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ARMANDO RAGAZZI
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Tifoso Juventus Football Club

(Nel Settore Z allo Stadio Heysel il 29.05.1985)

 

Articolo Sala della Memoria Heysel

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IL RICORDO

La tragedia nello stadio di Bruxelles: "Mio cugino

è morto all’Heysel. Era a un metro da me, poi sparì"

di Massimiliano Magli

Domenico Ragazzi di Roccafranca aveva 44 anni: è stata una delle due vittime bresciane. Il parente era con lui per la finale Juventus-Liverpool.

"Si chiamava Domenico Ragazzi aveva 44 anni, abitava a Ludriano ed era uno dei miei migliori amici oltre che cugino". Inizia così il ricordo di Armando Ragazzi, che ieri (28 maggio) ha ricordato una delle 39 vittime dell'Heysel, tragedia che cadde 40 anni fa. Due le vittime bresciane: oltre a Ragazzi, anche Tarcisio Salvi di Borgosatollo.

"Era un grande volontario dell'oratorio - racconta Armando Ragazzi - un muratore che, per fortuna, concedetemi di dirlo, aveva già perso tutti e due i genitori, perché sarebbe stato un dolore enorme per loro. E lo è stato certamente per le sorelle e il fratello".

Come siete arrivati alla decisione di partecipare alla finale ?

"Era un evento enorme per noi ricordo che pagammo 250mila lire i biglietti del settore Z anziché 8mila (la cifra popolare a cui li avevano messi in vendita essendo un settore neutro). Partiamo martedì 28 maggio e il giorno dopo siamo là. L'auto era del povero Domenico ma a guidare è stato mio fratello Danilo. Con noi c'era anche l'amico Guido Corini".

La sua morte è una fatalità dall'inizio.

"Assolutamente sì. Lui il biglietto non ce l'aveva. Il giorno che abbiamo deciso di partire siamo andati in via Melchiorre Gioia a Milano perché i biglietti non ce li avevamo. Abbiamo recuperato quattro biglietti ma noi eravamo in tre. Domenico venne a saperlo e acquistò il quarto".

Arrivate allo stadio e un'ora prima succede il finimondo...

"Prima che iniziasse la partita, gli hooligan del Liverpool hanno cominciato a lanciare cubetti di porfido ad altezza d'uomo. Abbiamo subito capito che eravamo nel posto sbagliato al momento sbagliato. Io mi sono protetto come potevo, usando la sciarpa per proteggermi la testa. Eravamo molto stretti. In quel momento dissi a mio fratello "qui ci ammazzano è meglio uscire". Lui mi tranquillizzò dicendo che sarebbe andato tutto bene e che sarebbe arrivata la polizia ma non mi convinse".

Purtroppo aveva ragione lei.

"Già, ci trovavamo nel settore Z, un settore neutro dedicato ai belgi che tuttavia erano disinteressati all'evento. Così le agenzie si accaparrarono i biglietti e moltissimi furono gli italiani che li acquistarono. Di fatto, divenne un secondo settore di juventini, ma composto per lo più da famiglie e non da tifosi accaniti. Queste 'pecorelle' si trovarono a fianco hooligan inferociti che, dopo aver sfondato la barriera, ci arrivarono sopra come un tornado".

 
 

Ma voi eravate uniti.

"Certo ma il crudele destino che fece trovare il biglietto a Domenico consentì anche un'altra vergognosa coincidenza: Domenico vide due amici di Castelcovati e scese di una gradinata. Sarà stato da me un metro. Quanto bastò per farlo travolgere in pieno dall'ondata. Se quella ressa fosse durata ancora 30 secondi ci sarei finito dentro anche io".

Cosa accadde dopo ?

"La partita non l'ho più vista. Vedendo la grande ondata me la diedi a gambe. Il crollo del muro, tra le urla delle persone, non riuscii nemmeno a sentirlo ma mi ero reso conto che stava accadendo qualcosa di brutale. Appena la folla si allargò, scappai fuori come un gatto dalla recinzione, avevo 21 anni e grazie a Dio riuscii a salire sul reticolato, rovinandomi le mani ma riuscendo a uscire dallo stadio. Mi sono lasciato cadere. Poi ho trovato una seconda recinzione: ho finito per scavalcare anche quella e dopo pochi minuti sono stato aggredito dai gendarmi che mi hanno caricato con decine di colpi, vedendomi addosso la sciarpa del Liverpool: poche ore prima avevo infatti scambiato la mia con un tifoso inglese".

Inizia allora la ricerca del cugino...

"Ho cominciato a vagare da solo per lo stadio. Ho trovato dopo 40 minuti mio fratello e il mio amico. Tanta gente andava in curva opposta dove c'era la Juventus e anche noi siamo andati là. Ma Domenico non c'era. Abbiamo fatto un altro giro di stadio, assistevamo a scene di orrore e dolore. La gente era impaurita. A un tratto abbiamo visto che c'erano delle tende della Croce Rossa. Ispezionammo la prima senza risultato, ma alla seconda trovammo mio cugino morto. Fu uno shock. Lasciamo lo stadio dopo un po', ma ci rendiamo conto che le chiavi dell'auto erano nei pantaloni di Domenico. Siamo stati informati che era stato trasferito a un vicino obitorio militare e lì ci rechiamo. Temevano fatti di sciacallaggio, ma un militare complice capisce la difficoltà e ci suggerisce di distrarre il comandante. Così mio fratello entra, arriva da nostro cugino e gli dà un bacio recuperando le chiavi".

Così inizia il drammatico rientro a Ludriano. I ragazzi con una telefonata raggiungono il fratello Luigi nella notte e avvertono i famigliari della tragedia. Il rientro è drammatico. I cugini non possono riconoscere la salma, poiché serve il primo grado di parentela, e così decidono di rientrare.

"Io stavo male per le ferite rimediate durante la fuga dallo stadio. Vengo allora ricoverato a Orzinuovi dove il dottor Gallina mi trattò come un Gesù tanto fu commosso della disgrazia. Ma io volevo andarmene per vedere mio cugino arrivare e così lasciai l'ospedale. Domenico arrivò il sabato e lunedì c'erano i funerali. Ci andai ma poco dopo in Chiesa svenni e tornai a Orzinuovi. Avevo la milza a pezzi e altre contusioni".

Armando tornò allo stadio con Cremonese-Juventus a settembre grazie a un regalo della fidanzata. Trascorse settimane in cura per la depressione legata al senso di impotenza vissuto. Poi dagli anni Novanta divenne abbonato della Juventus e la Juventus gli ha donato una tessera omaggio come vittima di quel terribile evento. Che ancora oggi non può che ricordare con commozione.

Fonte: Bresciaoggi.it © 28 maggio 2025

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