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OTELLO LORENTINI
www.saladellamemoriaheysel.it   Sala della Memoria Heysel   Museo Virtuale Multimediale
Otello Lorentini 11.05.2014
   Roberto   Andrea   Pagine della Memoria   Morire di Calcio   Superga 1949   Ballarin 1981   

Padre di Roberto Lorentini (Vittima Stadio Heysel 29.05.1985)

Fondatore "Associazione tra i Familiari delle Vittime dell'Heysel"



Otello Lorentini

Un Padre e un Figlio

di Paolo Levanti

La lettera di un tifoso che incontrò Otello il 29.05.1985 a Bruxelles inviata a suo nipote Andrea, all’epoca bambino, oggi il presidente dell’Associazione fra i Familiari delle Vittime dell’Heysel, rifondata alla morte del nonno nel 2015.

"Ciao, mi chiamo Paolo Levanti e abito a Pavullo nel Frignano in provincia di Modena, non mi conosci e forse ti stupirai di ricevere questa mail in merito ad una tragedia avvenuta nel 1985 della quale ti spiegherò il motivo. Ero presente all’Heysel come Presidente del club con una comitiva di 28 tifosi e dopo il massacro avvenuto allo stadio, non riuscendo a trovare uno dei componenti, non sono rientrato allo stadio cominciando a cercare l’amico scomparso. Con il cortese aiuto di due ragazze di Bruxelles, con la loro auto, ho girato tutti gli ospedali nei quali avevano portato i feriti per terminare questa via Crucis nella caserma militare dove avevano portato le persone decedute. È stato in quel triste posto che ho conosciuto tuo nonno con il quale abbiamo scambiato, in una atmosfera che ti lascio immaginare, frasi che misero in evidenza la sofferenza di tuo nonno. Una frase mi ha colpito in modo profondo che mi ha accompagnato quotidianamente per un anno e ancora oggi mi risuona nella mente… Mi disse: "Vedi, ho voluto fare un regalo a mio figlio per la sua prossima attività di medico e l’ho portato a morire" e questa frase mi colpì in modo particolare, oltre al tono di voce sussurrato quasi non volesse disturbare suo figlio, perché la sera prima di partire convinsi con fatica mia figlia di 10 anni a non venire, rinunciando al biglietto, in quanto non ero tranquillo di quel settore. Da quel ritorno ho volutamente cercato di dimenticare quella triste serata per questo non ho mai voluto partecipare a nessun evento che me la facesse tornare in mente, ma oggi mi farebbe enormemente felice sapere come sta tuo nonno, una roccia per quel poco che l’ho conosciuto, e gli porgessi i miei doverosi omaggi e saluti. Ti ringrazio per la cortesia". Fonte: Associazionefamiliarivittimeheysel.it © 6 ottobre 2022 Audio: Otello Lorentini © Atlantide Audiovisivi © Fotografia: Curvafiladelfia.wordpress.com ©  

 

Caro Otello…

di Francesco Caremani

Caro Otello chissà se vedi, ma qui è tutto un chiacchierare dell'Uefa e di come in una finale rigiocata il 29 di maggio non abbia pensato a un ricordo per la strage dell'Heysel e per i nostri 39 morti. Come se tutti questi 36 anni di rimozione collettiva e istituzionale, italiana ed europea, di una Storia non condivisa, non fossero mai passati. Come se portare avanti il ricordo di quello che era accaduto non fosse stato difficile e, addirittura, pericoloso: io e te da soli, era il 2003, non c'era altro, in quel momento non c'era alcun altro; sono arrivati tutti dopo. Lo so Otello è antipatico autocitarsi, ma ricordo ancora la tua determinazione a mettere sempre i puntini sulle i di questa storia, la tua più di chiunque altro. Ho letto firme eccelse scrivere sciocchezze e inesattezze solo per fare un post sull'Heysel, peccato: era meglio il silenzio, quello che quasi tutti hanno scelto in 36 anni, voltandoci spesso le spalle. L'eredità che mi/ci hai lasciato è pesante, ma è nel contempo responsabilità e orgoglio. Quello che proveresti nel guardare Andrea Lorentini che porta avanti la memoria e la dignità dei familiari delle vittime, con la tua stessa fermezza, con la tua identica costanza. So che non hai mai perdonato e io con te, perché per perdonare bisogna dimenticare, quello che hanno cercato di fare quasi tutti, quello che noi non abbiamo fatto mai. Fonte: Francesco Caremani © 29 maggio 2021 (Pagina Facebook) Fotografia: Cesenatoday.it ©

Scritta da Francesco Caremani. Il suo esempio al fianco di Bartali e Mandela

La storia di Otello Lorentini tra "I Giusti dello sport"

In un ebook il racconto della battaglia di giustizia per le vittime dell'Heysel.

La storia di Otello Lorentini tra quelle dei "Giusti dello sport", un ebook che propone un viaggio tra tanti racconti dalla Shoah all'attualità, attraverso le vicende di quaranta atleti e personalità di tutto il mondo che hanno vissuto battaglie di giustizia e di difesa dei diritti umani in ambito sportivo. Tra gli esempi contenuti nell'ebook, al fianco di campioni quali Gino Bartali o di figure storiche quali Nelson Mandela, è narrato anche quello di Otello Lorentini di cui il giornalista Francesco Caremani ha raccontato l'impegno orientato alla giustizia e alla memoria della tragedia dell'Heysel. Il libro è scaricabile gratuitamente dal sito della onlus Gariwo che, con questo progetto, ha dato seguito ad un ventennale operato volto all'approfondimento e alla conoscenza delle storie di quegli uomini e di quelle donne che si sono battuti e che si battono in difesa della dignità umana. La redazione dei "Giusti dello sport" ha fatto affidamento sulla collaborazione di alcune delle migliori penne del giornalismo italiano, quali Gianni Mura e Darwin Pastorin. Una storia è stata raccontata anche dal giornalista e scrittore aretino Francesco Caremani, promotore della candidatura di Lorentini tra i Giusti raccolti nel libro e che ne ha raccontato i quasi trent'anni di battaglie per ottenere giustizia dopo la tragedia del 1985. Un impegno di anni, quello di Lorentini nel ricordo delle trentanove vittime dell'Heysel: tra loro c'era anche il figlio Roberto. L'Associazione tra le Famiglie delle Vittime di Bruxelles, da lui fondata, ha rappresentato uno strumento per mantenere viva la memoria. Con questa pubblicazione, Caremani ha dato seguito ai suoi lavori e ai suoi studi svolti su questo delicato argomento a partire dalla pubblicazione del libro "Heysel. La verità di una strage annunciata", mentre Lorentini è stato ulteriormente riconosciuto tra gli esempi di coloro che hanno agito con coraggio e controcorrente per promuovere una cultura della pace e un'idea di un mondo più equo. "Quando si parla di Heysel, di giustizia, di memoria per quella strage", scrive Caremani nel libro, "non dobbiamo mai dimenticare che Otello Lorentini c'è stato prima di tutti, quando tutti non c'erano. E senza di lui, per quei trentanove morti, per le famiglie delle trentadue vittime italiane, non ci sarebbe stata né giustizia né, tantomeno, memoria. Questo è stato". Fonte: La Nazione © 19 luglio 2020 Fotografia: Jean-Philippe Leclaire © (Arezzo 2005)

La storia di Otello Lorentini nell’e-book "I Giusti dello sport"

L’impegno dell’aretino è stato raccontato in un libro dedicato alle battaglie di giustizia nello sport. La penna di Francesco Caremani ha tracciato il ritratto coraggioso e controcorrente di Lorentini.

La storia di Otello Lorentini raccontata nell’e-book "I Giusti dello sport". Questo libro propone un viaggio tra tanti racconti positivi dalla Shoah all’attualità attraverso la raccolta delle vicende di quaranta atleti e personalità di tutto il mondo che hanno vissuto battaglie di giustizia e di difesa dei diritti umani in ambito sportivo. Tra gli esempi contenuti nell’e-book, al fianco di campioni quali Gino Bartali o di figure storiche quali Nelson Mandela, è rientrato anche l’aretino Lorentini di cui il giornalista Francesco Caremani ha narrato l’impegno orientato alla giustizia e alla memoria delle vittime dell’Heysel. Il libro è scaricabile gratuitamente dal sito della onlus Gariwo che, con questo progetto, ha dato seguito ad un ventennale operato volto all’approfondimento e alla conoscenza delle storie di quegli uomini e di quelle donne che si sono battuti e che si battono in difesa della dignità umana". La redazione de "I Giusti dello sport" ha fatto affidamento sulla collaborazione di alcune delle migliori penne del giornalismo sportivo italiano, quali Gianni Mura o Darwin Pastorin. Una storia è stata raccontata anche dal giornalista e scrittore aretino Caremani che è stato promotore della candidatura di Lorentini tra i Giusti raccolti nel libro e che ne ha raccontato i quasi trent’anni di battaglie per ottenere giustizia in seguito ai tragici fatti avvenuti nel 1985 in occasione della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool dove persero la vita trentanove persone (tra cui anche suo figlio Roberto). Lo strumento per riuscire in questa missione è l’Associazione tra le Famiglie delle Vittime di Bruxelles che, da lui fondata, ha rappresentato uno strumento per mantenere viva la memoria di una notte che ha segnato indelebilmente la storia del calcio europeo. Con questa pubblicazione, Caremani ha dato seguito ai suoi lavori e ai suoi studi svolti su questo delicato argomento a partire dalla pubblicazione del libro "Heysel. La verità di una strage annunciata", mentre Lorentini è stato ulteriormente riconosciuto tra gli esempi di coloro che hanno agito con coraggio e controcorrente per promuovere una cultura della pace e un’idea di un mondo più equo. "Quando si parla di Heysel, di giustizia, di memoria per quella strage", scrive Caremani nel libro, "non dobbiamo mai dimenticare che Otello Lorentini c’è stato prima di tutti, quando tutti non c’erano. E senza di lui, per quei trentanove morti, per le famiglie delle trentadue vittime italiane, non ci sarebbe stata né giustizia né, tantomeno, memoria. Questo è stato". Fonte: Arezzonotizie.it © 17 luglio 2020 Fotografia: La Nazione ©

Otello, un raggio di sole

di Domenico Laudadio

29° anniversario della Strage dell’Heysel. È il primo senza il Presidente Otello Lorentini, fondatore dell’ "Associazione tra i familiari delle vittime dell’Heysel", scomparso recentemente, proprio il giorno del compleanno del nipote, Andrea. Il gruppo "Via Filadelfia 88" di Beppe Franzo e il mio "Museo Virtuale Multimediale www.saladellamemoriaheysel.it" ne onorerà la memoria durante la "Giornata in ricordo delle vittime dell'Heysel e di condanna di ogni forma di violenza in ambito sportivo" da noi promossa a Torino in data 31 maggio 2014 alle ore 18.00 presso la "Sala delle colonne" in Piazza Palazzo di città.

