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						| Un 
												Padre e un Figlio di Paolo Levanti La 
												lettera di un tifoso che 
												incontrò Otello il 29.05.1985 a 
												Bruxelles inviata a suo nipote 
												Andrea, all’epoca bambino, oggi 
												il presidente dell’Associazione 
												fra i Familiari delle Vittime 
												dell’Heysel, rifondata alla 
												morte del nonno nel 2015. 
						
				 
				 "Ciao, mi chiamo Paolo Levanti e 
												abito a Pavullo nel Frignano in 
												provincia di Modena, non mi 
												conosci e forse ti stupirai di 
												ricevere questa mail in merito 
												ad una tragedia avvenuta nel 
												1985 della quale ti spiegherò il 
												motivo. Ero presente all’Heysel 
												come Presidente del club con una 
												comitiva di 28 tifosi e dopo il 
												massacro avvenuto allo stadio, 
												non riuscendo a trovare uno dei 
												componenti, non sono rientrato 
												allo stadio cominciando a 
												cercare l’amico scomparso. Con 
												il cortese aiuto di due ragazze 
												di Bruxelles, con la loro auto, 
												ho girato tutti gli ospedali nei 
												quali avevano portato i feriti 
												per terminare questa via Crucis 
												nella caserma militare dove 
												avevano portato le persone 
												decedute. È stato in quel triste 
												posto che ho conosciuto tuo 
												nonno con il quale abbiamo 
												scambiato, in una atmosfera che 
												ti lascio immaginare, frasi che 
												misero in evidenza la sofferenza 
												di tuo nonno. Una frase mi ha 
												colpito in modo profondo che mi 
												ha accompagnato quotidianamente 
												per un anno e ancora oggi mi 
												risuona nella mente… Mi disse: 
												"Vedi, ho voluto fare un regalo 
												a mio figlio per la sua prossima 
												attività di medico e l’ho 
												portato a morire" e questa frase 
												mi colpì in modo particolare, 
												oltre al tono di voce sussurrato 
												quasi non volesse disturbare suo 
												figlio, perché la sera prima di 
												partire convinsi con fatica mia 
												figlia di 10 anni a non venire, 
												rinunciando al biglietto, in 
												quanto non ero tranquillo di 
												quel settore. Da quel ritorno ho 
												volutamente cercato di 
												dimenticare quella triste serata 
												per questo non ho mai voluto 
												partecipare a nessun evento che 
												me la facesse tornare in mente, 
												ma oggi mi farebbe enormemente 
												felice sapere come sta tuo 
												nonno, una roccia per quel poco 
												che l’ho conosciuto, e gli 
												porgessi i miei doverosi omaggi 
												e saluti.
												Ti ringrazio per la cortesia".  Fonte: 
												Associazionefamiliarivittimeheysel.it
						
						© 6 ottobre 2022  Fotografia:
						Curvafiladelfia.wordpress.com 
						© |  
					
						| Premio Fair Play 
						"Otello Lorentini" al Cesena
						
						 
						
						di Domenico Laudadio
						
						 
						
						
				 
				 La nostra Associazione è stata invitata a premiare la 
						squadra di calcio più disciplinata al Torneo Giovanile 
						Esordienti "Arretium Cup" organizzato dal G.S. OlmoPonte 
						e al quale hanno partecipato questo fine settimana 
						(11-12 giugno 2022) con un enorme successo di pubblico 
						16 società, 10 delle quali professionistiche. Un premio 
						"alla squadra più corretta e disciplinata" è stato 
						riservato dagli organizzatori del G.S. OLMOPONTE AREZZO 
						A.S.D. che, non a caso, l’hanno voluto intitolare alla 
						memoria di Otello Lorentini. Nel 1985 fondò 
						l’Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel 
						che si sciolse nel 1992 al termine del processo di 
						cassazione di Bruxelles e poi venne rifondata nel 2015 
						da suo nipote, Andrea. E proprio lui, ad Arezzo, in 
						rappresentanza della famiglia Lorentini e in qualità di 
						Presidente della nuova Associazione ha consegnato il 
						"Premio Fair Play" intitolato in memoria di suo nonno ai 
						giovanissimi esordienti del Cesena. Questo 
						riconoscimento di lealtà e correttezza sul campo, non è 
						soltanto importante dal punto di vista affettivo, ma in 
						perfetta simbiosi con i fini statutari medesimi 
						dell’Associazione protesa con ogni sforzo nella missione 
						educativa rivolta alle nuove generazioni ai valori di 
						civiltà nello sport. Questo torneo (il più importante a 
						livello giovanile della provincia) è riservato alla 
						categoria Esordienti (2° Anno) e vi partecipano molti 
						dei migliori settori giovanili delle società 
						professionistiche italiane di calcio. Dopo due anni di 
						blocco forzato, causati dalla pandemia del Covid 19, 
						finalmente l’attività agonistica è stata riavviata. 
						Richieste di partecipazione numerose non soltanto da 
						svariate società dilettantistiche di tutta Italia, ma 
						anche dall'estero, persino dal Giappone.  Fonte: Associazionefamiliarivittimeheysel.it © 
						14 giugno 2022  Fotografia: Olmoponte.it © |  
					
