
CRONACA
Perse il marito nella strage
dell'Heysel, ora il figlio ucciso da un infarto
Un'altra tragedia familiare sconvolge la signora Marie Andreis.
Aveva già perso il marito Tarcisio
Salvi il 29 maggio 1985: 49 anni, fu una delle 39 vittime (di
cui 32 italiane) della strage dell'Heysel, lo stadio di
Bruxelles in cui si consumò una delle più terribili tragedie
della storia dello sport, con tifosi schiacciati (anche per il
crollo di un muro) e precipitati poco prima della finale di
Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Ma oggi un nuovo
dramma travolge Marie Andreis detta Marisa, 85 anni, vedova di
Tarcisio Salvi: il figlio Claudio è morto nella sua abitazione
di San Gervasio, sotto gli occhi attoniti della madre, colpito
da un infarto. L'uomo, 58 anni, si sarebbe sentito male e
avrebbe anche battuto la testa contro un armadio. Purtroppo per
lui non c'è stato niente da fare. Oltre alla madre lo piangono
le sorelle Marina, Giovanna e Karin. La camera ardente è stata
allestita in casa: i funerali sono stati celebrati lunedì
mattina. "Prima il marito e ora mio figlio: sono ingiustizie
della vita", ha dichiarato la signora Marie Andreis al Giornale
di Brescia.
19 luglio 2021
Fonte: Bresciatoday.it
TRAGICA FATALITÀ
Strage dell'Heysel, un altro
lutto colpisce la famiglia Salvi
Un
nuovo lutto colpisce la famiglia di Tarcisio Salvi, l’unica
vittima bresciana della tragedia dell’Heysel del 1985. È morto
il figlio Claudio, di 57 anni, stroncato da un infarto sotto gli
occhi dell’anziana mamma Marie Andries che oggi ha 85 anni.
Inutili i soccorsi. "Prima il marito e ora mio figlio. Sono
ingiustizie della vita. Cadendo mio figlio ha sbattuto
violentemente la testa contro un armadio e forse senza quel
colpo i medici avrebbero potuto salvarlo dall’infarto" commenta
in lacrime la donna che da 36 anni lotta perché nessuno
dimentichi quanto accaduto il 29 maggio 1985 durante la finale
di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool con gli scontri tra
polizia e tifosi inglesi (Ndr: FALSO) che provocarono il crollo
di un muro del vecchio stadio di Bruxelles e la morte di 39
persone tra cui appunto il bresciano Tarcisio Salvi. I funerali
di Claudio Salvi saranno celebrati domattina, lunedì, alle 9
a San Gervasio.
18 luglio 2021
Fonte: Giornaledibrescia.it
"Ho un solo grande desiderio: restare vicino al mio
Tarcisio"
di Jacopo Manessi
"Sono passati 33 anni da quel giorno.
Oggi ho un grande desiderio: tornare a vivere a Borgosatollo,
dove Tarcisio è sepolto. Stargli vicino. O, al massimo, a San
Gervasio dove abita l'unica mia figlia rimasta in provincia di
Brescia". Non sarà mai una giornata come le altre, il 29 maggio,
per Marie Andries. Il ricordo è lì, insieme a un nome stampato a
lettere granitiche nella memoria di tutti - sportivi e non -
come una delle pagine più buie della nostra civiltà: Heysel. C'è
chi l'ha chiamato l'olocausto del calcio, ma lei lo ricorda come
il giorno in cui perse il marito Tarcisio Salvi, una delle 39
vittime dei fatti avvenuti durante la finale di Coppa dei
Campioni tra Juventus e Liverpool. Uno spartiacque: prima una
vita regolare, dopo la conoscenza avvenuta in Belgio, paese di
origine della donna, tra scuola e discoteca, l'innamoramento, il
trasferimento in Italia e la vita lavorativa condivisa. Con una
pizzeria da mandare avanti insieme ("Ci venivano tanti nomi
importanti della vita bresciana, imprenditori e politici",
ricorda). Tutto finito in una notte di fine maggio. "Mio marito
non era neppure juventino, anzi teneva all'Inter. Ricordo ancora
quella sera, i tentativi disperati di chiamare il numero
istituito per i parenti delle persone coinvolte, ma senza
fortuna. Avevo visto le sue immagini sdraiato a terra,
schiacciato dalla folla". Ma cosa è successo da allora ? Poco, o
nulla, per lei. "Ci sono persone che potevano permettersi
avvocati importanti, e hanno avuto risarcimenti cospicui -
spiega Marie, che oggi ha 83 anni - anche di 300 milioni di lire
a un solo anno dai fatti. Noi abbiamo avuto qualcosa, ma poco.
