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						 Calciatore 
						Juventus Football Club 
						(In campo allo 
						Stadio Heysel il 29.05.1985) 
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						 Brio al BN: "Heysel, 
						Coppa vinta sul campo ! Ma ci forzarono a giocare..."
						 
						di Mattia Carapelli
						 
						
				
				
				
				
				
				
						
										
										
										
										
						 Lunedì 
						29 maggio sarà celebrata la memoria della terribile 
						strage dello stadio Heysel: a 32 anni di distanza da 
						Juventus-Liverpool, da quella finale di Coppa dei 
						Campioni che strappò via ben 39 vite, il ricordo di chi 
						quegli eventi li ha vissuti da vicino è ancora più 
						vivido che mai. IlBiancoNero.com ne ha parlato in 
						esclusiva con Sergio Brio, che da difensore bianconero 
						scese in campo dal primo minuto in quella serata da 
						incubo.  
						Cosa ricorda di quei 
						momenti ?  
						E’ un ricordo mai dimenticato, 
						che bisogna celebrare tutti gli anni. Ho ancora in mente 
						quella serata, che ci ha regalato una Coppa dei Campioni 
						ma ci ha portato via 39 persone. Non bisogna mai e poi 
						mai dimenticarlo.  
						Molti parlano ancora 
						oggi di una "tragedia annunciata", soprattutto per 
						l'inadeguatezza dello stadio Heysel. Voi calciatori 
						avevate in qualche modo il presentimento che qualcosa 
						potesse andare storto ?  
						No, assolutamente. Prima di 
						quella partita si è tenuta la riunione da parte della 
						Uefa, che ha praticamente forzato Boniperti a giocare. 
						Il presidente avrebbe voluto un rinvio, ma in quella 
						riunione gli hanno comunicato che la Juve sarebbe dovuta 
						scendere in campo, per evitare di perdere a tavolino e 
						avere sulla coscienza la morte di un tifoso. La partita 
						era valida e noi, dalla nostra, abbiamo giocato per 
						vincerla. I nostri detrattori, i nostri nemici, si 
						sarebbero aggrappati a qualcosa anche se avessimo perso. 
						Sono 32 anni che lo ribadiamo: quello che ci interessa, 
						al di là della vittoria della Coppa, è il dolore dei 
						familiari, siamo dispiaciuti per i nostri tifosi. Mi 
						dissocio da questi detrattori, non sono sportivi ma 
						avvoltoi.  
						Il suo compagno di 
						squadra di allora Marco Tardelli ha dichiarato che quel 
						trofeo non lo sente suo. Per Antonio Cabrini, al 
						contrario, bisogna distinguere tra l’esito del match e 
						quei tragici eventi. Lei da che parte sta ?  
						Ognuno ha il diritto di 
						pensarla come vuole, Marco la vede in quel modo. Per 
						quanto mi riguarda, quella Coppa è stata vinta sul 
						campo, l'abbiamo conquistata anche per quei tifosi. Ma 
						noi continuiamo ad essere vicini ai parenti delle 
						vittime: penso che perdere un familiare sia come un 
						ergastolo che dura tutta la vita.  
						Al problema degli 
						hooligans da allora è stato posto un freno in 
						Inghilterra, ma secondo lei basta ad affermare che in 
						Europa oggi gli stadi siano sicuri ?  
						No, ancora no, ci sono leggi 
						ferree in Inghilterra ma questa gente si sbizzarrisce 
						appena esce fuori dal Regno Unito. Servono regole severe 
						che assicurino la sicurezza sia nelle gare casalinghe 
						che in quelle in trasferta.
								  
								Fonte: 
						Ilbianconero.com
								© 27 maggio 2017 
								  
								Fotografie:
						
						GETTY IMAGES
						
						© (Not for commercial use)
						© Corrieredellosport.it © 
						
								  
								Icone: Shutterstock.com
						
								
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								© Gianni Valle
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						 Sergio Brio: "La 
						strage dell’Heysel ha segnato la mia vita"  
						di Giovanni Remigare
						 
						
						
				
				
				
				
				
				
						
										
										
										
										
						 ESCLUSIVA 
						BRIO HEYSEL - A trent’anni dalla strage 
						dell’Heysel si ricordano, sempre con grande emozione, le 
						39 vittime di quella sera. Tifosi morti durante una 
						partita di calcio, durante una giornata di sport. A 
						parlare ancora di questa triste storia è stato un grande 
						ex bianconero Sergio Brio, che intervistato in ESCLUSIVA 
						ai microfoni di juvelive.it ha rilasciato queste 
						dichiarazioni: 
						 
						
						
