"Ciao mamma, torno con la Coppa
!"
La storia di Giuseppina,
giovane vittima dell'Heysel
di Marco Bonomo
"Per la mancanza di vento il tempo ora
è immobile", scrive Jacques Brel in una canzone, una di quelle
in cui il suo Belgio è il teatro delle storie di personaggi
affascinanti perché sconfitti dalla vita, respinti, dimenticati.
Una sconfitta è anche quella che adesso verrà raccontata, perché
non ci può essere vittoria in una partita che termina - ancor
prima di cominciare - con 39 corpi che giacciono sull’asfalto. È
il 29 maggio 1985 e Giuseppina "Giusy" Conti è tutto fuorché un
potenziale personaggio delle cupe canzoni di Jacques Brel: i
suoi 17 anni splendono ancora di più in questa giornata di
primavera inoltrata, con la Grand Place a fare da sfondo a una
foto dove indossa un cappellino e una bandiera bianconera sulle
spalle. Una foto in cui, soprattutto, indossa un sorriso che è
pieno di vita. Quella foto la sta scattando suo papà, il signor
Antonio, accento aretino, fisico mingherlino, una fede al dito.
E tanto, tanto orgoglio per quella "figliola" - come la chiamerà
per sempre - che quell’anno si era guadagnata il premio più
ambito: la finale di Coppa dei Campioni. Sì, perché Giuseppina a
scuola è un fenomeno, o come direbbe Antonio, "L’ha presa sul
serio": viaggia spedita verso il suo ultimo anno di liceo
classico e al 29 maggio ha già finito tutte le interrogazioni,
perché vuole partire serena per Bruxelles. La pagella è
impeccabile, il regalo è meritato, c’è un sogno da andare a
prendere. "Mamma, torno con la Coppa !": il viaggio da Rigutino,
frazione di Arezzo, all'Heysel, comincia con questa promessa.
Finirà con solo una delle due scarpe
indossate da Giuseppina, il corpo coperto da un plaid, una
scarpa che sarà il segno che aprirà l’abisso nella vita di
Antonio e della sua famiglia. L’abisso di un genitore che non è
riuscito a salvare la figlia e il cui dolore non svanirà mai.
Antonio racconta più volte che la rete che divideva quel
maledetto settore Z dagli hooligans del Liverpool sembrava una
di quelle che vedreste in un pollaio, per dividere i galli.
Medici, commercianti, operai, muratori, genitori e figli: da
loro è popolato il settore Z, loro verranno schiacciati da una
furia insensata che divorerà il cemento marcio e la calce di
quella gradinata. È l’inferno. Antonio tiene per mano la sua
figliola. Fino a quando, travolto, perde conoscenza. "Attenta a
quella colonna", è l’ultima cosa che dice a Giuseppina. Sono le
19:20 e passeranno trentacinque minuti prima che si risvegli, in
mezzo ai corpi senza vita posti al di sotto della gradinata che
non c’è più. C’è chi è avvolto da coperte, chi da bandiere.
Inizialmente Antonio non vede Giuseppina, poi scorge una scarpa:
è lei. Quel sorriso pieno di vita sembra essersi cristallizzato
nel suo volto, Giuseppina ha l’aria serena e i capelli in
ordine. "Per la mancanza di vento, ora il tempo è immobile". Nel
frattempo, a Rigutino, davanti alla televisione mamma Marisa
ascolta, guarda. Ha un presentimento. Quella sera, chi riesce a
fuggire e a salvarsi, cerca in tutti i modi di mettersi in
contatto con le proprie famiglie. Matteo è uno di loro e
ringrazierà per sempre quel signore che fuori da un vecchio
bistrot di Bruxelles lo accompagna al telefono pubblico della
metropolitana: "Mamma, sono io. Sto bene, ci vediamo a casa".
Quanto abbia pregato per ricevere la stessa telefonata quella
notte, la signora Marisa, solo Dio lo sa.
Trentacinque. Questa volta non sono i
minuti che separano Antonio dall’ultima immagine della sua
figliola proiettandolo verso una realtà tremenda e ingiusta;
sono gli anni passati da quella sera maledetta. Nel corso di
tutto questo tempo, l’amore di Giuseppina per la vita, per il
calcio e per la Juve ha in parte lenito il dolore della sua
famiglia. Il calcio non è diventato un tabù, le partite della
Juventus sono state per tanti anni un rito in casa Conti, un
omaggio e un monito: nello sport deve esserci posto solo per il
rispetto. Il 19 settembre 2019 la signora Marisa se n’è andata.
In questi anni ha fatto suoi quelli che sarebbero stati gli
idoli della figlia. E aveva gioito - in occasione del
trentennale, nel 2015 - per la finale di Champions League
conquistata dalla Juventus. A Berlino erano andati in trasferta
anche i due fratelli di Giuseppina: per lei e con lei, più che
per la partita. Si saranno già incontrate nuovamente, Giuseppina
nella sua eterna giovinezza, Marisa segnata ma non vinta. Di
questa e di altre trentotto storie, di questa e di tutte le
storie tragiche nelle quali il pallone si è macchiato di sangue,
bisogna ricordarsi. Per non cadere nella trappola delle offese e
dell’odio. Basterebbe immaginare l’entusiasmo di una ragazzina
di 17 anni, le quattro del mattino, poco prima di partire.