Nelle immagini di repertorio lo intravedi vagare intontito fra le macerie e i corpi dei feriti e dei morti, annichilito dal dolore e dalla disperazione: ha appena perso suo figlio, medico neo assunto quello stesso pomeriggio con un telegramma dall’ospedale di Arezzo. Beffarda e crudele troppe volte è la sorte… Eppure era fuori pericolo, già in salvo, ma Roberto era tornato indietro in Curva Z, onorando il giuramento di Ippocrate, a fare il medico fino all’ultimo, nell’atto di rianimare un bimbo in fin di vita, forse proprio Andrea Casùla, prima di essere travolto e morire sotto un'altra carica degli "Animals" d’Inghilterra. Medaglia d’argento al valore civile. L’oro sarebbe costato troppo caro allo stato e le pensioni in Italia si danno più a certi falsi invalidi che agli eroi… Otello era toscano, un piccolo grande guerriero di Arezzo, l’uomo di grande onore e fermezza che ha cresciuto come un padre due nipoti, gli orfani di un giovane tifoso, innamorato di sua moglie, affezionato alla "vecchia signora", bàlia del calcio italiano. Aggregò in un’associazione la maggior parte dei familiari delle vittime dell’Heysel ed affrontò insieme a loro il processo a Bruxelles, dividendone le spese e l’umiliazione di un primo giudizio che non tributò loro equità e giustizia. Ma Otello non era certamente uomo di resa. Si rialzò subito in piedi con orgoglio e affrontò in appello con il piglio testardo della fede quel gigante spavaldo e impunito da sempre, come fosse Davide contro Golia. L’U.E.F.A  fu sorprendentemente condannata, anche in cassazione, e da quella sentenza a oggi ritenuta responsabile ovunque della sicurezza nell’organizzazione degli eventi calcistici. Un capolavoro di giurisprudenza, ma nulla al confronto dell’amore e della dedizione nutriti fino all’ultimo per la sua famiglia, sconquassata da una tragedia assurda, ingiustificabile quanto incomprensibile. Così dolcemente lo ha ricordato la nostra Annamaria Licata, nota tifosa bianconera, ma soprattutto donna sensibile e autentica filantropa della Memoria dei caduti dell’Heysel che lo incontrò in Bruxelles nel 2005 alla cerimonia solenne del ventennale dalla strage: "Lui è stato il padre di tutte le vittime, il padre di tutte le battaglie in tribunale contro l’UEFA… E contro i silenzi e l'ignoranza... Il padre di tutti quei tifosi, che nel corso del tempo si sono avvicinati alla tragedia… Hanno capito quello che è stato e dopo anni di silenzi… Hanno iniziato ad alzare la voce, insieme a lui. Di lui ricorderò sempre la sua forza, la sua saggezza e i suoi occhi color mare nel quale ti ci perdevi. Un grande Uomo... Che è andato ad arricchire il paradiso di umanità, ma nello stesso tempo, ha svuotato il mondo di un'anima speciale". Adesso che anche lui si è arreso alla nera "sorella" del Cantico delle Creature ci ha lasciato in generosa eredità il suo carisma e l’esempio di come vivere lo sport, olimpicamente, ma senza le pastoie ridicole di una burocratica e farisaica ipocrisia. Era molto schietto e diretto, Otello. Niente fronzoli, lo costatò molto bene anche la Juventus. In particolar modo il suo "Presidentissimo" Boniperti a cui non gliele mandò di certo a dire sulla questione della Coppa da restituire, rivendicandogli piccato l’unica reale proprietà del sangue di suo figlio… Non ha perdonato vent’anni dopo ad Arezzo quel ragazzaccio sedicente pentito di Liverpool che aveva causato la morte di Roberto e degli altri caduti. Gli disse: "…non sono ancora pronto". Ma ora che è nell’immenso di un perdono più grande non serviranno più le parole, gli basterà soltanto un raggio di sole. Ciao, Otello, 39 volte grazie. Fonte: Giulemanidallajuve.com © 29 maggio 2014 Fotografia: Curvafiladelfia.wordpress.com ©

 

"Ho conosciuto Otello nel dicembre del 1985 quando in Arezzo fondò il Comitato Vittime di Bruxelles. Sono partito da Torino e sul Turchino sono stato sorpreso da una nevicata. Non avevo le gomme da neve ma non potevo rinunciare e così piano piano iniziai la discesa verso Genova e da lì raggiunsi Arezzo. Avevo con me alcune copie del mio libro "L'Ultima Curva" che avrei donato ai partecipanti perché anche se doloroso, il ricordo non fosse rimosso (pochi ne parlavano quasi che desse fastidio). La sera mi ospitò a cena: che bella famiglia, la signora, i due piccolini e la nuora. Dopo la costituzione del Comitato, ho continuato a frequentarlo ed assieme all'editore sono stati pubblicati altri libri, Violenza e sport, Sport e violenza negli stadi, Lo sport: un impegno contro la droga. Di Otello mi ha sempre colpito la fermezza con la quale si è battuto affinché fosse fatta giustizia a chi quella tragica sera si era visto fuggire nel vento il corpo e l'anima delle persone più care, sacrificate sull'altare della violenza. Un dolce abbraccio, caro Otello, esemplare marito, padre e nonno !".  Fonte: Nereo Ferlat © 29 maggio 2014 (Pagina Facebook) Video: Teletruria.it ©

È morto Otello Lorentini

Uno dei grandi protagonisti della battaglia contro la violenza nel calcio: suo figlio Roberto vittima all'Heysel nell'85. Tanta gente ai funerali compresa una piccola delegazione della Juventus. Era stato presidente dell'associazione dei parenti delle vittime, ottenne la condanna dell'Uefa per la strage provocata dagli hoolingans inglesi nel maggio 1985 allo stadio di Bruxelles.

Arezzo, 13 maggio 2014 - Se ne è andato nei giorni in cui la violenza nel calcio è di nuovo un tema caldo, all'indomani di quanto è successo a Roma in occasione della finale di Coppa Italia, quando tutti hanno ancora negli occhi le immagini di Genni 'A carogna che guida la curva del Napoli mentre Hamsik è costretto a trattare con lui. Otello Lorentini della battaglia contro la violenza nel calcio e negli stadi era stato un protagonista per quasi trent'anni, in tutta l'ultima fase della sua vita. Era cominciato tutto il 29 maggio 1985, la sera della strage dell’Heysel. C'era anche il figlio Roberto, medico dell'ospedale di Arezzo, appena 31 anni, tra le vittime del crollo della curva Z dello stadio di Bruxelles, sotto l'assalto impazzito degli hooligans del Liverpool. Avrebbe potuto salvarsi, anzi si era già salvato, se non fosse tornato indietro per soccorrere un bimbo ferito. E la seconda carica degli ultras gli fu fatale. Otello Lorentini, il padre, aveva la stessa generosità nel mettersi al servizio dell'interesse pubblico. Fu lui a promuovere l'associazione dei parenti delle vittime (tra loro c'era anche un'altra aretina, la giovane Giusy Conti) e fu lui a diventarne il primo presidente. Con quell'incarico si batté contro le tante disattenzioni, neghittosità, vigliaccherie che favorivano la violenza e la lasciavano impunita. Nel 1990, ottenne la condanna dell'Uefa, la federazione europea del football, per quanto era successo la notte dell'Heysel, quando la disorganizzazione e gli errori avevano contribuito al massacro costato 39 morti, in gran parte tifosi juventini. Al processo di Bruxelles era solo in aula, ma non si era affatto intimidito. Poi altre battaglie, altre dichiarazioni, altri impegni perché il calcio diventasse finalmente un mondo sicuro. Non è così, almeno non è ancora così, ma Otello Lorentini lascia comunque un'eredità di impegno civile che non è stata inutile. Alla famiglia e al nipote Andrea (il figlio di Roberto), giornalista, le nostre condoglianze. Tante le condoglianze giunte alla famiglia, fra cui quelle della Juventus, che ha inviato anche una corona e telegramma del presidente Andrea Agnelli. Tanta gente ai funerali nella chiesa di Sant'Agnese a Pescaiola, compresa una delegazione della Juventus con un dirigente e due ragazzi del settore giovanile che hanno portato una corona di fiori e un gagliardetto listato a lutto. Fonte: Lanazione.it © 13 maggio 2014 Fotografia: Arezzonotizie.it ©

Ultimo addio a Otello Lorentini

Delegazione Juventus presente ai funerali

Si sono svolti questo pomeriggio i funerali di Otello "Lello" Lorentini scomparso lo scorso 11 maggio. Nella chiesa di Sant’Agnese in Pescaiola, gli aretini si sono stretti al dolore della famiglia per un ultimo saluto al numero uno dell’associazione "Vittime dell’Heysel". Una vita intera dedicata alla lotta contro la violenza negli stadi e un grande impegno civico che lo ha portato molto spesso a farsi promotore in prima persona di importanti iniziative.  Questo pomeriggio, anche una delegazione della Juventus ha reso omaggio a Lorentini partecipando al funerale. Fonte: Arezzonotizie.it © 13 maggio 2014 (Testo © Fotografia)

Addio Lorentini, simbolo della lotta contro la violenza negli stadi

di Francesco Caremani

Suo figlio Roberto perse la vita il 29 maggio 1985, allo stadio Heysel, prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool.

