette", a Torino, malgrado la barba lunga, i capelli arruffati e i vestiti sporchi. Alla domanda "Dove eri finito ?", Manfredi rispose: "Giravo il mondo". E quando gli chiesero se era allo stadio disse: "Non lo so", in evidente stato confusionale, diventando così "lo smemorato dell’Heysel". La moglie Rosita e la mamma Carla lo riconobbero subito e lui riconobbe loro, ma il calcio per lui non esisteva più perché di quella notte non ricordava più nulla.

Ricordano, invece, i protagonisti di allora, costretti a riaprire una vecchia ferita. Come Cabrini, secondo il quale "Era giusto non giocare, ma siamo stati obbligati". Come Tardelli, che ammette: "Un errore giocare e un errore esultare". E come Brio, che aggiunge: "La verità ci fu raccontata soltanto alla fine, perché prima della partita Boniperti venne negli spogliatoi e ci disse che avremmo dovuto giocare per onorare un nostro tifoso morto nei tafferugli. La verità è che in quella situazione saremmo stati criticati in ogni caso".

Le squadre inglesi furono escluse per cinque stagioni dalle coppe europee, con una di squalifica in più per il Liverpool, tornato a giocare oltremanica soltanto nel 1991 quando Platini aveva già smesso da quattro anni, proprio perché quella sera all’Heysel si era spenta dentro di lui la passione per il calcio. E non a caso, da allora non ha mai più voluto riparlare del suo rigore in particolare e di quanto era successo prima in generale. Perché è vero che nell’albo d’oro del calcio quella rimane la prima coppa dei Campioni vinta dalla Juventus. Ma soprattutto, ricordando quei 39 tifosi che non la festeggiarono, rimane la triste verità coraggiosamente riassunta, due giorni dopo, nel titolo dell’editoriale di Candido Cannavò sulla prima pagina de "La Gazzetta dello Sport": "Juve, nascondi la tua coppa". Anche se nessuno potrà mai nascondere quei ricordi, come testimonia la targa in memoria dei 39 morti nel nuovo stadio "Re Baldovino". E così, quarant’anni dopo, il nome "Heysel" fa ancora venire i brividi.

Fonte: Cdt.ch © 28 maggio 2025

 

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Heysel, 40 anni: il calcio scoprì cosa sono la violenza e la morte

di Stefano Boldrini

 

Fonte: Ilfattoquotidiano.it

© 28 maggio 2025

 

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QUARANT’ANNI FA

La strage dell’Heysel, fra le vittime anche tifosi sardi: ecco chi erano

di Claudio Zoccheddu

La strage dell’Heysel, fra le vittime anche tifosi sardi: ecco chi erano

A perdere la vita allo stadio furono Giovanni e Andrea Casula, Mario Spanu e Barbarina Lusci: le loro storie.

SASSARI - Il 29 maggio del 1985 le cariche dei tifosi inglesi iniziarono alle 19.20, un’ora prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Liverpool e Juventus. Due ore dopo, il massacro dell’Heysel, con 39 morti e più di 600 feriti, era già una delle pagine più tristi della storia, sportiva e non. Quarant’anni dopo, la memoria di quei momenti è ancora viva in ogni persona che, anche solo davanti alla tv, assisteva ad una tragedia trasmessa in Eurovisione. All’epoca ci volle tempo per capire realmente cosa stesse accadendo a Bruxelles. Anche i tifosi che erano allo stadio, nei settori lontani dagli scontri, faticavano a comprendere le dimensioni della tragedia. A casa, poi, viveva momenti di terrore chiunque avesse un familiare, un parente o un amico che era partito con l’intenzione di coronare il sogno di una vita ma che invece si era ritrovato catapultato in un incubo mortale, da cui 39 persone non si svegliarono mai.

LE VITTIME - Anna Passino era davanti alla tv e non voleva credere ai suoi occhi, come molti. Qualche giorno prima avevano salutato il marito Giovanni Casula, 43 anni, e il figlio Andrea, undici anni e un amore sconfinato per il calcio. "Dovevamo partire tutti - ha raccontato più volte Anna - ma io rimasi a Cagliari perché mia figlia Emanuela aveva l’esame di terza media". Partirono gli "uomini" di famiglia. Prima una tappa a Milano, poi l’arrivo a Bruxelles con in tasca due biglietti comprati all’ultimo istante. Li aspettava il settore Z, quello che era destinato ai tifosi neutrali, belgi perlopiù, ma che i canali del bagarinaggio avevano trasformato nella sfortunatissima avanguardia del tifo juventino, a due passi dagli hooligans. La marmaglia inglese era arrivata a Bruxelles più per vendicare le botte prese a Roma l’anno prima, sempre durante una finale di Coppa dei Campioni, che per vedere la partita. E così fecero. Usando un pretesto, gli hooligans attaccarono il settore Z. Le prime cariche sfondarono le reti di separazione. I tifosi italiani iniziarono a scappare, anche verso il campo di gioco. Le esigue e impreparatissime forze di polizia belga non compresero la situazione e li respinsero a manganellate. Allora tutti si spinsero verso il muro opposto al settore X, da dove arrivavano gli inglesi. Poi la calca provocò il disastro. I tifosi rimasero schiacciati dal crollo del muro di uno stadio fatiscente, dalla calca o dalle altre persone che scappavano. Tra loro c’erano anche Giovanni Casula e il piccolo Andrea. Insieme ad altre 37 persone. Due erano originarie dell’isola: Mario Spanu, partito da Novara, e Barbarina Lusci, emigrata in Belgio da Domusnovas. Anna Passino e la figlia Emanuela, che ha cortesemente chiesto di non rispondere alle domande che si è sentita fare chissà quante volte, persero metà della loro famiglia. Un sacrificio assurdo che, inoltre, risolse poco o niente. Le squadre inglesi vennero squalificate dalle competizioni Uefa per cinque anni ma quattro anni dopo, nel 1989, 91 tifosi inglesi morirono all’Hillsborough Stadium di Sheffield, ancora una volta schiacciati dalla calca causata dall’impreparazione delle forze dell’ordine. Oggi, 40 anni dopo l’Heysel, la violenza non ha ancora abbandonato gli stadi, gli scontri sono ancora un tema irrisolto e la sensazione che le 39 vittime dell’Heysel non abbiano insegnato niente è sopravvissuta al passare del tempo.

Fonte: Lanuovasardegna.it © 28 maggio 2025

 

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Heysel Torino ricorda

di Andrea Parodi

Quarant'anni fa la tragedia nello stadio di Bruxelles in cui 39 tifosi morirono schiacciati dalla calca Domani le commemorazioni: alle 11 alla Continassa si svela un memoriale, alle 18 la cerimonia pubblica.

L'ANNIVERSARIO - Quarant'anni da quella tragica notte di Bruxelles. Il 29 maggio 1985, allo stadio Heysel della capitale belga, si consuma una delle pagine più nere della storia del calcio europeo. Finale di Coppa dei Campioni. Juventus contro Liverpool: 39 i morti, 32 gli italiani. Due i torinesi, Giovacchino Landini e Domenico Russo. Ristoratore cinquantenne il primo, elettricista ventiseienne il secondo. Due tifosi della Juventus partiti per andare ad assistere a una partita di calcio e tornati dentro una bara a bordo di un aereo militare a Caselle. Domani, dal mattino alla sera, tra Torino e Grugliasco, sono molti gli appuntamenti che ricorderanno quell'insieme di errori e il competenze da parte dell'organizzazione, oltre che alla cieca follia umana, tante portarono a piangere tante vittime. L'evento più curioso è quello che si terrà, a porte chiuse, al carcere Lorusso e Cutugno. Su un'idea di Beppe Franzo, presidente onorario dell'associazione Quelli di via Filadelfia, i detenuti (in gran parte tifosi juventini) si ritroveranno nell'aula magna per una lezione speciale e per una commemorazione. Sarà presente Carla Gonella, sopravvissuta alla tragedia, oltre a Franco Mottola, a lungo dirigente juventino, incaricato di raccontare i valori dello sport e della competizione. Il progetto rientra nelle attività scolastiche e di formazione all'interno del carcere, ed è guidato dalla professoressa Brugo dell'Istituto Plana di Torino. Con l'occasione l'associazione donerà anche materiale didattico, come libri e dizionari, ai detenuti. Alle 11, alla Continassa, la Juventus celebrerà una commemorazione a porte chiuse, inaugurando il memoriale creato da Luca Vitone, con la curatela di Luca Beatrice, scomparso lo scorso gennaio. Di nuovo la società bianconera sarà protagonista, insieme alle autorità cittadine e regionali, alle ore 18, questa volta per un appuntamento aperto a tutti, nella piazza Vittime dello Stadio Heysel, tra strada del Fortino e Lungo Dora Agrigento, inaugurata nel 2018. È prevista la deposizione di mazzi di fiori e orazioni pubbliche. Alle 21, nel giardino di via Galimberti 46 di Grugliasco (borgata San Giacomo) il Comune di Grugliasco, insieme allo Juventus fan club di Grugliasco dedicato ad Alessio Ferramosca e Riccardo Neri, organizza una celebrazione con la presenza di alcuni parenti delle vittime. Con l'occasione sono state sostituite le 39 pietre d'inciampo inserite lungo il percorso del giardino, intitolato alle 39 vittime e installato una nuova targa commemorativa nel parco inaugurato nel 2017 dal sindaco Roberto Montà. Presso la Sala Convegni dell'Atc (corso Dante 14) alle 20,30, l'associazione Quelli di via Filadelfia, sempre su un'idea di Beppe Franzo, unirà i tragici destini delle due squadre della città, Juventus e Torino, con uno spettacolo teatrale dedicato all'Heysel e a Superga. L'ingresso è gratuito, fino a esaurimento posti. Il monologo sulla strage di Bruxelles è scritto da David Gramiccioli, con musiche di Michele Dall'Oca, mentre quello su Superga è opera di Domenico Beccarla, con Roberto Mate voce narrante. All'imbrunire, come ormai da tradizione ogni anno (lo stesso capita il 4 maggio per il Toro), la pancia della Mole Antonelliana sarà illuminata con i colori della Juventus e la scritta + 39.

Fonte: La Stampa © 28 maggio 2025

 

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La Juve ricorda l'Heysel: Elkann tra i presenti all'inaugurazione dell'opera "Verso Altrove"

Sono trascorsi 40 anni dalla tragica serata vissuta a Bruxelles il 29 maggio 1985: i dettagli della giornata di commemorazione bianconera.

Sono trascorsi 40 anni dalla tragica serata dell'Heysel: il 29 maggio 1985 a Bruxelles, all’interno dello stadio della città belga, a poche decine di minuti dal fischio di inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, 39 persone hanno perso la vita a seguito degli scontri iniziati sugli spalti e proseguiti poi nel corso di una serata piena di violenza. Un appuntamento in cui l’orrore ha preso il sopravvento sullo sport, un momento che ha fatto da spartiacque nella vita di milioni di tifosi, di appassionati, di donne e di uomini legati alla storia della nostra società. Un dramma del quale diventa necessario tenere memoria, unico modo per evitare che si possano rivivere dei momenti di terrore e sconcerto come quelli. Resta la completa perdita di senso di una serata impensabile, il dolore per chi non è tornato a casa, la consapevolezza che, anche a distanza di 40 anni, quella ferita non trova modo di rimarginarsi. E per certi versi non potrà mai farlo, continuando a fare male come se non fossero passati quattro decenni. Il convincimento da parte dell’intera famiglia della Juventus è quello di portare avanti sempre, e per sempre, il ricordo indelebile e la memoria condivisa di chi si è ritrovato vittima di una tragedia senza logica in una giornata di festa trasformata in un incubo. Si legge sul sito della Juve.

L'INAUGURAZIONE DELL'OPERA "VERSO ALTROVE" - Come ogni anno, il panorama delle celebrazioni e dei momenti di ricordo è molto ampio. Alle ore 11:00 il primo momento di commemorazione, presso lo Scalo Eventi Torino in Strada della Continassa 28, con l'inaugurazione dell'opera "Verso Altrove". Presente per la Juventus una delegazione guidata dal Presidente Gianluca Ferrero, oltre al Gonfalone ufficiale in rappresentanza del Club portato dai ragazzi del Settore Giovanile. Anche l'amministratore delegato di Exor, John Elkann, partecipa all'inaugurazione di "Verso Altrove", l'installazione dedicata alla memoria delle vittime. Qualche istante dopo sono arrivati anche i vertici della Juventus, dall'amministratore delegato Maurizio Scanavino fino a Giorgio Chiellini. Presenti anche Sergio Brio, Tacconi, il sindaco di Torino Lo Russo e Perin.

IL PROGRAMMA - A Torino, alle ore 18:00, commemorazione con le autorità cittadine e regionali - insieme all’associazione "Quelli di via Filadelfia" - alla biblioteca civica "Italo Calvino". Presente il Presidente bianconero, Gianluca Ferrero, oltre al Gonfalone ufficiale in rappresentanza del Club. In serata, alle ore 21:00, al giardino di via Galimberti, in Borgata San Giacomo - a Grugliasco -, un altro momento di raccoglimento con le autorità cittadine e in collaborazione con lo Juventus Official Fan Club Grugliasco "Alessio Ferramosca & Riccardo Neri". Come ogni anno, con l'arrivo della sera, l'illuminazione della Mole Antonelliana a chiudere la giornata di commemorazione, rendendo ancora più indelebile quanto accaduto in quella maledetta sera di quarant'anni fa.

IL PROSEGUO DELLE COMMEMORAZIONI - Le commemorazioni proseguiranno nei giorni seguenti. Nella mattinata di venerdì 30 maggio, presso il Museo del Calcio di Coverciano, l'evento dal titolo "Heysel: 40 anni dopo. Il valore della memoria". Nel pomeriggio della stessa giornata, invece, la presentazione del libro di Luca Serafini, a Castiglion Fiorentino, "La ragazza dai pantaloni verdi. Giusy, la Juve, l’Heysel". Nella mattinata di domenica 1° giugno, invece, presso il Monumento presente in via Giacomo Matteotti 2 a Reggio Emilia, altro momento di raccoglimento organizzato dal comitato "Per non dimenticare Heysel" di Reggio Emilia

Fonte: Tuttosport.com © 29 maggio 2025

 

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Heysel 40 - Io c’ero: le testimonianze di Vignola, Brio, Cabrini e Briaschi

Il 29 maggio 1985, allo stadio Heysel di Bruxelles, pochi minuti prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, 39 persone persero la vita a causa di violenti scontri scoppiati sugli spalti e proseguiti durante una serata segnata da drammatici eventi. Quella notte ha rappresentato una tragedia senza senso, lasciando un dolore profondo per le vittime che non fecero ritorno a casa. Dopo quarant’anni, la ferita resta aperta, senza trovare pace o consolazione. Il ricordo, indelebile, di chi quei momenti li ha vissuti in prima persona.