						Brio, dopo 30 anni dalla strage dell’Heysel il 
						ricordo ed il dolore sono ancora forti…  
						"E’ vero. Sono passati 
						trent’anni, ma la testa di chi ha vissuto quella sera è 
						sempre tormentata da quel ricordo. Una tragedia che non 
						doveva accadere, soprattutto se si pensa che si stava 
						giocando una partita di calcio, quindi uno sport, un 
						divertimento".  
						Quale il suo ricordo 
						di quella giornata ?  
						"Drammatico. Personalmente 
						sono stato segnato da quella giornata. Abbiamo vinto la 
						Coppa dei Campioni, ma abbiamo vissuto con il dolore 
						dentro. Il pensiero che tantissime di quelle vittime 
						erano lì per vederci giocare ed invece hanno perso la 
						vita mi ha sconvolto e mi sconvolge ancora".  
						Il ricordo bisogna 
						mantenerlo vivo…  
						"Assolutamente. Ogni giorno, 
						ogni anno va ricordata quella data e quei morti, in 
						memoria loro e per rispetto a vicinanza alle loro 
						famiglie che hanno sofferto e soffrono ancora per quella 
						tragedia".
								  
								Fonte: 
						Juvelive.it
								© 31 maggio 2015 
								  
								Fotografie:
						GETTY IMAGES
						
						© (Not for commercial use)
						
								  
								Icone: Shutterstock.com
						
								
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						 Heysel, 30 anni dopo
						 
						Brio: "Ci dissero di 
						giocare, non sapevamo la verità"  
						di Stefano Taglione
						 
						Lo storico stopper 
						bianconero, che oggi abita a Pistoia, rivive quella 
						drammatica finale di Coppa dei Campioni: "Fu l'Uefa a 
						imporre il fischio d'inizio".  
						
				
				
				
				
				
				
						
										
										
										
										
						 PISTOIA 
						- "A distanza di 30 anni la tragedia dell’Heysel non ha 
						insegnato nulla. Se guardiamo cos’è successo nel derby 
						Lazio-Roma di lunedì, con gli accoltellamenti, sembra 
						proprio che in Italia non sia cambiato assolutamente 
						niente. Da noi le leggi ci sono, ma non vengono fatte 
						rispettare. Purtroppo continueremo così fintanto che 
						certi delinquenti non saranno presi, rinchiusi in galera 
						e buttata la chiave". Sergio Brio, storico stopper della 
						Juventus di Scirea e Platini, quel maledetto 29 maggio 
						del 1985 era a Bruxelles per giocare la finale di Coppa 
						dei Campioni contro il Liverpool. Brio, leccese, oggi 
						vive a Pistoia (dove ha militato fra il ’75 e il ‘78) e 
						lavora a Roma nel settore immobiliare. Trent’anni fa è 
						sceso in campo, ha vinto, ma ciò che ha visto non lo 
						scorderà mai. Proprio per questo, nella sua città 
						d’adozione, si terrà un evento da lui organizzato con 
						l’obiettivo di sensibilizzare e di non far dimenticare 
						la tragedia.  
						Brio, cosa ricorda di 
						quella maledetta sera ?  
						"Cose brutte che ovviamente mi 
						porterò dietro per tutta la vita. E pensare che fin da 
						bambino sognavo di giocare una finale di Coppa dei 
						Campioni. Volevamo fare una grande partita contro un 
						grande Liverpool, battuto già a Torino in Supercoppa 
						europea. Poi, durante il riscaldamento, vedevamo gli 
						spettatori entrare in campo senza scarpe. Ci chiedevamo 
						cosa fosse successo".  
						In quei momenti 
						concitati quali informazioni avevate ?  
						"Avevamo capito solo che era 
						successo qualcosa di grave. Si vociferava che ci fosse 
						stato un morto nella curva Z. Poi dall’Uefa ci hanno 
						comunicato che la partita sarebbe iniziata in ritardo e 
						per questo motivo, dalla torretta dello stadio, ci hanno 
						invitato a parlare con i nostri tifosi per calmarli e 
						spiegare loro che comunque avremmo giocato".  
						Giocare fu la scelta 
						migliore ?  
						"Il presidente Giampiero 
						Boniperti, in verità, avrebbe preferito rinviare la 
						partita. Fu l’Uefa, per motivi di ordine pubblico, a 
						imporre il fischio d’inizio. Boniperti, tornando nel 
						nostro spogliatoio, ci disse che dovevamo vincere per 
						onorare la memoria di questo nostro tifoso". 
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						 Quando vi siete resi 
						conto dell’entità della tragedia ?  
						"Solo una volta ritornati in 
						hotel".  
						Il giorno dopo non 
						mancarono i festeggiamenti. I parenti delle vittime per 
						questo motivo vi hanno criticato.  
						"Li capisco perfettamente, so 
						il dolore che hanno patito a causa della scomparsa dei 
						propri cari e insieme a loro ne piango le morti. Ma se 
						le loro polemiche sono assolutamente legittime, a 
						criticarci furono anche i nemici e i detrattori della 
						Juventus. Per loro, qualsiasi cosa avessimo fatto, 
						sarebbe stata sbagliata".  
						Lei uscì dall’aereo 
						con in braccio la Coppa dei Campioni.  
						"Sì. Mi sono assunto tutte le 
						responsabilità in quanto facevo da capitano. Boniperti 
						mi disse: "Prendi la coppa e onora i nostri 39 morti". 
						Questa è la verità. L’ho fatto per commemorarli".  
						Quella strage, in 
						Italia, ha insegnato qualcosa ?  
						"Non ha insegnato nulla. Basta 
						vedere il derby Lazio-Roma di lunedì scorso. Mentre 
						Margaret Thatcher in Gran Bretagna ha usato il pugno di 
						ferro contro gli hooligans, che però all’estero facevano 
						tutto ciò che volevano, da noi le leggi ci sono, ma non 
						vengono fatte rispettare. Purtroppo continueremo così 
						fintanto che certi delinquenti non saranno presi, 
						rinchiusi in galera e buttata la chiave".
								  
