Juve-Liverpool 1985: 40 anni
dopo un doc tv ricostruisce
il disastro dell’Heysel
costato la vita a 39 italiani
Il 29 maggio 1985, esattamente quarant’anni fa, 39
tifosi persero la vita nel disastro dell’Heysel,
avvenuto poco prima della finale di Coppa dei Campioni
tra Juventus e Liverpool, allo stadio Heysel di
Bruxelles. In una nuova docuserie in sei episodi, il
regista Jan Verheyen racconta in dettaglio quella
giornata tragica, dalla A alla Z.
UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA - L’euforia
iniziale di una giornata di sole a Bruxelles lasciò
presto spazio al caos: biglietti venduti al mercato
nero, tifosi italiani finiti nel settore “neutro” Z
(destinato ai belgi), uno stadio fatiscente, una
gestione della sicurezza confusa e inefficace, una
polizia permissiva e una gendarmeria troppo cauta, un
sindaco ubriaco (Brouhon), federazioni calcistiche
passive e strumenti di comunicazione obsoleti. Tutti
questi fattori portarono alla tragedia: 39 tifosi, per
lo più italiani, morirono schiacciati mentre cercavano
di fuggire dalla carica dei tifosi del Liverpool.
UNA RICOSTRUZIONE DETTAGLIATA - La
serie Het Heizeldrama, prodotta da Verheyen, è un
mosaico composto da 60 interviste a familiari delle
vittime, giocatori, hooligan, semplici tifosi, dirigenti
di club, funzionari federali, giornalisti, politici e
forze dell’ordine. Le prime due puntate, dedicate alla
giornata stessa della tragedia, risultano le più
toccanti. Secondo Verheyen, “mettendo insieme i ricordi
frammentari si ottiene comunque un’immagine chiara”.
LA PARTITA GIOCATA “PER EVITARE
ALTRI MORTI” - Contrariamente a quanto si è spesso
detto, la decisione di far disputare comunque la partita
non fu tanto un affronto alle vittime quanto un
tentativo di evitare ulteriori morti. “Se le due
tifoserie fossero state evacuate insieme e senza
preparazione, ci sarebbero state altre vittime”,
sostiene Verheyen. La partita fu quindi un espediente
per guadagnare tempo e consentire l’intervento delle
forze dell’ordine.
Intervista a Jean-Philippe
Leclaire, autore della docuserie finora inedita in
Italia
Heysel, rimozione di una strage
"Sembra distante come Waterloo"
di Francesco Caremani
Una nonna italiana, l'amore per il
calcio, l'ammirazione per Michel Platini e per il
Liverpool, il tifo per il Saint-Étienne. Nel
quarantesimo anniversario della strage dell'Heysel
sembrano elementi da corto circuito, ma non per
Jean-Philippe Leclaire, giornalista freelance, regista,
scrittore e sceneggiatore, ex vice direttore de
L'Équipe. È l'autore della serie televisiva La Tragédie
du Heysel, un lavoro esaustivo sulla memoria di quello
che è accaduto il 29 maggio del 1985, 39 morti prima
della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool.
Un documentario a lungo non distribuito in Italia e
finalmente da oggi su Sky.
Cosa ricorda di quella sera ?
"Avevo diciotto anni e ricordo
tutto. Volevo vedere la finale tra Juventus e Liverpool
perché giocava Michel Platini. Era stato al
Saint-Étienne per tre stagioni, mia nonna era di
Villafranca, vicino Verona, quindi si era creata una
connessione speciale tanto che ero stato a vedere la
Juve a Torino con mio padre e mio fratello. Ma
apprezzavo anche il Liverpool, la sua storia, la sua
tradizione, i canti dei suoi tifosi. Una squadra contro
la quale il Saint-Étienne aveva perso uno storico quarto
di finale di Coppa dei Campioni nel 1977, dopo essere
stato battuto in finale l'anno prima dal Bayern. Mi
piacevano il calcio inglese e quello italiano, ricordo
bene il commento della televisione francese. Quella
tragedia è stato un grande trauma per me, come se i miei
amici avessero ucciso i miei cugini".
Michel Platini era il suo giocatore
prete rito, lo è ancora ?