BENIAMINO VIGNOLA - "Era una partita che andava a coronare un biennio, l'anno prima si era vinto lo Scudetto e la Coppa delle Coppe. E lo Scudetto ci permise di andare in quella che allora era la Coppa dei Campioni, dove la Juventus partiva abbastanza da favorita. Siamo arrivati in fondo alla stagione con una cavalcata, credo storica, dove abbiamo corso forse l’unico pericolo nella semifinale di ritorno a Bordeaux. E quindi arrivammo a quella finale come predestinati, con la possibilità di poter chiudere un cerchio importantissimo per quella che era la storia della Juventus. Il ricordo di quella serata, però, non è quello che sarebbe dovuto essere. Fu una notte tragica e ci furono tutti i presupposti per fare in modo che terminasse in quel modo. Uno stadio fatiscente per una finale di Coppa dei Campioni, una misera presenza di forze dell’ordine per un avvenimento di quel genere. Io l'ho vissuta tutta dalla panchina perché sono subentrato nel finale al posto del nostro caro amico Paolo Rossi. L’atmosfera era surreale, abbiamo giocato una partita che ci hanno costretto a giocare per vari motivi. Le due squadre erano insieme negli spogliatoi, per diverso tempo si pensava di non giocare. L'entità dell'incidente non la conoscevamo nel momento della gara fino a quando poi siamo tornati in albergo. È stata una tragedia, avrebbe dovuto lasciare e insegnare qualcosa di più, avrebbe dovuto lasciare un segnale più indelebile nel mondo del calcio. Per noi è un bruttissimo ricordo".

SERGIO BRIO - "Mentre facevamo il riscaldamento, che si prolungava nel tempo, vedemmo arrivare dalla curva Z dei tifosi in lacrime, con in braccio dei bambini che piangevano. Avevano tutti i vestiti strappati e i primi soccorsi sono arrivati dal personale UEFA e dal nostro dottore, Francesco La Neve, con il servizio d’ordine completamente inadeguato che invece non è intervenuto. Nel corso del riscaldamento ci fu una sorta di riunione, la Juventus non voleva giocare quella partita ma fu costretta a scendere in campo anche per motivi di ordine pubblico. Terminata la partita tornammo in albergo e ci venne raccontato nel dettaglio l’accaduto. Chi dice che abbiamo vinto una coppa insanguinata non fa altro che aumentare ancora di più il dolore dei familiari che hanno perso il loro caro. Da bambino sogni di giocare la Coppa dei Campioni, di vincerla, ma all’improvviso ti trovi in una situazione surreale: da un lato quel trofeo lo hai vinto, dall’altro, però, ci sono trentanove morti innocenti. A distanza di anni continuo a pensare che non ci sia stata cosa più giusta di giocare quella partita perché altrimenti staremmo parlando di una strage. Allo stesso tempo, però, non dobbiamo dimenticarci di queste 39 persone che purtroppo hanno trovato la morte per una partita di calcio. Non deve più succedere, queste persone vanno sempre ricordate".

ANTONIO CABRINI - "Per quella finale sono stati fatti dei gravi errori sia di scelta dello stadio, non adatto a una finale di Coppa dei Campioni, sia di leggerezza nel non considerare l'aspetto agonistico tra le due tifoserie che poteva purtroppo sfociare in incidenti con l’assenza di adeguata sicurezza. Sin da subito è apparso qualcosa di molto grave, andando in mezzo ai tifosi, nella curva della Juventus, abbiamo visto la disperazione della gente anche se non capivamo esattamente cosa fosse successo. Arrivavano persone terrorizzate, persone ferite. Non ti rendevi conto che una parte della tribuna era crollata. Eravamo contrari a giocare, ma poi forse è stata la scelta più giusta perché si è evitato il contatto fra le tifoserie".

MASSIMO BRIASCHI - "È stata una situazione incredibile e percepivo i segnali che qualcosa di brutto poteva succedere già dalla passeggiata mattutina, che abbiamo fatto nelle zone centrali di Bruxelles, notando l’euforia dei tifosi inglesi - dobbiamo ricordare che era il periodo degli hooligans - sin dalle prime ore della giornata. C’è stata una gestione non all’altezza, da parte di tutti gli organi competenti. Non si sarebbe dovuta disputare una finale di Coppa dei Campioni in uno stadio come quello. Quando ci è stato detto realmente cos’era successo mi ha fatto malissimo. Noi avevamo ricevuto notizie frammentarie, c'era gente che passava nello spogliatoio e ci diceva qualcosa… Poi, una volta arrivati in hotel, abbiamo saputo di quello che era realmente accaduto. E il ricordo è quello di non aver potuto salutare 39 calciatori che erano venuti con noi per giocare al nostro fianco. È qualcosa che è impresso non solo nelle nostre anime, di noi che eravamo lì, ma nelle anime di chiunque, anche di chi è fuori dall'ambiente sportivo".

Fonte: Juventus.com © 29 maggio 2025

 

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29 maggio 2025

Hurrà racconta - Il numero sull'Heysel

La copertina di Hurrà Juventus del giugno 1985 è di per se' sufficiente a raccontare cosa passava - e passa ancora oggi - nei cuori di tutti, pensando alla notte del 29 maggio a Bruxelles.

C’è una coppa. grande, enorme. Come grande, enorme, è la vittoria dei bianconeri. E non c’è altro. Niente titoli, ovviamente niente celebrazioni. Silenzio.

Tutto il numero di HJ di quel giugno è incentrato su quel mood, così particolare. Da una parte, il racconto di cosa è stato in campo, che però è secondario, rispetto a quello che è accaduto fuori.

Illuminante è l'editoriale di apertura del grande Giglio Panza, di cui vi proponiamo un estratto. Illuminante, fin dal titolo: VINCERE DIVENTO' UN DOVERE

Questo è l’articolo più difficile e più sofferto che scrivo dopo oltre mezzo secolo di professione. Risulterà disadorno, forse disarticolato; ma sarà sincero, privo di concessioni alla retorica e alla demagogia. Non sono minimamente condizionato dal fatto che la Juventus abbia affidato a me, in piena libertà, la trattazione della più tragica vicenda della sua storia sportivamente gloriosa. Prima della finale di Bruxelles, la Juventus aveva giocato in Coppa dei Campioni 66 partite e io le avevo viste tutte. Un primato che qualche volta ostentavo anche con un po’ di civetteria; e che allo Stadio Heysel si è concluso nell’angoscia, nella disperazione.

Fra questi morti c’erano volti conosciuti, uomini che potevano essere miei figli e giovani che m’era caro considerare come miei nipoti. Gente che voleva bene alla Juventus e che con sacrificio aveva voluto essere vicino. Qualcuno c’era anche nel ’73 a Belgrado, molti erano presenti due anni fa ad Atene; l’amarezza di quelle sconfitte non li aveva prostrati ma spronati a sostenere la squadra nel terzo tentativo. Per migliaia di famiglie italiane la Juve fa parte del ceppo originario. Talvolta mi sorprendo nel constatare la profondità di questo amore; ma poi, sotto sotto, invidio la gioia fanciullesca che questi tifosi provano nelle ore liete e la loro fiera malinconia dei momenti tristi.

Sfogliando le pagine, si rivive tutta l'angoscia, l'emozione e i sentimenti contrastanti di quella notte. C’è il racconto della partita, ma anche e soprattutto il tributo a chi quella partita non la ha vista, e non ne ha potute vedere mai più.

Siamo, all'epoca, molto lontani dagli anni dei social, ma in un certo senso si trova, nelle pagine di Hurrà, qualcosa che anche nei nostri anni contemporanei colpirebbe l'attenzione di tutti: viene infatti lanciata una campagna di sottoscrizione per dare una mano alle famiglie delle persone che hanno perso la vita all'Heysel, ed è davvero impressionante la risposta. La Juventus e i suoi giocatori ovviamente danno il buon esempio, ma c’è chi partecipa con quello che può, da mille lire a un milione. Ci sono Juventus Club, privati cittadini, tifosi di altre squadre, collette di aziende e scuole, c’è un contributo da un "tifoso della curva Z" e uno da un amico inglese.

Sono pagine, letteralmente, da pelle d'oca.

E per chiudere, lasciamo ancora una volta la parola a un grande maestro di giornalismo: "Il tempo rimargina tutte le ferite, ma la sera del 29 maggio 1985 non può, non deve, essere dimenticata. È avvenuto un massacro che deve ammonire le nostre coscienze, impegnandole a operare al fine di tagliare la violenza fin dalle radici. Che senso avrebbe mai la nostra fraterna solidarietà con le vittime e con le loro famiglie se non ci batteremo affinché gli assassini restino fuori dagli stadi ? Sono certo che in quest’opera di rigenerazione dei valori autenticamente sportivi, la Juventus farà la sua parte. Come l’ha fatta nelle tragiche ore di Bruxelles". Giglio Panza (Hurrà Juventus, Giugno 1985)

Fonte: Juventus.com © 29 maggio 2025

 

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L’Heysel 40 anni dopo: il senso della memoria contro il revisionismo e gli sciacalli.

di Marco Amato

La traduzione inglese di "tarlo nell’orecchio" è "earworm": letteralmente, il verme nell’orecchio. Traduzione che ci pare calzi a pennello in questo caso: un motivetto sporco e strisciante, repellente, che però a forza di essere ripetuto si fa largo dall’orecchio fino a diventare pensiero intrusivo. E capita che ti sorprendi a pensare: ma non è che, forse, un po’ di ragione ce l’hanno anche loro ? Non è che un po’ di ragione ce l’ha chi se la prende con la Juventus che fece il giro di campo all’Heysel, il 29 maggio 1985 ? E che dire dei sorrisi strappati da alcuni fotogrammi o della coppa alzata al ritorno a Torino ?

Pensieri intrusivi che sono il frutto del revisionismo storico e del processo di colpevolizzazione della vittima. Possono fare facilmente e rapidamente breccia quando l’armatura della memoria mostra le prime crepe e possono farlo, soprattutto, in chi nel 1985 non era nemmeno nato. Per questo, abbiamo voluto dotarci di un sistema difensivo e, restituendo il lavoro delle ultime settimane, contribuire ad oliare gli ingranaggi della memoria collettiva. Prendercene cura, perché dare per scontato il ricordo dell’Heysel lascia spazio a chi, su quella strage, vuole sciacallare.

Siamo partiti proprio dal senso della memoria, perché ricordare ? Lo abbiamo fatto insieme a Andrea Lorentini - figlio di Roberto, una delle 39 vittime -, che è il presidente dell’Associazione fra familiari delle vittime dell’Heysel. Abbiamo ascoltato le testimonianze di chi, la sera del 29 maggio, avrebbe voluto solamente giocare una finale di Coppa dei Campioni: Massimo Bonini e Massimo Briaschi. Tra questi, al Salone del libro abbiamo raccolto la testimonianza di Sergio Brio: rabbioso con chi ancora oggi getta fango sulla Juventus. Per concludere, abbiamo chiesto un aiuto a chi, nel 1985, c’era da aspirante giornalista e, nel compimento di questa aspirazione, non ha mai mancato di difendere e ricordare: Emilio Targia.

Siamo partiti da un interrogativo: che senso ha la memoria 40 anni dopo ? Abbiamo capito che, mai come oggi, rammendare e tenere insieme i fili dei ricordi è necessario come arma di autodifesa collettiva. Un modo per segnare un confine: noi e loro, dove loro sono quelli che vorrebbero riscrivere la storia. Ringraziamo chi ci ha aiutato in questo percorso, ringraziamo chi quotidianamente è impegnato in questo lavoro di manutenzione della memoria.

Fonte: Ilbianconero.com

© 29 maggio 2025

 

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Heysel, 40 anni fa la strage nella notte più buia del calcio

di Giovanni Armanini

Il 29 maggio 1985 morirono 39 tifosi in seguito agli incidenti scoppiati prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Oggi a Torino la società bianconera inaugura "Verso Altrove", un’opera d’arte in ricordo di quella sera.

29 maggio 2025. Sono passati 40 anni esatti dalla notte più buia del calcio europeo. Il 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles morirono 39 tifosi, juventini e non solo, in seguito agli incidenti scoppiati nel settore Z del fatiscente impianto belga prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool.

Una vicenda che per anni è rimasta nebulosa, tra un frettoloso processo, poi rivisto e un atteggiamento grave nei confronti delle vittime e nei loro familiari. A distanza di anni, tuttavia, l’impressione è che su quella tragica notte i riflettori non solo non si siano spenti, ma l’interesse al ricordo è cresciuto nel tempo dopo un imbarazzante atteggiamento iniziale. E questo vale anche per la stessa Juventus, che solo nel 2010 e 2015 con Andrea Agnelli ha iniziato a fare qualcosa.

In occasione dell’anniversario, tra podcast, l’esaustiva serie televisiva di Jean-Philippe Leclaire che andrà in onda su Sky e un docufilm prodotto dalla Rai l’interesse mediatico è ai massimi storici. Tante anche le iniziative che vedono coinvolte le famiglie delle vittime, alcune delle quali fanno capo all’Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel, presieduta da Andrea Lorentini, nipote di Otello e orfano di Roberto, il medico aretino medaglia d’argento al valore civile per essere morto tentando di salvare un connazionale.

Il primo ad alzare il velo con un libro del 2003 fu il giornalista Francesco Caremani, primo a fare una ricerca ed a scrivere "Heysel, la verità di una strage annunciata" che a tutt’oggi è l’unico libro ufficialmente riconosciuto dall’associazione.

"Ci furono rilievi incredibili, autopsie false, corpi sbagliati inviati a casa delle persone - racconta Caremani. Io ho messo in fila tutte le cose con le difficoltà del caso, con me Otello Lorentini, che non ne ha mai fatta una questione di vendetta ma di accertamento delle responsabilità, e che portò ad una condanna dell’Uefa, che da allora è corresponsabile di tutti gli eventi che organizza, precedentemente aveva solo onori (e incassi) senza alcun onere di responsabilità". Sulla verità storica di quella sera Caremani precisa: "È stata una strage, non una tragedia. Tony Evans, ex hooligan, divenuto in seguito scrittore e responsabile delle pagine sportive del Times, anni fa ha raccontato con dovizia di particolari quella giornata: "Fu un’aggressione, volevamo fare male per vendicare quello che era successo un anno prima a Roma quando alcuni di noi vennero aggrediti e accoltellati dopo la finale. Nelle logiche ultrà era normale cercare vendetta contro gli italiani". Oggi allo Scalo Eventi Torino, la Juventus presenterà ufficialmente "Verso Altrove", un’opera d’arte dedicata alla memoria della tragedia. Ci saranno anche rappresentanti del Liverpool. L’augurio è che anche le curve italiane o solo i tifosi più tiepidi presto capiscano che questo evento, come tutti gli altri fatti luttuosi dello sport, non sono di parte ma dovrebbero unire tutti nel cordoglio.

