| La strage, 40 anni 
						dopo "Sepolto" tra i corpi nella bolgia 
						dell’Heysel: "Sono un miracolato"  di Mario Bovenzi
						
						 
						
						Tendeva le mani, le gambe bloccate dalla calca, 
						quando venne salvato "Le partite le guardo dal divano ma 
						quella volta decisi di andare".
						
						 
						
				
				
				
				
				
				
				
										
										
										
										
						 Nicola 
						Lunghi, 60 anni, se lo ricorda bene. Del resto c’è 
						quella foto in bianco e nero a rinfrescargli la memoria. 
						Una massa umana, una ressa, una montagna di persone che 
						urlano. Lui è lì in mezzo, i capelli neri, la riga, 
						allunga le mani, le tende al cielo. Nicola Lunghi è uno 
						dei sopravvissuti alla strage dell’Heysel, a Bruxelles. 
						Fischio d’inizio di una tragedia, finale di coppa dei 
						campioni, si affrontano la Juventus e il Liverpool. In 
						un settore i tifosi sono a stretto contatto, sono 
						separati da reti metalliche dagli inglesi. Cominciano a 
						spingere, a ondate, caricano, le reti si sfondano, nella 
						calca alcuni si lanciano nel vuoto, crolla un muro. Sono 
						39 i morti, 30 italiani, 600 feriti. Lui era lì. 29 
						maggio del 1985. Un miracolato. E’ un operaio 
						metalmeccanico, lavora alla Berco. Gli mancano 4 anni 
						per andare in pensione. Giorni di scioperi, un filo di 
						speranza. Dove vive ?
						
						 
						
						"A Migliaro". 
						 
						
						Tifa ancora per la Juve ?
						
						 
						
						"Sì, ma non sono mai stato un tifoso sfegatato. Le 
						partite me le guardo in tv, dal divano, seduto in 
						poltrona. Allo stadio sarò andato non più di quattro 
						volte". 
						 
						
						Quaranta anni fa, Bruxelles. Come mai ?
						
						 
						
						"C’era un’agenzia che organizzava viaggi per andare ad 
						assistere alla partita, alla finale. Io e un mio amico 
						dicemmo, perché no. E abbiamo comprato il biglietto, 
						siamo partiti con la corriera. C’era gente come noi. Non 
						era una tifoseria organizzata. I nostri posti erano 
						proprio lì. Siamo partiti dal paese, poi con la corriera 
						da Milano". 
						 
						
						Era lì, sugli spalti.
						
						 
						
						"Sì, sono quello al centro nella foto in bianco e nero. 
						Allungo le mani, chiedo aiuto. Non riuscivo a muovere le 
						gambe, ero completamente bloccato dalla calca, in quella 
						montagna di braccia e gambe, teste che urlavano. Una 
						visione apocalittica". 
						 
						
						Quella foto, impressionante.
						
						 
						
						"Avevo un amico americano, mi chiamò dopo averla vista 
						sul New York Times". 
						  Quanto 
						è durato ? 
						 
						
						"Non tanto, una decina di minuti". 
						 
						
						Chi vi ha soccorso ?
						
						 
						
						"La fortuna era che quel settore era vicino alla pista, 
						gli addetti sono riusciti a raggiungerci. Ci hanno 
						aiutato anche alcuni giornalisti. Eravamo a tre metri 
						dal terreno, dal campo. Mi sono sentito tirare, mi sono 
						salvato. Siamo usciti dal tappeto di gioco, hanno poi 
						aperto alcune porte. Siamo stati tra i primi ad uscire 
						da quell’inferno". 
						 
						
						Una tragedia. 
						 
						
						"La stupidità umana, una struttura fatiscente, pecche 
						organizzative. Tanti fattori, che quel giorno si sono 
						uniti. Ed è stata strage". 
						 
						
						Adesso ? 
						 
						
						"Queste cose non succedono, succedono meno. C’è più 
						consapevolezza, le strutture sono organizzate in modo 
						più sicuro, l’apparato di sicurezza è rodato. Spero che 
						non succeda mai più, il calcio, lo sport, sono 
						divertimento, incontro, socialità". 
						 
						
						Il suo amico ? 
						 
						
						"Si è salvato anche lui". 
						 
						
						Come va alla Berco ?
						
						 
						
						"Non va bene, no. Non va per niente bene. Spero che si 
						riesca a ricucire, a trovare una via d’incontro tra 
						azienda, sindacati, noi. Per individuare strumenti che 
						riescano ad alleggerire almeno questa situazione. Magari 
						con l’uso di ammortizzatori. Penso ai giovani, a chi ha 
						20 anni, 30 anni. Dove lo trovano un altro lavoro in una 
						provincia così martoriata ? Non è solo la Berco, la 
						crisi è più ampia". 
						
								 Fonte:
						Ilrestodelcarlino.it 
						© 9 marzo 2025  Fotografie: 
						GETTY IMAGES
						
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