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						Malines - Milan Protestano i familiari 
						delle vittime dell’Heysel   di Enrico Conti L'associazione delle famiglie 
						delle vittime allo stadio di Bruxelles è "indignata" per 
						la concessione da parte dell’Uefa dello stadio Heysel per 
						la partita di coppa dei Campioni tra Malines e Milan. L'associazione, 
						in una nota, denuncia all'opinione pubblica "l’assoluta 
						mancanza di sensibilità e di buon gusto dell'Uefa verso 
						la memoria dei morti e di rispetto verso le loro famiglie 
						proprio in concomitanza del quinto anniversario della tragedia". 
						Secondo il presidente dell’associazione, Otello Lorentini, 
						"appare sintomatico il fatto che la concessione dello stadio 
						avvenga nel momento in cui comincia il processo di appello 
						davanti al tribunale di Bruxelles che avrà luogo il 12 marzo 
						prossimo e che vede imputati l’Uefa e la Federazione calcio 
						belga". 14 febbraio 1990 Fonte: L'Unità 
							
							
							
							
							
							ARTICOLI STAMPA
							
							FEBBRAIO 
							1990  
							
							
							
							
							  
							
							Col Malines, a pochi giorni dall'appello per 
							la tragedia di 5 anni fa 
					
							Milan all'Heysel, c'è paura Mobilitati 1300 agenti, 
							stadio dimezzato. di Fabio Galvano BRUXELLES. DAL NOSTRO 
							CORRISPONDENTE - Per l'appuntamento calcistico di mercoledì 
							prossimo allo stadio dell'Heysel, che cade a una settimana 
							dal processo d'appello per la tragedia di cinque anni 
							fa, le autorità belghe non hanno lesinato le misure 
							di sicurezza. Il ricordo di quel 29 maggio e delle sue 
							39 vittime è ancora troppo vivo; e l'incontro di Coppa 
							dei Campioni fra Malines e Milan, prima ricomparsa di 
							una squadra italiana nello stadio della morte, viene 
							ufficialmente classificato come "match a rischio". Paradossalmente, 
							la decisione di giocare allo Heysel anziché allo stadio 
							del Malines risponde proprio a criteri di sicurezza. 
							Il piccolo impianto della città fiamminga, con i suoi 
							14 mila posti, "non è conforme alle norme di sicurezza 
							- ha spiegato Paul Courant, manager della squadra - 
							fissate per un incontro di questo calibro". All'Heysel, 
							allora, ma senza correre rischi. Limitando il numero 
							dei posti a 36.500 (contro i 60 mila disponibili). La 
							sera della partita 1300 agenti saranno di servizio: 
							allo stadio 600 poliziotti della città di Bruxelles, 
							sui convogli della metropolitana 50 agenti di altri 
							Comuni dell'agglomerato brussellese, mentre 650 gendarmi 
							(esclusi questa volta dallo stadio) saranno impiegati 
							per controllare l'arrivo e gli spostamenti delle tre 
							tifoserie. Già, perché ai fans belgi e italiani si affiancano 
							questa volta anche gli olandesi, attratti dalla presenza 
							in campo di mezza nazionale dei tulipani (Rijkaard e 
							Van Basten nelle file del Milan, Bosman, Rutjes ed Erwin 
							Koeman in quelle del Malines; e non c'è Gullit). Attorno 
							allo stadio, per scortare i tifosi nell'ultima fase 
							del tragitto, ci saranno i gendarmi a cavallo. La prevendita 
							di tutti i biglietti dovrebbe assicurare una netta divisione 
							dei tifosi. Anche perché i 36.500 posti (per i due terzi 
							seduti) sono stati attribuiti soltanto su presentazione 
							di un documento d'identità. In teoria le forze dell'ordine 
							dovrebbero essere in grado di identificare ognuno dei 
							tifosi dal posto che occupa. Più di un terzo dei biglietti 
							sono per gli italiani, che occuperanno tre delle quattro 
							tribune Sud: 4500 distribuiti dal Milan e 9 mila venduti 
							agli italiani in Belgio. Altri tremila biglietti sono 
							stati venduti agli olandesi, che saranno sistemati accanto 
							agli italiani. I tifosi belgi, cui si aggiungono ben 
							quattromila inviti fatti dal Malines, saranno invece 
							nelle tribune Nord. Ma non basta: prima dell'ingresso 
							nello stadio tutti i tifosi saranno perquisiti. Allo 
							Heysel, infatti, saranno proibite tutte le possibili 
							armi improprie: aste di bandiere, mortaretti, recipienti 
							di vetro o di metallo. Al bando qualsiasi tipo di bevanda 
							alcolica, di cui sarà impedita la vendita nelle vicinanze 
							dello stadio. La polizia giudiziaria disporrà di telecamere 
							per filmare gli spalti e facilitare in questo modo un 
							rapido intervento. Per i responsabili di eventuali disordini 
							è già stato preparato un centro di raccolta al commissariato 
							dell'avenue Houba de Strooper, dove saranno fotografati 
							e interrogati. Detto questo, non è che il Belgio preveda 
							una serata d'incidenti. Il tifo è caldo, ma la partita 
							è attesa non in toni conflittuali bensì con la passione 
							riservata ai grandi appuntamenti sportivi: "Una serata 
							di football che si vorrebbe non finisse mai", scriveva 
							nei giorni scorsi il quotidiano Le Soir. Le misure di 
							sicurezza, dicono i responsabili, sono solo una precauzione: 
							proprio perché la grande festa del calcio non debba 
							essere guastata. La piccola cerimonia di ricordo per 
							i 39 morti dell'Heysel, in programma prima del calcio 
							d'avvio, dovrebbe essere un monito più che sufficiente. 3 marzo 1990 Fonte: La Stampa 
								
								
								
								ARTICOLI STAMPA 
								MARZO 
								1990  
								
								
								
								
								 
						
						1300 agenti presidieranno lo stadio della morte L'Heysel in un bunker Riprende contro il Malines 
						la marcia di un Milan travolgente di Giorgio Gandolfi DAL NOSTRO INVIATO. BRUXELLES 
						- Riprende l'avventura dei rossoneri in Coppa dei campioni. 
						Stavolta è il Belgio la tappa della squadra di Sacchi, il 
						Malines, una specie di multinazionale visto che la compongono 
						elementi di Belgio, Olanda e Israele. Batterli non sarà 
						facile anche se mancherà l'uomo più rappresentativo, Koeman, 
						fratello del libero del Barcellona. Appianato l'ultimo problema, 
						rappresentato dall'ultima "discussione" tra Sacchi e Berlusconi, 
						il Milan si appresta a giocare all'Heysel, lo stadio tristemente 
						noto per le gesta degli "hooligans" che portarono lutto 
						fra i tifosi juventini. Con le misure di sicurezza predisposte 
						dalle forze dell'ordine belghe (1300 agenti), non dovrebbero 
						esserci problemi anche perché solo 3500 tifosi si muoveranno 
						dall'Italia. Altri 9 mila italiani arriveranno dal Belgio, 
						dunque sono di casa e si intendono con i loro avversari. 
						Il Milan ha dovuto restituire 1000 tagliandi, il costo della 
						trasferta è stato ritenuto troppo caro. Se la vedranno in 
						tv, sebbene in differita e con i soliti spot omaggiati dal 
						loro presidente Berlusconi. Il quale continua con la battaglia 
						personale con Sacchi: appena questi commette un errore, 
						gli indirizza strali velenosi. Non lo perdona mai, magari 
						sono frecciate che partono dal subconscio però escono dalla 
						sua bocca. Poi le smentisce, ma domenica, un giornalista 
						dell'Unità ha accuratamente riprodotto con un piccolo registratore 
						le parole del presidente. Si sente benissimo quando parla 
						di "formazione scompaginata", di Tassotti "che è sprecato 
						in zona centrale e che rende meglio come terzino d'attacco", 
						e così continuando con questo tono. Anche i mega-presidenti 
						qualche volta sbagliano. Però di questo passo vediamo bene 
						Sacchi con altri colori, quelli bianconeri ad esempio. Prima 
						o poi Berlusconi farà fuori l'unico personaggio che nel 
						Milan gli fa ombra: non potendo liquidare Van Basten, perché 
						fa i gol o Baresi perché impedisce di farli, meglio cambiare 
						la panchina, non vi pare ? Ma ora parliamo del presente, 
						del Milan che gioca in Belgio mentre Gullit domani saprà 
						se tornerà a giocare o no. Il fantasista sfortunato è fiducioso, 
						ma l'ultima parola spetta al medico che l'ha operato, Mertens, 
						che lo attende oggi a Lovanio per un ulteriore controllo. 
						Gullit ha già cominciato ad allenarsi, ma per due mesi ancora 
						dovrà lavorare in modo blando al punto che spera di potere 
						giocare ad agosto. In tempo utile per essere ancora del 
						Milan. Attendiamo il responso dei medici, mentre il Milan 
						farà di tutto per realizzare il proprio programma ambizioso. 
						Certe assenze, tipo quelle di Tassotti (squalificato), Donadoni 
						e Gullit si fanno puntualmente sentire. Donadoni conta di 
						farcela domenica prossima con la Juventus: "Almeno un tempo" 
						ha detto. Ma se entra lui uscirà Rijkaard per il quale domani 
						scatterà la squalifica proprio a causa dell'espulsione rimediata 
						con la stessa Juventus in Coppa Italia. Domani la linea 
						difensiva sarà diversa rispetto al campionato, proprio perché 
						Costacurta farà il terzino al posto di Tassotti e Rijkaard 
						lo stopper, dovendosi prendere cura niente di meno che di 
						Bosman, che nel gioco di testa è uno dei più forti attaccanti 
						d'Europa. Poi, domenica a Torino, Costacurta tornerà stopper 
						in tandem con Franco Baresi e Tassotti riprenderà il suo 
						posto di terzino in tandem con Maldini. Come si vede, l'intercambiabilità 
						nel Milan è all'ordine del giorno e si spiega perché Berlusconi 
						faceva l'occhiolino a Borsano: gli avrebbe portato via volentieri 
						Benedetti, difensore ideale per questo Milan. Ma il presidente 
						del Torino, almeno per ora, gli ha risposto negativamente. 
						Più avanti si vedrà, tutto è possibile nel calcio. Specie 
						se il Milan dovesse vincere la Coppa dei Campioni e lo scudetto, 
						lasciando alla Juventus la Coppa Italia: in questo caso, 
						Berlusconi si supererebbe, preso dalla mania della vittoria, 
						metterebbe in campo davvero due squadre, capaci di competere 
						l'una con l'altra. E' il suo sogno, ci sia o no Sacchi in 
						panchina. 6 marzo 1990 Fonte: Stampa Sera 
							
							
							
							
							