"Il mio preferito era Dominique
Rocheteau, bandiera del Saint-Étienne. Platini per me
era come Johan Cruijff, e ancora oggi quel calcio lo
preferisco all'età di Messi e Cristiano Ronaldo. Ho
scritto due biografie su Michel, e l'Heysel ha cambiato
il mio punto di vista su di lui, non tanto per quello
che ha fatto la sera della partita, con tutte le
criticità di quelle ore concitate, quanto per tutto ciò
che non ha fatto dopo: non ha mai voluto incontrare e
parlare con i familiari i delle vittime francesi, per
esempio, e nemmeno con quelle italiane, persone arrivate
fino a Bruxelles per vederlo giocare e vederlo vincere.
Ripeto, non lo giudico per quello che è accaduto prima,
durante e dopo la partita, ma per ciò che poteva fare
dal giorno dopo".
Dal suo libro Le Heysel: Une
trogédie européenne è stata tratta la serie televisiva
in sei episodi La Tragédie du Heysel. Cosa si proponeva
di raccontare ?
"Nella biografia di Platini avevo
accennato all'Heysel, ma non avevo realizzato quanto
fosse stato grande quel trauma, quante persone avesse
colpito, e quando leggevo gli articoli dei giornali
ognuno aveva il suo punto di vista, c'era quello
italiano, c'era quello belga che gettava tutte le
responsabilità sugli hooligans inglesi e quello inglese
che le gettava sulle istituzioni belghe. Io volevo fare
un lavoro che rappresentasse tutti i punti di vista, dai
giocatori alla polizia, dai tifosi agli organizzatori,
dai familiari delle vittime a chiunque era rimasto
segnato da quella tragedia. Ricordo che quando ho ideato
la serie televisiva in 6 episodi qualcuno mi ha detto:
"A cosa ti servono sei episodi per raccontare una notte
?". Non avevano capito la complessità della storia".
Ci è riuscito ?
"Io ritengo che questo sia il
dovere di un giornalista. Prima di scrivere il mio libro
sono rimasto folgorato da un docufilm sul massacro di
Monaco '72, il regista era riuscito a rappresentare
tutti i punti di vista, anche quello dei terroristi
palestinesi, e quella è poi diventata la mia ambizione e
la mia frustrazione. Tutto è cominciato il 12 settembre
2000 in un cinema di Sidney. A tre giorni dall'apertura
dei Giochi un collega de L'Équipe mi ha convinto ad
assistere all'anteprima di One Day in September di Kevin
MacDonald, film documentario, candidato all'Oscar che
racconta la tragedia degli undici atleti israeliani
uccisi da un commando palestinese durante le Olimpiadi
di Monaco di Baviera; quella scintilla mi ha portato ad
affrontare l'Heysel nello stesso modo".
Ha scoperto qualcosa di nuovo
rispetto a quello che sappiamo da quarant’anni ?
"Sono riuscito ad andare più a
fondo in alcune dinamiche, grazie soprattutto ai
poliziotti della gendarmeria e alla giudice del
processo, oggi in pensione. Rispetto al libro, per
esempio, manca la figura essenziale di Otello Lorentini
(NdR: morto nel 2014), però c'è ancora John Welsh,
l'inglese che ha salvato Carla Gonnelli, il capitano
Johan Mahieu, l'unico condannato tra i suoi, che è
venuto a vedere l'anteprima a Bruxelles insieme con la
moglie. Avrei voluto intervistare tutti i calciatori
presenti, ma alla fine ce ne sono solamente due del
Liverpool e tre della Juventus: Briaschi, Brio e
Tacconi. Ian Rush alla fine si è tirato indietro. Il
Liverpool è stato particolarmente cooperativo facendoci
entrare anche dentro Anfield, la Juventus solamente al
museo".
Quale testimonianza l'ha colpita di
più e perché ?
"In tutti questi anni ho
intervistato campioni olimpici, campioni del mondo di
calcio, presidenti, ministri, ma la persona che mi ha
lasciato il segno è stata Otello Lorentini. La sua
personalità, il suo carisma, la sua dignità nel cercare
e trovare giustizia, nessuno ha mai avuto la sua
importanza".
Qual è il messaggio della Juventus
nella serie televisiva ?