AREZZO - Si è spento domenica notte Otello Lorentini, 89 anni, l’uomo che, insieme all’avvocato italo belga Daniel Vedovatto, ha sconfitto l’Uefa (sentenza storica che ha fatto giurisprudenza) nelle vesti di presidente dell’ "Associazione tra le famiglie delle vittime di Bruxelles", dove il 29 maggio 1985, allo stadio Heysel, prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool morirono 39 persone, di cui 32 italiani (e 4 toscani), per colpa degli hooligans inglesi, delle autorità politiche e sportive belghe e dell’Uefa: tra le vittime anche suo figlio Roberto. Otello è morto nel giorno del compleanno del nipote Andrea e tra le braccia dell’altro nipote Stefano per una crisi cardiaca che è stata fatale, viste le sue condizioni di salute. Stefano e Andrea, i due nipoti orfani che lui ha cresciuto come un padre. OTELLO PERSE SUO FIGLIO ALL'HEYSEL - Otello, infatti, all’Heysel perse l’unico figlio Roberto, medico di 31 anni medaglia d’argento al valor civile per essere morto tentando di salvare un connazionale, molto probabilmente la vittima più piccola: l’undicenne Andrea Casùla. Da quel momento, come ha scritto in un comunicato il Comune di Arezzo, esprimendo il proprio cordoglio per la scomparsa di un grande aretino, ha trasformato il proprio dolore in battaglia civile. Prima creando l’Associazione, poi citando l’Uefa direttamente nel processo quando in primo grado in Belgio erano stati tutti assolti, infine sconfiggendola e rendendola responsabile della manifestazione che organizzava e organizza. Tutto questo perché non si dava pace e perché non poteva accettare di avere perso un figlio per una partita di calcio. Otello, oltretutto, era tifoso della Fiorentina, ma andava sempre con Roberto a vedere la Juventus nelle finali di coppa per amore verso il figlio e per il gusto del viaggio. LA BATTAGLIA DI OTELLO - Dall’ultimo è tornato solo, ma con dentro tanta di quella forza e dignità che hanno prevalso sul dolore, riuscendo anche a stracciare quel velo di omertà che in Italia e in Europa, dalla Figc alla Lega, dalla Juventus (meno in questi ultimi anni) all’Uefa, ha sempre tentato di far dimenticare quello che era accaduto all’Heysel il 29 maggio 1985. Per merito di Otello Lorentini oggi quella data viene continuamente ricordata e reso omaggio ai 39 morti che grazie a questo piccolo, grande, uomo hanno ottenuto giustizia e la dignità di una memoria compiuta. Il funerale sarà celebrato nella chiesa di Sant’Agnese (via Alessandro dal Borro 49, Pescaiola) ad Arezzo martedì 13 maggio, alle ore 15. Fonte: Corrierefiorentino.corriere.it © 12 maggio 2014 Fotografie: Arezzonotizie.it © Associazione Quelli di... Via Filadelfia © La Nazione ©

 

Mattesini (Pd): "Addio Otello Lorentini, lascia un grande vuoto"

"La scomparsa di Otello Lorentini, lascia un grande vuoto, ma deve farci riflettere sul grande esempio di amore e attaccamento allo sport vero, libero da violenza, portato avanti con dedizione e semplicità". A dichiararlo è la senatrice Donella Mattesini, in merito alla scomparsa di Otello Lorentini.

"Il mondo dello sport e tutta la società ha bisogno di mantenere sempre vivo il ricordo di personaggi come Otello, il quale ha saputo superare momenti difficili testimoniando il suo amore per i giovani e la vita con passione e amore, mettendosi sempre al servizio dell’interesse pubblico". Dopo la scomparsa del figlio Roberto, vittima dell’Heysel nel maggio del 1985, Otello Lorentini si è impegnato con caparbietà per portare avanti messaggi di non violenza, con la costituzione dell’Associazione dei parenti delle vittime della finale di Coppa dei Campioni ’85 Juventus-Liverpool. "Oggi più che mai - conclude Donella Mattesini - occorre vigilare affinché lo sport sia veicolo di valori sani e modello di vita per le nuove generazioni, mettendo in campo tutte le sinergie tra istituzioni, associazioni e società sportive, sull’esempio di una grande bandiera e lavorando concretamente affinché gli appuntamenti sportivi non siano più teatri di scontri barbari, ma tornino ad essere un momento di gioia e di condivisione. Alla famiglia di Otello le mie personali e sentite condoglianze e l’auspicio che il ricordo di questo grande uomo possa vivere a lungo in ciascuno di noi". "Il mondo dello sport e tutta la società ha bisogno di mantenere sempre vivo il ricordo di personaggi come Otello, il quale ha saputo superare momenti difficili testimoniando il suo amore per i giovani e la vita con passione e amore, mettendosi sempre al servizio dell’interesse pubblico". Dopo la scomparsa del figlio Roberto, vittima dell’Heysel nel maggio del 1985, Otello Lorentini si è impegnato con caparbietà per portare avanti messaggi di non violenza, con la costituzione dell’Associazione dei parenti delle vittime della finale di Coppa dei Campioni ’85 Juventus-Liverpool. "Oggi più che mai - conclude Donella Mattesini - occorre vigilare affinché lo sport sia veicolo di valori sani e modello di vita per le nuove generazioni, mettendo in campo tutte le sinergie tra istituzioni, associazioni e società sportive, sull’esempio di una grande bandiera e lavorando concretamente affinché gli appuntamenti sportivi non siano più teatri di scontri barbari, ma tornino ad essere un momento di gioia e di condivisione. Alla famiglia di Otello le mie personali e sentite condoglianze e l’auspicio che il ricordo di questo grande uomo possa vivere a lungo in ciascuno di noi". Fonte: Arezzonotizie.it © 12 maggio 2014 (Testo © Fotografia)

Heysel: morto ex n.1 comitato vittime

Scomparso Lorentini, da presidente dedicò vita a ricerca verità

AREZZO, 11 MAG - Si è spento nella sua casa di Arezzo, ad 89 anni, Otello Lorentini, per anni presidente dell'associazione dei familiari delle vittime dell'Heysel: suo figlio Roberto, medico 31enne, fu tra i 32 italiani che persero la vita nello stadio belga il 29 maggio 1985, mentre cercava di soccorrere una persona a terra e per questo medaglia d'argento al valor civile. Lorentini aveva dedicato la vita a cercare la verità sulla tragedia, avvenuta in occasione della finale di Coppa Campioni Juve-Liverpool. (Ansa) Fonte: Corrieredellosport.it © 11 maggio 2014 Fotografia: Arezzonotizie.it ©

La Juventus ricorda Otello Lorentini

Il cordoglio della società per la scomparsa del presidente dell'associazione dei familiari delle vittime dell'Heysel.

La Juventus ricorda Otello Lorentini, per anni Presidente dell'associazione dei familiari delle vittime dell'Heysel. Lorentini si è spento questa mattina, all'età di 89 anni nella sua casa di Arezzo. Suo figlio Roberto, perse la vita a Bruxelles il 29 maggio 1985, mentre cercava di soccorrere un altro tifoso e per questo fu insignito della Medaglia d'Argento al Valor Civile. Fonte: Juventus.com © 11 maggio 2014 Fotografie: Associazione Quelli di... Via Filadelfia © Arezzonotizie.it ©

Tifosi bianconeri in lutto, è scomparso Otello

Lorentini, padre del medico eroe dell'Heysel

Ecco le parole di Annamaria Licata, esponente della curva bianconera, tramite la sua pagina Facebook: "Oggi bruttissima notizia da parte di Andrea Lorentini: Otello Lorentini nonno di Andrea e padre di Roberto Lorentini, il medico eroe scomparso all’Heysel, ci ha lasciato. Lui è stato il padre di tutte le vittime, il padre di tutte le battaglie in tribunale contro l’UEFA... e contro i silenzi e l'ignoranza... Il padre di tutti quei tifosi che nel corso del tempo si sono avvicinati alla tragedia, hanno capito quello che è stato e dopo anni di silenzi… hanno iniziato ad alzare la voce, insieme a lui. Di lui ricorderò sempre la sua forza, la sua saggezza e i suoi occhi color mare nel quale ti ci perdevi. Un grande Uomo... che è andato ad arricchire il paradiso di umanità, ma nello stesso tempo, ha svuotato il mondo di un'anima speciale. Che riposi in pace insieme a Roberto e agli altri Angeli dell’Heysel. Il mio abbraccio, e penso anche quello di tutto popolo bianconero, alla famiglia Lorentini ed in particolare Andrea Lorentini. Oggi il mio cuore soffre... e non avete idea di quanto". Fonte: Tuttojuve.com © 11 maggio 2014 Fotografia: Associazione Quelli di... Via Filadelfia ©