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							MARZO 
							1990  
							
							
							
							
							 di Gianni Cerasuolo Otello Lorentini e gli 
						altri familiari delle vittime proprio non riescono a mandare 
						giù quest'ultimo boccone amaro. Vogliono dimostrare che 
						l'Heysel è uno stadio sicuro e che quelle morti di cinque 
						anni fa furono dovute a pura fatalità, al caso. E il 12 
						c'è il processo d'appello. Quale occasione migliore per 
						sfruttare la partita di domani sera ? E' la rabbia, un dolore 
						sempre vivo a dettare lo sdegno di Lorentini, presidente 
						dell'associazione dei familiari delle vittime: loro si sentono 
						abbandonati. Una sensazione che ha provato altra gente, 
						altri cittadini che hanno chiesto giustizia ricevendo in 
						risposta soltanto menzogne e facce di circostanza nelle 
						commemorazioni ufficiali. Di stragi è pieno il nostro paese. 
						L'Heysel fu una strage lontana, un mattatoio quasi annunciato 
						e aggravato dall'ignavia e dall'incompetenza dell'autorità 
						belghe e dell'Uefa. Oggi la sensazione è che, facendo giocare 
						domani sera il Milan in quello stadio che è rimasto inadeguato 
						e angusto, il calcio e i suoi patron vogliano passare la 
						spugna su tutto quanto successe in quella serata di cinque 
						anni fa, il 29 maggio: 39 persone furono schiacciate, maciullate 
						dalla furia degli hooligans. Ma non solo da quella. Lorentini 
						e gli altri non mandano giù soprattutto l'atteggiamento 
						del Milan, spiegata dal clan rossonero come una decisione 
						subita. In realtà è un fatto di cassetta. Più posti a disposizione 
						rispetto allo stadio del Malines, più pubblicità da piazzare 
						ai bordi del campo, maggiore incasso. Sta bene a tutte e 
						due le società. E di conseguenza riesce insopportabile la 
						proposta di parte milanista di una messa in suffragio di 
						quei morti. In questi cinque anni nessuno si è mai fatto 
						vivo con noi, qualche telefonata dalla Federcalcio e basta. 
						I belgi ci hanno impedito persino di deporre dei fiori in 
						quella curva maledetta, un atto di pietà elementare. E adesso 
						vogliono dir messa. No, io mi ribello a queste ipocrisie 
						! Cita, Lorentini, una lettera inviatagli dalla signora 
						Tiziana Fecchio, vedova Russo, che così gli ha scritto: 
						"l'Uefa ha dimenticato i nostri morti mentre io non so che 
						cosa rispondere a un bambino di quattro anni quando mi chiede 
						dov'è suo padre". Questo bambino nacque qualche mese dopo 
						la tragedia. Nessuno o quasi ha pagato. Tranne quei quattordici 
						imputati inglesi colpiti peraltro con pene abbastanza lievi 
						e comunque mandati liberi che erano la catena più debole 
						nella catena delle responsabilità. Il sindaco di Bruxelles 
						Hervé Brouhon è ancora lì al suo posto, i responsabili del 
						servizio d'ordine se la sono cavata con un po' di multe. 
						Quelli dell'Uefa erano e sono degli intoccabili. Sicuramente 
						il Milan non poteva rifiutarsi di giocare: ma dopo l'Heysel, 
						il calcio ha bisogno anche di gesti clamorosi, di sensibilità 
						più spessa per non continuare ad alimentare lo stillicidio 
						di violenza che pervade gli stadi di tutto il mondo, a cominciare 
						dai nostri. Invece chi prova ad andare controcorrente, e 
						ce n'è gente che lo fa (Sacchi, per dirne uno, quando ha 
						detto di voler fermare il campionato di fronte all'infamia 
						degli striscioni), viene preso per un folle, un originale. 
						Così deve sembrare una persona come Otello Lorentini, un 
						rompiscatole. Il quale fa sapere che probabilmente i familiari 
						delle vittime dell'Heysel non potranno sostenere la causa 
						civile. I milioni che servirebbero non ci sono. 6 marzo 1990 Fonte: La Repubblica 
							
							
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							MARZO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						Voglia di cancellare 
						di Licia Granello BRUXELLES - Milletrecento 
						agenti mobilitati, la capienza dello stadio dimezzata, un 
						interminabile carteggio fra Milan e ministero degli Interni 
						belga, una messa in memoria celebrata nel cuore della città. 
						Il tutto, con la consueta, ottusa sovrintendenza delle autorità 
						locali. Sono passati poco meno di cinque anni dalla tragedia 
						dell'Heysel, fra sei giorni appena comincerà il processo 
						d'appello contro i responsabili materiali del massacro. 
						Quelli morali sono tutti rimasti a coprire i rispettivi 
						incarichi. Così, la partita di questa sera è una sorta di 
						appuntamento con la memoria, che da queste parti si sta 
						cercando di rendere il più piatto e asettico possibile. 
						La cronaca registra la bocciatura del piano di ristrutturazione 
						radicale dello Heysel. Il consiglio regionale ha stimato 
						eccessivo il costo di un miliardo di franchi, circa 36 miliardi 
						di lire. I dirigenti del Milan hanno cercato di saldare 
						il debito organizzando tutto l'organizzabile. Il governo 
						belga, attraverso i vertici della polizia, ha negato in 
						rapida successione il permesso a qualsivoglia celebrazione. 
						Rifiutata la richiesta di lasciare vuoto il famigerato settore 
						Z (a cui è stato semplicemente mutato il nome in TA e che 
						questa sera verrà regolarmente occupato da spettatori belgi). 
						Niente fiori da deporre sul muretto sbrecciato, niente omaggi 
						da rendere ai piedi della curva, niente lutto al braccio. 
						In forse perfino l'appello alla non violenza da recitare 
						attraverso l'altoparlante prima della gara. Resta la funzione 
						religiosa che verrà celebrata questa mattina alle 8.30 presso 
						la chiesa Notre Dame de Secours dal reverendo De Mot. Saranno 
						presenti le delegazioni delle due squadre (i dirigenti del 
						Malines parteciperanno come invitati, in quanto la polizia 
						ha proibito loro di muoversi autonomamente). E' atteso anche 
						un rappresentante della Juventus, alla quale Paolo Taveggia 
						lunedì ha inviato un telex. I 4500 tifosi al seguito del 
						Milan sono stati tutti segnalati alla polizia belga (ma 
						pare che mille biglietti non siano stati venduti). Un treno, 
						due aerei e 60 pullman li faranno arrivare in mattinata. 
						Secondo le autorità il meccanismo di vendita dei biglietti 
						garantisce da ogni sorpresa al negativo: la vendita è stata 
						personalizzata, ad evitare ogni contatto tra tifosi delle 
						due squadre. Ma già qui i dati non coincidono. Quello ufficiale 
						dei 4500 (o 3500) italiani non collima con altre stime secondo 
						le quali potrebbero essercene 10mila. E non è chiaro quanti 
						saranno gli olandesi, che le autorità temono molto. Verrebbero 
						per vedere i loro nazionali, presenti in entrambe le squadre. 
						Nel pomeriggio gli spettatori italiani in arrivo con viaggio 
						organizzato verranno convogliati allo stadio dove occuperanno 
						la curva opposta alla Z. Qualche fermo c'è già stato, in 
						un'auto di Malines hanno trovato dei petardi, finora niente 
						di grave. Arrigo Sacchi ha voluto in qualche modo anticipare 
						quali saranno emozioni e sentimenti che accompagneranno 
						l'arrivo all'Heysel: "Sarà una cosa da brividi, nessuno 
						potrà scordare la cattiveria e la superficialità di quella 
						terribile sera. Saremo tutti col pensiero a quelle povere 
						vittime. Poi torneremo al calcio, che però deve trarre degli 
						insegnamenti. Da noi tecnici, che non dovremmo mai addivenire 
						a compromessi per vincere, ai giornali che non dovrebbero 
						alimentare polemiche assurde per vendere qualche copia in 
						più, agli spettatori che dovrebbero venire allo stadio con 
						un certo spirito. In questo mondo, sempre più cattivo e 
						violento, per preservare il calcio possiamo soltanto garantire 
						che quello di stasera avrà le caratteristiche di uno spettacolo 
						e non di un incontro di pugilato". Un tifoso rossonero, 
						infine, Sergio Dalma, 26 anni, nato a Pescara, ma residente 
						in Belgio, è stato pestato a sangue dalla polizia solo perché 
						voleva un autografo da Van Basten. Il dirigente milanista 
						Taveggia ha protestato energicamente con le forze dell'ordine 
						per questo intervento del tutto gratuito. 7 marzo 1990 Fonte: La Repubblica 
							
							
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							MARZO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						
						Diecimila tifosi italiani 
						tornano nello stadio dell'Heysel 
						Ricordare le vittime della strage ?  Il sindaco 
						dice no al Milan di Dario Ceccarelli
						  DAL NOSTRO INVIATO. BRUXELLES 
						- Ritorno all'Heysel. Cinque anni dopo. Una squadra italiana 
						- il Milan - gioca nello stadio che tutti avrebbero voluto 
						dimenticare. Trentanove spettatori, quasi tutti italiani, 
						morirono schiacciati e soffocati poco prima dell'inizio 
						della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. 
						Stasera ci saranno più di 1300 agenti, ma le cose non sono 
						molto cambiate. Ieri sono stati fermati, vicino allo stadio, 
						cinque belgi che nascondevano mazze e bastoni. Anche due 
						italiani, che tentavano di scavalcare i cancelli, sono stati 
						bloccati e poi rilasciati. In serata un altro tifoso italiano, 
						Sergio Dalma, di 26 anni, è stato malmenato da un gendarme 
						che lo ha più volte scaraventato contro un muro procurandogli 
						una ferita alla testa. Di italiani, stasera, ce ne dovrebbero 
						essere quasi diecimila. L'Heysel, più o meno, è ancora uguale: 
						qualche corridoio allargato, una riverniciatina, neppure 
						una lapide per ricordare quella assurda mattanza. Anche 
						il sindaco, Hervé Brouhon, uno dei più cocciuti nel defilarsi 
						dalle responsabilità, è sempre lo stesso. I tifosi milanisti 
						verranno dislocati nella curva opposta a quella del famigerato 
						"Bloc Z", ma le autorità belghe hanno impedito, nonostante 
						le richieste del Milan, che fosse ricordata anche con dei 
						fiori quella maledetta sera del 29 maggio. 7 marzo 1990 Fonte: L’Unità 
							