"Per la società è difficile
affrontare l'Heysel perché quello che è accaduto non
risponde al cosiddetto "stile Juve". Per tutta una serie
di ragioni ritengo anche sleale rovesciare sulla
Juventus colpe che non ha. In verità, quello che ancora
oggi mi sciocca di più sono stati i festeggiamenti dei
tifosi italiani, perché chi era all'Heysel aveva capito
poco, ma chi era a casa sapeva dei morti. Così come nel
2005, quando si sono incontrate Juventus e Liverpool in
Champions League e hanno tentato di ricostruire un
rapporto tra le tifoserie finito nel peggiore dei modi".
Oggi Sky la manda in onda, ma la
serie televisiva di produzione belga ha faticato ad
arrivare in Italia. Perché tanta difficoltà a farla
vedere nel nostro Paese ?
"Non lo so, non sono italiano, ma
ringrazio molto Sky. Nel frattempo è andata in Belgio,
Francia, Canada e Ungheria. Con la coproduzione italiana
eravamo convinti che i canali italiani avrebbero avuto
un grande interesse a programmarla e invece... Una cosa
simile è accaduta in Inghilterra dove i canali
televisivi non hanno mostrato alcun interesse a mandarla
in onda".
Cosa resta dell'Heysel quarant'anni
dopo ?
"Per le giovani generazioni
l'Heysel equivale alla battaglia di Waterloo, difficile
da spiegare e da raccontare, anche perché il mondo del
calcio, quello politico e quello mediatico, francese in
particolare, non hanno mai mostrato un grande interesse
a ricordarlo. Quello che è successo a Parigi nel 2022
prima di Liverpool-Real Madrid dimostra, ancora oggi,
come politica e forze dell'ordine, di fronte agli
incidenti causati dalla cattiva organizzazione,
scarichino su altri le responsabilità. E questo ci dice
che un altro Heysel potrebbe accadere, ma io spero
vivamente di no".
"Heysel La tragedia" è la
docuserie franco-belga in sei episodi, inedita in
Italia, che Sky Sport propone in esclusiva in occasione
del quarantesimo anniversario della strage dello stadio
Heysel, nella quale persero la vita 39 persone, 32 delle
quali italiane.
Stadio Heysel, 29 maggio 1985. Nessun tifoso o
appassionato di calcio è indifferente a questa data.
Quel giorno, nel vecchio e fatiscente stadio
dell’Heysel, a Bruxelles, la finale di Coppa dei
Campioni tra Juventus e Liverpool si trasforma in
un’assurda carneficina: trentanove persone, trentadue
delle quali italiane, perdono la vita, schiacciate e
calpestate da una massa umana, davanti agli occhi
sgomenti di centinaia di migliaia di telespettatori, che
sono di fronte alla tv per assistere alla sfida tra le
due squadre più forti d’Europa.
HEYSEL LA TRAGEDIA: LA
DOCUSERIE INEDITA IN ITALIA - Il 29 maggio 2025,
quaranta anni dopo quei tragici eventi, Sky Sport
propone una docuserie inedita in Italia, presentata al
Festival del cinema di Roma nel 2022, Heysel. La
tragedia (The Heysel Tragedy, il titolo originale), a
cura di Jean Philippe Leclair, vicedirettore
dell’Equipe, del documentarista Eddy Pizzardini, con la
regia di Jan Verheyen. La docuserie è distribuita in
Italia da Full Board Media Srl.
IL RACCONTO DEI PROTAGONISTI E
IMMAGINI MAI VISTE - Attraverso il racconto dei
protagonisti e un potentissimo repertorio video ricco di
immagini inedite, provenienti da archivi BBC, RTBF e
RAI, la docuserie ricostruisce la vicenda passo dopo
passo e riporta alla luce le storie umane e personali, i
destini dei tifosi che andarono a vedere una partita e
non tornarono più a casa. Heysel. La tragedia, è
un’opera corale, un lavoro di cronaca asciutto e
neutrale, che non usa aggettivi né voce narrante, ma
affronta la storia da ogni punto di vista: dai
sopravvissuti e familiari delle vittime italiane ai
tifosi inglesi, dai poliziotti e gendarmi belgi ai
funzionari della Federazione belga e della UEFA, dai
leader politici, avvocati e magistrati ai giocatori
delle due squadre in campo quella sera (Mark Lawrenson e
Sammy Lee per il Liverpool, Stefano Tacconi, Sergio Brio
e Massimo Briaschi per la Juventus).
