
"Il giorno perduto"
(G. L. Favetto – A. Cartwright)
Gian Luca Favetto, Cervia
(RA) 28.06.2015

A 30 dalla tragedia
dello stadio Heysel a Bruxelles,
a Cervia se ne parla
con un monologo teatrale
Questa sera alle 21.00 nella piazza antistante la
Torre S. Michele
L’appuntamento di questa sera, domenica 28 alle ore 21 intorno
alla Torre S. Michele ha la forma di un monologo teatrale;
non è quindi una celebrazione di una ricorrenza tragica
avvenuta 30 anni fa allo stadio di Heysel (la tragedia del
1985 poco prima della finale di Coppa dei Campioni di calcio
tra Juventus e Liverpool in cui morirono 39 persone); non
è una neppure la presentazione di un libro, ma un modo per
raccontare una possibile lettura: quella proposta, in forma
di monologo teatrale, da uno dei due autori, Gian Luca Favetto,
modulando la lettura con la narrazione e il racconto musicale
del violoncello di Giorgio Borghi e Antonio Somma.
La storia: Quattro ragazzi dalla provincia di Torino, tifosi
della Juve e calciatori per passione, partono con una R4,
attraversano la Francia per partecipare a Bruxelles alla
partita di finale di Coppa contro la squadra inglese del
Liverpool. Portano con loro i sogni e le incertezze dei
ragazzi degli anni Ottanta e le lanciano là, dalla Grand
Place, la storica piazza di Bruxelles, verso il futuro.
Nello stesso tempo, anche un loro coetaneo inglese, intraprende
il suo primo viaggio da solo, verso la stessa meta, sfidando
le sue paure e mettendosi in gioco. Nell’attesa di entrare
allo stadio Heysel, giocano a pallone con una lattina di
birra, si guardano, si sfiorano senza conoscersi, ma si
riconoscono nel gioco di sguardi complici di chi ha la stessa
passione, la stessa innocenza. Il libro da cui è tratto
il racconto teatrale è "Un giorno perduto. Racconto di un
viaggio all’Heysel", scritto a quattro mani da Gian Luca
Favetto e Anthony Cartwright, pubblicato da 66thand2nd,
2015. Il libro narra un’avventura, un viaggio da cui far
ripartire i sogni di quattro giovani - tre torinesi e un
inglese - in attesa di un evento che
dia una svolta alle
loro vite. L’evento a cui s’incardinano le loro attese è
una partita di calcio che si giocherà nello stadio di Heysel
in Belgio, una partita che segnerà una svolta tragica nella
storia del calcio: la finale di Coppa dei campioni tra Juventus
e Liverpool, 29 maggio 1985. I piani del destino non avranno
nessun riguardo per le attese di questi ventenni… "La Biblioteca
di Cervia ha rintracciato in questo libro diversi tratti
congeniali al suo modo di proporre la lettura - fa sapere la stessa biblioteca - una storia avventurosa di respiro
largo, una scrittura e un progetto editoriale di qualità,
come quello di 66thand2nd, uno sguardo lucido e partecipe
sulla contemporaneità e, infine, il calcio - e lo sport,
in generale - come metafora, vitale ma, talora, dolorosa
dell’esistenza". Gian Luca Favetto, Torino, 1957. Giornalista,
poeta, scrittore e drammaturgo; collabora con "La Repubblica"
e Radio Rai. Tra gli ultimi libri: il romanzo "La vita non
fa rumore", l’audiolibro "I nomi fanno il mondo", le poesie
"Mappamondi e corsari". Con Anthony Cartwright, inglese
(Dudley, 1973) è coautore del libro "Il giorno perduto"
66th2nd, 2015. I musicisti: Giorgio Borghi è docente di
violoncello nella Scuola di Musica di Cervia e di Cesena;
fa parte di varie formazioni concertistiche. Antonio Somma
è allievo del corso di violoncello nella scuola cervese.
28 Giugno 2015
Fonte:
Cervianotizie.it
Teatro e Heysel


"Io sono la Memoria"
(Reading Teatrale da: "Lettera a Francesco da Bruxelles"
di Domenico Laudadio)
Francesca Cassottana,
Torino 29.05.2015
Reading teatrale dell'attrice Francesca Cassottana,
diplomatasi all'Accademia Teatrale Paolo Grassi di Milano,
durante la cerimonia di commemorazione del Trentennale della
Strage dell'Heysel organizzata il 29 maggio 2015 a Torino
presso la Sala Viglione di Palazzo Lascaris, sede del Consiglio
Regionale del Piemonte, dall'Associazione fra i Familiari
delle Vittime dell'Heysel. Il testo di Domenico Laudadio
è tratto da "Lettera a Francesco da Bruxelles", capitolo
del libro di Beppe Franzo
"80 tanta voglia di Curva Filadelfia"
di cui Novantico Editrice ha cortesemente concesso l'uso
per la solenne occasione.
NOTA BENE: Severamente vietata ogni
riproduzione non autorizzata e mistificazione parziale o
integrale dell'opera ai sensi della Legge sul diritto d'autore
(L. 633/1941).
Teatro e Heysel 

Quando
cade l'acrobata entrano i clown" (W. Veltroni)
Francesco Murgo, Grammichele
(CT), 29.05.2011
Spettacolo promosso il 29.05.2011 dall'Associazione
"L'altra cultura" di Grammichele in provincia di Catania,
tratto dal libro di Walter Veltroni "Quando cade l'acrobata,
entrano i clown", pubblicato da Einaudi nel 2010. Voce recitante
dell’attore Francesco Murgo con la partecipazione dei ballerini
di danza classica Viviana Grosso e Claudio Ladisa.
Teatro e Heysel 
"Quando
cade l'acrobata entrano i clown" (Walter Veltroni)
Daniele Formica, Ravello 8.07.2010