Fonte: Ilnordest.it © 29 maggio 2025

 

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Quarant’anni dalla tragedia dell’Heysel

di Lorenzo Longhi

Sino a una manciata di anni fa, ai piedi del muro del ristrutturato stadio Re Baldovino di - nei pressi del luogo in cui sorgeva il famigerato settore Z dello stadio Heysel - sul quale è affissa una lapide in ricordo della tragedia, erano disposti, in fila, decine tra cassonetti e bidoni dell’immondizia. Era stato così a lungo: un deposito di spazzatura proprio laddove logica, sensibilità e umanità avrebbero dovuto considerare il luogo quasi con la sacralità di un funesto sepolcro. 29 maggio 1985, appunto quarant’anni fa, era un mercoledì: 39 persone, recatesi in Belgio per assistere alla finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, restarono uccise, vittime tanto della follia hooligan quanto dell’inadeguatezza della e della polizia belga, incapace di prevedere il disastro e totalmente impreparata a contrastarlo, al punto da poter essere considerata a tutti gli effetti complice di quella tragedia.

Tutto accadde prima dell’inizio della partita, quando la frangia più violenta dei tifosi del Liverpool caricò verso un settore della curva, appunto il settore Z, affollato di tifosi non appartenenti alle tifoserie organizzate e diviso da quello appannaggio dei sostenitori inglesi più feroci appena da una rete di recinzione, provocando l’ammassamento delle persone che, non potendo sfollare in campo per la presenza della polizia (che ricacciava violentemente nella curva coloro che cercavano di fuggire dalla carica), né riuscendo a uscire (era necessario risalire i gradoni e passare per uno stretto cancello), si spinsero a ridosso di un muro che poi crollò, provocando, nella calca, appunto, 39 morti e oltre 600 feriti.

Per ricordare cosa abbia rappresentato e cosa rappresenti l’Heysel, vale la pena iniziare da quei cassonetti, un aspetto altamente simbolico, perché racconta una verità scomoda, ovvero la mancata condivisione della memoria di quella che, per definizione, è diventata la madre di tutte le tragedie a margine del calcio. Sono stati rimossi ormai da qualche anno, quei cassonetti, ma rimozione è anche quella che, al di là di alcune iniziative estemporanee, di facciata e a basso investimento etico, è stata fatta di quella strage insensata dalla confederazione calcistica europea e dalle stesse autorità belghe. Già, perché al di là delle condanne di una manciata di hooligan rintracciati e di un (uno solo) ufficiale della polizia belga, condannata fu anche la stessa UEFA (il cui presidente, all’epoca, era ), che da allora è diventata corresponsabile per gli aspetti di sicurezza delle manifestazioni organizzate sotto la sua egida. "Una sentenza storica che ha fatto giurisprudenza e ha cambiato per sempre il calcio europeo", l’ha definita il giornalista Francesco Caremani, autore del libro inchiesta Heysel. Le verità di una strage annunciata, l’unico riconosciuto dall’Associazione familiari delle vittime Heysel, recentemente ripubblicato (con ulteriori aggiornamenti) da Bradipolibri, e che ripercorre in maniera estremamente precisa e documentata la lunga battaglia processuale portata avanti da Otello Lorentini, che all’Heysel aveva perso l’unico figlio, Roberto, e dall’Associazione.

Parlare di Heysel, oggi, è parlare di una memoria scomoda, di una memoria che non c’è o che, quando c’è, spesso si perde nella meschinità di chi non sa di cosa parla, di chi non si rende conto del disastro, né dell’identità dei 39 morti, che non furono tutti italiani (che furono 32, da ogni luogo del Paese, e morirono insieme a 4 cittadini belgi, 2 francesi e un nordirlandese), né tantomeno tutti tifosi juventini, dal momento che all’epoca il tifo non organizzato poteva ancora essere vissuto in una sostanziale atmosfera di amicizia, senza odio e isteria. Per essere chiari e sgombrare il campo da ogni equivoco: l’Heysel non è una storia di scontri tra tifosi, ma una strage provocata dall’aggressività omicida perpetrata nei confronti di tifosi e appassionati inermi da hooligan annebbiati dall’alcol, resa possibile dall’imperizia di chi scelse per la partita uno stadio evidentemente fatiscente - l’Heysel era stato costruito nel 1930 e, all’epoca, era chiaramente inadeguato - e da chi avrebbe dovuto garantire la sicurezza.

Una strage che ha segnato gli anni Ottanta del calcio, anche per la portata mediatica: , con le emittenti che mostrarono l’orrore di una curva Z ridotta a un campo di battaglia: a rendere il disastro furono proprio le immagini, mentre telecronisti e radiocronisti ricevevano notizie non precise, ma comunque terribili, sul numero delle vittime e si trovavano nella difficile situazione di doverle comunicare in via sommaria a telespettatori che, magari, avevamo familiari allo stadio. Eppure, paradossalmente, per la dinamica dell’accaduto e la tipologia dello stadio, era più facile intuire l’accaduto da parte di chi stava davanti agli schermi televisivi - e poteva contare anche, appunto, sul resoconto dei giornalisti impegnati negli aggiornamenti di una cronaca che, da sportiva che avrebbe dovuto essere, diventò nera - rispetto a chi si trovava, nello stadio, nei settori più lontani da quello della morte. In un’epoca senza telefonini, lontanissima da quella odierna dal punto di vista della tecnologia delle comunicazioni, si può solo immaginare l’angoscia.

La finale si sarebbe poi disputata per motivi di ordine pubblico, inevitabilmente, tra polemiche e strumentalizzazioni ex post che non meritano di essere citate. L’Inghilterra forse solo allora si rese conto della dimensione del problema hooligan e iniziò una serie di inchieste che avrebbero poi portato a un epocale cambiamento degli schemi legislativi relativi all’ordine pubblico, nel contesto delle manifestazioni sportive e in generale, ma accelerò solo dopo un’altra tragedia, quattro anni più tardi (il 15 aprile 1989) e questa volta accaduta sul suolo britannico, a , ovvero la strage di Hillsborough - dal nome dello stadio della tragedia - che, a margine di una partita di FA Cup ancora tra il Liverpool e il Nottingham Forest, costò la vita a 96 persone, che non nacque dalle intemperanze dei tifosi (sebbene le forze dell’ordine, anche in quel caso poco preparate, non compresero l’accaduto e agirono di conseguenza, proprio come all’Heysel) ma dalla scriteriata gestione dell’afflusso in un impianto con vie di fuga inadeguate e dalla calca che si generò nel settore Leppings Lane, al quale era destinata una parte dei tifosi del Liverpool.

Anche per questo ricordare l’Heysel, quarant’anni dopo, è doveroso, così come doverose sono una ricostruzione corretta dell’accaduto e la costruzione di una memoria che ancora non riesce a imporsi. E se è vero che la , negli ultimi anni, si è dimostrata sensibile alle istanze del ricordo, l’atteggiamento della Juventus è stato tutto sommato incostante, nonostante quella tragedia abbia rappresentato un punto di non ritorno della storia del club e del nostro calcio. In questo senso l’inaugurazione, in occasione del quarantennale, di un memoriale per le vittime a pochi passi dallo Juventus Stadium, un’opera simbolica intitolata Verso altrove, è un passaggio magari poco tempestivo ma, mai come oggi, doveroso.

Fonte: Treccani.it © 29 maggio 2025

 

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40 ANNI DALL’HEYSEL

"La folla spaventata mi calpestava e i gradoni mi segavano la schiena"

di Antonio Barillà

Giuseppe Spolaore si salvò senza rendersene conto. A un tratto le persone sopra di lui non c’erano più e poté respirare. C’erano dei corpi sotto al suo, molti non avevano più vita, e uno di loro aveva la pelle gonfia di un colore innaturale, viola. Lui aveva il femore spezzato ma non se ne rendeva nemmeno conto. Vagò per il campo. Poi lo caricarono su un’ambulanza. Chiese di suo padre, Amedeo. Gli dissero che non sapevano, che era disperso. Per salvarsi la vita alcuni tifosi, anziché farsi spingere verso il muretto, cercarono scampo entrando nel rettangolo di gioco, dove gli agenti di polizia che erano stati richiamati d’urgenza e non avevano manco capito cos’era successo li manganellarono furiosamente. Adesso il prato non era più verde. C’erano macchie di sangue sull’erba. L’attesa era svanita. Roberto Lorentini era riuscito a mettersi al sicuro, assieme al padre, Otello. Però vide un bambino esanime e corse indietro per rianimarlo con un massaggio cardiaco. Un’ondata di gente terrorizzata travolse e uccise tutt’e due. Il bambino si chiamava Andrea Casula, aveva 11 anni. Claudio era fermo ai bordi dello stadio e vide uscire i primi feriti sdraiati su transenne adibite a barelle o sui cartelloni pubblicitari usati allo stesso modo, prima uno, poi due, poi tre, poi decine e decine. Si mise le mani nei capelli, disperato. Attorno c’era gente che piangeva e vagava con il volto sanguinante senza sapere dove andare. Le ambulanze arrivarono dopo e non bastavano. Gaetano Scirea salì su un traliccio per dire ai tifosi di stare tranquilli che la partita sarebbe stata giocata. Ma nemmeno lui sapeva cos’era veramente successo. Non lo sapevano neanche quelli che avevano rischiato di perdere la vita. Carmelo Di Pilla si risvegliò in ospedale. L’infermiera gli raccontò qualcosa, che erano stati gli hooligans. Lui le chiese cosa aveva fatto la Juve. Aveva vinto. Ma avevano giocato per finta, disse l’infermiera. Avevano fatto tutti finta, dopo che qualcuno li aveva lasciati massacrare, li aveva messi dentro a quel budello senza senso e non aveva mai pensato un attimo di proteggerli, di difenderli. Però puoi anche giocare una partita così. Solo la morte non è mai per finta.

Fonte: Lastampa.it © 29 maggio 2025

 

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Chi ha schiacciato i cuori dell’Heysel ? Oggi 40 anni dalla strage

di Emanuele Zavaglia

Ricordare per non dimenticare. Furono 39 le vittime, oltre 600 i feriti. La tragedia si consumò la sera della finale di Coppa dei campioni.

IL 29 MAGGIO 1985 - "Chi ha schiacciato i cuori dell’ Heysel ?". Recita così il verso di una canzone scritta da Claudio Baglioni nel 1990 e intitolata "Naso di falco". Questa domanda risuona ancora più drammatica in questi giorni. Oggi, giovedì 29 maggio ricorre il 40⁰ anniversario della "strage dell’Heysel". Avvenne mercoledì 29 maggio 1985, nei pressi dello stadio "Heysel" di Bruxelles (Belgio), poco prima della finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus di Giovanni Trapattoni e il Liverpool di Joe Fagan. Verso le 19,20 di quel giorno, con l’impianto gremito di gente, un gruppo di tifosi estremi del Liverpool (gli "hooligans") si avviò con aria poco amichevole verso il settore Z, occupato dai tifosi italiani. Quest’ultimi, spaventati, si ammassarono sul muro del loro settore. Per via della fatiscenza dell’impianto, il muro crollò, causando diverse vittime. Il crollo provocò il formarsi di una calca terribile, che fece aumentare la conta dei morti.

SI GIOCÒ LO STESSO, NONOSTANTE LE VITTIME - Nonostante le polemiche e il giusto rifiuto della Juventus di scendere in campo, le forze dell’ordine belghe e la Uefa decisero di far disputare lo stesso il match, per motivi di ordine pubblico. Il match iniziò quindi alle 21,40 (un’ora e 25 minuti di ritardo rispetto all’orario convenuto) e si concluse con la vittoria della Juventus per 1-0, con rete su rigore di Michel Platini al 58′. Fu chiaro fin da subito che la partita non interessava più a nessuno, in primis alla reti televisive. Per esempio, Raidue trasmise lo stesso il match per l’Italia, ma con il video volutamente oscurato e l’indimenticabile Bruno Pizzul (telecronista della finale insieme a Gianfranco De Laurentiis) che disse: "Provo a commentare in tono il più neutro, impersonale e asettico possibile".

I MORTI FURONO 39, 600 I FERITI - Il bilancio finale di questa strage fu terribile: 39 morti e più di 600 feriti. Delle vittime, 32 erano italiane, quattro belghe, due francesi e un nordirlandese. Tra essi figura Claudio Zavaroni (28 anni), residente in Emilia-Romagna, precisamente a Ciano d’Enza (Reggio Emilia). Siccome la maggioranza degli italiani morti tifava la Juventus, la città di Torino si ritrovò a subire una nuova tragedia calcistica, 36 anni dopo l’incidente aereo di Superga, che costò la vita al "Grande Torino".

PESSIME LE CONDIZIONI DELLO STADIO - La strage venne causata sia dalle intemperanze di certi tifosi che dalle pessime condizioni strutturali nelle quali versava lo stadio. Eppure quella del 1985 non era stata la prima finale europea che si svolse in quel luogo. L’ "Heysel" aveva già ospitato altre tre finali di Coppa dei Campioni (1958, 1966 e 1974), tre finali di Coppa delle Coppe (1964, 1976 e 1980) e la finale degli Europei del 1972 Germania Ovest-Unione Sovietica 3-0, disputata il 18 giugno 1972.

STRASCHICHI UMANI E CALCISTICI - La strage lasciò strascichi umani e calcistici che furono risolti difficilmente e parzialmente. I club inglesi vennero squalificati a tempo indeterminato dalle competizioni europee (il Liverpool ad ulteriori tre stagioni, poi ridotte a una) e un club italiano tornò a giocare all’Heysel soltanto nel 1990. Questo club fu il Milan, in Malines-Milan 0-0 del 7 marzo 1990, valida per la Coppa dei Campioni. In occasione di quella partita, il capitano rossonero Franco Baresi andò a deporre un mazzo di 39 rose rosse sotto la recinzione del settore Z.

MONDIALI DEL ’90 IN ITALIA, LE CONSEGUENZE - Ai Mondiali di Italia 1990, per rispetto ai tantissimi tifosi juventini periti all’ "Heysel", l’Inghilterra ottenne di non giocare nel girone che aveva, come principale terreno di gioco, il "Delle Alpi", il vecchio stadio della Juventus. Lo stadio venne ristrutturato completamente e, dal 1995, cambiò il suo nome in "Re Baldovino", arrivando a ospitare una finale di Coppa delle Coppe nel 1996 e un suggestivo Italia-Belgio 2-0, match giocato il 14 giugno 2000 e valido per gli Europei di Belgio-Olanda 2000.