UNA SCIAGURATA CATENA DI ERRORI E COLPE - Molto
efficace, è anche il supporto della grafica, che oltre a
mostrarci schematicamente la situazione all’interno
dello stadio, evidenzia con cerchietti colorati alcuni
dei testimoni che parlano, permettendoci così di
individuarli nella folla e di seguirli sugli spalti del
settore Z, dove li vediamo muoversi, alcuni travolti e
feriti, disperati, mentre urlano e piangono sul corpo di
un loro caro, oppure impegnati a soccorrere qualcuno.
Heysel. La tragedia unisce tutti puntini e l’impressione
che si ha, alla fine, è che la strage dell’Heysel non
sia stata un incidente ma il risultato di una sciagurata
catena di errori e colpe, che insieme hanno dato vita a
un gigantesco e letale tsunami.
PREPARATIVI, CROLLO,
SPETTACOLO, RESPONSABILI, COLPEVOLI, PERDONO - Heysel.
La tragedia, da molti definito il documentario
definitivo sulla tragedia del 29 maggio del 1985, è
diviso in sei episodi, della durata di 52 minuti
ciascuno, che descrivono le situazioni che hanno portato
alla tragedia e ciò che è successo dopo, sviluppando una
traccia che arriva fino ai nostri giorni. Ogni capitolo
ha un titolo evocativo, che riassume in una parola il
suo contenuto: Preparativi, Crollo, Spettacolo,
Responsabili, Colpevoli, Perdono. Il primo episodio
racconta l’attesa della partita, i presagi della
catastrofe e le cariche degli hooligans; il secondo è
sul crollo del muro del settore Z, sulla inadeguatezza
delle forze dell’ordine e lo stato rovinoso dello
stadio; il terzo è sulla partita, sul perché si sceglie
di giocare e su quello che accade dopo, l’arrivo delle
notizie e il rientro a casa; gli altri tre raccontano la
tragedia di Hillsborough, descrivono il processo ai
responsabili (tifosi inglesi ed esponenti di forze
dell’ordine e istituzioni) e le sue conseguenze, e
infine evidenziano come, purtroppo, ancora oggi la
violenza negli stadi sia un male tristemente attuale.
A mezzanotte scatta
su Sky Sport la docuserie, inedita in Italia, sul dramma
del 1985.
di Marco Bo
Ricordare. Per mille ragioni, una
più nobile dell’altra. Perché se è vero che la vita è
oggi, ieri e domani sono le parentesi dentro cui poter
disegnare e colorare il presente. Lo scrittore francese
dell’800, Guy de Maupassant, diceva "La nostra memoria è
un mondo più perfetto di quanto lo sia l’universo:
restituisce la vita a coloro che non esistono più".
