"Settanta Angeli in un
unico Cielo
Heysel e Superga Tragedie
Sorelle"
GRUGLIASCO
MELFI 2014 GIVOLETTO REGGIO EMILIA
RIVAROLO
CANAVESEMACERATAMEDABOLOGNA MELFI 2021
Tragedie Sorelle
Comunicato ufficiale del
Museo Virtuale Multimediale www.saladellamemoriaheysel.it e
del Museo del Grande Torino e della leggenda granata in
merito allo scambio dei loghi sui propri siti istituzionali.
L’ispirazione
dall’insegnamento di Giampiero Boniperti, simbolo della
storia bianconera, per un giorno in maglia granata al
Comunale di Torino.
26 maggio 1949, il Torino ormai non
c’è più, abbattuto come un angelo in volo dal fato crudele
sulla collina di Superga. Un aereo e cuori di milioni
d’italiani in rottami. La meglio gioventù del dopoguerra in
cenere. Il River Plate del grande Di Stefano vuole renderne
omaggio alla memoria disputando una partita amichevole al
Comunale davanti a 70.000 persone contro una selezione dei
migliori giocatori della serie A che prenderà il nome di
"Torino Simbolo". Fra loro convocati il portiere bianconero
Sentimenti IV e l’icona più fulgida della Juventus di ogni
tempo, Giampiero Boniperti. Per un giorno il paladino della
Signora indossa la maglia granata e la onora come tutti gli
altri compagni. La sua grinta ed il suo orgoglio ben si
sposano alla leggenda di quel patrimonio immenso di talento
umano e sportivo. Quanti tifosi della Juventus lo sapranno ?
Penso, sicuramente in pochi. Mettersi per due ore, un
giorno, i panni del proprio avversario… Proprio quello più
avversario che c’è… Non per un carnevale dove ci si burla
finanche dei santi. Non come un gioco di bambini mai
cresciuti. Una lezione dalla vita, un colpo di spugna agli
arroccamenti scacchistici del pregiudizio mentale di fondo
di sentirsi sempre nel giusto fuori e dentro il campo e la
ragione. Allora, provate ad immaginarvi nella nebbia di quel
pomeriggio maledetto da Dio mentre accorrete sul colle della
Basilica di Superga a cercare sul posto disperatamente se ci
fosse ancora un rantolo e scoprirne soltanto l’orrore, non
avendo neanche tempo di piangerlo per doverlo pietosamente
ricomporre... Allora, immaginatevi a scoprire bandiera per
bandiera, sciarpa per sciarpa, quei volti dei cadaveri
ammucchiati fuori allo stadio Heysel, cercando tuo padre, un
figlio, un fratello, un amico, scoprendo affannosamente
decine di occhi sbarrati e facce livide, gonfie, tumefatte,
non avendo neanche il tempo di una preghiera e sperando che
il prossimo non sia proprio lui… "La tragedia è
dimenticare", un motto impresso nel museo del Grande Torino,
ma c’è molto di peggio: dileggiare quei poveri caduti in tre
pezze con il sarcasmo degli impunibili quanto sfoggiare
strafottentemente quella bandiera dell’Union Jack attizzando
filastrocche immonde di morte ogni domenica da trent’anni.
Leggi italiane proteggono da qualche tempo farisaicamente
negli stadi l’edulcorato cartolinismo di Napoli con vista
dall’ultimo albero di Posillipo, ignorando lo stesso rigore
per la memoria sacra di tutti i morti del pallone dove non è
sfottuta semi-folkloristicamente un’etnia, ma vengono
profanati nomi e cognomi e i loro familiari lacerati da una
ferita mai definitivamente rimarginata. Davanti alla morte
nessuna curva si senta la vergine sacrificale e nessun
gruppo ultras si permetta di fare il verso alla dignità
umana che è al di sopra di tutto e di tutti. Persino il
furioso guerriero Achille pianse di commozione davanti al Re
Priamo, il nemico assediato che era venuto in segreto e
senza scorta a richiedere le spoglie mortali di suo figlio
Ettore, ucciso in duello. Nessun tifosucolo da bar o in
poltrona che sta formando subdolamente suo figlio all’odio
si senta migliore di loro. E quei giornalisti tifosi che
sviano le pratiche e le tracce della coerenza nella ricerca
della verità, imputridendo i pozzi della cultura sportiva
come untori scellerati, si vergognino profondamente di se
stessi, sono feccia anche loro. Perché non è mai questione
di categorie, ma di uomini.