UN FILM SULLA TRAGEDIA - Sull’argomento il regista Marco Tullio Giordana realizzò nel 1988 un film intitolato "Appuntamento a Liverpool", con protagonista Isabella Ferrari (nata a Ponte dell’Olio, Piacenza). Un interessante libro sull’argomento è "Heysel, le verità di una strage annunciata", scritto dal giornalista Francesco Caremani. Questo libro venne presentato dallo stesso autore a Cesena, nella libreria Ubik in piazza del Popolo, venerdì 24 maggio 2019. È doveroso, ogni anno, ricordare quanto è successo all’ "Heysel" sia per ricordare chi non c’è più, per stare vicino ai loro familiari e per affermare con forza che non si deve morire per una partita di calcio.

Fonte: Corrierecesenate.it © 29 maggio 2025

 

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29 Maggio, 40 anni dalla tragedia dell'Heysel: l'11 settembre del Calcio

La tragedia dello Stadio Heysel di Bruxelles è uno degli eventi più bui e drammatici della storia del calcio mondiale.

di Giovanni Cardarello

Andrea Casula aveva 10 anni quel 29 maggio 1985 in cui perse la Vita tra le macerie della Curva Z dello Stadio Heysel di Bruxelles, Giuseppina Conti pochi di più, 17, Barbara Lusci, invece, aveva compiuto da poco 58 anni mentre Willy Chielens ne aveva solo 41 ed era nel settore maledetto solo per un caso legato ad un errore nella vendita dei biglietti. Per raccontare o almeno provarci, cosa accadde a Bruxelles quel maledetto mercoledì di 40 anni fa non possiamo che partire da loro, dalle vittime, le 39 persone che morirono a causa del crollo del Curva Z. Di queste vittime, 32 erano italiane, 4 belghe, 2 francesi e 1 nordirlandese, 600 i feriti. La fredda cronaca ci racconta che circa un'ora prima del fischio d'inizio della finale di Coppa dei Campioni (l'antenata della Champions League) tra la Juventus di Trapattoni e Platini e il Liverpool di Joe Fagan e Ian Rush, un folto gruppo di hooligans inglesi iniziò a caricare i tifosi della Juventus presenti nel settore Z dello stadio.

Questo settore avrebbe dovuto essere neutrale, ma era stato in gran parte venduto a tifosi italiani, inclusi molti nuclei familiari. La pressione della folla in fuga, unita alla fatiscenza dello stadio di Bruxelles, causò il crollo di un muro che delimitava il settore Z. Molti tifosi rimasero schiacciati, calpestati o caddero nel vuoto.

LA STORIA DELLO STADIO HEYSEL - Come detto morirono 39 persone, 39 Vite spezzate per una partita di Calcio, 39 vittime della criminalità degli Hooligans, della disorganizzazione della Uefa di allora e di una gestione commerciale dell'evento ben al di sotto del livello dilettantesco. Lo accennavamo, lo Stadio Heysel era stato scelto per il massimo evento sportivo della Uefa del 1985 per motivi meramente politici. L'impianto era vecchio, aveva già 55 anni, era stato costruito nel 1930 con il nome di Stadio del Centenario (i 100 anni dell'Indipendenza del Belgio) e nel frattempo aveva preso il nome del quartiere dove era situato. Le tribune erano fragili e le recinzioni fatiscenti. Non a caso dopo la tragedia venne demolito ed oggi al suo posto c'è lo Stadio Re Baldovino lo Stadio dove gioca la nazionale del Belgio e saltuariamente l'Union St.Gilloise. Ma la cosa più assurda è che già due anni prima, nel 1983 durante la finale di andata della Coppa Uefa tra Anderlecht e Benfica un report aveva indicato le varie difficoltà che evidenziava l'impianto.

LE ALTRE FINALI DELLA UEFA GIOCATE NELLO STADIO DI BRUXELLES - Ma i dirigenti del tempo della Uefa e della Municipalità di Bruxelles rimasero insensibili al concetto forti del fatto che lo Stadio Heysel aveva già ospitato la Finale del campionato europeo del 1972 tra Germania Ovest e Urss, tre finali della Coppa dei Campioni, 1958, 1966, 1974 (con ripetizione), tre finali della Coppa della Coppe, 1964, 1976 e 1980 oltra alla già citata finale della Coppa Uefa. Insomma, un impianto "affidabile" tanto che il procedimento giudiziario condannò in modo più intenso le autorità locali piuttosto che gli Hooligans che avevano dato il via agli scontri . Alla fine della fiera solo 14 Hooligans andarono in galera e ci rimasero solo per 3 anni. Paradossalmente è più pesante il bilancio sportivo. Le squadre inglesi, infatti, furono escluse dalla Coppe europee dal 1985-1986 al 1990-1991 con il Liverpool che ricevette un bando aggiuntivo di tre anni poi ridotto a uno. Fattore che spinse l'allora Premier inglese Margaret Thatcher a varare il famoso, e discusso, pacchetto di leggi per stroncare alla radice il fenomeno degli Hooligans inglesi.

COSA CI HA INSEGNATO LA TRAGEDIA DEL 29 MAGGIO 1985 - Ma a 40 anni di distanza da quel 29 maggio 1985 cosa abbiamo imparato davvero ? Le risposte sono molteplici e vanno viste sotto diversi punti di vista. In primo luogo, abbiamo finalmente chiaro che gli impianti il teatro del gioco sono il cuore delle competizioni sportive e devono avere il massimo livello di sicurezza. Non è un caso che alcuni impianti e alcune nazioni sono sistematicamente escluse dalla possibilità di organizzare la finale delle coppe europee. In Belgio la Coppa dei Campioni prima e la Champions League dopo l'Heysel non ci sono più tornate. Ma non si è più giocata una finale in Svizzera, in Olanda, in Austria nazioni che per la Uefa non garantiscono i criteri necessari. In seconda battuta che la gestione logistica dell'evento e della vendita dei biglietti della finale viene gestita direttamente dalla Uefa senza passaggi intermedi se non quelli relativi alla gestione dei biglietti per club e tifosi ma sempre passando da una gestione centralizzata. Per non tacere del fatto che grazie alle tecnologie che dal 1985 ad oggi hanno letteralmente rivoluzionato le nostre vite è possibile individuare in modo puntuale chi entra nello Stadio. Se a questo aggiungiamo i divieti e i controlli relativi alla distribuzione di cibo e bevande componiamo un puzzle che ci dice che oggi una tragedia come quella dell'Heysel sarebbe quasi impossibile

L'11 SETTEMBRE DEL CALCIO MONDIALE - Ma tutto questo, purtroppo, non consola e non rimargina la ferita delle 39 vittime dell'Heysel. Chi ha vissuto da dentro quella tragedia ne è rimasto segnato per sempre e chi come chi scrive, quel 29 maggio 1985 era appena adolescente, da allora fatica ad accettare una partita di Calcio possa essere qualcosa di diverso dal semplice e gioioso spettacolo sportivo. Soprattutto quando quell'orrore, quella tragedia diventa, come scrive Marino Bartoletti si trasforma in "Una vergognosa clava per manifestare il proprio "tifo". Quel giorno, il 29 Maggio 1985 è stato l''11 settembre del Calcio", "L'Hiroshima del pallone, la "bomba atomica", nella storia del teppismo da stadio, che, quando esplode, cambia per sempre la Vita di chiunque di noi. "Era la fine del mondo, per chi, come me, sognava ancora a occhi aperti" (Carlo Nesti)

I NOMI DELLE 39 VITTIME DELLA TRAGEDIA DELLO STADIO HEYSEL - In chiusura un doveroso e sentito omaggio alle 39 persone che non ci sono più. Trentanove persone accomunata da un destino infame e che più che "39 vittime" erano 39 Vite tutte da svolgere e riempire di Amore e Tifo ma che purtroppo hanno terminato la corsa troppo presto e in modo assurdo. Rocco Acerra (28 anni), Bruno Balli (50 anni), Alfons Bos (35 anni), Giancarlo Bruschera (35 anni), Andrea Casula (10 anni), Giovanni Casula (43 anni), Nino Cerullo (24 anni), Willy Chielens (41 anni), Giuseppina Conti (17 anni), Dirk Daeninckx (27 anni), Dionisio Fabbro (51 anni), Jaques François (45 anni), Eugenio Gagliano (35 anni), Francesco Galli (24 anni), Giancarlo Gonnelli (45 anni), Alberto Guarini (21 anni), Giovacchino Landini (49 anni), Roberto Lorentini (31 anni), Barbara Lusci (58 anni), Franco Martelli (22 anni), Loris Messore (28 anni), Gianni Mastroiaco (20 anni), Sergio Bastino Mazzino (37 anni), Luciano Rocco Papaluca (37 anni), Luigi Pidone (31 anni), Benito Pistolato (50 anni), Patrick Radcliffe (38 anni), Domenico Ragazzi (44 anni), Antonio Ragnanese (29 anni), Claude Robert (30 anni), Mario Ronchi (42 anni), Domenico Russo (26 anni),Tarcisio Salvi (49 anni), Gianfranco Sarto (46 anni), Amedeo Giuseppe Spolaore (54 anni), Mario Spanu (41 anni),Tarcisio Venturin (23 anni), Jean Michel Walla (32 anni), Claudio Zavaroni (28 anni)

Fonte: Socialmediasoccer.com © 29 maggio 2025

 

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ACCADDE OGGI

L’Heysel, quarant’anni fa l’orrore che sconvolse il mondo del calcio

Nella calca morirono 39 persone prima della finale della Coppa dei Campioni.

Sono passati 40 anni da quel nefasto 29 maggio 1985, quando una finale di Coppa dei Campioni si trasformò in un’immane tragedia umana. Una tragedia provocata sì da una frangia di tifosi violenti, gli hooligan, che ormai anche a causa di quell’episodio fanno parte dell’archeologia del calcio, ma pure dall’inadeguatezza dello stadio in cui si svolse la partita e da una cattiva organizzazione delle forze dell’ordine belghe.

Siamo allo stadio Heysel (oggi Re Baldovino dopo la completa ristrutturazione del 1995) a un’ora dal fischio di inizio della sfida tra Juventus e Liverpool che vedrà la Vecchia Signora alzare per la prima volta nella storia la coppa dalle grande orecchie, anche se il risultato sportivo cade presto in secondo piano. Nell’impianto decidono di assegnare ai tifosi juventini autorganizzatisi e a una piccola parte del pubblico neutrale il settore Z, situato nella curva opposta agli ultrà bianconeri e di fianco agli hooligan inglesi.

I sostenitori dei Reds iniziano a caricare per appropriarsi dell’intera curva senza trovare resistenza e provocando la fuga degli spettatori impauriti che, nel tentativo di entrare sul terreno da gioco, vengono respinti a manganellate dai poliziotti. La folla si schiaccia allora contro il fianco del settore causando il cedimento di un muro della vetusta struttura. Il bilancio dell’immane tragedia è di 39 morti (e oltre 600 feriti), ora ricordati da una targa sul muro dello stadio. In un clima surreale, con oltre un’ora di ritardo, si decide di giocare lo stesso la finale per ragioni di... ordine pubblico e la Juventus vince per 1-0 grazie a un rigore trasformato da Platini, esibendosi in festeggiamenti che risulteranno totalmente inadeguati e per i quali molti dei protagonisti si scuseranno.

Da quella Coppa insanguinata - e dalla strage di Hillsborough (96 morti) quattro anni più tardi - si cominciò a riformare il concetto di sicurezza negli stadi europei per arrivare alla situazione che oggi è davanti ai nostri occhi.

Fonte: Rsi.ch © 29 maggio 2025

 

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L'Heysel 40 anni dopo, "Non dimenticheremo mai"

Anche il Liverpool alle commemorazioni per i 39 tifosi morti.

Nessuno vuole e può dimenticare le 39 vittime dell'Heysel, ora a Torino ci sarà anche un memoriale dedicato alle vittime intitolato 'Verso Altrove', realizzato dall'artista Luca Vitone e curato da Luca Beatrice, il presidente della Quadriennale di Roma e a lungo alla guida del Circolo dei lettori di Torino, morto improvvisamente nel gennaio scorso. E' stato inaugurato nella cittadella della Juve, tra lo Stadium e il quartier generale della Continassa, e ha permesso di riunire il club bianconero e il Liverpool, rivali in quella drammatica notte del 29 maggio 1985 nella finalissima di Coppa dei Campioni. Erano presenti, tra gli altri, John Elkann, ad di Exor, azionista di maggioranza del club bianconero, il presidente Ferrero, l'ad Scanavino, il dirigente Giorgio Chiellini (mentre il grande assente il dt Giuntoli), Con loro una folta rappresentanza dei Reds capitanata dall'ex calciatore Ian Rush e le istituzioni rappresentate dal sindaco di Torino Stefano Lo Russo e il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio.

"E' la giornata del ricordo, è importante ricordare ciò che è successo 40 anni fa e mostrare vicinanza a chi era lì e alla Juve" le parole di Elkann, subito dopo il taglio del nastro dell'opera. "Si tratta di qualcosa di presente e perpetuo nel cuore della Juve, vicino al nostro stadio e alla nostra sede, perché non vogliamo mai dimenticare questo evento - il commento del numero uno del club, Ferrero - quella che doveva essere una notte di festa si è trasformata in una notte di lutto e terrore: abbiamo lavorato molto sulla sicurezza negli stadi". Ed è un concetto espresso a più riprese anche da Paolo Garimberti, presidente dello Juventus Museum: "Ci vogliono educazione nei tifosi e impianti più moderni e sicuri, anche se in Italia la maggior parte è dell'epoca fascista o degli anni Novanta - ha dichiarato - e così non si può reggere alla sicurezza, anche recentemente ci sono stati episodi che dimostrano che il tifo violento non è stato estirpato del tutto".

Poi ci sono le testimonianze di chi ha giocato quella finalissima sul campo dell'Heysel: "Fu un prepartita difficoltoso perché il riscaldamento si prolungò nel tempo e vedevamo i nostri tifosi feriti e con le maglie strappate" il ricordo del bianconero Sergio Brio; "Nello spogliatoio non sapevamo cosa stesse accadendo, abbiamo saputo la verità soltanto dopo la partita" spiega Rush. L'ex difensore della Juve, inoltre, ne approfitta per "precisare una cosa importante sulla scelta di scendere dall'aereo con la coppa in mano - dice di fronte al memoriale - perché fu una decisione della società e di Boniperti: è stata molto criticata, ma la difendo perché è stato il modo per onorare i nostri tifosi scomparsi". Infine, c'è stata la richiesta di Emilio Targia: "Un minuto di silenzio prima di Psg-Inter" l'appello all'Uefa da parte di uno dei sopravvissuti alla tragedia in vista della prossima finale di Champions.

Fonte: Ansa.it © 29 maggio 2025

 

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RICORRENZA

Heysel, 40 anni fa la tragedia: il ricordo delle 39 vittime

di Matteo Nava

Da Torino a Bruxelles e Liverpool, quante celebrazioni per gli incidenti del 1985 Alla Continassa un’opera commemorativa e l’anteprima del documentario.