 

Strage dell’Heysel: morto l’ex presidente del comitato parenti delle vittime

Si è spento questa mattina nella sua casa di Arezzo, all’età di 89 anni, Otello Lorentini, per anni presidente dell’associazione dei familiari delle vittime dell’Heysel: suo figlio Roberto, medico 31enne, fu tra i 32 italiani che persero la vita nello stadio belga il 29 maggio 1985, mentre cercava di soccorrere una persona a terra e per questo medaglia d’argento al valor civile. Otello Lorentini aveva dedicato la sua vita a cercare la verità sulla tragedia, che portò alla morte di 39 persone in occasione della finale di Champions League di calcio tra Juventus e Liverpool, ottenendo giustizia, alla fine di una lunga battaglia. L’attività per tenere alta la memoria, raccolta dal nipote giornalista sportivo Andrea, punta ancora a sensibilizzare il mondo del calcio a lottare contro la violenza. Fonte: Ansa © 11 maggio 2014 (Testo © Fotografia)

È scomparso Otello Lorentini

Ha dedicato la vita ad ottenere giustizia per la strage dell'Heysel

Si è spento all’età di 89 anni Otello Lorentini, per anni presidente dell’associazione vittime dell’Heysel, padre di Roberto, morto a 31 anni, nella curva Z dello stadio mentre cercava di salvare una persona a terra e per questo medaglia d’argento al valor civile. Otello Lorentini dal maggio 1985 ha passato la sua vita a cercare la verità su quel drammatico episodio ed ottenere, al termine della sua battaglia, giustizia. L’attività per tenere alta la memoria, portata avanti dal nostro collega Andrea, punta ancora a sensibilizzare il mondo del calcio a lottare contro la violenza. Ad Andrea e tutta la sua famiglia sentite condoglianze da tutti i suoi colleghi ed amici. Fonte: Arezzoora.it © 11 maggio 2014 Fotografia: Politicanews.it ©

Arezzo: morto Otello Lorentini, padre di Roberto, una

delle vittime della tragedia allo stadio "Heysel" di 29 anni fa

Da quel giorno, ha combattuto la grande battaglia per eliminare la violenza negli stadi, promuovendo anche l'associazione dei parenti delle vittime.

È morto a 89 anni Otello Lorentini, padre di Roberto, il giovane medico aretino di 31 anni che il 29 maggio 1985 fu una delle vittime della tragedia allo stadio "Heysel" di Bruxelles, prima della finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e Liverpool. Da quel momento, il signor Otello è stato uno dei paladini della battaglia contro la violenza nel calcio e negli stadi era stato un protagonista per quasi trent'anni, in tutta l'ultima fase della sua vita. Fu lui a promuovere l'associazione dei parenti delle vittime (tra loro c'era anche un'altra aretina, la giovane Giusy Conti) e fu lui a diventarne il primo presidente. Nel 1990, ottenne la condanna dell'Uefa per quanto era successo la notte dell'Heysel, quando la disorganizzazione e gli errori avevano contribuito al massacro costato 39 morti, in gran parte tifosi juventini. Al processo di Bruxelles era solo in aula, ma non si era affatto intimidito. Alla famiglia e al nipote Andrea, collega giornalista, le condoglianze della nostra redazione. Fonte: Saturnonotizie.it © 11 maggio 2014 Fotografie: Saturnonotizie.it © Comune di Arezzo © Gazzetta dello Sport ©

 

Marcello Caremani: "Otello Lorentini, bandiera di sport e civiltà"

Il calcio ha perduto una bandiera. Quel calcio, ovviamente, fatto di amore per lo sport, sana passione agonistica, strumento di aggregazione e di benessere fisico.

Otello Lorentini era una bandiera di questo calcio. Lo è stato per 30 anni. Mosso da un immenso dolore e cioè dalla perdita di Roberto, suo unico figlio, allo stadio dell’Heysel, è stato capace di trasformare questo dolore in impegno civile. In primo luogo per ottenere giustizia: fu tra i promotori e il primo Presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime e nel 1990 ottenne la condanna dell’Uefa per come era stata gestita la tragica vicenda della partita Liverpool - Juventus. Dal 1985 fino ai suoi ultimi momenti di vita, si è impegnato contro la violenza negli stadi e nello sport. Lo ha fatto in silenzio e umiltà ma con grande coraggio e determinazione. Ed è stato l’espressione più genuina di ciò che dovrebbe essere il calcio: per chi scende in campo e per chi rimane sugli spalti. Nessuno potrà dimenticare cosa fece suo figlio Roberto che si sacrificò nel tentativo di salvare un bambino ferito. E noi non potremo dimenticare nemmeno suo padre che ci ha dato una grande lezione. Oggi più valida che mai, quando gli stadi e le strade intorno ad esse diventano luogo di guerriglia e simboli di odio. Il mio ricordo va quindi a Roberto che è stato mio amico e collaboratore prezioso e oggi a suo padre Otello con il quale ho condiviso non solo ricordi ma anche profonda amicizia e affetto. Insieme al Sindaco Fanfani, all’Amministrazione comunale e all’intera città siamo vicini alla famiglia alla quale esprimiamo le più profonde condoglianze. In particolare ai nipoti Stefano e Andrea e alla nuora Arianna che è stata al suo fianco fino alla fine. "Un uomo coraggioso impegnato in una battaglia di giustizia": così il presidente Vasai ricorda Otello Lorentini. Il Presidente della Provincia ricorda, con un telegramma alla famiglia, Otello Lorentini e il suo impegno civile: "Con Otello scompare la figura limpida di un uomo coraggioso che ha combattuto una battaglia di giustizia in nome dei veri valori dello sport. In questi anni ho conosciuto e apprezzato la sua limpidezza e la sua grande forza che sono e saranno da esempio per tutti quelli che nel nostro territorio credono in uno sport sano e combattono contro quella violenza negli stadi ancora oggi di tragica attualità". Fonte: Informarezzo.com © 11 maggio 2014 Fotografia: Santa Firmina Calcio ©

Giorno tristissimo, è mancato Otello Lorentini

di Jacopo Diego Azzolini

A molti di voi questo nome non dirà nulla. Invece bisogna assolutamente che sappiate chi è stata questa grande persona, un eroe silenzioso.

Suo figlio Roberto era un medico. Morì quel maledetto 29 maggio del 1985. Era sopravvissuto alla prima carica delle bestie inglesi. Decise però di tornare indietro, per soccorrere un bambino ferito. Venne poi sopraffatto dalla seconda carica degli Hooligans, mentre stava praticando la respirazione artificiale a questo bimbo. All’epoca trentunenne, lasciò una moglie e due figli piccoli. Il padre non si diede pace. Fondò nel 1987 l’associazione "Fra i familiari delle vittime dell’Heysel". È stato il padre di tutte le vittime, il padre di tutte le battaglie in tribunale, colui che si è opposto al silenzio e all’oblio. Grazie al suo immenso contributo, la Uefa venne condannata. Ci volle molto tempo, ma lui ce la fece. Con coraggio, forza e tenacia. Se oggi certe stragi sono fortunatamente solo parte di un tragico passato, il merito è anche suo. Grazie a Otello, molti giovani tifosi si sono avvicinati alla tragedia dell’Heysel, hanno capito che cosa è stata. Col suo immenso contributo, ora quei 39 angeli riposano in pace. Resteranno fissi nella memoria del grande popolo bianconero. Potrà tornare ad abbracciare il suo Roberto, oltre che tutte le altre vittime dell’Heysel. Grazie al suo coraggio e alla sua volontà, adesso non saranno mai più dimenticate. Fonte: Juvenews.net © 11 maggio 2014 Fotografia: Atlantide Audiovisivi ©

 

Si è spento Otello Lorentini, una vita a combattere la violenza negli stadi

Si è spento Otello Lorentini, padre di Roberto, medico aretino tra le 39 vittime dell’Heysel. Da quella drammatica notte, Otello ha portato avanti la battaglia contro la violenza negli stadi.

Il 29 maggio 1985 il figlio Roberto perse la vita. Medico all’ospedale di Arezzo, 31 anni, avrebbe potuto salvarsi, ma cercò di soccorrere un bambino ferito e la seconda carica degli hooligans del Liverpool gli fu fatale. Otello fu tra i promotori dell’associazione dei parenti delle vittime della finale di Coppa dei Campioni ’85 Juventus-Liverpool - tra cui un’altra aretina, Giusy Conti - e ne fu il primo presidente. Ottenne nel 1990 la condanna dell’Uefa per i fatti di Bruxelles e non ha mai smesso di combattere per la causa. Le condoglianze della redazione di Arezzo Notizie ai familiari, tra cui il collega giornalista Andrea Lorentini, nipote di Otello. Il ricordo di Marcello Caremani, assessore del Comune di Arezzo: "Il calcio ha perduto una bandiera. Quel calcio, ovviamente, fatto di amore per lo sport, sana passione agonistica, strumento di aggregazione e di benessere fisico. Otello Lorentini era una bandiera di questo calcio. Lo è stato per 30 anni. Mosso da un immenso dolore e cioè dalla perdita di Roberto, suo unico figlio, allo stadio dell’Heysel, è stato capace di trasformare questo dolore in impegno civile. In primo luogo per ottenere giustizia: fu tra i promotori e il primo Presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime e nel 1990 ottenne la condanna dell’Uefa per come era stata gestita la tragica vicenda della partita Liverpool - Juventus. Dal 1985 fino ai suoi ultimi momenti di vita, si è impegnato contro la violenza negli stadi e nello sport. Lo ha fatto in silenzio e umiltà ma con grande coraggio e determinazione. Ed è stato l’espressione più genuina di ciò che dovrebbe essere il calcio: per chi scende in campo e per chi rimane sugli spalti. Nessuno potrà dimenticare cosa fece suo figlio Roberto che si sacrificò nel tentativo di salvare un bambino ferito. E noi non potremo dimenticare nemmeno suo padre che ci ha dato una grande lezione. Oggi più valida che mai, quando gli stadi e le strade intorno ad esse diventano luogo di guerriglia e simboli di odio. Il mio ricordo va quindi a Roberto che è stato mio amico e collaboratore prezioso e oggi a suo padre Otello con il quale ho condiviso non solo ricordi ma anche profonda amicizia e affetto". Insieme al sindaco Fanfani, all’Amministrazione comunale e all’intera città siamo vicini alla famiglia alla quale esprimiamo le più profonde condoglianze. In particolare ai nipoti Stefano e Andrea e alla nuora Arianna che è stata al suo fianco fino alla fine". Il ricordo di Roberto Vasai, presidente della Provincia. Il Presidente della Provincia ricorda, con un telegramma alla famiglia, Otello Lorentini e il suo impegno civile: con Otello scompare la figura limpida di un uomo coraggioso che ha combattuto una battaglia di giustizia in nome dei veri valori dello sport. In questi anni ho conosciuto e apprezzato la sua limpidezza e la sua grande forza, che sono e saranno da esempio per tutti quelli che nel nostro territorio credono in uno sport sano e combattono contro quella violenza negli stadi ancora oggi di tragica attualità. Fonte: Arezzonotizie.it © 11 maggio 2014 (Testo © Fotografia)