							
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							MARZO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						
						Una messa per le vittime 
						della strage e assurdi divieti 
						La "curva maledetta" resterà senza fiori DAL NOSTRO INVIATO. BRUXELLES 
						- Dimenticare. Questa la parola d'ordine delle autorità 
						belghe e della polizia. Nessuna commemorazione, nessun segno 
						tangibile deve far ricordare morti e feriti di quella maledetta 
						sera di cinque anni fa (29 maggio). Solo questa mattina, 
						alle 8.30, nella chiesa di Notre Dame de Secours, è prevista 
						una messa in memoria delle vittime. Parteciperanno dirigenti 
						delle due squadre, tifosi, e qualche giocatore che non scenderà 
						in campo. La messa, per capire l'atmosfera, è stata insistentemente 
						voluta dal Milan. Prima della partita, il massimo che è 
						stato consentito, verrà diramato un appello per invitare 
						i tifosi alla correttezza. "Volevamo lasciare uno spazio 
						vuoto nella ormai famosa curva "Z", e riempirlo con dei 
						fiori. Niente, non è stato possibile: le autorità ce l'hanno 
						impedito. Qualsiasi commemorazione ricordasse il lutto 
						è stata bocciata". Dimenticare, rimuovere. Una linea di 
						condotta che ha sempre caratterizzato le autorità belghe. 
						Non per niente, dopo quasi cinque anni, deve essere ancora 
						celebrato il processo d'appello, il cui inizio è fissato 
						per lunedì prossimo. Finora sono stati condannati solo 
						14 hooligans: tre anni di reclusione ciascuno, ma con tutti 
						i benefici di legge. Insomma, sono tutti fuori. I tifosi 
						del Milan, comunque, questa volta non hanno risposto con 
						grande entusiasmo. Mille biglietti, di quelli dati alla 
						società rossonera, sono stati restituiti. Da Milano ne verranno 
						3500, ai quali si aggiungeranno altri 6000 di gruppi italiani 
						che risiedono in Belgio. La polizia belga ha scoraggiato 
						l'arrivo isolato di tifosi. Così sono stati organizzati 
						dei gruppi: mille arriveranno in treno, 300 con due aerei, 
						gli altri con una cinquantina di pullman. I tifosi del Milan 
						verranno dislocati nella curva opposta a quella dove si 
						scatenarono gli hooligans. Riguardo alla protesta dell'Associazione 
						dei familiari dei morti (contraria a far disputare la partita 
						all'Heysel), Paolo Taveggia ha così puntualizzato: "Comprendiamo 
						benissimo i loro sentimenti, del resto era l’unica soluzione 
						praticabile: lo stadio del Malines è troppo piccolo (15 
						mila posti, ndr)". L’Heysel, per la cronaca, contiene 60mila 
						spettatori, ma non potranno accedervi più di 35 mila tifosi. 
						Per prevenire gli scontri saranno impiegati 1300 agenti. 
						Un piccolo particolare: il sindaco, Hervé Brouhon, ritenuto 
						uno dei responsabili della tragedia, è sempre al suo posto. 
						Uno dei più zelanti nel cercare di mettere la sordina ai 
						ricordi.  
						Da.Ce. 7 marzo 1990  
						 Fonte: L’Unità  
						 
							
							
							
							
							
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							1990  
							
							
							
							
							 
						
						Incredibili divieti 
						Difficoltà per la messa. Niente lutto al braccio di Giorgio Gandolfi BRUXELLES - Una messa ricorderà 
						stamane le vittime dell'Heysel, nonostante i divieti delle 
						autorità. L'ha voluta il Milan: il Malines ha rifiutato 
						ogni commemorazione per "la rigidità del ministero degli 
						Interni". Il Milan ha invitato anche la Juve a farsi rappresentare. 
						Non ci saranno i parenti delle vittime, in segno di protesta 
						dopo la richiesta che si impedisse di giocare all'Heysel. 
						Ci sarà invece una rappresentanza dei tifosi che arrivano 
						a migliaia a Bruxelles. "Volevamo mettere una corona nella 
						tribuna Z, gettare mazzi di fiori e giocare col lutto al 
						braccio - ha detto Taveggia - ce lo hanno proibito". E aumenta 
						la tensione fra i due club: il Milan aveva chiesto di accordarsi, 
						dando a chi ospita la possibilità di giocare con la propria 
						maglia. Lunedì il Malines ha risposto: "Giocherete le due 
						gare in maglia bianca". E il Milan: "Allora deciderà l'arbitro 
						con le disposizioni Uefa". I belgi preannunciano 27 persone 
						alla cena ufficiale a Milano: "Niente affatto - la risposta 
						- avete 10 posti a disposizione come noi a Bruxelles". 7 marzo 1990 Fonte: La Stampa
						 
						 
							
							
							
							
							
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							1990  
							
							
							
							
							 
						
						La tragedia dell'Heysel 
						non ha toccato i belgi 
						Caccia all'italiano di Massimo Gramellini Maniere dure e minacce 
						della polizia con un nostro tifoso. Soltanto una ventina 
						di persone alla messa per le vittime. BRUXELLES. DAL NOSTRO INVIATO 
						- Appare in fondo al vialone, affogato in un parco che assiste 
						ogni giorno al trionfo di chissà quante coppie di innamorati. 
						Potresti scambiarlo per il "Filadelfia" del Grande Torino 
						se non fosse per quei quattro riflettori che si stagliano 
						con insolenza verso una coperta grigia che a Bruxelles si 
						ostinano a chiamare cielo. Davanti al muro della morte c'è 
						un cane poliziotto che tiene al guinzaglio il polso di un 
						poliziotto dalla faccia feroce ma vuota. Stadio Heysel, 
						millesettecentoquaranta giorni dopo. Non è cambiato nulla, 
						neppure i belgi: che abbiano ragione i francesi ad usarli 
						nelle loro barzellette al posto dei carabinieri ? Adesso 
						si sono messi in testa che la strage di cinque anni fa fu 
						causata dalla natura maligna degli italiani. Esibiscono 
						un'impermeabilità ai sensi di colpa che ha del sensazionale. 
						Alla messa di ieri mattina in ricordo delle vittime c'erano 
						soltanto l'allenatore Arrigo Sacchi, Roberto Donadoni, i 
						dirigenti del Milan e qualche cronista. Ventotto persone 
						disperse nella cattedrale di Notre Dame de Socours, con 
						gli occhi strizzati a scovare, magari dietro una colonna, 
						il segno di un omaggio tardivo alle 39 vittime della tragedia. 
						Niente, il Malines non ha mandato neppure il magazziniere, 
						per non parlare delle autorità, politiche e pallonare, del 
						Belgio, assenti - come direbbe Oscar Wilde - a causa di 
						impegni presi successivamente. La messa è stata celebrata 
						in italiano dal sacerdote belga Lode Vermeir. "Celebriamo 
						questa messa in ricordo delle vittime - ha detto il sacerdote 
						officiante - ma anche per esprimere la volontà che la partita 
						di stasera sia giocata da uomini e tifosi degni del nome 
						dello sport. Non siamo qui per chiedere miracoli - ha detto 
						il sacerdote a conclusione della cerimonia - ma per chiedere 
						che ciascuno si assuma le sue responsabilità, sportive e 
						umane. Andate e giocate in pace". "I muri non uccidono", 
						sostengono da queste parti. Allora tanto vale ricostruirli. 
						E anziché una lapide, nel punto della strage basta mettere 
						una mano di vernice, rimuovendo insieme alle coscienze anche 
						i nomi: via quel "Z" troppo evocativo, adesso la curva si 
						chiama "TA". Gli italiani, invece, continuano a chiamarsi 
						come sempre, ed è meglio non tradurre, soltanto raccontare. 
						Martedì sera Ercole D'Alma smonta dal suo turno di elettricista 
						per correre all'Heysel, dove c'è il Milan in visita. Ercole 
						ha una faccia che gli daresti diciott'anni, eppure ne ha 
						ventisei, gli ultimi venti trascorsi a Bruxelles, dove si 
						trasferì bambino dalla natia Pescara. Non va mai allo stadio, 
						un po' perché il calcio gli interessa solo quando c'è di 
						mezzo l'Italia e molto perché i suoi genitori non vogliono 
						che ci torni: c'era anche lui, quella notte, all'Heysel... 
						Van Basten sta salendo sul pullman, si scatena la solita 
						ressa per l'autografo, qualcuno spinge Ercole contro il 
						cordone di polizia e le mani del giovane urtano la schiena 
						di un gendarme. La scena si svolge sotto gli occhi di un 
						dirigente del Milan, Taveggia. L'uomo in divisa afferra 
						D'Alma e lo trascina dentro lo stadio, mulinando le braccia 
						e chissà cos'altro ancora. Henri Meura è il responsabile 
						della sicurezza dello stadio. Dopo l'ottima prova fornita 
						cinque anni fa è stato naturalmente riconfermato. Eccolo, 
						più in forma che mai, esibire il suo faccione ironico allo 
						sfogo di Taveggia: "E’ una vergogna. Quel ragazzo non aveva 
						fatto nulla e lo avete riempito di botte". "Siamo qui per 
						proteggervi", replica il Kojak dell'Heysel. "E allora fatelo 
						con intelligenza", sbotta Taveggia, presumendo magari un 
						po' troppo. Ercole viene medicato all'ospedale da un dottore 
						che si qualifica alla prima frase: "Italiano, eh ? Tutti 
						uguali voi altri. Voi e gli inglesi, stessa razza...". Il 
						ragazzo è ferito a un braccio e a una tempia. Poco dopo 
						entra in ambulatorio anche il suo aggressore, lamentando 
						una contusione ad un dito, forse illividito dall'eccessiva 
						attività. Mercoledì mattina. Ercole si sveglia con quattro 
						gendarmi ai piedi del letto. Lo fanno vestire, gli mettono 
						le manette: "Seguici in questura". Il Milan allerta l'avvocato 
						Cantamessa, mentre il commissario comincia l'interrogatorio: 
						il poliziotto della sera prima ha sporto denuncia e D'Alma 
						viene incriminato per resistenza e oltraggio a pubblico 
						ufficiale. "Lui ha due testimoni". "Anch'io ne ho", ribatte 
						Ercole. "Sì, ma i tuoi domani se ne tornano in Italia...". 
						Adesso D'Alma ha una paura matta che lo arrestino ancora. 
						Anche perché il commissario ha parlato chiaro: "Non finisce 
						qui. E tu sei solo il primo della lista che dopo la partita 
						sfilerà qui davanti !". Detto dieci ore prima della gara, 
						più che un presagio sembra una minaccia. 8 marzo 1990 Fonte: La Stampa
						 
						 
							
							
							
							
							