						| Caro Otello… di Francesco Caremani 
						
				 
				 Caro 
												Otello chissà se vedi, ma qui è 
												tutto un chiacchierare dell'Uefa 
												e di come in una finale 
												rigiocata il 29 di maggio non 
												abbia pensato a un ricordo per 
												la strage dell'Heysel e per i 
												nostri 39 morti. Come se tutti 
												questi 36 anni di rimozione 
												collettiva e istituzionale, 
												italiana ed europea, di una 
												Storia non condivisa, non 
												fossero mai passati. Come se 
												portare avanti il ricordo di 
												quello che era accaduto non fosse stato difficile e, 
												addirittura, pericoloso: io e te 
												da soli, era il 2003, non c'era 
												altro, in quel momento non c'era 
												alcun altro; sono arrivati tutti 
												dopo. Lo so Otello è antipatico 
												autocitarsi, ma ricordo ancora 
												la tua determinazione a mettere 
												sempre i puntini sulle i di 
												questa storia, la tua più di 
												chiunque altro. Ho letto firme 
												eccelse scrivere sciocchezze e 
												inesattezze solo per fare un 
												post sull'Heysel, peccato: era 
												meglio il silenzio, quello che 
												quasi tutti hanno scelto in 36 
												anni, voltandoci spesso le 
												spalle. L'eredità che mi/ci hai 
												lasciato è pesante, ma è nel 
												contempo responsabilità e 
												orgoglio. Quello che proveresti 
												nel guardare Andrea Lorentini 
												che porta avanti la memoria e la 
												dignità dei familiari delle 
												vittime, con la tua stessa 
												fermezza, con la tua identica 
												costanza. So che non hai mai 
												perdonato e io con te, perché 
												per perdonare bisogna 
												dimenticare, quello che hanno 
												cercato di fare quasi tutti, 
												quello che noi non abbiamo fatto 
												mai.  Fonte: Francesco 
												Caremani 
						© 
						29 maggio 2021 (Pagina 
												Facebook)  Fotografie:
						
						
						
						
						
						Comitato Heysel Reggio 
						Emilia 
						© Bradipolibri 
						© Cesenatoday.it 
						© |  
							
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						| Otello, un raggio di sole di Domenico Laudadio 29° anniversario della 
												Strage dell’Heysel. È il primo 
												senza il Presidente Otello 
												Lorentini, fondatore dell’ 
												"Associazione tra i familiari 
												delle vittime dell’Heysel", 
												scomparso recentemente, proprio 
												il giorno del compleanno del 
												nipote, Andrea. Il gruppo "Via 
												Filadelfia 88" di Beppe Franzo e 
												il mio "Museo Virtuale 
												Multimediale 
												www.saladellamemoriaheysel.it" 
												ne onorerà la memoria durante la 
												"Giornata in ricordo delle 
												vittime dell'Heysel e di 
												condanna di ogni forma di 
												violenza in ambito sportivo" da 
												noi promossa a Torino in data 31 
												maggio 2014 alle ore 18.00 
												presso la "Sala delle colonne" 
												in Piazza Palazzo di città. 
						
				 
				 Nelle 
												immagini di repertorio lo 
												intravedi vagare intontito fra 
												le macerie e i corpi dei feriti 
												e dei morti, annichilito dal 
												dolore e dalla disperazione: ha 
												appena perso suo figlio, medico 
												neo assunto quello stesso 
												pomeriggio con un telegramma 
												dall’ospedale di Arezzo. 
												Beffarda e crudele troppe volte 
												è la sorte… Eppure era fuori 
												pericolo, già in salvo, ma 
												Roberto era tornato indietro in 
												Curva Z, onorando il giuramento 
												di Ippocrate, a fare il medico 
												fino all’ultimo, nell’atto di 
												rianimare un bimbo in fin di 
												vita, forse proprio Andrea Casùla, prima di essere travolto 
												e morire sotto un'altra carica 
												degli "Animals" d’Inghilterra. 
												Medaglia d’argento al valore 
												civile. L’oro sarebbe costato 
												troppo caro allo stato e le 
												pensioni in Italia si danno più 
												a certi falsi invalidi che agli 
												eroi… Otello era toscano, un 
												piccolo grande guerriero di 
												Arezzo, l’uomo di grande onore e 
												fermezza che ha cresciuto come 
												un padre due nipoti, gli orfani 
												di un giovane tifoso, innamorato 
												di sua moglie, affezionato alla 
												"vecchia signora", bàlia del 
												calcio italiano. Aggregò in 
												un’associazione la maggior parte 
												dei familiari delle vittime 
												dell’Heysel ed affrontò insieme 
												a loro il processo a Bruxelles, 
												dividendone le spese e 
												l’umiliazione di un primo 
												giudizio che non tributò loro 
												equità e giustizia. Ma Otello 
												non era certamente uomo di resa. 
												Si rialzò subito in piedi con 
												orgoglio e affrontò in appello 
												con il piglio testardo della 
												fede quel gigante spavaldo e 
												impunito da sempre, come fosse 
												Davide contro Golia. L’U.E.F.A fu sorprendentemente condannata, 
												anche in cassazione, e da quella 
												sentenza a oggi ritenuta 
												responsabile ovunque della 
												sicurezza nell’organizzazione 
												degli eventi calcistici. Un 
												capolavoro di giurisprudenza, ma 
												nulla al confronto dell’amore e 
												della dedizione nutriti fino 
												all’ultimo per la sua famiglia, 
												sconquassata da una tragedia 
												assurda, ingiustificabile quanto 
												incomprensibile. Così dolcemente 
												lo ha ricordato la nostra 
												Annamaria Licata, nota tifosa 
												bianconera, ma soprattutto donna 
												sensibile e autentica filantropa 
												della Memoria dei caduti 
												dell’Heysel che lo incontrò in 
												Bruxelles nel 2005 alla 
												cerimonia solenne del ventennale 
												dalla strage: "Lui è stato il 
												padre di tutte le vittime, il 
												padre di tutte le battaglie in 
												tribunale contro l’UEFA… E 
												contro i silenzi e 
												l'ignoranza... Il padre di tutti 
												quei tifosi, che nel corso del 
												tempo si sono avvicinati alla 
												tragedia… Hanno capito quello 
												che è stato e dopo anni di 
												silenzi… Hanno iniziato ad 
												alzare la voce, insieme a lui. 
												Di lui ricorderò sempre la sua 
												forza, la sua saggezza e i suoi 
												occhi color mare nel quale ti ci 
												perdevi. Un grande Uomo... Che è 
												andato ad arricchire il paradiso 
												di umanità, ma nello stesso 
												tempo, ha svuotato il mondo di 
												un'anima speciale". Adesso che 
												anche lui si è arreso alla nera 
												"sorella" del Cantico delle 
												Creature ci ha lasciato in 
												generosa eredità il suo carisma 
												e l’esempio di come vivere lo 
												sport, olimpicamente, ma senza 
												le pastoie ridicole di una 
												burocratica e farisaica 
												ipocrisia. Era molto schietto e 
												diretto, Otello. Niente 
												fronzoli, lo costatò molto bene 
												anche la Juventus. In particolar 
												modo il suo "Presidentissimo" 
												Boniperti a cui non gliele mandò 
												di certo a dire sulla questione 
												della Coppa da restituire, 
												rivendicandogli piccato l’unica 
												reale proprietà del sangue di 
												suo figlio… Non ha perdonato 
												vent’anni dopo ad Arezzo quel 
												ragazzaccio sedicente pentito di 
												Liverpool che aveva causato la 
												morte di Roberto e degli altri 
												caduti. Gli disse: "…non sono 
												ancora pronto". Ma ora che è 
												nell’immenso di un perdono più 
												grande non serviranno più le 
												parole, gli basterà soltanto un 
												raggio di sole. Ciao, Otello, 39 
												volte grazie.  Fonte: Giulemanidallajuve.com © 29 maggio 2014  Fotografia: Curvafiladelfia.wordpress.com © |  
					