Veltroni firma,
per il Ravello Festival,
un monologo sulla tragedia
dell'Heysel
di Marisa Paladino
Sera del 29 maggio 1985, finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles, dopo
quella partita nulla sarà come prima nel mondo del calcio,
furono trentanove a morire sugli spalti insanguinati della
curva Z travolta dagli assalti impazziti delle tifoserie
inglesi avversarie, oltre seicento i feriti, ma l'incontro
fu comunque giocato ed i bianconeri vinsero dopo avere segnato
un rigore. Il testo-monologo commissionato a Walter Veltroni
per l'edizione 2010 del Ravello Festival ha debuttato in
prima assoluta giovedì' 8 luglio, il titolo riprende la
frase di Platini per giustificare l'esultanza dopo il rigore
ed il giro di campo a partita finita "Quando cade l'acrobata,
entrano i clown" (pubblicato da Einaudi), in una scrittura
teatrale che a pieno titolo si inserisce nel tema della
follia leitmotiv del festival di quest'anno. L'autore, appassionato
tifoso di calcio e juventino da sempre, ha immaginato il
racconto sofferto del protagonista che, partito per accompagnare
la squadra del cuore, si trova a vivere una assurda violenza
sfociata in un folle bagno di sangue. Sono versi liberi
che ondeggiano in una sofferta musicalità nel ricordo di
quelle terribili ore, accompagnati dalla scrittura musicale
del giovane e promettente compositore Riccardo Panfili e
dall'esecuzione strumentale dell'Ensamble InCanto diretto
da Fabio Maestri, un insieme di archi, pianoforte, fiati
e percussioni che ha scandito questo tempo sospeso della
memoria, aggiungendo carica emotiva e suggestione crescente
alla narrazione. Le magnifiche sonorità e la voce recitante
di Danilo Formica, che ha elaborato una drammaturgia scenica
ottimamente combinata con l'andamento del testo e la sottolineatura
musicale, hanno conferito giusta tensione drammatica e profonda
malinconia allo sgranarsi di sogni e di emozioni, di gioia
e di dolore del percorso evocativo di un io narrante teso,
nel restituire le atmosfera contraddittorie di quelle ore.
Il protagonista, nell'anniversario di matrimonio e dopo
una serata di amore, mentre la moglie dorme, si abbandona
ai
ricordi di quella trasferta preparata con gioiosità infantile,
all'insaputa di lei che avrebbe sposato soltanto pochi giorni
dopo: una piccola e dolorosissima bugia, diventata un enorme
peso per gli eventi inimmaginabili che segnarono il viaggio.
Nel calcio e per l'uomo nulla sarà come prima, si romperà
l'incanto della primigenia bellezza di uno sport appassionante
che "parla all'anima individuale e collettiva" per dirla
con le parole di un poeta. Il calcio diventerà uno sport
fagocitato da forti interessi economici e da una spettacolarizzazione
ad ogni costo, e quando si allontanerà dalla fantasiosa
creatività che incanta e diverte rischierà di offrire un
assurdo rovescio della medaglia, l'essere cioè il coagulo
esplosivo di rabbia individuale e sociale. Ritornando alle
vicende della storia, il protagonista ripensa a quella partenza
festosa ma l'incipit di grazia è breve, ci si ritrova inattesamente
e da subito nel fuoco di un crescendo narrativo che scaraventa
nell'assurdità di un massacro incomprensibile, dove l’assolo
di una umana follia renderà quei corpi, caduti sotto l'irruzione
dell'onda inglese, un inutile ammasso di carne. Eppure "la
partita si farà". In scena esplode il fragore di suoni che
ritmano con corifea coralità un prima ed un dopo, l'evento
è atemporale e l'andamento musicale, oltre la perfetta voce
recitante, tra suoni ripetitivi e dissonanti e melodie che
declinano fino al silenzio, accorda rotture e pause ad un
continuum narrativo, sospeso tra il registro dei flashback
e la rassicurante notte di liberazione, pause che sono un
invito a raccogliere il pensiero attonito per andare oltre.
Narrazione e personale Spoon River, in cui l'orrore dei
corpi ammassati e l'apocalisse scatenata da questa assurda
guerra trova pacificazione in una dimensione di riscatto
e di verità, nel reclamare la vita, nello stupirsi alla
vista del corpo
dell'amata e nell'attesa di un'alba nuova,
per i fatti tragici il minimale riscatto è nella sentenza
che riconobbe le responsabilità della strage esiliando le
squadre inglesi dalle Coppe per 5 anni, il Liverpool per
6. La squadra italiana quella sera giocò e vinse ma questo
sembra nemmeno lambire il testo, nessuna interpretazione
ed analisi, raccoglimento invece, ed interrogativi di fronte
all'insensata violenza, al senso di un umano troppo forte
e toccante, che non vuole abdicare alla morte ma si proietta
verso il sole ed il nuovo giorno, quasi che fosse la speranza
di una nuova umanità. Testo limpido e musicale, schietto
e privo di retorica, che libera l'orrore, vissuto allora
nella diretta televisiva, nella scrittura e si impossessa
di emozioni più profonde e riflessive, esaltato nella riuscita
formula
di melologo moderno, in cui le parole poi giungono
al silenzio, il finale in scena infatti è solo musica, adesso
finalmente dolce, come fosse un compassionevole requiem
per quelle vittime inconsapevoli. Fu una tragedia anche
mediatica pur se non si ebbe da subito la proporzione. Il
tuffo nella diretta di allora, simbolicamente, con la voce
del telecronista Bruno Pizzul che irrompe nella platea,
gli fu affidato il commento e la comunicazione del numero
dei morti "E' una notizia rabbrividente. E per una partita di calcio". In chiusura i protagonisti sono stati applauditissimi
da un pubblico che ha dimostrato visibile partecipazione
ed apprezzamento, e non ha abbandonato le postazioni neanche
per il dopo spettacolo, quando sul palco sono saliti oltre
l'autore Walter Veltroni, Daniele Formica, Riccardo Panfili
ed uno dei protagonisti in campo quella sera Antonio Cabrini,
a moderare gli interventi il direttore del Ravello Festival,
Stefano Valanzuolo. In conferenza, Veltroni non aveva mancato
di riferirsi ai Mondiali 2010 e a come essi, contro ogni
pregiudizievole previsione, si siano svolti, finora, nella
massima serenità e di come il mezzo televisivo, e di recente
la rete, siano stati e diventino sempre più determinanti
nella percezione della realtà, vera o mistificata che essa
sia. "La diretta televisiva ha amplificato la dimensione
drammatica della storia, ma da venti anni in Italia succedono
incidenti negli stadi (...) nel nostro paese dove non si
finiscono gli stadi, e quando si finiscono, non sono utilizzati.
E questo, ahinoi, non riguarda solo gli stadi, ma anche
gli Auditorium…". Ancora ricordi, riflessioni, ringraziamenti
ed auspici, la serata volge davvero alla fine, in prestito
per la nostra chiusura riportiamo le considerazioni finali
di Veltroni, quasi a restituire il senso di queste occasioni
"Torni un tempo, che non ha colore politico, un tempo in
cui si coltivi l'amore e la passione per la creazione artistica,
per il bello, per il bello che ha dentro di sé il dubbio
e la ricerca, anche nella TV e probabilmente domani nella
rete". Ed il Ravello Festival crediamo che con questa pregevole
proposta artistica sin da ora cerchi di vivere e far vivere
questo tempo.
10 Luglio 2010
Fonte:
Oltrecultura.it
Teatro e Heysel 
Al Ravello Festival
Walter Veltroni e Antonio Cabrini ricordano la tragedia
dell’Heysel
di Umberto Gallucci
"Entrano le squadre in campo, che magnifica allegria. Quando
cade l’acrobata, entrano in scena i clown". Questa sera
a Ravello, nella splendida cornice della sala dei Cavalieri
di Villa Rufolo è andata in scena la prima assoluta "Quando
cade l’acrobata, entrano i clown" scritto da Walter Veltroni
e musicato da Riccardo Panfili. A venticinque anni dalla
strage dell’Heysel, il Ravello Festival ha commissionato
a Walter Veltroni un testo che rievocasse quella vicenda,
e a Riccardo Panfili la musica per accompagnare il ricordo.
Una serata nel ricordo di uno dei giorni più brutti della
storia del calcio mondiale, quando per una partita di calcio
persero la vita trentasei persone, trentasei tifosi, trentasei
anime innocenti. Persero la vita uomini che percorsero tantissimi
chilometri per andare a seguire la propria squadra del cuore,
sognando di diventare Campioni d’Europa. "È una cosa rabbrividente,
inaudita. E per una partita di calcio" così commentò durate
la telecronaca Bruno Pizzul, entrando nelle case degli italiani.
Il 29 maggio 1985 il calcio perse la sua verginità, la sua
aura - cioè - di gioco, per diventare cronaca e basta. Quel
giorno, in diretta tv, la follia si impossessò del gioco
più bello del mondo, forse definitivamente. Si disputò la
partita, comunque. Come dei clown - sottolineò Platini -
i calciatori entrarono in campo a spazzar via lo sgomento
provocato dalla caduta dell’acrobata. Di trentanove acrobati.
Sullo schermo, a fine serata, si videro le immagini dei
giocatori festanti, con la coppa sollevata al cielo. Mentre
in sovrimpressione scorrevano i numeri telefonici messi
a disposizione dei parenti o degli amici delle vittime:
il gioco era finito. "Qualcuno ascolta. Aspetta. Trattiene
il fiato, proprio qui, accanto. E dice: quello lì che parla
sono io. Mai più dice, sarà tutto così quieto…". Così Daniele
Formica inizia a raccontare la sera più brutta del calcio
mondiale, da quella sera il calcio non è stato più quieto,
perché quella è stata solo la prima delle tante tragedie.
Gli Hooligan avevano colpito, lasciando il segno, troncando
in un giorno di "festa" la vita di trentasei tifosi. Accompagnato
dalle melodie scritte per l’occasione da Riccardo Panfili,
suonate dal gruppo diretto dal Maestro Fabio Maestri, Formica
ha ricordato quella tragica giornata. Una serata particolare,
un evento unico al mondo, voluto dal Ravello Festival nell’anno
della "Follia" perché quella fu pura follia. Un racconto
sospeso tra opera e teatro, tra reading letterario e melologo
moderno. Attraverso un lungo, malinconico flashback, Veltroni
esplora il lato folle di quello che una volta era considerato
solo un gioco, evocando una delle più assurde tragedie consumatesi,
nel 1985 a Bruxelles, intorno ad un campo di calcio. Dopo
la rappresentazione, si è tenuto un dibattito con l’autore
dell’opera, Walter Veltroni e uno dei protagonisti di quella
partita, il Campione del Mondo Antonio Cabrini. "Il sangue
delle guerre è prevedibile, in una festa come il gioco del
calcio il sangue non è prevedibile - così Veltroni ha aperto
il dibattito - per raccontare tutto questo bisognava seguire
lo stesso schema prendendo il momento più dolce, una notte
d’amore in un anniversario di matrimonio ma riempirlo della
sensazione di quella tragedia, del racconto di quella tragedia".
Attraverso la musica il racconto è stato più
emozionante,
e Veltroni ringrazia il Maestro Panfili per essere "riuscito
a realizzare un lavoro splendido" in più aggiunge "mi fa
molto piacere che sia stato un giovane compositore italiano
a realizzare una produzione della quale Ravello e Rai Trade
hanno il merito". Nel corso del dibattito l’ex segretario
del Partito Democratico torna a sottolineare che una festa
non può essere macchiata di sangue, "festa e sangue è un
binomio
agghiacciante, spero che il racconto di questa sera
sia riuscito a ricostruire la dimensione di quella follia".
Veltroni nel corso della serata non ha parlato solo della
tragedia dell’Heysel, ma anche del Mondiale 2010, senza
mettere in mezzo la "tragedia" azzurra. L’ex direttore de
"L’Unità" ha aggiunto "da appassionato dell’Africa sono
orgoglioso di quello che gli africani hanno dimostrato in
questo mondiale, tutti si aspettavano "gli stadi non finiranno
!!!", loro li hanno finiti, siamo noi che di solito non
finiamo gli stadi". In Italia gli stadi ora sono più vecchi
rispetto a quelli del Sudafrica, è vero, è in Italia che
gli stadi non vengono ristrutturati. Veltroni parlando di
stadi e ristrutturazione degli impianti, lancia una frecciatina
e si unisce alle critiche che in questi ultimi mesi riempiono
i giornali d’Italia, in riferimento all’Auditorium Oscar
Niemeyer di Ravello dicendo "oppure quando finiamo gli auditorium
non li apriamo". Così Walter Veltroni commenta la situazione
non positiva, per una struttura costata miliardi e che per
ora è ancora "chiusa". La follia è il tema del Festival
2010, così Veltroni tira in ballo nuovamente la follia dicendo
"Si diceva che il mondiale sarebbe stato caratterizzato
dalla violenza, è successo nulla solo qualche furto che
succede ovunque". Il Mondiale che sta per terminare con
una finale tutta europea, quest’anno al Festival non sarà
proiettata la finale, nel 2006 portò lo schermo sul Belvedere
di Villa Rufolo portò fortuna agli azzurri, è stato un grande
evento e Veltroni ci tiene a sottolineare che "Grazie alla
TV tutti hanno potuto vedere la grandezza di questo evento".
L’ex Vicepresidente del consiglio distaccandosi dal tema
della serata, si sofferma anche sulla capacità di una modella
Paraguayana, Larissa Riquelme "una ragazza del Paraguay
geniale dal suo punto di vista, che evidentemente orchestrando
un rapporto con fotografi e cameraman è riuscita a diventare
una star mondiale, era molto bella, si è fatta inquadrare
con un attillato costume con i colori del Paraguay e, con
un cellulare collocato strategicamente". La bella tifosa
del Paraguay che aveva promesso anche uno spogliarello in
caso di semifinali, è diventata una star grazie alla TV,
"questo è un tipico caso di un nulla che diventa improvvisamente
tutto" ma aggiunge Veltroni "tutto che però poi torna ad
essere nulla come il Grande Fratello. La tv ha è una gigantesca
potenza, e non bisogna demonizzarla, ma bisogna usarla per
la sua parte positiva, cioè quella di aiutare tutti a conoscere
il dubbio, la fantasia. La tv che abbiamo conosciuto noi
era una tv che aiutava il dubbio, ora spara certezze terribili
e ogni dubbio viene considerato quasi eversivo, invece il
dubbio è l’anima dei mezzi di comunicazione". Dopo aver
parlato di belle ragazze diventate star grazie ad un decolleté usato come porta cellulare, Veltroni torna ad elogiare l’"Ensemble InCanto" diretto da Fabio Maestri, "Erano in sette ma sembravano
un orchestra sinfonica. Tutto molto bello, questa è l’Italia,
Ravello è l’Italia, questo Festival è l’Italia. - commenta
Veltroni - Il ruolo dell’Italia in primo luogo è la bellezza
il talento, questo è l’Italia, se smettiamo di investire
su questo e passione su questo, noi contribuiremo a rendere
questo paese diverso da come è stato storicamente". Veltroni
chiude il suo intervento dicendo: "Torni un tempo, che non
ha colore politico, un tempo in cui si coltivi l’amore e
la passione per la creazione artistica, per il bello, per
la possibilità di
portare il bello che ha dentro di sé il
dubbio e la ricerca anche nella TV e probabilmente domani
nella rete". Dopo l’autore del testo da cui è stato tratto
l’evento, ha preso la parola un campione che ha vissuto
la tragica partita dell’Heysel da vicino, uno dei bianconeri
che quella sera alzò al cielo la Coppa del Campioni. "Che
impressione ti ha fatto risentire attraverso la voce di
un attore, fatti di cui tu sei stato testimone in una maniera
surreale ?" Con questa domanda il direttore del Festival,
Stefano Valanzuolo introduce Antonio Cabrini nel dibattito:
"Potrei definirla sconcertante, per la prima volta ho immaginato
cosa ha provato una persona che si trovava nella curva Z
in quella partita". Seguendo la rappresentazione, il "fidanzato
d’Italia", ha ricordato quella sera, quella finale: "Mi
sono reso conto che la morte della vita è stata la sconfitta
del calcio e dello sport, ed è impensabile che in un momento
di gioia, un momento in cui lo sport è sinonimo di aggregazione
e amicizia si trasformi in una tragedia come quella avvenuta
in quel campo". Nonostante la tragedia la partita non si
è fermata, il motivo di questa decisione lo spiega direttamente
Cabrini: "si doveva giocare perché non posso immaginare
cosa fosse successo in modo contrario. La gazzella si sarebbe
trasformata in leone e ci sarebbe stata una notte di follia
nella città". Dopo quella partita il concetto di gioco si
è un po’ perso, il divertimento legato alle partite è andato
degenerando e oggi andare a vedere una partita è diventato
molto difficile e pericoloso. "Probabilmente negli ultimi
10 anni il concetto di calcio è cambiato", -questo il commento
di Antonio Cabrini che aggiunge - "Spesso mi chiedono cos’è
un campione ? Io rispondo dicendo, un campione è un vincente
che non smette mai di sognare. Da quella sera molta gente
e molti di noi hanno smesso di sognare, perché il sogno
di un calciatore è quello di svolgere la sua attività divertendosi,
e quando questo non avviene più il calcio non è più un gioco.
Molti hanno smesso di sognare perché si è persa la voglia
di vedere lo sport in maniera pulita". Attraverso lo spettacolo,
attraverso la musica, ma soprattutto tramite le parole di
un protagonista di quella tragedia, avvenuta 25 anni fa,
il Ravello Festival ha voluto far capire che il calcio è
un gioco, uno sport ricco di follia. Follia che può incoraggiare
un campione a segnare un goal impossibile. Follia che aiuta
un portiere a volare, il più lontano possibile per evitare
il goal della sconfitta. Follia che spinge l’allenatore
a fare scelte impossibili. Follia che spinge i veri amanti
del calcio ad andare allo stadio per supportare la propria
squadra del cuore. Ma non la follia che rende cechi i tifosi
che negli anni stanno "ammazzando" lo sport più bello del
mondo, uno sport ricco di follia positiva e non di violenza
e odio.
10 luglio 2010
Fonte:
Partenopress.com
Teatro e Heysel 
Ravello, successo per la prima di Veltroni
I tagli alla cultura uccidono il nostro paese. L’Italia
è in primo luogo la sua bellezza, l’Italia è anche questo
festival, Villa Rufolo, ed una località come Ravello". Walter
Veltroni chiude con queste parole il dibattito che si è
svolto al termine della prima assoluta di "Quando cade l’acrobata
entrano i clown", l’opera teatral-musicale scritta su commissione
del Ravello Festival, la quale segna il suo debutto nella
drammaturgia. Applauditi dal pubblico l’attore Daniele Formica,
accompagnato
dalle musiche originali composte dal trentenne
Riccardo Panfili ed eseguite dal vivo dall’Ensemble InCanto
diretta da Fabio Maestri. Il testo, in scena sul palco della
Sala dei Cavalieri di Villa Rufolo, prende ispirazione dalla
tragedia dello stadio Heysel del 29 maggio 1985 (39 morti
e 600 feriti), ed il calcio (antica e confessata passione
di Veltroni) è la metafora per riflettere su alcuni dei
mali e delle contraddizioni della nostra società. "Quando
il direttore generale del Ravello Festival, Stefano Valanzuolo,
- dichiara Veltroni - mi ha contattato per scrivere un testo
sul tema della follia, ho pensato alla storia dell’Heysel.
Di quell’episodio, vivo nella memoria di molti italiani,
mi ha sempre colpito il contrasto tra il sangue ed il gioco,
tra la tragedia e la festa dei giocatori della Juventus
a fine partita". Testimone diretto di quelli attimi drammatici
fu Antonio Cabrini, ieri invitato dal Festival per raccontare
la verità su di una storia "sulla quale si è scritto e detto
tanto, forse troppo". "Venimmo a conoscenza di qualche disordine
nel settore Z - afferma Cabrini - e poi, a poco a poco,
la gente arrivava nel nostro spogliatoio chiedendo aiuto
e riparo. Capimmo che si trattava di qualcosa di molto grave,
ma quella partita si doveva giocare: se avessero fatto evacuare
lo stadio, i morti sarebbero stati molti di più". Quella
partita, afferma l’ex giocatore, ha però segnato per sempre
tutti i protagonisti. "Un campione - dice Cabrini - è un
vincente che non smette mai di sognare, ma quella sera,
molti di noi smisero di farlo". L’Heysel, nell’opera di
Veltroni, diventa perciò il punto di rottura tra il calcio
come divertimento e gioco, ed il calcio esasperato di oggi.
"Ci sono state tante vicende come quella dell’Heysel, con
bilancio anche più grave", sottolinea Veltroni. "La diretta
televisiva ha amplificato la dimensione drammatica della
storia, ma da venti anni in Italia succedono incidenti negli
stadi". "In Sudafrica - conclude - si parlava di mondiale
a rischio. Ci sono stati soltanto due furti in albergo.
Peggiore è quanto accade nel nostro paese (50 morti negli
stadi dal 1963, ndr), dove non si finiscono gli stadi, e
quando si finiscono, non sono utilizzati. E questo, ahinoi,
non riguarda solo gli stadi, ma anche gli Auditorium…" (allusione
all’opera di Niemeyer e al caso Ravello).
8 luglio 2010
Fonte:
Cronachesalerno.it
Teatro e Heysel 