Questo è il calcio, non tutto il resto. "Ciao mamma, torno con
la Coppa !".
29 maggio 2020
Fonte: Gianlucadimarzio.com
35 anni
fa la strage dell'Heysel: la morte
di Giuseppina e il sacrificio di
Roberto
Tra i 32 italiani che persero
la vita c'erano gli aretini Giuseppina Conti e il medico Roberto
Lorentini.
29 maggio 1985 / La strage
dell'Heysel - Doveva essere solo una partita di calcio.
Una finale di Coppa dei Campioni, non ancora Champions League.
Quel 29 maggio del 1985 a Bruxelles, nello stadio Heysel, si
sarebbero affrontate la Juventus di Platini e il Liverpool di
Ian Rush. Dall'Italia era arrivata la maggior parte dei tifosi
che si assiepò sugli spalti. Da un lato le curve M-N-O, cuore
dei gruppi organizzati bianconeri, e dall'altra i settori Y-X-Z
dove oltre ai tifosi de Liverpool, già noti per la loro
violenza, erano presenti (settore Z) gruppi di tifosi
bianconeri, ma non dei gruppi organizzati. Erano ragazzi e
ragazzi, famiglie, che avevano deciso di volare a Bruxelles per
sognare la vittoria di una Coppa dei Campioni che si macchiò con
il sangue di 39 vittime, di queste 32 erano italiani. Tra loro
c'era anche Giuseppina Conti, di soli 17 anni, che abitava con
la propria famiglia alle porte di Arezzo, a Rigutino. Rimase
uccisa quando la carica dei reds, che sfondarono la rete di
recinzione per occupare anche il settore Z, travolse i supporter
bianconeri. Alle 19:20 si consumò la tragedia. Come mostrano le
immagini dell'epoca oltre a chi perse la vita almeno 600 persone
rimasero ferite, schiacciate dalle transenne, parti metalliche
dello stadio, altri si ferirono cadendo dai parapetti della
curva. C'è chi saltò nel vuoto spinto dalla carica e dalla
ressa, altri per cercare la salvezza. Quella sera allo stadio
Heysel era presente anche Roberto Lorentini. Un giovane medico
aretino di 31 anni. Era scampato alla carica, ma anziché restare
in luogo sicuro tornò indietro per praticare la respirazione
artificiale ad un bambino. "Perse la propria vita per aiutare
gli altri" ricorda ogni anno il presidente del Santa Firmina
Piero Bacci che da 24 anni porta avanti il memorial intitolato a
Roberto. Quella finale è passata alla storia come la "partita
maledetta". Una partita che non doveva essere giocata, con Bruno
Pizzul che raccontò in diretta (seppur con il video a nero) i
fatti del prepartita, promettendo poi al pubblico che avrebbe
"commentato con il tono più asettico possibile l'incontro". Un
match che accese poi ulteriori polemiche per le esultanze dei
calciatori bianconeri al gol e a fine partita per la vittoria.
La famiglia Lorentini, a partire da Otello (padre di Roberto),
si è sempre impegnata per fare chiarezza su quanto accaduto,
chiedendo giustizia. Per questo motivo nel 1987 fondò
l'Associazione fra i Familiari delle Vittime dell'Heysel che ha
sciolto al termine del processo di cassazione nel 1991. Suo
nipote, Andrea, nel gennaio 2015 l'ha ricostituita al fine di
"allenare la memoria" dei fatti e difenderne in ogni ambito le
verità storiche e processuali.
29 maggio 2020
Fonte: Arezzonotizie.it
AREZZO
Heysel, ad Arezzo i piazzali a
Roberto Lorentini
e
Giusy Conti dimenticati da navigatori e indirizzi
Piazzale
Roberto Lorentini e piazzale Giusy Conti: dove sono ? Digitando
gli indirizzi su un qualsiasi motore di ricerca, o su un
navigatore, non otterrete risposte. Perché i due piazzali
intitolati alle vittime dell’Heysel di cui venerdì 29 maggio
ricorreva il 35esimo anniversario e che si trovano uno allo
stadio e l’altro al palazzetto delle Caselle, non sono mai stati
"registrati" dai meccanismi digitali. La scoperta nel giorno del
ricordo della tragedia di Bruxelles nella quale Arezzo pagò un
prezzo altissimo. Tra i 39 morti per la finale di Coppa Campioni
tra Juventus e Liverpool due erano aretini. Roberto Lorentini,
31 anni, medico che morì per salvare un bambino e Giusy Conti,
la studentessa 17enne con la passione sfrenata per la Juventus.