						| Lorentini amaro "Negli 
												stadi ancora morti" di Marina Salvetti Il presidente 
												dell’Associazione perse il 
												figlio di 31 anni. "Ho 
												combattuto perché ci fosse 
												giustizia. Sei anni di udienze: 
												molti sono finiti in galera, 
												troppi se la sono cavata". 
						
				 
				 Otello Lorentini ha 86 anni e un cuore 
												malconcio. "Non mi regge perché 
												mi chiamano in tanti in questi 
												giorni per sapere e ricordare, 
												ma ritornare indietro diventa 
												molto difficile alla mia età". 
												Soprattutto quando il ricordo 
												privato diventa commemorazione 
												pubblica e tornare indietro a 
												quel tragico mercoledì 29 maggio 
												1985 significa far affiorare 
												scene che si vuole accantonare 
												nella memoria. All’Heysel ha 
												perso il figlio Roberto: aveva 
												31 anni, faceva il medico, era 
												sposato e papà di Andrea e 
												Stefano, di 3 e un anno e mezzo. 
												"Eravamo accanto, io e Roberto, 
												ma ci siamo persi in mezzo alla 
												bolgia, sono caduto a terra, una 
												transenna ha evitato che mi 
												calpestassero, poi sono finito 
												sul campo ". Minuti carichi di 
												tensione. "Con noi c’erano anche 
												due nipoti, li ho incrociati a 
												metà scalinata, mentre stavo 
												tornando indietro. Mi hanno 
												detto che Roberto stava poco 
												bene, invece era già morto". 
												Morto mentre stava soccorrendo 
												un altro tifoso ed è per questo 
												che la presidenza della 
												Repubblica gli ha conferito la 
												medaglia d’argento al valor 
												civile.
						 BATTAGLIA 
						- Da quel giorno 
												Otello Lorentini ha portato 
												avanti la sua personale 
												battaglia affinché i morti 
												dell’Heysel non venissero 
												dimenticati e affinché fosse 
												resa giustizia. "Il processo è 
												durato sei lunghissimi anni. Ho 
												seguito le udienze passo dopo 
												passo, due, tre volte al mese 
												andavo a Bruxelles con gli 
												avvocati. Ho fatto tutto questo 
												non tanto per ottenere il 
												risarcimento, anche se è stato 
												giusto che ci venissero dati 
												quei pochi soldi visto che non 
												volevano neppure pagare, ma 
												perché i colpevoli venissero 
												inchiodati alle loro 
												responsabilità. E alla fine 
												posso dire che giustizia è stata 
												fatta: abbiamo sconfitto l’Uefa, 
												le autorità belghe, le forze 
												dell’ordine e tifosi del 
												Liverpool, abbiamo fatto 
												giurisprudenza, in molti sono 
												finiti in galera, tanti altri 
												però se la sono cavata".
						 