"Quando cade l'acrobata entrano
i clown"
Musica: Riccardo Panfili
Testo originale: Walter Veltroni
Voce recitante e drammaturgia:
Daniele Formica
Ensemble InCanto diretto da Fabio Maestri
In collaborazione con
Edizioni Musicali Rai Trade
"Purtroppo una notizia che debbo dare. È ufficiale, viene
dall’Uefa. Ci sono trentasei morti. È una cosa rabbrividente,
inaudita. E per una partita di calcio". Così, la sera del
29 maggio 1985 la voce del telecronista Bruno Pizzul entrò
nelle case degli italiani ad offrire l’immagine di una tragedia
tanto più spaventosa perché inimmaginabile. Quel giorno
il calcio perse la sua verginità, la sua aura - cioè - di
gioco, per diventare cronaca e basta. Quel giorno, in diretta
tv, la follia si impossessò del gioco più bello del mondo,
forse definitivamente. Si disputò la partita, comunque.
Come dei clown - sottolineò Platini - i calciatori entrarono
in campo a spazzar via lo sgomento provocato dalla caduta
dell’acrobata. Di trentanove acrobati. Sullo schermo, a
fine serata, si videro le immagini dei giocatori festanti,
con la coppa sollevata al cielo. Mentre in sovrimpressione
scorrevano i numeri telefonici messi a disposizione dei
parenti o degli amici delle vittime: il gioco era finito.
A venticinque anni dalla strage dell’Heysel, Ravello Festival
ha commissionato a Walter Veltroni un testo che rievocasse
quella vicenda, ed a Riccardo Panfili la musica per accompagnare
il ricordo. La storia - È notte. Un uomo è sul terrazzo
di una stanza d’albergo sul mare; è qui per festeggiare
il suo decimo anniversario di matrimonio. La donna dorme.
Lui ritorna con il pensiero agli anni trascorsi insieme
e a un’unica bugia: un viaggio tenuto celato. Aveva mentito
per vedere una partita di calcio: la finale di Coppa dei
Campioni Juventus - Liverpool, a Bruxelles. L’uomo ripensa
a quella partita in uno stadio malandato, l’Heysel. Ritorna
al dramma di una vicenda che doveva essere allegra e giocosa,
e che invece sarebbe diventata una battaglia, un insensato
perdersi della ragione nella cecità della violenza. La parola
Heysel avrebbe da allora significato morte: trentanove morti
(tre si aggiunsero alla lista di Pizzul, purtroppo) e seicento
feriti innocenti. Una strage immane per una partita di calcio,
una ferita aperta e non più rimarginata. Walter Veltroni
è stato direttore de "l'Unità", vicepresidente del Consiglio
nel governo di Romano Prodi, segretario nazionale dei Democratici
di sinistra, sindaco di Roma e segretario nazionale del
Partito democratico. Tra i suoi ultimi libri ricordiamo:
Il disco del mondo - Vita breve di Luca Flores, musicista
(2003), Senza Patricio (2004), La scoperta dell'alba (2006)
e Noi (2009). Il testo Quando cade l’acrobata, entrano i
clown (2010) è pubblicato da Einaudi. Riccardo Panfili è
nato a Terni nel 1979. A guidarlo nella stesura dei primi
lavori è stato Vieri Tosatti. Dal 2003 al 2006 ha seguito
i corsi di Azio Corghi presso l’Accademia Chigiana di Siena.
Nel 2006 ha vinto il Primo premio del Concorso Internazionale
di Composizione "Santa Cecilia" con il pezzo per orchestra
Danzario, eseguito al Parco della Musica sotto la direzione
di Antonio Pappano. Nel 2008 si è aggiudicato il secondo
premio, tra 219 partecipanti, nel Concorso di Composizione
"Henri Dutilleux". Il Teatro alla Scala di Milano gli ha
commissionato un lavoro per orchestra che sarà eseguito
nella stagione 2011-2012 per la direzione di Pappano. Nel
2010 RadioRai ha selezionato il suo pezzo Le Roi Bombance
per il prestigioso International Rostrum of Composers di
Lisbona. I suoi lavori sono stati eseguiti dall’Orchestra
Nazionale di S. Cecilia, Orchestra Sinfonica Nazionale della
Rai di Torino, Orchestra della Fondazione Toscanini di Parma.
L’acrobata e il clown - musica di scena per lo spettacolo
Quando cade l’acrobata, entrano i clown - è edito da Rai Trade. Daniele Formica è attore con esperienze in cinema,
televisione e teatro, doppiatore, conduttore televisivo,
regista ed autore teatrale. Nasce a Dublino nel 1949. Figlio
di un musicista,, cresce tra le note e decide quindi di
fare tutto tranne l’attore che reputa un mestiere non serio.
Alla morte del padre, la paura della morte lo chiude in
una solitudine ancora più drastica della sua condizione
di figlio unico. Si rifugia nei supereroi dei comics dove
scopre una straordinaria rassomiglianza con Batman (tranne
per il fatto che non è bello, né ricco e nemmeno atletico)
non sa il sanscrito (Batman sì) ma i compagni
di scuola
lo prendono per il Joker ! Per la paura della morte non
riesce ad entrare nel cimitero per portare una rosa sulla
tomba del padre, ma una sera buia e tempestosa entra in
un cinema dove danno "Il caro estinto" commedia noir per
la regia di Tony Richardson (allora marito di Vanessa Redgrave
della quale il Formica s’innamorerà perdutamente). La visione
di quel film (e più in là negli anni anche quella di Vanessa)
creano nel nostro eroe una sorta di cortocircuito: non solo
può entrare nei cimiteri per onorare il padre ma inizia
una collezione di teschi (che venderà a peso d’oro negli
anni ’90 a Bill Gates, potendo comprarsi in seguito svariati
Macintosh) e infine scopre che con una risata si può mettere
nel sacco la paura e la stessa morte. Da allora fa
seriamente
il Comico e la sua missione è far ridere più persone possibile
parlando di cose serie. Fabio Maestri si è diplomato in
Pianoforte nel 1975. E’ stato allievo di Donatoni, per la
Composizione, all’Accademia Nazionale di S. Cecilia, e di
Ferrara, per la Direzione d’orchestra, presso l’Accademia
Chigiana di Siena. Sue composizioni sono state eseguite
da Fabbriciani, Ancillotti, Scarponi. Tra il 1981 e il 1990
ha collaborato con Luciano Berio. Ha diretto al Lirico Sperimentale
di Spoleto, alla Sagra Musicale Umbra, al Maggio Musicale
Fiorentino, al Massimo di Palermo, al San Carlo di Napoli,
al Comunale di Bologna, al Ravenna Festival. Molto attivo
come esecutore di musica contemporanea, è stato ospite della
Biennale di Venezia, del Festival di Nuova Consonanza, dell’Accademia
Filarmonica Romana, del Sinopoli Festival, proponendo prime
esecuzioni di Giani-Luporini, Betta, Cardi, D’Amico, Dall’Ongaro,
Galante, Panni, Ambrosini, Pennisi, Donatoni. Ensemble InCanto
Roberto Petrocchi, clarinetto, clarinetto basso e sax; Silvia
Paparelli, pianoforte; Gianluca Saveri, percussioni Vincenzo
Bolognese, violino I; Anna Chulkina, violino II; Gianluca
Saggini, viola; Valeriano Taddeo, violoncello..
6 luglio 2010
Fonte:
Ravellofestival.com
Teatro e Heysel 

In costiera anche il direttore Pappano con un programma
dedicato a Wagner
Ravello, Veltroni evoca l'Heysel e "racconta" la
follia del calcio
di Chiara Marasca
Prima assoluta dello spettacolo nato su commissione
del Festival, con testi del politico e musiche di Panfili.
SALERNO - A distanza di poche ore dalla finale del mondiale
sudafricano, Walter Veltroni debutta al Ravello Festival
con il suo racconto inedito sulla "follia" del calcio. Giovedì
sera, infatti, la cittadina della Costiera ospiterà la prima
assoluta dello spettacolo "Quando cade l’acrobata entrano
i clown", che, come ha raccontato lo stesso Veltroni su
Facebook, è nato da un'idea del direttore del Festival,
Stefano Valanzuolo, che alla fine del 2009 chiese al politico
con la passione per il cinema e la scrittura, di provare
a buttare giù un testo sui lati oscuri della passione sportiva.
Il racconto, pubblicato quest'anno da Einaudi, fuso alla
musica di scena di Riccardo Panfili (edita da Rai Trade),
ha dato vita a un racconto sospeso tra opera e teatro, tra
reading letterario e melologo moderno. LA TRAGEDIA DI BRUXELLES
- Attraverso un lungo, malinconico flashback, partendo dal
racconto di una storia d'amore, Veltroni esplora il lato
folle di quello che una volta era considerato solo un gioco,
evocando una delle più assurde tragedie dello sport mondiale:
è il 29 maggio del 1985 quando a Bruxelles, poco prima della
finale di coppa dei campioni Juventus - Liverpool i tifosi
delle due formazioni si scontrano sugli spalti (N.D.R. Nessuno
scontro fra tifoserie, ma un aggressione premeditata degli
inglesi al pubblico pacifico del settore Z della Curva):
39 persone morte, di cui 32 italiani, oltre 600 feriti.
Sul palcoscenico a picco sul mare di Villa Rufolo, Fabio
Maestri dirige l’Ensemble InCanto, Daniele Formica dà voce
e volto al protagonista della storia. Lo spettacolo di Ravello
sarà ripreso da Rai Radio3. Al termine, Veltroni assieme
a Panfili, e con Daniele Formica e Antonio Cabrini (protagonista
di quella tragica partita) prenderanno parte, a Villa Rufolo,
ad un incontro sul tema della follia, filo conduttore dell'edizione
2010, con il pubblico del Festival.
6 luglio 2010
Fonte:
Corrieredelmezzogiorno.corriere.it
Teatro e Heysel