							ARTICOLI STAMPA 
							MARZO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						
						Tutto dimenticato, non 
						gli italiani "tifosi e mafiosi" 
						Nessun rappresentate belga e solo 28 persone. La 
						messa di commemorazione dei 39 morti dell’Heysel, si è celebrata 
						nella chiesa di "Notre Dame de bon Secours" in un clima 
						quasi clandestino. Dimenticare è la parola d'ordine dei 
						Belgi. Intanto il ragazzo di origine italiana, malmenato 
						dalla polizia, ieri è stato portato in questura con le manette 
						e poi rilasciato. Prima dell'inizio della partita cariche 
						della polizia, ieri, e fermati sette tifosi. DAL NOSTRO INVIATO. BRUXELLES 
						- "Non siamo qui per chiedere miracoli: vorremmo, però, 
						che ognuno si assumesse le sue responsabilità sportive e 
						professionali. La messa è finita: andate in pace e giocate 
						in pace". La voce di padre Lode Vermoir, un prete belga 
						che parla un discreto italiano, rimbomba nella chiesa di 
						"Notre Dame de bon Secours. L'acustica è ottima perché dentro, 
						ad ascoltare la messa di commemorazione dei 39 morti dell’Heysel, 
						c'è solo un piccolo capannello di persone. Ventotto per 
						l'esattezza, di cui 7 giornalisti, 11 rappresentanti del 
						Milan (tra i quali Sacchi, Galliani, Donadoni, Ramaccioni 
						e Taveggia) quattro amici del prete. I rimanenti sono dei 
						parrocchiani capitati, forse per caso, prima di andare al 
						lavoro; sono infatti le 8.30 e le strade di Bruxelles, battute 
						dal solito vento di queste parti, brulicano di gente che 
						va di fretta. E’ stata, quella di ieri, una cerimonia malinconica 
						e quasi clandestina. Non c'era nessun altro a ricordare 
						una delle pagine più desolanti della storia, chiamiamola 
						sportiva, di questo paese. Non c'erano le autorità municipali 
						(il sindaco Hervè Brouhon, ad esempio, visto che è lo stesso 
						di cinque anni fa), non c'erano i dirigenti dello sport 
						belga, non c'erano i rappresentanti del Malines, la squadra 
						che ieri sera ha giocato contro il Milan nello stadio dell’Heysel. 
						Tutti, come sempre, hanno preferito non sapere, non partecipare, 
						non commentare. Il massacro dell’Heysel ? Una parentesi 
						da dimenticare. Cancellare. Colpa degli hooligans e, in 
						fondo, anche degli italiani. Silenzio, o quasi, anche su 
						un altro episodio che la dice lunga su come vanno le cose 
						da queste parti. Un giovane di 26 anni, Ercole D'Alma, elettricista, 
						nato a Pescara, ma residente a Bruxelles da una ventina 
						d’anni, martedì pomeriggio è stato malmenato, davanti agli 
						occhi dei dirigenti rossoneri, da un poliziotto subito dopo 
						l'allenamento del Milan. "Con altri ragazzi - racconta D'Alma 
						- aspettavo che uscissero i giocatori dal campo. Volevo 
						chiedere un autografo a Van Basten, nulla di più. Tra l'altro 
						non faccio il tifo per il Milan in particolare, ma mi piace 
						seguire le squadre italiane quando vengono a Bruxelles. 
						Ebbene, siccome dietro di me qualcuno spingeva, ho urtato 
						con un braccio il poliziotto: lui si è girato, mi ha preso 
						per il collo, mi ha trascinato in uno stanzone dello stadio 
						e per finire mi ha sbattuto contro un muro. Sono quasi svenuto 
						perché ho picchiato la nuca e la spalla sinistra". Taveggia, 
						direttore organizzativo del Milan, aggiunge: siamo subito 
						accorsi in suo aiuto, ma il poliziotto non voleva sentire 
						ragioni. Poi si è calmato e abbiamo accompagnato il ragazzo 
						all'ospedale". Tutto finito ? Macché. Ieri mattina quattro 
						poliziotti si sono presentati a casa del ragazzo, che vive 
						con i genitori. "Vestiti che ti portiamo in questura". Poi 
						gli hanno messo le manette e lo hanno interrogato per più 
						di un'ora minacciandolo che passerà dei guai perché il poliziotto 
						ha dichiarato che è stato lui a subire l'aggressione. "Mi 
						hanno minacciato dicendomi che riceverò una comunicazione 
						per resistenza e oltraggio".   Da.Ce. 8 marzo 1990 Fonte: L’Unità  
						 
					
								
								
								
								
								
								
								ARTICOLI STAMPA 
								MARZO 
								1990  
								
								
								
								
								 BRUXELLES - Cinque anni 
						dopo, nessuna memoria. Il pochissimo che è stato fatto per 
						ricordare il massacro dell'Heysel, lo ha fatto il Milan. 
						Ieri mattina, alle 8.30, la messa celebrata in italiano 
						dal reverendo Veimer ha avuto il conforto di venticinque 
						presenze: undici rappresentanti del Milan (fra cui l'amministratore 
						delegato Galliani, Sacchi e Donadoni), una decina di cronisti, 
						qualche amico del celebrante. Nessuna traccia della municipalità 
						belga, dei rappresentanti del Malines, e soprattutto della 
						Juventus. Ercole Dalma, il giovane picchiato martedì sera 
						(i medici dell'ospedale cittadino di Brugnam gli hanno riscontrato 
						un ematoma alla testa e una lussazione alla spalla) è stato 
						denunciato a piede libero per resistenza e tentata aggressione 
						a pubblico ufficiale. Il tutto, condito dalla squallida 
						sceneggiata delle manette mentre il giovane (che è nato 
						a Pescara ma vive qui da vent' anni con la sorella e la 
						madre) si stava recando al lavoro. Il Milan gli ha garantito 
						copertura legale nel processo che si svolgerà nei prossimi 
						giorni attraverso l'avvocato Cantamessa, a seguito della 
						squadra. Nel pomeriggio il numero dei fermati (tutti poi 
						rilasciati) è progressivamente salito. Prima sette milanisti 
						trovati in possesso di petardi, poi cinque italiani residenti 
						in Lussemburgo, a cui sono stati trovati addosso dei bastoni. 
						Infine due bagarini (uno italiano e uno spagnolo) a loro 
						volta identificati poco prima della gara. Poco prima delle 
						20, quando il Milan ha fatto il suo ingresso in campo per 
						il riscaldamento, il direttore organizzativo Paolo Taveggia, 
						tenendo fra le mani un mazzo di trentanove rose rosse, ha 
						accompagnato Baresi sotto la curva della tragedia. E' stata 
						una scena allucinante: la banda ha continuato a suonare 
						in allegria, mentre i tifosi belgi scandivano il nome del 
						Malines. Deposti i fiori, i due milanisti sono tornati sui 
						loro passi a capo chino, solo un tiepido applauso alle spalle. 
						- l g 8 marzo 1990 Fonte: La Repubblica
						 
						 
								
								
								
								
								
								
								ARTICOLI STAMPA 
								MARZO 
								1990  
								
								
								
								
								  Oggi appello per la strage 
						dell'Heysel BRUXELLES - Si apre oggi 
						al Palazzo di Giustizia di Bruxelles il processo di appello 
						per la strage dello stadio di Heysel, in cui persero la 
						vita 39 tifosi (32 gli italiani) il 29 maggio 1985. Il dramma 
						avvenne poco prima dell'inizio della finale della Coppa 
						dei Campioni tra Juventus e Liverpool e fu provocato da 
						una carica di teppisti britannici. Davanti alla corte compariranno 
						14 hooligans tifosi del Liverpool, nonché, fra gli altri, 
						l'ex-segretario della Federcalcio belga Albert Roosens, 
						il presidente della Uefa George e l'allora borgomastro di 
						Bruxelles. Nel processo di primo grado, conclusosi il 28 
						aprile scorso, i 14 teppisti britannici furono condannati 
						a tre anni metà dei quali con sospensione condizionale per 
						cinque anni (il restante della pena è stato "depurato" dal 
						periodo di carcerazione preventiva). 12 marzo 1990 Fonte: Stampa Sera
						 
						 
							
							
							
							
							
							ARTICOLI STAMPA 
							MARZO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						
						"Non giocate all'Heysel" 
						di Vittorio Zambardino ANGHIARI - L'intervento 
						più duro è stato quello dei familiari delle vittime dell'Heysel. 
						Hanno scelto di non parlare al convegno di Anghiari organizzato 
						da Crescere giocando (una fondazione culturale per un calcio 
						più civile), hanno preso la strada della denuncia scritta: 
						Siamo fortemente indignati per la concessione del nullaosta 
						da parte dell'Uefa per giocare all'Heysel la partita fra 
						il Milan e il Malines di Coppa dei Campioni. E' una totale 
						mancanza di sensibilità e di buongusto verso la memoria 
						dei nostri morti. La concessione dello stadio coincide con 
						l'inizio a Bruxelles del processo di appello per la strage. 
						Per questo procedimento l'Associazione è costretta ad andare 
						avanti da sola e senza l'aiuto di nessuno, sobbarcandosi 
						insopportabili spese, e senza una sola lira di risarcimento. 
						Ma l'attacco più forte viene nella conclusione del documento: 
						La Federcalcio e il Milan hanno avallato una scandalosa 
						decisione giustificata, a nostro avviso, unicamente dalla 
						cupidigia d'incassare qualche soldo in più. E il comunicato 
						si chiude denunciando la latitanza delle autorità che lasciano 
						correre. Mentre queste poche righe venivano distribuite 
						Otello Lorentini e Piero Cioni, fondatori dell'Associazione 
						famiglie delle vittime di Bruxelles, sedevano gomito a gomito 
						a molti ultrà di diverse squadre di calcio. Nessun contrasto. 
						Il problema del convegno sta proprio qui, come smontare 
						pezzo per pezzo il calcio, rivisitandone gli aspetti violenti, 
						e facendo compiere quest'operazione dai protagonisti. Ci 
						sono state anche due interviste-confessione date a Gianni 
						Minà da Ferruccio Valcareggi e Alfredo Di Stefano. "Nel 
						'74 in Germania - dice l'ex Ct della Nazionale - quando 
						c'era quel clima di discussioni continue avvertivo un forte 
						senso di saturazione. Adesso penso che fosse una malattia 
						del nostro calcio. Una cosa analoga la provai dopo la finale 
						del Messico, nel '70: al primo giorno di vacanza a Viareggio, 
						esco a fare una passeggiata e m'insultano fin quando non 
						vado a chiudermi in casa. Credo che questi siano sintomi 
						di violenza chiari che hanno poi fatto molta strada". Poi 
						parla Alfredo Di Stefano: "Io credo che ci sia una violenza 
						innata nel calcio che va limitata. Il giocatore non vuol 
						perdere, l'allenatore non vuol perdere. La stampa ricorda 
						ai tifosi che quello stesso arbitro che va in campo oggi 
						ci ha tolto un rigore quindici anni fa. E quando c'è il 
						fischio d'inizio tutti sono già pronti per rompersi le ossa. 
						Credo molto nella proposta fatta dal giudice inglese, dopo 
						la strage di Sheffield: tutti i posti a sedere numerati. 
						O si fa così o si chiude". 14 marzo 1990 Fonte: La Repubblica 
							
							
							
							
							
							ARTICOLI STAMPA 
							MARZO 
							1990  
							
							
							
							
							 BRUXELLES - Settecentotre 
						vittime, non posso dimenticarlo: e tutto questo per una 
						partita di calcio mal organizzata e mal controllata dalle 
						forze dell'ordine. Sono le parole centrali della prima parte 
						della requisitoria del pubblico ministero al processo d'appello 
						per la strage dell'Heysel: una requisitoria che continuerà 
						oggi. Ufficialmente è dedicata ai soli 14 imputati britannici, 
						ma dal suo tono è lecito comprendere che le richieste saranno 
						dure: non solo nei confronti degli hooligan, ma anche di 
						organizzatori e responsabili dell'ordine. Il pubblico ministero, 
						Oscar Vandemeulebroeke, ha cominciato proprio ricordando 
						il bilancio di quella sera, il 29 maggio 1985. Settecentotré 
						le vittime: 39 morti, 32 dei quali italiani, 42 che hanno 
						subito una invalidità permanente di lavoro sia in seguito 
						ad una malattia incurabile che alla perdita totale dell'uso 
						di un organo, e 459 persone colpite da una incapacità parziale 
						o temporanea di lavoro. 20 marzo 1990 Fonte: La Repubblica
						 
						 
							
							
							
							
							