Nel 2007, il giorno di Arezzo-Juventus, la città li ricordò con
l’intitolazione del "piazzale Roberto Lorentini" che è il
parcheggio dello stadio e l’intitolazione, nell’ottobre dello
stesso anno, di un altro piazzale a Giusy Conti. Quello che è al
palasport delle Caselle. "Ma in tutti questi anni, la
toponomastica non è cambiata", dice Francesco Caremani,
giornalista e autore del libro "Heysel, la verità di una strage
annunciata", scritto insieme a Otello Lorentini che fondò
l’Associazione Familiari Vittime dell’Heysel, che oggi porta
avanti il nipote Andrea. "Ci sono società sportive, come
l’Arezzo, che hanno lasciato il vecchio indirizzo", dice ancora
Caremani, sottolineando che "la memoria si fa anche con i
piccoli gesti". Perché se le mappe on line non fanno trovare i
due piazzali, anche le società sportive che si affacciano su
questi non hanno mai cambiato il loro recapito. È il caso
dell’Arezzo calcio che è rimasto in viale Gramsci. Non è così
invece per la sezione Arbitri Arezzo. Il presidente Sauro
Cerofolini ricorda quei due avvisi che mandò il Comune di
Arezzo. "Il 9 giugno 2007 e poi il 17 ottobre sempre dello
stesso anno - dice Cerofolini - venne comunicata l’intitolazione
dei due piazzali. Noi come sezione decidemmo subito di cambiare
l’indirizzo e adesso la sezione Aia è sita in piazzale
Lorentini. Ma abbiamo il problema che il piazzale non viene
riconosciuto dai navigatori e chi viene da fuori è costretto a
mettere stadio comunale per trovarci". "A me dispiace che
l’Arezzo, nonostante sollecitato nel tempo, non abbia cambiato
il proprio indirizzo - sottolinea Andrea Lorentini - Mi auguro
che prima o poi lo faccia". L’intenzione di cambiare indirizzo è
anche quella Società Basket Arezzo che si trova sul piazzale
Giusy Conti. Ma come fare ? La risposta è dell’ufficio
toponomastica Arezzo: "Spetta alle società sportive, una volta
saputo del cambio del nome di una strada. Spesso però non
succede anche per una questione di comodità".
29 maggio 2020
Fonte: Corrierediarezzo.corr.it
AREZZO
Heysel, telegramma della
Juventus per la mamma di Giusy
Telegramma della Juventus ai familiari
di Marisa Belardini, la mamma di Giusy Conti, una delle 39
vittime della strage dell'Heysel. La morte della donna ha
suscitato grande commozione a Rigutino, dove viveva, e in tutto
l'Aretino dove i Conti sono molto conosciuti e stimati. I
funerali della signora Marisa si sono svolti alle 10.30 a
Rigutino. Il club bianconero ha voluto partecipare al dolore con
un messaggio inviato al marito Antonio e ai figli Giovanni e
Francesco. Marisa, che aveva 75 anni, ha continuato ad amare il
calcio e la Juventus nonostante la tragedia, proprio perché la
figlia Giuseppina era innamorata di questo sport e della sua
squadra. Il 29 maggio 1985 era partita per Bruxelles annunciando
alla mamma: "Torno con la coppa". E quella coppa dei Campioni,
pur insanguinata, per la signora Marisa era qualcosa di sacro.
Giusy venne travolta dalla calca nello stadio maledetto, dopo
l'attacco degli hooligans del Liverpool. Babbo Antonio non
riuscì a proteggerla. Nei giorni successivi venne restituita
alla famiglia la macchina fotografica della studentessa, 17
anni, che conteneva il rullino con l'ultima foto: lei felice con
la bandiera della Juve sulle spalle come un mantello. Nel
massacro dell'Heysel, Arezzo pianse anche per la morte del
dottor Roberto Lorentini, medico, che prima di perdere la vita
si prodigò per soccorrere persone rimase ferite.
9 settembre 2019
Fonte: Corrierediarezzo.corr.it
AREZZO
Heysel, addio alla mamma di Giusy Conti
Addio alla mamma di Giusy Conti, la studentessa morta all'Heysel
il 29 maggio 1985, una delle 39 vittime nella calca dello stadio
di Bruxelles scatenata dagli hooligans prima della finale
Juventus - Liverpool. La signora Marisa aveva 75 anni. Da quel
giorno la sua vita fu stravolta, poi nel suo cammino ha
incontrato anche la malattia. Negli ultimi giorni
l'aggravamento, venerdì 6 settembre si è spenta all'ospedale San
Donato di Arezzo. Lunedì i funerali a Rigutino alle 10.30. Una
donna di straordinaria forza e coraggio. Finite le lacrime, ha
vissuto portando il sorriso della sua Giusy che vide partire con
la bandiera bianconera per assistere alla finale della Coppa dei
Campioni, come si chiamava allora. "Mamma torno con la Coppa",
disse Giuseppina a Marisa mentre partiva con babbo Antonio. E
quella coppa insanguinata, per la signora Marisa, aveva un
valore speciale. La mamma di Giusy nonostante la tragedia è
rimasta sempre legata al calcio e alla Juventus, che seguiva con
passione. Quella maledetta sera sentì per televisione dei
disordini ed ebbe un presentimento. La notte le dissero che suo
marito e la figlia erano rimasti coinvolti. Al mattino riuscì a
sentire per telefono Antonio, che era in ospedale, e le dette la
terribile notizia. Travolto dalla folla, non era riuscito a
salvarla. La signora Marisa, sorretta dalla fede, ha portato
avanti la sua famiglia con straordinaria energia e dedizione. Il
Corriere di Arezzo si stringe intorno al dolore del marito
Antonio e dei figli Giovanni e Francesco. Fu proprio grazie al
Corriere che un giorno Marisa poté incontrare Marco Tardelli,
uno degli idoli della sua Giusy, quando era allenatore
dell'Arezzo. E stringendogli la mano si commosse.