 

GRAZIE OTELLO

di Francesco Caremani

È morto di maggio Otello, come il suo Roberto, come altri trentotto insieme a lui, nella notte che ha cambiato per sempre il calcio mondiale. È morto tra le braccia di suo nipote Stefano, a 89 anni, l’uomo che, insieme all’avvocato italobelga Daniel Vedovatto, ha sconfitto l’Uefa (sentenza storica che ha fatto giurisprudenza) nelle vesti di presidente dell’"Associazione tra le famiglie delle vittime di Bruxelles", dove il 29 maggio 1985, allo stadio Heysel, prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool morirono 39 persone, di cui 32 italiani, per colpa degli hooligans inglesi, delle autorità politiche e sportive belghe e dell’Uefa. È morto nel giorno del compleanno del nipote Andrea per una crisi cardiaca che è stata fatale, viste le sue condizioni di salute. Stefano e Andrea, i due nipoti orfani che lui ha cresciuto come un padre. Otello, infatti, all’Heysel perse l’unico figlio Roberto, medico di 31 anni medaglia d’argento al valor civile per essere morto tentando di salvare un connazionale, molto probabilmente la vittima più piccola: l’undicenne Andrea Casula. Da quel momento, come ha scritto in un comunicato il Comune di Arezzo, esprimendo il proprio cordoglio per la scomparsa di un grande aretino, ha trasformato il proprio dolore in battaglia civile. Prima creando l’Associazione, poi citando l’Uefa direttamente nel processo quando in primo grado in Belgio erano stati tutti assolti, infine sconfiggendola e rendendola responsabile delle manifestazioni che organizzava e organizza. Tutto questo perché non si dava pace e perché non poteva accettare di avere perso un figlio per una partita di calcio. Otello, oltretutto, era tifoso della Fiorentina, ma andava sempre con Roberto a vedere la Juventus nelle finali di coppa per amore verso il figlio e per il gusto del viaggio. Dall’ultimo è tornato solo, ma con dentro tanta di quella forza e dignità che hanno prevalso sul dolore, riuscendo anche a stracciare quel velo di omertà che in Italia e in Europa, dalla Figc alla Lega, dalla Juventus (molto meno in questi ultimi anni, per merito di Andrea Agnelli) all’Uefa, ha sempre tentato di far dimenticare quello che era accaduto all’Heysel il 29 maggio 1985. Per merito di Otello Lorentini oggi quella data viene continuamente ricordata e reso omaggio ai 39 morti che grazie a questo piccolo, grande, uomo hanno ottenuto giustizia e la dignità di una memoria compiuta. Non lo dimenticate mai, perché ognuno di noi, qualunque sia la sua fede calcistica, deve almeno un pensiero a Otello. Fonte: Francesco Caremani © 11 maggio 2014 (Pagina Facebook) Fotografia: Francesco Caremani ©

 

"Lui è stato il padre di tutte le vittime, il padre di tutte le battaglie in tribunale contro l’UEFA… E contro i silenzi e l'ignoranza... Il padre di tutti quei tifosi, che nel corso del tempo si sono avvicinati alla tragedia… Hanno capito quello che è stato e dopo anni di silenzi… Hanno iniziato ad alzare la voce, insieme a lui. Di lui ricorderò sempre la sua forza, la sua saggezza e i suoi occhi color mare nel quale ti ci perdevi. Un grande Uomo... Che è andato ad arricchire il paradiso di umanità, ma nello stesso tempo, ha svuotato il mondo di un'anima speciale". Fonte: Annamaria Licata © 11 maggio 2014 (Pagina Facebook) Video: Teletruria.it ©

"A volte il destino sa mischiare il dolce con l'amaro. Te ne sei andato proprio il giorno del mio compleanno, Mi hai preso per mano bambino, mi lasci uomo. Un faro, una luce in questi 32 anni. Mi hai insegnato che nella vita ci sono le cose facili e quelle giuste. E bisogna sempre stare dalla parte delle seconde. Sei stato quel padre che la follia umana mi ha strappato troppo presto. Da oggi lotterò con ancora più determinazione per portare avanti i valori per i quali hai speso la tua esistenza da quel maledetto 29 maggio. Sei un orgoglio per la nostra famiglia e per la città di Arezzo. Buon viaggio Lello. Salutami il babbo e la nonna". Fonte: Andrea Lorentini © 11 maggio 2014 (Pagina Facebook) Fotografie: Teletruria.it © Arezzonotizie.it © La Nazione ©

Lorentini amaro "Negli stadi ancora morti"

di Marina Salvetti

Il presidente dell’Associazione perse il figlio di 31 anni. "Ho combattuto perché ci fosse giustizia. Sei anni di udienze: molti sono finiti in galera, troppi se la sono cavata".

Otello Lorentini ha 86 anni e un cuore malconcio. "Non mi regge perché mi chiamano in tanti in questi giorni per sapere e ricordare, ma ritornare indietro diventa molto difficile alla mia età". Soprattutto quando il ricordo privato diventa commemorazione pubblica e tornare indietro a quel tragico mercoledì 29 maggio 1985 significa far affiorare scene che si vuole accantonare nella memoria. All’Heysel ha perso il figlio Roberto: aveva 31 anni, faceva il medico, era sposato e papà di Andrea e Stefano, di 3 e un anno e mezzo. "Eravamo accanto, io e Roberto, ma ci siamo persi in mezzo alla bolgia, sono caduto a terra, una transenna ha evitato che mi calpestassero, poi sono finito sul campo ". Minuti carichi di tensione. "Con noi c’erano anche due nipoti, li ho incrociati a metà scalinata, mentre stavo tornando indietro. Mi hanno detto che Roberto stava poco bene, invece era già morto". Morto mentre stava soccorrendo un altro tifoso ed è per questo che la presidenza della Repubblica gli ha conferito la medaglia d’argento al valor civile. BATTAGLIA - Da quel giorno Otello Lorentini ha portato avanti la sua personale battaglia affinché i morti dell’Heysel non venissero dimenticati e affinché fosse resa giustizia. "Il processo è durato sei lunghissimi anni. Ho seguito le udienze passo dopo passo, due, tre volte al mese andavo a Bruxelles con gli avvocati. Ho fatto tutto questo non tanto per ottenere il risarcimento, anche se è stato giusto che ci venissero dati quei pochi soldi visto che non volevano neppure pagare, ma perché i colpevoli venissero inchiodati alle loro responsabilità. E alla fine posso dire che giustizia è stata fatta: abbiamo sconfitto l’Uefa, le autorità belghe, le forze dell’ordine e tifosi del Liverpool, abbiamo fatto giurisprudenza, in molti sono finiti in galera, tanti altri però se la sono cavata". ASSOCIAZIONE - Lorentini ha anche fondato l’Associazione familiari vittime dell’Heysel. "Ormai ne sento pochi di parenti, di alcuni non so proprio più nulla. Beh, il tempo passa, la vita continua, ognuno col proprio dolore. Abbiamo fatto un percorso comune, che è finito, adesso continua quello privato". Venticinque anni dopo però Lorentini è rassegnato: neppure la tragedia dell’Heysel ha cambiato la testa della gente. "Nonostante 39 morti gli stadi continuano a essere pieni di menefreghisti. E si continua a morire". COMMEMORAZIONE - Oggi però Otello non sarà a Torino per la commemorazione. "Ho ricevuto l’invito di Andrea Agnelli, ma qui ad Arezzo c’è la messa e poi il memorial". Starà con la nuora Arianna, che aveva 27 anni all’epoca, i nipoti Andrea e Stefano, ormai cresciuti e diventati uomini senza un papà. "Gli abbiamo raccontato i fatti e, soltanto quando ce l’hanno chiesto loro, li abbiamo portati al cimitero: volevano vedere il loro babbo". Morto in un giorno che avrebbe dovuto essere di festa, a rincorrere i sogni di un trionfo bianconero. Fonte: Tuttosport © 29 maggio 2010 Fotografia: La Nazione ©

 

HEYSEL - Oggi ricorrono i 25 anni dalla strage di Bruxelles. In ricordo di Roberto e Giusy

