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AMEDEO GIUSEPPE SPOLAORE ♥
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 ITALIA   21-10-1930   Bassano del Grappa (VI)   Anni 54

Heysel, 40 anni dopo la notte più buia del calcio

di Pierangelo Sapegno

Gli hooligans, la violenza, la morte. Storia di una finale maledetta.

C’era un bel sole, dice che faceva caldo. Quello che ricorda Alessandro Colombo, da Tradate, è che sul campo giocavano dei ragazzini, con la maglia bianca e un’altra rossa. Poi entrò Grobbelaar, il portiere del Liverpool, per il riscaldamento, e guardò verso gli spalti. Carmelo Di Pilla afferrò la macchina fotografica e cominciò a scattare perché era venuto lì sotto, vicino alla curva dei Reds e al settore Z. Per arrivare lì si entrava da grandi portoni che immettevano alle scale e si riscendevano dei gradoni sbrecciati per prendere posto. Lo stadio era una struttura fatiscente di vecchio cemento che si sgretolava solo a guardarlo, ma il prato era verde e c’era l’ansia felice dell’attesa. I tifosi inglesi cantarono dei cori a Grobbelaar. Amedeo Spolaore sorrise a suo figlio e gli domandò se era contento. E Claudio Pozzi chiese agli amici che ora era. Le sette e un quarto, fra un po’ si cominciava. Erano in quattro, stavano scherzando fra di loro. Ma all’improvviso una bottiglia si frantumò sulla faccia di un tifoso, alle spalle di Claudio. Lui sentì il suo urlo di dolore, si voltò e vide che il sangue gli aveva già ricoperto il viso. La cosa più difficile da raccontare è il passaggio repentino da una condizione di festa a una tragedia, il sangue, le grida, il terrore, la morte, la violenza che appaiono inattesi ai nostri occhi, quell’anatomia di un attimo che sconvolge la vita senza che riusciamo a dargli un senso. Eppure, la strage dell’Heysel, 39 morti e 600 feriti, non è vero che non ha un senso. Ce l’ha eccome, così come ci ha lasciato tanti responsabili impuniti. Quando Claudio si girò di nuovo, c’era un rumore che era esploso all’improvviso, un boato come di terra che si scuote e una folla di volti e occhi spaventati premeva contro di lui. Si guardò attorno e i suoi amici non c’erano più. La curva inglese e il settore Z erano divisi da una recinzione traballante che si piegava a qualsiasi spinta, una specie di rete da pollaio che venne giù al primo urto degli hooligans. Appena superato l’innocuo sbarramento, i tifosi del Liverpool invasero la sezione che avrebbe dovuto essere riservata al pubblico neutrale, e nella quale invece avevano trovato posto juventini, amici, fidanzati, famiglie intere, mamme e papà con i figli, tutti inermi e inoffensivi. Gli inglesi che spingevano contro di loro, schiacciandoli verso un muretto quasi in rovina dalla struttura vacillante, non erano solo ubriachi fradici, ma anche armati di coltelli, pistole, forbici, spranghe, perché nessuno aveva mai nemmeno pensato di perquisirli. Carmelo si ritrovò senza più nemmeno la voce per gridare, si sentiva spento, impotente, schiacciato nella calca. Vide solo più il buio e perse i sensi. Claudio finì in cima a quel muretto, sospinto da quei volti disperati. E saltò giù. Cinque metri di vuoto, e non sa nemmeno se la decisione la prese lui o se fu la pressione di quella folla a farlo volare in basso. Però si rialzò intatto. Quello accanto a lui aveva il piede rotto. Lo aiutò ad allontanarsi. Giuseppe Spolaore cercava suo padre Amedeo. Non lo trovava. Aveva 14 anni, Giuseppe. Chiuse gli occhi, sepolto sotto quella calca, e gli mancava il respiro ma non aveva più paura, come se potesse ancora credere che l’infelice groviglio del sogno adesso si sarebbe ritirato e avrebbe potuto riaprire gli occhi sulla normale, quotidiana banalità della vita, senza questo incubo pieno di urla e di sangue e di cose che turbinavano. Fonte: Lastampa.it © 29 maggio 2025 Fotografie: La Gazzetta dello Sport © Il Gazzettino ©

Un torneo con 250 "pulcini" per ricordare

Amedeo e Mario morti all’Heysel

BASSANO - Si commuove ancora, Alberta Bizzotto Spolaore, ripensando a quel terribile 29 maggio 1985 quando il marito Amedeo perse la vita allo stadio Heysel di Bruxelles, poco prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni di calcio tra Juventus e Liverpool. Il figlio Giuseppe, allora ragazzo, rimase ferito, ma si salvò per la prontezza di riflessi di un amico del padre che lo strappò dalla bolgia di corpi in cui si trovava rischiando di soffocare. "Impossibile dimenticare - osserva Alberta, già consigliere comunale e attiva in diverse associazioni - ammiro mio figlio che è riuscito a perdonare chi causò quella strage". Furono 32 gli italiani che persero la vita in quell’inferno su un totale di 39 vittime e ben 600 i feriti. Oltre ad Amedeo Spolaore, noto dentista, morì anche l’imprenditore bassanese Mario Ronchi che lasciò la moglie Maria Teresa e il piccolo Alessandro di appena due anni. La tragedia ha profondamente segnato Bassano, che a distanza di 33 anni non dimentica i suoi concittadini partiti assieme ad un gruppo di amici per vedere dal vivo quella partita. A loro e alle altre vittime, l’Asd San Vito Bassano dedica il torneo di calcio "Per non dimenticare Heysel". Riservato alla categoria pulcini, si disputerà domenica agli impianti di San Vito. Il primo fischio d’inizio è fissato per le 9. "Sono più di 250 i ragazzini, classe 2008, che parteciperanno alla sfida suddivisi in 16 squadre di altrettante società italiane, tra cui la Juventus", spiega Giancarlo Tombolato, il presidente dell’associazione promotrice. Oltre ai portacolori bianconeri, ci saranno quelli dell’Hellas Verona, del Vicenza calcio, della Bassano Virtus 55 soccer team, dell’As Cittadella, del Pordenone, del Calcio Padova, dell’Alto Accademy Ssd, solo per citare alcune significative presenze in campo. "Non sono previsti vinti né vincitori - precisa Tombolato - ci sarà una classifica ma senza podio perché a prevalere saranno lo spirito sportivo e il ricordo". Entusiasta dell’iniziativa, Alberta Bizzotto ne evidenzia il risvolto educativo: "Insegna ai bambini a competere e a sfidarsi rispettandosi, a contrastare la violenza in campo: è il modo più efficace per commemorare Amedeo e Mario". Come ricordato dall’assessore allo Sport Oscar Mazzocchin, la manifestazione apre il filone degli appuntamenti dedicati ai bambini del programma "Bassano città europea dello sport". R. F. Fonte: Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano) © 20 aprile 2018 Fotografie: Nucleo 1985 © Ilgazzettino.it ©