							ARTICOLI STAMPA 
							MARZO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						
						Il pubblico ministero 
						al processo per l’Heysel 
						"I teppisti esaltati dai giocatori cattivi" Il teppismo sugli spalti 
						degli stadi nasce anche dai calci, dagli interventi fallosi, 
						dagli isterismi dei calciatori in campo. Questa la tesi 
						sostenuta dal pubblico ministero Oscar Vandemuelebroecke 
						al processo d'appello per la tragedia dello stadio Heysel 
						di Bruxelles. "Quando un episodio diventa criminale - ha 
						affermato il pm - le autorità devono adottare misure sia 
						preventive e anche, e necessario, repressive. E quindi, 
						per gli episodi di violenza che accadono sui campi di gioco, 
						non bisogna aver dubbi, non si può che essere decisi". La 
						pubblica accusa aveva chiesto pene più pesanti per dieci 
						dei quattordici tifosi inglesi condannati in prima istanza 
						a tre anni di carcere, di cui un anno e mezzo con la condizionale, 
						per il ruolo avuto nei disordini del 29 maggio 1985 prima 
						dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus 
						e Liverpool. Trentanove spettatori, di cui 32 italiani, 
						morirono schiacciati dalla calca provocata dai teppisti. 
						Per gli altri quattro imputati, gli unici presenti al processo, 
						Vandemuelebroecke ha usato una mano più leggera, limitandosi 
						a chiedere la conferma della pena inflitta a conclusione 
						del primo processo. A Bramshill, intanto, nel locale college 
						di Scotland Yard prosegue il corso di studio di un contingente 
						di carabinieri italiani che dai colleghi inglesi stanno 
						apprendendo tutte le tecniche usate dagli hooligan nei loro 
						attacchi dentro e fuori gli stadi. 21 marzo 1990 Fonte: L’Unità 
							
							
							
							
							
							ARTICOLI STAMPA 
							MARZO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						
						PROCESSO HEYSEL 
						Nel processo d'appello 
						per la strage dell'85 
						 
						
						Il sindaco non 
						accetta critiche sull'impianto BRUXELLES - "Le condizioni 
						dello stadio di Heysel non hanno contribuito ad aggravare 
						il bilancio degli incidenti" in cui, il 29 maggio 1985, 
						morirono, sotto le cariche bestiali di teppisti britannici, 
						trentanove spettatori, trentadue dei quali italiani, poco 
						prima della finale della Coppa dei Campioni tra Juventus 
						e Liverpool. Lo ha sostenuto ieri il sindaco di Bruxelles, 
						Hervé Brouhon, al processo di appello per la strage dello 
						stadio di Heysel, iniziato il 12 marzo scorso nella capitale 
						belga. Brouhon era stato assolto in prima istanza. Lo stadio 
						di Heysel appartiene alla città di Bruxelles e Brouhon, 
						come sindaco, è il responsabile della manutenzione dell'impianto. 
						Per Brouhon, inoltre, "è escluso che il tipo di costruzione 
						usata per il blocco Z (la curva dove morirono schiacciate 
						e soffocate la maggior parte delle trentanove vittime, ndr) 
						abbia contribuito ad aumentare il numero dei tifosi che 
						persero la vita". La pubblica accusa ha sostenuto invece 
						che il blocco Z si sgretolò sotto la pressione degli spettatori 
						che vi si ammassavano contro per sfuggire alla furia dei 
						teppisti britannici. La polizia, secondo il procuratore 
						del re, raccolse allora varie decine di chili di pezzi di 
						gradinata lanciati dai teppisti britannici contro gli spettatori 
						che si trovavano nel blocco Z. Il processo d'appello, oltre 
						al sindaco Brouhon, riguarda quattordici teppisti britannici, 
						l'ex segretario della federcalcio belga, Albert Roosen, 
						il presidente e il segretario generale dell'Uefa, Jacques 
						Georges e Hans Bangerter, e due ufficiali della gendarmeria 
						belga. Il verdetto della corte d'appello di Bruxelles è 
						atteso per il 23 maggio. 19 aprile 1990 Fonte: La Stampa
						 
							
							
							ARTICOLI STAMPA 
							APRILE 
							1990  
							
							
							
							
							 
						Versi delicati nei lampi 
						dell'Heysel di Renzo Rossotti "Il mare dei pianeti", 
						la nuova raccolta del giornalista. Anche i morti di Bruxelles 
						nelle poesie di Caroli". Una malinconia invincibile 
						e dolce. Una meditata nostalgia di cose che sono state, 
						gli sfuggono e che Angelo Caroli vorrebbe riavere, almeno 
						un poco. Il mondo è cambiato ed egli si strugge per il fatto 
						di sentirsi solo, qualche volta incompreso. "E perciò mi 
						ritrovo / cittadino della solitudine / a maledire i mesi 
						che sento fuggire / come rondini all'urto dei temporali. 
						/ Non s'accendono più i balconi / mansarde miopi guardano 
						sul fiume / e se ne va nella corrente / la mia felicità 
						incostante". E' un frammento da "La paura", una delle liriche 
						di Caroli nel suo nuovo "Il mare dei pianeti", che la Graphot 
						Editrice ha appena distribuito. Un discorso, quello di Caroli, 
						che continua, dopo "La giunta stagione", dello stesso editore, 
						un'avventura di poesia vissuta, allora, con Angelo Mistrangelo. 
						Un giornalista sportivo e un critico d'arte uniti nei versi, 
						quasi sulla falsariga di quelle notissime Lyrical ballads 
						di Coleridge e Wordsworth. "Poesia quando ? Quando la nostalgia 
						mi coglie. Nascono così, dalla mia tristezza", spiega Caroli. 
						La tristezza, dunque, come ispiratrice, la poesia come rimedio, 
						medicina della malinconia. Un circolo chiuso. E dentro a 
						questo circolo vi sono interessi, sogni, sprazzi di luce, 
						immagini brevi come lampi, amori, sensazioni, profumi. Nico 
						Orengo, che per "Il mare dei pianeti" ha curato la prefazione, 
						ha annotato: "Cerca nella sua poesia, che rimane per vocazione 
						intimista, il dialogo, lo scontro, il parlato. Cerca la 
						scintilla fra il presente e il ricordo ("la tua chioma bruna 
						/ spinse il giorno a morire"), la tragedia esplosa dalla 
						cronaca (Heysel), il minuto quotidiano con il suo tranquillizzante 
						colore grigio. Ma al centro del labirinto dei versi di questo 
						canzoniere, l'alone che tremola come un canto di sirena 
						è quello di un "volto di poesia, l'urgenza di dare con parole 
						un significato all'incertezza e all'inconsistenza di abitare 
						il mondo. E cercando in quel miraggio un senso e un suono". 
						Il cenno, ben chiaro, dedicato all'Heysel - "La notte non 
						ha stelle / e diventa un cimitero / lassù in una caserma; 
						/ sentinelle piangono nelle garitte"- nasce dall'uomo e 
						dallo sportivo; il poeta lo ferma e sublima. Caroli ci aveva 
						dato nel 1987 quel libro "Ho conosciuto la Signora", nitido 
						ritratto di una Juventus intima, per la quale aveva lottato 
						sul campo, spasimato e anche segnato, prima di corteggiarla 
						come cronista in limpidi resoconti. Il volume, senza dubbio 
						autobiografico, con la sua storia di giovane calciatore 
						ammaliato dalla Signora, gli aveva valso un premio al concorso 
						letterario "Coni '87". I pensieri che animano la solitudine 
						del poeta vagano come scintillanti navigli. Lo scopriamo 
						in "Battelli illuminati". Ritma Caroli: "Nel cielo spento 
						/ si rincorrono / battelli illuminati / sopra la strada, 
						/ fiordo buio / che trafigge stanco il cuore della sera. 
						/ Ascolto le ombre / nell'ora sfinita / e il canto riprenderà 
						/ domani, sullo sfar dell'alba. "Né il rumore, né la folla 
						spengono la tristezza del poeta. Bastano, a svelarlo, i 
						due versi intitolati "Rio": "Mi mescolo alla felicità e 
						ho subito nostalgia". La moltitudine, il mare urlante, lo 
						portano ancor più alla riflessione intima, solitaria. 23 aprile 1990 Fonte: Stampa Sera
						 
						 
							
							
							
							
							
							ARTICOLI STAMPA 
							APRILE 
							1990  
							
							
							
							
							  
						
						Strage Heysel 
						Inasprite condanne agli inglesi BRUXELLES - Undici dei 
						quattordici hooligans inglesi, condannati l’anno scorso 
						a tre anni di prigione per i tragici incidenti del 1985 
						allo stadio Heysel, si sono visti, ieri inasprire le condanne 
						da una dura sentenza d'appello. La corte di Bruxelles ha 
						prosciolto uno degli imputati, ha confermato la sentenza 
						a tre anni per due di loro, ma l’ha aumentata a cinque anni 
						per gli altri undici. Il tribunale ha disposto inoltre la 
						sospensione delle condanne a tre anni. Gli imputati erano 
						stati riconosciuti colpevoli di omicidio preterintenzionale 
						per i disordini divampati il 29 maggio del 1985 durante 
						la finale della Coppa dei Campioni tra il Liverpool e la 
						Juventus, che causarono la morte di 39 spettatori, la maggior 
						parte italiani, e centinaia di feriti. In seguito alla drammatica 
						vicenda, le squadre di club inglesi sono state bandite dalle 
						coppe europee di calcio. Il divieto non riguarda invece 
						la nazionale britannica, che può competere nei campionati 
						europei e mondiali. 27 giugno 1990 Fonte: L’Unità 
							
							
							
							
							
							ARTICOLI STAMPA 
							GIUGNO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						Heysel 
						Per 11 tifosi pene più severe BRUXELLES - Undici dei 
						quattordici tifosi inglesi, condannati l'anno scorso a tre 
						anni di prigione per i tragici incidenti del 1985 allo stadio 
						Heysel, si sono visti inasprire la sentenza in appello. 
						La corte d'Appello di Bruxelles ha prosciolto uno degli 
						imputati, ha confermato la sentenza a tre anni per due di 
						loro ma l'ha aumentata a 5 per gli altri undici. E' stata 
						disposta, inoltre, la sospensione delle condanne a tre anni. 
						Erano stati riconosciuti colpevoli di omicidio preterintenzionale 
						per i disordini del 29 maggio del 1985 durante la finale 
						della Coppa dei Campioni tra il Liverpool e la Juventus, 
						che causarono la morte di 39 spettatori, la maggior parte 
						italiani, e centinaia di feriti. In seguito agli incidenti 
						le squadre di club inglesi sono state bandite dalle tre 
						coppe europee. Il divieto non riguarda invece la nazionale 
						che può competere nei campionati europei e nella coppa del 
						mondo. (Agi-Ap) 27 giugno 1990 Fonte: La Stampa
						 
						 
							
							
							
							
							
							ARTICOLI STAMPA 
							GIUGNO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						
						Riunione in Prefettura 
						per la possibile semifinale tra Inghilterra e Germania a 
						Torino 
						Nel Mondiale spunta l'incubo 
						Heysel 
						