Trentanove volti, trentanove sorrisi, trentanove voci, trentanove famiglie. Trentanove anime. Oggi sono quarant’anni esatti dalla tragedia dell’Heysel, da quel 29 maggio 1985 in cui 39 tifosi di calcio (tra cui 32 italiani) persero la vita prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, a Bruxelles. Ben 40 anni sono trascorsi da quella notte, tremenda per il mondo del calcio e dello sport, minuti di terrore e ore di straziante dolore che hanno inevitabilmente segnato la storia della Juventus per l’eternità. Nel museo ufficiale della Signora c’è una parte dedicata all’Heysel, nel cortile della sede di corso Galileo Ferraris c’è una stele monumentale e a quei 39 tifosi era stato dedicato un momento specifico nella sera d’inaugurazione dell’allora Juventus Stadium - oggi Allianz Stadium - nel 2011. Nel 40° anniversario, ovviamente, il club bianconero coglie l’occasione per mettere in pausa la quotidianità e omaggiare quelle 39 anime che non saranno mai dimenticate.

VERSO ALTROVE - Questa mattina, alle 11, la giornata dedicata al ricordo della tragedia dell’Heysel comincerà a pochi passi dal centro sportivo della Continassa, dove sarà inaugurata l’opera commemorativa Verso altrove. Realizzata da Luca Vitone - uno dei più importanti artisti contemporanei italiani - e curata dal compianto Luca Beatrice, si sviluppa in un’area di circa duemila metri quadri: sul manto erboso sono disposti dei maestosi ginkgo biloba - simbolo di resilienza e longevità - e tra gli alberi è presente una rampa a forma di spirale centrifuga, un percorso lungo 66 metri fino a raggiungere un’altezza complessiva di oltre 5 metri. Il percorso è illuminato a led: accompagna il visitatore verso la sommità e rende visibile l’opera dall’alto, come segno distinguibile tracciato nel tessuto urbano della città, anche nell’oscurità. Al termine della salita un cannocchiale dalle lenti invertite offre una prospettiva insolita: anziché avvicinare, allontana lo sguardo, invitando a guardare oltre, verso l’orizzonte, al di là del visibile. Durante l’inaugurazione del memoriale verrà anche presentato in anteprima l’omonimo documentario prodotto da Juventus Creator Lab, trasmesso poi in esclusiva su Sky Arte alle 21 e in streaming su NOW.

IN ITALIA - Poco dopo, alle 21.20, Rai 2 trasmetterà invece il docufilm Heysel 1985, mentre dalla mattinata il Museo del Calcio di Coverciano ospiterà un incontro dedicato e una mostra fotografica. In Italia sarà Torino il fulcro delle celebrazioni, anche dopo l’inaugurazione alla Continassa. Alle 18, nella piazza intitolata proprio alle Vittime dell’Heysel, la Juventus e le autorità cittadine provvederanno alla deposizione di mazzi di fiori, mentre in serata uno spettacolo teatrale unirà la tragedia dell’Heysel a quella di Superga. Altre celebrazioni si terranno anche a Grugliasco nel giardino intitolato alle vittime, mentre nel carcere Lorusso e Cutugno sono state organizzate sia una lezione speciale che una commemorazione dedicata con la sopravvissuta Carla Gonella e l’ex dirigente bianconero Franco Mottola. E, dal tramonto, la Mole Antonelliana si tingerà di bianconero e su di essa sarà proiettata la scritta "+39".

ALL'ESTERO- Belgio e Regno Unito, coinvolti in diverso modo nella tragedia dell’Heysel, non si faranno trovare impreparati. Proprio nello stadio di quella finale di Coppa Campioni, oggi chiamato Re Baldovino, sarà deposta una corona di fiori e saranno letti i nomi delle 39 vittime da parte di un tifoso della Juventus, alla presenza delle autorità locali e dei rappresentanti diplomatici di Italia e Regno Unito: a pochi metri da dove 40 anni fa si verificò il crollo, oggi è presente una targa in marmo. A Liverpool, invece, nelle prossime settimane il club presenterà un nuovo memoriale commemorativo in ricordo delle vittime: il monumento sarà adornato da due sciarpe annodate tra loro (una bianconera e l’altra dei Reds) per "simboleggiare l’unità e la solidarietà tra i due club e il legame forgiato attraverso il dolore condiviso e il rispetto reciproco". Sul nuovo monumento, che si chiamerà Forever Bound - legati per sempre - verranno iscritti i nomi delle vittime, con la scritta anche in italiano "In memoria e amicizia".

Fonte: Gazzetta.it © 29 maggio 2025

 

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RICORRENZA

Juve: "Heysel, festa trasformata in un incubo"

Commemorazioni a Torino, Liverpool e Bruxelles

Elkann: "Importante ricordare". Il Liverpool ha annunciato che a Anfield sorgerà un memoriale in ricordo della tragedia di 40 anni fa.

"Sono trascorsi 40 anni dalla tragica serata dell'Heysel: il 29 maggio 1985 a Bruxelles, all'interno dello stadio della città belga, a poche decine di minuti dal fischio di inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, 39 persone hanno perso la vita a seguito degli scontri iniziati sugli spalti e proseguiti poi nel corso di una serata piena di violenza. Un appuntamento in cui l'orrore ha preso il sopravvento sullo sport, un momento che ha fatto da spartiacque nella vita di milioni di tifosi, di appassionati, di donne e di uomini legati alla storia della nostra società". La Juventus, sul proprio sito ufficiale, ricorda la tragedia dell'Heysel, "un dramma del quale diventa necessario tenere memoria, unico modo per evitare che si possano rivivere dei momenti di terrore e sconcerto come quelli. Resta la completa perdita di senso di una serata impensabile, il dolore per chi non è tornato a casa, la consapevolezza che, anche a distanza di 40 anni, quella ferita non trova modo di rimarginarsi. E per certi versi non potrà mai farlo, continuando a fare male come se non fossero passati quattro decenni. Il convincimento da parte dell'intera famiglia della Juventus è quello di portare avanti sempre, e per sempre, il ricordo indelebile e la memoria condivisa di chi si è ritrovato vittima di una tragedia senza logica in una giornata di festa trasformata in un incubo". Il presidente di Exor, John Elkann, ha commentato: "Oggi è la giornata del ricordo di quello che successe 40 anni fa e dell'importanza di ricordare e di essere vicini a chi era lì ma vicini anche alla Juventus".

A Torino e a Bruxelles viene commemorato oggi il 40° anniversario della strage dello stadio Heysel. Alle 11, nello Scalo Eventi Torino in Strada della Continassa 28, viene inaugurata l'opera "Verso Altrove". Presente per la Juve una delegazione guidata dal presidente Gianluca Ferrero, oltre al Gonfalone ufficiale in rappresentanza del Club portato dai ragazzi del Settore Giovanile. Un gonfalone ufficiale del club bianconero sarà presente anche in Belgio, a Bruxelles, dove Gianluca Pessotto, Football Teams Staff Coordination Manager di Juventus, parteciperà all'omaggio alle vittime in programma alle 15,30 nello stadio Re Baldovino. Sempre a Torino, alle 18, il presidente Ferrero interverrà insieme alle autorità cittadine e regionali e a rappresentanti dell'associazione "Quelli di via Filadelfia" alla cerimonia nella biblioteca civica Italo Calvino. In serata sarà l'illuminazione della Mole Antonelliana a chiudere la giornata di commemorazione. Domani, venerdì 30 maggio, al Museo del Calcio di Coverciano si terrà l'evento dal titolo "Heysel: 40 anni dopo. Il valore della memoria". Nel pomeriggio la presentazione del libro di Luca Serafini, a Castiglion Fiorentino, "La ragazza dai pantaloni verdi. Giusy, la Juve, l'Heysel".

Memoriale ad Anfield - Il Liverpool presenterà nelle prossime settimane un nuovo memoriale commemorativo in ricordo delle 39 vittime, 32 delle quali italiane. Il nuovo monumento - hanno spiegato fonti del club alla Bbc - sarà adornato da due sciarpe (del Liverpool e della Juventus) annodate tra loro, "per simboleggiare l'unità e la solidarietà tra i due club e il legame forgiato attraverso il dolore condiviso e il rispetto reciproco". Sul nuovo monumento verranno iscritti anche i nomi delle vittime, con la scritta anche in italiano `In memoria e amicizia´. Il nuovo memoriale, ribattezzato "Forever Bound", verrà collocato in un settore ancora da definire, "per offrire uno spazio più visibile e accessibile per la riflessione e il ricordo".

Fonte: Gazzetta.it © 29 maggio 2025

 

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"Dolore ancora vivo"

"Il dolore per la tragedia dell'Heysel è ancora vivo: quanto successo 40 anni fa a Bruxelles rappresenta una ferita ancora non rimarginata nella vita dei familiari delle vittime e nel vissuto comune dell'intera famiglia calcistica europea. Il ricordo e la testimonianza di quei terribili fatti servano da monito perenne, affinché una festa di sport non si trasformi mai più in un'occasione di sofferenza". Così, nel giorno del quarantesimo anniversario della strage dell'Heysel, il presidente della Figc, Gabriele Gravina, ricorda le 39 persone che il 29 maggio del 1985 persero la vita prima dell'inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Liverpool e Juventus.

Fonte: Ansa.it © 29 maggio 2025

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Quaranta anni fa la strage dell'Heysel, la vergogna del calcio

La furia degli hooligans allo stadio per Juve-Liverpool, 39 morti. Briaschi: "Fu scioccante".

Quella notte all'Heysel Juventus-Liverpool "si doveva giocare altrimenti ci sarebbero stati oltre mille morti". Una tragedia, una strage che ha segnato non solo il calcio italiano ma anche quello mondiale, in maniera indelebile. Sono passati 40 anni da quel maledetto 29 maggio nel fatiscente stadio di Bruxelles, e anche se ricordare "fa ancora male", come dice 'Le Roi' Platini, dimenticare è impossibile. Ci sono state altre tragedie, nel calcio mondiale, anche con bilanci più tragici, ma nessuna come l'Heysel è così evocativa. Non solo per l'importanza dell'appuntamento e per il peso delle protagoniste in campo, ma per l'assurdità della dinamica, l'impatto devastante delle immagini tv, il bando per 5 anni delle squadre inglesi dall'Europa su proposta di Londra e le draconiane misure della Tatcher contro la piaga degli hooligans. La vergogna del calcio. Doveva essere un'occasione di festa, come ogni finale di Coppa dei Campioni, si trasformò in un dramma, con la morte di trentanove persone (di cui 32 italiane, rimasero feriti in oltre 600) e poi le infinite polemiche per la partita giocata, e poi vinta dalla Juve con un rigore di Platini. Ma sulle accuse, è pressoché univoco il ricordo e l'opinione di chi c'era, in campo, come Massimo Briaschi. "I colpevoli ? L'Uefa - si dice certo l'ex attaccante Juve - che scelse uno stadio inadatto e gli hooligan" che furono banditi dal calcio e a cui fu attribuita ogni responsabilità da parte del processo penale. Il disastro si consumò circa un'ora prima del match quando gli hooligans, ovvero i tifosi inglesi più accesi e violenti, cominciarono a spingersi verso il settore Z, dove erano posizionati molti tifosi juventini organizzatisi autonomamente. Lo fecero a ondate, cercando il take an end ("prendi la curva") e sfondando le reti divisorie. Un'azione criminale che portò al crollo di un muro per la grande calca che venne a crearsi e la morte di tante persone rimaste schiacciate e calpestate dalla folla che cercava una via d'uscita. Una tragedia ricordata a 40 anni di distanza da chi quella partita maledetta l'ha dovuta giocare come Briaschi, uno dei 22 scesi in campo in quella tragica serata del 29 maggio 1985 : "mi ricordo tutto perfettamente come fosse oggi - racconta all'Ansa - tutto quello che è successo. Un ricordo che non finirà mai, assolutamente no. Un ricordo che ti resta dentro per sempre- Perché si gioco ? Sulla partita avevamo notizie frammentarie, passavano persone che dicevano che c'era un morto e che si stavano menando. La verità dei 39 morti l'abbiamo saputa in hotel dopo la partita. Che per fortuna è stata giocata: altrimenti ci sarebbero stati più di mille morti. La situazione non era sotto controllo. Abbiamo giocato in uno stadio che non poteva avere una finale di Coppa dei Campioni - aggiunge l'ex attaccante bianconero oggi procuratore di giovani promesse del calcio - Già al mattino c'erano stati chiari segnali: gli hooligans sono arrivati allo stadio in condizioni vergognose, li avevamo visti in citta bere casse di birra. Le polemiche per la festa a fine partita ? Ce lo disse l'Uefa di andare sotto la curva per non peggiorare la situazione. Le colpe ? L'organizzazione e uno stadio non adatto ad una partita di quel tipo. Fu un'esperienza - conclude Briaschi - traumatica, sono cose che a vent'anni ti possono stravolgere la vita. Una tragedia che va ricordata affinché non accada mai più". Tra gli undici in campo c'era anche Platini: "Sono brutti ricordi - afferma l'ex numero 10 bianconero che in quella finale realizzò il rigore della vittoria contro il Liverpool - non ne parlo volentieri. Mi ha fatto davvero male pensare alle persone che erano venute per vederci e poi non sono tornate". La memoria, invece, torna sempre a quel maledetto 29 maggio.

Fonte: Ansa.it © 29 maggio 2025

 

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Per Juventus e Liverpool è stato difficile fare i conti con la memoria dell’Heysel

La strage della finale di Coppa dei Campioni del 1985 è stata per anni un ricordo scomodo, ma forse qualcosa sta cambiando.

Mercoledì le squadre di calcio della Juventus e del Liverpool hanno presentato i nuovi memoriali dedicati alla strage dell’Heysel, dal nome dello stadio belga dove quarant’anni fa 39 tifosi morirono prima della finale di Coppa dei Campioni. Oggi entrambe le società la commemorano con cerimonie ufficiali ogni anno, ma non è sempre stato così: per tutte e due le squadre l’Heysel fu per anni un ricordo scomodo.

La strage avvenne come detto allo stadio Heysel di Bruxelles, in Belgio, poco prima della finale di Coppa dei Campioni (l’attuale Champions League) tra la Juventus e il Liverpool. Si sarebbe dovuta giocare alle 20:15 del 29 maggio 1985, ma un’ora prima molti hooligans (come sono chiamati nel Regno Unito coloro che fanno parte del tifo organizzato) del Liverpool iniziarono a spingere per entrare nel settore Z, quello di fianco al loro. Lì c’erano alcuni tifosi della Juventus che non facevano parte di alcuna tifoseria organizzata, a differenza di quanto credevano gli hooligans.

Spaventati, i tifosi del settore Z cercarono di scappare verso il campo, ma le autorità belghe li fermarono. Cominciarono quindi ad ammassarsi sul muro opposto al settore dei tifosi del Liverpool, che però a un certo punto crollò, anche a causa delle pessime condizioni dello stadio. Morirono 39 persone, schiacciate dal muro, asfissiate o calpestate dalle tantissime in fuga con loro. Altre 600 persone furono ferite.