Eccola, forse, la ragione principale per cui ricordare
fa bene non solo al cervello ma anche all’anima. Ragione
e cuore. Queste le riflessioni che aiutano a comprendere
perché scegliere di guardare su Sky Sport, a partire da
questa mezzanotte, la docuserie inedita per l’Italia
"Heysel. La tragedia", basata sull’opera di Jean
Philippe Leclaire, vicedirettore de L’Equipe, realizzata
con il documentarista Eddy Pizzardini per la regia di
Jan Verheyen. Per celebrare i 40 anni della tragedia in
cui morirono 39 persone allo stadio di Bruxelles (32
italiani) prima della finale di Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool, Sky Sport ha scelto di trasmettere
questa "opera omnia" che si sviluppa in sei puntate di
poco meno di un’ora l’una: dal racconto di cronaca, alle
testimonianze dei sopravvissuti, dei familiari delle
vittime, i tifosi inglesi, gli avvocati i magistrati e
alcuni giocatori: per i Reds Lawrenson e Lee, per i
bianconeri Tacconi, Brio e Briaschi. Nel primo episodio
si descrive il fenomeno hooligans, l’arrivo a Bruxelles
dei tifosi inglesi e italiani, le prime avvisaglie di
negligenza degli organizzatori e la condizione
fatiscente dello stadio, col settore Z che passa da zona
neutrale a settore riservato quasi esclusivamente ai
tifosi della Juve fino al crollo del muro. Nella seconda
puntata protagonista è la tragedia, la confusione totale
che avvolge le forze dell’ordine e le istituzioni e la
criminale superficialità. Quindi la reazione dei
giocatori, dei vertici UEFA, dei funzionari della
Federazione belga e dei politici. Il terzo episodio
parte dal fischio d’inizio della partita e racconta il
clima surreale in cui la sfida si svolge, con i
giocatori in campo mentre fuori si compie la conta dei
morti. Spazio quindi all’analisi per capire cosa non ha
funzionato, il rientro a casa dei tifosi inglesi con i
primi arresti tra gli hooligans. La quarta puntata è
incentrata sull’analisi delle responsabilità: le
autorità belga che scaricano la colpa sui tifosi
inglesi, e i tifosi inglesi che danno la colpa alle
autorità. Le prime fasi del processo e la nascita
dell’associazione in memoria delle vittime voluta da
Otello Lorentini, che poi si costituisce parte civile.
L’episodio si chiude con la prima udienza del processo.
La penultima puntata è dedicata al processo contro gli
hooligans e i vertici dell’Uefa e della Federazione
belga. Nel sesto e ultimo episodio si elabora il
concetto di perdono e di espiazione e descrive le
iniziative avviate per ricordare le vittime.
Approfondisce l’impegno di Otello Lorentini e di suo
nipote Andrea, racconta l’incontro tra Terry Wilson, il
tifoso del Liverpool condannato, la famiglia Lorentini,
e la storia del tifoso-eroe John Welsh, che salvò dalla
calca sette tifosi della Juve. Il racconto si sofferma
anche su come la violenza nel calcio non sia stata
debellata ma di come la tragedia dell’Heysel abbia
comunque contribuito a migliorare la situazione negli
stadi. Sei ore di docuserie per ricordare: serve !
Trasmessa su Planète +, la serie di
documentari "La tragedia dell'Heysel" ripercorre la
drammatica finale del 1985 della Coppa dei Campioni tra
Juventus e Liverpool, i suoi 39 morti e il ricordo
indelebile che questo disastro ha lasciato.
Un orrore. Mercoledì 29 maggio
1985, allo stadio Heysel di Bruxelles, la finale della
Coppa dei Campioni Liverpool-Juventus Torino (0-1) si
trasformò in dramma ancor prima del fischio d'inizio.
Trentadue italiani, quattro belgi, due francesi e un
nordirlandese furono schiacciati a morte nel Blocco Z
dopo una carica dei tifosi inglesi. Questo disastro era
già stato oggetto di numerosi documentari, tra cui
quello della BBC, Heysel 1985: Requiem for a Cup Final,
nel 2005. Prodotta nel 2022 e ora disponibile in Francia
su Planète +, la serie The Tragedy of Heysel, la sua,
per la sua ambizione: sei episodi da 52 minuti ciascuno
per descrivere non solo la sequenza fatale degli eventi
del giorno della partita, ma soprattutto per seguire la
traccia che hanno lasciato fino ad oggi. L'idea per
questa docuserie viene dal Belgio. "Nel novembre 2020,
la produttrice belga Geneviève Lemal mi ha chiamato per
acquistare i diritti del mio libro", racconta
Jean-Philippe Leclaire, vicedirettore editoriale de
L'Équipe e autore, nel 2005, di Heysel, una tragedia
europea (edizioni Calmann-Lévy ). Ha risposto a un bando
di gara del canale belga RTL e Netflix per documentari e
fiction. Netflix non è rimasto, ma ho scritto il
docufilm e RTL l'ha comprato". Per la produzione, il
produttore si è rivolto al regista Jan Verheyen, molto
popolare nelle Fiandre. Verheyen, Jean-Philippe Leclaire
e il giornalista Eddy Pizzardini hanno poi condiviso le
interviste ai molteplici protagonisti del dramma,
autorità belghe, vittime italiane e tifosi inglesi in
particolare. "Volevamo avere una serie corale, con tutti
i punti di vista", insiste Jean-Philippe Leclaire.