"Teppisti" (G.
Manfridi)
Compagnia "Teatro Garage",
Roma 14.04.1993
(Versione a cura di
Circolo KEATON con la regia di Andrea De Manicor, Verona 1997)
Al "Garage" andrà in scena un singolare testo di
Giuseppe Manfridi ispirato a Keeffe
Lo sport e i tamburi di guerra
di Mauro Boccaccio
Dalla tragedia dello stadio Heysel di Bruxelles
all'odissea di un gruppo di ultrà attraverso la penisola.
Una satira amara sulla violenza che accompagna il tifo.
Il lavoro sarà a Genova alla fine di gennaio..
GENOVA - Ha suscitato molta curiosità l'annuncio del Teatro
Garage che a gennaio porterà in scena un testo di Giuseppe
Manfridi sul tema della violenza negli stadi. Il testo,
intitolato "Teppisti !", la cui regia è affidata al giovane
regista genovese Sergio Maifredi, andrà in scena a gennaio
alla sala Diana di San Fruttuoso. Il programma della piccola
struttura di via Paggi aveva raccontato, per sommi capi,
la trama dello spettacolo. Ora è lo stesso Giuseppe Manfridi,
uno degli autori più in vista del teatro italiano, a spiegare
i motivi di questa scelta. Vediamoli. "Stavo traducendo
una commedia di Barry Keeffe intitolata "Dio salvi la Regina"
e composta di vari episodi, uno dei quali racconta di alcuni
ragazzini tifosi del Manchester United quando, come tutti
in Europa e nel mondo, rimasi agghiacciato davanti al video
che trasmetteva le paurose immagini dello stadio di Heysel:
la tragica mischia che insanguinò l'inizio della partita
di Coppa dei Campioni Liverpool - Juventus. "Pure io sono
tifoso, intensamente tifoso (della Roma, perché non dirlo
?) - prosegue Manfridi e amo profondamente il calcio. Per
farla breve, la penna che volevo mantenere al servizio di
un'opera altrui cominciò a mutare direzione; a scrivere
un'altra storia, a modellare altri personaggi, altri destini,
altro linguaggio". Non appena terminato l'imprevisto lavoro,
nato da una radicale e censurabile diserzione, la prima
persona a cui Giuseppe Manfridi lo fece leggere fu lo stesso
Keeffe che si complimentò, pregando però il collega italiano
di presentare la commedia senza far cenno al suo nome. "Dall'84
a oggi - spiega Manfridi - sono passati molti anni. "God
save the Queen" ha già conosciuto da tempo le nostre scene
e io mi sento finalmente in diritto di sdebitarmi con il
suo autore per avermi offerto lo spunto che, attraverso
tradimenti progressivi, mi ha condotto alla stesura di uno
dei miei testi preferiti, "Teppisti!", appunto". La storia.
Una giovane coppia, Nando e Giovanna, si aggira per l'Italia,
insieme ad un mal tollerato compagno di fede calcistica,
Cico, seguendo le rotte della propria squadra in trasferta.
Da Napoli a Torino, da Milano a Genova e in altre città.
Da questa "geografia della predazione" i tre riportano infiniti
resoconti di battaglie cruente, di avventurose sfide con
la polizia e con gli ultrà avversari, di gol segnati e subiti.
Tutta la loro esperienza di vita sembra essere lì e non
altro che lì:

in quel legame violento con una bandiera,
in quell'estremo e mortale spirito di corpo che ce li mostra
come tre monadi impazzite al momento in cui li vediamo,
come accade, separati da quel tutt'uno, da quella folla
che è l'unico vero elemento in cui, paradossalmente, riescono
a sfiorare un'idea di se stessi. Come se per diventare individui
dovessero confondersi, come se per parlare dovessero usare
parole collettive, slogan, cori e grida di guerra scanditi
da rulli di tamburi. "Teppisti !" è scritto in endecasillabi,
per dar vita a una sorta di gabbia ritmica di recitazione,
all'interno della quale i personaggi sono costretti ad una
congestione crescente. La violenza, piuttosto che venirne
attutita, si fa così più sensibile, sino ad esplodere oltre
il linguaggio, nella sola alternativa consentita, cioè nell'azione
fisica e brutale. "Teppisti !", di cui l'autore ha fornito
oggi queste anticipazioni, andrà in scena al Teatro Garage
dal 21 al 31 gennaio prossimi, per la regia di Sergio Maifredi.
Lo spettacolo, vietato ai minori di anni 18, è interpretato
da Luca Catanzaro, Roberto Recchia e Raffaella Russo.
3 novembre 1993
Fonte:
La Stampa
Teatro e Heysel 

"Teppisti !", un atto tragicomico
Allo stadio si urla in versi
Stasera alle 21 al teatro Filodrammatici la commedia
in un atto "Teppisti !" di Giuseppe Manfridi, con Luca Catanzaro,
Roberto Recchia e Raffaella Russo. Regia di Sergio Maifredi..
Furore allo stadio in versi. Dal Teatro Garage di Genova
al Filodrammatici: stasera, alle 21, va in scena "Teppisti
!", tragicommedia in un atto di Giuseppe Manfridi, con Luca
Catanzaro, Roberto Recchia e Raffaella Russo. Regia di Sergio
Maifredi. Repliche sino al 2 maggio. E' una storia di grande
attualità. Presenta tre ragazzi dei nostri giorni (Nando,
Giovanna e Cico), "guerrieri metropolitani" che aspettano
la domenica per stordirsi, colmare il loro disagio di vivere
e lasciarsi trascinare dalla violenza allo stadio. Tre sbandati
si ritrovano davanti allo stadio, in attesa d' un amico
che dovrebbe portar loro i biglietti. Attesa inutile. Comincia
a montare, allora, una sorta di violenza verbale, espressa
in un continuo, incessante turpiloquio (per questo, lo spettacolo
è vietato ai minori di 18 anni). D'altronde il linguaggio
scurrile è l' unico modo di manifestare rabbia, malessere
e aggressività da parte dei tre teppisti. Indossano stivaloni,
giubbotti neri di pelle con borchie; quasi in assetto di
guerra. Sulla scena stanno dietro una rete metallica (metafora
d' una gabbia che li separa dagli spalti e dalla società):
si muovono nervosamente, saltano, gesticolano. Mentre i
tifosi entrano nello stadio, Nando, Giovanna e Cico diventano
sempre più impazienti. E l'impazienza si muta in furore,
quando i cancelli si chiudono ed essi sono costretti a sentire
da fuori urla e ovazioni dei tifosi. Finale tragico. I tre
teppisti hanno così tanta voglia di partecipare alla partita
e di manifestare la loro violenza che, prima di unirsi ad
uno dei gruppi che escono dallo stadio per dare battaglia,
sfogano l'aggressività fra di loro. A farne le spese sarà
Cico, il più debole dei tre, pestato a sangue. In endecasillabi.
S. Gr.Furore allo stadio in versi. Dal Teatro Garage di Genova
al Filodrammatici: stasera, alle 21, va in scena "Teppisti
!", tragicommedia in un atto di Giuseppe Manfridi, con Luca
Catanzaro, Roberto Recchia e Raffaella Russo. Regia di Sergio
Maifredi. Repliche sino al 2 maggio. E' una storia di grande
attualità. Presenta tre ragazzi dei nostri giorni (Nando,
Giovanna e Cico), "guerrieri metropolitani" che aspettano
la domenica per stordirsi, colmare il loro disagio di vivere
e lasciarsi trascinare dalla violenza allo stadio. Tre sbandati
si ritrovano davanti allo stadio, in attesa d' un amico
che dovrebbe portar loro i biglietti. Attesa inutile. Comincia
a montare, allora, una sorta di violenza verbale, espressa
in un continuo, incessante turpiloquio (per questo, lo spettacolo
è vietato ai minori di 18 anni). D'altronde il linguaggio
scurrile è l' unico modo di manifestare rabbia, malessere
e aggressività da parte dei tre teppisti. Indossano stivaloni,
giubbotti neri di pelle con borchie; quasi in assetto di
guerra. Sulla scena stanno dietro una rete metallica (metafora
d' una gabbia che li separa dagli spalti e dalla società):
si muovono nervosamente, saltano, gesticolano. Mentre i
tifosi entrano nello stadio, Nando, Giovanna e Cico diventano
sempre più impazienti. E l'impazienza si muta in furore,
quando i cancelli si chiudono ed essi sono costretti a sentire
da fuori urla e ovazioni dei tifosi. Finale tragico. I tre
teppisti hanno così tanta voglia di partecipare alla partita
e di manifestare la loro violenza che, prima di unirsi ad
uno dei gruppi che escono dallo stadio per dare battaglia,
sfogano l'aggressività fra di loro. A farne le spese sarà
Cico, il più debole dei tre, pestato a sangue. In endecasillabi.
S. Gr.
14 aprile 1993
Fonte:
Corriere della Sera
Teatro e Heysel 
Teppisti
La commedia di Manfridi dal 14 ai
Filodrammatici
Quella partita maledetta e noi tre piccoli "Teppisti
!"
di Luca Dondoni
MILANO - Luca Catanzaro, Roberto Recchia e Raffaella Russo
sono gli interpreti di "Teppisti !", una pièce di Giuseppe
Manfridi, al Teatro Filodrammatici da mercoledì 14 aprile
fino al 2 maggio prossimo. La regia dello spettacolo è di
Sergio Maifredi e l'autore ha pensato e realizzato un testo
di questo genere dopo aver visto le drammatiche immagini
della strage dello stadio Heysel. "Sono un tifoso anche
io - ha detto Manfridi parlando - e amo profondamente il
calcio. Ho scritto "Teppisti !" mentre stavo traducendo
una commedia di Barry Keefe intitolata "Dio salvi la regina"
composta da vari episodi. In uno di questi si racconta di
uno di questi ragazzini tifosi del Manchester United e,
mentre stavo raccontandone le gesta, sul mio televisore
sono apparse le immagini dello stadio della strage. La mia
penna ha cominciato a scrivere altro. Ho partorito una storia
usando il linguaggio giovanile. Appena ho terminato di scrivere
Teppisti !", ho voluto farlo leggere proprio a Keefe che
si è detto entusiasta". La storia è quella di una giovane
coppia, Nando e Giovanna, che si aggira per l'Italia in
compagnia di un amico chiamato Cico. Le rotte sono quelle
della squadra del cuore perennemente in trasferta per tutto
il campionato. Da Torino a Milano, da Napoli a Genova. Da
questi viaggi i resoconti delle "battaglie" cruente, degli
scontri avventurosi e spesso "gonfiati" con la polizia,
i carabinieri e gli avversari. In tutto ciò non bisogna
dimenticare le terribili arrabbiature per il gol subito
e la gioia per quello segnato. In quel legame violento ad
una bandiera che sembra aver sostituito la madre, e all'idolo
del cuore che sostituisce Dio, c'è tutta l'incongruenza
di una generazione spesso disattesa, disillusa e fondamentalmente
triste. Dice ancora Manfridi: "Gli attori che rappresentano
lo spettacolo riescono a dare il meglio di se stessi quando,
recitando gli slogan classici dello stadio, trasmettono
al pubblico quella sensazione di vuoto che comprende tutto
ciò che è inerente a molti movimenti di massa e alla logica
insulsa di quei gruppi dove le tensioni, feroci, sono in
verità il risultato di altrettante solitudini".
11 aprile 1993
Fonte:
La Stampa
Teatro e Heysel 