Per evitare ulteriori disordini la UEFA e le autorità locali decisero di far giocare lo stesso la partita, che iniziò alle 21:40.

Proprio il fatto che la partita si giocò lo stesso fu oggetto di numerose critiche fin da subito, anche da parte delle stesse società coinvolte. La decisione causò anche un certo imbarazzo nelle emittenti internazionali, alcune delle quali decisero di non trasmettere nemmeno la partita. La televisione austriaca, invece, la trasmise con la scritta: "Questa che trasmettiamo non è una manifestazione sportiva, ma una trasmissione volta a evitare massacri". Mentre sugli spalti iniziavano scontri tra i tifosi, la partita iniziò come se non fosse successo nulla. Quando il calciatore della Juventus Michel Platini segnò il gol dell’1-0 festeggiò con un’esultanza plateale e quando la Juventus vinse la partita i festeggiamenti continuarono quasi allo stesso modo. Nonostante la Juventus avesse appena vinto la sua prima Coppa dei Campioni, il trofeo più ambito da ogni squadra di calcio europea, quelle celebrazioni sembrarono molto fuori luogo. Anche i tifosi della Juventus presenti allo stadio in altri settori festeggiarono, ma molti di loro non avevano piena coscienza della strage, perché non erano stati informati nel dettaglio di cosa fosse successo; i calciatori invece, raccontarono in seguito, sapevano che probabilmente c’erano stati dei morti, anche se non tutti avevano compreso la gravità della situazione. Bruno Pizzul, il telecronista che commentò la partita per la Rai, espresse grande disagio durante la telecronaca proprio per il suo esplicito tentativo di commentare contemporaneamente la strage e la storica vittoria della Juventus.

Insomma, il modo in cui la Juventus festeggiò la Coppa rese molto problematica la gestione della memoria dell’evento. Anche se la società fece costruire nella propria sede un piccolo monumento in onore delle vittime, qualche giornale e i familiari delle vittime accusarono più volte la Juventus di promuovere raramente delle iniziative in memoria della strage.

In effetti, il primo momento in cui la Juventus fece davvero i conti con la memoria della strage dell’Heysel arrivò solo nel 2005, quando dovette giocare nuovamente contro il Liverpool in Champions League, questa volta ai quarti di finale.

Durante la partita di andata, che si giocò in Inghilterra, le due squadre presentarono una nuova placca in memoria della strage, ma il resto della commemorazione non fu gestito benissimo. Prima del calcio d’inizio per esempio ci doveva essere un minuto di silenzio sia per le vittime dell’Heysel che per papa Giovanni Paolo II, morto qualche giorno prima. Lo speaker italiano, però, sbagliò ad annunciare il minuto di silenzio e disse che era solo per il papa. I tifosi juventini, che si erano già scontrati con quelli del Liverpool prima della partita, durante il minuto di silenzio voltarono le spalle al campo e fecero il dito medio in direzione degli avversari.

Prima della partita di ritorno, invece, vi fu un momento molto significativo, perché per la prima volta la Juventus organizzò un incontro ufficiale con i membri dell’Associazione Familiari Vittime Heysel, fondata nel 1985 da Otello Lorentini, padre di una delle vittime.

Eppure secondo la stessa Associazione la Juventus iniziò a ricordare attivamente la strage solo dal 2010, quando Andrea Agnelli divenne presidente della squadra. Per esempio, nel 2011 la Juventus dedicò una parte dello Juventus Stadium, il suo nuovo stadio inaugurato nel 2011, proprio alle 39 vittime dell’Heysel.

L’Associazione ritiene comunque che in questi anni l’impegno della Juventus non sia stato abbastanza. Secondo il presidente Andrea Lorentini (il nipote di Otello), dal 2010 sono state celebrate soltanto due messe in memoria delle vittime dell’Heysel; sempre a Torino, viene celebrata una messa ogni anno per l’incidente di Superga del 1949, in cui l’aereo che trasportava la squadra di calcio del Torino, la migliore in Italia in quegli anni, si schiantò contro il bastione della Basilica di Superga.

Per il Liverpool fare i conti con la memoria dell’Heysel fu ancor più complicato, dato che furono proprio dei tifosi del Liverpool a causare la strage (dodici di loro furono condannati a quattro o cinque anni di carcere). Quattro anni dopo, poi, un’altra strage - quella dello stadio Hillsborough a Sheffield, dove morirono 96 tifosi del Liverpool - oscurò la memoria dell’Heysel, evidentemente molto più complicata da gestire.

Anche per la squadra inglese il 2005 fu un’occasione per iniziare a gestire diversamente la memoria dell’Heysel. Una parte dei tifosi del Liverpool cercò di chiedere scusa a quelli della Juventus con striscioni con scritto "amicizia" e un hooligan che si trovava all’Heysel nel 1985 andò a Torino a chiedere pubblicamente scusa ai familiari delle vittime.

Fino a oggi, però, a Liverpool erano state realizzate solo due piccole targhe in memoria dell’Heysel, poco visibili per via della loro posizione e decisamente più modeste rispetto al monumento dedicato alla tragedia di Hillsborough. Il nuovo memoriale, voluto soprattutto dai tifosi del Liverpool, è invece un’opera imponente, alta più di due metri. Il nuovo memoriale della Juventus, inaugurato quest’anno alla Continassa (il centro sportivo della squadra), è una pedana a forma di elica lunga 65 metri e alta tre.

Fonte: Ilpost.it © 29 maggio 2025

 

 

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Strage dell’Heysel, quarant’anni fa la tragedia

di Francesco Marinari

Il ricordo di uno dei momenti più bui per il calcio italiano durante la finale di Coppa dei Campioni a Bruxelles tra Juventus e Liverpool: i gravi disordini provocati dai tifosi inglesi portarono alla morte di trentanove tifosi bianconeri.

Firenze, 29 maggio 2025 - Quarant’anni fa, la tragedia, il lutto e il dolore. Era il 29 maggio 1985. La strage dell’Heysel viene ricordata oggi anche in Toscana. Il ricordo è ancora oggi impresso. Fu uno dei momenti più bui per il calcio italiano. Trentanove tifosi morirono. Trentadue erano italiani. Tra loro anche molti toscani. Erano lì per la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Una festa dello sport, un momento importante per il calcio europeo che si trasformò in lutto e tragedia.

A causa dei gravi disordini provocati dai tifosi del Liverpool che portarono gli juventini a schiacciarsi contro una delle tribune in cui erano sistemati, il settore Z dello stadio Heysel di Bruxelles. Le conseguenze furono tragiche e furono dovute anche al crollo di una parte della tribuna stessa, che non resse il peso delle tante persone che si erano lì assiepate per fuggire ai tifosi inglesi. Quarant’anni dopo resta il lutto per tante famiglie. Ferite profonde, mai dimenticate anche in Toscana. Terra di tanti tifosi bianconeri, che allora come oggi partono per le trasferte di coppa in giro per l’Europa.

Cinque furono le vittime toscane allo stadio Heysel. Bruno Balli (di Prato), Giuseppina Giusy Conti, 17 anni e Roberto Lorentini di Arezzo; Giancarlo Gonnelli di Ponsacco; Giovacchino Landini di Capannori. Morirono tutti nella calca, in quei momenti drammatici. Era il tardo pomeriggio, prima della partita che si sarebbe giocata alle 20.15. Il caos di quelle ore fu totale. Quarant'anni fa, ma sembra passato un secolo. Non c'era internet, non c'erano le informazioni in tempo reale, non c'era whatsapp. Poche persone si resero conto di cosa davvero era successo. Si vedevano i disordini, la televisione mandò in onda in diretta gli incidenti. Ma solo a sera si capì la reale dimensione della tragedia.

Tante storie che si intrecciano. Di chi riuscì a tornare a casa ma poté chiamare i suoi familiari solo a notte inoltrata o il giorno dopo. E di chi non ce la fece. Come il medico Roberto Lorentini di Arezzo. Era già salvo, era riuscito a uscire dalla calca. Ma vide un bambino in difficoltà, (Andrea Casula, sardo, che poi morì anch'esso) e tornò verso i disordini per essere poi di nuovo travolto. Morì così. Era un medico aretino di 31 anni, sposato e padre di due figli piccoli. Il padre di Roberto, Otello, fu colui che fondò l'associazione dei familiari delle vittime dell'Heysel. Tra le vittime toscane anche la diciassettenne Giusy Conti. Anche lei di Arezzo. Aveva una grande passione per lo sport. Andò all'Heysel coi suoi familiari. Morì nella calca. Voleva soltanto vedere la sua Juventus e tifare. In suo ricordo è stato scritto un libro, "La ragazza dai pantaloni verdi", di Luca Serafini.

Fonte: Lanazione.it © 29 maggio 2025

 

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Calcio, quarant’anni fa la tragedia dell’Heysel

Tardelli a La Stampa: "Una coppa che non sento mia".

Roma, 29 mag. (askanews) - Sono passati esattamente quarant’anni dalla tragedia dello stadio Heysel di Bruxelles, quando il 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, persero la vita 39 persone, in gran parte tifosi italiani, e oltre 600 rimasero ferite. Una delle pagine più nere della storia del calcio europeo e mondiale, che oggi viene ricordata con dolore e riflessione.

Marco Tardelli, ex centrocampista della Juventus e campione del mondo con l’Italia nel 1982, ha voluto condividere la propria memoria di quel giorno, in una intervista a La Stampa: "Non avrei voglia di parlarne, è stata una sconfitta collettiva", ha dichiarato Tardelli.

L’ex calciatore ha sottolineato quanto ancora oggi quella tragedia pesi sulle coscienze di chi c’era: "La partita non fu vera, non andava giocata. Nessuno ci aveva informato. Avevamo percepito qualcosa ma ci dissero si gioca per ragioni di sicurezza. Ci avevano parlato di tafferugli ma non potevamo immaginare. Le esultanze ? Eravamo inconsapevoli".

Lo stadio Heysel, oggi ristrutturato e rinominato stadio Re Baldovino, è diventato simbolo di memoria e monito contro la violenza negli stadi. La UEFA, le federazioni calcistiche e le società continuano a promuovere messaggi di pace, tolleranza e rispetto anche alla luce di quanto accadde quella sera.

Per Tardelli, l’eredità di quella tragedia è ancora viva: "Ho detto di non sentire mia quella coppa e lo ripeto. Non mi ha dato gioia ma rabbia e sofferenza"

In occasione dell’anniversario, la Juventus ha organizzato una cerimonia commemorativa presso l’Allianz Stadium, alla presenza dei familiari delle vittime, dei dirigenti del club e delle istituzioni sportive. Anche il Liverpool ha espresso la propria vicinanza, rinnovando il messaggio di cordoglio e unità tra i due club.

L’eco dell’Heysel resta viva in ogni iniziativa contro l’odio negli stadi. Il ricordo di quelle 39 vittime è oggi più che mai un richiamo alla responsabilità collettiva del mondo sportivo e dei tifosi.

Fonte: Askanews.it © 29 maggio 2025

 

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I testimoni della tragedia dell'Heysel: "Da una festa si trasformò in tragedia"

di Viviana Minervini

A 40 anni dalla finale di Coppa dei Campioni dove persero la vita 39 persone chi era presente allo stadio di Bruxelles ricorda quei tragici momenti.

AGI - "Il 29 maggio è il mio secondo compleanno. Da quarant'anni vivo con il pensiero che tra quelle 39 vittime ci sarei potuto essere anch'io". Così, con la voce incrinata dall'emozione, Raffaele Picciotti, docente di Bitonto e testimone della strage dell'Heysel, apre uno squarcio su una delle ferite più profonde della storia sportiva e civile del nostro Paese.

Quarant'anni fa, a Bruxelles, allo stadio Heysel, la Coppa dei Campioni si trasformò in un requiem. Juventus-Liverpool doveva essere una festa, si rivelò un massacro. Trentadue italiani persero la vita tra i trentanove che non fecero più ritorno a casa. Oltre seicento furono i feriti. Migliaia, invece, gli occhi che videro troppo e non dimenticarono più. Era il 29 maggio 1985.

L'Europa si accendeva di attese, ma si spense nella polvere e nel sangue. Il muro dello stadio, opposto al settore degli hooligans inglesi, cedette sotto la pressione della folla in fuga, provocata dall'assalto dei tifosi Reds. Tra i sopravvissuti, la memoria è ancora viva, lucida, tremante.

Gaetano Conte, tarantino, quel giorno portava con se' due amici - che oggi non ci sono più - e un ragazzo disabile, affidatogli dal Comune. Doveva essere una trasferta di passione, diventò un'odissea.

"Avevamo i biglietti per la gradinata, ma fummo dirottati in curva, accanto agli hooligans, visibilmente ubriachi. Urlavano, minacciavano. Tra noi e loro, una rete fatiscente. Sentii che qualcosa sarebbe accaduto: misi in salvo il ragazzo, i miei amici, poi crollai. Penso di essere stato morto per due o tre minuti, prima di risvegliarmi vicino alla porta del portiere". Anche Picciotti era lì, in viaggio di nozze, appena sposato il 18 maggio. Una tappa in Belgio, poi la Francia. Juventus in finale, impossibile resistere.

"Ci organizzammo con amici bergamaschi. L'atmosfera la mattina era da sogno: scambi di sciarpe, di maglie, abbracci tra tifosi. Poi l'inferno. Lo stadio sembrava un campo dilettantistico: niente gradini, controlli strettissimi da un lato, birra a fiumi dall'altro. Ma fummo fortunati: finimmo in un settore tranquillo. Fu un tifoso di Pisa, lacero e terrorizzato, a raccontarci la verità: 'Di là ci sono morti'". Il tempo, da allora, per Picciotti ha cambiato senso. "Ogni anno, in questo giorno, sento di essere nato una seconda volta".

Dino Morrone, altro bitontino, faticava a ricordare. Ma poi trova la forza e la restituisce in parole: "La finale, l'adrenalina, tutto si dissolse nel caos. Spesso, con i miei amici, ci diciamo: 'Potevamo essere noi nella lista': Ma io ho voluto superare quella tragedia. Ho continuato ad andare allo stadio: la Juve, certo, ma anche il Bari, in Serie A. Dentro, però, le vittime dell'Heysel non le ho mai dimenticate. Mai".

Non hanno più potuto raccontare, invece, Alberto Guarini e Benito Pistolato. Alberto aveva 20 anni, era uno studente universitario di odontoiatria a Bari. Oggi, a Mesagne, lo stadio porta il suo nome. Benito, commerciante barese di 49 anni, partì lasciando la moglie e tre figli. Non tornò mai più.