7 settembre 2019
Fonte:
Corrierediarezzo.corr.it
I fratelli di Giusy in curva a Berlino con gli Ultras
Juve
di Luca Serafini
Il Nucleo 1985 legge sul sito
del Corriere di Arezzo la storia della famiglia Conti poi invita
Giovanni e Francesco alla trasferta per la finale di Champions.
AREZZO - "Torniamo con la Coppa".
Giovanni e Francesco Conti partono per Berlino. Domani saranno a
tifare Juve nella finale contro il Barcellona. Trent'anni fa la
loro sorella Giusy partì piena di gioia per Bruxelles sognando
la Coppa dei Campioni: non tornò più a casa. Morì insieme agli
altri 38 martiri dell’Heysel. Giovanni e Francesco vanno all'Olympiastadion
proprio per lei, in suo nome, mentre mamma Marisa e babbo
Antonio seguiranno la partitissima in tv da Rigutino. "Siamo stati invitati alla finale dal Nucleo 1985 Vivere Ultras -
spiega Francesco - e saremo in curva con le sciarpe del gruppo
di tifosi organizzati di Bassano di Grappa. Il nome del Nucleo è
legato proprio alla tragedia del 1985, che ha segnato anche la
vita della nostra famiglia. Domenica parteciperemo alle
celebrazioni organizzate a Bassano che pianse due cittadini
morti all'Heysel". E' stato leggendo il sito internet del
Corriere di Arezzo, settimane fa, che dal gruppo bianconero è
partito l’invito ai Conti. Hanno colpito tutti le dichiarazioni
di mamma Marisa dopo la conquista della finale: "Vorrei essere a
Berlino per
Giusy... Io non sono troppo in forma, magari
potessero andarci i miei figli...". E così sarà, anche se
trovare i due biglietti non è stato facile per lo storico club
juventino. Certo, per chi non conosce i Conti, fa un certo
effetto questa nuova trasferta al seguito della Juventus dopo
che quella maledetta sera Giuseppina, liceale di 17 anni, ci
rimise la vita schiacciata nella bolgia scatenata dagli
hooligans del Liverpool in uno stadio inadeguato. Ma i Conti
amano lo sport, il calcio, la Juventus; anzi Giusy è l'angelo
bianconero della famiglia, che tiene la famiglia unita nel
dolore e nella gioia. Stasera dunque Giovanni e Francesco
partono con il pullman degli Ultras juventini da Vicenza.
L'emozione che proveranno davanti al rettangolo verde e agli
undici bianconeri di Allegri si può solo immaginare. "Torno con
la Coppa", disse Giusy prima di partire dopo aver dato un bacio
alla mamma. "Torniamo con la Coppa", dicono oggi i suoi fratelli
che baciano il cielo e sperano che si tinga di bianconero.
5 Giugno 2015
Fonte: Corriere di Arezzo
AREZZO
Trenta anni senza Giusy. Aveva
solo 17 anni, c'è scritto sulla tomba nel cimitero di Rigutino
Heysel, la mamma di Giusy:
"Trenta anni senza lei". Dolore, fede, calcio
di Luca Serafini
Mamma Marisa parla con il Corriere di
Arezzo nel giorno dell'anniversario dell'Heysel. "Partì la
mattina alle 4, felicissima..." Andava a vedere la sua Juve
giocare per la Coppa dei Campioni contro il Liverpool. Non
toccatele la Juve, non toccatele la Coppa insanguinata. Marisa è
una signora dolce, dolcissima, ma con la forza di un leone.
Marisa è la mamma di Giusy, la ragazza con i pantaloni verdi
morta all’Heysel insieme agli altri 38 martiri del massacro. "A
soli 17 anni", come ripete Marisa e come sta scritto sulla tomba
nel cimitero di Rigutino, che sembra una cameretta, accogliente
e luminosa. "Mamma, quando mi sposo mi fai una casa col cane
lupo ?" … Chiedeva Giuseppina a Marisa in quella sua ultima
primavera, sognando il futuro che poi non ha avuto. Era un fiore
che sbocciava, un po’ ragazzina e un po’ donna. "Così io e mio
marito - sospira Marisa mentre sistema i fiori - le abbiamo
costruito questa…" Una cappella non triste, le spalle al monte
Lignano, il cielo che sembra ad un dito di distanza, il marmo
azzurro ("Il colore che preferiva") sotto il quale Giusy riposa.
Questo 29 maggio, tre decenni dopo, regala un sole che entra
dentro e illumina fiori, piante, fotografie, oggetti. C’è un
minuscolo peluche portatole da un ragazzo di Como diventato
uomo, che lei non conosceva e che dal 1985 viene puntualmente a
dire una preghiera qui. C’è luce anche negli occhi di Marisa,
che hanno pianto, piangono, piangeranno. "E’ come fosse ieri…",
sospira ancora. "Cosa mi ha sorretto in questi trent’anni ? La
fede nel Signore". Fede, forza, famiglia. E anche il calcio,
quella Juventus che i Conti, Marisa in testa, amano in modo
speciale. Quel giorno del 1985 Giuseppina era felicissima.