"Tutti sapevano
tranne loro"
di Davide
Gramiccioli

Heysel tutti sapevano tranne loro
di Rossella Sereno
23 maggio 2017 ore 21:00, c/o Sala ATC Piemonte
Centrale, Torino l'Associazione "Quelli di via
Filadelfia" presenta la pièce della Compagnia del Teatro
Artistico d'Inchiesta: "Heysel, tutti sapevano tranne
loro", un monologo di David Gramiccioli.
"Il rispetto per la morte ti rende degno della vita".
Così si conclude la pièce teatrale di David Gramiccioli,
un monologo che cattura l'attenzione dello spettatore e
lo conduce in un percorso fatto di storia, ricordi,
episodi e cronaca. Non c'è spazio per il romanticismo,
per le sfumature, per le storie edulcorate o messe in
piedi con l'intento di commuovere. No, qui vengono
trattati i fatti, le ricostruzioni, gli avvenimenti
precedenti e il contesto socio-politico di quegli anni,
in modo chiaro e incisivo. L'opera teatrale colpisce a
partire dal titolo: "Heysel, tutti sapevano tranne
loro". Come un destino già segnato, che l'autore/attore
illustra e rende a posteriori evidente. Un palco quasi
spoglio, il buio in sala, la sola presenza in scena di
Gramiccioli, accompagnato soltanto da qualche filmato e
da quella cronaca di Bruno Pizzul che ancora oggi fa
rabbrividire. Il racconto, o meglio ancora l'analisi,
parte dal 12 giugno 1980, quasi 5 anni prima dei tragici
fatti dell'Heysel. In Italia, a Torino, si gioca per i
Campionati Europei Belgio-Inghilterra (1-1) e già allora
gli hooligans inglesi si fanno notare: bottiglie di
birra in mano, ubriachi, fuori controllo. Un fenomeno
che non sfugge dall'osservazione in patria: se ne
discute nel parlamento inglese, dove Margaret Thatcher,
già allora, dichiara di voler annientare il tifo
violento. 30 maggio 1984, 1 anno prima dell'Heysel. A
Roma, si gioca la finale di Coppa dei Campioni
Liverpool-Roma (1-1, 4-2 dopo i rigori). Ma fuori dal
campo di gioco, la battaglia è italiani contro inglesi,
una guerriglia il cui esito è quello di un ragazzo in
coma, un uomo accoltellato e una trentina di feriti.
Tanto da far decidere all'Uefa di disputare le
successive finali in campo neutro, considerato più
sicuro. 16 gennaio 1985, 4 mesi e mezzo prima
dell'Heysel. A Torino, finale Supercoppa
Juventus-Liverpool (2-0). Gli scontri in città tra
italiani e inglesi si susseguono fin dal mattino. 11
maggio 1985, 18 giorni prima dell'Heysel. A Bradford, in
Inghilterra, si gioca un incontro tra Bradford City e
Lincoln City, valido per il campionato di Third Division.
Al 40' minuto si innescò un incendio, la partita venne
sospesa e i tifosi fatti evacuare. Ma la tribuna,
vecchia e fatiscente, era stata costruita in legno. Il
fuoco si diffuse facilmente, crollò il tetto dello
stadio. All'interno dell'impianto non c'erano estintori:
erano stati tolti per evitare possibili atti di
vandalismo tra gli hooligans. L'esito fu di 56 morti e
265 feriti. Mancano pochi giorni alla finale a
Bruxelles, ma i presupposti si sono già visti tutti:
hooligans inglesi fuori controllo, impianti di gioco
inadeguati e obsoleti, incapacità di gestione di eventi
di questa portata da parte degli organizzatori. 29
maggio 1985, Bruxelles. Finale Coppa dei Campioni,
Juventus-Liverpool. L'aria di festa degli juventini in
giro fin dal mattino che viene interrotta dell’arrivo
degli inglesi. Non una caccia agli juventini, da parte
degli hooligans, ma una caccia agli italiani.
Ma gli
scontri tra hooligans e ultras bianconeri, nel
pomeriggio, rientrano nelle logiche del mondo ultrà, e
non producono effetti disastrosi. Purtroppo però non è
così all'interno dello stadio: accanto gli inglesi, nel
settore Z, non ci sono gli ultras della Juventus, che
avrebbero saputo rispondere agli attacchi, che erano
preparati all'offensiva, che probabilmente avrebbero
ricacciato indietro quell'onda inglese. Ma nel settore
Z, per colpa di una infausta gestione della vendita dei
biglietti, c'erano famiglie, bambini, club. E la paura,
il più umano dei sentimenti, vinse su tutto. Alcune
teorie, sostenute anche da Bruce Grobbelaar, allora
portiere del Liverpool, considerano l'ipotesi che a
partecipare agli scontri ci fossero anche membri
dell'estrema destra di Londra, il National Front, e che
all'imbarco delle navi dall'Inghilterra fossero stati
distribuiti volantini su cui era scritto che sarebbe
stata l'ultima partita in Europa del Liverpool.
Corrispondono a verità queste teorie ? Chi può aver
fatto stampare questi volantini ? Domande ancora
irrisolte. La tragedia viene vissuta e raccontata in
diretta televisiva. Il comunicato dei capitani, le
responsabilità belghe evidenti già solo nelle immagini
della polizia a cavallo, la Juventus che pare non
volesse giocare, l'imposizione di disputare la gara. 39
morti. Una tragedia che riguarda un paese, l'Italia, non
una squadra, non una singola tifoseria. Gramiccioli
all'interno della sua lucida analisi inserisce solo due
immagini, due ritratti. Quello di Giusy Conti, 17 anni,
studentessa modello, ottimi voti a scuola, che vuole
diventare giornalista sportiva. E chissà quanto sarebbe
stata brava. Che si merita la finale, che vuole quella
Coppa, che insieme al papà raggiunge Bruxelles. Ma che
non tornerà. E quello di due angeli, Andrea Casula e
Roberto Lorentini. Andrea, 11 anni, il bimbo più felice
del mondo perché andava a vedere la sua Juve e Roberto,
31 anni, medico, che ha provato in tutti i modi a
salvare la vita del piccolo Andrea. Due angeli uniti dal
destino. "Abbiamo l'obbligo di fermarci e di costruire
una memoria comune", conclude nel suo spettacolo David
Gramiccioli. Uno spettacolo che andrebbe portato nelle
scuole, invitando i ragazzi ad assistervi con
attenzione, perché la memoria di una tragedia italiana
deve essere tramandata alle nuove generazioni. (N.D.R. Rossella Sereno (tifosa bianconera e
assidua frequentatrice della Curva Sud al neo Allianz
Stadium della Juventus) è l’autrice del libro "Fratelli
di Gradinata").
25 Luglio 2017
Fonte: Giulemanidallajuve.com
Teatro e Heysel 
Monologo ricostruisce la
tragedia dell’Heysel
Domani sera sul palco della
Moretta di Alba
di Cristina Borgogno
Saranno 32 anni il 29 maggio.
La tragedia che sconvolse per sempre il mondo del
calcio, e non solo, quando allo stadio di Bruxelles,
poco prima dell’inizio della finale di Coppa dei
Campioni tra Juventus e Liverpool, morirono 39
persone, di cui 32 italiane, e ne rimasero ferite
oltre 600. In occasione della Giornata della memoria
per le vittime dell’Heysel e di ogni manifestazione
sportiva, arriva domani anche ad Alba, alle 21 al
Teatro della Moretta, il monologo "Heysel tutti
sapevano tranne loro", a cura del giornalista-attore
David Gramiccioli, già rappresentato in questi mesi
in numerose città in tutta Italia (ingresso con
offerta libera). Era il 1985. Il monologo
ricostruisce i fatti di quella drammatica sera del
1985. Sulla scena, al buio, il narratore sale sul
palco anticipato solamente dall’annuncio dello
storico cronista Bruno Pizzul che, drammaticamente,
nella sua essenzialità, comunica la notizia. "Quella
voce - dicono dalla compagnia del Teatro Artistico
d’inchiesta di Gramiccioli - è una lama
affilatissima che raggiungerà la memoria di una
tragedia dove la vita e la morte si sono sfidate
come accade proprio in una partita, ma in questo
caso realmente e drammaticamente come solo
l’imprevedibilità e la violenza sanno architettare.
Da quella notte cambiarono tante cose nel mondo del
calcio, ma ciò che rimase per sempre impresso nelle
menti e nella storia fu l’orrore di quelle
immagini". I tifosi. L’evento ad Alba è promosso dai
Brüt Sporc e Gram (gruppo di tifosi juventini locali
che oltre a sostenere la Vecchia Signora, organizza
eventi con l’obiettivo di aiutare chi ne ha
bisogno), in collaborazione con l’associazione
Quelli di via Filadelfia di Torino e l’assessorato
alla Cultura del Comune di Alba. "Un onore per la
città ospitare questo spettacolo che sta
raccogliendo i favori della critica, al punto da
essere utilizzato all’interno di percorsi formativi
nelle scuole" dice l’assessore Fabio Tripaldi. Oltre
a ricordare le vittime dell’Heysel, la serata ha
l’obiettivo di sostenere la Fondazione per la
ricerca sui tumori dell’apparato muscoloscheletrico
e rari onlus di Torino.
23
maggio 2017
Fonte: Lastampa.it
Teatro e Heysel 

Anche se in questo caso (la tragedia
dell’Heysel) si parla di morte,
più che di vita. Ed è un argomento che va
maneggiato con cura
Lo spettacolo di David Gramiccioli mi è piaciuto.
Molto. Potevano organizzarlo meglio, quello si. Ma chi
fa teatro, a certe leggerezze, si abitua in fretta… E
finisce per ingoiare anche quest’aria sottotraccia un
po’ da carbonari e la mancanza di quel minimo di
pubblicità che avrebbe incoraggiato la presenza del
grande pubblico. E che lo show avrebbe ampiamente
meritato. Per quanto ne ho capito, l’evento si saldava
con le molte manifestazioni sportive che hanno
organizzato a Siena in queste ultime settimane; il
Sindaco e l’Assessore (presenti in sala) hanno tenuto a
testimoniarne la buona riuscita, cominciando dalle
"Strade Bianche", che è stato il fiore all’occhiello, ma
anche con i vari contest di pugilato, atletica leggera,
equitazione ed altro. In questo evento, invece, dovevano
impegnarsi di più. Il Teatro dei Rozzi è rimasto chiuso
fino alle sette meno dieci; poi hanno offerto un bel
rinfresco, e lo spettacolo che era in programma per le
18,30 è slittato fin quasi verso le 20… Ne saranno
sicuramente rimasti soddisfatti gli espugnatori da
buffet (che non mancano mai); io, che ero lì per lo
spettacolo, l’ho trovato fastidioso. E ho pensato che
quel vermouth potevano sorseggiarlo dopo, anziché prima.
Il teatro di David mi piace, lo dico subito…. E’ merce
che compro a scatola chiusa. E da spettatore tendo a
comprare a scatola chiusa tutto (o quasi tutto) quello
che centrifuga lo sport e la vita, da Federico Buffa in giu. Anche se in questo
caso (la tragedia dell’Heysel)
si parla di morte, più che di vita. Ed è un argomento
che va maneggiato con cura. Perché è un teatro
difficile, e se sbagli i toni e gli accenti, il rischio
"mattonata" è dietro l’angolo; dove per "mattonata" si
intende uno di quei testi un po’ lugubri e sinistri nei
quali si spara nel mucchio (la
colpa è della "società",
dello stato, dei carabinieri o del parroco) con il
risultato, poi, che nessun colpo va a segno. L’approccio
di David è lirico, invece. Lirico e intelligente. E’
teatro di inchiesta, ma che rimane piacevolmente a mezzo
metro da terra, senza mai cadere. Perché l’artista ci
mette del suo, e lo fa svaporare nel più classico teatro
di narrazione… E questo si deve al suo "milieu" di
appassionato (e intenditore) di calcio, che si avverte,
e ti prende a braccetto fin da subito, senza lasciarti
solo. David maneggia un argomento che conosce nelle sue
pieghe più profonde. Ne traccia le coordinate
luogo-tempo-azione con precisione ineccepibile, e
aggiunge al racconto lo slancio dell’innamorato
autentico (del football, e soprattutto di "quel"
football). La sua denuncia è viva e rigogliosa: ne tira
i fili con maestria, con il sorriso amaro di Dumas che
scrive "vent’anni dopo"… L’esatto contrario di quei
sapientoni che vorrebbero raccontarti Fausto Coppi, e
poi sbagliano l’accento di Castellania. Si esce leggeri,
da questo show. Leggeri, e non pesanti. Soprattutto, se
ne esce con la convinzione che sbeffeggiare i trentanove
martiri di quella sera, è decisamente una merda (se si
vuol chiamare le cose con il proprio nome). E’ una merda
non commuoversi al racconto di molti di quei "caduti",
ed è una merda offendere il nome di Superga, di
Paparelli, del commissario Raciti, con tutte le
derivazioni del "Vesuvio lavali", eccetera. David (che è
un tifoso "arrabbiato" della Roma), conclude proprio
così. E disegna un quadro "di sostanza", usando però
colori tenui; e inserendolo dentro una cornice
bellissima.
Da innamorato del calcio e della vita. Oltrechè da
grande artista. Clap clap.
20 marzo 2017
Fonte:
Riccardolorenzettiblog.wordpress.com
Teatro e Heysel 