Ai miei quattro figli ne hanno dati 2 a testa: è per loro che
chiedo giustizia. E non è tutto: ho dovuto pagare il viaggio in
Belgio, il trasporto della salma, le pratiche legali e, alla
fine, sono stata costretta a vendere la nostra pizzeria per
andare avanti". Oggi Marie vive a San Polo, in un alloggio
ricevuto dal Comune di Brescia che però preferirebbe lasciare.
Lo racconta con modi garbati e accoglienti, tra le fotografie
del marito e le riviste dell'epoca, dopo una lunga intervista
con una troupe televisiva, durata 2 ore. "Non ho ancora mangiato
- riesce a scherzare. Vorrei solo potermi
trasferire e tornare a
vivere a Borgosatollo. Tarcisio è originario del paese, e per
questo è stato sepolto lì. So che il Comune mette a disposizione
degli alloggi per gli anziani: sono una signora perbene,
chiederei solo un colloquio con il sindaco (Giacomo Marniga) per
parlare della cosa e vedere che possibilità ci sono". Amarezza e
dolore restano. Impossibile scrollarseli di dosso, insieme a
quello scomodo senso di ingiustizia che ha accompagnato tutta la
vicenda Heysel. Dagli errori logistici alle carenze strutturali,
sino all'assordante silenzio di chi avrebbe dovuto intervenire
e, invece, ha taciuto. Ma nemmeno il tempo può intaccare la
memoria. "Mio marito era un grande uomo. Faceva tutto lui,
mandava avanti la nostra attività anche se la licenza era
intestata a me. Non ho più avuto nessuno: mi manca
terribilmente".
30 maggio 2018
Fonte: Bresciaoggi.it
Heysel, un’altra strage
oltraggiata dall’oblio
C’è qualcosa di peggio del dolore per
un lutto ? Sì, l’oblio, anzi l’indifferenza, parenti stretti
dell’ingiustizia. Chiedetelo a Marie, che ha perso il grande
amore della vita per una partita di calcio: suo marito era uno
dei 39 morti dell’Heysel. E nel perverso circolo vizioso di
"tutti colpevoli, nessun colpevole", dopo 33 anni non ha
ricevuto alcun risarcimento. Per riportare in patria la salma fu
costretta a pagare all’epoca una somma esorbitante che minò
l’attività di famiglia. Quella maledetta finale di Coppa dei
Campioni tra Juventus e Liverpool, le ha portato via davvero
tutto. No, in verità a Marie qualcosa è rimasto: il tenero
ricordo del marito. Tanto che a 83 anni non anela al denaro,
sogna di tornare ad abitare a Borgosatollo dove è sepolto il
grande amore della sua vita e recrimina solo per l’oblio e
l’indifferenza, i parenti stretti dell’ingiustizia che sono
peggio di un dolore per un lutto.