"Partirono per Bruxelles alle 4 del mattino. Giusy, bravissima a
scuola, aveva terminato i suoi impegni del
quarto anno di Liceo Classico e si era meritata quel premio. "Mamma - mi disse -
torno con la Coppa". La sera quando in tv sentii dei disordini,
del muro crollato allo stadio, ebbi subito il presentimento. Poi
la notte seppi che lei e mio marito erano rimasti coinvolti,
feriti. Una notte di tormento. La mattina dopo mi feci aiutare
da una signora di Rigutino che parlava il francese e sentii per
telefono Antonio, che era in ospedale. Gli chiesi: e la "citta"
? Lui mi disse che la "citta", la nostra Giusy, non ce l’aveva
fatta…" Brividi.
Trent’anni fa, come fosse ieri. Scodinzolano i
gatti nella casa dei Conti. Quello di Giusy è vissuto 19 anni
dopo la sua morte. Lei sorride nella foto appesa alla parete,
l’ultima foto che le scattò il babbo prima di entrare nello
stadio trappola: i pantaloni verdi, la bandiera come mantello.
In questo 29 maggio babbo Antonio non c’è, è al Nord per seguire
il Giro d’Italia. Lo sport è rimasto un compagno di viaggio.
Terribili le immagini di quella sera, con lui sopra il corpo
esanime della figlia. La calca se l’era portata via come un
fiume in piena, spinto dalla follia degli hooligans. Non poté
proteggerla, non riuscì a salvarla. Ti deve crollare l’anima
dentro. Per i Conti, commercianti storici di Rigutino, sembrò
crollare tutto. Anche Antonio ha saputo stringere i denti, ha
saputo pedalare sui tornanti terribili della salita della vita.
L’Heysel ha segnato e straziato questa famiglia, che però ha il
suo angelo bianconero in cielo e vive di unità, valori,
speranza. "Ogni anniversario è un giorno pesante" dice Marisa,
ma il suo sguardo è positivo. Ci tiene molto, poi, a ringraziare
don Virgilio, il parroco di Rigutino "che ci è stato tanto
vicino e ci ha dato tanto sostegno". Il cuore della casa è il
soggiorno dove la famiglia Conti si raduna al completo davanti
alla tv per tifare Juve. Dalle pareti sorride Giusy accanto a
sciarpe bianconere e magliette. "Mi sono sempre opposta all’idea
di chi voleva la restituzione di quel trofeo insanguinato,
sarebbe stato un affronto a chi come la nostra Giusy era così
felice ed è morta per quella coppa". Dietro l’angolo, il 6
giugno, c’è un’altra finale di Coppa. "Chissà, forse i miei
figli Giovanni e Francesco potrebbero andare a Berlino… Ne sarei
felice".
30 maggio 2015
Fonte: Corrierediarezzo.corr.it
Heysel, la testimonianza di
Antonio Conti
Antonio Conti, papà di Giusy, 17enne
che perse la vita allo Stadio Heysel, ha rilasciato la sua
testimonianza a Repubblica: "Le ho lasciato la mano perché́ non
volevo trascinarla come me, quando mi hanno travolto. Ho perso
conoscenza e quando ho ripreso i sensi lei non c’era più. Era
sotto una coperta, l’ho riconosciuta dalle scarpette.
26 maggio 2015
Fonte: Tuttojuve.com
 Vorrei andare alla finale per
Giusy"
di
Luca Serafini
Trent'anni dopo l’Heysel la
mamma di Giuseppina Conti gioisce per la Juve: "Era il suo
sogno" !
AREZZO - Bianconeri nel
nome di Giusy. La famiglia Conti ha vissuto con tifo e intensità
la serata della semifinale di Champions tra Real Madrid e
Juventus, culminata nella conquista della finale di Coppa del 6
giugno. Esattamente a trenta anni di distanza la squadra
bianconera arriva a disputare la partita più importante e la
signora Marisa, mamma di Giuseppina, una delle 39 vittime, si
sente la prima tifosa della squadra che sua figlia amava così
tanto. Perse la vita a diciassette anni nella maledetta curva Z
dello stadio dove si stava per disputare Liverpool – Juventus.