"Heysel: tutti sapevano tranne loro":
Sport Siena Week
End si chiuderà sul palcoscenico
Lo
spettacolo al Teatro dei Rozzi il 19 marzo per ricordare
un’assurda tragedia nel mondo del calcio
Nella sua follia e nel suo orrore, quella
dell’Heysel fu una tragedia destinata a restare
indelebile nell’immaginario collettivo, andando ben
oltre i confini dello sport e del calcio. Era il 29
maggio 1985 quando, nello stadio Heysel di Bruxelles che
ospitava la finale di Coppa Campioni tra la Juventus e
il Liverpool, un gruppo di hooligans provocò la morte di
39 persone, delle quali la gran parte italiani,
sfondando le reti divisorie che separavano i settori
delle tribune e causando una ressa mortale tra i tifosi.
A memoria di quei fatti terribili e come monito affinché
il mondo dello sport non debba più conoscere certe
assurdità, l’ultimo appuntamento di Sport Siena Week End
è lo spettacolo teatrale "Heysel, tutti sapevano tranne
loro", in programma per domenica 19 alle ore 18.30 al
Teatro dei Rozzi. Ideata e realizzata dall’Academy of
Art and Image con la Compagnia del Teatro Artistico
d’Inchiesta per la regia di Angela Turchini, l’opera
teatrale ripercorre con l’interpretazione del
giornalista e attore David Gramiccioli le ore che
precedettero la partita: "I tifosi inglesi più accesi
cominciarono a spingersi verso il settore Z, a ondate,
aspettandosi una probabile reazione di quelli juventini.
Questi, impauriti anche per il mancato intervento e
l’assoluta impreparazione delle forze dell’ordine
belghe, furono costretti ad arretrare, ammassandosi
contro il muro opposto alla curva dei sostenitori del
Liverpool e generando una ressa letale. Da quella notte
cambiarono molte cose nel mondo del calcio, ma ciò che
rimase per sempre fu l’orrore di quelle immagini". "Heysel, tutti sapevano tranne loro" sarà rappresentato
anche al Parlamento Europeo il prossimo 29 maggio, nella
ricorrenza del 32esimo anniversario della tragedia.
"Sport Siena Week End – commenta l’assessore allo Sport,
Leonardo Tafani – chiude il sipario sull’edizione
annuale con un’iniziativa che va oltre l’ambito
meramente sportivo e che vuole rendere omaggio alla
memoria delle vittime di quell’assurda serata. Quegli
avvenimenti, vissuti in maniera drammatica anche da
tutti noi che eravamo semplici spettatori televisivi,
costituiscono una ferita indelebile nella memoria
collettiva e meritano di essere rielaborati affinché da
essi si possano trarre insegnamenti a memoria futura".
Lo spettacolo è a ingresso libero fino a esaurimento dei
posti disponibili.
17
marzo 2017
Fonte: Radiosienatv.it
© Fotografia:
Riccardolorenzettiblog.wordpress.com
Teatro e Heysel 

Heysel, l’opera rende onore alle vittime
con uno spettacolo al Di Poppa-Rozzi
di Elisabetta Di Carlo
Diversi gli imprevisti ed i disagi. Si è più volte
dovuto rimandare lo spettacolo a causa degli eventi
naturali straordinari che hanno colpito il nostro
territorio ma, stamattina 01/03/2017, la dirigente
Prof.ssa Caterina Provvisiero è riuscita a portare in
scena l’ "HEYSEL, tutti sapevano tranne loro"
all’Istituto "Di Poppa-Rozzi". Nonostante alcune
difficoltà tecniche a cui non è stato possibile
rimediare a causa dello svolgimento di Assemblea
studentesca proprio nei medesimi locali ove
successivamente si sarebbe svolta la rappresentazione
teatrale. Il Giornalista-attore, David
Gramiccioli, con grande personalità e mestiere
riesce a catturale l’attenzione dei ragazzi ed a portare
lo spettacolo letteralmente in mezzo a loro.
Lo spettacolo della Compagnia del Teatro
Artistico d’Inchiesta, premio diritti umani 2012 per un
lavoro-denuncia sul triste e deplorevole mondo della
pedofilia, ha portato lo spettacolo dell’Heysel nei
maggiori teatri italiani, nelle scuole di Roma ed oggi
anche a Teramo. Lo spettacolo coinvolgente e commovente
ha affascinato gli astanti e nell’aula magna
dell’Istituto superiore" Di Poppa-Rozzi" ha echeggiato
la voce dell’attore che al termine ha raccolto i saluti
ed i ringraziamenti dei numerosi ragazzi presenti. Una
storia adatta anche ai ragazzi perché si parla di vite
simili alle loro. Andrea, quasi 10 anni, un piccolo
genio che aveva realizzato una campanella alimentata da
batterie a nove volt e che funzionava ! Giuseppina, da
tutti conosciuta come Giusy, sognava di diventare
giornalista sportiva, morta all’Heysel a soli 17 anni.
Tony Evans, triste protagonista, divenuto anni
dopo giornalista del Times. Un lavoro d’inchiesta
minuzioso e puntuale teso a far recepire il messaggio
che "solo chi ha davvero rispetto per la morte è
veramente degno della vita".

LA TRAGEDIA DELL’HEYSEL -
Ai molti tifosi italiani, buona parte dei quali
provenivano da clubs organizzati, fu assegnata la
tribuna delle curve M-N-O, che si trovava nella curva
opposta a quella riservata ai tifosi inglesi.
Molti
altri tifosi organizzatisi autonomamente, anche
nell’acquisto dei biglietti, si trovarono invece nella
tribuna Z, separata da due basse reti metalliche dalla
curva dei tifosi del Liverpool. Circa un’ora prima
dell’inizio della partita, i tifosi inglesi più accesi,
i cosiddetti hooligan, cominciarono a spingersi, a
ondate, verso il settore Z, cercando il take and end
(prendi la curva) e sfondando le reti divisorie; memori
degli incidenti della finale di Roma di un anno prima,
si aspettavano, forse, una reazione altrettanto violenta
da parte dei tifosi juventini, reazione che non sarebbe
mai potuta esserci, dato che gli ultras bianconeri erano
nella curva opposta (settori M-N-O). Gli inglesi
sostennero di aver caricato più volte a scopo
intimidatorio, ma i semplici spettatori, juventini e
non, impauriti, anche per il mancato intervento e per
l’assoluta impreparazione delle forze dell’ordine
belghe, che ingenuamente ostacolavano la fuga degli
italiani verso il campo, manganellandoli, furono
costretti ad arretrare, ammassandosi contro il muro
opposto al settore della curva occupato dai sostenitori
del Liverpool.
Una ressa
mortale !
Da quella notte
cambiarono tante cose nel mondo del calcio, ma ciò che
rimase per sempre impresso nelle menti e nella storia fu
l’orrore di quelle immagini.
1 marzo 2017
Fonte:
Certastampa.it
Fonte Fotografia Scenica: Luciano Piccente
Teatro e Heysel 
A Teramo venerdì "Heysel
tutti sapevano tranne loro"
La Compagnia del Teatro Artistico d’Inchiesta di
David Gramiccioli il 20 gennaio 2017 porterà in scena
l’opera all’Istituto Dl POPPA-ROZZI.
TERAMO - La Compagnia del "Teatro Artistico d’inchiesta,
insignita nell'ottobre del 2012 del Premio Italia -
DIRITTI UMANI - per il teatro sociale, presenta a Teramo
l’opera "Heysel tutti sapevano tranne loro" con il
giornalista-attore David Gramiccioli. "Abbiamo deciso di
presentare l’opera nelle scuole, spiega Gramiccioli,
perché è necessario che i ragazzi conoscano la storia.
Nell’opera si racconta di ragazzi come loro, che
nutrivano le medesime aspettative per il futuro. I
ragazzi saranno la nostra eredità e memoria. E’
fondamentale che capiscano che a salvarci non sarà mai
l’odio ma l’Amore". "La Compagnia del Teatro Artistico
d'Inchiesta è stata insignita nell'ottobre del 2012 del
Premio Italia DIRITTI UMANI per il teatro sociale,
presenta l'opera "Heysel tutti sapevano tranne loro". -
In scena il giornalista - attore DAVID GRAMICCIOLI. La
strage dell'Heysel fu una tragedia avvenuta il 29 maggio
1985, poco prima dell'inizio della finale di calcio di
Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio di
Bruxelles. Morirono 39 persone, di cui 32 italiane e ne
rimasero ferite oltre 600. Ai molti tifosi italiani,
buona parte dei quali provenivano da clubs organizzati,
fu assegnata la tribuna delle curve M-N-O, che si
trovava nella curva opposta quella riservata ai tifosi
inglesi. Molti altri tifosi organizzatisi autonomamente,
anche
nell'acquisto dei biglietti, si trovarono invece
nella tribuna Z, separata da due basse reti metalliche
dalla curva dei tifosi del Liverpool. Circa un'ora prima
dell'inizio della partita, i tifosi inglesi più accesi,
i cosiddetti Hooligan, cominciarono a spingersi, a
ondate, verso il settore Z, cercando il take and end
(prendi la curva) e sfondando le reti divisorie; memori
degli incidenti della finale di Roma di un anno prima,
si aspettavano, forse, una reazione altrettanto violenta
da parte dei tifosi juventini, reazione che non sarebbe
mai potuta esserci, dato che gli ultras bianconeri erano
nella curva opposta (settori M - N - O). Gli inglesi
sostennero di aver caricato più volte a scopo
intimidatorio, ma i semplici spettatori, juventini e
non, impauriti, anche per il mancato intervento e per
l'assoluta impreparazione delle forze dell'ordine
belghe, che ingenuamente ostacolavano la fuga degli
italiani verso il campo, manganellandoli, furono
costretti ad arretrare, ammassandosi contro il muro
opposto al settore della curva occupato dai sostenitori
del Liverpool. Una ressa mortale ! Da quella notte
cambiarono tante cose nel mondo del calcio, ma ciò che
rimase per sempre impresso nelle menti e nella storia fu
l'orrore di quelle immagini. L'opera rende onore alle
vittime spiegando alcuni importanti momenti e le varie
responsabilità disattese. LA VITA DIMENTICA MOLTI. LA
MORTE NESSUNO.TERAMO - La Compagnia del "Teatro Artistico d’inchiesta,
insignita nell'ottobre del 2012 del Premio Italia -
DIRITTI UMANI - per il teatro sociale, presenta a Teramo
l’opera "Heysel tutti sapevano tranne loro" con il
giornalista-attore David Gramiccioli. "Abbiamo deciso di
presentare l’opera nelle scuole, spiega Gramiccioli,
perché è necessario che i ragazzi conoscano la storia.
Nell’opera si racconta di ragazzi come loro, che
nutrivano le medesime aspettative per il futuro. I
ragazzi saranno la nostra eredità e memoria. E’
fondamentale che capiscano che a salvarci non sarà mai
l’odio ma l’Amore". "La Compagnia del Teatro Artistico
d'Inchiesta è stata insignita nell'ottobre del 2012 del
Premio Italia DIRITTI UMANI per il teatro sociale,
presenta l'opera "Heysel tutti sapevano tranne loro". -
In scena il giornalista - attore DAVID GRAMICCIOLI. La
strage dell'Heysel fu una tragedia avvenuta il 29 maggio
1985, poco prima dell'inizio della finale di calcio di
Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio di
Bruxelles. Morirono 39 persone, di cui 32 italiane e ne
rimasero ferite oltre 600. Ai molti tifosi italiani,
buona parte dei quali provenivano da clubs organizzati,
fu assegnata la tribuna delle curve M-N-O, che si
trovava nella curva opposta quella riservata ai tifosi
inglesi. Molti altri tifosi organizzatisi autonomamente,
anche nell'acquisto dei biglietti, si trovarono invece
nella tribuna Z, separata da due basse reti metalliche
dalla curva dei tifosi del Liverpool. Circa un'ora prima
dell'inizio della partita, i tifosi inglesi più accesi,
i cosiddetti Hooligan, cominciarono a spingersi, a
ondate, verso il settore Z, cercando il take and end
(prendi la curva) e sfondando le reti divisorie; memori
degli incidenti della finale di Roma di un anno prima,
si aspettavano, forse, una reazione altrettanto violenta
da parte dei tifosi juventini, reazione che non sarebbe
mai potuta esserci, dato che gli ultras bianconeri erano
nella curva opposta (settori M - N - O). Gli inglesi
sostennero di aver caricato più volte a scopo
intimidatorio, ma i semplici spettatori, juventini e
non, impauriti, anche per il mancato intervento e per
l'assoluta impreparazione delle forze dell'ordine
belghe, che ingenuamente ostacolavano la fuga degli
italiani verso il campo, manganellandoli, furono
costretti ad arretrare, ammassandosi contro il muro
opposto al settore della curva occupato dai sostenitori
del Liverpool. Una ressa mortale ! Da quella notte
cambiarono tante cose nel mondo del calcio, ma ciò che
rimase per sempre impresso nelle menti e nella storia fu
l'orrore di quelle immagini. L'opera rende onore alle
vittime spiegando alcuni importanti momenti e le varie
responsabilità disattese. LA VITA DIMENTICA MOLTI. LA
MORTE NESSUNO.
(Hanns-Hermann Kersten)
17 gennaio 2017
Fonte:
Abruzzonews.eu - Giornaledimontesilvano.com -
Iduepunti.it
Teatro e Heysel