L’ANNIVERSARIO

Heysel, 30 anni dall’incubo

La vedova: il calcio è malato. Parla l’amico che si salvò. Un libro su Mario e Amedeo, vittime bassanesi.

BASSANO DEL GRAPPA (Vicenza) - Ricordare l’Heysel "per far capire ai giovani che il calcio è uno sport malato, da abbandonare". Lo ribadisce Alberta Bizzotto Spolaore, che il 29 maggio del 1985 perse nello stadio di Bruxelles il marito Amedeo e rischiò di perdere il figlio, di 15 anni, Giuseppe, rimasto ferito. "Mi sono chiesta perché questo grande interesse per i trent’anni da quella tragedia commenta Alberta, riferendosi anche alla presentazione in sala Chilesotti del libro sull’Heysel dei giornalisti Domenico Lazzarotto, e Luca Pozza, con l’ex arbitro Gigi Agnolin - ebbene mi sono data una risposta: occorre ricordare ai giovani con meno di 30 anni che cosa è successo quella notte. Occorre ricordare loro che il calcio è malato, è uno sport sporco più di altri. Guardiamo quello che sta succedendo adesso, con lo scandalo internazionale della Fifa, che si aggiunge ai tafferugli davanti agli stadi, alle risse, alle morti". La signora Spolaore in questi giorni è stata avvicinata da diverse persone : "Pensare a quella sera mi turba sempre, mi fa male. Eppure la voglio ricordare proprio per dire che il calcio andrebbe evitato, anche se potrebbe essere uno sport bello. Nessuno dei miei sette nipoti pratica il calcio". In questi anni Alberta ha condiviso il suo dolore con l’altra vedova bassanese, che perse il marito Mario in quella serata, Maria Teresa Dissegna Ronchi. "Ogni tanto ci sentiamo - racconta Alberta - ed ogni anno, il 29 maggio, assistiamo alla santa messa assieme. Andiamo alle 19 alla chiesa di Sant’Eusebio, nelle colline fuori Bassano, con don Giuseppe Nicolin, amico di mio marito. Poi andiamo a cena da una delle mie figlie. È una serata triste e ci consoliamo con gli affetti familiari". Venerdì sera Alberta Spolaore incontrerà un altro bassanese che fece il viaggio a Bruxelles con suo marito, il dottor Giovanni Costacurta, oggi primario di ortopedia all’ospedale di Asiago, rimasto ferito in quella tragedia. "Ero coperto dalle persone, e mi sono salvato perché sotto di me avevo una ragazza di 15 anni - spiega - i suoi genitori cercavano di alzarmi per poterle permettere di respirare. Ci siamo trovati poi all’ospedale, mi hanno anche chiesto se potevano darmi un passaggio". Più sentita quella ragazza? "No, so che era di Vercelli, sono passati 30 anni. Ricordo poi una emozione forte mentre ero "sotto" tanta gente: il rischio di non poter più rivedere mio figlio di 5 mesi". Accanto a questa emozione Costacurta conserva anche un incubo. "Quello del manganello di un poliziotto che voleva impedirmi di scappare da dove ero per salvarmi. Me lo vedo ancora davanti. I belgi erano proprio impreparati. E pensare che era solo la seconda partita della mia vita che andavo a vedere". Alle 19.05 del 29 maggio 1985, il sogno di vedere sollevata dalla Juventus la coppa dei campioni divenne un incubo nello stadio di Heysel, trasformatosi improvvisamente in un inferno. Tra i 32 italiani morti schiacciati c’erano anche due bassanesi: l’imprenditore Mario Ronchi e il dentista Amedeo Spolaore. Non erano tifosi da "curva". Facevano parte di una comitiva di amici, appassionati di calcio, alcuni dei quali rimasero gravemente feriti . Erano volati in Belgio per condividere quella che poteva essere una grande emozione. Dopo 30 anni, la città del Grappa ha ricordato venerdì quella tragedia mai dimenticata, che ha segnato per sempre la vita di alcune famiglie bassanesi e più in generale del mondo del calcio. Alle 19.05, in museo, con i familiari delle vittime e diversi sopravvissuti, Bassano si è stretta nel ricordo dei suoi concittadini, a margine della presentazione del libro "1985 Heysel - 2015 Per non dimenticare...", scritto da Domenico Lazzarotto, Luca Pozza e l’ex arbitro Luigi Agnolin. Fonte: Corrieredelveneto.corriere.it © 29 maggio 2015 Fotografie: Ilgazzettino.it © GETTY IMAGES © (Not for Commercial Use)

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