La furia degli hooligans e le inefficienze organizzative
originarono il massacro. "Vorrei andare alla finale di Berlino,
ma non sto troppo bene", dice la signora Marisa che palpita ad
ogni gara della Juve. I due figli, Giovanni e Francesco,
potrebbero invece andare. La passione per la squadra che Giusy
amava così tanto è riuscita nel corso di questi anni a sublimare
il dolore terribile scoppiato in quella maledetta notte. AREZZO "Ciao mamma, torno con la
Coppa". Fu l'ultimo saluto di Giusy prima dell'Heysel, il 29
maggio 1985. C’era Liverpool-Juve. Follia e violenza fecero 39
morti tra i quali lei, 17 anni, studentessa di Rigutino. Ora,
trent’anni dopo, c'è un'altra finale di Coppa:
Barcellona-Juventus, a Berlino, il 6 giugno. "Vorrei tanto
esserci... Dice
Marisa, la mamma di Giusy, perché la Juve era il sogno di
Giuseppina, la sua felicità. Ne era innamorata e noi tutti, in
famiglia, trascinati da lei, abbiamo custodito e portato avanti
quella sua infinita passione." L'altra sera la famiglia Conti,
come sempre quando ci sono partite speciali, si è riunita al
completo davanti al televisore per seguire Real Madrid -
Juventus. "Che emozione, che tifo e alla fine che soddisfazione,
dopo la vittoria dello scudetto", dice mamma Marisa. Un caso di
dolore sublimato attraverso i colori bianconeri. Il calcio
anziché essere detestato, odiato,
respinto da quel maledetto
giorno,
viene invece vissuto dai Conti come momento di unione
familiare. Anche babbo Antonio, che quel giorno era con Giusy,
non ha ripudiato lo sport e da sempre si impegna nel mondo del
ciclismo. Positivi nonostante lo strazio, i Conti. La vita e la
fede che vincono la morte. "lo sarò là a Berlino col cuore, ma
non posso certo andarci dice mamma
Marisa perché non sto
benissimo in questo periodo e sarebbe uno sforzo eccessivo... Ma
sarà come essere lì. E chissà che i miei figli Giovanni e
Francesco non riescano ad andare"... Francesco è nato dopo la
morte di Giusy, l'angelo bianconero della famiglia, ci conferma
che l'idea della trasferta Champions ci sarebbe, ma va
conciliata con gli impegni di lavoro. "Che tensione l'altra sera
per la semifinale dice alla fine sembrava quasi di averla
giocata noi la partita... Negli ultimi anni aggiunge Francesco
Conti il rapporto con la Juventus è molto cambiato, c'è maggior
coinvolgimento da parte della società, siamo stati anche
invitati all'inaugurazione dello Stadio. Per noi la Juve è
rimasto sempre un punto di riferimento, nonostante il dolore
incancellabile che quella notte ha prodotto nella mia famiglia".
Foto di Giusy sono ovunque in casa Conti. Lei sorride dalle
pareti, anche in quell'ultima immagine che le scattò il babbo
prima di entrare nello stadio, sviluppata dal rullino ritrovato
nella borsetta inghiottita da quel macello nella curva Z
dell'Heysel di Bruxelles. C'è anche il poster di quella Juve.
Cabrini e Tardelli erano i suoi idoli. Oggi avrebbe avuto 47
anni Giuseppina, e chissà come avrebbe gioito per le imprese di
Marchisio, Tevez, Vidal, Buffon e Morata. Un giorno il Corriere
fece incontrare i genitori di Giusy con Tardelli, quando
allenava l'Arezzo. Marisa gli dette un bacio sulla guancia:
"Questo, disse, glielo manda Giusy". Giuseppina e Roberto
Lorentini, le due vittime dell' Heysel, saranno ricordati a fine
mese nelle celebrazioni del trentennale tra Arezzo e Torino.
L'associazione familiari delle vittime portata avanti dal
compianto nonno Otello, è guidata da Andrea, figlio di Roberto,
che ora si spende per la causa della memoria e della non
violenza nello sport. Trent'anni dopo i Conti, seppur più
defilati rispetto alle iniziative ufficiali, sono un luminoso
esempio. Amano sentirsi uniti e gioire per la passione
bianconera lasciata loro da Giusy.
15 maggio 2015
Fonte: Corriere di Arezzo
Giuseppina
Conti, il premio
Antonio: "Era lì per la
pagella.
Non cambio idea: ho perso mia figlia per
l'avidità di qualcuno"
"E' dura, sono contento che se ne parli
ancora, ma il dolore non se ne va. Non se ne andrà mai". La voce
di Antonio Conti, di Rigutino, frazione del comune di Arezzo,
perde forza ricordando il 29 maggio dell'85. Lui all'Heysel
c'era con la figlia, premio di una bella stagione scolastica, ed
è impossibile spiegare cosa significhi tornare a casa senza la
propria bambina, da quella che doveva essere una festa: "E'
contro natura". Le foto e la racchetta da tennis sono un
memoriale. Raccontano tutto, il dolore ma anche la rabbia. "Non
si possono mettere migliaia di persone dentro una curva di terra
con i gradoni di graniglia, dopo una fila di quattro ore
passando da una porta di novanta centimetri. Mia figlia è morta
perché qualcuno potesse incassare più soldi". Alla fine, per
Antonio, la famiglia è rimasta l'unico rifugio, l'unica ragione
per andare avanti ma questo è un vuoto che niente e nessuno può
riempire: "Mi hanno invitato ma non vado a Torino. Sabato c'è il
torneo, i ragazzi lo fanno tutti gli anni, ho scelto di stare
con loro".
26 maggio 2010
Fonte: La Stampa
 Piazzale
Giusy Conti al Palacaselle
Sabato 27 ottobre si è tenuta la
cerimonia di intitolazione del piazzale del Palacaselle a Giusy
Conti, alla cerimonia ha partecipato anche il Campione del Mondo
Paolo Rossi che ci ha rilasciato una sincera breve intervista
che potrete veder ed ascoltare su www.youtube-nocookie.com nei
nostri abituali canali "libericittadini" e "superottoscio".