Andrea Agnelli scrive a Lorentini

AREZZO - Venticinque anni e un dolore che non si cancella. Il 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, muoiono 39 tifosi bianconeri. Muoiono nel settore Z, schiacciati e soffocati dalla calca, sotto i colpi degli hooligans inglesi instupiditi dall'alcool, con la connivenza decisiva delle autorità belghe, della polizia locale e dell'Uefa, incapaci di prevedere e d'intervenire. La città di Arezzo ha pagato un altissimo tributo a quella maledetta serata. All’Heysel persero la vita la studentessa Giuseppina Conti e il dottor Roberto Lorentini. Quest'ultimo è stato insignito della medaglia d'argento al valor civile perché fu travolto mentre, in qualità di medico, stava prestando soccorso ai feriti sugli spalti. Da Arezzo è partita la battaglia per ottenere giustizia e tenere viva la memoria su quella strage. Otello Lorentini, padre di Roberto, ha, prima fondato l'associazione dei familiari delle vittime, e poi dato vita al Comitato permanente contro la violenza nello sport "R. Lorentini - G. Conti". La battaglia giudiziaria, durata 6 anni e mezzo, si è conclusa con la condanna dell'Uefa riconosciuta responsabile, insieme alla autorità belghe. Nel 2005, nella ricorrenza del ventennale, Arezzo ha ospitato la partita amichevole tra le formazioni primavera di Juventus e Liverpool. Un evento dal profondo significato simbolico rivolto alle nuove generazioni per non dimenticare e non ripetere mai più. Nel 2007 è stato intitolato a Roberto Lorentini il piazzale antistante lo stadio e a Giuseppina Conti quello antistante il palasport a Le Caselle. In occasione del 25° anniversario il neo presidente della Juventus Andrea Agnelli ha scritto ad Otello Lorentini. "L'impegno del Suo comitato - si legge nella lettera - è una testimonianza importante per coloro che intendono alimentare una memoria che è parte costitutiva della nostra identità, di uomini e di juventini. Oggi quella memoria - prosegue il numero uno bianconero - ci unisce in un dolore che è anche speranza; perché dal sacrificio di quelle 33 vittime dobbiamo trovare la forza per far crescere un'idea di calcio lontana da ogni forma di violenza. La Juventus - conclude la missiva - continuerà ad essere vicina al Suo comitato e La ringrazia per la dedizione che, siamo certi, non verrà mai meno". Fonte: La Nazione © 29 maggio 2010 Fotografia: Tuttosport.com ©

Heysel, ex hooligan incontra padre della vittima

AREZZO - Vent'anni dopo, l'ex hooligan tifoso del Liverpool, Terry Wilson, ha chiesto perdono per quello che ha fatto al padre e al figlio di una delle vittime dell'Heysel, Otello e Andrea Lorentini. Molto scossi per l'incontro, i due non sono parsi ancora pronti a perdonare per la perdita di Roberto, 33 anni, quella tragica sera. È stato il quotidiano francese L'Equipe a organizzare, ad Arezzo, l'incontro fra i familiari della vittima e l'ex hooligan che fu condannato a cinque anni di carcere anche se ha scontato soltanto 10 mesi in tutto. Terry Wilson, 38 anni, nel viaggio aereo, aveva persino imparato a dire in italiano "Sono qui per chiedere perdono". Poi, di fronte a Otello (81 anni) e Andrea (23), ha ripetuto soltanto "I'm sorry, I'm sorry, I'm so sorry…". Con traduzione simultanea del giovane Andrea. Otello chiede al nipote di dire in inglese a Terry: "Ho visto i tuoi amici tirare fuori oggetti dalle tasche dei morti". "Vi chiedo ancora perdono - ripete Terry - ammetto di aver dato pugni, calci, che hanno indirettamente provocato la morte di vostro figlio e di altre vittime. Ma l'ho capito soltanto qualche ora dopo, sul traghetto di ritorno, quando le televisioni a bordo hanno mostrato le immagini dei cadaveri. Allo stadio non ho visto nemmeno un corpo. Dopo le cariche sono tornato nel settore Y riservato agli inglesi, e ho aspettato l'inizio della partita. È orribile a dirsi, ma eravamo anche impazienti, non avevamo capito l'ampiezza della catastrofe. Fonte: Quotidiano Nazionale © 5 aprile 2005 Fotografie: Youtube © GETTY IMAGES (Not for Commercial Use) ©

 

Ma io voglio un'amichevole per le vittime

di Maurizio Crosetti

LIVERPOOL - Il signor Otello Lorentini ha passato vent' anni a battersi e un pomeriggio a rispondere al telefono. "Sono distrutto". All'Heysel perse il figlio Roberto, medico, che poteva salvarsi e invece tornò indietro per aiutare gli altri e morì. "Ho sentito della partita tra i tifosi, dei braccialetti e dello striscione. Un vecchio di ottant'anni può dire parolacce ? Sì ? Allora vi rispondo che sono cazzate. Della partita non m' importa nulla e non la guarderò, io voglio organizzare un'amichevole tra Juventus e Liverpool entro la fine dell'anno, per celebrare i vent' anni di Bruxelles. Lo voglio fare per i morti, non per i vivi, per i morti e non per i tifosi, è chiaro ? "Come presidente dell'associazione dei parenti delle vittime, Lorentini è andato a sbattere contro vent' anni di silenzio. "Mai riuscito a parlare con nessuno della Juve o del Liverpool, la verità sembra far paura a tutti. Adesso mi dicono che in Inghilterra si sta considerando la nostra proposta, ho ricevuto una lettera, vedremo. Ho appena incontrato un hooligan pentito, è venuto a trovarmi ad Arezzo dall'Inghilterra, si chiama Terry Wilson. Mi ha detto di essersi fatto la prigione e di avere picchiato, quella sera, senza però uccidere nessuno. L'ho corretto, dicendogli che se aveva buttato giù la rete, allora era stata colpa anche sua. Ha risposto sì, ha chiesto perdono e io gli ho detto che non sono ancora pronto a perdonare. Ma almeno lui ha chiesto scusa e mi è sembrato sincero, a differenza di altri, anche se io non odio nessuno". Vent' anni senza un figlio che quando morì ne aveva due, piccoli. "Così, perdendo Roberto, di figli ne ho avuti in cambio tre invece che uno: i miei nipoti e mia nuora. Li ho allevati meglio che ho potuto, oggi Andrea ha 23 anni e si è appena laureato, mentre Stefano ne ha 21 e va all'Università. Senza di loro non sarei mai arrivato ai miei ottant'anni, dove avrei trovato la forza ? I ragazzi sono cresciuti serenamente, io ci ho messo passione". Fonte: La Repubblica © 5 aprile 2005 Fotografia: Comitato Heysel Reggio Emilia ©

Liverpool-Juve, le scuse dell'hooligan 20 anni dopo l'Heysel

Domani "reds" e bianconeri di fronte per i quarti di Champions

di Francesco Caremani

Terry Wilson, è lui l'ex hooligan, sempre tifoso del Liverpool, sceso sino ad Arezzo per chiedere scusa a Otello Lorentini, per il figlio Roberto e per le altre 38 vittime dell'Heysel. Si sono incontrati sabato pomeriggio all'AC Hotel, dove l'ha portato Jean-Philippe Leclaire, giornalista de L'Equipe, che li ha messi in contatto. Un incontro registrato e fotografato che diventerà giornalismo ed è già storia, perché è la prima volta che accade e perché nessuno, tantomeno Otello, si sarebbe aspettato una cosa del genere alla vigilia di Liverpool-Juventus, quarto di finale di Champions League. Terry è venuto "To say sorry" e lo ripete all'infinito, quasi per convincere e per convincersi di quello che sta facendo, a nome suo e di tante altre persone di Liverpool, con cui ha parlato prima di partire per l'Italia. Occhi azzurri, capelli biondi, sguardo imbarazzato, camicia d'ordinanza. Otello si è fatto accompagnare da Andrea, primogenito di Roberto, anche lui ha uno sguardo diverso dal solito, meno disteso e meno sicuro, si aggrappa ai ricordi, sempre lucidissimi, e al dolore, sempre forte, per la perdita dell'unico figlio. Si percepisce un po' di tensione, ed è Otello ha spezzare il ghiaccio: "Io non sono ancora pronto a perdonare, ma non odio nessuno". Andrea e Jean-Philippe traducono, Otello e Terry parlano, si guardano. Il primo inizialmente ascolta, il secondo spiega la sua versione dei fatti, all'epoca aveva 19 anni. È la versione inglese dei fatti, la versione assolutoria, la versione che vuol rendere meno amara una vergogna nazionale. Ma Otello prende carta e penna e non gli dà scampo, disegna, spiega, rimette le cose a posto, come dovrebbero essere sempre state. La versione vera è una sola, quella di Otello, quella dell'Associazione delle vittime, sancita da un processo vittorioso e raccontata nell'unico libro scritto in tutti questi anni. Terry annuisce e ripete "To say sorry". Otello ha capito lo sforzo e gli dice "Non perdonerò mai chi non chiede scusa, a te, forse domani, forse un giorno, ti perdonerò". Terry sarà all'Anfield Road martedì sera per assistere a Liverpool-Juventus e ha anche un altro incarico, deve chiedere cosa Otello vorrebbe veder scritto in un vessillo che la Kop isserà prima del match: "I nomi delle vittime, solo quello", sussurra ad Andrea che deve tradurre. Comunque ha ancora tempo per pensarci, si risentiranno. Non dimenticando l'idea dell'amichevole da giocare ad Arezzo tra Juventus e Liverpool. Terry ha un amico in società e farà di tutto per perorare la causa, anche lui capisce che la volontà di Otello è quella di mettere un punto all'Heysel e lo vuol fare ad Arezzo, dove nacque l'Associazione e dove si piangono, ancora oggi, due vittime. Tutti hanno capito che si tratta di due momenti diversi, da una parte il quarto di Champions, dall'altra l'amichevole, magari precampionato. È con questo spirito che tutti possono guardare alla sfida di domani tra due squadre che si ritrovano sul campo a venti anni dalla tragedia di Bruxelles. Quello sarà un match vero, agonistico, giocato tra ragazzi che all'epoca avevano 10-15 primavere. Da una parte Fabio Capello dall'altra Rafa Benitez, nel mezzo una partita di calcio che avrà una cornice carica d'emozione, un'emozione forte e lontana, forte perché mai esternata prima, lontana perché quasi nessuno dei protagonisti di allora sarà presente. "You'll never walk alone", non camminerete mai soli, dice un vecchio coro dei tifosi del Liverpool, forse lo canteranno per le vittime che, scherzi del destino, hanno camminato sole, per vent'anni nel limbo della memoria collettiva. Fonte: L'Unità © 4 aprile 2005 Fotografia: Youtube ©