												ASSOCIAZIONE - 
						Lorentini ha anche 
												fondato l’Associazione familiari 
												vittime dell’Heysel. "Ormai ne 
												sento pochi di parenti, di 
												alcuni non so proprio più nulla. 
												Beh, il tempo passa, la vita 
												continua, ognuno col proprio 
												dolore. Abbiamo fatto un 
												percorso comune, che è finito, 
												adesso continua quello privato". 
												Venticinque anni dopo però 
												Lorentini è rassegnato: neppure 
												la tragedia dell’Heysel ha 
												cambiato la testa della gente. 
												"Nonostante 39 morti gli stadi 
												continuano a essere pieni di 
												menefreghisti. E si continua a 
												morire".
						 COMMEMORAZIONE 
						-  
						Oggi 
												però Otello non sarà a Torino 
												per la commemorazione. "Ho 
												ricevuto l’invito di Andrea 
												Agnelli, ma qui ad Arezzo c’è la 
												messa e poi il memorial". Starà 
												con la nuora Arianna, che aveva 
												27 anni all’epoca, i nipoti 
												Andrea e Stefano, ormai 
												cresciuti e diventati uomini 
												senza un papà. "Gli abbiamo 
												raccontato i fatti e, soltanto 
												quando ce l’hanno chiesto loro, 
												li abbiamo portati al cimitero: 
												volevano vedere il loro babbo". 
												Morto in un giorno che avrebbe 
												dovuto essere di festa, a 
												rincorrere i sogni di un trionfo 
												bianconero.  Fonte: Tuttosport
						©
												29 maggio 2010  Fotografia: 
						La Nazione 
						© |  
					
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						| HEYSEL
						- 
						Oggi ricorrono i 25 anni dalla strage di 
						Bruxelles. In ricordo di Roberto e Giusy Andrea Agnelli scrive 
						a Lorentini 
						  AREZZO 
						- Venticinque anni e un dolore che non si cancella. Il 
						29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, prima 
						della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, 
						muoiono 39 tifosi bianconeri. Muoiono nel settore Z, 
						schiacciati e soffocati dalla calca, sotto i colpi degli 
						hooligans inglesi instupiditi dall'alcool, con la 
						connivenza decisiva delle autorità belghe, della polizia 
						locale e dell'Uefa, incapaci di prevedere e 
						d'intervenire. La città di Arezzo ha pagato un altissimo 
						tributo a quella maledetta serata. All’Heysel persero la 
						vita la studentessa Giuseppina Conti e il dottor Roberto 
						Lorentini. Quest'ultimo è stato insignito della medaglia 
						d'argento al valor civile perché fu travolto mentre, in 
						qualità di medico, stava prestando soccorso ai feriti 
						sugli spalti. Da Arezzo è partita la battaglia per 
						ottenere giustizia e tenere viva la memoria su quella 
						strage. Otello Lorentini, padre di Roberto, ha, prima 
						fondato l'associazione dei familiari delle vittime, e 
						poi dato vita al Comitato permanente contro la violenza 
						nello sport "R. Lorentini - G. Conti". La battaglia 
						giudiziaria, durata 6 anni e mezzo, si è conclusa con la 
						condanna dell'Uefa riconosciuta responsabile, insieme 
						alla autorità belghe. Nel 2005, nella ricorrenza del 
						ventennale, Arezzo ha ospitato la partita amichevole tra 
						le formazioni primavera di Juventus e Liverpool. Un 
						evento dal profondo significato simbolico rivolto alle 
						nuove generazioni per non dimenticare e non ripetere mai 
						più. Nel 2007 è stato intitolato a Roberto Lorentini il 
						piazzale antistante lo stadio e a Giuseppina Conti 
						quello antistante il palasport a Le Caselle. In 
						occasione del 25° anniversario il neo presidente della 
						Juventus Andrea Agnelli ha scritto ad Otello Lorentini. 
						"L'impegno del Suo comitato - si legge nella lettera - è 
						una testimonianza importante per coloro che intendono 
						alimentare una memoria che è parte costitutiva della 
						nostra identità, di uomini e di juventini. Oggi quella 
						memoria - prosegue il numero uno bianconero - ci unisce 
						in un dolore che è anche speranza; perché dal sacrificio 
						di quelle 33 vittime dobbiamo trovare la forza per far 
						crescere un'idea di calcio lontana da ogni forma di 
						violenza. La Juventus - conclude la missiva - continuerà 
						ad essere vicina al Suo comitato e La ringrazia per la 
						dedizione che, siamo certi, non verrà mai meno".  Fonte: La Nazione ©
						29 maggio 2010  Fotografia: Tuttosport.com © |  
							
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						| Heysel, ex hooligan 
						incontra padre della vittima 
						