30 maggio 2018
Fonte: Bresciaoggi.it

L’Heysel e i miei 33 anni
d’inferno
Brescia, la vedova di una
vittima con quattro figli: "Solo promesse"
di Paolo Cittadini
Brescia - Tutto nella sua vita è
cambiato la sera del 29 maggio di 33 anni fa quando suo marito
Tarcisio Salvi perse la vita insieme ad altre 38 persone
all’interno dello stadio Heysel di Bruxelles, prima che
iniziasse la finale di Coppa dei Campioni di calcio tra la
Juventus, la squadra per cui ha sempre fatto il tifo, e il
Liverpool. (NDR: Tarcisio Salvi era tifoso interista) Tarcisio
fu una delle due vittime bresciane di quella sera di follia
all’interno del vetusto e inadeguato stadio belga scelto
dall’Uefa per ospitare la gara vinta poi dalla Juventus. "Quella
sera ero nella nostra pizzeria di via Cucca, in città - ricorda
Marie Andries, nata 82 anni fa proprio in Belgio e vedova del
tifoso juventino morto schiacciato nella calca. La mia normalità
è finita allora. Io e mio marito avevamo quattro figli, due nati
in Belgio dove ci siamo conosciuti ancora da ragazzini (insieme
erano cresciuti nel quartiere di Anderlecht dove la famiglia di
Tarcisio era emigrata subito dopo la guerra e dove la signora
Marie ha sempre vissuto prima di trasferirsi a Brescia) e due in
Italia, la più piccola allora aveva 11 anni. Nei giorni
successivi ci sono arrivati tanti attestati di vicinanza,
sembrava che il mondo fosse a nostra disposizione. Poi con il
passare del tempo la solidarietà è finita e le promesse si sono
perse nel vento". Così come i risarcimenti spesso promessi, ma
mai completamente arrivati. "I soli soldi che ci hanno dato
subito sono quelli messi a disposizione dal governo britannico
(una quindicina di milioni di lire) - ricorda la signora che
vive in un appartamento al nono piano della torre Cimabue nel
quartiere di San Polo - Qualcosa è arrivato anche da una
fondazione vicina alla Juventus. Solo per pagare i legali che ci
seguivano per conto dell’associazione dei familiari delle
vittime italiane di quella serata ho dovuto versare 7 milioni di
lire. Abbiamo ricevuto troppo poco davvero, soprattutto per i
miei figli che hanno perso il papà". La autorità del Belgio
avevano promesso circa 40 milioni di lire di risarcimento,
gliene sono arrivati solo una decina: due a testa per ognuno dei
figli. "Per fare fronte alle spese e alla vita di tutti i giorni
un paio di anni dopo la tragedia ho dovuto vendere la nostra
pizzeria - ricorda commossa la signora Marie, mescolando il
dialetto bresciano con il fiammingo - Da 33 anni aspetto
giustizia. La chiedo soprattutto per i miei figli che
dall’Italia non hanno avuto nulla se non solo tante promesse,
mai mantenute. Vorrei che qualcuno mi aiutasse per fare arrivare
questo appello alle autorità italiane ed europee". I problemi
per Marie non sono finiti. "Ho una pensione di circa 600 euro e
fino a qualche tempo pagavo al Comune 500 euro di affitto per
l’appartamento che subito dopo la tragedia mi hanno dato -
racconta - Ora faccio fatica a pagare. Vorrei una abitazione più
comoda, magari a Borgosatollo, il paese di origine del mio
Tarcisio. Ma sono morosa, e fin quando sarò in questo stato non
posso chiederne un’altra".
30 maggio 2018
Fonte: Ilgiorno.it
IL CASO
Heysel, la vedova Salvi: "Dopo
33 anni aspetto ancora il vero risarcimento"
Lo racconta Marie Andries, la
vedova del bresciano Tarcisio Salvi, una delle 39 vittime
dell’Heysel durante finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e
Liverpool del 1985.