						Timori di "vendette" 
						anti-inglesi di Angelo Conti C'è apprensione per una 
						possibile, probabile, semifinale fra Inghilterra e Germania 
						a Torino. Se ne è parlato martedì sera, in un summit del 
						Comitato ordine pubblico riunito in Prefettura. Si temono 
						tensioni fra le due tifoserie, ma soprattutto attriti fra 
						ultras juventini e hooligans. Il ricordo dell'Heysel è infatti 
						ancora vivo, e non si esclude che qualche esaltato possa 
						tentare la "vendetta". Intanto, molti torinesi hanno già 
						telefonato al giornale annunciando che - in caso di sbarco 
						inglese al Delle Alpi - rinunceranno al posto allo stadio 
						e resteranno a casa, davanti alla tv. E' stata esplorata 
						la possibilità di un'inversione di campo con la semifinale 
						napoletana: in questo caso, l'Italia (Eire permettendo) 
						avrebbe potuto giocare allo stadio delle Alpi. Ma l'idea 
						resterà tale. Ci sono troppe difficoltà tecniche da superare, 
						in un tempo eccessivamente ridotto. A cominciare dai biglietti 
						già venduti. "E poi non dobbiamo sottovalutare ha commentato 
						l'avvocato Vittorio Chiusano, presidente del Col torinese 
						nonché della Juve - le chance del Camerun, che potrebbe 
						eliminare gli inglesi". Al di là di questa ipotesi, piuttosto 
						remota, i responsabili dell'ordine pubblico hanno cominciato 
						a lavorare sull'eventualità più probabile: quella di un 
						incontro fra Inghilterra e Germania. Un'accoppiata delicata 
						perché, accanto ad una prevedibile consistente presenza 
						di hooligans, è anche scontato l'arrivo di migliaia di tedeschi, 
						considerato che fra il Brennero e Torino ci sono appena 
						5 ore di macchina. Afflussi di tifosi che aprono anche seri 
						problemi logistici. A cominciare dal dove ospitare le migliaia 
						di hooligans, di solito più propensi a dormire sul marmo 
						delle stazioni o sull'erba dei giardini che negli alberghi. 
						Una soluzione sarebbe già pronta: si potrebbe riaprire la 
						tendopoli alla Pellerina, già adottata per i tifosi scozzesi. 
						Le forze dell'ordine stanno intanto studiando opportune 
						contromisure. Non esiste ancora un piano preciso. Ma per 
						i giorni 2 e 3 si farà ricorso a carabinieri e poliziotti 
						di stanza in zona: il Battaglione Piemonte di Moncalieri 
						ed il Reparto Celere di Torino possono fornire un numero 
						di uomini adeguato. A supporto, i carabinieri e la polizia 
						disporranno il raddoppio di volanti e gazzelle, mentre saliranno 
						ad una decina (in tutto 100 uomini) le pattuglie mobili 
						montate su furgoni e delegate al controllo del centro. Il 
						giorno della partita sono invece attesi robusti rinforzi 
						da Genova e Milano. Verranno anche confermati i mezzi già 
						impiegati nelle precedenti partite, a partire dall'elicottero 
						dei carabinieri dotato di telecamera brandeggiabile e di 
						ponte per la trasmissione delle immagini a terra che, il 
						giorno della partita e nei due precedenti, verrà tenuto 
						quasi costantemente in volo. L'obiettivo sarà quello di 
						evitare attriti fra inglesi e tedeschi, già nelle stazioni 
						e negli aeroporti, e poi negli spostamenti verso lo stadio. 
						Impossibile, invece, frapporre barriere fra gli ultras bianconeri 
						e gli hooligans. Come si comporteranno ? Che peso avrà il 
						ricordo dell'Heysel ? "Nessun peso. Non abbiamo dimenticato 
						i morti di quella sera - commenta l'architetto Dante Grassi, 
						responsabile del Coordinamento fra gli Juventus Club d'Italia 
						- ma verso gli inglesi non ci sarà astio. Piuttosto sarà 
						importante controllare attentamente gli hooligans, per evitare 
						che loro azioni di disturbo o di violenza possano provocare 
						reazioni. Auguriamoci che non accada, e che le forze dell'ordine 
						continuino a tenere in pugno la situazione". Torino, che 
						verso i tifosi brasiliani ha mostrato grande apertura e 
						persino condivisione, è ora chiamata ad una verifica. Assorbire 
						due tifoserie "difficili", senza farsi condizionare dal 
						ricordo di episodi di bestiale violenza, richiede l'impegno 
						di tutti. E la maturità che questa città ha mostrato tante 
						volte di possedere. 28 giugno 1990 Fonte: La Stampa
						 
						 
							
							
							
							
							
							ARTICOLI STAMPA 
							GIUGNO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						Vallette 
						contro gli hooligans Minacce sui muri e nei 
						volantini "Hooligans vi aspettiamo 
						a Torino", "Hooligans tornate a casa", "Attenti inglesi": 
						sono scritte comparse, nelle ultime ore, sui muri della 
						città. Un sintomo preoccupante, un segnale che l'arrivo 
						della tifoseria inglese è atteso con poca amicizia, almeno 
						dalla minoranza degli ultras. Scritte che, al di là delle 
						comprensibili dichiarazioni ufficiali volte a "minimizzare" 
						ogni pericolo, hanno fatto squillare molti telefoni, in 
						Prefettura, in Questura, al Gruppo carabinieri. In queste 
						ore, accanto ad un dichiarato tifo per il Camerun, funzionari 
						di Polizia ed ufficiali dei carabinieri ammettono anche 
						la partenza del "Piano Hooligans": un fitto programma di 
						contromisure da adottare, in vista dell'arrivo di inglesi 
						e tedeschi. Anche perché, in realtà, sono anche questi ultimi 
						a preoccupare: il "pomeriggio di fuoco" di due settimane 
						fa a Milano è stato rianalizzato nei dettagli, per evitare 
						repliche sotto la Mole. Si parla di uno schieramento di 
						4-5000 uomini, comprese le forze speciali, pronti a fronteggiare 
						le due tifoserie, alle quali non verrebbe lasciata alcuna 
						occasione di contatto. Uno sforzo titanico che richiede, 
						oltre agli uomini, anche un'organizzazione perfetta. In 
						città si coglie una tensione strana. Ad una fermata di autobus 
						delle Vallette era stato segnalato addirittura un manifesto 
						di minacce verso i tifosi inglesi. Non è stato trovato, 
						ma i passanti hanno confermato: "Era un ciclostilato, molto 
						semplice. Portava scritta, su tre righe: "Inglesi, non passerete, 
						alle Vallette". Con la firma, inedita, del comitato Heysel". 
						Attorno a questi segnali di dissenso, fioriscono anche voci 
						incontrollabili. Ieri pomeriggio, in corso Toscana, c'era 
						chi raccontava di riunioni di ultras (bianconeri e granata, 
						stranamente insieme) pronti a dare una lezione agli inglesi. 
						Nessuno, neppure le forze dell'ordine, riesce a discernere 
						la verità dalle chiacchiere da bar. Ma, se fosse vero, dovrebbe 
						scattare l'allarme rosso. Intanto, sono stati tirati fuori 
						dagli armadi i vecchi fascicoli sui disordini del giugno 
						'80 quando gli hooligans debuttarono a Torino con gravi 
						aggressioni verso i tifosi del Belgio, durante e dopo una 
						partita valida per il Campionato Europeo. Non manca comunque, 
						anche nei punti più infuocati, chi vede in questa partita 
						"un'occasione irripetibile per dimostrare che lo sport è 
						davvero superiore a qualsiasi violenza. Ed anche il momento 
						per superare definitivamente l'orrore dell'Heysel". Ma se 
						sarà così lo sapremo soltanto all'alba del 5 luglio. (a. 
						con.) 29 giugno 1990 Fonte: La Stampa
						 
						 
							
							
							
							
							
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							GIUGNO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						
						Boniperti: inglesi sotto controllo 
						TORINO - "Il capo della polizia mi ha assicurato 
						che le forze dell'ordine sono pronte per garantire le necessarie 
						misure di sicurezza. Certo una semifinale fra Germania e 
						Inghilterra ci obbligherà a stare ad occhi aperti". Giampiero 
						Boniperti, ex presidente bianconero, è fiducioso che Torino 
						possa ospitare i tifosi tedeschi e inglesi ma consiglia: 
						"Date poca pubblicità ai teppisti, sono malati di protagonismo". 
						Aspettando l'hooligan la città si divide. C'è chi ha timore 
						delle vendette anti-inglesi e del furore dei supporters 
						britannici (il sindaco, la Confesercenti, i benzinai) e 
						chiede per bocca di Maria Magnani Nova "il cambiamento della 
						sede dell'incontro di semifinale". C'è chi parla di una 
						grande occasione sportiva con una semifinale di alto valore 
						calcistico senza sottovalutare i problemi di ordine pubblico 
						come il presidente del Col, avvocato Chiusano che spiega: 
						"E’ mortificante per la città proporre un cambio di sede. 
						Abbiamo superato l'emergenza terrorismo, siamo in grado 
						di organizzare uno svolgimento tranquillo dell'incontro. 
						Aspettiamo serenamente il verdetto del campo". E c'è chi 
						spera nei gol del bomber camerunense Milla: buona parte 
						dei cittadini, anche per una simpatia verso la squadra africana. 
						Voci, ipotesi e paure si rincorrono in questi giorni di 
						vigilia in attesa della "soluzione finale" prevista domenica 
						sera al San Paolo di Napoli con l'incontro fra Inghilterra 
						e Camerun. Tutti si aspettano la vittoria inglese e allora 
						mettono le mani avanti. I commercianti, ad esempio, chiedono 
						alle forze dell'ordine un aiuto particolare per bar e ristoranti, 
						memori dei disordini di Cagliari e Bologna, ma anche degli 
						scontri di Milano provocati dai tifosi tedeschi. Ma c'è 
						anche chi guarda con timore le scritte anti-britanniche 
						comparse in città. L'avvocato Chiusano, presidente della 
						Juve, però sdrammatizza: "Tra i tifosi bianconeri non ci 
						sono hooligans, le scritte sono opera di qualche criminale 
						stupido". E Dante Grassi, coordinatore degli Juventus club 
						d'Italia dice: "La ferita dell'Heysel rimane sempre, ma 
						questo non vuole dire scatenare una nuova guerra. Piuttosto 
						occorre pensare in primo luogo al confronto fra le tifoserie 
						inglesi e tedesche. Speriamo che la presenza massiccia delle 
						forze dell'ordine garantisca la sicurezza in città e garantisca 
						anche i torinesi che vorranno andare allo stadio". Nell'attesa 
						si stanno affinando le misure di sicurezza. A partire da 
						mercoledì prossimo è previsto l'arrivo di rinforzi di polizia 
						e carabinieri da Milano e Genova. In tutto dovrebbero essere 
						più di cinquemila gli agenti in servizio in città. Le due 
						tifoserie dovrebbero, poi, essere divise. I sostenitori 
						che arriveranno in pullman verranno dirottati in parcheggi 
						separati lontano alcuni chilometri. Verrà anche vietato 
						il parcheggio delle auto private intorno allo stadio, solo 
						giornalisti e autorità potranno arrivare in macchina. Tutto 
						è pronto per sostenere l'assedio anche se qualcuno difende 
						i tifosi di sua Maestà Elisabetta: la stampa inglese e il 
						responsabile dello sport del partito laborista accusano 
						le forze dell'ordine italiane di "perseguitare indiscriminatamente 
						i tifosi". m. tr. 29 giugno 1990 Fonte: Stampa Sera
						 