				 
				 AREZZO - Vent'anni dopo, l'ex 
						hooligan tifoso del Liverpool, Terry Wilson, ha chiesto 
						perdono per quello che ha fatto al padre e al figlio di 
						una delle vittime dell'Heysel, Otello e Andrea Lorentini. 
						Molto scossi per l'incontro, i due non sono parsi ancora 
						pronti a perdonare per la perdita di Roberto, 33 anni, 
						quella tragica sera. È stato il quotidiano francese 
						L'Equipe a organizzare, ad Arezzo, l'incontro fra i 
						familiari della vittima e l'ex hooligan che fu 
						condannato a cinque anni di carcere anche se ha scontato 
						soltanto 10 mesi in tutto. Terry Wilson, 38 anni, nel 
						viaggio aereo, aveva persino imparato a dire in italiano 
						"Sono qui per chiedere perdono". Poi, di fronte a Otello 
						(81 anni) e Andrea (23), ha ripetuto soltanto "I'm sorry, 
						I'm sorry, I'm so sorry…". Con traduzione simultanea del 
						giovane Andrea. Otello chiede al nipote di dire in 
						inglese a Terry: "Ho visto i tuoi amici tirare fuori 
						oggetti dalle tasche dei morti". "Vi chiedo ancora 
						perdono - ripete Terry - ammetto di aver dato pugni, 
						calci, che hanno indirettamente provocato la morte di 
						vostro figlio e di altre vittime. Ma l'ho capito 
						soltanto qualche ora dopo, sul traghetto di ritorno, 
						quando le televisioni a bordo hanno mostrato le immagini 
						dei cadaveri. Allo stadio non ho visto nemmeno un corpo. 
						Dopo le cariche sono tornato nel settore Y riservato 
						agli inglesi, e ho aspettato l'inizio della partita. È 
						orribile a dirsi, ma eravamo anche impazienti, non 
						avevamo capito l'ampiezza della catastrofe.  Fonte: Quotidiano Nazionale 
						
						
						
						
						
						
						
						© 
						5 aprile 2005  Fotografie: Youtube 
						
						
						
						
						
						
						
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								GETTY IMAGES
								 © (Not for Commercial Use) |  
					
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						| Ma io voglio 
						un'amichevole per le vittime di Maurizio Crosetti 
						
				 
				 LIVERPOOL - Il signor Otello 
						Lorentini ha passato vent' anni a battersi e un 
						pomeriggio a rispondere al telefono. "Sono distrutto". 
						All'Heysel perse il figlio Roberto, medico, che poteva 
						salvarsi e invece tornò indietro per aiutare gli altri e 
						morì. "Ho sentito della partita tra i tifosi, dei 
						braccialetti e dello striscione. Un vecchio di 
						ottant'anni può dire parolacce ? Sì ? Allora vi rispondo 
						che sono cazzate. Della partita non m' importa nulla e 
						non la guarderò, io voglio organizzare un'amichevole tra 
						Juventus e Liverpool entro la fine dell'anno, per 
						celebrare i vent' anni di Bruxelles. Lo voglio fare per 
						i morti, non per i vivi, per i morti e non per i tifosi, 
						è chiaro ? "Come presidente dell'associazione dei 
						parenti delle vittime, Lorentini è andato a sbattere 
						contro vent' anni di silenzio. "Mai riuscito a parlare 
						con nessuno della Juve o del Liverpool, la verità sembra 
						far paura a tutti. Adesso mi dicono che in Inghilterra 
						si sta considerando la nostra proposta, ho ricevuto una 
						lettera, vedremo. Ho appena incontrato un hooligan 
						pentito, è venuto a trovarmi ad Arezzo dall'Inghilterra, 
						si chiama Terry Wilson. Mi ha detto di essersi fatto la 
						prigione e di avere picchiato, quella sera, senza però 
						uccidere nessuno. L'ho corretto, dicendogli che se aveva 
						buttato giù la rete, allora era stata colpa anche sua. 
						Ha risposto sì, ha chiesto perdono e io gli ho detto che 
						non sono ancora pronto a perdonare. Ma almeno lui ha 
						chiesto scusa e mi è sembrato sincero, a differenza di 
						altri, anche se io non odio nessuno". Vent' anni senza 
						un figlio che quando morì ne aveva due, piccoli. "Così, 
						perdendo Roberto, di figli ne ho avuti in cambio tre 
						invece che uno: i miei nipoti e mia nuora. Li ho 
						allevati meglio che ho potuto, oggi Andrea ha 23 anni e 
						si è appena laureato, mentre Stefano ne ha 21 e va 
						all'Università. Senza di loro non sarei mai arrivato ai 
						miei ottant'anni, dove avrei trovato la forza ? I 
						ragazzi sono cresciuti serenamente, io ci ho messo 
						passione".  Fonte: La Repubblica 
						© 5 aprile 2005  Fotografia: 
												
												
												
												
												
												
												Comitato Heysel Reggio 
						Emilia 
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						| Liverpool-Juve, le 
						scuse dell'hooligan 20 anni dopo l'Heysel Domani "reds" e 
						bianconeri di fronte per i quarti di Champions di Francesco Caremani 
						