Quel giorno, all'Heysel, c'erano 58.000 spettatori. Tanti pugliesi, arrivati da ogni angolo del Tacco d'Italia, accomunati dal sogno di vedere la loro squadra del cuore sul tetto d'Europa. Il destino, però, li accolse con il fragore di un muro che crolla e il silenzio eterno che solo la morte sa fare.

A distanza di quarant'anni, l'eco di quella tragedia ancora risuona tra le pieghe della memoria. Il tempo ha il compito di lenire, ma non di cancellare. E il calcio, che dovrebbe unire, ha il dovere di ricordare. Perché dietro ogni striscione, dietro ogni coro, ci sono volti, nomi, storie. Ci sono vite. E c'è una promessa che ogni testimone sopravvissuto rinnova ogni 29 maggio: non dimenticare.

Fonte: Agi.it © 29 maggio 2025

 

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A 40 anni dalla tragedia dell'Heysel, il giorno che ha cambiato per sempre il calcio

di Javier Escribano

l 29 maggio 1985 è uno dei giorni più bui della storia del calcio. Quella che doveva essere una festa si è trasformata in una delle peggiori tragedie in uno stadio di calcio, con 39 vittime e 600 feriti. Quello che seguì fu un divieto senza precedenti del calcio inglese da parte della UEFA e un punto di svolta contro il teppismo, anche se ci furono molti altri fallimenti in quel fatidico giorno di 40 anni fa. Liverpool e Juventus si sono recate a Bruxelles per giocare la finale di Coppa dei Campioni. I tifosi locali di ogni club sono stati posizionati su lati diversi dello stadio, per evitare conflitti. Tuttavia, la Sezione Z, situata proprio accanto agli ultras del Liverpool, separata solo da una recinzione, è stata lasciata come zona neutra, occupata principalmente dai tifosi della Juventus che avevano acquistato i biglietti. Un'ora prima del calcio d'inizio, gli hooligan del Liverpool hanno iniziato a lanciare oggetti contro i tifosi della Juventus nel blocco Z, e alcuni hanno iniziato a caricare verso di loro, lasciando i pochi agenti di polizia impotenti. Quando i tifosi della Juventus hanno cercato di scappare, sono stati schiacciati con il muro, intrappolandoli all'interno. Alla fine, i muri crollarono e decine di persone caddero, furono schiacciate dal cemento o da altre persone, soffocando a morte. Le autorità sono state sopraffatte, cercando di evitare uno scontro più ampio, impedendo ai tifosi della Juventus di assistere a tutto ciò dall'altra parte dello stadio.

PERCHÉ LA PARTITA NON È STATA ANNULLATA ? - Nonostante il gran numero di vittime (la maggior parte dei quali italiani), la partita si svolse dopo un certo ritardo. I funzionari della UEFA, le federazioni calcistiche inglesi, belghe e italiane e le forze dell'ordine hanno concordato che la partita avrebbe dovuto svolgersi per evitare incidenti più grandi, temendo che il numero delle vittime potesse essere molto più grande se gli oltre 60.000 tifosi dovessero essere portati fuori dallo stadio, con probabili risse tra i due tifosi. "Quello che ricordo di più sono le grida di dolore di quelle persone che stavano soffocando a morte e le grida di gioia dei tifosi che festeggiavano la vittoria della Juve, ignari della tragedia che si era appena consumata", ha detto l'ex commissario di polizia Roland Vanreusel a RFI. La partita è terminata 1-0 per la Juventus, con un gol su rigore di Michel Platini, mentre le autorità stavano ancora curando le ferite del blocco Z. "Il francese ha saltato di gioia anche se sapeva che c'erano stati dei morti. Questo mi ha allontanato dal calcio per tutta la vita".

LE ENORMI RIPERCUSSIONI DELLA TRAGEDIA DELL'HEYSEL - Molte cose sono andate storte quel giorno, a cominciare dai funzionari della sicurezza. Secondo Vanreusel, un comandante della gendarmeria era intervenuto all'ultimo minuto per sostituire l'ufficiale in carica, che si era ammalato. "Aveva piazzato solo 10 sventurati tra i sostenitori delle due parti, quando sarebbe stato necessario almeno un plotone di 30 uomini, come avevo fatto io nel settore sotto la mia responsabilità". Lo stadio Heysel non era chiaramente adatto ad ospitare una partita ad alto rischio come quella, con molte carenze strutturali che hanno causato il crollo del muro, che ha causato molti più morti. Secondo quanto riferito, l'ispezione ufficiale dello stadio prima della partita è durata solo trenta minuti e la UEFA ha ignorato le richieste di scegliere un altro stadio. Tuttavia, a differenza di altre tragedie negli stadi di calcio, come il disastro di Hillsborough quattro anni dopo, dove 97 persone morirono a causa della congestione della folla, gli incidenti dell'Heysel sono avvenuti a causa della violenza degli hooligans, e in particolare degli hooligan del Liverpool. Ciò ha portato la UEFA ad agire contro tutto il calcio inglese, bandendo tutte le squadre inglesi dalle competizioni UEFA per un periodo di tempo indeterminato, che alla fine è stato di cinque anni, e sei per il Liverpool. Mentre i rapporti iniziali attribuivano tutta la colpa ai tifosi del Liverpool, anche la polizia e le autorità sono state ritenute in parte responsabili, e al Belgio è stato infine vietato di ospitare le finali europee per dieci anni. Il disastro rese anche più severa la lotta contro il teppismo e Margaret Thatcher chiese pene detentive più severe per i tifosi di calcio violenti. Furono messe in atto ulteriori misure di sicurezza per evitare gli ultras, ma profondi cambiamenti strutturali negli stadi non ebbero effetto in Inghilterra fino a dopo il disastro di Hillsborough nel 1989, dove 97 persone morirono in una calca.

Fonte: Msn.com © 29 maggio 2025

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Heysel, 40 anni dopo: il ricordo di una tragedia che ha segnato il calcio e la storia

di Maria Tortora

Oggi, 29 Maggio 2025, ricorre un anniversario che per molti non è solo una data sul calendario, ma una cicatrice profonda nella memoria collettiva: sono trascorsi quarant’anni dalla tragedia dell’Heysel. La sera del 29 Maggio 1985, lo Stadio Heysel di Bruxelles avrebbe dovuto essere il teatro della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, un evento sportivo attesissimo che si trasformò invece in uno dei capitoli più oscuri della storia del calcio e non solo. Quarant’anni dopo, è doveroso fermarsi a riflettere su quanto accadde. Prima ancora del fischio d’inizio, la tensione tra le tifoserie degenerò in violenza. Nel settore Z, destinato ai tifosi juventini e adiacente a quello dei sostenitori inglesi, la pressione esercitata dalla folla del Liverpool portò al cedimento di un muro di contenimento. Il bilancio fu agghiacciante: 39 vittime, di cui 32 italiani, e oltre 600 feriti. Un numero che non può essere ridotto a semplice statistica, ma che rappresenta vite spezzate, famiglie distrutte, sogni infranti. La partita, in un’atmosfera surreale e su decisione delle autorità per evitare ulteriori disordini, fu giocata lo stesso, vinta dalla Juventus per 1-0. Ma il risultato sportivo non ebbe alcun significato di fronte all’orrore consumatosi. Quella coppa, per molti, non fu mai festeggiata, macchiata dal sangue innocente. L’Heysel non fu solo una tragedia legata alla violenza ultras, ma un evento che mise a nudo gravi carenze organizzative e di sicurezza. Le indagini che seguirono rivelarono responsabilità a vari livelli, dalla UEFA alle forze dell’ordine belghe, evidenziando una sottovalutazione del rischio e una gestione inadeguata della situazione. Quarant’anni sono un lasso di tempo significativo, sufficiente per permettere una riflessione più distaccata ma al tempo stesso per non dimenticare. La memoria dell’Heysel è un monito costante. È un richiamo alla responsabilità di tutti coloro che gravitano attorno al mondo del calcio: dalle istituzioni alle società, dai tifosi alle forze dell’ordine. È un invito a promuovere la cultura del rispetto, della sportività e della sicurezza, affinché eventi del genere non si ripetano mai più. L’Heysel ci ricorda che la vigilanza deve essere costante, e che la memoria delle vittime deve essere onorata non solo con il ricordo, ma con azioni concrete volte a garantire che lo sport rimanga un luogo di aggregazione e passione, libero da ogni forma di violenza. Oggi, il pensiero va alle 39 vittime, ai loro familiari, e a tutti coloro che portano ancora nel cuore il dolore e il trauma di quella tragica sera. L’Heysel non è solo una data nel passato, ma una lezione per il futuro, un’eco che continua a risuonare, invitandoci a non dimenticare mai il valore della vita umana al di sopra di qualsiasi risultato sportivo.

Fonte: Terremarsicane.it © 29 maggio 2025

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Quarant'anni fa la strage dell'Heysel, il ricordo

dell'associazione "Insieme per Avellino e l'Irpinia"

"Insieme per Avellino e l'Irpinia": "La scultura all'interno dello stadio Partenio-Lombardi, memoria della tragedia, è un monumento simbolo di come si possa perdere la vita per una partita di calcio".

L'associazione "Insieme per Avellino e l'Irpinia" vuol ricordare la strage dell'Heysel in Belgio di 40 anni fa, quando diversi tifosi morirono nella calca causata dagli hooligans durante la finale di Coppa Campioni Juventus-Liverpool. Probabilmente non tutti sanno che a memoria di quella tragedia c'è una scultura all'interno dello stadio Partenio-Lombardi di Avellino fatta dagli artisti Spiniello e Luongo. Quello che si chiede è di preservare l'opera da eventuali lavori di demolizione dello stadio di c.da Zoccolari perché è un monumento simbolo, di come si possa perdere la vita per una partita di calcio quando deve essere vissuta come un divertimento. Inoltre dopo tutte queste settimane di discussioni sullo stadio, non possiamo non dire la nostra: per come è attualmente la città, con l'ospedale Moscati poco distante, è impensabile che possa in futuro ospitare le partite dell'Avellino specialmente se dovesse raggiungere quanto prima la massima serie. Siamo per la delocalizzazione, possibilmente in zona Pianodardine, non distante dalla stazione ferroviaria che speriamo quanto prima possa aprire alla circolazione dei treni con il completamento dell'elettrificazione, e con la vicinanza del casello autostradale Avellino Est; lì si potrebbe realizzare una cittadella dello sport lontana dal congestionamento del traffico cittadino. Che lo stesso Partenio Lombardi rimanga di pubblica utilità e che venga affidato con regolare canone sia all'US Avellino per allenamenti/amichevoli, che a società sportive dilettantistiche che volessero farne uso.

Fonte: Avellinotoday.it © 29 maggio 2025

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La verità dell’Heysel

Per eliminare i finti resoconti di chi non c’era quella maledetta sera.

di Italo Cucci

Egregio Dottor Italo, Le scrivo sia per gli Invincibili della Collina, sia per le Povere Vittime dell’Heysel, con quel sublime raggio di tenace coraggio colto in "Appuntamento a Liverpool". Son già passati 40 anni, da quella finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. All’Heysel lasciarono il Mondo i Supporter colti dai Reds violenti nella Curva Z, si capovolgeva - rispetto ai caduti di Superga - il lotto dei perduti in Belgio sugli spalti. Mi avvicinai a quella finale dell’Heysel come sempre. Sperando in un’autorete dei "pigiami" al 121’. Accesi la TV, e... E Bruno Pizzul, il Poeta che cavalcava l’onda personale dei cari luoghi comuni, come "tutto molto bello", o "rinvio alla viva il parroco", aveva la voce flebile come solo Sandro Ciotti. Dio si era tolto la maglia, se mai fosse tra quegli spalti. Loro, Juventus e Liverpool, mandarono i Loro Agenti Peculiari, Gaetano Scirea e Neal, a spegnere il buio sulla luce, no, non fu una partita. Nessuno può dire che la Juventus vinse quella Coppa dei Campioni con un rigore di Platini. Non è il mio, uno spirito di parte. Ma quella gara fu disputata per motivi di ordine pubblico, fu una macabra sceneggiata. Quei 39 Poveri Angeli sono ancora, lo saranno sempre, i brividi interiori di una notte assurda. Giorgio Rossi, il Grande Giorgio, mi disse, con le lacrime e gli occhi granata. "Sì, anche quei 39 sono su una Nostra Collina". Marco Schizzo Tardelli era alla Domenica Sportiva come ospite, quel maledetto 3 settembre 1989. L’Angelo con il neo sulla guancia era stato richiamato, a soli 36 anni. Per motivi di Cielo Stellato, Gaetano Scirea cadde in Polonia, alle 12.50. Il pensiero, l’ultimo, per raggiungere quei 39 Angeli in attesa. A Loro, in un angolo del Paradiso, Gaetano Scirea aveva fatto palpitare il Cuore. Alviero Bartocci,

Torino - Alviero grazie. Grazie perché lei è uno dei pochi - lettori o giornalisti - che ha capito perché si giocò quella partita maledetta. Forse perché mi ha letto, forse perché ha semplicemente usato l’intelligenza. Quella sera io non fui solo cronista. In cerca della verità misi insieme tanti dettagli che i tardi gendarmi belgi (d’allora capisco perché l’Europa "belga" non funziona) non trovarono mai. Trovai i morti che avevano ammucchiato in un cortiletto, quasi per nasconderli; trovai un collega amico di Pier Cesare Baretti che mi disse "si giocherà per salvare la vita ai disgraziati di Liverpool, sennò gli juventini quando scoprono cos’è successo li massacrano". Mi prestai a inviare messaggi per conto di tifosi che mi conoscevano e mi davano il numero di casa: "Di alla mia mamma che sono vivo". Ho seguito il documentario di Raidue e ho applaudito Nesti che ha fatto la stessa cosa, l’interprete dei tifosi presso le loro famiglie e ha anche da bravo ex del Guerino - mandato a quel paese quelli che non c’erano, quella notte maledetta, e invece predicano strane indegne verità sicuri che non vi siano più testimoni diretti, se non televisivi, e per l’occasione posso dire che solo la radio lavorò benissimo. E io ci sono ancora e domani a San Patrignano ricorderò quel tifoso dei Reds che ospitammo e premiammo a Rimini perché all’Heysel aveva salvato un tifoso bianconero sul muro della Curva Z. Vittorio V. aveva perso il padre, lo ritrovò riverso a terra, come morto. Ma lo aveva salvato un tifoso del Liverpool, Jeff Conrad, che gli aveva prestato i primi soccorsi e poi era sparito tra la folla.

CINEMA - Il film "Appuntamento a Liverpool" che lei ricorda lo conosco bene. Venne a casa mia, spedito dal produttore Claudio Bonivento, il regista Marco Tullio Giordana che mi fece rivivere quella tragica notte. Fatto il film Giordana si dimenticò di citare la mia collaborazione. Immagino per non pagarmi. Succede. È successo spesso. Per fortuna non colleziono Amarcord per venderli, ma per continuare a difendere la dignità di un tipo di giornalismo ormai passato di moda.

