Privacy Policy Cookie Policy
REDUCI STADIO HEYSEL N
www.saladellamemoriaheysel.it   Sala della Memoria Heysel   Museo Virtuale Multimediale
Testimonianze Reduci Stadio Heysel N
   Testimonianze   Audiovisivi   Bibliografia   Stampa e Web   Interviste   Stadio Heysel  
  Testimonianze Reduci Stadio
N
Carlo Nesti Tribuna Stampa  
Nicoletta Curva Settore M-N-O     
     Stefano Nussbaumer Curva Settore Z  
                 
         
                 
CARLO NESTI
     

L'inviato Rai testimone del dramma, le immagini storiche dell'operatore Isoardi.

"A Bruxelles sono diventato adulto Il mio microfono diede voce ai feriti"

di Andrea Parodi

Stadio sgangherato e pietoso, torme di inglesi ubriachi. E restammo isolati dal mondo.

IL COLLOQUIO - Posso dividere la mia vita in due: prima e dopo l'Heysel". Carlo Nesti, storica voce Rai del calcio, non ha dubbi: il 29 maggio 1985 la sua esistenza è cambiata. "Sono diventato adulto quella notte", racconta oggi, a 70 anni. Viene mandato dalla Rai a Bruxelles "per raccogliere le voci di contorno, ma presto sono diventato il microfono dei feriti". Arriva in tribuna stampa "in uno stadio pietoso e sgangherato". Negli occhi le immagini della giornata, lungo le vie e le piazze di Bruxelles lastricate di lattine di birra, "dove torme di tifosi inglesi erano ubriachi marci da ore e orinavano mostrandoci i genitali per sfida". Quando si affaccia allo stadio i tifosi inglesi già stanno caricando i tifosi italiani. Ma ancora non è chiaro cosa sta succedendo. "In questi quarant'anni l'ho raccontato più volte e la cosa che faccio più fatica a far capire è che nel 1985 non c'erano i cellulari, non c'era internet. Eravamo isolati dal mondo, paradossalmente anche noi della stampa". "A un certo punto arriva da me Nereo Ferlat, tifoso torinese. Gli porgo il microfono e ascolto esterrefatto le sue parole". È il racconto di una tragedia in corso che ha i connotati di qualcosa di più grande. Nel frattempo l'operatore Rai Gianfranco Isoardi corre per andare a riprendere le scene strazianti del settore Z. "Gianfranco ha realizzato un reportage incredibile". Isoardi accede all'antistadio, dove scopre l'entità della tragedia. "Arriva dove ammucchiavano i morti, solo che non poteva neanche avvisarci". Nel frattempo Nesti offre il suo microfono a chi da quella curva si è salvato. "Arrivavano persone insanguinate, i vestiti strappati, lo sguardo di chi ha visto la morte in faccia, neanche le lacrime per piangere. Ed è così che sono diventato adulto".

Fonte: La Stampa © 29 maggio 2025

Fotografia:

©

 

 

Fonte:  

 

Fotografie: GETTY IMAGES © (Not for commercial use) © Carlo Nesti © Stefano Nussbaumer © Video: Carlo Nesti © Icone: It.vecteezy.com © Pngegg.com © Audio: Rai (Bruno Pizzul) ©

 

Le mie verità sull'Heysel in pillole

di Carlo Nesti

Io c'ero, ma chi non c'era, legittimamente, può non avere ancora le idee chiare.

Da 40 anni, continuo a indignarmi per una situazione grottesca. Chi era, effettivamente, a Bruxelles, ha una certa versione dei fatti. Chi era, invece, davanti al televisore, ne ha un'altra. Molti di quelli, che erano a Bruxelles, compresi i giornalisti, non ci sono più. La categoria dei telespettatori, invece, si riproduce, di padre in figlio, anteponendo, a volte, le colpe della Juve, al fatto che è stata la stessa Juve, ad essere colpita a morte. Uno stravolgimento della realtà.

Ricordiamoci tutti che, 40 anni fa, era il secolo scorso, e un altro mondo, senza cellulari, Internet, e intelligenza artificiale. Sensibilità diverse, e reazioni diverse. Secondo voi, nel 1985, avrebbero interrotto una partita, per il malore di uno spettatore, nello stadio ? Penso proprio di no. Eravamo su un altro pianeta, rispetto a oggi. E risalire su quel pianeta, per studiarlo, non è più possibile.

