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LIBRI e HEYSEL 2007
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Juve A Alberto Rossetto 2007
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BIBLIOGRAFIA
HEYSEL
 

Juve Alé

Diario sentimentale di un tifoso bianconero

di Alberto Rossetto

Nick Hornby parla italiano ? Finalmente un libro sul calcio scritto da un tifoso qualunque per i tifosi "qualunque". Una sorta di memoriale ironico-sentimentale sui ricordi di stadio, le partite viste d gli spalti o seguite via radio attraverso il mitico "Tutto il calcio minuto per minuto". Il contorno del pubblico, le manie e i rituali scaramantici posti in essere per far vincere la squadra del cuore, la Juventus. Una memoria in bianconero, perché quei due colori caratterizzeranno tutta la vita di un tifoso che fin da bambino viene contagiato dalla juventinite e non se ne libererà mai più. Ma bianconera anche come la televisione di una volta. Un’avventura che inizia nella seconda parte degli anni Sessanta e termina ieri, all’indomani del ritorno in serie A dall’inferno in cui la Juventus è stata cacciata dalle decisioni di calciopoli. Alberto Rossetto, nasce a Torino nel secolo scorso sotto il segno della Juve che ne condizionerà la vita fin dalla tenerissima età. Per Bradipolibri ha scritto nel 2009 "I figli minori della Signora. Fonte: Bradipolibri.it © 24 gennaio 2007 Fotografie: Bradipolibri.it © Alberto Rossetto © Icona: Itcleanpng.com ©

Io all'Heysel c'ero, e non voglio dimenticare

di Alberto Rossetto

Io ero studente universitario e mi recai in Belgio con un mio compagno di corso; ancora ricordo il guardare sospetto di chi, all'interno dell'Ateneo ma non solo, scopriva che uno studente era anche un appassionato calciofilo, quasi che le due cose si escludessero a vicenda. Per molti leggere un libro e andare ad assistere ad una partita di calcio sono due operazioni incompatibili. La gente è proprio strana, chissà se pensa ancora così, oggi che il calcio è quotato in borsa e i clubs fanno a gara per accaparrarsi i migliori managers e consiglieri finanziari oltre agli strateghi della comunicazione. Partimmo nel pomeriggio del 28 maggio da piazza Castello per arrivare, dopo una nottata sulle strade di mezza Europa, in tarda mattinata nella capitale belga; la carovana era composta da una quarantina di pullman, ai quali se ne aggiunsero almeno venti durante il tragitto prima della frontiera con la Francia. A Bruxelles il clima era stranamente calmo, gruppi di tifosi italiani ed inglesi si scambiavano le sciarpe in giro per la città, anche se la sera precedente i britannici non avevano mancato di devastare la Grande Place. Ci recammo allo stadio con molto anticipo, seguendo i consigli che ci erano stati impartiti durante il viaggio, consigli tesi proprio ad evitare incidenti e contatti con i tifosi avversari in prossimità del campo di gioco. Infatti appena entrati nell'Heysel ci rendemmo subito conto che il giusto appellativo per descriverlo fosse appunto campo di gioco e non stadio, talmente era incongruo per quel tipo di finale. Quando nella curva opposta alla nostra gli inglesi iniziarono i primi tafferugli non ci si rese conto della gravità degli eventi; con il passare del tempo le cariche degli hooligans si fecero più cruente, costringendo molti tifosi italiani a trovare rifugio sul rettangolo di gioco. La partita non aveva inizio, si percepiva ora la gravità della situazione, ma non si riusciva a quantificarla. Si pensava ai "soliti" incidenti provocati dai "soliti" criminali che frequentano gli stadi. Non esistevano ancora i telefoni cellulari, quindi non era possibile mettersi in contatto con l'esterno; ricordo che un ragazzo di Lecce di fianco a me aveva una radiolina portatile dalla quale gli parve di capire che c'erano sette morti nel settore Z.

Un po' sarcasticamente gli chiesi se capiva bene il francese, visto che secondo me sette morti in uno stadio equivalevano ad un'ecatombe. Non l'avessi mai detto. Fu un bene che la partita venne poi giocata perché gli animi erano troppo surriscaldati e molti, non solo giovani, ma anche attempati signori padri di famiglia, volevano farsi giustizia da sé; se quella partita non si fosse giocata il numero delle vittime sarebbe di ben altro numero. Appena terminata la partita la polizia belga, responsabile per il suo comportamento imbecille almeno quanto i teppisti, ci fece partire in fretta e furia ed in pratica scoprimmo la vera realtà della tragedia solo in Francia, in autogrill, a notte fonda. Resici conto di quanto era accaduto cercammo di avvisare le nostre famiglie in Italia, ma pochi nel mio pullman disponevano di franchi francesi da utilizzare per telefonare. Si procedette pertanto ad una sorta di catena, nel senso che un paio di persone telefonarono in Italia e dettero ai propri familiari i numeri telefonici degli altri componenti in modo che potessero mettersi in contatto con i loro parenti. I miei genitori furono avvertiti intorno alle 4 di notte. Una volta a casa venni a sapere dei festeggiamenti avvenuti in varie città e mi sorbii l'enorme fiume di parole, scritte e non, riversate sui fatti di Bruxelles, dai tanti "esperti" che furono interpellati per esprimere un'opinione in merito: sociologi, psicologi, giornalisti, opinionisti, ecc. La realtà, unica ed inconfutabile, era e rimane la morte di 39 persone che erano accorse in quella maledetta città per divertirsi seguendo la propria squadra del cuore: nessuna parola potrà mai esprimere la condanna di un simile orrore. Nessuna parola potrà mai cancellare il dolore dei parenti delle vittime. Per una morte così assurda, c'era bisogno di un silenzio assordante, invadente; invece si è coperto tutto con le parole di chi volle essere a tutti i costi protagonista di una storia in cui non era minimamente implicato. Si discusse anche molto sull'opportunità che la Juventus non ritirasse quella coppa macchiata di sangue: pure speculazioni demagogiche ! Nessuno, dico nessuno, ventilò invece l'ipotesi contraria; proprio perché macchiata di sangue quella coppa non avrebbe dovuto essere restituita alla UEFA, quella coppa macchiata di sangue doveva diventare un macigno per dirigenti sportivi e addetti alla sicurezza, quella coppa macchiata di sangue avrebbe dovuto segnare la svolta contro la violenza attraverso un gesto forte, inequivocabile, storico, quella coppa macchiata di sangue doveva essere l'ultima coppa. Fonte: Bradipolibri.it © 24 gennaio 2007 Fotografie: Bradipolibri.it © GETTY IMAGES © (Not for commercial use) Icona: Itcleanpng.com ©

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