						 
							
							
							
							
							
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							GIUGNO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						
						Una città piena di paura 
						ricorda con rabbia i suoi morti 
						di Clara Caroli TORINO - A Torino i rancori 
						dell'Heysel sono lontani cinque anni ma ancora freschi. 
						E c'è paura mentre la tifoseria bianconera più arrabbiata 
						si starebbe organizzando per accogliere gli hooligans. La 
						città nella quale agli Europei dell'80, durante gli incontri 
						della nazionale inglese contro Belgio e Italia, esplosero 
						in maniera vistosa i primi fenomeni di teppismo calcistico, 
						rischia di vivere ore di tensione e di violenza. Che lo 
						stadio Delle Alpi sia il meno adatto ad ospitare l'ipotetica 
						semifinale tra Inghilterra e Germania, il 4 luglio, non 
						è soltanto opinione del sindaco Magnani Noya. Benzinai e 
						baristi minacciano la serrata, l'Azienda Promozione e Turismo, 
						che dovrebbe accogliere gli ultrà britannici, lancia appelli 
						alle forze pubbliche. I cittadini annunciano che si barricheranno 
						in casa. Il fantasma della furia inglese di Bruxelles torna 
						a circolare. Torino ha paura. "Rabbrividisco al pensiero 
						che vengano a giocare qui: certe cose non si possono dimenticare. 
						Mio marito aveva 26 anni, il mio bambino ne ha 5 e non l'ha 
						mai conosciuto. Ho ancora tanta rabbia dentro". Sono le 
						parole amare di Tiziana, la vedova di Domenico Russo, giovane 
						juventino ferito sotto la tribuna dell'Heysel e morto per 
						la lentezza dei soccorsi due ore dopo gli incidenti. Parole 
						ancora piene di rancore: è un incubo che può ripetersi, 
						quella è gente che non ha bisogno di essere provocata per 
						uccidere. Le fa eco Carlo Duchene, che rimase in coma per 
						un mese dopo l'Heysel: "Si cerca di dimenticare, ma alla 
						fine il sentimento di vendetta prevale. Io abito in Liguria, 
						ma se fossi a Torino non avrei paura: certo sarebbe meglio 
						che non mi passasse davanti un tifoso inglese, perché non 
						so come potrei reagire". Questa è l'aria che tira. Cesare 
						Frola, venticinquenne laureato in Economia e Commercio, 
						era nella curva degli Juventini più scalmanati, a Bruxelles, 
						e conosce i fighters bianconeri: "Sento molta gente che 
						si sta preparando a ricevere gli inglesi. Io sono un pacifista 
						e non mi resta che confidare nella polizia". Chi del calcio 
						non si interessa, chi del Mondiale non ne può più, chi della 
						tragedia dell'Heysel ha vissuto soltanto l'eco emozionale 
						di fronte al teleschermo, assiste a queste minacce incrociate 
						con angoscia. E, imprevedibilmente, i più preoccupati sono 
						gli inglesi che a Torino vivono e lavorano. Barbara Wade, 
						insegnante, ha occhi verdi, pelle chiara e lineamenti tipicamente 
						britannici: "Dopo i fatti di Bruxelles - racconta - mi è 
						capitato di essere inseguita e minacciata da un gruppo di 
						ragazzini: Quella è inglese, ammazziamola di botte. Me la 
						sono cavata fingendo di essere americana". Torna a quella 
						sera dell'85: "Soltanto allora ho scoperto gli hooligans. 
						Ero a casa a guardare la partita con mio marito, alcuni 
						amici italiani e due ospiti inglesi, un ragazzo e una ragazza. 
						Per scherzo avevamo diviso in due il tavolo: da una parte 
						si beveva vino, dall'altra birra. Era uno schieramento allegro: 
						alla fine eravamo in lacrime. Ora sono spaventata, il pericolo 
						è grande. Eppure alimentare il terrore degli hooligans è 
						un errore gravissimo". La pensa così anche Bill Cowling, 
						direttore del British Institute di Torino: "L'atteggiamento 
						della vostra stampa è odioso. L'Italia ha la mania dell'autocritica 
						e ora non le par vero di aver trovato un Paese con vizi 
						peggiori. Resta il fatto che quello dei tifosi violenti 
						è un problema sociale che affligge tutto il mondo, il mondo 
						civile. E' il segnale della rinascita del tribalismo: basta 
						guardare le facce dipinte, i tamburi. Presi singolarmente 
						i nostri sono bravi ragazzi, messi insieme diventano giovani 
						uomini delle caverne a caccia di mammuth". Alla civiltà 
						fa appello anche Domenico Chieffo, presidente dello Juventus 
						Club Augusta Taurinorum, che stempera le minacce di una 
						parte della tifoseria bianconera: "C'è un allarmismo esagerato. 
						Bisogna ripensare i ruoli: noi riceviamo degli ospiti, siamo 
						un popolo civile e dobbiamo dimostrarlo. Il fatto che venga 
						l'Inghilterra fa parte del gioco. Certo Bruxelles è un episodio 
						gravissimo ma fu dovuto all'Uefa che gestì male quella partita 
						e alle forze dell'ordine che non fecero il loro dovere. 
						Ci vuole prevenzione, i teppisti ci sono anche a Torino, 
						ma basta isolarli. Non è possibile che una piccola minoranza 
						metta in discussione un intero popolo civile. L'ipotesi 
						che ha fatto il sindaco di invertire i campi fra Torino 
						e Napoli mi sembra uno sproposito". Tra quelli che nel clima 
						di tensione generale sdrammatizzano c'è il padre di Umberto 
						Salussoglia, il tifoso torinese arrestato per aver sparato 
						all'Heysel con una scacciacani: "Vedrete che se gli inglesi 
						arriveranno a Torino, non succederà nulla. Gli hooligans 
						guarderanno la partita, prenderanno un po' di sole e se 
						ne torneranno a casa". Magari andrà così, ma intanto Torino 
						tifa Camerun. 30 giugno 1990 Fonte: La Repubblica
						 
						 
							
							
							
							
							
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							GIUGNO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						
						Familiari vittime Heysel 
						"Niente violenza, per carità" "Ho sperato fino all'ultimo 
						che gli inglesi non ce la facessero a superare il turno. 
						Ora non resta che augurarsi che durante l'incontro tra Inghilterra 
						e Germania non succedano incidenti. Ho sofferto troppo e 
						non auguro a nessuno di dover avere un figlio o un marito 
						ucciso in uno stadio". La signora Carolina Bandiera vive 
						le sue giornate nel ricordo della terribile serata all'Heysel 
						di cinque anni fa che costò la vita a 39 tifosi juventini. 
						Suo marito, Giovacchino Landini, 49 anni, finì schiacciato 
						come molti altri nella calca. "Non ho alcun rancore, così 
						come d'altronde tutti gli altri famigliari che hanno dato 
						vita al "Comitato parenti delle vittime dell'Heysel" l'associazione 
						costituitasi parte civile nel processo di Bruxelles. Non 
						è con la violenza che si combatte la violenza e quindi mi 
						auguro che gli hooligans vengano ignorati da tutti i torinesi. 
						Niente rancori, ma la polizia deve tenerli costantemente 
						sotto controllo. Non bisogna assolutamente dare loro la 
						possibilità di comportarsi da vandali quali sono". Anche 
						il presidente del "Comitato", Otello Lorentini che a Bruxelles 
						ha perso il figlio Roberto di 31 anni, è d'accordo: "Gli 
						hooligans quando vengono ignorati sono innocui. Soltanto 
						se istigati diventano pericolosi". 2 luglio 1990 Fonte: Stampa Sera
						 
						 
							
							
							
							
							
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							LUGLIO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						
						Una notte di guerriglia 
						Otto contusi e due denunciati nell'attacco contro 
						gli inglesi di Ezio Mascarino Prima una "caccia all'inglese", 
						attorno e dentro Porta Nuova; poi l'assalto al Parco Ruffini, 
						dove i tifosi erano stati sistemati da carabinieri e polizia, 
						al grido "Vendichiamo i nostri morti dell'Heysel". Quelle 
						dell'altra notte sono state ore di guerriglia: lanci di 
						sassi, bottiglie, spranghe di ferro. Le forze dell'ordine 
						hanno usato i lacrimogeni. C'è stato anche un principio 
						di incendio fra le tende dove erano accampati i supporters 
						dei "bianchi". Bilancio di tre ore di follia: otto contusi; 
						due giovani torinesi denunciati a piede libero (porto abusivo 
						di coltello e resistenza a pubblico ufficiale); 43 ragazzi, 
						18-21 anni, di Torino, Rivoli, Moncalieri, Chieri, fermati 
						e accompagnati in questura: la loro posizione sarà vagliata 
						dalla magistratura. Ma nel frattempo, per tutti, è scattato 
						un provvedimento del questore: per un anno non potranno 
						assistere a manifestazioni sportive, a partite di calcio; 
						per chi viola questa sanzione c'è il carcere: da 3 mesi 
						ad un anno. I disordini quando era da poco finita la partita 
						degli azzurri con l'Argentina. Un centinaio di giovani si 
						sono raccolti in piazza Carlo Felice. Poi, di corsa, un 
						gruppo è entrato nella stazione: "Arrivano i treni, arrivano 
						gli inglesi". La polizia è intervenuta, riuscendo a fermarli. 
						Ma altri ragazzi si sono infilati da via Nizza, anche loro 
						volevano affrontare i tifosi inglesi; non c'erano treni 
						in arrivo, gli ultras si sono allontanati. Mezz'ora dopo 
						sono ricomparsi, ma questa volta erano circa duecento, al 
						Parco Ruffini. Erano le 23.30. Al di là delle cancellate, 
						fra le tende dei tifosi inglesi, tutto era calmo. Fuori, 
						sui viali, carabinieri e agenti di polizia. In pochi minuti 
						la tensione è cresciuta, e tutto è degenerato. "Molti giovani 
						avevano al collo sciarpe bianconere", diranno poi gli inquirenti. 
						Grida: "Quelli stanno sfasciando le nostre strutture sportive. 
						Polizia, lasciateci passare, li sistemiamo noi". E tutti 
						a spingere contro cancelli e inferriate. I lacrimogeni, 
						una prima carica per disperderli. Ed è stata guerriglia. 
						Lanci di sassi, da parte delle tifoserie contrapposte. Ancora 
						una carica delle forze dell'ordine, gli ultras sono stati 
						allontanati. Un fuggi fuggi generale, lungo le strade adiacenti. 
						E lì, in via Lancia ad esempio, sono stati fermati quei 
						43 giovani poi accompagnati in questura e identificati. 
						Erano da poco passate le due di notte quando, attorno a 
						Parco Ruffini, è tornata la calma. 5 luglio 1990 Fonte: La Stampa
						 
						 
					
							
							
							
							