				 
				 Terry Wilson, è lui l'ex 
						hooligan, sempre tifoso del Liverpool, sceso sino ad 
						Arezzo per chiedere scusa a Otello Lorentini, per il 
						figlio Roberto e per le altre 38 vittime dell'Heysel. Si 
						sono incontrati sabato pomeriggio all'AC Hotel, dove 
						l'ha portato Jean-Philippe Leclaire, giornalista de 
						L'Equipe, che li ha messi in contatto. Un incontro 
						registrato e fotografato che diventerà giornalismo ed è 
						già storia, perché è la prima volta che accade e perché 
						nessuno, tantomeno Otello, si sarebbe aspettato una cosa 
						del genere alla vigilia di Liverpool-Juventus, quarto di 
						finale di Champions League. Terry è venuto "To say sorry" 
						e lo ripete all'infinito, quasi per convincere e per 
						convincersi di quello che sta facendo, a nome suo e di 
						tante altre persone di Liverpool, con cui ha parlato 
						prima di partire per l'Italia. Occhi azzurri, capelli 
						biondi, sguardo imbarazzato, camicia d'ordinanza. Otello 
						si è fatto accompagnare da Andrea, primogenito di 
						Roberto, anche lui ha uno sguardo diverso dal solito, 
						meno disteso e meno sicuro, si aggrappa ai ricordi, 
						sempre lucidissimi, e al dolore, sempre forte, per la 
						perdita dell'unico figlio. Si percepisce un po' di 
						tensione, ed è Otello ha spezzare il ghiaccio: "Io non 
						sono ancora pronto a perdonare, ma non odio nessuno". 
						Andrea e Jean-Philippe traducono, Otello e Terry 
						parlano, si guardano. Il primo inizialmente ascolta, il 
						secondo spiega la sua versione dei fatti, all'epoca 
						aveva 19 anni. È la versione inglese dei fatti, la 
						versione assolutoria, la versione che vuol rendere meno 
						amara una vergogna nazionale. Ma Otello prende carta e 
						penna e non gli dà scampo, disegna, spiega, rimette le 
						cose a posto, come dovrebbero essere sempre state. La 
						versione vera è una sola, quella di Otello, quella 
						dell'Associazione delle vittime, sancita da un processo 
						vittorioso e raccontata nell'unico libro scritto in 
						tutti questi anni. Terry annuisce e ripete "To say sorry". 
						Otello ha capito lo sforzo e gli dice "Non perdonerò mai 
						chi non chiede scusa, a te, forse domani, forse un 
						giorno, ti perdonerò". Terry sarà all'Anfield Road 
						martedì sera per assistere a Liverpool-Juventus e ha 
						anche un altro incarico, deve chiedere cosa Otello 
						vorrebbe veder scritto in un vessillo che la Kop isserà 
						prima del match: "I nomi delle vittime, solo quello", 
						sussurra ad Andrea che deve tradurre. Comunque ha ancora 
						tempo per pensarci, si risentiranno. Non dimenticando 
						l'idea dell'amichevole da giocare ad Arezzo tra Juventus 
						e Liverpool. Terry ha un amico in società e farà di 
						tutto per perorare la causa, anche lui capisce che la 
						volontà di Otello è quella di mettere un punto 
						all'Heysel e lo vuol fare ad Arezzo, dove nacque 
						l'Associazione e dove si piangono, ancora oggi, due 
						vittime. Tutti hanno capito che si tratta di due momenti 
						diversi, da una parte il quarto di Champions, dall'altra 
						l'amichevole, magari precampionato. È con questo spirito 
						che tutti possono guardare alla sfida di domani tra due 
						squadre che si ritrovano sul campo a venti anni dalla 
						tragedia di Bruxelles. Quello sarà un match vero, 
						agonistico, giocato tra ragazzi che all'epoca avevano 
						10-15 primavere. Da una parte Fabio Capello dall'altra 
						Rafa Benitez, nel mezzo una partita di calcio che avrà 
						una cornice carica d'emozione, un'emozione forte e 
						lontana, forte perché mai esternata prima, lontana 
						perché quasi nessuno dei protagonisti di allora sarà 
						presente. "You'll never walk alone", non camminerete mai 
						soli, dice un vecchio coro dei tifosi del Liverpool, 
						forse lo canteranno per le vittime che, scherzi del 
						destino, hanno camminato sole, per vent'anni nel limbo 
						della memoria collettiva.  Fonte: L'Unità © 4 
						aprile 2005  Fotografia: Youtube 
						
						
						
						
						
						
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						| L'hooligan pentito è 
						venuto a chiedere scusa di Giulia Zonca Uno dei giovani che 20 
						anni fa provocarono gli scontri mortali incontra Otello 
						Lorentini, Presidente dell'Associazione Vittime 
						dell'Heysel. "Il rimorso per quei morti bastava. Poi è 
						nato il bisogno di incontrare questa persona". 
						