Detto per inciso, la polizia, mentre i sostenitori bianconeri morivano, era all'esterno dello stadio, a perquisire solo gli italiani, in quanto possessori, secondo loro, di biglietti falsi. Potete non crederci, ma, salvo quel ridicolo cordone di agenti, che doveva separare gli italiani dagli inglesi, e che si volatilizzò, appena cominciarono le cariche, non c'era un solo poliziotto, in quella parte dell'impianto.

La diretta televisiva, purtroppo, cominciò, quando i 39 tifosi erano già morti. Si videro soltanto alcun replay delle cariche degli hooligans, con una telecamera piazzata sopra la Curva Z. Misteriosamente, la telecamera stessa non venne mai orientata verso destra, dove si sarebbero viste le persone, ammassate contro il muretto. Perciò, andò in diretta soltanto la reazione violenta degli ultras bianconeri, alimentando una interpretazione distorta dei fatti.

Vi faccio notare una cosa, della quale, purtroppo, non esiste una documentazione visiva. I tifosi, insanguinati, che fuggivano verso il basso, venivano manganellati da quegli assassini dei poliziotti belgi, in quanto "invasori di campo". Capirete bene che, con un atteggiamento ostile, di questo genere, da parte delle forze dell'ordine, la parola "sicurezza", forse, era un po' eccessiva.

Se la partita si giocò, per motivi di ordine pubblico, è perché, almeno in questo, l'Uefa capì che quell'ordine pubblico non era garantito da nessuno! Ma vi rendete conto che, ben 20 minuti dopo la strage, entrò dentro lo stadio la polizia... a cavallo ? Ma che senso aveva ? A che cosa serviva ? Solo a manganellare i tifosi italiani, che cercavano di sfuggire al massacro, sul campo di gioco ?

I giocatori sapevano che, forse, c'erano 3 morti, e, comunque, non volevano giocare. Furono costretti, per imposizione dell'Uefa, anche perché persino i "mammasantissina" europei si rendevano conto di una cosa. Le forze dell'ordine, ridicolmente colpevoli, non erano in grado di garantire la sicurezza. In ogni caso, alla luce anche solo di 3 morti, non si doveva festeggiare. Di questo, a distanza di 40 anni, credimi, sono consapevoli anche i giocatori.

Purtroppo, nei confronti della tragedia, l'atteggiamento della società Juventus è sempre stato un po' distaccato, come se si preferisse rimuovere, piuttosto che ricordare. Quello, che mi spiace, è l'isolamento, nel quale si è trovato spesso il Comitato delle famiglie delle vittime. Il verdetto del processo, seppure non soddisfacente, è stato una vittoria personale del grande Otello Lorentini.

Fonte: NestiChannel (Pagina Facebook Autore) © 29 maggio 2025

Fotografia:

©

 

Fonte:  

 

Fotografie: © Icone: It.vecteezy.com © Pngegg.com ©

 

BRUXELLES, 29-5-1985 LIVERPOOL-JUVENTUS 0-1

L'Hiroshima del calcio

di Carlo Nesti

La Grand Place di Bruxelles si svuota nell'ora di pranzo, e propone un colpo d'occhio indimenticabile: migliaia di lattine vuote di birra hanno sostituito interamente il pavimento stradale. E' il segno mattutino lasciato, quel maledetto 29 maggio 1985, dagli hooligans: un'orda barbarica che ha saccheggiato i bar, le prove generali per lo spettacolo della sera. Nel pomeriggio, quando noi giornalisti saliamo sul pullman che ci porta allo Stadio Heysel, un'altra scena spiega lo stato di eccitazione degli inglesi, ubriachi e drogati. Salgono sulle collinette che circondano l'impianto, e, al nostro passaggio, abbassano i pantaloni, mostrano i genitali, e orinano disinvoltamente, con un volgare gesto di sfida. L'aspetto incredibile è che la polizia belga continua a tenere lo stesso contegno del giorno prima: agli inglesi è concesso tutto, mentre gli italiani vengono perquisiti, minacciati e derisi. Il perché della discriminazione, quando erano già note a chiunque in Europa le "bravate" degli hooligans, resta il grande mistero di una sera folle, per sempre senza risposta. I connazionali sembrano tornati quelli usati, negli anni 50, nelle miniere del Belgio, cittadini del mondo di Serie C, braccia straniere da lavori forzati, fino all'olocausto di Marcinelle. Il servizio d'ordine, vergognoso responsabile aggiunto della tragedia, ha 2 obiettivi: proteggere i belgi, e chiudere un occhio in caso di scontri fra inglesi e italiani. Gli ultras si eliminino a vicenda, in sostanza, ed è questo equivoco che rende colpevolmente inesistente l'intervento della polizia in curva Z, l'ultima curva, la curva della morte. Lì non ci sono ultras inglesi contro ultras italiani, bensì feroci hooligans contro gente comune, padri, madri, figli, famiglie indifese e desiderose solo di assistere a una partita di calcio. La compressione dei tifosi verso l'esterno, con conseguente decesso di 39 persone calpestate e soffocate, è l'omicidio di massa da parte di un gruppo di "bastardi", largamente impunito. Quel giorno assisto Enrico Ameri nella radiocronaca, e quando si comincia capire che non racconteremo un incontro, ma una carneficina, diventiamo i portavoce dei sopravvissuti. Senza ancora i cellulari, e con poche cabine telefoniche a disposizione, il mio compito principale è elencare nomi e cognomi di chi vuol far sapere a casa di essere vivo. Quando ripenso a quella sera, a quella finale che si doveva disputare per evitare altri scontri e altri morti, ma che non doveva assegnare nulla, penso a una sorta di Hiroshima del pallone. Dopo l'Heysel, per me, è cambiato il rapporto con il calcio, ed è stato come chiudere per sempre l'armadio dei giocattoli, e diventare amaramente uomo, perdendo la spensieratezza. Fonte: Carlonesti.it © 28 maggio 2010 Fotografia: RAI © Icone: It.vecteezy.com © Pngegg.com ©