L'hooligan pentito è venuto a chiedere scusa

di Giulia Zonca

Uno dei giovani che 20 anni fa provocarono gli scontri mortali incontra Otello Lorentini, Presidente dell'Associazione Vittime dell'Heysel. "Il rimorso per quei morti bastava. Poi è nato il bisogno di incontrare questa persona".

Nessuno ha mai chiesto scusa, 20 anni è niente che somigliasse a del vero rammarico per 39 vite perse. L'Heysel, non è stato né dimenticato, né ricordato, è stato messo via con vergogna e imbarazzo. Un giornalista francese dell'Equipe, Jean-Philippe Leclaire, ha messo insieme un libro che esce in questi giorni, più racconto che inchiesta, su quella notte del 1985. Raccogliendo brandelli di ricordi ha incontrato Terry Wilson, un ex hooligan che in quel massacro stava innegabilmente dalla parte dei cattivi. A stabilirlo è stato un tribunale, Wilson è stato condannato a 5 anni, era uno dei 14 "tifosi" del Liverpool ritenuti colpevoli sui 26 arrestati. Ha scontato solo 9 mesi, ma la sua vita è cambiata, stravolta dal senso di colpa. Ora ha 38 anni, ha i capelli biondi corti e l'aria di uno che non è riuscito a crescere sereno. A guardarlo è difficile dargli un'età, come se il tempo si fosse solo accumulato senza essere vissuto e la sua faccia fosse rimasta molto simile a quella da adolescente che aveva quella notte. La faccia di uno che non è mai riuscito ad andare oltre i suoi errori. Dice che solo Dio lo ha aiutato a gestire quel peso sulla coscienza, dice che non riesce nemmeno a descrivere quello che ha fatto, ma grazie a un cacciatore di memorie ha trovato il modo di chiedere scusa. Sabato è partito per l'Italia e ieri ha incontrato Otello Lorentini, presidente dell'associazione vittime dell'Heysel e padre di Roberto, morto nel settore Z mentre cercava di prestare soccorso a un ragazzo che non riusciva a respirare. Leclaire ha chiesto a Lorentini se era in grado di perdonare e lui ha risposto: "Nessuno mi ha mai chiesto perdono". Ieri Terry Wilson ci ha provato. Se lo abbia ricevuto è un'altra questione. Lorentini non vuole parlarne: "Pazzesco, in 20 anni non mi ha mai cercato nessuno e ora provate a spremermi anche emozioni che non sono ancora in grado di definire. È tutto perché c'è una partita di Champions League. No, per ora è un fatto privato. Questo ragazzo è venuto qui e gli ho parlato, ma è qualcosa di troppo forte perché io possa raccontarlo subito. È stata una conversazione intensa e io ho bisogno di qualche giorno per elaborarla". Wilson, dopo due decenni, ha capito quello che il senso di colpa non poteva spiegargli: "Queste persone stanno ancora soffrendo, in un modo che non mi sarei mai potuto immaginare, quando mi hanno raccontato la storia di Lorentini mi sono reso conto di come quella tragedia fosse ancora viva", lo confessa al sito del Liverpool dove spiega perché ha deciso di affrontare un viaggio a ritroso che lo avrebbe riportato davanti a ciò che ha provato a rimuovere per tutto questo tempo. "Non ho cercato di dare un nome e una storia a quei morti, il numero mi bastava, era un rimorso fin troppo grande da portarsi dietro. Quando qualcun altro mi ha costretto a guardare dentro una vita vera, ho sentito il bisogno di incontrare questa persona. So che per quante scuse io possa chiedere non servirà a molto, ma muovermi, andare a casa Lorentini mi sembrava un modo di avvicinarci alla riconciliazione, a un senso di pace che fino a qui non abbiamo davvero cercato. Non abbiamo neppure pensato fosse possibile". Non è un destino singolo, i tifosi del Liverpool presenti in quello stadio, ma anche chi non c'era e che ha dovuto gestire quell'imbarazzo, quel senso di responsabilità non diretta, non ha mai fatto i conti con l'Heysel. Da qualsiasi parte si arrivi ad Anfield si è investiti dal ricordo di Hillsborough (lo stadio di Sheffield dove nel 1989 morirono 96 tifosi del Liverpool schiacciati dalla folla che era più del doppio della capienza limite). C'è un memorial, un braciere sempre acceso, un monumento di marmo con il nome di chi perse la vita in quel disastro ed è impossibile non sbattere contro uno di questi simboli. Le tracce dell'Heysel sono confinate nel museo del club e solo in questi giorni gli inglesi, che hanno scacciato i violenti ma non i fantasmi, provano a tirarle fuori. Fonte: La Stampa © 4 aprile 2005 Fotografie: Youtube © Teletruria © 

 

"Dopo la tragedia, l'indifferenza di tutti"

di Marco Ansaldo

L'inutile processo durò sei anni e mezzo. Otello Lorentini perse il figlio e ancora oggi lotta perché nessuno dimentichi. I parenti delle vittime: pochi soldi per scaricarsi le coscienze e nessun aiuto concreto.

Da quel fatto impararono solo gli inglesi. La Thatcher prese dalle morti dell'Heysel il coraggio di imporre quanto nessun governo italiano ha voluto fare contro la violenza nel calcio: così loro oggi hanno gli stadi sicuri mentre da noi rimane la paura di portare alla partita i propri bambini". Otello Lorentini ha 80 anni e il 29 maggio 1985 all'Heysel perse il figlio. Roberto era un medico. Quel giorno il postino aveva recapito a casa sua la raccomandata con cui lo avvisavano dell'assunzione all'ospedale di Arezzo. Ma, a sera, Roberto Lorentini giaceva cadavere nella Morgue di Bruxelles, ucciso dalla folla che lo calpestava mentre, da medico, praticava la respirazione bocca a bocca a un bambino travolto e in fin di vita. Per quel gesto gli hanno riconosciuto la medaglia d'argento al valor civile, non quella d'oro, però, perché altrimenti avrebbero dovuto concedere un vitalizio alla famiglia. È una piccineria tra le tante che hanno accompagnato i sopravvissuti. Com'è la storia di Carla, caduta in coma mentre suo padre moriva nella calca. La assunsero come cassiera in un supermercato. Compariva sui giornali, era una pubblicità buona, anzi buonista. Qualche mese dopo, svanito l'effetto Heysel, la licenziarono. "Sono stati anni di lotta - racconta il signor Otello, che diventò il presidente e l'anima dell'Associazione tra i parenti delle vittime dell'Heysel. Chiedevamo giustizia ma la nostra era una voce scomoda. Noi, le famiglie di 32 vittime, andavamo contro istituzioni intoccabili: l'Uefa, il governo belga, la polizia di Bruxelles. Aiuti ? Dallo Stato poco, dalla Juventus ancora meno. Davamo fastidio alle loro coscienze, ci sgusciavano via". Si è perso il conto delle volte in cui Lorentini si scontrò con Boniperti. "Quelle morti si sono ripercosse sui vivi - racconta Francesco Caremani, l'autore del documentatissimo "Le verità sull'Heysel, cronaca di una tragedia annunciata". Alcune famiglie sono andate in rovina. Di sensibilità, dopo l'impatto iniziale, se ne vide poca. Nei parenti delle vittime è rimasta quella frase detta dalla Juve dopo la conquista della Coppa Intercontinentale, "abbiamo messo una pietra sopra all'Heysel". Otello rispose che l'unica pietra stava sulla tomba di suo figlio. La lotta per ottenere giustizia è stata lunga. Sono serviti tre gradi di giudizio, dopo la prima sentenza che assolveva tutti, tranne 14 hooligans condannati a tre anni, di cui la metà condonati e che non trascorsero in galera un giorno in più di quelli successivi all'arresto. Dopo sei anni e mezzo, nell'ottobre '91, grazie all'ostinazione di Lorentini e di un avvocato italo-belga, Daniel Vedovatto, furono condannati anche gli uomini delle istituzioni. Pochi e a poco. Nove mesi al capo della polizia, il capitano Mahieu, 6 mesi al presidente della federazione belga, Roosents, 3 mesi e 30 mila franchi al segretario Uefa, Bangeeter. Tutti liberi con la condizionale. Gli intoccabili veri se la cavarono senza tracce sulla fedina penale. "Non ci importava vedere la gente in galera - racconta Lorentini - ma il riconoscimento di una responsabilità perché nel futuro le cose non fossero fatte con tanta leggerezza". E i risarcimenti ? Qualcosa è arrivato. Somme spesso ridicole. Quindici milioni di lire da dividere tra i famigliari di Giusy Conti, pure lei aretina, fino a mezzo miliardo a chi aveva perso un padre o un marito con un alto livello di reddito perché pure di fronte alla morte non siamo tutti uguali. Dallo Stato belga arrivarono rimborsi vergognosi: mille, duemila lire. Otello Lorentini continua la sua lotta. Ha fondato un comitato, insieme alla famiglia Conti, per diffondere nelle scuole e tra i giovani il concetto di antiviolenza nello sport. In questi giorni è a Bruxelles con i nipoti, i figli di Roberto, per registrare uno speciale per Sky e ha già inviato alla Uefa, alla Juve e al Liverpool la richiesta per organizzare ai primi di giugno, ad Arezzo, la partita della memoria a 20 anni dall'Heysel. Scommettiamo che aspetterà a lungo una risposta ? Fonte: La Stampa © 19 marzo 2005  Video: Teletruria ©