				 
				 Nessuno ha mai chiesto scusa, 
						20 anni è niente che somigliasse a del vero rammarico 
						per 39 vite perse. L'Heysel, non è stato né dimenticato, 
						né ricordato, è stato messo via con vergogna e 
						imbarazzo. Un giornalista francese dell'Equipe, 
						Jean-Philippe Leclaire, ha messo insieme un libro che 
						esce in questi giorni, più racconto che inchiesta, su 
						quella notte del 1985. Raccogliendo brandelli di ricordi 
						ha incontrato Terry Wilson, un ex hooligan che in quel 
						massacro stava innegabilmente dalla parte dei cattivi. A 
						stabilirlo è stato un tribunale, Wilson è stato 
						condannato a 5 anni, era uno dei 14 "tifosi" del 
						Liverpool ritenuti colpevoli sui 26 arrestati. Ha 
						scontato solo 9 mesi, ma la sua vita è cambiata, 
						stravolta dal senso di colpa. Ora ha 38 anni, ha i 
						capelli biondi corti e l'aria di uno che non è riuscito 
						a crescere sereno. A guardarlo è difficile dargli 
						un'età, come se il tempo si fosse solo accumulato senza 
						essere vissuto e la sua faccia fosse rimasta molto 
						simile a quella da adolescente che aveva quella notte. 
						La faccia di uno che non è mai riuscito ad andare oltre 
						i suoi errori. Dice che solo Dio lo ha aiutato a gestire 
						quel peso sulla coscienza, dice che non riesce nemmeno a 
						descrivere quello che ha fatto, ma grazie a un 
						cacciatore di memorie ha trovato il modo di chiedere 
						scusa. Sabato è partito per l'Italia e ieri ha 
						incontrato Otello Lorentini, presidente 
						dell'associazione vittime dell'Heysel e padre di 
						Roberto, morto nel settore Z mentre cercava di prestare 
						soccorso a un ragazzo che non riusciva a respirare. 
						Leclaire ha chiesto a Lorentini se era in grado di 
						perdonare e lui ha risposto: "Nessuno mi ha mai chiesto 
						perdono". Ieri Terry Wilson ci ha provato. Se lo abbia 
						ricevuto è un'altra questione. Lorentini non vuole 
						parlarne: "Pazzesco, in 20 anni non mi ha mai cercato 
						nessuno e ora provate a spremermi anche emozioni che non 
						sono ancora in grado di definire. È tutto perché c'è una 
						partita di Champions League. No, per ora è un fatto 
						privato. Questo ragazzo è venuto qui e gli ho parlato, 
						ma è qualcosa di troppo forte perché io possa 
						raccontarlo subito. È stata una conversazione intensa e 
						io ho bisogno di qualche giorno per elaborarla". Wilson, 
						dopo due decenni, ha capito quello che il senso di colpa 
						non poteva spiegargli: "Queste persone stanno ancora 
						soffrendo, in un modo che non mi sarei mai potuto 
						immaginare, quando mi hanno raccontato la storia di 
						Lorentini mi sono reso conto di come quella tragedia 
						fosse ancora viva", lo confessa al sito del Liverpool 
						dove spiega perché ha deciso di affrontare un viaggio a 
						ritroso che lo avrebbe riportato davanti a ciò che ha 
						provato a rimuovere per tutto questo tempo. "Non ho 
						cercato di dare un nome e una storia a quei morti, il 
						numero mi bastava, era un rimorso fin troppo grande da 
						portarsi dietro. Quando qualcun altro mi ha costretto a 
						guardare dentro una vita vera, ho sentito il bisogno di 
						incontrare questa persona. So che per quante scuse io 
						possa chiedere non servirà a molto, ma muovermi, andare 
						a casa Lorentini mi sembrava un modo di avvicinarci alla 
						riconciliazione, a un senso di pace che fino a qui non 
						abbiamo davvero cercato. Non abbiamo neppure pensato 
						fosse possibile". Non è un destino singolo, i tifosi del 
						Liverpool presenti in quello stadio, ma anche chi non 
						c'era e che ha dovuto gestire quell'imbarazzo, quel 
						senso di responsabilità non diretta, non ha mai fatto i 
						conti con l'Heysel. Da qualsiasi parte si arrivi ad 
						Anfield si è investiti dal ricordo di Hillsborough (lo 
						stadio di Sheffield dove nel 1989 morirono 96 tifosi del 
						Liverpool schiacciati dalla folla che era più del doppio 
						della capienza limite). C'è un memorial, un braciere 
						sempre acceso, un monumento di marmo con il nome di chi 
						perse la vita in quel disastro ed è impossibile non 
						sbattere contro uno di questi simboli. Le tracce 
						dell'Heysel sono confinate nel museo del club e solo in 
						questi giorni gli inglesi, che hanno scacciato i 
						violenti ma non i fantasmi, provano a tirarle fuori.  Fonte: La Stampa © 4 
						aprile 2005  Fotografie: Youtube 
						© Teletruria 
						
						
						
						
						
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						| "Dopo la tragedia, 
						l'indifferenza di tutti" di Marco Ansaldo L'inutile processo 
						durò sei anni e mezzo. Otello Lorentini perse il figlio 
						e ancora oggi lotta perché nessuno dimentichi. I parenti 
						delle vittime: pochi soldi per scaricarsi le coscienze e 
						nessun aiuto concreto. 
						