"A distanza di 33 anni ancora attendo
un risarcimento vero per la morte di mio marito". Lo racconta
Marie Andries, la vedova del bresciano Tarcisio Salvi, una delle
39 vittime dell'Heysel durante finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool del 29 maggio 1985. "Avevamo una pizzeria e
quattro figli quando mio marito è morto. Mi sono pagata il
viaggio in Belgio, il trasporto della salma, ho pagato sette
milioni ad un'associazione per le pratiche legale e poi ho
dovuto vendere il locale per andare avanti", racconta la donna,
oggi 83 anni. "L'immagine di mio marito schiacciato tra la folla
è stata mostrata in tv e sui giornali. Da quel giorno la mia
vita è cambiata per sempre. Ora rischio lo sfratto perché non ho
più nulla. I miei figli non sono mai stati aiutati, hanno
ricevuto due milioni di lire a testa. Una miseria quando invece
dal Belgio erano stati promessi un milione e 300mila franchi mai
arrivati. Ho ancora tutti i documenti. Della strage dell'Heysel
- racconta - si sono lavati le mani tutti. Autorità e mondo
dello sport".
29 maggio 2018
Fonte: Brescia.corriere.it

Heysel, 33 anni fa la tragedia
La protesta di una vedova:
"Aspetto ancora il risarcimento, rischio lo sfratto"
29 maggio 2018 - Cade oggi
l’anniversario numero 33 della tragedia dell’Heysel: il 29
maggio 1985 39 tifosi (32 gli italiani) morirono nel settore Z
dello stadio di Bruxelles, schiacciati contro le balaustre o
precipitati dalle gradinate, poco prima che iniziasse la finale
di Coppa Campioni fra Juventus e Liverpool, poi vinta dai
bianconeri grazie al rigore di Platini al 58′. Negli anni
diverse le iniziative per ricordare le vittime, tra cui la targa
a Torino posta nel 2005, ricordata oggi tramite Twitter dalla
società granata (NDR: Bruxelles). Purtroppo, l’anno scorso,
anche l’oltraggio della spazzatura su uno dei ricordi nella
capitale belga. Quella coppa inseguita da 30 anni dalla Juventus
arrivò nel contesto di quella tragedia. E ci fu anche spazio per
le polemiche, perché quella coppa fu festeggiata. In
un’intervista alla RAI di qualche anno fa Marco Tardelli ha
dichiarato: "Era impossibile rifiutarsi di giocare, ma non
dovevamo andare a festeggiare, l’abbiamo fatto e sinceramente
chiedo scusa". Per motivi di ordine pubblico, ritenendo che
fermare la partita avrebbe ingigantito il caos (e dunque
peggiorato un bilancio già tragico) la decisione della UEFA fu
che si continuasse.
LA VEDOVA CHIEDE IL RISARCIMENTO. C’è poi
anche il risvolto della vita dei familiari che a volte è
cambiata radicalmente anche dal punto di vista economico. In
particolare, alza oggi la voce Marie Andries, oggi 83enne,
vedova del bresciano Tarcisio Salvi, una delle vittime. Queste
le sue dichiarazioni, riportate da ANSA: "A distanza di 33 anni
ancora attendo un risarcimento vero per la morte di mio marito.
Avevamo una pizzeria e 4 figli quando mio marito è morto. Mi
sono pagata il viaggio in Belgio, il trasporto della salma, ho
pagato sette milioni a un’associazione per le pratiche legali e
poi ho dovuto vendere il locale per andare avanti. L’immagine di
mio marito schiacciato tra la folla è stata mostrata in tv e sui
giornali. Da quel giorno la mia vita è cambiata per sempre. Ora
rischio lo sfratto perché non ho più nulla. I miei figli non
sono mai stati aiutati, hanno ricevuto 2 milioni di lire a
testa. Una miseria quando invece dal Belgio erano stati promessi
un milione e 300mila franchi mai arrivati. Della strage
dell’Heysel si sono lavati le mani tutti. Autorità e mondo dello
sport".