 
NICOLETTA

TESTIMONIANZA DI NICOLETTA

Ciao a tutti, sono Nicoletta e provo a raccontare quella terribile serata del 29 maggio 1985, stadio Heysel di Bruxelles Palladium, doveva essere un giorno specialissimo, in quanto ero riuscita tramite Stefano Tacconi che ancora oggi ringrazio immensamente per avermi onorata del regalo più bello che potessi avere, il biglietto per la partitissima della finalissima Juventus Liverpool. Arrivammo là il Lunedì sera, due giorni prima della partitissima, la sera prima, che sarebbe trent’anni fa, a quest'ora eravamo allo Stadio al di fuori insieme ai tanti tifosi inglesi e juventini arrivati, tutto tranquillo, si parlava tutti insieme. Il giorno seguente, il fatidico Mercoledì, abbiamo pranzato tutti insieme tifosi inglesi e italiani al ristorante adiacente allo Stadio, tutto tranquillo, cordialità da entrambe le tifoserie, alle 18.00 grande fila per entrare, e qua incominciava il caos, i poliziotti non erano vigili come i nostri, ma erano a cavallo, e facevano entrare gente con bottigliette di vetro invece che plastica, cosa già pericolosissima, e persone che non venivano controllate totalmente, per cui a mio marito, una strana, non so come chiamarla, una sensazione che potesse succedere qualcosa, non voleva più entrare, anzi mi cercava di convincere in tutti i modi a non andare, io gli dissi queste testuali parole: ma come abbiamo fatto migliaia di chilometri, tutti in macchina io e lui soli, per non vedere la partita ? Ma scherziamo, io con te o senza di te vado, lui mi seguì... Entrammo, lo stadio a differenza dei nostri, si entrava dall'alto e poi scendeva giù, per cui la cosa che volle mio marito di restare su in alto vicino all'uscita, in modo tale se vi era pericolo di fuggire, così abbiam fatto. Verso le diciannove e quindici, si vedeva dall'altra curva settore Z, una grande ammucchiata, non capivamo cosa fosse, sembrava una lite tra tifosi, poi vedevamo gente che si spingeva, ma essendo lontani non capivamo granché, poi verso le otto alcuni tifosi lasciavano lo stadio e dicevano che era successa una disgrazia, noi nulla, non sapevamo cosa fosse accaduto realmente, per cui continuavamo ad osservare, poi man mano la gente usciva sempre più, a questo punto mio marito invitava pure me ad uscire ed io no, poi alle venti e trenta la partita non iniziava e cominciò ad uscire dalla bocca dei tifosi che c'erano 16 morti, poi ne sono passati altri ancora a fuggire che si contavano più di trenta morti senza sapere come, a quel punto un fuggi Palladiamo generale, mi ha preso la paura pure a me e stavolta sono uscita dallo stadio e qua è iniziato il calvario, abbiamo sentito la voce di Ameri che diceva che era crollato il muro, c'erano 36 morti e speravano che la partita avesse inizio altrimenti sarebbe accaduta una carneficina, ci siamo resi conto che eravamo in serio pericolo, avevamo la macchina a un chilometro, ci siamo dati a gambe, io ho nascosto quelli che vedete cappello e sciarpa sotto la maglietta e mentre correvamo, scene che mi viene da piangere, che non vi immaginate nemmeno, chi senza bracci, chi senza gambe (NdR: nessuna vittima ha perso arti all’Heysel ?), sporchi di sangue dappertutto, gente che urlava, solo sirene di polizia e ambulanza e chi come noi cercava la fuga per arrivare più presto lontano da lì, siamo riusciti miracolosamente a raggiungere la macchina e a rientrare in albergo alle 21 e 15 dove miracolosamente grazie al portiere dell'albergo siamo riusciti a metterci in contatto con i nostri familiari che già avevano contattato Roma, come tutti, e sono riuscita a parlare con mio padre che stavano per portarlo in ospedale. Cari amici l'abbiamo vista dall'albergo, ma sono felice che sono qui oggi a raccontarla, miracolosamente. Nicoletta Fonte: Facebook (Pagina di Franco Boschetti) © 28 maggio 2017 Icone: It.vecteezy.com © Pngegg.com ©