Essere francese mi ha aiutato un poco". Eddy Pizzardini dettaglia il metodo
per convincere i testimoni a parlare: "Ci siamo concessi
il lusso di fare scouting. Con Jan siamo andati a
incontrare tutte le persone da intervistare un mese
prima delle riprese, senza telecamera. Quasi
quarant’anni dopo, c’è ancora molta modestia ed
emozione". Il più complicato ? Convincere i calciatori
presenti durante la partita a testimoniare. "Per i
giocatori rimane un tabù assoluto. Abbiamo contattato
tutte le persone ancora vive e tutti quelli che hanno
risposto "sì" sono nel film", spiega Jean-Philippe
Leclaire. A testimoniare sono Mark Lawrenson e Sammy
Lee, del Liverpool, e Sergio Brio, Massimo Briaschi e
Stefano Tacconi, della Juve. Ian Rush apparentemente era
d'accordo, ma il centravanti gallese dei Reds ha
interrotto la produzione due giorni prima delle riprese…
D'altronde i colloqui con Lee e Lawrenson sono andati
bene a Liverpool, in tribuna ad Anfield. "Siamo stati
accolti molto bene dal Liverpool, abbiamo potuto filmare
all'interno dello stadio e durante Liverpool-Inter (0-1)
di Champions League (ritorno ottavi, 8 marzo 2022)
perché RTL ha i diritti Champions League. Con la Juve è
stato più complicato. Abbiamo chiesto di fare delle foto
all'interno dello stadio (l'Allianz Stadium), ci hanno
detto che non era rilevante perché non era più uguale a
quello di allora (lo Stadio Comunale)".
INTERVISTA - Parla Jean-Philippe
Leclaire, autore di un libro sulla tragedia dell’85 e di
una miniserie tv.
Fu una lunga serata quella del 29
maggio 1985: il mondo sportivo aspettava con ansia la
finale di Coppa dei Campioni, allo stadio Heysel di
Bruxelles, dove si confrontavano le due squadre europee
più forti dell’epoca, la Juventus e il Liverpool. I
quattrocento milioni di spettatori, che in tutto il
mondo si erano sintonizzati sulla partita, appresero
degli assalti degli hooligan, gli ultrà inglesi, agli
spettatori del settore Z, che portarono a 39 vittime,
schiacciate, calpestate. "Giocheremo per voi": fu il
messaggio dall’altoparlante del capitano bianconero
Gaetano Scirea: la finale fu disputata ed ebbe una
funzione anestetizzante per tifosi e giocatori
juventini, che a fine partita esultarono per la
vittoria. A distanza di 37 anni da quei fatti è stata
realizzata la miniserie documentaria The Heysel Tragedy
di Jean-Philippe Leclaire e Jan Verheyen con Eddy
Pizzardini, prodotta da Scope Pictures. La serie,
trasmessa dalla tv belga, è stata presentata alla Festa
del Cinema di Roma, e poi all’IDFA di Amsterdam e al Red
Sea Festival di Gedda. In questa occasione abbiamo
incontrato l’autore Jean-Philippe Leclaire, giornalista
sportivo francese di L’Equipe, che segue da tempo i
fatti dell’Heysel. Sul suo libro Le Heysel. Une tragédie
européenne, uscito in Italia come Heysel - La tragedia
che la Juventus ha cercato di dimenticare, si basa il
documentario.
Molti giovani probabilmente non
sanno nulla dell’Heysel. Avete realizzato la serie
proprio per non dimenticare ?
L’hooliganismo è tornato in diversi
paesi, alcuni di quei meccanismi si ripropongono. Nella
finale di Champions League a Parigi, i tifosi del
Liverpool sono stati le vittime stavolta. Ma
l’atteggiamento dei politici francesi, la negazione
totale, gli errori nella sorveglianza, ci riportano ai
tanti errori fatti a Bruxelles 37 anni fa. Si può ancora
imparare qualcosa. La cosa più importante per noi, pur
parlando delle circostanze, è stata raccontare le storie
umane, i destini. Di queste persone da Torino, Arezzo,
Reggio, che andarono a vedere una partita di calcio con
il loro padre o figlio, e non sono mai tornate. E quelli
che sono sopravvissuti non sono più quelli che erano
fino a prima di quel giorno. È la stessa cosa per i
tifosi inglesi, anche quelli che poi sono stati
condannati al processo. Solo 40 minuti e le loro vite
sono cambiate per sempre.