A grande richiesta
Heysel, tutti sapevano tranne loro al Teatro Ghione
di Daniela Bendoni
Domenica 29 gennaio 2017 alle ore 21.00, al
Teatro Ghione di Roma eccezionalmente a grande richiesta
HEYSEL, TUTTI SAPEVANO TRANNE LORO scritta e
interpretata da David Gramiccioli con la regia di Angela
Turchini.
Il calcio, come tutte le vicende umane, è fatto di
vittorie e di sconfitte. Sul campo da gioco non si
disputano soltanto le partite ma si intrecciano
sentimenti, passioni in un crescendo di emozioni che
vanno oltre i confini territoriali delle città e delle
nazioni. Il narratore entra in scena in controluce,
anticipato solamente dall’annuncio ferale del cronista,
Bruno Pizzul, che drammaticamente nella sua essenzialità
comunica la notizia dei morti dell’Heysel. Quella voce è
una lama affilatissima che raggiungerà la memoria di una
tragedia dove la vita e la morte si sono sfidate, come
accade proprio in una partita, ma in questo caso
realmente e drammaticamente, come solo l’imprevedibilità
e la violenza sanno architettare. L’audio di
quell’annuncio anticipa solo la tragedia dell’Heysel,
rimandando lo sviluppo dei fatti che hanno condotto al
drammatico epilogo ad un momento successivo dell’opera.
23 gennaio 2017
Fonte: : Claudiagrohovaz.com - Oltrelecolonne.it
Teatro e Heysel 
Heysel: tutti sapevano tranne loro
con David Gramiccioli
Il calcio, come tutte le vicende umane, è fatto di
vittorie e di sconfitte. Sul campo da gioco non si
disputano soltanto le partite ma si intrecciano
sentimenti, passioni in un crescendo di emozioni che
vanno oltre i confini territoriali delle città e delle
nazioni.
Il narratore entra in scena in controluce, anticipato
solamente dall’annuncio ferale del cronista, Bruno
Pizzul, che drammaticamente nella sua essenzialità
comunica la notizia dei morti dell’Heysel.
Fonte:
Teatroghione.it
Teatro e Heysel 

"Le Gattare Juventine"
di Paride Acacia

"Le Gattare Juventine", in scena il nuovo lavoro
diretto da Paride Acacia
Dopo le produzioni "Volevo essere brava !" e
"Camposanto Mon Amour" la compagnia Efremrock ritorna a
Messina con lo spettacolo in programma al Teatro dei 3
Mestieri.
Dopo le produzioni "Volevo essere brava!" e "Camposanto
Mon Amour", andate in scena la scorsa stagione
rispettivamente alla Sala Laudamo e al Teatro Savio, la
compagnia Efremrock ritorna a Messina con un nuovo
lavoro diretto da Paride Acacia. "Le Gattare juventine"
- in scena al Teatro dei 3 Mestieri, all’interno della
rassegna "Buonalaprima", sabato 11 marzo alle 20.45 e,
in replica, domenica 12 alle 18.30 - racconta la storia
di due sorelle e del loro amore per la Juventus, i gatti
e Bruce Springsteen: questa è l’eredità lasciata loro
dal padre, prima di partire per il suo ultimo viaggio
verso la finale di Coppa dei Campioni Juventus -
Liverpool, nella tragica notte dello stadio Heysel.
Ambientata in una piccola porzione di strada, dove le
due protagoniste (Gabriella Cacia e Milena Bartolone)
restano sospese, in attesa dei gatti, del padre e di un
definitivo riscatto dalla solitudine, "Le Gattare
juventine" è, soprattutto, la storia dell’elaborazione
di un’assenza troppo ingombrante. A raccontare il
rapporto conflittuale delle due donne, sulle quali
aleggia perenne l’imago paterna, le musiche di Bruce
Springsteen: un viaggio rock’n roll attraverso le note e
le parole del Boss, da "Born in the Usa" a "The River",
lungo il quale una storia personale si intreccia con le
imprese calcistiche della Juventus e la tragedia
sportiva dello stadio belga Heysel, dove nel 1985 a
seguito di violenti scontri (NDR: Siamo alle solite:
aggressione su spettatori inermi), decine di tifosi
italiani persero la vita. Gabriella e Milena portano in
scena due rappresentazioni antitetiche di ciò che può
essere la visione del mondo e il modo di ricordare e
onorare la memoria di un padre: come eterne figlie di
Telemaco, resta l’immagine di donne che scrutano
l’orizzonte, certe che qualcuno tornerà dal mare a
ripristinare una qualche sorta di ordine.
Efremrock & Vaudeville. La compagnia Teatrale - dedita
alla scrittura, produzione e messa in scena di commedie
musicali e musical - è frutto dell’incontro sinergico di
diversi artisti provenienti dalle più variegate
esperienze nell’ambito del teatro di ricerca, del
musical, del teatro danza e della musica pop, rock e
classica: Paride Acacia cantante, attore, regista,
drammaturgo ed insegnante di recitazione; Massimo Pino
bassista, polistrumentista e compositore; Sarah Lanza
ballerina, coreografa, regista ed insegnante di danza;
Peppe Pullia batterista, percussionista, compositore ed
insegnante di batteria; Simona Vita pianista,
tastierista, compositrice ed insegnante di musica;
Gabriella Cacia attrice e cantante; Laura Giannone
attrice e cantante; Adriana Bonaccorso polistrumentista,
cantante e light designer, insegnante di canto; Giovanna
Verdelli attrice e direttore di produzione. Inoltre
l’associazione si avvale della collaborazione di: Elvira
Ghirlanda attrice, cantante ed aiuto regia; Milena
Bartolone attrice e cantante; Francesca Gambino attrice,
cantante e scenografa; David Cuppari batterista,
compositore e polistrumentista; Danila Tropea attrice,
cantante e aiuto regia; Mario Parlagreco attore ed
insegnante di dizione; Mariangela Campochiaro attrice,
ballerina ed insegnante di danza; Barbara Mondì
scenografa e costumista. Scritto e diretto da Paride
Acacia con Gabriella Cacia e Milena Bartolone, aiuto
regia Elvira Ghirlanda, disegno luci Adriana
Bonaccorso, organizzazione Giovanna Verdelli, Produzione
Compagnia Efremrock & Vaudeville.
7 marzo 2017
Fonte:
Letteraemme.it
© Fotografie:
Letteraemme.it - Tempostretto.it
Teatro e Heysel 
Laudamo show-off: Le gattare juventine
di Giuseppina Mangione
Le gattare juventine è lo spettacolo, scritto e
diretto da Paride Acacia, in scena alla Sala Laudamo
sino a domenica 29 aprile 2018.
Le gattare sono due sorelle che vivono (ed è un
eufemismo) un’esistenza dissociata dal tempo e dalla
realtà. Per loro la vita si è fermata con la scomparsa
del padre, vittima presunta, in quanto non è stato mai
ritrovato il corpo, della tragedia dell’Heysel. Il 29
maggio 1985 a Bruxelles, allo stadio Heysel, si disputò
la Coppa dei Campioni tra la Juventus ed il Liverpool;
la notizia che ancora oggi raggela è che la partita
venne giocata (con relativi festeggiamenti) quando già
si piangevano 39 morti, maciullati nella calca,
schiacciati dal cedimento di un muro nella famigerata
tribuna Z. Il 40° morto-scomparso è il fantasma che
aleggia nel lavoro di Paride Acacia. I lutti aprono
nell’anima ferite che, a volte, non si riescono a
rimarginare, ma è nell’essenza della vita la necessità
di superare lo sconvolgimento e ricostruire nuovi
equilibri. Non è così per le due sorelle, legate da un
vincolo di sangue, ma rese nemiche dalle dinamiche
affettive familiari. Una in perfetta sintonia con la
figura guida della famiglia, il padre, e l’altra
inadeguata ed imperfetta agli occhi dello stesso
genitore, che, evidentemente, aveva esaurito la quota di
amore in dotazione. Dopo la tragedia, anche la mancanza
non ha lo stesso significato per le due sorelle; una è
"orfana", ma crede fermamente che il genitore tornerà,
l’altra alimenta, anche con il cibo, l’abbandono
affettivo già sperimentato. Le innumerevoli scatolette
di cibo per i gatti, vanno in definitiva a nutrire lei
stessa, perché i gatti non ci sono, come non c’è affetto
nella vita di questa donna, tragicamente ripiegata su
stessa. L’altra sorella sembra più forte e risoluta,
tetragona nel pensare che il padre tornerà, utilizza le
passioni del genitore, la Juventus e Bruce Springsteen,
come i dogmi della sua religione: l’attesa. Ripete
convinta le formule del suo credo: dalla formazione
della Juve del 1985 alle canzoni del "The Boss", con
annesse curiosità musicali. Un nastro registrato
(immagine conforme al periodo) che ripropone lo stesso
messaggio: "papà è vivo e tornerà da me". "È peggio che
sia fuggito o che sia morto ?". Questi dilemmi lacerano
le vite delle due sorelle, che rimangono intrappolate in
un bozzolo di ricordi e dolore, che è prigione, ma anche
unico ricovero. E nell’interminabile attesa si
dimenticano di chi c’è e si privano del piacere concreto
di volersi bene. Gabriella Cacia e Claudia Zappia danno
vita a questi due "hungry hearts", due "cuori affamati"
che annaspano nelle contrarietà della vita. Sentono
profondamente il ruolo che interpretano e lo trasmettono
pienamente allo spettatore, con tutto il carico di
tragicità di cui è intriso il lavoro di Acacia. Si
replica domenica 29 aprile alle ore 17.30.
29 aprile 2018
Fonte: Messinaweb.tv (Testo © Fotografie)
Teatro e Heysel 