 
STEFANO NUSSBAUMER

Testimonianza su Heysel 85

di Stefano Nussbaumer

Noi eravamo sei persone, ma fortunatamente senza nessun ferito. Come mai ? Poiché quando siamo entrati nel settore "Z", abbiamo subito notato che la maggioranza degli spettatori era riversata e compressa alla nostra destra, in prossimità del tristemente famoso muretto che da lì ad una mezz’ora sarebbe crollato. E perché così tanta gente si trovava accalcata a quel muretto ? Soprattutto per due motivi. La prima era la paura di essere troppo vicini ai supporters inglesi, che già dalle 19 avevano iniziato a lanciare bottiglie di vetro e "pezzi di gradinata" (!). La seconda era che dietro la porta di gioco, si trovava un gran pennone riportante la bandiera britannica dal nostro lato, e quella italiana dall’altra. Il pennone disturbava un po’ la visione, ma il nostro gruppo ha deciso di stabilirsi qui in ogni caso. Durante l’aggressione, la nostra fortuna è stata è stata di ritrovarsi lontani dal congestionamento umano, e dopo qualche minuto di aver trovato un passaggio per entrare sul campo da gioco. Qualcuno aveva aperto un passaggio ! E dopo una ventina di minuti, ci hanno indicato di salire in tribuna centrale. Quindi stavamo bene, in un luogo sicuro. Non avevamo ancora percepito la gravità della situazione intorno a noi. Solamente prima di salire in tribuna, quando si era ancora sul campo da gioco, un ragazzo italiano ferito ci disse che nell’infermeria "stavano contando i morti". In tribuna ci siamo trovati seduti dietro due grandi campioni olandesi, Cruijff e Haan. Un giornalista spagnolo ha domandato a Cruijff che "si sente dire che pare ci siano più di trenta morti. Pensa che tutto ciò faccia bene al gioco del calcio ?" - E Cruijff che rispose: "E lei pensa che certe domande abbiano bisogno di una risposta ?". Ma quello è stato il momento che si avvertì la gravità della situazione. E ad un certo punto, la sicurezza dello stadio pretendeva che noi si tornasse nel settore "Z"; lo stesso Cruijff, Haan e Javier Clemente - allenatore dell’Atletico Bilbao - protestarono energicamente, e grazie alla loro "difesa" si poté restare in tribuna. O meglio, volevamo andarcene dallo stadio, ma la polizia ce lo impedì. Si è dovuto attendere lo svolgersi della partita, e dopo più di un’ora dalla sua fine, finalmente potemmo uscire, in mezzo ad una enorme catena militare che ci condussero a bordo di un autobus, destinazione… Ostenda !!! A 120 km da Bruxelles. Alle quattro del mattino, finalmente un aereo ci fece rientrare in Italia. Dove ci attendeva un nugolo di giornalisti. Solamente i caratteri cubitali dei titoli sui giornali ci fecero "rendere conto" del grande pericolo che abbiamo evitato solo perché il nostro destino è stato benevolo. Fonte: Facebook (Pagina Autore) © 22 ottobre 2013 Fotografie: Guerin Sportivo © GETTY IMAGES © (Not for Commercial Use) Audio: RAI RADIO 2 © Icone: It.vecteezy.com © Pngegg.com ©

 
 

Museo Virtuale Multimediale © Domenico Laudadio Copyrights 2009 (All rights reserved)