Nel documentario c’è sempre
un’alternanza dei punti di vista, italiani, inglesi e
belgi. Perché era importante questa pluralità ?
Ci sono ottimi documentari e ottimi
libri in merito, ma sempre da un’ottica. In Italia sono
dalla parte delle vittime, in Inghilterra tendono a dare
la colpa ai belgi, in Belgio agli inglesi. Noi come
francesi potevamo essere neutrali e studiare la storia
da tutte le prospettive. Ovviamente nessuno ha delle
buone ragioni per uccidere, ma anche i tifosi inglesi
esprimono le loro ragioni, che possiamo considerare
stupide. Dopo 37 anni, ripetono ciò che avevano
sostenuto al processo. Quello che rende tutto molto
simbolico è che successe a Bruxelles, la capitale
d’Europa. Non avrebbe dovuto verificarsi eppure è stato
un disastro per tanti motivi, la polizia, i tifosi, la
Uefa.
Una cosa molto toccante è
l’incontro tra il tifoso inglese Terry Wilson e la
famiglia Lorentini di Arezzo che, nella tragedia, perse
Roberto, medico, travolto mentre cercava di soccorrere
dei feriti. Come è nato quell’incontro ?
È successo dopo il libro.
Intervistai Terry a Liverpool nel 2004, lui si sentiva
in colpa per non sentirsi abbastanza in colpa. Voleva
che gli raccontassi le storie delle famiglie italiane e
mi chiese se credessi sarebbe stato possibile andare in
Italia a incontrarli. Lo chiesi al signor Lorentini che
non sapeva come reagire, allora dissi a Terry di
scrivergli una lettera. Dopo averla letta il signor
Lorentini acconsentì all’incontro. Ma ad Arezzo, nei
primi 15 minuti dell’intervista, mi stavo maledicendo.
Lorentini era ancora molto emozionato, ma alla fine si
sentiva meglio. Gli disse di non essere pronto a
perdonarlo ma che già il fatto di essere venuto lì fosse
importante. Gli chiese di aiutarlo nella sua idea di
organizzare un’amichevole tra le giovanili della
Juventus e del Liverpool. Tornai a Liverpool con Terry.
Lui era in contatto con il parroco ufficiale della
società, tramite cui incontrammo Rick Parry, il
presidente del Liverpool. Così fu possibile organizzare
l’evento e Terry ebbe un ruolo. Fu il suo modo di dire
che gli dispiacesse, come continuava a ripetere durante
l’intervista.
La serie comincia con l’intervista
al portiere della Juventus Stefano Tacconi che fa le
riflessioni più intelligenti. Altri giocatori non hanno
saputo elaborare l’episodio ?
Conosco bene Michel Platini, ho
scritto due libri su di lui e l’ho intervistato tante
volte. Credo si senta ancora in colpa non tanto per aver
giocato ma per le sue reazioni dopo il goal e a fine
partita. Abbiamo intervistato 2 o 3 giocatori del
Liverpool e 3 o 4 della Juventus: sono tutti quelli che
hanno accettato di parlare. Lo avevamo chiesto a tutti,
anche alle riserve. Alcuni hanno detto assolutamente di
no. Ian Rush doveva fare l’intervista ma l’ha disdetta
il giorno prima, alcuni hanno chiesto di essere pagati,
il che è assurdo. Anche quando ho scritto il libro, nel
2005, Phil Neal il capitano del Liverpool ha chiesto di
essere pagato. Incredibile. Credo che per molti dei
giocatori ci siano ancora alcuni fantasmi di Bruxelles,
fantasmi dell’Heysel che li tormentano ancora oggi.
Come giudichi la telecronaca del
giornalista italiano Bruno Pizzul ?