				 
				 Da quel fatto impararono solo 
						gli inglesi. La Thatcher prese dalle morti dell'Heysel 
						il coraggio di imporre quanto nessun governo italiano ha 
						voluto fare contro la violenza nel calcio: così loro 
						oggi hanno gli stadi sicuri mentre da noi rimane la 
						paura di portare alla partita i propri bambini". Otello 
						Lorentini ha 80 anni e il 29 maggio 1985 all'Heysel 
						perse il figlio. Roberto era un medico. Quel giorno il 
						postino aveva recapito a casa sua la raccomandata con 
						cui lo avvisavano dell'assunzione all'ospedale di 
						Arezzo. Ma, a sera, Roberto Lorentini giaceva cadavere 
						nella Morgue di Bruxelles, ucciso dalla folla che lo 
						calpestava mentre, da medico, praticava la respirazione 
						bocca a bocca a un bambino travolto e in fin di vita. 
						Per quel gesto gli hanno riconosciuto la medaglia 
						d'argento al valor civile, non quella d'oro, però, 
						perché altrimenti avrebbero dovuto concedere un 
						vitalizio alla famiglia. È una piccineria tra le tante 
						che hanno accompagnato i sopravvissuti. Com'è la storia 
						di Carla, caduta in coma mentre suo padre moriva nella 
						calca. La assunsero come cassiera in un supermercato. 
						Compariva sui giornali, era una pubblicità buona, anzi 
						buonista. Qualche mese dopo, svanito l'effetto Heysel, 
						la licenziarono. "Sono stati anni di lotta - racconta il 
						signor Otello, che diventò il presidente e l'anima 
						dell'Associazione tra i parenti delle vittime 
						dell'Heysel. Chiedevamo giustizia ma la nostra era una 
						voce scomoda. Noi, le famiglie di 32 vittime, andavamo 
						contro istituzioni intoccabili: l'Uefa, il governo 
						belga, la polizia di Bruxelles. Aiuti ? Dallo Stato 
						poco, dalla Juventus ancora meno. Davamo fastidio alle 
						loro coscienze, ci sgusciavano via". Si è perso il conto 
						delle volte in cui Lorentini si scontrò con Boniperti. 
						"Quelle morti si sono ripercosse sui vivi - racconta 
						Francesco Caremani, l'autore del documentatissimo "Le 
						verità sull'Heysel, cronaca di una tragedia annunciata". 
						Alcune famiglie sono andate in rovina. Di sensibilità, 
						dopo l'impatto iniziale, se ne vide poca. Nei parenti 
						delle vittime è rimasta quella frase detta dalla Juve 
						dopo la conquista della Coppa Intercontinentale, 
						"abbiamo messo una pietra sopra all'Heysel". Otello 
						rispose che l'unica pietra stava sulla tomba di suo 
						figlio. La lotta per ottenere giustizia è stata lunga. 
						Sono serviti tre gradi di giudizio, dopo la prima 
						sentenza che assolveva tutti, tranne 14 hooligans 
						condannati a tre anni, di cui la metà condonati e che 
						non trascorsero in galera un giorno in più di quelli 
						successivi all'arresto. Dopo sei anni e mezzo, 
						nell'ottobre '91, grazie all'ostinazione di Lorentini e 
						di un avvocato italo-belga, Daniel Vedovatto, furono 
						condannati anche gli uomini delle istituzioni. Pochi e a 
						poco. Nove mesi al capo della polizia, il capitano 
						Mahieu, 6 mesi al presidente della federazione belga, 
						Roosents, 3 mesi e 30 mila franchi al segretario Uefa, 
						Bangeeter. Tutti liberi con la condizionale. Gli 
						intoccabili veri se la cavarono senza tracce sulla 
						fedina penale. "Non ci importava vedere la gente in 
						galera - racconta Lorentini - ma il riconoscimento di 
						una responsabilità perché nel futuro le cose non fossero 
						fatte con tanta leggerezza". E i risarcimenti ? Qualcosa 
						è arrivato. Somme spesso ridicole. Quindici milioni di 
						lire da dividere tra i famigliari di Giusy Conti, pure 
						lei aretina, fino a mezzo miliardo a chi aveva perso un 
						padre o un marito con un alto livello di reddito perché 
						pure di fronte alla morte non siamo tutti uguali. Dallo 
						Stato belga arrivarono rimborsi vergognosi: mille, 
						duemila lire. Otello Lorentini continua la sua lotta. Ha 
						fondato un comitato, insieme alla famiglia Conti, per 
						diffondere nelle scuole e tra i giovani il concetto di 
						antiviolenza nello sport. In questi giorni è a Bruxelles 
						con i nipoti, i figli di Roberto, per registrare uno 
						speciale per Sky e ha già inviato alla Uefa, alla Juve e 
						al Liverpool la richiesta per organizzare ai primi di 
						giugno, ad Arezzo, la partita della memoria a 20 anni 
						dall'Heysel. Scommettiamo che aspetterà a lungo una 
						risposta ?  Fonte: La Stampa 
						
						
						
						
						
						
						
						© 
						19 marzo 2005  Video: Atlantide 
						Audiovisivi © |  
					
						| Ancora Heysel, che 
						vergogna di Maurizio Crosetti 
						
				 
				 TORINO - All'Heysel, Otello 
						Lorentini perse un figlio di trent' anni, Roberto. 
						Faceva il medico, poteva salvarsi, era già sul prato, 
						tornò indietro per soccorrere un bambino, venne 
						travolto. Otello ha 76 anni: dieci li ha trascorsi in 
						tribunale per chiedere giustizia, poi ha fondato 
						l'associazione dei parenti delle vittime diventata 
						comitato permanente contro la violenza. Oggi ha una 
						parola sola: "Vergogna". La ripeterà ai ragazzi delle 
						scuole in cui continua ad andare, per raccontare. Perché 
						la memoria resista. "Una vergogna non solo l'eventualità 
						di giocare contro gli inglesi all'Heysel, ma il fatto 
						stesso che quello stadio esista. L'hanno ripulito, 
						modificato, ma sarebbe stato più giusto lasciarlo com' 
						era, una specie di monumento ai caduti, e non usarlo mai 
						più. L'Uefa vuole solo dimenticare, hanno persino messo 
						una musichetta in sottofondo quando gli azzurri hanno 
						portato i fiori sotto la curva. Sappiano che in quella 
						curva c'è ancora il sangue, e che il nostro dolore e la 
						nostra rabbia sono più vivi che mai. Là non si deve 
						giocare. Sono contento che Platini abbia detto che non 
						tornerà mai più all'Heysel: la memoria pretende 
						rispetto. La nostra ferita non potrà mai chiudersi, però 
						non è questa la sofferenza più profonda. Io sto male 
						quando penso che Roberto e gli altri 38 sono morti per 
						nulla, e che nessuno ha capito"...  Fonte: La Repubblica 
						© 19 giugno 2000  Audio: 
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