Fonte: Corriere dello Sport © 30 maggio 2025

 

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"Non si può morire per una partita": Heysel, il dolore che non passa

di Alessandro Pedrini

L’Heysel non fu una tragica fatalità. Fu il frutto di incuria, superficialità e irresponsabilità a ogni livello. Oggi, ricordare l’Heysel non è solo un atto di pietà. È un dovere civile.

30 maggio 1985. Ho visto mio padre piangere due volte nella sua vita. La prima quando è morta sua madre. La seconda, quella mattina di fine maggio, mentre leggeva il Corriere della Sera al tavolo della cucina. Avevo otto anni. Mi prese in braccio, mi strinse forte. "Non si può morire per una partita di calcio!", sussurrò con la voce spezzata. Gli occhi vitrei, lo sguardo altrove. Aveva appena letto il nome di un suo ex compagno di liceo, tra i 39 morti della sera precedente, allo stadio Heysel di Bruxelles. Quel momento – l’abbraccio, il dolore, la rabbia muta di un uomo cresciuto con il mito del calcio romantico – è rimasto inciso nella mia memoria come una fotografia. Quarant’anni dopo, sembra ieri.

UNA FINALE TRASFORMATA IN TRAGEDIA - Il 29 maggio 1985 si giocava la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool, due delle squadre più titolate d’Europa. Doveva essere una festa del calcio. Si trasformò in un incubo. Allo stadio Heysel – struttura già allora obsoleta, con muri di contenimento fragili e settori mal divisi – migliaia di tifosi si accalcarono, tra tensione, improvvisazione e disorganizzazione totale. Il settore Z, che avrebbe dovuto ospitare tifosi neutrali, finì per contenere centinaia di juventini, circondati da tifosi inglesi, molti dei quali violenti e alterati dall’alcol. Poco prima del fischio d’inizio, un gruppo di hooligan del Liverpool sfondò le barriere e assaltò il settore Z. La folla italiana, terrorizzata, cercò scampo schiacciandosi verso un muro pericolante, che crollò. Trentanove morti, la maggior parte italiani. Centinaia di feriti. Tutto prima che la partita iniziasse. Ma la partita si giocò ugualmente, nel tentativo disperato delle autorità di evitare un’ulteriore esplosione di violenza. Vinse la Juventus. Ma quella coppa, ancora oggi, pesa come una croce.

LE RESPONSABILITÀ DI UNA STRAGE ANNUNCIATA - L’Heysel non fu una tragica fatalità. Fu il frutto di incuria, superficialità e irresponsabilità a ogni livello: da parte della UEFA, che scelse uno stadio indegno per una finale europea; della polizia belga, impreparata e assente nei momenti decisivi; delle tifoserie violente, in particolare gli hooligan inglesi, mai realmente arginati. I processi non resero mai giustizia pienamente ai morti. Alcuni tifosi inglesi furono condannati per omicidio colposo. Ma le ferite rimasero, spesso ignorate. In Italia, la memoria dell’Heysel è stata a lungo rimosso o scomoda, forse perché disturbava il racconto epico di una vittoria.

I NOMI, NON I NUMERI - Oggi, a distanza di quarant’anni, ricordiamo non solo la tragedia, ma le vite spezzate. Erano padri, figli, fratelli, amici. Tra loro Giancarlo, l’ex compagno di liceo di mio padre. C’era anche Andrea Casula, 11 anni, il più giovane. E tanti altri, uniti da una stessa passione, quella per la Juve e per il calcio. Ma non si può morire di calcio. Non si può uscire di casa per una partita e non tornare più. Non si può accettare che la violenza, l’incompetenza e l’avidità prendano il sopravvento sullo sport e sull’umanità.

IN MEMORIA, PER DAVVERO - Oggi, ricordare l’Heysel non è solo un atto di pietà. È un dovere civile. È dire ai più giovani che lo sport non vale una vita umana. È chiedere ai dirigenti, alle istituzioni, ai media, di non voltarsi mai più dall’altra parte. È dire, con le parole di mio padre: "Non si può morire per una partita di calcio". Mai più.

Fonte: Affaritaliani.it © 30 maggio 2025

 

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Quaranta anni fa la strage dell’Heysel, la vergogna del calcio

ANSA - Quella notte all’Heysel Juventus-Liverpool "si doveva giocare altrimenti ci sarebbero stati oltre mille morti". Una tragedia, una strage che ha segnato non solo il calcio italiano ma anche quello mondiale, in maniera indelebile. Sono passati 40 anni da quel maledetto 29 maggio nel fatiscente stadio di Bruxelles, e anche se ricordare "fa ancora male", come dice "Le Roi" Platini, dimenticare è impossibile. Ci sono state altre tragedie, nel calcio mondiale, anche con bilanci più tragici, ma nessuna come l’Heysel è così evocativa. Non solo per l’importanza dell’appuntamento e per il peso delle protagoniste in campo, ma per l’assurdità della dinamica, l’impatto devastante delle immagini tv, il bando per 5 anni delle squadre inglesi dall’Europa su proposta di Londra e le draconiane misure della Thatcher contro la piaga degli hooligans. La vergogna del calcio. Doveva essere un’occasione di festa, come ogni finale di Coppa dei Campioni, si trasformò in un dramma, con la morte di trentanove persone (di cui 32 italiane, rimasero feriti in oltre 600) e poi le infinite polemiche per la partita giocata, e poi vinta dalla Juve con un rigore di Platini. Ma sulle accuse, è pressoché univoco il ricordo e l’opinione di chi c’era, in campo, come Massimo Briaschi. "I colpevoli ? L’Uefa - si dice certo l’ex attaccante Juve - che scelse uno stadio inadatto e gli hooligan" che furono banditi dal calcio e a cui fu attribuita ogni responsabilità da parte del processo penale. Il disastro si consumò circa un’ora prima del match quando gli hooligans, ovvero i tifosi inglesi più accesi e violenti, cominciarono a spingersi verso il settore Z, dove erano posizionati molti tifosi juventini organizzatisi autonomamente. Lo fecero a ondate, cercando il take an end ("prendi la curva") e sfondando le reti divisorie. Un’azione criminale che portò al crollo di un muro per la grande calca che venne a crearsi e la morte di tante persone rimaste schiacciate e calpestate dalla folla che cercava una via d’uscita.

Una tragedia ricordata a 40 anni di distanza da chi quella partita maledetta l’ha dovuta giocare come Briaschi, uno dei 22 scesi in campo in quella tragica serata del 29 maggio 1985: "mi ricordo tutto perfettamente come fosse oggi - racconta all’Ansa - tutto quello che è successo. Un ricordo che non finirà mai, assolutamente no. Un ricordo che ti resta dentro per sempre. Perché si giocò ? Sulla partita avevamo notizie frammentarie, passavano persone che dicevano che c’era un morto e che si stavano menando. La verità dei 39 morti l’abbiamo saputa in hotel dopo la partita. Che per fortuna è stata giocata: altrimenti ci sarebbero stati più di mille morti. La situazione non era sotto controllo. Abbiamo giocato in uno stadio che non poteva avere una finale di Coppa dei Campioni - aggiunge l’ex attaccante bianconero oggi procuratore di giovani promesse del calcio - Già al mattino c’erano stati chiari segnali: gli hooligans sono arrivati allo stadio in condizioni vergognose, li avevamo visti in citta bere casse di birra. Le polemiche per la festa a fine partita ? Ce lo disse l’Uefa di andare sotto la curva per non peggiorare la situazione. Le colpe ? L’organizzazione e uno stadio non adatto ad una partita di quel tipo. Fu un’esperienza - conclude Briaschi - traumatica, sono cose che a vent’anni ti possono stravolgere la vita. Una tragedia che va ricordata affinché non accada mai più". Tra gli undici in campo c’era anche Platini: "Sono brutti ricordi - afferma l’ex numero 10 bianconero che in quella finale realizzò il rigore della vittoria contro il Liverpool - non ne parlo volentieri. Mi ha fatto davvero male pensare alle persone che erano venute per vederci e poi non sono tornate". La memoria, invece, torna sempre a quel maledetto 29 maggio. Fonte: Altovicentinonline.it © 11 luglio 2025

 

A Veroli tra medaglie, passioni e tragedie

di Roberto Mercaldo

Tutti in piscina con Ambra Migliori e “Massi” Rosolino poi la folle notte dell’Heysel raccontata da chi c’era.

Un inizio coi fiocchi. Non intendetelo in senso letterale, perché la neve in luglio sarebbe troppo anche per il Festival dello Sport Raccontato, che martedì sera ha avuto il suo battesimo di fuoco (ecco, così è più congruo) nella consueta cornice di Santa Salome, in Veroli. Per la serata d’esordio gli organizzatori di questo ormai tradizionale appuntamento estivo con lo sport, la cultura e le mille suggestioni che dallo sport scaturiscono hanno allestito un parterre de roi… (NdR: Omissis) Usciti... dalla piscina, ecco il calcio, con tre ospiti di grande rilievo. I giornalisti Massimo Zampini e Emilio Targia e l’ex stopper, ora dirigente della Juventus, Sergio Brio, hanno infatti parlato della notte maledetta dell’Heysel. Emilio Targia è l’autore del libro “Quella notte all’Heysel”. L’intento della sua pubblicazione e di tanti suoi interventi televisivi è quello di ricostruire la verità, di riportare finalmente una narrazione corretta e non distorta da tifo, esasperazioni, connivenze, equivoci. Lui quella notte era lì. All’epoca era solo un giovanissimo tifoso bianconero e solo per caso aveva ottenuto un biglietto di un settore differente, perché originariamente si era procurato proprio un tagliando del famigerato settore Z, quello che fu vittima della furia omicida degli hooligans. Quanta approssimazione criminale e quanta superficialità in quella notte maledetta ! Nessuna precauzione per evitare che accadesse quel dramma di proporzioni inimmaginabili. La gendarmeria depauperata, perché dopo le grandi attenzioni e il grande dispiegamento di forze per la visita di Wojtyla, gran parte del personale fu mandato in ferie, come se una finale di Coppa Campioni con una tifoseria notoriamente violenta e turbolenta fosse uno spettacolo teatrale di tutto riposo. E nel volgere di pochi minuti quella che doveva essere una festa si trasformò in una strage. Zampini ha posto domande a Targia e anche a Sergio Brio, che ha raccontato quella sera vista dalla parte dei calciatori, che per tutta la gara ignorarono la portata di quella carneficina e che furono costretti a giocare dall’Uefa, per evitare che si verificassero ulteriori disordini e si scatenasse una caccia all’inglese. Una pagina di dolore, una ferita aperta che sanguina ancor più quando altre tifoserie la trasformano in uno slogan anti-bianconero, perché all’imbecillità, come al dolore, davvero non c’è limite. Fonte: Ciociariaoggi.it © 17 luglio 2025

 

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Chiesa gol, la curva Liverpool insulta la Juve: il coro che imbarazza tutti

Un "vaffa" è poca cosa, ma la provenienza cambia tutto perché quella ferita di quarant'anni fa non si è mai rimarginata.

Suona più o meno così: "Li sentiamo piangere a Torino. Federico, è venuto per vincere. Due parole con Arne Slot e ha detto ciao, vaffanculo Juve, sono uno della Kop adesso". È il nuovo coro della curva del Liverpool (la Kop, appunto) e, quarant’anni dopo l’Heysel, suona stonato per molte orecchie. Comprese quelle di molti tifosi del Liverpool, come ha scritto The Athletic in un lungo articolo pubblicato lunedì, qualche giorno dopo il primo gol in Premier dello stesso Chiesa, reduce da una stagione non esattamente brillante, ma con la speranza di azzeccare la seconda. Ovviamente, il problema, qui, non è Chiesa, ma gli insulti della curva del Liverpool alla Juventus. Per carità, robetta in confronto alle infamie contenute nei canzonieri delle curve; un “vaffa” oggi è davvero poca cosa. Ma arriva da Liverpool e questo cambia tutto, perché quella ferita di quarant’anni fa non si è mai rimarginata. Tant’è che non tutti i tifosi del Liverpool sono a loro agio con quell’insulto alla Juventus.

CHI FURONO I VERI RESPONSABILI DELLA TRAGEDIA DELL'HEYSEL - Il che può portare a una riflessione. Quarant’anni dopo la tragedia dell’Heysel, la curva della Juventus, al 39’ di ogni partita, intona il coro “Odio Liverpool”, che è un modo per non dimenticare mai le vittime del 29 maggio 1985, ma finisce anche per tenere vivo un risentimento che, forse, quarant’anni dopo qualcuno elabora in altro modo. Chi conosce la storia dell’Heysel, sa benissimo che i veri responsabili di quel massacro sono le autorità belga e l’organizzazione di quella finale: commisero tutti gli errori che potevano commettere in una sequenza infernale di superficialità, incompetenza e stupidità. Perché se, in uno spicchio di una curva, ci sono i famigerati hooligan del Liverpool, noti ovunque per la loro violenza, separati da migliaia di spettatori “normali” con una rete posticcia, simile a quelle che delimitano i pollai, il problema è chi ha organizzato tutti più degli hooligan. Poi, certo, sono stati gli inglesi, pieni d’alcol (reperito con grande facilità a Bruxelles), a caricare gli spettatori che, spaventati, hanno rinculato in modo spaventoso, provocando la morte dei trentanove per schiacciamento, soffocamento o per il crollo del muretto del fatiscente stadio Re Baldovino (la cui scelta per la finale era stata un’altra grande idea dell’Uefa).

RABBIA, RISENTIMENTO E ODIO NON SERVONO A NULLA - Nel corso degli anni, Juventus e Liverpool, intese come società, hanno sempre cercato di non alimentare odio fra le due tifoserie (gli inglesi non sono mai mancati alle celebrazioni del 29 maggio), ma è inevitabilmente umano che quel ricordo sanguini ancora e che la ricerca di un colpevole in una vicenda così assurda possa produrre anche rabbia. Purtroppo, però, la rabbia, il risentimento, l’odio sono terreni pericolosamente fertili per altre potenziali tragedie. Ed è per questo che il coro del Liverpool mette a disagio chi, da entrambe le parti, ha provato la strada della riconciliazione, anche per onorare solo con l’amore il ricordo delle vittime del 1985. Insomma, anche se probabilmente molti di quelli che frequentano oggi la curva del Liverpool, dell’Heysel hanno solo sentito parlare, quel coro è sconveniente, perché non è necessario alimentare altra acrimonia. E dovrebbero saperlo bene proprio i tifosi del Liverpool, vittime, come quelli della Juventus, dell’infame destino di essere bersagliati dalla rozza idiozia delle altre tifoserie che inneggiano stupidamente alla tragedia di Hillsborough in cui persero la vita 96 tifosi del Liverpool.

Fonte: Tuttosport.com © 21 agosto 2025

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