								Fonte: 
						Iltirreno.gelocal.it
								© 27 maggio 2015 
								  
								Fotografie: 
						
						GETTY IMAGES
						
						© (Not for commercial use)
						© 24live.it © La Stampa ©  
								Icone: Shutterstock.com
						
								
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								Pngegg.com
								© Gianni Valle
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						 Brio sulla strage 
						dell'Heysel: "Non potrò mai dimenticare"  
						di Simone Lorini 
						
				
				
				
				
				
				
						
										
										
										
										
						 29 maggio 1985: una partita di 
						calcio, anzi la partita di calcio dell'anno si trasforma 
						in tragedia. La lucida follia degli hoolingans coglie 
						impreparati non solo gli spettatori dello stadio Heysel 
						di Bruxelles ma anche e soprattutto le forze dell'ordine 
						locali, incapaci di fermare lo tsunami inglese. Per 
						commemorare quella tragica occasione, abbiamo contattato 
						l'ex difensore della Juventus Sergio Brio, in campo in 
						quella serata maledetta.  
						Un ricordo a 29 anni 
						dalla strage dell'Heysel da chi era in campo... 
						"Un ricordo indelebile, non 
						potrò mai dimenticare quella serata fin quando vivrò. Al 
						solo pensiero provo angoscia, rammarico, ci sono 
						sentimenti che si incrociano: c'è quello bello per la 
						vittoria che si mescola con la consapevolezza che 39 
						tifosi hanno perso la vita per una partita di calcio". 
						 
						
						
						La scelta di giocare apparve assurda, che clima 
						si respirava tra di voi in campo ?  
						"Assurda, ma vincente. 
						Boniperti non voleva giocare ma la UEFA ce lo impose, il 
						presidente fu costretto a giocare sebbene noi in campo 
						sapessimo che c'era un morto. Volevamo onorare questa 
						persona, abbiamo giocato con questa idea, con questo 
						spirito". 
						 
						
						
						Adesso per fortuna la situazione negli stadi 
						inglesi è molto cambiata...  
						"Il problema è quando vanno 
						all'estero. E' un calcio malato, ci vuole più serenità e 
						tranquillità, c'è troppo stress intorno a questo sport".
								  
								Fonte: 
						Tuttomercatoweb.com 
						© 29 maggio 2013 
								  
								Fotografia: GETTY IMAGES
						
						© (Not for commercial use)
								  
								Icone: Shutterstock.com
						
								
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								Pngegg.com
								© Gianni Valle
								© 
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						 L’ex difensore juventino, in 
						campo il 29 maggio 1985, ricorda la tragica finale di 
						Coppa dei Campioni  
						Brio: "L’Heysel mi fa venire ancora 
						i brividi  
						Ora basta polemiche, costruiamo 
						stadi nuovi"  
						di Filippo Cornacchia
						 
						
				
				
				
				
				
				
						
										
										
										
										
						 Il 29 maggio 1985, Sergio Brio, era 
						in campo, sul prato dell’Heysel, nella tragica finale di 
						Coppa Campioni contro il Liverpool. Venticinque anni 
						dopo il ricordo è indelebile, l’ex difensore juventino 
						ripercorre la serata con grande coinvolgimento, il tono 
						della voce evidenzia la grande emozione. Brio è in 
						aeroporto, si sta imbarcando per Liverpool, dove oggi 
						prenderà parte alla commemorazione delle 39 vittime di 
						allora. 
						 