La tragedia consumatasi allo stadio
Heysel di Bruxelles la sera del 29 maggio 1985 nel prepartita della finale di Coppa dei Campioni fra
Juventus e Liverpool ritrova analisi storica e attualità
nella docuserie "The Heysel Tragedy" in concorso oggi
nella sezione Progressive Cinema del penultimo giorno
della diciassettesima Festa del Cinema, di Roma.
THE HEYSEL TRAGEDY - Alla
Festa di Roma in anteprima
La docuserie di Jean-Philippe
Leclaire e Jan Verheyen THE HEYSEL TRAGEDY, su una delle
più grandi tragedie avvenute in uno stadio di calcio,
prodotta da Scope Pictures e Palomar, sarà presentata in
anteprima italiana con i primi due episodi in chiusura
della Festa del Cinema di Roma sabato 22 ottobre alle
11.30 al Teatro Studio Borgna.
La sera del 29 maggio 1985, a
Bruxelles, al vecchio e cadente stadio dell’Heysel, è in
programma la finale di Coppa dei Campioni di calcio tra
il Liverpool, il club inglese più titolato nelle
competizioni internazionali e già detentore del trofeo,
e la Juventus, il club più importante e vincente
d’Italia. La grande festa dello sport tuttavia – attesa
da 400 milioni di tifosi e appassionati da tutto il
mondo – si trasforma all’improvviso in una carneficina,
che conta 39 morti e centinaia di feriti. Ma come
avviene l’escalation? Quali elementi contribuiscono a
provocarla ?
A scatenare il caos sono gli
hooligans inglesi, che prima della partita, da ubriachi,
caricano il famigerato settore Z, dagli organizzatori
riservato ai tifosi neutri ma in realtà occupato da
tifosi juventini non appartenenti al tifo organizzato:
famiglie, professionisti, gente pacifica che vuole solo
godersi uno spettacolo sportivo. L’effetto di queste
cariche genera il panico tra gli italiani che si danno
alla fuga accalcandosi verso il muro che delimita il
settore Z, che cade a pezzi e non è ben presidiato dalla
polizia. Con l’inevitabile crollo della struttura, 39
tifosi, quasi tutti italiani, perdono la vita
schiacciati e soffocati dalla folla. Sembra l’epilogo
anticipato e tragico di una serata maledetta, ma non è
così. Per evitare che le voci sulla morte degli
innocenti si sparga e che fuori dallo stadio vada in
scena una battaglia urbana tra ultras, la Uefa e le
autorità belghe obbligano Juventus e Liverpool a
disputare la partita, un match tesissimo e vero, giocato
in un’atmosfera drammatica, che finirà con la vittoria
della Juventus grazie a un rigore discusso e servirà
alle forze dell’ordine per riprendere il controllo del
territorio e limitare i danni. La docuserie "The Heysel Tragedy",
di Jean-Philippe Leclaire e Jan Verheyen è l’opera
definitiva su una delle più grandi tragedie mai avvenute
in uno stadio di calcio, un accadimento che ha cambiato
per sempre la storia degli eventi sportivi europei e ha
spinto l’allora primo ministro inglese Margaret Thatcher
ad affrontare e risolvere una volta per tutte la piaga
sociale degli hooligans.
La Festa del Cinema di Roma
presenterà in anteprima mondiale la docu-serie The
Heysel Tragedy di Jan Verheyen e Jean-Philippe Leclaire
con Eddy Pizzardini. I primi due episodi saranno
proiettati sabato 22 ottobre alle ore 11.30 al Teatro
Studio Gianni Borgna dell’Auditorium Parco della Musica
Ennio Morricone.
Al Festival di Roma la notte
dell'Heysel. Nasce una serie tv
Le puntate, per ora destinate a
Francia e Belgio e poi sulle nostre piattaforme, saranno
presentate in chiusura. Tra i protagonisti i familiari
delle vittime aretine. Dal libro di Caremani a quello
del vicedirettore dell’Equipe.
"La tragédie du Heysel" è una
produzione franco-belga che andrà in onda in sei puntate
su RTL-TVI, emittente privata in lingua francese con
sede in Belgio e Lussemburgo, a partire dal 18 ottobre;
le prime due puntate dovrebbero essere presentate in
anteprima al Festival del Cinema Di Roma, 13-23 ottobre.