HEYSEL I 10 secondi più lunghi
della mia vita
di Alberto Scotta "Panoz"
E’ il 29 maggio 1985 non lo so ancora, ma non resterà
una data qualunque.
Io e mamma siamo seduti a
tavola da amici e l’attesa per la finale di Coppa
Campioni sta crescendo, non ho portato troppe bandiere e
sciarpe, memore di com’era finita 2 anni prima, stavolta
ho deciso che, se si vincerà, ci sarà tempo per
preparare la festa.
La televisione è distante e a un certo punto sentiamo il
tono di Pizzul, che cambia, ci alziamo e cominciamo a
vedere scorrere immagini di guerriglia, transenne
improvvisate da barelle, gente ferita, sangue… Mamma ad
ogni immagine dice: "quello è papà"… e io nel mio
perenne ottimismo la tranquillizzo.
Già, papà stavolta ha fatto come a
Basilea, e non come ad Atene. Papà c’è, papà di finali
non ne ha mai viste perdere, ha trovato un volo
all’ultimo, perché qualcuno ha rinunciato e si è
imbarcato per Bruxelles.
Ho l’incoscienza di un tredicenne,
di un ragazzino ottimista e solare che mi porterò dietro
per tutta la vita e ogni volta che mia mamma si
preoccupa la rassicuro, papà non ha quelle scarpe, papà
non ha quella camicia e poi papà, se è andato in aereo,
avrà un biglietto di tribuna, distinti al massimo, di
certo non è in curva.
Non so quanto serva a lei, ma sono
sereno per lui e io quella partita voglio che si giochi.
Ricordo anche il pronostico di mio
zio: 1–0: Boniek si invola verso la porta, lo stendono,
rigore e Platini lo realizza. Finirà esattamente così,
ma di quei 90 minuti giocati dopo 30 anni non mi resta
nulla.
Abbiamo vinto la Coppa e lo
ammetto, sono felice, incoscientemente felice, ho 13
anni, ho un padre che è lì in quello stadio, dove forse
ci sono dei morti, ma io quella Coppa l’ho sognata per
troppo tempo e per qualche minuto festeggio e comprendo
le macchine che sfilano in città e i giocatori che la
alzano al cielo, è una vittoria sportiva, in quel
momento è solo quello.
Negli anni ho imparato a non
giudicare mai come le persone gestiscono le loro
situazioni emozionali, tantomeno come possono reagire a
tragedie che le toccano più o meno da vicino, io già a
13 anni ero molto pragmatico e il mio cervello
funzionava e funziona chiedendosi se davvero uno stato
di mestizia costruita giova a qualcuno, quindi rifiuto
il crogiolarmi nel dolore, ho l’idea che ogni situazione
si possa risolvere comunque bene e che ci sia sempre una
soluzione a tutto… a tutto tranne la morte.
Ma mio padre non è morto a
Bruxelles, lo so.
Proviamo a chiamare il nostro amico
colonnello dei Carabinieri, perché i numeri della
Farnesina sono intasati, ma non si sa nulla, si deve
aspettare, perché i cellulari, whatsapp e skype non
esistono e le comunicazioni sono tutt’altra cosa.
Mia mamma decide di tornare a casa
e l’accompagna Silvana la sua amica.
Mi mettono a letto verso
mezzanotte, l’adrenalina è ormai svanita e il clima è
sicuramente più cupo, ma appoggio la testa sul cuscino
convinto che mio padre sia vivo.
Ore 2:30. Sono i 10 secondi più
lunghi della mia vita, ricordo tutto perfettamente e
ricordo anche la scena che non ho visto, ma solo
ascoltato.
Squilla il telefono 1, 2 volte e
mia mamma urla "ci siamo…" sento i passi verso il
telefono e la sento bloccarsi, la immagino voltarsi
verso l’amica e la ascolto:"…e se mi dicessero che è
morto…???"
Ecco in quel momento anche io nel
mio letto non ho più nessuna certezza, il cuore che
palpita impazzito.
Prego e attendo cercando di
scoprire dal tono di voce quale sarà la risposta.
"Si, sono io", decimi di secondo
interminabili, "oh grazie a Dio…..", " ma quindi sta
bene???"
Non mi importa più nulla di nulla,
né della coppa, né di ascoltare il seguito.
Mio padre è vivo e sta bene e
tornerà a casa.
Lui sì, lui è tornato, lo sapevo.
Il mattino dopo, all’esame di terza
media faccio forse il tema più bello della mia vita
sull’Heysel e all’uscita da scuola c’è il regalo più
grande, mio papà da riabbracciare.
Io sono stato fortunato, altre 39
famiglie no, e se anche solo un tifoso avversario,
leggendo il mio racconto, da domani smettesse di fare
ironia su questa strage di innocenti, ne sarebbe valsa
la pena.
Fonte:
Panoz.medium.com © 29 maggio 2015
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Audio: Rai (Bruno Pizzul)
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