"+39 Quella maledetta notte all’Heysel"
di Matteo Lucii

Quella maledetta
notte all’Heysel
L’esperienza di un
mugellano raccontata in teatro
Il 29 maggio 1985 c’era
anche Matteo Lucii, diciassettenne, sui gradini
della Curva Z dello stadio Heysel di Bruxelles, per
assistere alla finale di Coppa dei Campioni tra la
Juventus e il Liverpool. Quella sera, in seguito
agli incidenti sugli spalti, morirono 39 persone.
Poteva essere il quarantesimo, ma non andò così, e a
distanza di 34 anni ha deciso di raccontare come
andò veramente quella tragica notte. Il racconto in
prima persona si intreccia con lo svolgimento della
cronaca, pieno di aneddoti, curiosità, antefatti e
retroscena che solo chi era presente può conoscere.
Sul palco si alterneranno un poliziotto belga, un
hooligan inglese e un tifoso italiano, che tra
suoni, audio e voci di quella sera, porteranno in
scena le atmosfere dello stadio. Un racconto che
diventa spettacolo solo per poter trascinare il
pubblico sugli spalti di quel maledetto stadio, per
poter essere completamente immerso nell’atmosfera
che ha preceduto la tragedia. Un racconto intenso,
crudo, emozionante, coinvolgente che non può
lasciare indifferenti di fronte a trentanove persone
morte per una partita di calcio. Lo spettacolo,
esaurito già per la prima di mercoledì 29 maggio,
avrà due repliche giovedì 30 e venerdì 31, al
Microscena di Borgo San Lorenzo. I posti sono
limitati, per questo occorre la prenotazione
obbligatoria (omissis)
24 maggio 2019
Fonte: Okmugello.it
Teatro e Heysel 
"+39 Quella
maledetta notte all’Heysel"
chiude la trilogia
sportiva di Matteo Lucii
BORGO SAN LORENZO - Mercoledì 29, giovedì 30 e
venerdì 31 maggio, alle 21.00 a Microscena, andrà in
scena "+39 Quella maledetta notte di Heysel", un
racconto sulla tragedia della finale di Coppa dei
Campioni del 1985. Lo spettacolo concluderà la
trilogia di spettacoli ispirati a storie di sport
firmata dallo scrittore e attore borghigiano Matteo
Lucii. Il primo spettacolo, "Futbol", è stato un
bellissimo connubio tra i racconti di Osvaldo
Soriano recitati dallo stesso Lucii e i passi di
tango di Barbara Golini e Matteo Montagni, in un
incontro tra la passione e la sensualità tutta
sudamericana, che ha ripercorso la tragedia sportiva
del Maracanazo e fatto sorridere con la storia epica
e romanzata del rigore più lungo del mondo. Il
secondo, "9841", scritto a quattro mani con la
giovanissima Viola Arinci, è la storia di Johann
Trollman, detto Rukeli, un pugile di origini sinti
che si trovò a combattere durante l’ascesa del
regime nazista. Dalle origini nei campi rom di
Hannover, al trasferimento a Berlino e da qui alla
fama e alla gloria, fino al combattimento per il
titolo di campione tedesco. Una possibilità di
successo che si scontra contro le rigide
disposizioni sulla razza da parte di Hitler,
un’opportunità che si trova di fronte il muro
dell’odio e della repressione, verso un finale che
commuove lo spettatore che non potrà rimanere
insensibile di fronte ad una storia intensa e
comunque attuale. In quest’ultima fatica, in
programma il 29, 30 e 31 maggio al Microscena di
Borgo San Lorenzo, Lucii ha scelto un’esperienza che
ha vissuto in prima persona. Il 29 maggio 1985 (non
è casuale la scelta della prima nella stessa data)
c’era anche lui, diciassettenne, sui gradini della
Curva Z dello stadio Heysel di Bruxelles, dove
morirono 39 persone. Il racconto in prima persona si
intreccia con lo svolgimento dei fatti, pieno di
aneddoti, curiosità, antefatti e retroscena che solo
chi era presente può conoscere. Un racconto che
diventa spettacolo solo per poter trascinare il
pubblico sugli spalti di quel maledetto stadio, per
poter essere completamente immerso nell’atmosfera
che ha preceduto la tragedia. Un racconto intenso,
crudo, emozionante, coinvolgente che non può
lasciare indifferenti di fronte a trentanove persone
morte per una partita di calcio.
6 maggio 2019
Fonte:
Teatro.ilfilo.net
Teatro e Heysel 
"Quella
notte all'Heysel"
di Emilio Targia
34 anni dopo,
ricordata la tragedia dell’Heysel in Comune a
Torino:
"Un sogno
spogliato, violentato"
di Massimo De Marzi
Così Emilio Targia
ha rivissuto la sera del 29 maggio 1985 e il dramma
avvenuto prima di Juve-Liverpool. Beppe Franzo: "+39
per ricordare quelle vittime. Le tragedie vanno
condivise da tutti, senza distinzioni e colori".
Era piena la Sala Colonne
del Comune di Torino nella serata di ieri. Non per
una conferenza stampa, ma per rivivere, insieme, una
notte che, chi c'era quel 29 maggio 1985, non potrà
più dimenticare. La tragedia dell'Heysel è stata una
delle pagine più buie e nefaste della storia del
calcio. 39 vittime innocenti della follia degli
hoolingans inglesi nella curva Z dello stadio di
Bruxelles, prima della finale di Coppa dei Campioni
tra Juve e Liverpool. Beppe Franzo con la sua
associazione "Quelli...di via Filadelfia" ha voluto
organizzare una serata per tenere viva la memoria di
quel dramma nei confronti delle giovani generazioni.
Perché solo non dimenticando si potrà evitare che
una sciagura del genere possa ripetersi. La serata
inizia con la proiezione di un video, immagini in
super 8 dai colori sbiaditi, che riportano le
lancette a quel pomeriggio di 34 anni prima.
"Ricordare per non dimenticare", sottolinea Franzo
nella sua introduzione, dopo i ringraziamenti di
rito. "E’ ora di finirla, da parte delle altre
tifoserie, pensando di attaccare la Juve tirare in
ballo quelle vittime. Troppe volte si sono visti
striscioni con scritto -39: per questo noi abbiamo
deciso di scrivere +39, come è il prefisso per
chiamare l’Italia, perché quelle persone, prima che
tifosi bianconeri, erano cittadini italiani". Per
fortuna, Franzo fa notare che ci sono stati segnali
incoraggianti, di segno diverso, in questi ultimi
anni, citando il progetto bianconerogranata e i 70
angeli, per accomunare la tragedia di Superga a
quella dell’Heysel, cita in questo senso l’impegno
dei taxisti torinesi. "Speriamo che in futuro non
siano più necessarie manifestazioni come queste,
perché vorrà dire che i morti sono condivisi da
tutti, senza colori e distinzioni". Quindi la parola
passa a Emilio Targia, che rilegge molte
pagine del
suo libro "Quella notte all’Heysel", facendo venire
i brividi. Partendo dalla gioia dell’arrivo prima a
Bruxelles e poi allo stadio, prima che attorno alle
ore 19, guardando dalla curva opposta, si trovò a
vivere in presa diretta il dramma, assistendo a
"quell’onda rossa anomala che travolse tutto nel
settore Z", prima di vederne crollare una parte. Poi
le prime notizie che arrivavano, parlando di alcuni
feriti, quindi di 7 morti, successivamente di 21. La
voglia di scappare via, quella voce di capitan
Scirea che fece un appello in cui invitava alla
calma e diceva "giochiamo per voi", che servì a
restituire un po’ di calma, quando tutti erano in
preda alla paura e allo spavento. E dopo il
frastuono di quella sera, con le urla e le grida di
dolore, con le cariche della polizia, gli
elicotteri, il rumore delle ambulanze, mentre alle
21.42 iniziava una partita fantasma, il giorno dopo
Targia ricorda di essere tornato allo stadio con in
mano un mazzo di margherite che, riuscendo a passare
in mezzo a poliziotti e agenti, andò a depositare in
quello che restava della curva Z: "Era il sogno
spogliato, violentato: salendo e poi scendendo dai
gradini, feci attenzione a non calpestare nulla in
quello che era diventato un campo di battaglia".
Solo un calcio, alla fine, ad un pezzo di muro che
era finito tra i suoi piedi. Poi vengono citati i
nomi delle 39 vittime, prima che un lunghissimo
applauso e poi un minuto di silenzio accompagnino
alla fine di una serata vissuta col groppo in gola.
"Innaffiare le radici della memoria per non
dimenticare", conclude Beppe Franzo. Perché chi ha
vissuto l’Heysel lo porterà dentro per tutta la
vita.
30 maggio 2019
Fonte: Torinoggi.it
Teatro e Heysel 

"39 Stories: lost lives at Heysel"
("39 storie: vite perse all'Heysel")
di Omar Rottoli
London, Playground Theatre, 14
maggio 2022 |
Quando l’Heysel ci
tira la Manica
di Domenico Laudadio
Il monologo "39
Stories: lost lives at Heysel ("39 storie: vite
perse all'Heysel") scritto e interpretato
dall’attore bergamasco Omar Rottoli in scena al "THE
PLAYGROUND THEATRE" di Londra il 14 maggio 2022, 37
anni dopo l’assurda strage di 39 innocenti a
Bruxelles, causata dalla viltà e dalla ferocia di
una parte della tifoseria britannica nel settore Z
dello Stadio "Heysel" il 29 maggio 1985 durante la
finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e
Liverpool.
"If Muhammed
can't go to the mountain, it shall come to him (Se
Maometto non va dalla montagna, la montagna va da
Maometto)" è il rovescio consolidato nel modo
di esprimersi popolare di un noto proverbio antico.
E la vicenda dell’Heysel è proprio come quella
montagna che in Inghilterra (decisamente più sponda
Liverpool) rappresenta da sempre una vetta maledetta
da non scalare mai a piedi, rischiando le vertigini
del rimorso e del pentimento, ma aggrappandosi al
soccorso di quei pochi mezzi di fortuna, quali
giustificazioni, leggende metropolitane e false
verità, fra goffe richieste di "amicizia" e postume
offerte floreali e bandiere a mezz’asta in memoria
delle vittime, benché lodevolmente puntuali in ogni
anniversario.
"A ridosso del trentasettesimo anniversario della
tragedia dell’Heysel, riteniamo doveroso raccontare,
ancora una volta, la vita stroncata di 39 vittime
innocenti. Lo faremo portando il Monologo di Omar
Rottoli a Londra. Verrà rappresentato nella sua
versione originale in italiano e tradotto
simultaneamente in inglese. Un doveroso tributo alla
veridicità storica che superi per sempre l’ipocrisia
dell’opinione pubblica britannica, incline a
considerare gli allora Hooligans inglesi
"responsabili" ma non "colpevoli". Un Grazie ai
ragazzi bianconeri di Londra che si sono prodigati,
insieme alla nostra Associazione, perché tutto
questo potesse realizzarsi. + 39 RISPETTO. QUELLI DI
… VIA FILADELFIA". Questo è il messaggio
inviatomi da Beppe Franzo, il Presidente
dell’Associazione Culturale "Quelli di … Via
Filadelfia", la quale con tanti sforzi e sacrifici
economici ha organizzato questa autentica "mission"
teatrale nella capitale inglese.
Non
è la prima volta (né certamente sarà l’ultima) che
il teatro allatti la Memoria della Tragedia di
Bruxelles al suo seno prosperoso. In questa pagina
del museo virtuale da me curato da più di un
decennio ne trovate ogni sospiro. E non sarà nemmeno
la prima volta che Omar Rottoli si cimenta
nell’affabulazione scenica, brillante e credibile
narratore del Teatro Civile di Marco Paolini ("Il
racconto del Vajont", "I-TIGI Canto per Ustica") o
interprete arruolato alla guerra ("Il battaglione
bosniaco") o prestato al musical e al teatro
religioso ed a tanti altri spettacoli. Sono certo
che il sentimento che lo avvince da tanto tempo al
delicato argomento (materia di studio e confronto a
lui tanto cara) renderà molto più che dignitoso il
risultato di scena non soltanto artisticamente, ma
soprattutto dal lato umano.
Scottati da altre esperienze negative, anche comuni
e non troppo lontane, i membri dell’Associazione fra
i Familiari delle Vittime dell’Heysel potrebbero
legittimamente domandarsi: "Ma siamo in mani proprie
sicure ?". Non nascondo di aver loro manifestato in
altri casi e altre proposte di messinscena più che
motivate perplessità sul rischio di
spettacolarizzare un dolore in fondo ormai lontano,
ma ancora così riacutizzabile in questo nostro tempo
avvezzo alla guerra e all’odio fra i popoli.
L’esecrabile scippo di chi attenta predone il
silenzio, violandone il pudore e quel diritto
sacrosanto alla riservatezza dei familiari dei
caduti, si è affacciato sempre da dietro l’angolo di
quel pezzo di curva di tufo sbriciolato franata per
colpa degli Inglesi e della Uefa. E fatalmente la
lettera "Z" che ne denominava il settore è ritornata
diabolicamente a rappresentare aggressione e morti
dopo 37 anni, dipinta di bianco sui carri armati
russi che calpestano i civili in Ucraina e benedetta
dal Patriarca in vesti barocche che reclama finanche
Dio dalla loro parte.
Allora come oggi è sempre più difficile accettare la
nuda verità. È amara da masticare e digerirla. Si
ruotano in tanti giri certe parole per non
pronunciare le uniche giuste. Si narrano spesso
facezie, argomentandole per fonti autorevoli. Lo
diceva proprio bene Oscar Wilde, a proposito del
teatro: "Un uomo non è del tutto sé stesso quando
parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi
dirà la verità"... L’occasione propizia che
certamente Omar non fallirà così che un’eco
struggente risuoni fino a Liverpool affinché riesca
finalmente a decifrare la prima delle parole
corrette e appropriate da scrivere a caratteri
cubitali in Kop ad Anfield Road riferite all’Heysel:
"Per-do-no !". Magari anche la prossima volta.
Lo
sappiamo troppo bene in ogni latitudine del mondo
che la violenza sugli innocenti è il crimine più
infame fra tutti e non si estingueranno mai le colpe
dei suoi responsabili. Si cristallizzano fendenti
nel cuore della Storia dell’Umanità che è la
Memoria, sconvenevole eredità di quanti siano
apparentati sia ai carnefici che alle loro vittime.
Poi, se l’Amore fra gli esseri umani prevale,
nonostante tutto, si trasfigurano, polverizzandosi
in sementi della speranza per il raccolto delle
generazioni future.
INFORMAZIONI:
info@theplaygroundtheatre.london
14 aprile 2022
Fonte:
Saladellamemoriaheysel.it
© Video: Comitato "Per non dimenticare Heysel" di Reggio
Emilia
Teatro e Heysel

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