29 maggio 2018
Fonte: Todaysport.it
L'anniversario della tragedia
Heysel, la vedova: "Il
biglietto glielo avevo regalato io"
"Il biglietto per quella maledetta
partita glielo avevo regalato io: non me lo perdono". A parlare
è Marie Andries, 80 anni, la vedova di Tarcisio Salvi, una delle
39 vittime della tragedia dell'Heysel del 29 maggio 1985. La
coppia viveva a Brescia, aveva cinque figli, e all'epoca gestiva
una pizzeria in città. "Mio marito non tifava neppure per la
Juventus, ma era interista" ricorda la donna, belga di nascita,
ma cresciuta a Brescia. "Per tutta la notte avevo provato a
chiamare il numero dedicato ai parenti dei tifosi italiani
presenti quella sera a Bruxelles, ma era stato impossibile
prendere la linea" spiega Marie Andries che aveva ricevuto la
notizia della morte del marito solo la mattina dopo. "Avevo
visto dalla televisione l'immagine di mio marito sdraiato a
terra senza vita - ricorda ancora disperata - Fu una tragedia
assurda. Era partito per il Belgio da solo e per andare a
divertirsi e invece dall'inferno dell'Heysel non è più tornato
indietro".
29 maggio 2015
Fonte: Giornaledibrescia.it
Fonte Fotografia di Brescia: Frecciando.com

Dopo Bruxelles, chi si ricorda
di noi ?
di Andries Marie Jeanne
Mi chiamo Andries Marie Jeanne e sono
la vedova di Tarcisio Salvi, perito nella tragica notte del 29
maggio allo stadio Heysel a seguito degli incidenti verificatisi
in occasione dell'incontro di calcio Juventus-Liverpool. Vorrei
spiegare la mia situazione attuale. A mezzogiorno del 30 maggio,
insieme con i miei figli, ero già a Bruxelles, dopo aver
acquistato i biglietti per l'aereo, senza poter portare con me i
soldi necessari per soggiornare due giorni fuori casa. Ignoro,
anche se posso tragicamente ricostruirlo, cosa possa
essere
accaduto in quella notte terrificante allo stadio, ma quello che
è accaduto poi e che tuttora accade alla mia famiglia, così,
come ritengo, ad altre famiglie colpite dalla sciagura, non è
stato e non è meno drammatico. Poiché ero sprovvista del danaro
sufficiente per mantenere i miei figli e me, in attesa dei
funerali delle vittime, mi rivolsi all'autorità belga: mi
vennero consegnati un po' di danari, previa sottoscrizione di
riconoscimento di debito per il relativo importo e con
insistente richiesta di rientro della somma nel più breve tempo
possibile: firmai, anche perché, come intuibile, mi trovavo in
una condizione psicologica tale da non poter discernere fra una
soluzione od un'altra. L'autorità medica belga constatò la morte
di mio marito a mezzanotte circa, il che lascia intendere come,
dalle 19,30, per oltre 4 ore, non si sia prestato il minimo
soccorso ad una persona che, ancora in vita, avrebbe potuto
essere salvata. Su tutta la stampa ed in ogni telegiornale che
ho seguito ho sentito ripetere che sono stati stanziati soldi a
favore dei familiari delle vittime di Bruxelles: dalla Juventus,
dal Liverpool, dalle autorità governative britanniche e belghe.
Ho letto che ai familiari delle vittime lo Stato avrebbe
rimborsato il biglietto dell'aereo per recarsi a Bruxelles,
avrebbe pagato i funerali, sarebbe venuto incontro in qualsiasi
maniera anche per le prime necessità. Ancora al Tg1 di venerdì
28 giugno 1985 è stato annunciato che le autorità britanniche
avrebbero versato L. 12.000.000 per ogni famiglia di ciascuna
delle vittime. Nulla di tutto ciò si è verificato: ho contratto
un debito con le autorità belghe, ho pagato l'aereo per me e per
i miei figli, ho pagato il funerale in Italia e per la
traslazione della salma da Milano a Brescia, non so ancora se
debba pagare il relativo conto. Si aggiunga che, nonostante la
mia disperata richiesta rivolta alle autorità di polizia belghe,
non mi sono stati consegnati neppure gli effetti personali di
mio marito ed il portafogli che avrebbe dovuto contenere L.
1.000.000.
14 luglio 1985
Fonte: La Stampa
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