Abbiamo ricevuto, insieme al Consigliere Comunale Pilade Nofri,
molte congratulazioni per l'idea di realizzare un monumento
contro la violenza nello sport da posizionare nel piazzale dello
stadio Comunale, passiamo ovviamente le sincere congratulazioni
alle libere cittadine e ai liberi cittadini che ci hanno
sollecitato nel formulare il progetto. Progetto che prosegue
senza indugi e che sarà realizzato con la massima attenzione e
cura unendo la tragedia dell'Heysel, la scomparsa dei due
aretini e di tutti gli altri sportivi rimasti uccisi da una
violenza che pare non avere mai fine, ed è per questo che la
realizzazione del monumento è una ulteriore prova di civiltà,
tra l'altro non a carico dell'Amministrazione Comunale, e non in
contrapposizione all'intitolazione dei due piazzali alle due
vittime aretine, Conti-Lorentini, che per noi rimarrà un cognome
per sempre unito per l'eternità.
29 ottobre 2007
Fonte: Comunicato di Fabio
Fioroni (Comitato MIRSIA)
Inaugurata alle Caselle la
piazza dedicata alla ragazza aretina morta all'Heysel
Rossi: dal sacrificio di Giusy
uno sport migliore
di Federica Guerri
AREZZO - "Spero che questa targa serva
a ricordare che i valori dello sport sono altri e che il
sacrificio di Giusy possa farne crescerne di veri", così ha
parlato ieri l'ex campione del mondo Paolo Rossi alla cerimonia
di intitolazione del piazzale del palazzetto dello sport Le
Caselle a Giusy Conti, la studentessa aretina morta insieme a
Roberto Lorentini nella tragica finale di Coppa dei Campioni
dell'Heysel (39 vittime), ventidue anni fa. Oltre a Pablito,
idolo di Giusy, alla cerimonia erano presenti i genitori della
studentessa, l'assessore comunale allo sport Lucia De Robertis,
quello provinciale Vasai, il prefetto Francesca Adelaide Garufi
e don Paolo De Grandi, sacerdote ed ex calciatore. C'erano anche
i piccoli dello Ut Chimera con le loro tute blu a simboleggiare
lo sport di domani, lo sport che tutti vogliono pulito. "E' un
momento importante quello che stiamo vivendo - spiega
l'assessore De Robertis - abbiamo scelto proprio questo luogo
perché il palazzetto delle Caselle è l'impianto sportivo più
importante della città, quello da cui passano migliaia di
atleti. Lo abbiamo scelto nella speranza che, alzando gli occhi
al cielo, tutti possano leggere il nome di Giusy e ricordare che
lo sport è una cosa diversa". Una cosa diversa da quella che ha
strappato a Giusy la vita. "Ringrazio quanti si sono adoperati
perché venisse intitolato il piazzale a mia figlia - dice con
voce sommessa il padre di Giusy - dopo tanti anni era una cosa
doverosa. Spero che il suo sacrificio serva a prendere lo sport
in un altro modo". "Nel modo più sano e bello - prosegue il
prefetto Garufi - perché i giovani possano imparare cos'è
l'amore per lo sport, augurandomi che non debbano mai vedere
momenti brutti come quello dell' Heysel. Spero che la targa sia
un ricordo e un monito a evitare ciò che si può evitare".
"Chiedo scusa a nome di chi provocò quel gesto ventidue anni
fa", conclude l'assessore De Robertis, prima della benedizione
data da Don Paolo De Grandi. A seguire le note solenni di una
tromba hanno accompagnato il momento della scopertura della
targa nascosta da un panno verde bagnato dalla pioggia. Un gesto
doveroso, un nome per non dimenticare e per continuare a credere
che lo sport buono esiste.
27 ottobre 2007
Fonte: Corriere di Arezzo
Morta all'Heysel. L'assessore
De Robertis: "Omaggio alla Conti e inno allo sport vero"
Piazza per Giusy, arriva
Pablito
di Luca Serafini
Il 26 ottobre l'inaugurazione
alle Caselle con l'ex juventino Rossi
AREZZO - Pablito scende in campo per
Giusy. Sarà Paolo Rossi, il 26 ottobre, a scoprire la targa
della piazza intitolata a Giuseppina Conti, la studentessa
aretina morta a 17 anni all'Heysel il 29 maggio 1985. L'ex
attaccante della Juventus e della Nazionale ha accolto di buon
grado l'invito dell'assessore allo sport del Comune di Arezzo,
Lucia De Robertis. E così, 22 anni dopo la strage di Bruxelles
provocata dalla furia degli hooligans inglesi, il nome della
ragazza di Rigutino verrà associato in modo permanente ad un
luogo della città: il piazzale dell'ambiente sportivo al chiuso
più importante di Arezzo.
- Cerimonia. Annunciata per giugno e poi slittata per impegni
dell'ex campione del mondo, la cerimonia si svolgerà nel
pomeriggio (17.30) alla presenza del sindaco Giuseppe Fanfani,
delle autorità cittadine e dei genitori di Giusy. La targa con
l'intestazione della piazza sarà inaugurata da Rossi. Oggi l'ex
bomber ha i capelli grigi, ma nella maledetta notte all'Heysel
era tra i bianconeri che contro il Liverpool vinsero quella
Coppa dei Campioni macchiata di sangue. Un trofeo del quale i
familiari di Giusy vanno orgogliosi. "Perché era il sogno di
Giusy - ripete mamma Marisa - e prima di partire per il Belgio,
lei mi lasciò con queste parole: dai mamma, che torno con la
Coppa...". - Valori. Innamorata dello sport sano, pulito e
leale, appassionata del calcio, "pazza" per la Juventus, la
Conti era una fan di Paolo Rossi. E toccherà proprio a lui
ricordarla, con un gesto carico di significati. "Quella del 26
ottobre - dice l'assessore De Robertis - è la chiusura di un
cerchio che abbiamo aperto la scorsa primavera quando è stato
intitolato il piazzale dello stadio a Roberto Lorentini ed è
stata apposta la targa che ricorda tutte le vittime dell'Heysel.