							
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							LUGLIO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						A 
						5 anni dall'Heysel l'Uefa riammette due club (Manchester 
						U. e Aston Villa) senza restrizioni per i tifosi 
						Perdonata l'Inghilterra, non il Liverpool Matarrese: ma i familiari 
						delle vittime sapranno capire ? di Giorgio Gandolfi GINEVRA. DAL NOSTRO INVIATO 
						- L'Inghilterra non è più un'isola calcistica, da ieri fa 
						ancora parte dell'Europa. Cinque anni dopo la strage dell'Heysel, 
						l'Uefa ha cercato di dimenticare (ma non potrà mai cancellarli) 
						i 39 morti di Bruxelles e le responsabilità degli hooligans. 
						Ha annullato una parte della squalifica inflitta dall'allora 
						presidente Uefa, Georges, quando nel giugno dell'85 a Basilea 
						promulgò il bando d'interdizione degli inglesi. Ora due 
						società sono state riammesse nelle Coppe, Manchester United 
						e Aston Villa; il Liverpool resta in castigo per via dei 
						3 anni da scontare ma è probabile che già nel luglio del 
						'91 si torni a parlare del suo reinserimento, così come 
						avverrà anche per gli olandesi dell'Ajax tuttora fuori, 
						dunque, dal grande giro. Col Manchester United in Coppa 
						delle Coppe, considerato che Juventus e Sampdoria sono teste 
						di serie, oggi a mezzogiorno dal sorteggio all'Hilton potrebbe 
						saltare fuori un accoppiamento fra i bianconeri o i blucerchiati 
						col club inglese. E' augurabile di no, almeno all'inizio 
						ma tutto è possibile. "Il calcio - ha commentato il presidente 
						della Federcalcio, Matarrese, uno dei 4 vice dell'esecutivo 
						Uefa presieduto dallo svedese Johansson - è condannato ad 
						andare avanti. Dobbiamo guardare avanti. Non abbiamo dimenticato 
						i nostri morti, ma siamo stati esortati a dare il nostro 
						contributo per una ricomposizione del movimento calcistico. 
						Anch'io ho vissuto quella tremenda giornata e non potrò 
						sicuramente dimenticarla ma ho dovuto accettare questa decisione. 
						Speriamo che anche i famigliari delle vittime sappiano accettare 
						questo provvedimento. Noi avremmo voluto che la cosa slittasse 
						ancora per un anno ma stamane c'è stato un incontro dell'Esecutivo 
						col ministro inglese dello Sport, Moynihan, il quale ha 
						assicurato le massime garanzie da parte del Governo qualora 
						i club inglesi tornino a competere col resto d'Europa". 
						Il rappresentante della Thatcher ha ricordato il buon comportamento 
						su quasi tutti i fronti dei tifosi inglesi durante l'ultimo 
						mondiale e lo stesso Matarrese ha convenuto che "a Bari, 
						dopo la finale del 3° posto, c'è stato un abbraccio generale 
						coi giocatori inglesi". Quindi ha aggiunto: "Anche i loro 
						tifosi si sono comportati bene per cui abbiamo finito per 
						dare la nostra adesione". Matarrese era in una posizione 
						molto delicata, a mezza via fra il suo ruolo politico e 
						i sentimenti dei famigliari delle vittime che avrebbero 
						voluto interdetti per sempre gli inglesi dalle competizioni 
						sul continente. Lo stesso presidente della Federcalcio inglese, 
						Millichip, aveva presentato un rapporto contenente le norme 
						restrittive cui si sarebbero assoggettati i club in caso 
						di una risposta positiva dell'Uefa. E cioè il divieto di 
						portarsi dietro tifosi sul continente e soprattutto di vendere 
						i biglietti delle competizioni in Inghilterra. L'Esecutivo 
						ha dato atto alla Federazione della sua buona volontà ma 
						ha respinto questa ipotesi affermando che le condizioni 
						di partecipazione devono essere uguali per tutti ma chiedendo 
						che i club si assumano le spese per eventuali operazioni 
						di polizia". Dal quadro generale delle Coppe, dunque, mancano 
						ora soltanto tre società e cioè Ajax (Olanda) e Liverpool 
						(Inghilterra) escluse dalla Coppa dei campioni nonché l'Hajduk 
						Spalato, finalista della Coppa di Jugoslavia ma impossibilitata 
						a partecipare alla Coppa delle Coppe in quanto squalificata 
						per due anni dopo i gravi incidenti di Zagabria. Col ritorno 
						degli inglesi, la Scozia ha visto annullata la possibilità 
						della partecipazione di una sua rappresentante in più, il 
						Celtic, nella Coppa Uefa. Da notare che l'organismo europeo 
						ha anche dato mandato ad un noto legale di fare ricorso 
						presso la magistratura belga contro l'incriminazione a carico 
						dell'ex presidente Georges e del segretario, considerati 
						corresponsabili degli incidenti avvenuti all'Heysel. 11 luglio 1990 Fonte: La Stampa
						 
						 
							
							
							
							
							
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							LUGLIO 
							1990  
							
							
							
							
							 
						
						L'ex capitano ed oggi 
						tecnico del Liverpool riaccende la polemica dopo la tragica 
						finale di Bruxelles 
						Un'ingiustizia lasciarci fuori 
						dopo l'Heysel 
						
						Dalglish: "Siamo 
						una squadra modello" di Curzio Maltese FORTE DEI MARMI. DAL NOSTRO 
						INVIATO - L'ultima volta di Kenny Dalglish era per un funerale. 
						Questa è una villeggiatura. I reds sono tornati in Italia. 
						Si sono acquartierati in un hotel nel verde, alle porte 
						di Forte dei Marmi. Clienti normali, quasi snobbati. Soltanto 
						l'enorme pullman posteggiato nell'ombra, seminascosto dai 
						pini, rivela la loro presenza. Mancavano dal 16 gennaio 
						1985, la Supercoppa persa a Torino (0-2) contro la Juventus. 
						Cinque mesi più tardi, il 29 maggio, la tragedia: 39 morti. 
						Massacrati per una coppa, nel fatiscente teatro dell'Heysel. 
						A chi non li vede da allora, mette qualche brivido lungo 
						la schiena riconoscere gli stessi volti, la contagiosa allegria 
						che è da sempre il modo di stare in gruppo dei reds, alla 
						vigilia di un'amichevole con la Fiorentina come nel ritiro 
						prima di quel Juve-Liverpool di 5 anni fa. C'è Grobbelaar, 
						il portiere sudafricano, quello che fece perdere la testa 
						a Graziani (e la coppa Campioni alla Roma), mimando un tremolio 
						alle ginocchia prima del rigore decisivo. Ha i soliti baffetti, 
						l'aria sfottente. Nei corridoi della hall accentua il clownesco 
						caracollare; una bottiglia di birra in mano, fa l'ubriaco. 
						McMahon, tutto solo, stona l'innocente motivetto "here we 
						go", trasfigurato negli anni a urlo di battaglia degli hooligans. 
						Sono rimasti Whelan, Nicol, Gillespie e Ian Rush, che sorride 
						spesso e ha dimenticato il poco italiano appreso in una 
						stagione di Juve. Non c'è il vecchio capitano Neal. Ma nonostante 
						la batosta anche economica dell'esclusione dalle coppe, 
						sono arrivati i nazionali Barnes, Beardsley e McMahon, lo 
						svedese Hysen. L'acquisto recente è l'israeliano Rosenthal, 
						accolto un'estate fa a Udine con le scritte "vattene ebreo" 
						e rispedito al mittente con un certificato medico: con 7 
						gol nelle ultime sette gare ha fatto vincere al Liverpool 
						il campionato. Ma in coppa Campioni il posto rimarrà vuoto. 
						Il Liverpool sconta il supplemento di pena, nonostante l'ufficiale 
						riammissione delle squadre inglesi. Se l'orologio della 
						storia non si fosse arrestato alla sera del 29 maggio 1985, 
						forse oggi il Liverpool sarebbe ancora "la più forte squadra 
						della Terra", una delle più grandi di tutti i tempi. Avrebbe 
						superato, forse, il record di sei coppe Campioni del Real 
						di Di Stefano. I reds sono invece tornati a essere il solo 
						vanto della moribonda Liverpool, dai docks deserti e dal 
						più alto tasso di disoccupazione d'Inghilterra. E se, "if", 
						è diventato il motto del club, if, ripete spesso Kenny Dalglish. 
						"Se" potessimo giocare in coppa, "se" non ci fosse stato 
						l'Heysel. Il tempo sembra essersi fermato anche sulla sua 
						faccia da ragazzo. A 39 anni ne dimostra dieci di meno. 
						Si allena tutti i giorni. Sarebbe il team manager, ma in 
						realtà a far lavorare la truppa ci pensano i vice Moran 
						e Evans. Lui, spiega Hysen, "si limita a distribuire le 
						maglie, a parlare di tattica cinque minuti prima di scendere 
						in campo, e a farsi gli affari suoi". "Del resto aggiunge 
						il globetrotter svedese (Goteborg, Psv Eindhoven, Fiorentina) 
						- l'Inghilterra è un altro pianeta rispetto all'Italia, 
						dove ci sono le star e i gregari, i finti divieti e i modi 
						facilissimi per aggirarli. Al Liverpool siamo tutti liberi 
						e uguali. Ci si ritrova al pub dopo la partita o l'allenamento, 
						si beve qualche birra e poi ognuno va per la sua strada". 
						"E’ un lavoro facile il mio" dice Dalglish. "Qui arrivi 
						solo se sei un grande, con le gambe e con la testa. Cosa 
						dovrei spiegare a questi campioni ? Come si gioca a calcio 
						? Oppure, quante volte far l'amore con la moglie ? Il Liverpool 
						ha un secolo di tradizione. Ogni ragazzo inglese sa come 
						ci si deve comportare, una volta entrato nei reds". Dalglish 
						si sente un uomo fortunato. "I'm a lucky man". "Non invidio 
						Bobby Robson (ct inglese dei mondiali) che va a guadagnare 
						400 mila dollari al Psv Eindhoven. Non lascerei mai il Liverpool. 
						E' un club unico, anche rispetto al resto del campionato 
						inglese. Da nessuna parte è così normale vincere, in nessun 
						altro posto c'è questo clima tra dirigenti, giocatori e 
						tifosi. "Sì, anche i tifosi. So che per gli italiani è difficile 
						capire, credere. Ma quest'anno non abbiamo avuto neppure 
						una multa per il lancio di un petardo. I nostri fans sono 
						meno "vivaci" di quelli del Chelsea o di Manchester. Gli 
						hooligans ci sono ancora. Da noi, come in Italia. "Non vorrei 
						essere frainteso. Non chiedo di seppellire per sempre questa 
						storia. L'Heysel fa parte di un passato che non abbiamo 
						il diritto di dimenticare. Ma siete sicuri che in questo 
						modo giustizia sia stata fatta ? Comunque non decido io. 
						Io devo soltanto fare in modo che la squadra sia pronta 
						per il giorno in cui torneremo in Europa, tra uno, 5, 10 
						anni. Vincere un campionato dopo l'altro, perché solo la 
						coppa Campioni conta. Eravamo al top prima dell'Heysel. 
						Pensiamo di esserlo ancora. Questo è il Liverpool di sempre, 
						vale la squadra che ha vinto a Roma. Lo dimostra la rinascita 
						di Rush. Se potessimo giocare contro Milan, Benfica, Real...". 3 agosto 1990 Fonte: La Stampa
						 
							
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