						
						
						"Vado in Inghilterra e sabato sarò 
						a Torino per la messa alla Gran Madre. Nessuno di noi ha 
						dimenticato, le 39 vite spezzate sono sempre nei nostri 
						pensieri".  
						Facciamo un passo indietro, 
						torniamo al pre-partita del 29 maggio 1985.  
						"Ricordo tutto come fosse adesso, 
						un mix di gioia e dolore. La partita non cominciava, 
						vedevamo la gente venir giù dalla curva scalza, con le 
						scarpe in mano. Edoardo Agnelli passeggiava innervosito, 
						Trapattoni ci invitava a mangiare frutta per 
						riacquistare energie. Poi arrivò l’ordine di scendere in 
						campo. Ci venne detto che c’erano dei feriti e un morto. 
						Ma nessuno prima di iniziare sapeva che le vittime erano 
						39". 
						 
						
						
						Qualche suo compagno, negli anni 
						successivi, ha invece dichiarato che eravate a 
						conoscenza di tutto. 
						 
						
						
						"Mi sembra strano che qualcuno 
						prima della partita sapesse tutto. Noi i 39 morti li 
						abbiamo scoperti dopo la partita, giunti in albergo".  
						
								 Ancora oggi si polemizza sul fatto 
						che si sia giocato. 
						 
						
						
						"Noi giocammo una partita vera, per 
						vincerla. Volevamo onorare al meglio il tifoso morto. In 
						giro sento tante falsità su quella serata. La verità è 
						che Boniperti e la società avrebbero preferito non 
						giocare, fu l’UEFA a prendere la decisione per motivi di 
						ordine pubblico". 
						 
						
						
						
								Tante critiche sono arrivate pure 
						per l’uscita dall’aereo con la coppa in mano.
						
						 
						
						
						"Io ero vicecapitano e scesi con la 
						coppa. Come allora, penso che non abbiamo fatto nulla di 
						male. La società voleva che la mostrassimo per onorare i 
						nostri tifosi morti. La verità è che in quel momento 
						qualsiasi cosa avessimo fatto sarebbe stata sbagliata. 
						Un pretesto per attaccarci sarebbe stato trovato 
						comunque". 
						 
						
						
						Con i suoi ex compagni capita mai 
						di parlare dell’Heysel ?  
						"E’ successo, ma non troppe volte. 
						La ferita è sempre aperta. Quel mix di gioia e dolore 
						non lo auguro a nessuno. Sei in finale di coppa 
						campioni, il sogno di tutti i bambini, ma non riesci a 
						gioire perché 39 vite si sono spente. Mi vengono ancora 
						i brividi". 
						 
						
						
						Lei nel 2003-04 ha allenato il Mons, 
						in Belgio. E’ più tornato nello stadio della tragedia ?
						
						 
						
						
						"Più di una volta. Negli anni è 
						stato modernizzato, è tutto un altro impianto. Le 
						sensazioni però sono le stesse. Appena entro in quello 
						stadio m’inizia a battere il cuore e il pensiero dei 39 
						morti prevale su tutto". 
						 
						
						
						E in Belgio come vivono quella 
						tragedia a distanza di anni ?
						
						 
						
						
						"Mi hanno fatto tante interviste 
						sull’Heysel, una addirittura sul terreno di gioco. Anche 
						per loro il ricordo è indelebile, si sentono sempre un 
						po’ responsabili". 
						 
						
						
						Il problema stadi però è ancora 
						attualissimo, in Italia. 
						 
						
						
						"Bisognerebbe ricostruirli tutti, 
						sul modello di quelli inglesi. Mi fa piacere che la 
						Juventus si sia attivata in modo importante. La gente va 
						riportata allo stadio, come ai miei tempi, quando erano 
						stracolmi. Adesso le immagini sono imbarazzanti, si 
						vedono interi settori vuoti". 
						 
						
						
						E il secondo passo per riempire gli 
						stadi ?  
						"Trovare una soluzione al problema 
						ultrà. Le leggi ci sarebbero anche, il problema è che in 
						Italia vengono rispettate solo ogni tanto. In 
						Inghilterra appena uno sbaglia finisce in galera". 
						 
						
						
						Capello ha detto: il calcio 
						italiano è in mano agli ultrà.
						
						 
						
						
						"Fabio non è ipocrita, ha detto una 
						cosa verissima". 
						 
						
						
						Nell’ultimo campionato anche la 
						Juve ha vissuto momenti di tensione durante le partite 
						casalinghe. 
						 
						
						
						"Ho visto cose incredibili al 
						Comunale. Quando giocavo io la gente si arrabbiava nei 
						momenti difficili, ma non arrivava mai a tanto". 
						
								  
								Fonte: Tuttosport
								© 26 maggio 2010 
								  
								Fotografie: 
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						© (Not for commercial use)
						
								  
								Icone: Shutterstock.com
						
								
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								© Gianni Valle
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