Abbiamo lavorato con cura a questo importante ricordo che ha un
grande valore per comunicare alla gente, ai nostri giovani, a
chiunque passerà dalle Caselle, la morte assurda di Giusy e i
veri valori dello sport nei quali lei credeva".
- Famiglia. La famiglia Conti aspettava da tanto questo momento:
una via o una piazza col nome di Giusy. Il padre della
studentessa, Antonio, era insieme alla ragazza quando la folla
impazzita nella curva Zeta gliela strappò via e la schiacciò.
Pure lui rimase travolto e rischiò di morire. Con la moglie
Marisa - ex alimentaristi - e con gli altri due figli, Giovanni
e Francesco, il 26 ottobre saranno lì alle Caselle. Per
stringere la mano all'idolo di Giusy, Paolo Rossi, che viene qui
a ricordare quella ragazzina innamorata del pallone, con un
cuore bianconero spezzato in una notte di follia.
5 ottobre 2007
Fonte: Corriere di Arezzo
Al Comunale di Arezzo,
vent’anni dopo la tragedia dell’Heysel, si è rigiocata
Juventus-Liverpool
Che i giovani siano un seme di
speranza…
di Andrea Lorentini
Il 12 ottobre scorso si è disputata
allo stadio "Comunale" di Arezzo l’amichevole fra le formazioni
Primavera" di Juventus e Liverpool organizzata dal Comitato
permanente contro la violenza nello sport "R. Lorentini - G.
Conti" in ricordo delle 39 vittime della tragedia avvenuta allo
stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio 1985. Un evento storico
per la città del Saracino, come hanno tenuto a sottolineare le
autorità cittadine, che ha chiuso un cerchio, e messo la parola
fine a 20 anni di imbarazzi, reticenze e diffidenze nei
confronti di chi ha
lottato per ottenere giustizia. Otello
Lorentini, che a Bruxelles perse il figlio Roberto, è colui a
cui va il ringraziamento più sentito per aver regalato alla
gente di Arezzo un pomeriggio nel quale a trionfare sono stati i
veri valori dello sport: sano agonismo, rispetto per
l’avversario e l’entusiasmo di centinaia di ragazzini giunti da
ogni parte della provincia per ammirare gli idoli di domani.
Giovani come loro ai quali la società affida il futuro. Leali e
corretti in campo per esserlo altrettanto nella vita. Una
partita che ha incarnato un forte messaggio contro la violenza
nello sport, un sentimento che rimanga memoria scolpita nel
tempo delle generazioni future. A far da prologo alla
gara
l’esibizione degli sbandieratori fra gli applausi generali, poi
il momento più commovente quando, in un "Comunale" ammutolito sono risuonate con le note del "silenzio" mentre
dall’altoparlante venivano scanditi ad uno ad uno i nomi di chi
a Bruxelles era andato per una festa e invece là incontrò la
morte più assurda e per questo più crudele. I brividi più
intensi quando fra gli altri sono stati ricordati prima
Giuseppina Conti, la studentessa di Rigutino, poi Roberto
Lorentini, il medico medaglia d’argento al valor civile. Quella
sera di venti anni fa Arezzo li pianse, oggi a distanza di tanto
tempo il loro ricordo è più vivo che mai. Alla fine ha vinto la
Juventus 2-1, ma al triplice fischio di Paolo Bertini premi e
riconoscimenti per tutti quanti nel segno di un valore che al
giorno d’oggi sembra essere merce sempre più rara: l’amicizia.
Juventus-Liverpool ad Arezzo ha rappresentato non solo un
momento di sport vero e proprio, ma un’occasione di scambio
culturale, nella quale la città ha accolto le due società in un
abbraccio fraterno dimostrando una volta di più il fair play che
la contraddistingue. Uniti in un sentimento di profonda
ammirazione per l’operato del Comitato permanente sia Roberto
Bettega, vicepresidente della società bianconera, che Rick Parry,
general manager dei "Reds". Entrambi hanno presenziato alla cena
di benvenuto offerta dalle autorità e alla messa celebrata in
Duomo in suffragio dei caduti. "Era un evento a cui tenevamo
molto" - si è affrettato a spiegare Bettega - "c’era la volontà
di mandare un messaggio positivo e siamo orgogliosi di aver
fatto disputare ai nostri giovani atleti una partita dal così
alto valore simbolico". "Esprimo a nome di tutta la città di
Liverpool il ringraziamento più sincero alla città di Arezzo, in
particolare a Otello Lorentini, un uomo straordinario che
combatte da venti anni una battaglia giusta" - gli fa eco Parry.
Juventus - Liverpool ad Arezzo è stato un seme di speranza come
ha ribadito al termine dell’omelia Bill Bygroves, dirigente e
cappellano del club inglese. Un seme di speranza gettato nel
campo della vita.
? Ottobre 2005
Fonte: Bobonero.it
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