Ancora Heysel, che vergogna

di Maurizio Crosetti

TORINO - All'Heysel, Otello Lorentini perse un figlio di trent' anni, Roberto. Faceva il medico, poteva salvarsi, era già sul prato, tornò indietro per soccorrere un bambino, venne travolto. Otello ha 76 anni: dieci li ha trascorsi in tribunale per chiedere giustizia, poi ha fondato l'associazione dei parenti delle vittime diventata comitato permanente contro la violenza. Oggi ha una parola sola: "Vergogna". La ripeterà ai ragazzi delle scuole in cui continua ad andare, per raccontare. Perché la memoria resista. "Una vergogna non solo l'eventualità di giocare contro gli inglesi all'Heysel, ma il fatto stesso che quello stadio esista. L'hanno ripulito, modificato, ma sarebbe stato più giusto lasciarlo com' era, una specie di monumento ai caduti, e non usarlo mai più. L'Uefa vuole solo dimenticare, hanno persino messo una musichetta in sottofondo quando gli azzurri hanno portato i fiori sotto la curva. Sappiano che in quella curva c'è ancora il sangue, e che il nostro dolore e la nostra rabbia sono più vivi che mai. Là non si deve giocare. Sono contento che Platini abbia detto che non tornerà mai più all'Heysel: la memoria pretende rispetto. La nostra ferita non potrà mai chiudersi, però non è questa la sofferenza più profonda. Io sto male quando penso che Roberto e gli altri 38 sono morti per nulla, e che nessuno ha capito"...TORINO - All'Heysel, Otello Lorentini perse un figlio di trent' anni, Roberto. Faceva il medico, poteva salvarsi, era già sul prato, tornò indietro per soccorrere un bambino, venne travolto. Otello ha 76 anni: dieci li ha trascorsi in tribunale per chiedere giustizia, poi ha fondato l'associazione dei parenti delle vittime diventata comitato permanente contro la violenza. Oggi ha una parola sola: "Vergogna". La ripeterà ai ragazzi delle scuole in cui continua ad andare, per raccontare. Perché la memoria resista. "Una vergogna non solo l'eventualità di giocare contro gli inglesi all'Heysel, ma il fatto stesso che quello stadio esista. L'hanno ripulito, modificato, ma sarebbe stato più giusto lasciarlo com' era, una specie di monumento ai caduti, e non usarlo mai più. L'Uefa vuole solo dimenticare, hanno persino messo una musichetta in sottofondo quando gli azzurri hanno portato i fiori sotto la curva. Sappiano che in quella curva c'è ancora il sangue, e che il nostro dolore e la nostra rabbia sono più vivi che mai. Là non si deve giocare. Sono contento che Platini abbia detto che non tornerà mai più all'Heysel: la memoria pretende rispetto. La nostra ferita non potrà mai chiudersi, però non è questa la sofferenza più profonda. Io sto male quando penso che Roberto e gli altri 38 sono morti per nulla, e che nessuno ha capito...". Fonte: La Repubblica © 19 giugno 2000 Fotografia: GETTY IMAGES (Not for Commercial Use) ©

L’intervista

A nove anni dalla tragedia il padre di una delle vittime si racconta

Allo stadio Heysel ho visto morire mio figlio

di Ilario Dell’Orto

Mercoledì 29 maggio 1985: la tragedia dell’Heysel. In quel pomeriggio, a Bruxelles, poco prima dell’inizio della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e il Liverpool morirono 39 persone e più di cento rimasero ferite. La causa fu un lampo di follia: un gruppo di tifosi inglesi cercò di assalire i sostenitori italiani all'interno dello stadio. La televisione documentò l’accaduto, in una drammatica diretta. Tra le vittime di quel giorno c’era anche Roberto Lorentini, partito per il Belgio con il padre Otello convinto di andare a vedere nient'altro che una partita di calcio. Roberto morì, ma da quel giorno, Otello Lorentini ha cercato di superare il dolore della scomparsa del figlio con l'impegno civile, contro la violenza nello sport e oggi vive con i nipoti Stefanino e Andrea di 11 e 12 anni, figli di Roberto. Entrambi giocano in una squadra giovanile e il nonno li accompagna agli allenamenti.

Signor Lorentini, a quasi dieci anni dalla morte di suo figlio, continua la sua battaglia contro la violenza ?

"Sì, anche se qualcosa è cambiato. Prima avevamo istituito l’Associazione vittime dell’Heysel, che ora non esiste più: fu sciolta nel momento in cui ci venne liquidato il danno da Bruxelles. Ma oggi, ci riconosciamo nel "Comitato permanente contro la violenza nello sport", che già era nato ad Arezzo a nome di mio figlio e dell’altra vittima aretina, Giuseppina Conti. Ora, tutto quello che facciamo, lo facciamo sotto l’egida di questo comitato. Abbiamo fatto convegni, e iniziative anche su temi non strettamente legati alla violenza nello sport, come sulla droga. E con molta probabilità organizzeremo, in vista del prossimo 29 maggio (10° anniversario della tragedia) una iniziativa particolare".

Dopo i fatti dell’Heysel è mai più tornato in uno stadio ?

"No, solo quando accompagno i miei nipoti, che giocano in una squadra giovanile. Seguo il calcio alla televisione e, quando vedo scene di violenza, penso che non sia cambiato niente rispetto ad allora. Non vorrei ripetermi, ma sono dell’idea che aldilà delle responsabilità delle società di calcio e delle istituzioni la colpa è anche della stupidità della gente che fa queste cose. E sono convinto che non sia stato fatto niente. Lo dicono anche certi fatti: dopo l’Heysel: c’è stato lo Sheffield. E poi, quasi tutte le domeniche, inclusa l’ultima, succede qualche episodio violento".

Questo vuol dire che c’è qualcosa che non funziona. Che cosa, secondo lei ?

"Ho l’impressione che si giochi a scarica barile: nessuno si vuole prendere la colpa sapendo di averne una certa parte. È come la storia del cane che si gira intorno per mangiarsi la coda".

Lei prima parlava di "stupidità della gente".

"Facciamo un discorso più concreto: la famiglia non esiste più e nemmeno l'educazione... Insomma, basta salire su un autobus e vi può capitare di essere mandati a quel paese da un ragazzino a cui si fa un’osservazione. Credo che molti giovani vadano allo stadio, per sfogare quello che non possono fare a casa loro…".

Un degrado generazionale.

"Non voglio fare il puritano, ma da giovane non mi sarei permesso di mandare a quel paese una persona con i capelli bianchi, come sono io oggi".

I suoi nipoti conoscono la vicenda dell'Heysel ?

"Sì, loro sanno tutto. Anche perché spesso si parla di quel fatto, per via del comitato... E i bambini ascoltano e quando meno te l'aspetti fanno le domande. Per esempio, in questi giorni, vedendo in televisione il processo Pacciani mi hanno chiesto: ma lo condanneranno come è successo a Bruxelles, per la storia del babbo ?".

Per loro il calcio non è proibito…

"I miei nipoti, i figli di Roberto, abitavano con me già da allora, quando successe la tragedia. E ho cercato di allevarli nella normalità. Loro ancora oggi parlano del padre come se fosse qui accanto. Credo che siano sereni e non mettono certo in rapporto il gioco del calcio con quello che è accaduto. Poi, non esageriamo, allora avrebbero dovuto odiare gli inglesi...". I miei nipoti, i figli di Roberto, abitavano con me già da allora, quando successe la tragedia. E ho cercato di allevarli nella normalità. Loro ancora oggi parlano del padre come se fosse qui accanto. Credo che siano sereni e non mettono certo in rapporto il gioco del calcio con quello che è accaduto. Poi, non esageriamo, allora avrebbero dovuto odiare gli inglesi...".

E quando i suoi nipoti le chiederanno il permesso di andare allo stadio, che cosa gli risponderà ?

"Non ci sarà nulla di male. Già adesso tifano uno per I'Inter e l’altro per la Fiorentina. Per quel che mi riguarda, ho settanta anni e spero che il Padre eterno mi dia la possibilità di crescerli ancora per un po’. Comunque, in questi anni, grazie anche all’impegno nell’associazione, sono riuscito a sdoppiarmi. Certo, il dolore resta e lo condivido con mia moglie e la mia famiglia, però bisogna anche tirare avanti. Quella sera a Bruxelles mi sono trovato lì con un morto, d’improvviso... Però mi sono rimboccato le maniche e l’ostacolo credo d'averlo superato. Altrimenti non avrei più potuto parlare con chi mi ricordava la morte di mio figlio". Fonte: L’Unità © 29 ottobre 1994 Video: AdM © Fotografie: Atlantide Audiovisivi © La Nazione © Comitato Heysel Reggio Emilia ©

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